Ricerca per Volume

SETTIMA SERIE

AVVERTENZA

1. Questo volume, quattordicesimo della se['ie VII, inizia il 16 luglio 1933, l'indomani della firma del patto a quattro, e termina il 17 marzo 1934 con la firma dei protocolli itala-austro-ungheresi. La documentazione illustra le direttive della politica estera mussoliniana, basata sul tormentato processo di riavvicinamento alla Francia e sulla valorizzazione dell'accordo con l'Austria e l'Ungheria (protocolli del marzo 1934) allo SCOP<> di impedire l'Anschluss e, lnsieme, indebolire la Piccola Intesa. D'altra parte Mussolini riprende in attenta considerazione npotesi di accordo con la Jugoslavia. Scopo immediato dell'accordo è il tentativo di impedire l'intesa balcanica, in gestazione per iniziatva della Romania e della Turchia con la Jugoslavia e la Grecia. Ma Mussolini accarezza anche un progetto più ambizioso. Egli infatti non è alieno dal far accedere gli stati della Piccola Intesa, a cominciare dalla Jugoslavia, agli accordi economici stipulati con l'Austria e l'Ungheria in modo da 'porre l'Italia alla guida dell'Europa danubiano-balcanica. Gli strumenti di questo piano dovrebbero essere due: sul Danubio l'accordo, sotto egida italiana, dell'Austria e dell'Ungheria con gli stati della Piccola Intesa; nei Balcani il trattato turco-greco-bulgaro già da noi progetta.to. Ma (come ha già detto F. Lefebvre d'Ovidio nel suo Jib['o sull'intesa italo-francese del 1935, p. 434) J.e trattative con la Jugoslavia abortiscono in seguito a un attentato ordito a Zagabria dai croati contro Re Alessandro nel dicembre 1933, e nel febbraio successivo viene firmata l'intesa balcanica. Nonostante questo scacco, nonostante la messa in mora del patto a quattro, la diplomazia mussolinlana gode di ampio prestigio non solo in Europa ma nel mondo intero. Ne è piccola ma significativa testimonianza la premura con cui il Governo argentino chiede l'accessione dell'Italia al trattato antibellico sudamericano.

Il materiale raccolto nel presente volume porta scarse novità, rispetto a quanto era già noto, su un altro grande problema che stava ormai maturando, quello etiopico. La documentazione permette solo di intravvedere come i progetti intesi a risolvere con una eventuale azione di forza la questione etiopica sembrino da mettere in relazione alla maggior sicurezza conseguita dall'Italia sullo scacchiere europeo, non solo grazie al riavvicinamento alla Francia ma anche grazie al più saldo controllo esercitato sull'Austria.

2. -Anche per questo volume la maggior parte della documentazione è tratta dall'Archivio storico del Ministero degli Affari Esteri, in particolare-dall'Archivio di Gabinetto, dalla Serie Politica 1931-1945 e dai registri dei telegrammi (R. e P.R.). Alcuni documenti provengono dall'Archivio centrale dello Stato e precisamente dalle Carte Grandi (Archivio Susmel), dalla Segreteria particolare del Duce e dal Fondo Badoglio, che era già stato valorizzato da Rochat nel suo lavoro, citato più sotto, sulla guecr."ra d'Etiopia. 3. -Vari documenti erano già editi in pubblicazioni italiane e straniere. Delle principali si è data sistematicamente notizia in nota ai singoli documenti, quando questi erano editi nel testo integrale. I rimandi alle collezioni straniere di documenti diplomatici, cosi come quelli alle opere principali di autori italiani e

IX

stranieri che pubblicano documenti, sono stati limitati ai casi dimostratisi effettivamente utili per completare o per meglio chiarire il contenuto del volume. Diamo qui di seguito l'elenco delle pubblicazioni di cui ci siamo serviti:

Trattati e convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. XLVI e XLVII, Roma, 1937. Documents on British Foreign Policy 1919-1939, Second Serl.es, vol. V, Londra, 1956 e vol. VI, Londra, 1957. Documents Diplomatiques Français 1932-1939, Première Série (1932-1935) vol. IV, Parigi, 1968 e vol. V, Parigi, 1970. Akten zur Deutschen Auswiirtigen Politik 1918-1945, Serie C (1933-1937), Band II, l; II, 2, Gi:ittingen, 1973.

K. H. SAILER (a cura di) Geheimer Brietwechsel Mussolini-Dolltuss, Vienna, 1949.

J. BRAUNTHAL, La tragedia dell'Austria, Firenze, 1955.

P. ALOISI, Journal (25 juillet 1932-14 juin 1936), Parigi, 1957.

R. 'DE FELICE, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, 1962.

L. KEREKES, (a cura di) Allianz Hitler-Horthy-Mussolini, Dokumente zur Ungarischen Ausser politik (1933-1944), Budapest, 1966.

L. KEREKES, Abendiimmerung einer Demokratie. Mussolini, Géimbéis und die Heimwehr, Vienna, Francoforte, zurigo, 1966.

G. RocHAT, Militari e politici nella preparazione della campagna d'Etiopia. Stu,dio e documenti 1932-1936, Milano, 1971.

R. GuARIGLIA, Ambasciata in Spagna e primi passi in diplomazia, a cura di R. Moscati, Napoli, 1972.

S. MINERBI. Gli ultimi due incontri Weizmann -Mussolini (1933-1934), in «Storia Contemporanea ~. 1974, n. 3.

B. MussOLINI, Opera omnia, a cura di E. e D. Susme,l, vol. XLII, Roma, 1979.

F. SuviCH, Memorie 1929-1936, a cura di G. Bianchi, Milano, 1984.

G. BOTTAI, Diario 1944-1948, a cura di G. Bruno Guerri, MHano, 1988.

R. DE FELICE, Il fascismo e l'Oriente. Arabi, ebrei e indiani nella politica di Mussolini, Bologna, 1988.

4. Nel licenziare il volume sento il dovere di ringraziare la dott. Emma Ghisalberti Moscati e il dott. Andrea Edoardo Visone che, hanno effettuato con la consueta passione e competenza le ricerche archivistiche e una prima selezione dei documenti e hanno eseguito la revisione finale del volume. Ringrazio anche la dott. Francesca Grispo per la compilazione dell'indice dei nomi e delle appendici, la signora Fiorella Giol'dano e le dott. Antonella Grossi, Alessandra Raffa e Paola Amadei per la correzione delle bozze.

GIAMPIERO CAROCCI


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 3151/132 R. Vienna, 17 luglio 1933 (per. il 19).

Mio telegramma n. 279 (1). Cancelliere sarà qui di ritorno posdomani sera; e subito provvederà al definitivo testo della risposta alla lettera personale direttagli da V. E. (2).

Ho appreso che un punto di detta lettera, e cioè quello in cui è suggerito lo svolgimento di «una politica comune ~ fra Vienna e Budapest, sarà probabilmente elucidato dal cancelliere nel senso che sif,fatta « politica comune ~ non potrà avverarsi in tutti i campi, stante la non intera coincidenza degli interessi inte['nazionali ungheresi con quelli austriaci. Fra l'altro, a riprova, il canceJliere invocherebbe la circostanza che, mentre l'Ungheria segue una politica di revisionismo, l'Austria «non ha alcun motivo per invocare rettifiche territoriali verso nessuno degli Stati ad essa limitrofi~.

2

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3174/498 R. Berlino, 17 luglio 1933 (per. il 20).

Ho avuto quest'oggi una conversazione di due ore con Goering.

A parte l'eventuale visita a Berlino di S. E. Balbo e degli aviatori atlantici circa la quale riferii a V.E. con il telegramma n. 494 <3) gli argomenti di cui si parlò furono i seguenti:

Patto a quattro e disarmo.

Gli dissi che era intenzione di V. E. di discutere prossimamente con gli lliltrl capi di Stato qualcuna delle questioiili politiche attuali, che ne avevo già reso edotti hl cancelliere ed il ministro degli affari esteri i quali avevano annuito e che e1ra solo stata mossa qualche ohbiezione circa l'opportunità di discutere attualmente la questione del disarmo, data l'opposizione da parte della Francia e deH'Inghilte,rra che la Germania potesse riarmare. Ritenevo che V. E., dispo

(-2) Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 923.

l

5 -Documenti Diplomatici • Serle VII • Vol. XIV

nendo di tutti gli elementi necessari, avrebbe giudicato se l'argomento avesse probabilità di essere trattato utilmente fra i capi dei quattro maggJ.ori Stati delJ'Europa occidentale. In questo caso sa.rebbe certamente stato utile, anzi necessario, che la Germania facesse conoscere all'ItaJia, in via confidenziale, quali fossero le sue precise aspirazioni in materia di riarmamento.

Goering rispose che la Germania non poteva più attendere oltre l'autorizzazione di possedere degli aeroplani di polizia e un certo numero di aeroplani difensivi. Si trattava di due questioni distinte. Gli inglesi avevano recentemente venduto agli austr1aci cinque aeroplani per il servizio di polizia. Avutane notizia egli aveva chiamato presso di sé l'Addetto aeronautico britannico, colonnello

J.H. Herring e gli aveva detto che non era possibile agire coll'Austria in modo diverso che con la Germania, dato che di fronte ai Trattati di pace i due Stati si trovano sullo stesso piede. Poiché l'Inghilterra aveva venduto cinque aeroplani di polizia al Governo di Vienna egli ne chiedeva venticinque dichiarando di essere disposto ad acquistarli dalla stessa casa costruttrice inglese e della stessa specie. Il colonnello Herring era rimasto tutto offuscato dalla richiesta, cosa che non lo aveva stupito perché gli erano noti i suoi sentimenti profondamente germanofobi. Egli stava anzi pensando al modo migliore per far si che fosse sostituLto, perché era u nvero nemico della Germania.

Per quanto concerneva l'aviazione militare la Germania non pensava in questo momento a richiedere apparecchi speciali per l'esercito e per la marina in più di quelli occorrenti all'istituenda aviazione militare. Ottenuto che essa avesse un certo numero di aeroplani, avrebbe provveduto a destinarne una parte per quei servizi speciali.

Alla mia richiesta di conoscere il numero degli apparecchi che la Germania desiderava possedere, in un primo tempo, numero che, secondo quanto mi aveva detto l'ambasciatore di Francia gli sarebbe stato da esso Goering indicato in venti aeroplani per ogni divisione militare, vale a dire in 140 aeroplani, il mio interlocutore rispose che egli non aveva mai menzionato tale quantitativo con François-Poncet, cosicché era molto stupito di apprendere che egli gli attribuiva una simile indicazione, Goering precisò il proprio pensiero in proposito dicendomi che la Germania intende possedere un numero di aeroplani da caccia rappresentante un quinto di tutti gli aeroplani (da bombardamento, da caccia e da ricognizione) posseduti dagli Stati confinanti, contando fra questi Stati solamente la Francia, il Belgio, la Polonia e la Cecoslovacchia ed omettendo dunque di tener conto delle aviazioni della Svizzera, Olanda, Danimarca e Lituania. Supponendo che quei quattro Stati avessero duemila apparecchi, la Germania ne chiedeva per sé 400 che essa era disposta ad acquistare, per la massima parte, in Inghilterra, Francia ed Italia. La Germania era pure disposta ad obbligarsi a tenere gli apparecchi da caccia in campi situati ad una tale distanza dal confine francese da non possedere la necessaria autonomia per fare incursioni sul territorio della vicina Repubblica. Questo im1)egno avrebbe potuto essere assunto soltanto nei riguardi dei vicini occidentali, non della Polonia e della Cecoslovacchia.

Goering mi pregò di fare conoscere quanto precede a V. E. perché egli aveva avuto a Roma formale assicurazione che Ella avrebbe appoggiato le richieste della Germania.

Insisté sulla necessità di possedere una flotta aerea perché avrebbe potuto accadere alla Germamia di essere un brutto gio.rno attaccata esclusivamente dall'alto senza avere il modo di adoperare la Reichswehr e la Marina che avrebbero dovuto assistere imbelli alla distruzione delle città e degli opifici. La questione di prestigio aveva pure un gran peso, perché la Germania che possiede così valorosi aviatori e che è uno Stato di 65 milioni di abitanti non può consentire oltre di essere posta in una situazione di avvilente inferiorità in un campo di tale interesse quale è quello della aviazione.

Accennando alla recente incursione di due aeroplani stranieri che avevano lanciato manifestini offensivi per Hitler ed il partito nazional-socialista, Goering mi disse che non si era potuto accertare la loro provenienza, mentre si era constatato che si erano diretti verso la Cecoslovacchia. Egli aveva però ragione di credere che si trattasse di aeroplani polacchi.

Parlando dell'arrivo di Henderson, atteso a Berlino domattina, Goering mi disse di non comprendere perché si attribuisse importanza al viaggio che il presidente della conferenza del disarmo sta compiendo nelle maggiori capitali d'Europa. Però aggiunse che forse avrebbe rimesso sino a domani 'la sua partenza in congedo estivo, per poter assistere al colloquio che Henderson avrebbe con Hitler, von Neurath ed il Generale von Blomberg.

Goering mi fece delle dichiarazioni di assoluto pacifismo, sostenendo che era assurdo di pensare ad una nuova guerra dato che l'Europa non avrebbe potuto sopportare una seconda volta una tale catastrofe. Ogni Stato aveva però il diritto e il dovere di difendere il proprio territorio e per .farlo doveva disporre dei mezzi necessari.

Germania e Francia.

Goering mi parlò quindi dell'intervista concessa un mese fa ad un corrispondente francese circa 1le relazioni fra la Germania e la Francia, intervista che aveva suscitato molto interesse ovunque. Egli mi disse che nel concederla aveva seguito il consiglio datogli da V. E. di rompere il ghiaccio con Parigi. Dio solo sapeva quanto gli costasse di parlare in tono amichevole, della Francia, che aveva combattuta con tutta la sua energia, ma egli era un uomo politico e doveva agire come tale e non come militare. Teneva pertanto a dirmi -e mi pregava di renderne edotta l'E. V. -che anche in avvenire avrebbero avuto luogo da parte sua manifestazioni denotanti il suo deside·rio di fare politica di avvicinamento alla Francia. Così, ad esempio, nel pomeriggio d'oggi egli si sarebbe recato alle corse ippiche perché desiderava assistere al Gran Premio di Germania al quale partecipavano cavalli francesi. Aveva per tale ragione ritardato di qualche ora l'inizio del suo congedo estivo che sarebbe durato circa un mese e che avrebbe trascorso parte sulle sponde del Mare Baltico e parte nelle montagne della Baviera, salvo ad abbreviarlo per trovarsi a Berlino a ricevere il Generale Balbo e gli altri aviatori atlantici italiani.

Situazione estera ed interna e costruzione dello Stato corporativo in Germania.

Ho detto a Goering che l'E. V. aveva trovato ottimo il discorso del cancelliere del Reich ai luogotenenti e che mi aveva incaricato di far sapere ad Hitler la favorevole impressione che esso aveva prodotto a Londra. Un altro successo del nazional-socialismo era la conclusione del concordato col Vaticano. Goering si rabbuiò un poco (il successo era stato di von Papen) e poi mi domandò di spiegargli perché mai si attribuisse tanta importanza a quanto pensasse l'Inghilterra sulle questioni riguardanti gli altri Stati. Gli dissi che la opinione pubblica inglese era solitamente bene informata, che il Parlamento di quello Stato era una palestra in cui si discutevano tutti i grandi problemi del mondo cosicché -a prescindere dalla maggiore o minore simpatia che si nutriva per i regimi parlamentari -non si poteva ignorare quello che si pensava in Inghilterra come del resto in mùlti altri Stati del mondo. Prova ne era che si teneva pure conto di quanto si pensava nell'U.R.S.S., ancorché si sapesse a prio.ri che il giudizio non poteva essere benevolo per ~ governi a forma fascista. Goering mi ascoltò ma non si convinse e si lasciò andare ad una delle sue invettive contro l'Inghilterra dicendo che se gli uomini di Stato ed i giornali britannici non la finiscono di criticare la Germania egli avrebbe ordinato

a.i giornali naziona•l-socialisti di dedicare giornalmente un paio di pagine all'Inghilterra rievocando tutte le sue azioni ingloriose, dai metodi usau durante la conquista dell'India alla guerra dei Boeri, alla lotta contro l'Irlanda ecc. Si sarebbe parlato di tutti i processi scandalosi inglesi e di ogni cosa che avesse potuto spiacere al di là della Manica. Ho lasciato sfogare il mio interlocutore e gli ho poi detto ,che mi auguravo che egli si guardasse dal dar seguito ad un proposito che avrebbe nuociuto sopratutto alla Germania, riacutizzando una campagna anti-tedesca in Inghilterra che mi sembrava stesse cessando. La constatazione che V. E. aveva fatto della buona impressione prodotta in Inghilterra dal recente discorso di Hitler era una prova di questo miglioramento ed era più che naturale la soddisfazione provata da chi, come Lei, era sincero amico della Germania e dei suoi governanti.

Goering si calmò completamente ed accennò al male che aveva causato alla Germania la visita di Rosenberg a Londra.

Colsi l'occasione per dirgli che V. E. non comprendeva come Hitler avesse potuto affidargli la direzione della politica estera del Partito, dato che essa non può essere fatta se non dagli uomini responsabili, vale a dire dagli uomini di Governo.

Attirai la sua attenzione sopra la cura che V. E. portò sino dal primo momento alla politica estera, di cui assunse la direzione personalmente ed a cui dedica un'attenzione continua e diligentissima, ritenendo che è soprattutto attraverso essa che si manifesta la forza di uno Stato.

Goering mi confidò allora -pregandomi di mantenere il massimo riserbo in proposito -che Hitler aveva in questi ultimi giorni rinunciato a nominare Rosenberg segretario di Stato all'Auswartiges Amt. Alla mia domanda di sapere in qual modo Rosenberg sarebbe stato utilizzato, Goering rispose dicendo che egli avrebbe intensificata la sua attività come Direttore del Volkischer Beobachter, che si sarebbero accresciute le sue attribuzioni in materia culturale e di propaganda del germanesimo. Fra pochi giorni Hitler avrebbe abolito l'ufficio di politica estera del partito, lasciando a Rosenberg soltanto una certa ingerenza in materia di stampa nei riguardi dell'estero. Hitler si era indotto a prendere tale decisione in seguito alle notizie pervenutegli deUa disastrosa im

pressione che la destinazione di Rosenberg aH'Auswartiges Amt avrebbe pQ'odotto a Mosca.

Quanto all'Auswartiges Amt che continuava ad essere poco simpatizzante per il nazionalsocialismo, occorreva certamente iniettarvi uno spirito nuovo. Si era però dovuto procedere con molta cautela ed essa sarebbe occorsa anche in avvenire perché non si disponeva presentemente di uomini adatti per sostituire quelli attuali. Egli riteneva però che Hitler si sarebbe reso conto della opportunità di assumere presto o tardi esso stesso la direzione della politica estera. Era però necessario in tal caso di trovare un ottimo Segretario di Stato, e, per il momento non scorgeva chi potesse occupare utilmente quell'importantissimo posto.

In materia di politica interna Goering mi disse che le cose procedevano bene e che egli era soddisfatto. Osservai che esse procedevano bene dal momento in emi Hitler si era reso conto che occorreva dare qualche esempio per dimostrare che in uno Stato totalitario il comando doveva essere tutto ed esclusivamente in mano del Capo. Goering ne convenne, mi narrò che giornalmente egli allontana dai loro posti e talvolta manda in campi di concentramento ed anche in prigione molti nazional-socialisti i quali credono di poter agire di testa loro al di fuori della legge. Osservai che si trattava di fenomeni dolorosi ma comprensibili, in un periodo come ,quello che sta attraversando la Germania. Nessuno lo poteva comprendere meglio di noia'ltri fascisti ed era perciò che io non tralasciavo occasione per indurre i miei colleghi esteri a giudicare gli avvenimenti con una serenità maggiore di quella che in generale solevano mostrare. Mi sembrava però che esistesse tuttora n pericolo che la Germania, per voler fare qualche cosa di nuovo e di diverso da quello che aveva fatto il Fascismo, si mettesse sopra una strada assai simile al bolscevismo. Goering mi pregò di esporgli apertamente il mio pensiero. Gli dissi allora che, se avevo bene compreso le intenzioni di taluni circoli che si occupano particolarmente dei problemi corporativi, si voleva eliminare le classi, datori di lavoro da un lato e lavoratori dall'altro, lasciando sussistere una classe unica, quella del lavoro. Goering mi interruppe dicendomi che in Germania si vuol giungere di colpo al risultato in ~cui noi in Italia siamo pervenuti soltanto dopo molti anni e confermò che non si vorrebbero avere due classi d~stinte ma fonderle in una sola. Ribattei che noi in Italia non abbiamo soppresso le due classi, perché sarebbe stata la stessa cosa che voler sopprimere la differenza di sesso fra gli uomini e le donne. Abbiamo lasciato sussistere le due classi, le abbiamo riunite in due organizzazioni distinte, ma congiunte dal ponte della corporazione ed abbtamo fatto sì che i conflitti di classe scompaiano per dar luogo ad una collaborazione in cui deve essere tenuto presente che al di sopra dell'interesse dei singoli vi è quello dello Stato.

Goering non è molto al corrente di questi problemi e si è limitato a dirmi che la soppressione del commissariato dell'industria, decisa nei giorni scorsi da Hitler, e la nomina a ministro dell'economia nazionale di un industriale come è Schmitt gli sembrava dimostrare che non si voleva seguire alcuna tendenza estremista. Egli naturalmente conveniva meco che vi erano tuttora delle persone che, per essere state iscritte per molti anni a sindacati marxisti ed esser imbevute di idee socialiste, speravano probabilmente tuttora di riuscire a far trionfare i prdncipi per tanti anni vagheggiati sia pure sotto l'etichetta nazional-socialista. Lo misi in guardia contro un simile pericolo e gli ripetei che il voler abolire la distinzione di classe porta fatalmente all'incameramento della proprietà ed al bolscevismo.

Austria.

Stavamo pa11lamdo da più di un'ora e mezza senza che si fosse ancora menzionata l'Austria allorché il discoTso cadde sopra nn invito rivolto dal podestà di Verona a Goering di recarsi in queHa città per assistere aUe rappresentazioni nell'Arena. Goering mi informò che forse vi si sarebbe recato, dato che verso la metà di agosto avrebbe soggiornato nelle Alpi bavaresi, ma che naturalmente avrebbe seguito in automobile la via della Svizzera per evitare l'Austria.

Pronunciata questa parola il viso di Goering si rabbuiò. «Si, l'Austria, di essa non abbiamo ancora parlato e pure è per essa che io soffro ogni giorno perché essa è la spina nel mio cuore. È a causa dell'Austria che il Barone von Neurath mi ha mosso i più aspri rimproveri, e devo riconoscerlo, a buon diritto e che io mi sono trovato in una situazione imbarazzantissima. Voi sapete che è per l'Austria che sono andato due volte a Roma, che ho detto a Mussolini, in nome del cancelliere oltreché mio, che noi non pensavamo all'Anschluss, che ci impegnavamo a non realizzarlo nemmeno in un lontano avvenire senza prima avere ottenuto il consenso dell'Italia. Siamo andati ancora più lontano, abbiamo offerto una dichiarazione scritta in proposito. In cambio chiedevamo una sola cosa: assoluta neutralità delll'Italia nel conflitto fra la Germania e l'Austria. Ed invece il Popolo d'Italia ha pubblicato un articolo in cui si accusava il nazional-socialismo di avere commesso dei delitti in Austria. Hitler era stato fuori di sé per questo articolo. I giornali del partito volevano rispondere con articoli polemici violenti e ci volle tutta la mia autorità per indurii a tacere. Ma naturalmente fui esposto a nuovi motteggi da parte dell'Auswartiges Amt a cui non parve vero di ripetere che mi ero lasciato giocare a Roma. Perché l'Auswarttges Amt è stato sempre anti-itaHano cosi come il vostro Ministero degli Esteri è anti-tedesco. Neutralità, niente altro che neutralità avevo chiesto, disinteressamento nei riguardi di Dollfuss che se ne deve andare presto o tardi perché è contrario ad ogni logica che si mantenga al potere. Sbaglierò forse di qualche mese circa la data della sua partenza. Avevo detto che questa si sarebbe verificata nel prossimo autunno. Potrà darsi che egli si mantenga al potere per qualche mese di più, sino alla primavera, ma dovrà poi cedere il posto alla rivoluzione nazional-socialista, trionfante. Questo ve lo dico io perché lo so, io che, come sapete, sono l'uomo più potente della Germania. Non accadrà nulla di quanto voi temete in Austria il giorno in cui cadrà Dollfuss. Accadrà invece quello che voi desiderate e che oggi noi non possiamo dichiarare pubblicamente perché siamo un Governo nazionalista. Chiamerò i nazionalsocialisti che saranno giunti al potere a Vienna e proibirò loro che menzionino o che pensino ad un Anschluss da farsi al di fuori di un accordo con Mussolini. Ora spiegatemi voi perché Suvich continua invece a sostenere Dollfuss e ditemi anche perché il vostro Governo sciupa i propri denari sovvenzionando tuttora Starhemberg, dl quale nello stesso tempo si fa dare dei denari da Rothschild, cioè dagli ebrei. E di questa ultima asserzione vi posso dare la prova mostrandovi un documento che è in mio possesso. Questa dell'Austria è l'amarezza della mia vita perché è il solo punto di contrasto che esiste fra la Germania e l'Italia sulla· cui amicizia e collaborazione si basa da anni tutta la politica che intendo fare :..

Quando Goering ebbe finito di parlare osservai che non poteva negare che mentre egli a Roma aveva parlato in un modo molti influenti nazionalsocialisti, taluni membri del Governo, avevano, subito dopo, usato un linguaggio diametralmente opposto. In Italia non si era presa la cosa tragicamente sia perché si era tenuto al massimo conto quanto egli aveva detto, sia perché si sapevano valutare certe intemperanze di linguaggio anche non scusandolo e trovando che in uno Stato totalitario esse sono fuori di posto. Altro era però non prendere una cosa al tragico ed altro non attribuirvi alcuna importanza. La Germania era uno Stato troppo serio perché si dovesse noo prestare attenzione ad ogni sua manifestazione pubblica. Egli sapeva la cattiva impressione che i viagg,i di Frank e Kerrl a Vienna avevano prodotto a Roma. E tacevo dei vari discorsi in favore dell'Anschluss di altri uomini minori. Il risultato era stato che Dollfuss era stato accolto a Londra con manifestazioni di grande simpatia e che il discorso che egli aveva fatto in difesa dell'indipendenza del proprio paese era stato salutato con applausi calorosi. I consigli veramente amichevoli di moderazione dati dall'Italia alla Germania non erano stati accettati; le entrature fatte presso Hitler per vedere sino a qual punto sarebbe stato possibile percorrere la via insieme si erano urtate ad una assoluta sua intransigenza sopratutto contro la persona di Dollfuss. Ed oggi egli si lagnava con me che l'Jtalia non fosse rimasta neutrale. Sarebbe stato più giusto mostrarsi dolente di avere seguito una politica che aveva posto contro la Germania l'opinione mondiale. Gli dicevo francamente che non comprendevo la sua irritazione per l'articolo del Popolo d'Italia, l'unico che avesse parlato dell'atteggiamento dei nazionalsocialisti in Austria. Mi citasse un altro Paese in cui la stampa si era comportata con spirito più obbiettivo. Da noi si era stati veramente neutrali ma la neutralità non significa certo auspicare o provocare la caduta di Dollfuss che aveva saputo difendere assai bene gli interessi del suo paese. Quanto a Starhemberg ed agli aiuti finanziari che secondo le sue affermazioni esso riceverebbe dall'Italia non gli potevo fornire alcuna informazione perché ero all'oscuro di quanto succedeva a Vienna. Volevo ancora dirgli che la nostra neutraUtà era così grande che da vari mesi io mi ero astenuto dal parlare col cancelliere del Reich del problema austriaco affinché egli non avesse l'impressione che noi volevamo ingerirei in tale incresciosa questione. Eppure egli sapeva che le relazioni esistenti fra i nostri due Governi e quelle personali mie con Hitler mi permisero sovente di intrattenere il cancelliere del Reich di argomenti che non formano solitamente oggetto di conversazioni diplomatiche. Lo pregavo dunque di dedurre da tale mio atteggiamento quanto grande fosse il riserbo dell'Italia di fronte al problema austriaco, riserbo dettato dalla speranza che la Germania e l'Austria potessero trovare da sole il mezzo di regolare l'attuale conflitto.

Goering scosse il capo e mi ripeté che egli non comprendeva l'atteggiamento dell'Italia. Fra sei mesi, fra un anno al massimo si sarebbe visto chi avrebbe avuto ragione: se Dollfuss avrebbe sconfitto i nazional-sociali!sti o se questi ultimi avrebbero cacciato via Dollfuss. Egli sapeva che era la seconda ipotesi quella che si sarebbe verificata ed era dolente di dover constatare che a Roma non si voleva credere a quanto egli sosteneva in proposito.

La conversazione ebbe luogo nel nuovo domicilio privato di Goering in una bella villa situata al centro della città al Leipzigerplatz, ma completamente appartata e silenziosa perché circondata da un vasto parco. Egli me la mostrò da cima a fondo con grande compiacimento, rilevando che era stata completamente rinnovata ed arredata secondo il suo gusto personale in meno di tre mesi.

Questa mattina Goering portava un genere di vestito che non conoscevo ancora: pantaloni lunghi grigi, una camicia di tela grossa con ampio colletto molle senza cravatta e sopra un giustacuore di cuoio senza maniche e senza bottoni, lungo come una giacca, incrociato sul petto e fermato con una cintura. È il vestito che portavano i tedeschi intorno al '600 e che si vede raffigurato nelle pitture dell'epoca.

La conversazione fu spesso interrotta dalla necessità in cui Goering si trovò di impartire qualche severa lezione ad un leoncino di sei settimane che circolava nella sala e che si divertiva a strappare i tappeti.

(l) -Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 973. (3) -T. 6657/494 P.R. del 16 luglio, non pubblicato.
3

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 2949/1336. Berlino, 18 luglio 1933.

Ho l'onore di segnar ricevimento del dispaccio gabinetto n. 4422 del 10 luglio scorso (l), col quale l'E. V. si compiacque trasmettermi, per opportuna mia conoscenza, il sunto del colloquio da lei avuto con il Maggiore Renzetti il 2 corrente.

Il Maggiore Renzetti, ritornato da Roma la vigilia del giorno in cui mi giunse il dispaccio suddetto venne a riferirmi abbastanza fedelmente la prima parte del colloquio avuto con V. E.

Avendogli chiesto quale uso intendesse fare delle direttive impartitemi, egli mi rispose che si sarebbe espresso nel senso indicatogli con Hitler, Goering ecc.

Alla mia domanda se non gli fosse stata impartita dall'E. V. o da S. E. l'On. Suvich l'istruzione di astenersi dal trattare d'ora in poi argomenti politici con il Cancelliere, il Presidente del Consiglio di Prussia ed altri uomini di stato tedeschi, dato che questo è compito esclusivo del R. Ambasciatore, e di render anzl egli stesso edotti di quanto precede i suddetti uomini di stato, rispose negativamente. Osservò solo che V. E. gli aveva chiesto quali fossero i suoi rapporti con me e che aveva risposto ch'essi erano buoni ma che io gli avevo

mosso un giorno rimostranze perché avevo creduto ch'egli volesse ingerirsi di questioni politiche (Patto a Quattro).

Rispos·i al Maggiore Renzetti che io avevo agito con la maggiore lealtà nei suoi riguardi, dicendogli francamente in viso, e non facendoglielo sapere per interposta persona, che non intendevo tollerare inframmettenze in quelle che consideravo le mie prerogative.

Oggi gli sp1egavo più precisamente che le istruzioni impartitemi dall'E. V. devono essere eseguite da me solo dato che io ne assumo l'intera responsabilità. Mi occorre peraltro avere la oertezza che nessun'altro parla degli stessi argomenti, dice di più o di meno di quanto credo di dire io, a seconda delle circostanze. Pertanto dovevo avvertirlo di non tentare di intralciare quello che era esclusivo compito mio.

Il Maggiore Renzetti parve comprendere dal tono dec·iso col quale gli parlai che i nostri rapporti, sino ad ora no;rmali, avrebbero subito una crisi qualora egli non si fosse adattato alla situazione creatasi dopo l'avvento al potere dei nazional-socialisti, che oggi non sono più un partito politico ma il Governo totalitario della Germania. Egli mi asstcurò quindi che si sarebbe attenuto alle direttive impartitegli, astenendosi dal parlare con Hitler, Goering ed altri uomini di stato responsabili di questioni politiche. Mi domandò se poteva invece continuare a tenersi in contatto con i circoli che si occupano specialmente della costruzione dello stato corporativo, ricevendo da me risposta affermativa che gli fu data pure circa la sua attività per la propaganda turistica.

Dalla lettura del sunto del colloquio trasmessomi, rilevai che il Maggiore Renzetti non fu meco del tutto sincero allorché dichiarò che non gli era stata da V. E. data alcuna precisa istruzione di astenersi dal trattare argomenti politici.

V. E. giudicherà se non sarebbe opportuno di fare quindi ,pervenire al Maggiore Renzetti, per il mio tramite, conferma di quanto è esposto nel sunto del colloquio aggiungendo l'istruzione ch'egli stesso faccia conoscere a Hitler e Goering che è ormai cessata la situazione la quale rese in passato necessarie le sue conversazioni politiche con loro.

Ritengo che una tale comunicazione sarebbe del resto considerata come cosa naturale. Lo deduco dal fatto che durante il lungo colloquio avuto con Goering domenica scorsa (1), avendomi egli detto ad un dato momento che mi avrebbe potuto far pervenire una certa informazione a mezzo del Maggiore Renzetti, ed avendogli io risposto che preferivo me la desse personalmente, Goering osservò che lo comprendeva perfettamente e che aveva del resto molto diradato le sue relazioni con Renzetti, dato che non vi era ormai più ragione di trattare con lui.

Gli dissi che così era e -siccome avevamo poco ~ima parlato degli inconvenienti cui dà luogo l'incarico affidato a Rosenberg -aggiunsi che V. E. non voleva ce.rtamente creare una situazione analoga nei riguardi del R. Ambasciatore in Berlino (2).

(l) Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 924, nota 2.

(l) -Cfr. n. 2. (2) -Per la risposta di Suvich cfr. n. 44.
4

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3157/501 R. Berlino, 19 luglio 1933, ore 13,35 (per. ore 16).

Il presente telegramma fa seguito al telegramma precedente (1).

Henderson mi ha confermato di avere molto insistito perché Hitler si incontri sollecitamente con Daladier e mi ha detto che presidente del consiglio francese desidera ardentemente avere tale colloquio.

Ho chiesto ad Henderson se egli ritenesse più utile una conversazione franco-tedesca che una conversazione a quattro, ottenendo rlsposta affermativa, con la spiegazione che Daladier teme di trovarsi isolato in una conversazione a quattro.

Quanto all'epoca dell'incontro patrocinato, Henderson mi ha detto che esso dovrebbe avvenire a suo avviso nei primi giorm.i di settembre, anteriormente al nuovo viaggio che egli stesso intraprenderà in altra capitale, prima che si riunisca nuovamente conferenza disarmo.

Henderson mi ha detto di avere avuto una profonda impressione dai due colloqui con V. E. (2) e mi ha incaricato di porgerle i suoi saluti. Ho pranzato poi da von Papen che mi ha parlato sua intenzione intrattenere V. E. per indurla a farsi intermediario dell'intervista fra Hitler e Daladier, dalla quale egli si ripromette una maggiore condiscendenza francese in materia di disarmo delle Potenze armate e di riarmamenti della Germania.

Mi ha detto di avere appreso da ambasciatore di Francia a Berlino che Daladier desidera vivamente incontrarsi con Hitler.

Ciò confermerebbe dunque quanto mi disse Henderson.

Chiesi a von Papen, come cosa mia, senza dare alla cosa eccessiva importanza, se egli non trovasse che Hitler avrebbe dovuto incontrarsi in un primo tempo con V. E.

Egli mi rispose che ciò sarebbe stato più conforme alla situazione politica esistente, ma che d'altra parte per ottenere qualche cosa dai francesi occorreva lusingare il loro amor proprio.

Sperava pertanto che V. E., desideroso com'era di spianare la via alla Germania, avrebbe acceduto aL suo desiderio che egli avrebbe espresso.

Siccome von Papen, che è partito stamane per Roma, m! disse che recherà personalmente a V. E. tale documento ometto di rlassumerlo ».

lO

(l) T. 3156/500 R., pari data, di cui si pubblica solo II brano seguente: « Neurath mi ha detto che conv,ersazioni con Henderson furono condotte durante ieri e tutto oggi e che II Governo tedesco rispose alle nuove proposte francesi, recate dal presidente della conferenza disarmo, con un memoriale che sarà rimesso integralmente a V. E. e di cui mi riassunse l vari paragrafi.

(2) Cfr. serle VII, vol. XII, nn. 984 e 989.

5

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 2954/1569. Vienna, 19 luglio 1933.

Ho la preoccupazione che il consenso internazionale che H Cancelliere ha ricevuto per il suo nobile sforzo di foggiare una coscienza nazionale al suo paese abbia portato ad esagerare, specie a Londra ed a Parigi, la reale po,rtata dei risultati politici qui stati effettivamente raggiunti.

Infatti, se il Cancelliere è pervenuto a provocare chiari ed espliciti consensi all'idea dell'indipendenza nazionale, riunendoli anzi nell'assise apolitica del non ancora organizzato Fronte Patriottico, questi consensi già da un paio di settimane accennano ad aver raggiunto il loro apice: sicché può solo dirsi che nella situazione interna austriaca è stata favorevolmente conclusa una prima tappa, necessaria si, ma tutt'altro che definitiva.

Di contro, il nazionalsocialismo è rimasto scomposto più dalle simpatie internazionali formatesi intorno all'Austria, che dalle misure e dalla sempre tentennante e «dosata) politica interna del governo. Donde, oltrepassata l'impressione della popolarità internazionale formatasi intorno al Cancelliere, i nazionalisti hanno continuato e continuano a lavorare nell'ombra. Infatti, la situazione in Stiria ed in Carinzia è sempre loro particolarmente favorevole: informazioni d'ogni fonte concordano nel senso che la loro forza si aggiri tuttora intorno al 35 o 40% della popolazione: e nell'intimo dell'opinione generale è sempre che sull'Austria sovrasta l'incognita di gravi eventi, quali la possibilità di una guerra civile, o la formazione di uno Stato nazista nello Stato ufficiale dollfussiano, od addirittura l'improvviso scoppio -benché ritenuto sempre meno probabile -di colpi di mano da parte di battaglioni d'assalto hitleriani.

In questo stato di cose l'attenzione deve portarsi sovratutto sul modo e sui mezzi atti a rafforzare la compagine patriottica interna. E questi mezzi non possono trovarsi che nelle esortazioni rivolte da V. E. nella Sua recente lettera personale al Cancelliere (1), ed in quelle conseguenti ch'io gli vado da tempo facendo.

Senonché l'atteggiamento del signor Dollfuss, a malgrado le sue indiscutibili ottime intenzioni, a malgrado il grande impegno con cui va svolgendo la sua opera di propaganda, ed a malgrado l'indubbia sua buona fede, rimane sempre quello ch'io descrissi a V. E. fin dal mese di marzo scorso, col mio rapporto dal n. 576 del 14 detto mese (2) e dal titolo «Crisi del Parlamento in Austria),

Egli oscilla difatti tuttora fra la sua intuizione politica, schiettamente disposta verso concezioni fasciste ed autoritarie dello Stato, e quelle ch'egli rl

tiene le inderogabili sue necessità politiche verso la socialdemocrama, il Larulbund, e sovrattutto le due malcelate correnti d'opposizione che si sono venute a formare nel seno del partito cristiano-sociale (cioè quella di sinistra -tipo Buresch -e quella dei vecchi reazionari -tipo Vaugoin -) in opposizione alle tendenze fascistizzanti del trinomio Dollfuss-Starhemberg-Fey, e sovratutto al fatto che hl Fey è riuscito a concentrare nelle sue mani tutta la Sicurezza Pubblica e ad organizzare, come appresso meglio spiegherò, una milizia volontaria armata heimwehrista.

Lungamente ho già esposto a V. E. la posizione che il signor Dollfuss ha preso verso ciascuno dei predetti partiti; e che può riassumersi nel suo alterno giuoco di soddisfare volta a volta sia il blocco della socialdemocrazia, sia il Landbund e sia le due suindicate correnti cristiano-sociali (ricordo la nomina di Buresch a Ministro delle Finanze; l'esodo del Ministro Rintelen dal governo; la designazione del cattolico di sinistra Eigner a Ministro della Pubblica Istruzione; U movimento contro l'organizzazione del Fronte Patriottico e l'imminente sostituzione del suo segretario generale dott. Kruckenhauser, indicato come di tendenze ultra fasciste; e la nomina del democratico Ender a Ministro per la Riforma Costituzionale), -che le Heimwehren e la parte fascistizzante dei cristiano-sociali (nomina dell'heimwehrista Neustadter-Stiimer a sottosegretario di Stato; designazione dell'heimwehrista dott. Steidle per un posto di Ministro; nomina del Fey a Ministro per la Sicurezza Pubblica; e la promulgazione dell'ordinanza relativa alla costituzione d'una milizia armata heimwehrista). Ma se in allora .io sottoponevo a V. E. dette alterne posizioni, rappresentandole, com'erano, immuni da eventuali reazioni e ripercussioni, questa volta devo invece rappresentarle nei rispetti di quella reazione che, sebbene tuttora inespressa, io credo intravvedere potenzialmente, stante ormai il maggiore delinearsi delle due divergenti tendenze delle forze che sorreggono il governo, nell'atteggiamento delle Heimwehren.

Queste difatti cominciano a mordere il freno. E questa volta se il conflitto

sorgerà fra di esse ed H Cancelliere, sarà un conflitto d'idee, e perciò meno

facile a comporsi.

Il principe Starhemberg ha già avuto a dirmi ch'egli, pur consenziente in

principio, si riserva tuttavia di dare la sua effettiva adesione al Fronte Patriot

tico, solo quando il Cancelliere avrà sottoscritto e pubblicato il convenuto sta

tuto a base fascista di esso Fronte, e sol quando gli avrà mostrato di volersi

realmente disfare delle vecchie ed impopolari «croste ) cristiano-sociali.

Il Ministro Fey non mi ha nascosto ieri le sue preoccupazioni, cosi espri

mendosi: «Il Cancelliere, se concorda meco quando gli parlo, finisce poi in

realtà col subire l'influenza del signor Winkler, con cui sempre usa d'intratte

nersi dopo di me: sicché i miei sforzi per portarlo verso una concezione fa

scista vengono in fondo frustrati).

E da parte sua lo stesso organizzatore del Fronte Patriottico, il Dott.

Kruckenhauser, cristiano-sociale d'origine ma fervido heimwehrista di fatto,

parlandomi avantieri, non mi ha taciuto le sue difficoltà per portare il Can

celliere verso concezioni autoritarie, corrispondenti alla persistente gravità

dell'ora.

E le Heimwehren non si limitano soltanto a mordere il freno. Avvalendosi della legge circa l'organizzazione di una milizia di difesa <mio telegramma

n. 257 del 1° luglio) {1), esse con ogni cautela cercano di formare una vera e propria loro milizia, armata e ben equipaggiata.

È sperabile che queste precaul!ioni delle Heimwehren riescano tanto a confortare il Cancelliere da deciderlo a rompere i ponti verso la socialdemocrazia, il Landbund e le due correnti cristiano-sociali innanzi specificate; ma potrebbe pure accadere che una perdurante soverchia prudenza del dott. Dollfuss lo faccia un giorno trovare contro l'aperta insoddisfazione delle Heimwehren.

Intanto l'Arbeiter-Zeitung pubblica che «la socialdemocrazia austriaca è l'ultimo baluardo europeo contro il Fascismo »; mentre i membri socialisti del Landtag di Graz, in segno di opposizione all'interdizione de~la vendita del giornale socialista stiriano, si sono l'altro giorno astenuti dal votare l'espulsione dei membri nazisti di quell'assemblea, mettendo il Capitano Provinciale Rintelen nella necessità di rinviare la seduta. Eppure, effetuato ormai il prestito austriaco sia a Parigi che a Londra, potrebbe apparire inesplicabile una perdurante protezione di quei due governi nei riguardi della socialdemocrazia di Vienna, stante che è sempre in giuoco l'esistenza stessa di questo paese, che pur essi vorrebbero già soccorrere con provvidenze ed intese d'ordine internazionale!

D'altra parte la nomina dell'ex Cancelliere Ender a Ministro per gli Studi inerenti alla riforma sociale, stante la mentalità rigidamente democratica dell'uomo, ha prodotto un'tmp.ressione non del tutto favorevole. InoJtre resta sempre il fatto che il Cancelliere ha respinto la nomina dell'heimwehrista dott. Steidle al posto predetto, e così pure la nomina del medesimo a Mililistro della Propaganda: nomine che lo Ste·idle sollecitava non solo per una soddisfazione al proprio partito, ma anche per il fatto che ciascuna delle due nomine gli avrebbe consentito di restare ad Innsbruck e perseverare colà nella sua attività di organizzatore heimwehrista e di Capo della Sicurezza Pubblica pel Tirolo. Il Cancelliere gli ha !proposto invece insistentemente il posto di Ministro della Giustizia, che richiede la permanenza a Vienna.

Cosicché l'apparente incoraggiante situazione attuale austriaca è a mio avviso da considerarsi tale solo in rapporto agli immanenti pericoli oltrepassati, ma non già in relazione all'avvenire, ed alle profonde preoccupazioni che esso desta.

Il Ministro Fey mi ha pregato vivamente di esortare sempre più n Cancelliere di lasciar da parte le esitanze e venire a pratiche realizzazioni in senso fascista. Non ho potuto [che] rispondergli, come ho qui l'onore di assicurarlo a V. E., che tutta la mia attività è rivolta a questo fine, così come lo testimonia la mia precedente corrispondenza. Ed anche domani non mancherò d'intrattenere il signor Dollfuss sulla nomina del dott. Ender e sulle necessità dettate dalla situazione.

(l) -Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 923. (2) -Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 204.

(l) T. 2918/257 R., non pubblicato: riferiva che il Governo austriaco aveva deciso che tutte le organizzazioni patriottiche a carattere m!l!tare avrebbero dovuto costituire un corpo di difesa volontario per il mantenimento dell'ordine.

6

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL VICE CANCELLIERE DEL REICH, PAPEN (l)

APPUNTO. Roma, 20 luglio 1933.

Il Capo del Governo, passando in rassegna alcuni punti di interesse comune fra i due Paesi, dichiara:

1° -coi francesi non si è fatto fino ad ora niente; 2° -siamo contrari alle proposte francesi di cui si è fatto interprete Hende,rson;

3° -sarebbe opportuno un contatto fra i tedeschi e i francesi, argomento del quale dovrebbe essere esclusivamente il disarmo. Non converrà che per il momento l'incontro avvenga con Hitler: questo si potrà rinviare in un secondo tempo, dopo una opportuna preparazione;

4° -converrà che i tedeschi non dicano nulla al Quai d'Orsay delle idee esposte dal Vice Cancelliere von Papen sulla Russia (2). Il Quai d'Orsay è di una indiscrezione incredibile e niente rimane riserva t o;

5° -bisognerà fare qualche cosa nel campo economico. Il Capo del Governo chiede se la Germania sia disposta ad accedere alla politica dei Paesi a base aurea.

Il Signor von Papen prende nota ringraziando delle comunicazioni e osserva che sarà opportuno che l'Italia, approfittando della détente che si è creata, faccia sapere a Parigi che un incontro franco-tedesco sarebbe ben visto.

Il Capo del Governo annuisce. Il signor von Papen terrà conto dei consigli pel modo di trattare col Qual d'Orsay. Per quanto riguarda il disarmo osserva che nelle proposte francesi di disarmo vero e proprio c'è quasi niente il che renderà difficili le trattative.

Per ciò che concerne l'adesione all'accordo degli Stati a base aurea crede che non ci sarà alcuna difficoltà. La Delegazione tedesca a Londra in un primo tempo ha dovuto tenersi molto riservata perché suo primo compito era quello di risolvere la questione dei debiti e quindi non poteva mettersi contro i Paesi credi:tori.

Il Capo del Governo chiede se abbia qualche base la informazione della Germania relativa ad un patto russo-polacco. Ll Vice Cancelliere, che avverte la Germania essere H suo giornale, dice ritenere che si tratti di una notizia del tutto fantastica. Il Capo del Governo chiede se il signor von Papen ritenga possibile un accordo fra Germania e Polonia. Il Vice Cancelliere lo ritiene possibile. Chiede a sua volta quali siano le nostre impressioni sulla situazione interna in Russia. A quanto egli sa, essa è

molto cattiva. se gli Stati europei tra cui la Germania e anche l'Italia non avessero commesso l'errore di dare dei crediti ai soviet -crediti che secondo lui non saranno ripagati -il regime sarebbe saltato. Ora pare che si mettano anche gli americani sulla stessa via.

Il Capo del Governo conferma che la s~tuazione in Russia è cattiva. Oggi stesso il nostro Ambasciatore in Russia riconfermava che, siano sei o siano dodici, sono comunque dei milioni di morti per .fame in Ucraina.

Come il signor von Papen sa, noi stiamo facendo un accordo politico con la Russia. Bisogna dire che lo facciamo senza entusiasmo, ma lo riteniamo utile dal punto di vista politico anche nei riguardi della Germania per controbilanciare l'avvicinamento avvenuto negli ultimi tempi fra la Russia e la F,rancia e quello che è ora in corso fra la Russia e la Piccola Intesa.

Il Signor von Papen si rende conto di queste ragioni e chiede che l'Ambasciatore von Hassell sia tenuto al co,r,rente delle trattative .

Il Capo del Governo annuisce.

Il Vice Cancelliere von Papen chiede poi quando si potranno iniziare dei

negoziati per un accordo ,relativo ad un'azione comune itala-germanica nel territor.io danubiano.

Il Ca;po del Governo osserva che ci sono stati già dei contatti tra industriali dell'uno e dell'altro paese che potranno essere continuati. Evidentemente per H successo di una tale azione occorre avere una situazione politica tranquilla. La p,rima cosa da fare sarebbe di ottenere una détente nei rapporti fra l'Austria e la Germania.

Il Signor von Pa;pen dice che questa è proprio la sua opinione. Egli non è stato mai per una politica di forza contro l'Austria. D'altra parte si rende conto -e questa è anche l'à.dea dd Hitler -(a differenza di quello che in un primo tempo è stato il pensiero di Goering) che è più conveniente anche per la Germania che l'Austria svolga una propria azione indipendente. Questo è nella tradizione storica e nella logica delle cose. Egli vede la possibilità di una soluzione se Dollfuss dietro promessa che non si toccherà alla indipendenza austriaca aderisse a prendere nel Governo i rappresentanti dei Nazi. Si formerebbe così un accordo fra il partlto cristiano-sociale e i nazional-socialisti, portando n paese verso la pacificazione e creando anche la base per indtre le elezioni. Questo accordo darebbe anche a Dollfuss la forza, che oggi gli manca, di combattere sul serio i marxisti.

Il Capo del Governo osserva che egli è in principio d'accordo con una politica di pacificazione dei due paesi. L'interesse italiano è quello che l'Austria rimanga indipendente. Egli non si interessa dlla situazione interna austriaca; gli basta che non ci sia un regime tale che tolleri l'azione in Austria dei nemici del regime fascista (marxismo, massoneria) che sono poi anche i nemici del regime nazional-socialista. Chiede però quali garanzie si darebbero per il mantenimento di tale indipendenza.

Il signor von Pa.pen risponde che ci sa,rebbe una dichiarazione di Hitler e che i Nazi in Austria sarebbero tenuti a rispettarla pe.rché essi prenderebbero ordini soltanto dal Capo del nazional-socialismo germanico.

Il Capo del Governo chiede se la dichiarazione sarebbe pubblica.

Il signor von Papen ritiene che basterebbe portarla a conoseenza dell'Italia e dell'Austria. Il Capo del Governo è invece di opinione che dovrebbe essere pubblica per dare a Dollfuss la possibilità di giustificare un mutamento della propria politica.

Il signor von Papen si riserva di parlarne al Cancelliere Hitler che vedrà ora a Monaco, dopo di che si rivolgerebbe al Capo del Governo perché esercitasse la propria influenza su Dollfuss per fargli accettare questa soluzione. Il Cancelliere Hitler non ha una grande opinione di Dollfuss, che non gli dà garanzie di fare una politica libera da ogni influenza francese. Dopo Hirtemberg Dollfuss ha chiesto alla Germania di sostituirsi alla Francia nei 100 milioni di seellini del prestito. Hitler non ha voluto farlo, persuaso che Dollfuss avil'ebbe mercanteggiato con la Francia questa buona disposizione tedesca. Comunque la soluzione della questione austriaca si impone, non potendo continuare l'attuale situazione.

Questo è anche il pensiero del Capo del Governo.

ALLEGATO I

APPUNTO DI SUVICH

Nell'uscire dall'udienza col Capo del Governo, il signor von Papen mi ha chiesto cosa io pensassi della sua proposta per la soluzione della questione austriaca.

Gli ho detto che era certamente desiderabile fare scomparire l'attuale stato di tensione. Non mi nascondevo le difficoltà che avrebbe fatto Dollfuss. Egli difatti è di opinione che i nazi per entrare al Governo faranno qualunque dichiarazione, ma che poi, una volta arrivati per necessità di cose, si troveranno a fare -almeno di fatto la politica dell'Anschluss. Né egli potrà più controbatteria perché si tratterà dei suoi colleghi di governo. D'altra parte non credo che Dollfuss sia disposto ad abbandonare gli altri partiti del fronte austriaco -e specialmente le Heimwehren -per fare un accordo a due tra cristiano-sociali e nazional-socialisti.

Il Vice Cancelliere von Papen mi osserva che il partito di Dollfuss si è cosi rafforzato negli ultimi tempi che potrà da solo tenere a bada i nazional-socialisti.

ALLEGATO II

APPUNTO DI SUVICH

Nel colloquio fra il Capo del Governo e il Vice Cancelliere von Papen questi ha esposto al Capo del Governo la sua idea di un accordo con la Polonia a spese della Russia. In ogni epoca della storia c'è un popolo che fa le spese per gli altri. Nell'ultimo periodo sono stati i tedeschi, nel prossimo dovranno essere i russi. Ciò permetterà alla Germania e alla Polonia di risolvere la questione del corridoio e tutte le altre scottanti questioni del fronte orientale.

(l) -Al colloquio era presente Suv!ch. autore del presente appunto. (2) -Cfr. allegato IL
7

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

APPUNTO. Roma, 20 luglio 1933.

L'Ambasciatore Graham mi ha riparlato due volte della questione relativa a un passo comune a Ginevra, italo-anglo-francese, nel caso di una incursione

dei Nazi in Austria. Mi ha pregato di fargli avere una risposta. Gli ho detto che la proposta non ci piace anche per il fatto che in seguito al Patto a quattro ci pare poco conveniente che tre dei paesi partecipanti si mettano d'accordo all'insaputa del quarto.

L'Ambasciatore mi è parso convinto da questa ragione; chiede però comunque una risposta essendo pressato dal suo Governo (1).

8

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

Roma, 20 luglio 1933.

FUNZIONE DEL PATTO A QUATTRO

l) -Stabilire il regolamento del Patto a quattro sulle seguenti basi: riunione con una determinata periodicità (una o due volte all'anno) dei quattro Capi di Governo o dei quattro Ministri degli Esteri. Possibilità di convocazione dei .quattro in qualsiasi momento su richesta di uno o più dei partecipanti. Preparazione delle riunioni. Mediante la formale via diplomatica. Comunicazione dell'ordine del giorno delle riunioni ordinarjce, almeno un mese prima della riunione stessa. La presidenza del Comitato dei quattro, se non deciso diversamente, a turno. Il Presidente di turno provvede alle convocazioni e a tutte le parti formali e di preparazione. Sede delle riunio.ni a turno in località dei quattro Paesi partecipanti.

2) -Disarmo (articolo 3). Attendere l'esito della missione Henderson, dopo di che l'Italia, col concorso della Gran Bretagna, potrebbe, nella formale via diplomatica, iniziare opera di moderazione in modo da poter convocare la prima riunione dei quattro, che si dovrà occupare del disarmo, prima del 16 ottobre.

3) -Accordi economici. Dopo il fallimento di Londra ci troviamo Jn una situazione che può diventare pericolosa. Gli Stati a moneta svalutata faranno una concorrenza accanita sui mercati internazionali. Sarà difficile per gli Stati a valuta aurea se ciascuno è lasciato per proprio conto, difendersi. Converrà in queste condizioni un accordo fra gli Stati europei (che può partire dal Patto a quattro) con la partecipazione dell'Lnghilterra che si prefigga i seguenti obiettivi:

a) aiutare il risanamento monetario dei Paesi dell'Europa centrale con la stabilizzazione sulla base di una nuova parità aurea; b) provvedimenti per attivare il commercio fra tutti gli Stati o fra un gruppo di Stati europei sulla base di un accordo regionale.

6 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

c) provvedimenti di difesa del detto gruppo di fronte ai paesi che fanno il «dumping» economico monetario, soprattutto il Giappone e ora anche l'America.

4) -Questione dell'Europa centrale. (vedi appunto a parte).

5) -Questione revisione (in 'parte collegata con la questione dell'Europa centrale) da rinviarsi in un secondo tempo.

ALLEGATO

EUROPA CENTRALE

Attendere relazioni colloquio GéimbOs-Dollfuss.

Provocare riunione Capo Governo, Géimbéis, Dollfuss. Detta riunione esaminare sistema relazioni fra tre Paesi in modo da presentarsi di fronte agli altri come un blocco. Esaminare sistema relazioni blocco con altri Paesi: in primo luogo Piccola Intesa, secondo luogo Germania. Di fronte alla Piccola Intesa necessità accordi carattere commerciale e trasporti con speciale riguardo gravitazione detti Paesi verso Adriatico. Detti accordi potranno avere il carattere di accordi fra due gruppi e semplici accordi bilaterali per evitare impressione Confederazione Danubiana. In tale occasione potranno venire a Roma Benes e Titulescu.

Impregiudicate rivendicazioni territoriali ungheresi. Accordo particolare con la Jugoslavia, se possibile soluzione problema croato su base maggiore autonomia. Riguardi Germania accordi carattere commerciale che non pregiudichino sistema gravitazione verso Adriatico Stati danubiani. Momento riunione Capo Governo Gombos Dollfuss, converrà dare opportune spiegazioni nostra politica in base Patto a quattro Inghilterra, Francia, Germania.

Di fronte Francia andrà valorizzata difesa da Anschluss; di fronte Germania siluramento definitivo Piano Tardieu. In complesso ci sarebbero le seguenti gradazioni nelle relazioni, secondo la loro intensità:

l) Austria -Ungheria;

2) Austria -Ungheria -Italia;

3) Austria -Ungheria -Italia -Piccola Intesa;

4) Austria -Ungheria -Italia -Piccola Intesa -Germania;

5) Austria -Ungheria -Italia -Piccola Intesa -Germania e altri Stati.

(l) Annotazione a margine di Mussolini: «Niente passo».

9

IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

L. P. Vienna, 20 luglio 1933.

Alcuni giorni fa, appena ricevuto il pregiato e amichevole scritto del l o corrente (2), mi sono permesso di confermare tosto telefonicamente esprimendo la mia profonda gratitudine per l'interesse, serio e amichèvole, col quale l'E. V.

segue le vicende dell'Austria promettendo una sollecita risposta dopo di aver

fatto un esame esauriente dei problemi messi in discussione.

Nel ripetere all'E. V. i miei devoti ringraziamenti per le spiegazioni, fatte con uno spirito veramente amichevole e meritevole di tutta la considerazione, nonché per quelle parole con le quali l'E. V. ha avuto la bontà di approvare i miei sforzi, mi permetto di esporre con quella franchezza, che caratterizza le nostre relazioni personali, le mie idee sulle due questioni, svolte nello scritto dell'E. V.

Per quanto riguarda le condizioni generali della politica interna dell'Austria, l'E. V., come rilevo dal pregiato scritto, è tenuta perfettamente al corrente dal signor Preziosi, per cui posso !imitarmi a trattare solamente quelle questioni che l'E. V. ha toccato espressamente nel suo pregiato scritto e che mi sembrano essere importanti per caratterizzare esattamente la situazione interna dell'Austria.

Per quello che riguarda la necessità, accennata dall'E. V., di introdurre rapidamente riforme interne nel senso di una costituzione co\l.'porativa e autoritaria, condivido assolutamente l'idea dell'E. V., che cioè l'attività svolta finora dal Governo austriaco per ottenere una autorità statale stabile non debba interrompersi nemmeno un momento. Come l'E. V. sa dai nostri colloqui, io mi occupo da lungo tempo per mettere in pratica questo concetto. Io mi sforzo quindi, da quando con la crisi del marzo anno corrente ha avuto inizio la fase attuale della politica interna austriaca, continuamente di preparare il terreno per instaurare quel rigido regime autoritario, che, ne sono convinto, corrisponde meglio agli interessi del mio paese. È evidente che anzitutto devono essere spazzate via molte di quelle ma,cerie, che si sono accumulate negli anni che seguirono alla costituzione della Repubblica. Io sono pure conscio che a questo riguardo si dovrà fare ancora molto. Devo tuttavia rilevare a questo riguardo che gli sforzi fatti da me seriamente in questa direzione sono stati molto ostacolati dal fatto che H nazional-socialismo, il quale in una maniera imperdonabile aiuta il marxismo, in parte direttamente, in parte indirettamente, mi ha aggredito alle spalle. Con tutto ciò io non mi lascio traviare dal perseguire i fini che mi sono prefisso. Per questa ragione ho preso poco tempo fa nel mio Gabinetto, quale Ministro senza po\l.'tafoglio, l'ex-Cancelliere Dr. Ender, che è incontestabilmente uno dei migliori e più efficaci giuristi dell'Austria nel campo amministrativo, e gli ho affidato il compito esclusivo di preparare una vasta riforma della costituzione nel senso sopra accennato. Prima di affidargli questo compito io ho discusso a lungo le mie ,intenzioni col dott. Ender ed ho rilevato che egli è deciso a seguire la via da me indicata sostenuto dal suo convincimento persona,le. Le esperienze fatte negli ultimi anni in Austria col parlamentarismo hanno prodotto, naturalmente, un grande mutamento nelle opinioni proprio dei migliori patrioti del paese, ed hanno fatto maturare nelle loro menti il convincimento che il parlamentarismo, nella sua forma vecchia, non corrisponde più alle esigenze dei nostri tempi e che perciò la costituzione deve essere trasformata sulla base dell'idea corporativa. Io credo di poter dire che questa trasformazione generale dell'opinione 1pubblica dell'Austria nel senso di riforme corporative e autoritarie, sia dovuta in gran parte anche agli sforzi continui del Governo, che ripetendo continuamente le idee, che costituiscono la

base della ricostruzione da noi voluta, le ha talmente impresse nella coscienza dell'opinione pubblica, da creare un'atmosfera favorevole all'esecuzione di altri passi importanti. Cosi per esempio, l'idea della rappresentanza corporativa, che fino a poco tempo fa non era stata compresa dalla nostra opinione pubblica e, per ragioni evidenti, era stata anche in parte combattuta, oggi è compresa perfettamente dalle masse, tanto che il Governo può ormai accingersi a metterla in pratica per ora organizzando su basi corporative ti singoli rami delle esportazioni industriali austriache. Si continuerà poi a svolgere quest'opera anche in altri campi. Io mi sto poi occupando della trasformazione radicale dell'organizzazione dei sindacati ora esistenti, che finora erano basati sul principio di classe. Da ultimo sarà affermata chiaramente nella costituzione, come ho già accennato più sopra, l'idea corporativa, della quale io sono da molti anni un fautore convinto.

La diffusione che queste idee fondamentali hanno avuto fortunatamente tra il popolo mi sembra essere un indizio sicuro che il marxismo è stato represso in Austria tanto quanto, solamente mezzo anno fa, nessuno avrebbe osato sperare. I socialisti austriaci, nelle strettezze degli ultimi tempi, hanno cercato un certo appoggio presso i socialisti francesi e lo hanno anche trovato fino ad un certo punto; questo appoggio si è manifestato principalmente nella questione del prestito, ma alla fine dei conti non ha procurato ai socialisti austriaci alcun successo, ma piuttosto una sconfitta non dubbia. Se non ci fosse stata l'attività aggressiva dei nazional-socialisti contro l'indipendenza dell'Austria, il successo degli sforzi fatti dal Governo per combattere il socialismo sarebbe oggi certamente ancora più grande. Il Governo persegue, irremovibile, i suoi fini, che tendono a superare la mentalità marxista, le forme e le organizzazioni marxiste e a sostituirle con un patriottismo di Stato, superiore alle classi, e con un sistema corporativo nel quale il Governo, dotato di molta autorità, possa svolgere una ingerenza efficace. A questo riguardo noi siamo anche fermamente decisi a stra;ppare, appena che le circostanze lo permette.ranno, le posizioni che i marxisti tengono ancora nelle loro mani. In questo momento noi siamo intenti a restringere loro, in una maniera sensibile, quei mezzi finanziari, che essi si sono procurati con la conquista di una influenza eccessiva nel municipio di Vienna.

D'altra parte siamo intenti specialmente a suscitare, con una intensa propaganda patriottica, un patriottismo austriaco, che dopo la guerra non era più esistito e che pochi avrebbero creduto possibile pochi mesi fa. A questo proposito mi permetto di accennare all'attività del «fronte patriottico:~> ricordato anche dall'E. V. nel pregiato scritto e di informare l'E. V., a gran tratti, sulla sua organizzazione, che mi sembra una cosa importante. Il «fronte-patriottico:~> viene organizzato secondo il «principio dell'obbedienza al Capo:~>, Capo del fronte sono io stesso. Scopo del fronte patriottico è quello di fondere tutti gli austriaci, che amano la loro Patria, in un organismo superiore ai Partiti, per favorire lo sviluppo pacifico, culturale ed economico di uno Stato austrJ.aco, libero e indipendente. L'iscrizione in questo fronte è condizionata naturalmente all'abiura delle idee di classe e di lotta religiosa (kulturkampf) e obbliga i soci a far tutto il possibile per evitare divergenze di idee fra i soci del «fronte'> aiutando, caso mai, a superarle. Quest'ultima condizione, nonché il carattell'e, impresso a questo fronte, di essere cioè superiore ai partiti, escludono qualsiasi politica di partito in seno a questo fronte, per cui tutti coloro che appartengono al «fronte » non possono entrarvi come appartenenti ad un part1to, ma come patrioti e devono quindi svolgere come tali la loro attivUà nel «fronte».

Nel suscitare e conso.Udare questi sentimenti patriottLci fra ~a popolazione ho trovato un appoggio molto valido nelle Heimwehren e nel loro capt. Le mie relazioni con questi, come è g.ià noto all'E. V. dane mLe .irnformazioni orali, sono ottime ed io mi rallegro di po.ter di.re che le mie intenzioni sono state perfettamente comprese e lealmente appoggiate dai capi di questo movimento. Essi meritano una particolare riconoscenza per H loro contegno fermo e per la loro attività energica di fronte al na:?Jional-socialismo.

Per quanto riguarda quest'ultimo, le speranze dei nazional-soeiali.sti che, come l'E. V. lo sa benissimo, da sei mesi a questa parte avevano dato al Governo austriaco una vitalità limitata a tre o quattro settimane, devono essere considerate fallite, s·e pure, come pare, non siano perdute del tutto e si debba in ogni caso prevedere qualche nuovo colpo. È rnaturale che la lotta contro questo movimento debba essere continuata e che una collaborazione con questo movimento, che si serve di mezzi anarchici, non possa essere presa in considerazione.

Passando alla seconda questione di politica estera, sollevata dall'E. V., mi permetto di esporre quanto segue:

Come è noto all'E. V., io ho avuto di recente il piacere di salutare a V.ienna il Presidente dei Ministri ungherese, che aveva corrisposto con pronta cortesia al mio invito. I colloqui avuti in questa occasione col signor von Gombos dopo il suo recente viaggio a Berlino sono stati molto utili e hanno chiarito la situazione. Noi abbiamo constatato unanimemente di tener fermo, naturalmente, nella nostra politica estera all'amicizia con l'Italia. Inoltre noi abbiamo riconosciuto la necessità assoluta della più intima collaborazione tra l'Austria e l'Ungheria nel campo economico e cosi pure in quello politico, escludendo tutti i piani fantastici, e deciso di applicare nella forma più leale e più intensa i tra.tati già esistenti e che obbligano ambedue gli StatJi ad un intimo accordo politico, specialmente per quello che riguarda il relativo scambio di note riservate del.l'anno 1931 (1). Noi abbiamo pubblicato questa decisione anche nel comunicato sui nostri colloqui; e si può constatare che, in generale, questa intima collaborazione è stata intesa dall'opinione pubblica dell'interno e dell'estero come una cosa naturale. Nel frattempo questa collaborazione con l'Ungheria si è, fortunatamente, già avverata. Da questo scambio di idee, intimo e continuo, risulterà logicamente una pol.itica comune nella maggior parte dei problemi di politica estera che dovessero presentarsi. Credo però a questo proposito, per evitare i malintesi, di non dover far a meno dd. accennare che naturalmente alcuni problemi, presentemente di attualità, della politica estera dei due Paesi, Austria e Ungheria, stanno all'infuori delle questioni che richiedono una politica comune fra Vienna e Budapest rispettivamente che la rendono possibile, come per esempio il problema della Russia sovietista, la questione della revisione delle condizioni territoriali dei trattati di pace e purtroppo

in questo momento anche la questione delle relazioni con la Germania nazionalsocialista. Qui mi sia permesso di aggiungere tra parentesi che naturalmente anche l'Austria ha il massimo interesse a raggiungere relazioni amichevoli con la Germania, tenendo fermo in ogni caso a questa condizione, che cioè la conservazione dell'indipendenza completa dell'Austria sia garantita senza riserve e rispettata da parte del governo del Reich e dei suoi organi. Questo rispetto deve, prima di accingersi a sbrogliare la situazione, essere espresso in questa maniera che cioè H Governo del Reich, rispettivamente la direzione del partito nazionalsocialista, che è la stessa cosa, si decida finalmente in teoria e facci,a applicare nella pratica, senza eccezioni, l'idea di considerare il movimento nazionalsocialista dell'Austria come un movimento austriaco, legato a quello della Germania tutto al più da vincoli di simpatia, astenendosi, finalmente e senza eccezioni, dal favorire e dal tollerare qualsiasi propaganda diretta contro l'Austria, nonché da qualsiasi intromissione nelle condizioni interne dell'Aust11ia.

Tuttavia anche quelle questioni, le quali presentemente escludono un tratta

mento uguale da parte dell'Austria e dell'Ungheria, non potranno compromet

tere l'azione concorde di ambedue i Paesi nei riguardi dei problemi, per loro

vitali, della sistemazione economica del Bacino Danubiano, tanto più che essi

proprio in linea di politica economica -come ho avuto il piacere di constatare

assai di recente, di nuovo, con S. E. von Gombos -sono perfettamente d'ac

cordo di continuare a sviluppare e ad ampliare il loro traffico commerciale

seguendo i principi già stabiliti. Le trattative relative vengono condotte con

tutta lena. Il correlativo indispensabile per questo sviluppo, dell'appoggio da

parte di una grande Potenza, politica ed economica, sarà dato -secondo il

mio convincimento -dall'Italia, che ha dimostrato il suo interesse a questo

sviluppo venendo incontro nelle trattative, fatte a Londra, sull'allargamento

del regime, specialmente nei riguardi delle nostre esportazioni di legnami,

interesse che la E. V. mi ha fatto conoscere di nuovo, in una forma così elo. quente ed efficace, col suo pregiato scritto. Nell'esprimere la speranza di aver dato all'E. V. una nuova conferma della più ampia congruenza fra i nostri scopi...

(l) -Si pubblica la traduzione e non l'originale tedesco. La minuta in tedesco è ed., con data errata 22 luglio, in K. H. SAILER, Geheimer Briejwechsel Mussolini -Dolljuss, Vienna, 1949, pp. 23-29 e in una diversa traduzione Italiana in G. BRAUNTHAL, La tragedia dell'Austria, Firenze, 1955, pp. 204-209. (2) -Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 923.

(l) Sui rapporti con la Jugoslavia e la Cecoslovacchia. Cfr. serie VII, vol. IX, n. 481, p. 716.

10

IL PRIMO MINISTRO BRITANNICO, MACDONALD, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

L. P. Londra, 20 luglio 1933.

I was so glad to have your letter last night conveying Signor Mussolini's gratify.ing message and your own personal one (1). I do hope that this is the beginning of a determined effort to meet by reason the many dangerous problems of Europe which, but for this Pact, might develop into war con

ditions. You will remember that at the end of the Lausanne Conference I proposed that a consultative Pact should be promoted at once, but for one reason or another other matters elbowed it off the stage for the time being. Now I am so glad that we have got it.

With my grateful recognition of the big part that you yourself have played, not only in London but in Rome...

(l) Non rinvenuta.

11

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3207/506 R. Berlino (l), 22 luglio 1933, ore 18,20 (per. ore 20).

Hitler mi ha detto non avere aggiunto nulla, nel colloquio Henderson, a quanto è contenuto nel promemoria che mi è stato r'imesso (mio telegramma

n. 504) (2). Mi ha confermato che il promemoria espone in modo completo quale sia in tema di disarmo il punto di vista tedesco. Per quanto concerne l'in.contro Hitler-Daladier, progettato da Henderson, il cancelliere si è espresso nei seguenti termini:

«Tale incontro, patrocinato dall'Inghilterra e atteso ansiosamente dal mondo intero, sarebbe fatalmente destinato a un insuccesso, dato che i punti di vista di Parigi e Berlino, secondo risulta dai relativi documenti, sono ancora troppo lontani.

Il presidente del consiglio francese, non potendosi assumere tutte le responsabilità dell'insuccesso, cercherebbe naturalmente di farlo ricadere sul cancelliere del Reich, che non voleva prestarsi a questo gioco».

Avendo chiesto se egli avesse respinto idea dell'incontro, cancelliere mi ha detto di no spiegandomi che a rigore di termini egli potrebbe accettare di incontrarsi casualmente con Daladier, sebbene in questo momento egli non vedesse l'utilità di un simile incontro.

Egli non intende accedere però ad un convegno altrettanto clamoroso, quanto inutile e dannoso.

Per quanto concerne lavori del disarmo, cancelliere ritiene che essi debbano essere condotti innanzi alle cancellerie per cercare di avvicinare possibilmente i diversi punti di vista, mediante una più esatta comprensione delle situazioni dei vari Stati.

Gli ho osservato che uno dei compiti del patto a quattro avrebbe dovuto essere precisamente questo, del che il cancelliere ha convenuto.

Concludendo Hitler ha aggiunto che in Europa due soli uomini possono liberamente assumere impegni, dato che hanno una intera nazione dietro di loro, e questi erano V. E. e lui.

Gli altri uomini di Stato non sarebbero stati in grado di assumere alcuna esria responsabilità, poiché i rispettivi parlamenti li avrebbero immediatamente rovesciati. Trattare quindi con loro non aveva ragiorne di essere.

(l) -Cerruti si trovava in realtà a Bayreuth, il telegramma venne trasmesso tramite l'ambasciata. (2) -T. per corriere 3200/504 R. del 19 luglio, non pubblicato. Per il promemoria tedesco cfr. n. 4, nota l.
12

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, GUARNASCHELLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 22 luglio 1933.

Com relazione di carattere complessivo già presentata a V. E. la Direzione Generale A.P. (!Il) ha illustrato all'E. V. lo stato attuale delle nostre relazioni politiche ed economiche con gli Stati Arabi del Mar Rosso e con l'Abissinia.

Per quanto si riferisce a quest'ultimo paese, tuttavia la Direzione Generale

A.P. -(III), ritiene opportuno esporre qui di seguito e con maggiori dettagli a V. -E. gli avvenimenti recentemente verificatisi alle frontiere fra Somalia ed Etiopia e che, come è già stato indicato nella relazione sopra accennata, hanno influito sfavorevolmente sull'andamento generale dei rapporti fra noi e l'Abissinia.

Trattasi della rivolta capitanata da Olol Dinle, sultano degli Sciaveli (popolazione di confine tra la Somalia e l'Etiopia). La possibilità di tale rivolta era stata segnalata al R. Ministero Affari Esteri e R. Ministero delle Colonie rispettivamente dal R. Consolato in Harrar e dal Governo della Somalia, come conseguenza della decisione presa dal Governo etiopico nell'inverno sco.rso di inviare una spedizione nei territori meridionali dell'Impero per r•iscuotere i tributi da quelle popolazioni, presidiare quelle regioni e rendervi sempre più effettivo l'esercizio dell'Amministrazione diretta del Governo Centrale di Addis Abeba.

In tale oc,casione i capi somali deH'Ogaden e degli Sciavelli, legati da relazioni di parentele e di amicizia con le tribù confinanti e comprese nel territorio della Somalia italiana, si erano concertati per res,istere all'opera che le Autorità etiopiche si proponevano di svolgere nei loro territori e avevano manifestato il desiderio di poter contare sul nostro appoggio per opporsi validamente alla penetrazione predisposta nei loro Paesi dal Governo etiopico.

Per tale eventualità il R. Ministero degli Affari Esteri e quello delle Colonie avevano concordemente ritenuto convenisse a noi di adottare una linea di condotta particolarmente cauta e prudente. Non si poteva infatti non tenere presente la considerazione che una ribellione da parte delle popolazioni somale etiopiche, qualora fosse rimasta isolata, sarebbe stata facilmente repressa, mentre per avere possibilità di successo essa avrebbe dovuto svolgersi in relazione ad un movimento generale di rivolta nel Sud etiopico e possibilmente in altre regioni dell'Impero, il che era da escludersi. Allo stato delle cose tali più vasti movimenti non erano infatti, come non sono, da considerarsi prossimi. E pertanto le istruzioni impartite al Governo della Somalia per l'eventualità della rivolta di cui trattasi st::bilivano che l'az•ione da svolgersi oltre confine da parte nostra, dovesse limitarsi a mantenere con quei capi i buoni rapporti esistenti, sovvenzionandoli di tanto in tanto e incoraggiandoli con le dovute cautele a rimanere fedeli a noi e ostili agli abissini; senza però compromettere nè loro stessi nè noi e lasciando loro comprendere la opportunità di tollerare con pal?ltenza la situazione, in modo da non pll'ovocare con immature sommosse, pericolose reaz~oni da parte Etiopica. Ove nonostante tali nostri consigli si fossero verificate rivolte, il nostro appoggio avrebbe potuto venire concesso ai ribelli dietro loro richiesta naturalmente in modo da non scoprirei (relazione a S. E. il Ministro in data 3 febbraio c. a. -allegato 1°) (1).

Iniziatasi la spedizione etiopica nel Sud, capitanata dal fitaurari Mezlechià, si manifestavano nei territori attraversati dagli armati abissini i soliti episodi di razzia e contro razzia nei quali si trovavano tosto coinvolti anche i nostri pastori armati e 1le nostre pacifiche popolazioni: allo scopo di dtrimere gU incidenti che ne erano derivati, H fitaurari Mezlechià chiese ed ottenne un colloquio col nostro Ispettore delle bande, maggiore Ritelli. L'incontro non valse a risolvere l'incidente, causa l'intransigenza abissina. Contemporaneamente si verificavano altri episodi di razzia fra gli abissini e g1i Sciaveli di Olol Dinle il quale dopo alcuni giorni di lotta si vedeva costretto a riparare nel nostro territorio (nota del R. Ministero delle Colonie n. 42450 del lo aprile c.a. -allegato 2°). Ciò provocava una richiesta di estradizione da parte del fitaurari Mezlechià alla quale non venne naturalmente dato seguito. Nei primi giorni di aprile d'.accordo col Governo della Somalia, Olol Din1e ripassava H confine e riprendeva la lotta contro gli abissini trasferendosi ai pozzi di El-Ugar in vicinanza delle nostre bande armate. Dal telegramma del Governo deUa Somalia n. 5568 del 5 aprile c.a. (allegato 3°) risulta che «l'azione d·i Olol Dinle è effettivamente concordata » con quel Governo e che «capi e genti di oltre confine seguono la nostra linea di condotta con lui J)er decidere l'atteggiamento proprio e delle proprie cabile nei confronti del Governo etiopico».

Il R. Ministero delle Colonie d'accordo col R. Ministero Affari Esteri ritenne quindi necessario r·ichiamare l'attenzione del Governo della Somalia sulle istruzioni precedentemente impartite e sul « nostro assoluto interesse che Governo etiopico non abbia alcun valido appiglio ,per ritenerci d'accordo con Olol Dinle ... il quale per quanto possibile non deve avere sue basi per razzie contro abissini nella immediata vicinanza dei nostri posti, ciò che porrebbe Governo etiopico nella favorevoLe condizione di poterei rimproverare per pretesi aiuti di nostri sudditi ai somali fautori di disordini in territor.io etiopico » (telegramma del

R. Ministero Colonie dell'aprile 1933 allegato 4°) ciò che infatti avvenne (telegramma della R. Legazione in Addis Abeba n. 297 del 25 c.a. allegato 5°).

D'altra parte il fitaurari Mezlechià insospettito nei nostri riguardi procedeva ad arrestare e ad espellere arbitrariamente dai territori da lui presidiati i nostri sudditi, costringendoci a ripetuti energici interventi ad Addis Abeba per ottenere la revoca di tali misure, e manovrava in guisa da far rivoltare contro Olol Dinle parte dei suoi stessi sudditi, provocando in tutto il territorio degli

Sciaveli una situazione estremamente confusa ed incerta per cui si videro anche gruppi di popolazioni già per noi simpatizzanti combattersi fra di loro o addirittura schierarsi con gli abissini contro Olol Dinle (telespresso del R. Ministero Colonie n. 43509 e telegrammi allegati -allegato 6°). Pur tuttavia la scarsità di armati ridotti dalle malattie, dai combattimenti e dalle diserzioni, e la riconosciuta impossibilità di ricondurre all'ordine i territori Sciaveli con i soli mezzi di cui disponeva, indussero il fitaurari Mezlechià ad abbandonare la partita ed a ripiegare verso l'Harrar dove, d'ordine del Governo Centrale, venne esonerato dal Comando. Questo venne affidato al Governatore di Harmr Degiasmach Gabrè Mariam, il .quale si trovò in un primo tempo a dover fronteggiare i disordini verificatisi al confine con la Somalia francese.

Il 17 giugno c.a. il Governo della Somalia con telegramma n. 102239, informava di aver autorizzato il maggiore Ritelli, comandante delle bande, ad incontrarsi col Degiasmach Gabrè Mariam recatosi frattanto nell'Ogaden, e a consigliare quest'ultimo a «rimettere Olol Dinle al posto da cui lo avevano scacciato le azioni inconsiderate del fitaurari Mezlechià » e ad « offrirgli di assumere garanzia per lui, Gabrè Mariam, di fronte all'Olol Dinle »; il che costringeva il R. Ministero delle Colonie d'accordo coi R. Ministero Affari Esteri a richiamare nuovamente l'attenzione di quel Governo sulle direttive cui doveva ispirarsi la nostra azione politica di fronte agli avvenimenti in parola e in base alle quali «nostro atteggiamento verso Olol Dinle deve mantenersi sempre tale da non comprometterci direttamente con Governo etiopico »; e ad invitare S. E. Rava a «modificare urgentemente istruzioni già impartite a maggiore Ritelli » (Allegato 7°). Al maggiore Ritelli il Degiasmach Gabrè Mariam prospettava, sembra di sua iniziativa, l'opportunità di ridare ad Olol Dinle il suo comando, ma tali propositi erano piuttosto diretti ad accertare le nostre relazioni con quel sultano e non avevano alcun fondamento di sincerità, come è dimostrato dal fatto che quasi contemporaneamente ad Addis Abeba il Ministro degli Affari Esteri etiopico confermava al Ministro Vinci che Gabrè Mariam si trovava nel Sud etiopico per cercare di catturare Olol Dinle: ciò che tuttavia non gli è ancora riuscito di fare.

Con telegramma in data 4 luglio u.s. (allegato 8°) S. E. Rava, premesso che, nella sua opinione, con il ritiro del fitaurari Mezlechià e con l'andata del Degiasmach Gabrè Mariam nel Sud etiopico «si è chiusa una delle fasi della nostra politica in te·rritorio Ogaden », chiede se il Governo della Somalia debba continuare ad aiutare Olol Dinle nell'azione da questi intrapresa « dietro nostro consiglio». A tale telegramma è stato d'accordo fra il R. Ministero delle Colonie e quello degli Esteri risposto:

1°) che secondo le istruzioni impartite circa la politica da svolgere in Ogaden, l'ipotesi di un nostro incoraggiamento ad una ribellione in Ogaden è per ora assolutamente da scartarsi, perché una tale ribellione condurrebbe ad una irrimediabile compromissione delle popolazioni a noi amiche e alla perdita della nostra migliore carta nel giuoco abissino;

2°) che secondo le stesse istruzioni l'azione nostm doveva consistere nel mantenere buoni rapporti con i capi Ogaden consigliando loro pazienza e tolleranza;

3°) che a tali istruzioni i RR. Ministeri degli Esteri e delle Colonie si sono costantemente richiamati quando nel corso dei recenti avvenimenti «sono stati messi di fronte a fatti compiuti» ad iniziativa del Governo di Mogadiscio;

4°) che gli stessi RR. Ministeri confermano la linea di condotta prescritta, una azione immediata contro l'Etiopia essendo pel momento estranea alla politica del R. Governo.

Per regolarità di esposizione si allega, in visione a V. E., copia di due telegrammi recentemente scambiati fra il Governo della Somalia e il Ministero delle Colonie, relativi alla rispettiva competenza del R. Ministero Esteri e del

R. Ministero Colonie e ai rapporti fra il Governo della Somalia e la R. Legazione in Addis Abeba (Allegato 9°).

(l) Gli allegati non si pubblicano.

13

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 1474/385 R. Roma, 23 luglio 1933, ore 22.

Henderson ha proposto costà che Daladier e Hitler si incontrino per scambio di idee diretto a risolvere difficoltà derivanti da dive.rgenza vedute in questione disarmo.

Nelle conversazioni che ha avuto qui in occasione sua venuta a Roma per firma concordato von Papen ha convenuto opportunità tale chiarimento pur ritenendosi prematuro incontro fra i due presidenti Consiglio che potrebbe avvenire in secondo tempo quando terreno fosse già preparato. A questo scopo egli sarebbe disposto recarsi Parigi per incontrarsi col signor Daladier.

Anche noi riteniamo che scambio d'idee Daladier-von Papen su questione disarmo potrebbe avere utile effetto.

Sarà bene che V. E. trovi modo farlo sapere opportunamente a codesto Governo in modo che proposta tedesca per detto incontro non lo trovi impreparato.

14

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3211/154-155 R. Tirana, 23 luglio 1933, ore 22,40 (per. ore 2,40 del 24).

Questo ministro degli affari esteri mi ha testè inviato lungo promemoria (l) che, riferendosi a quello presentato da questa legazione il 4 corrente e alle conversazioni intercorse in questi giorni, elenca nei seguenti sei punti gli

«elementi suscettibili di rafforzare e consolidare l'atmosfera amichevole che circonda le relazioni fra i due Paesi ».

l. Obbligatorietà dell'insegnamento della lingua italiana nelle scuole secondarie;

2. -Governo albanese avrà ricorso alla cortesia del Governo ·italiano perché gli assicuri in caso di bisogno i professori destinati alle scuole aventi carattere tecnico e all'insegnamento della lingua italiana negli altri istituti secondari; 3. -Invio annuale in Italia dell'BO% degli studenti borsisti; 4. -Govemo aJbanese è disposto a discutere riapertura scuole professionali da considerare però come istituti di Stato con direttore amministrativo albanese e personale tecnico italiano; 5. -Il Governo albanese animato dal vivo desiderio di voler profittare al più alto grado della esperienza e della capacità degli organizzatori italiani, ha fissato loro competenze con un regolamento speciale già rimesso al ministro d'Italia (ritengo trattarsi di bozza di regolamento trasmessomi brevi manu nel marzo u.s. contemporaneamente a-I progetto delle nuove disposizioni per le scuole professionali, regolamento che non ebbe s·eguito e che non (dico non) migliorava certo situazione dei nostri organizzatori (vedere mio telespresso

n. 347 del 18 marzo u.s.) (l);

6. Il Governo albanese è disposto a discutere con spirito conciliante questione della pesca.

V. E. rileverà facilmente che malgrado si sia lasciato ben comprendere da parte nostra quali siano le numerose questioni sulle quali il Governo fascista ha ragione di attendere da parte di quello albanese manifestazioni concrete di buona volontà per dissipare il suo giusto malcontento e ristabilire quel sano equilibrio nelle relazioni fm i due paesi che questo Governo ha in molte circostanze e con chiari provvedimenti alterato, le misure annunziate si concretano in realtà nella obbligatorietà dell'insegnamento dell'italiano nelle scuole secondarie, misure che da lungo tempo dovevano essere adottate e di cui è palese l'esagerata sopravalutazione che continua a farne questo Governo a scopo mercanteggiare.

Il pro-memoria continua coi seguenti punti che comprovano come le misure annunz,iate, pur essendo vaghe e ir·risorie, vengono sdentemente subordinate a nostre concessioni di natura ben più grave e che ritengo inaccettabili.

1°) Moratoria senza interesse del prestito S.V.E.A. per tutta la durata del trattato di alleanza;

2°) adozione di regime preferenziale per una certa quantità di prodotti albanesi in determinate proporzioni sulla base della reciprocità. Al riguardo il Governo esprime il desiderio di inviare una commissione a Roma.

Il promemoria conclude manifestando la persuasione che le misure che il Governo è deciso a prendere costituiscano elementi suscettibili di rendere più cordiale e fiduciosa l'atmosfera di collaborazione fra i due paesi nella speranza

che il Governo italiano vorrà far conoscere sollecitamente se desidera continuare ad accordare l'apporto finanziario dei due milioni di franchi e se la legazione è disposta a mettere a disposizione del ministero delle finanze i fondi già impegnati per i lavori pubblici.

Invio testo del promemoria e mio rappor.to (l) con piego che affido corriere aereo martedì prossimo.

Permettomi intanto confermare opinione che situazione non è ancora giunta a quel punto di maturazione da far comprendere a questo Governo necessità prendere provvedimenti che riuscendo riparare compensare tutti gli atteggiamenti presi contro i nostri interessi in Albania in relazione al contributo da noi dato a,l paese, valgano a dimostrare la sincerità dei sentimenti di questo regime, servano a stabilire in modo inequivocabile le rispettive posizioni e siano sopratutto di garanzia per l'avvenire.

Mi pare sia necessario far nuovamente conoscere quali sono i termini esatti della situazione attuale dei nostri rapporti e continuare tranquillamente ad attendere.

Posso intanto [assicurare] che in questo periodo in cui abbiamo sospeso la nostra assistenza finanziaria, ciò che ha dato la sensazione di un rallentamento dei nostri rapporti col regime, il nostro prestigio nei riguardi della maggioranl'la della popolazione è sensibilmente aumentato.

(l) In data 22 luglio, non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

15

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

D. 4822. Roma, 23 luglio .1933.

Le trasmetto in via riservata, per sua opportuna conoscenza, .gli uniti tre appunti r·elativi al coHoquio che il Signor von Papen ha avuto con S. E. il Capo del Governo il 20 corrente <2).

Relativamente al desiderio .espresso dal Signor von Papen per quanto riguarda l'eventualità di un prossimo scambio d'idee franco-tedesco nella questione del disarmo, n R. Ambasciatore a Parig'i è stato incaricato di far sapere, in modo opportuno al Governo francese che noi riterremmo utile che tale scambio d'idee avesse luogo fra il Signor Daladier e il Signor von Papen (3).

16

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 luglio 1933.

Durante la mia missione in Turchia ho avuto frequenti contatti col Conte di Chambrun, Ambasciatore di Francia.

Malgrado durante quel periodo le due politiche da noi rappresentate fossero in netto contrasto, pure egli non ha mai cessato, nelle nostre conversazioni confidenziali, di auspicare con passione un riavvicinamento tra l'Italia e la Francia, non limitato al settore orientale, ma avviato verso una cooperazione generale. Può darsi che, per ,ragioni di carriera, egli sia ancora ligio alla così detta mentalità del Quai d'Orsay, ma ciò non esclude in lui un'indipendenza di giudizio e di azione che si è rinforzata man mano che egli ha raggiunto il più alto rango nei ruoli della diplomazia francese.

D'altra parte la sua italofilia è stata favorita dalla comprensione che egli ha delle cose italiane e dalle parentele che lo leg&no al nostro Paese: Savorgnan sono suoi cugini.

Di modi affabili ed estremamente cortesi, il Conte di Chambrun, è il prototipo del «causeur » francese, ma il suo spirito e la sua cultura sono però al servizio di una benevola osservazione.

Egli non ha evidentemente soverchio peso nel mondo politico francese, ma indirettamente ha degli appoggi e protezioni potenti e la sua intima amicizia con Tardieu è un fattore decisivo di cui ci si potrà valere ad un momento dato. Ha un fratello generale, assai stimato nell'esercito francese, ed un altro deputato.

In più dispone di un'antica amicizia, molto in vista, che ha servito fino ad ora a valor-izzarlo.

L'aspirazione del Conte di Chambrun è stata sempre quella di essere un giorno rappresentante del suo Paese a Roma: stimo quindi che nelle condizioni politiche attuali egli possa come Ambasciatore se convenientemente manovrato essere un istrumento utile alle relazioni fra i due Paesi.

(l) -Telespr. 2632/1035 del 24 lugllo, non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 6. (3) -Cfr. n. 13.
17

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, CORA

T. PER CORRIERE 1475 R. Roma, 24 luglio 1933.

Suo telegramma 50 (l).

Chiarimenti richiesti con telegramma 77 (2) sono tanto più necessari che seconda parte discorso Malinoff riferita solo ora rende anche più oscuro significato sua precedente spiegazione. Non comprendo se allusioni Malinoff a nuovo orientamento significhino passo verso Piccola Intesa secondo proposte Titulescu oppure tendenza a superare timori per un più deciso atteggiamento verso Italia. Ella sa che da parte nostra a parte e oltre il nostro generale atteggiamento per una più benevola consideraz;ione dei paesi ex-nemici non abbiamo mai esitato dove e come possibile a usare della nostra influenza a

favore della Bulgaria. Abbiamo sempre ritenuto e riteniamo che un più deciso atteggiamento di questa non avrebbe nessuno degli inconvenienti sembra costi temuti. Avrebbe a nostro avviso rinfrancato e tonificato il paese che talvolta sembra piegare sotto la gravità dei problemi morali e materiali lasciati dalla guerra e esasperati dalla crisi.

R. Governo non sarebbe tuttora alieno dal considerare di dare in qualche modo forma conveniente e più appariscente agli amichevoli rapporti esistenti fra i due paesi. L'atmosfera creata dal patto a quattro può essere occasione propizia per togliere a qualsiasi atto bilaterale itala-bulgaro o plurilaterale anche quell'apparenza di ostilità verso altri che ha finora ostacolato qualsiasi realizzazione in questa materia.

Quanto precede per suo orientamento con preghiera di riferire dettagliatamente quali siano a suo avviso, in relazione a quanto precede, possibilità svolgimento presente situazione e soluzioni eventuaJmente realizzabili (1).

(l) -Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 969. (2) -Con t. 1419/77 R. dell'll luglio non pubblicato nel vol. XIII della serie VII, Aloisi aveva chiesto quanto segue: «Prego riferire quale accoglienza a suo giudizio sia riservata costì a proposte Titulescu e quale sia sostanza di quste specie da lato economico».
18

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 4970/2101. Bled, 24 luglio 1933.

Dal prossimo mio riassunto sulla situazione interna V. E. rileverà in maniera incontrovertibile che, giudicando la intera situazione in Jugoslavia, mai forse la situazione generale fu più tranquilla della attuale, e che gli episodi (anche aspri) che v·engono riferiti da Zagabria sullo spirito oppositore, hanno forse l'importanza di pura cronaca, non più.

Tale tranquillità non è soltanto stagionale, ma ha un significato ben più profondo e deciso. Distrutte le organizzazioni, imprigionati, allontana'ti, e soppressi, in qualunque modo, i ca.pi, la questione croata non ha nessuna probabilità attuale di ripresentarsi nel primo piano della situazione jugoslava, quindi ancor meno di portarvi un elemento risolutivo. Né, del resto, a mto avviso e giudizio, ripetuto a V. E. (salvo nei primi sei mesi) nei cinque anni che mi trovo in questa residenza, lo ha mai avuto.

Vi sono stati lutti, sacrifici, sangue e martiri, ve ne potranno essere ancora domani, ma sulla forza intrinseca croata di sommuovere alcunché della situazione jugoslava non è partito da parte mia alcun incoraggiamento a credere. Ancora più oggi è mio dovere mettere in guardia contro affermazioni contrarie. Ne segue che le notizie che vengono date alla stampa sulla Croazia, sulla Lika etc. etc. e che provengono, per quanto posso rilevare, dal R. console generale ìn Zagabria, se sono utili agli effetti della nostra conoscenza esatta della situazione e come sintomatologia di essa, date al pubblico come se annunciassero il continuare di un pericoloso moto sovvertitore, costituiscono invece una singolare e stridente stonatura con una realtà che tutti qui possono constatare senza troppe difficoltà.

Io faccio quinal caldo appello alla E. V. perché voglia esaminare la convenienza di continuare a dare alla stampa le notizie che vengono da Zagabrla e che la opposizione croata desidera siano date alla pubblicazione dei nostri giornali.

Ciò indipendentemente dal rapporto esistente fra la continuazione di una tale campagna, ed una situazione che potrebbe condurre o prima o poi al riesame della situazione itala-jugoslava, ed alla giustificazione che in tale modo forniamo agli jugoslavi di qualche meschino ripicca in questa stampa.

Chiedo venia alla E. V. se insisto in questo subordinato ma fermo pensiero.

(l) Per la risposta cfr. n. 56.

19

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 3081/1646. Vienna, 24 luglio 1933.

Mio rapporto riservatissimo n. 1569 del 19 corr. (l).

Ho visto ieri il Cancemere, e mi sono lungamente intrattenuto con lui circa la situazione politica interna. Alle mie osservazioni, ispirate al contenuto del rapporto cui mi riferisco, il Cancelliere ha risposto:

I) Socialdemocrazia -È di certo una disgraziata circostanza che l'assalto nazista si sia scatenato con tanta rapidità e veemenza da togliermi il modo di portare J)d"eviamente a termine la campagna da me intrapresa nella primavera scorsa contro la socialdemocrazia. Tutto ciò ha prodotto una situazione difficHe; e comprendo pure ch'essa possa apparire illogica. Tuttavia bisogna considerare che la socialdemocrazia è costretta ormai ad una vita così grama, che vien talvolta da chiedersi se essa sussista ancora; e difatti le sporadiche sue affermazioni di principio (cioè quelle ch'io gli ero andato indicando) altro in realtà non sono che platonici segni d'esistenza. D'altra parte, mentre riaffermo che su ciascuno dei «leaders » rossi posseggo tanta documentazione da potermene disfare in men che si dica, mi è grato dichiarare in via del tutto confidenziale che gravi provvedimenti colpiranno fra breve il partito socialdemocratico:

a) la sottrazione di circa quaranta milioni di scelllini sul totale flscale di spettanza del Land di Vienna; tale sottrazione sarà effettuata col semplice mezzo di diretta ritenzione sulle percezioni delle imposte statali, dapprima affidate, a guisa di monopolio, alle autorità municipali di Vienna e dal primo luglio assunte, invece, direttamente dallo Stato (fine del mio telegramma per corriere n. 101 del 13 .giugno) (2);

b) lo scioglimento di tutte le associazioni di classe (camera di commercio, camere di lavoro, uffici di lavoro, ecc.), e la conseguente loro sostituzione con Confederazioni, sul tipo italiano;

c) la progressiva tnstaurazione del sistema sindacale, già verificatasi negli uffici corporativi per il commercio d'esportazione.

II) Fronte corporativo -È altresì possibile che i «movimenti~ coHaterali a quello del «Fronte Patriottico>> -ossia quelli del partito pangermanista e del Landbund, nonché il movimento « nazionale » (mio rapporto riservato

n. 1493 del 10 luglio) (l) appaiano circostanze deprecabili pex l'unificazione delle forze patriottiche sotto l'egida del « VaterHindische Front»; ma la realtà è che tutti codesti movimenti sono destinati ad apportare innanzi tutto una divisione ed una diminuzione nelle forze dell'opposizione. In ogni caso detti movimenti, e specie quello del Landbund, sono voluti e controllati direttamente dal Governo Federale. Difatti, questo ha concesso spontaneamente al Landbund di servirs-i del corporativismo, sia pure so.tto la denominazione di Fronte sindacalista agrario; ma ciò esso ha fatto sia per cercare di attirare le forze «nazionali » dei partiti di opposizione, le quali non mai passerebbero ai cristianosociali, e sia per effettuare, specie nelle classi rurali, una salutare propaganda dei principi sindacalisti. Il governo è difatti deciso a monopolizzare poscia, in tutta la sua integrità, il movimento corporativista, e ciò senza alcuna tema che il Landbund, che non rappresenta affatto un'importante forza politica, possa creargli imbarazzi od ostacoli.

IID Il Fronte patriottico -Esso è e dovrà xestare sotto la mia direzione personale .e diretta, cioè del Cancelliere, che ne sarà il presidente. A tal uopo, con ogni probabilità, l'attuale suo segretario generale dott. Kruckenhauser sarà sostituito dal mio segretario particolare. Il cambiamento, se avverrà, dovrà significare appunto la volontà del CancEJ~lliere a presiederne i destini, sotto la personale sua responsabilità. Ma il F'ronte non potrà, in un primo tempo, «fondere» tutti i partiti che hanno accettato il principio dell'indipendenza dello Stato. Sarebbe un forzare gli eventi, con tutti i pericoli dell'improvvisazione. Ciò che esige il momento attuale è una concentrazione deg1i sforzi; è una divisa morale e politica, è un mezzo per formare la deficiente coscienza nazionale, il cui perfezionamento non é né può essere opera d'un giorno. Altro sarà, passato che sia questo .periodo di formazione. Il fatto è che il Fronte ha oggi

800.000 iscritti: uno schema operativo d'organizzazione, che sarà perfezionato

J.a un opportuno statuto, che lo dichiarerà al di fuori ed al di sopra dei partiti Ed il principio corporrativo sarà la sua armatura; e ciò significa pure una profonda rinnovazione d·ello Stato.

IV) La riforma costituzionale -Anch'essa è e rima.rrà esclusivamente nelle mie mani. So bene che la nomina del nuovo Ministro per gli studi ad essa 1ne.renti, dott. Ender, ha sollevato qualche commento. Tuttavia l'Ender ebbe ad affermare fin dal 1931 l'impossibilità di governare senza pieni poteri e senza la formazione d'uno Stato autoritario (mio telespresso n. 1554 del 18 corrrente) (2). Egli è inoltre un conv.i.nto assertore del regime corporativistico, dei cui principi è del resto invasato l'elemento giovanile svizzero, dal quale l'Ender si afferma usi prendere l'ispirazione. L'Ender ha del resto accettato la nuova carica, perfettamente consapevole delle idee cui io ed il governo vogliamo ispirare la riforma dello Stato; e son già ·con lui « peTfettamente d'accordo» sulla urgente necessità di drastici provvedimenti, quali lo scioglimento delle

7 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

predette organizzazioni di classe. Quindi, nulla resta che possa giustificare le pregiudiziali elevate circa i « rigidi principi democratici , dell'uomo. A mano a mano che il CanceJUere esponeva queste ed altre minori osservazioni -di fatti o di persone -sono andato, volta a volta, ribattendogli:

l) -che in politica la rag.ione del successo sta soprattutto nel prestigio morale che si conferisce al programma che si vuole far prevalere. Tal,ché importanti provvedimenti rivolti a determinate .riforme, possono, nel fatto, perdere gran parte del loro valore ideale, se presi sporadicamente, saltuariamente, e non in diretta relazione coi principi .informativi della riforma cui si attende. Accade così che le masse, che intendono solo i problemi esposti e risoluti nel modo più schietto e diretto, restano od assenti o smarrite. Conseguentemente anche la stessa distruzione della pomposa socialdemocrazia austriaca, se avverata con misure indirette, sottili, e non di patente rapporto fra causa ed effetto, pur raggiung.endo per ipotesi gl.i stessi effetti d'una netta lotta anti-marxista, non ragg.i.ungerebbe gli scopi di quest'ultima per quanto concerne il desiderato forte richiamo della gioventù alla Nazione. Nel caso esaminato, questa gioventù resterebbe sempre spiritualmente ligia a partiti che sappiano invece sfruttare le sue aspettazioni ideali e la naturale generosità della sua età. E ciò specie quando, disciolto H socialnazionalismo, siano state -anche se solo apparentemente lasciate intatte le organizzazioni rosse. In questa cireostanza ogni tentennamento ed ogn.i cautela rappresenterebbe più che un pericolo: giacché si patirebbe dare agli oppositori il pretesto di invocare una propria missione storka inattuabile da altri elementi per vacillante fede o volontà, o per scarsità di forze.

2) -Che osservazioni non dissimili possono essere fatte per il «Fronte Patriottico,, che viene .già interpretato come una espressione d'occasione del partito ·cristiano-sociale, tanto che gli altri partiti, in volontà di concorrenza, vanno tentando movimenti analoghi onde aumentare, sotto assise dive~rse, le antiche partigiane divisioni. Ciò inficia la stessa idea centrale del Cancelliere circa il « VaterULndische Front, quale egJi l'aveva originariamente concepJta. Difatti ,parlavasi di reazioni sorte da parte di questa o di quella personalità politica, cristiano-sociale od agraria, decisa a salvaguardare le posizioni godute nel passato, e rpersonalmente e del partito, e pertanto disposta ad ammettere l'apparenza e non già l'essenza di speciali riforme e di determinati movimenti di r1nnovazione. E così, ben scarso r.ischiava risultare quell'effetto, che pur si desiderava ottenere, ampio e generoso, nelle giovani generazioni.

3) -Ed infine, pur sempre nello stesso ordine di idee restavano gli appunti mossi ahla nomina del « Tigido demoocatico, Ender, preposto alla riforma costituzionale. Accadeva cioè che il nome solo dell'uomo, più che le descritte sue qualità ed intenzioni, formava una malaugurata prevenzione contro atti e provvediment.i, che pur potrebbero essere, com'era augurabile, l'espressione più genuina dei bisogni spirituali e politici maggiormente risentiti dalla Nazione nei duri momenti, che essa attraversa. Anche 1n questo caso dunque le apparenze, se tali esse soltanto fossero, rischiavano di compromettere il senso delle cose e la fortuna della così fervida opera intrapresa. Ma cos'erano mai il dissenso ed il soverchio egoismo di questo o di quel collabo~ratore polit.ico, geloso soltanto di sé, di fronte alla popolazione raccolta intorno alla persona del Cancelliere, e che non significava ·altro che la concorde e generale speranza di trovare solo nel suo ardimento e nella sua forza le basi del rinnovamento nazionale?

Il Cancelliere, che mi ha prestato grande attenzione durante tutto il lungo colloquio, mi ha ringraziato a due riprese delle mie osservazioni, aggiungendo anzi che esse gli facevano sempre più realizzare il sentimento di schietta amicizia .che anima ~e nostre relazioni; ed ha detto .pure altre parole benevole. Cogliendo infine la mia frase, in cui volevo rappresentargli l'aspettazione che nel paese si è formata intorno al suo nome, al di là del suo partito e di altro partito, egli ha concluso che ben comprendeva il mio pensiero e che io potevo esser sicUiro che tutte le sue forze erano in realtà tese verso l'asso~vimento del gravi:ssimo compito che egli s.i era assunto, ed al quale voleva dedicare, nel modo più schietto ed assoluto, tutte le sue forze, det&'minato a conseguire la vittoria.

In relazione a quanto precede desidero infine segnalrure che una personalità, che sta accanto a Dollfuss, e che gode di tutta la sua fiducia, mi ha osservato che .nstituzione in Austria d'un vero e proprio ll.'eg,ime fascista sarebbe in ogg,i inattuabile sia perché è loogi dall'esser fo.rmata c una coscienza nazionale ~> (ed a;ll'uopo egli mi ha ricordato che nei libri scolastid non v'era finora parola alcuna che corcernesse la storia politica e diplomatica dell'Austria, ma che tutti gli eventi venivano riferiti alla Germani·a ed alla sua volontà), e sia perché l'eventuale rifoo:ma fascista sarebbe costretta ad esau.rtrsi unicamente nell'applicazione dei suoi postu1ati sociali ed economici, non potendo da sola dare all'Austria quell'ideale di espansione e di fede nell'avvenire che del Fascismo è invece lo spirito animatore.

Ho replLcato che ril regime in questione darebbe subito aH'Austria un grandissimo rilievo morale, mettendola in tutt'altra sitJuazione nel campo internazionale. Ma il mio interlocutoo:e ha insistito nella sua osservazione, !asciandomi il dubbio che egli volesse accennare al fatto che, non potendosi pensrure ad accompagnare la riforma fascista con una restaurazione absburgica, la quale solo potrebbe significare ·per l'Austria il completamento ideale della riforma fascista, siffatta rifoo:ma, anche a [p['escindere dalle gravi difficoltà che incontrerebbe per la sua realizzazione nello speciale carattere e nella defi'Ciente preparazione spirituale del popoJo austr.iaco, resterebbe, in ogni caso, monca e pr.iva di lievito ideale.

(l) -Cfr. n. 5. (2) -Non pubbllcato. (l) -C.fr. serie VII, vol. XIII, n. 966. (2) -Non pubblicato.
20

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM (1)

APPUNTO. Roma, 25 luglio 1933.

Colloquio importante. H GTaham comincia col dirmi che il Governo inglese è pronto allo scambio delle ratifiche del p,atto a quattro, .formalità che biso

gnerebbe esaurire presto. Ne convengo ed aggiungo che interpellerò Parigi. Vi è -dico -la possib1lità di un primo incontro dei quattro, dato che le comunicazioni tedesche sulla questione del disarmo, mi sembrano moderate e tali da permettere un accordo.

Il Graham mi domanda quindi notizie sulla visita di Gombos. Gli dico che la visita non ha alcun crurattere eccezionale e che ignoro su quali specifici argomenti il Gombos vorrà intrattenermi. Ho l'impressione che questa visita non incontri le simpatie del Foreign Office.

Il Graham torna ad insistere sulla eventualità di un passo a tre presso la Società delle Nazioni, nel caso di una violazione del territorio austriaco da parte dei Nazi. Per non seguirlo su questo terreno, pur ammettendo che il perdurante stato di tensione austro-tedesca crea una situazione grave, escludo la possibilità temuta dal Governo inglese. Dopo una digressione sulla situazione interna germanica e sul timore inglese che Hitler non sia capace di dominare gU Unterfuhrer, til Graham mi dice che ha l'incarico formale dal suo Governo di riJchiamare seriamente la mia attenzione su quanto sta avvenendo a Malta in conseguenza dell'attività delle Associazioni irredentistiche italiane che spendono

« molbo denaro l>.

Il Graham mi dice che del problema dell'iiTedentismo italiano per Malta si è occupato il Gabinetto inglese in apposita seduta ed ha concluso che l'attuale situazione costituisce ormai un pericolo per l'impero inglese. Il Graham mi parla dell'attività scolastica, culturale, giovani~e che raccoglie -quest'ultima indifferentemente sudditi maltesi ed italiani e che ha determinato uno stato d'animo di vero irredentismo ·che si esprime esteriormente nell'indossare la Camicia Nera, nell'adottare il saluto romano, nel partecipare ai campeggi in Italia ecc. -Professori e maestri sono aumentati.

Che i 600 sudditi italiani porttno la cam1cia Ne·ra, frequentino Scuole italiane etc. nessun inconveniente, ma l'Inghilterra non può più oltre tollerare che i maltesi, sudditi dell'Impero, partecipino ad un'attività che costituisce ormai un pericolo. Egli mi presenta quindi un foglio di carta -che accludo -e nel quale sono indicate le richieste inglesi e cioè: non riapertura del Circolo Culturale italiano, limitazione della frequenza dei sudditi maltesi alle Scuole italiane, esclusione dei maltesi dalle formazioni giovanili del regime.

Il Graham desidera che io gli dia una :risposta sollecita, possibilmente entro il mese, dovendo, egli, ai primi di agosto rientrare in Inghilterra.

Gli rispondo trovare esagerato che la lotta per l'italianità nell'isola di Malta possa costitm1re veramente un pericolo per l'impero inglese; che questa lotta è di iniziativa maltese e non italiana e che non ci sarebbe stata senza la politica dello Strickland e che potrebbe cessare se fosse ripristinato l'insegnamento dell'italiano nelle scuole elementari.

Graham mi risponde dicendomi che l'insegnamento dell'italiano è ammesso nelle scuole secondarie e che un tempo era facoltativo nelle scuole elementari. Ora, per una questione di prestigio, il Governo non può tornare sui suoi passi, e modificare le sue leggi. Riconosco -dice il Graham -che la politica di Strickiand è stata un errore, ma oramai non si può tornare più indietro.

Il GTaham torna ad insistere sulla necessità di provvedere e manifesta il desiderio che sia l'Italia a prendere le misure del caso. Tali misure dovrebbero consistere nella immediata chiusura del Cir·colo: quanto alle altre misure scolastiche il Governo inglese ammette che siano applicate in un termine di ottodieci mesi.

Congedo il Graham che mi .sembrava molto allarmato per la questione maltese, dicendogli che avrei personalmente esaminato ,la questione.

ALLEGATO

l. Institute of ItaZian Culture.

2. -Casal Paula School. 3. -Umberto I School. (a) -To be restricted to scope and extent existing prior to 1932. (b) -Proportion of British subjects amongst pupils not to exceed 50 per cent. (c) -25 per cent of teaching staff to be British subjects. 4. -Fascist Club ~ No British subject to be eligible for membership Avanguardisti Organisation and all British subjects at present members to Balilla Organisation withdraw. 5. -No new Italian schools or institutions to be founded in Malta.

(l) Originale autografo dl Mussollnl.

21

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3244/508 R. Parigi, 26 luglio 1933, ,ore 13,45 (per. ore 14,45).

Ho veduto ieri Boncour.

Il discorso è caduto sulla visita di Henderson. Il ministro degli affari esteri ha osservato che il presidente della conferenza del disarmo è stato un poco imprudente di parlare al Governo tedesco di un incontro Daladìer-Hitler, senza essere autorizzato. Fortunatamente, ha detto Boncour, la suggestione non ha avuto buona accoglienza a Berlino. Infatti, ha commentato n mtnistro, i tempi non sono maturi per un tale avvenimento. La Francia sa che la Germania arma a dispetto dei trattati.

Ho osservato ·che si ha tuttavia l'impressione che il Governo tedesco considera presentemente con moderazione il problema del disarmo. Il ministro non ha rilevato il mio accenno. Ha insistito invece coll'affermare che la Germania arma in modo evidente. A prescindere dalle formazioni premilitari, delle quali viene intensificata l'istruzione, Boncour ha precisato che la Germania non esporta più da qualche tempo alcuni prodotti che servono alla fabbricazione di armi e munizioni, mentre buon numero di ingegneri, che si trovavano all'estero, specialmente nei paesi scandinavi, sono stati richiamati in patria per la preparazione de·gli armamenti.

Il presente telegramma continua coi numero di protocollo successivo (l).

22

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3247/509 R. Parigi, 26 lugllio 1933, ore 21,26 (per. ore 0,15 del 27).

Il presente telegramma fa seguito a quello .col numero precedente (2). Il ministro degli affari esteri ha constatato che il patto a quattro dovrà fare la sua prima e assai diUlicile prova nella questione del disarmo.

Ho osservato che la Germania si mostrerà arrendevole se le grandi Potenze ridUI'Il'anno adeguatamente i loro armamenti. Il ministro ha ammesso a mezza bocca, senza precisare, che la Francia potrebbe consentire a qualche sacrificio se Germania dimostrasse in modo indubbio la propria buona fede. Boncour ha accennato ai due punti che V. E. conosce, cioè al controllo e al periodo di prova.

Il ministro mi ha detto di sperare che il nuovo ambasciatore sarà gradito a V. E. Egli intende che Ohambrun, se sarà accettato, raggiunga al più presto il posto nella prima decade di agosto. Ha disposto che l'ambasciatore sia accompagnato da un tecnico delle questioni del disarn1o che sarà Massigli o un funzionario minore del Quai d'Orsay. Boncour parte domani in vacanza. Riassumerà il 21 agosto.

Spero a quella data potranno essere avviate con V. E. le conversazioni sul disarmo che l'ambasciatore avrà intanto avuto cura e tempo di preparare.

A un certo punto della conversazione Boncour ha detto che Governo francese spera di trovare in V. E. un valido appoggio per ridurre le pretese della Germania che avrebbe certamente piegato di fronte al risoluto concorde atteggiamento franco-italiano. Boncour considera di buon augurio la détente che secondo era stato rif·erito si sarebbe manifestata suHa fine, a GineviTa, fra le delegazioni italiana e francese alla conferenza del disarmo.

Ho :risposto che mentre mi sono sinceramente compiaciuto dell'armonia esistente a Londra fra le delegazioni dei nostri due paesi, non mi constava che una situazione analoga si fosse comunque stabilita a Ginevra, ambiente quest'ultimo che si era dimostrato di fatto poco propizio a suscitare sentimenti di collaborazione internazionale.

Ho beninteso lasciato cadere senza risposta accenno di Boncour a una intesa italo-francese per coartare la Germania.

(l) -C!r. n. 22. (2) -C!r. n. 21.
23

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. 1497 R. (1). Roma, 26 luglio 1933, ore 22.

Telegrammi di V. S. n. 154 e 155 (2).

Sono d'accordo che proposte codesto Governo non possono essere accettate. Esse non offrono sufficiente base per ulteriori proficue conversazioni. V. S. si limiterà pertanto a fare opportunamente comprendere -senza tuttavia farsi parte diligente -che R. Governo per ovvie ragioni non ha potuto prendere in considerazione promemoria inviatole da codesto minàstero ester.i.

24

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GOMBOS (3)

APPUNTO. Roma, 26 luglio 1933.

Il Presidente del Consiglio signor Gombos si dichiara lieto per questo secondo colloquio che può avere con S. E. il Capo del Governo, e ringrazia il Capo del Governo per l'assistenza costantemente accordata all'Ungheria.

Il Capo del Governo chiede qual'é in questo momento la situazione in Ungheria, avvertendo che egli ha l'impressione che la situazione del Gabinetto Gombos sia rafforza.ta. Gombos constata che le cose stanno effettivamente così. Politicamente la situazione è tranquilla. C'è stata recentemente la levata di scudi dei legittimisti, ma la cosa non ha conseguenze. Si tratta di una classe che vuoJe arrivare a qualunque costo al potere per difendere le proprie posizioni. Essi sentono che il Governo va verso una r.iforma che consente una migliore utilizzazione delle .terre, oggi ancom ,in buona parte in mano di un enorme latifondo. La restaurazione dovrebbe servire a mantenere il potere in mano di questa classe. Per ora il Parlamento è rinviato per 10 mesi. In un secondo momento si passe,rà al sistema delle ordinanze.

Nel campo economico l'annata si presenta bene perché H raccolto è ricchissimo. Il problema è quello di collocare l'eccedenza del prodotto.

Il Capo del Governo è d'accordo con Gombos nell'opposizione contro la restaurazione. Incidentalmente ricorda che le voci comparse nella stampa di un suo atteggiamento diverso non hanno nessun fondamento. La cosa è stata originata probabilmente da una conversazione da lui avuta con De Jouvenel, nella quale ha affermato l'opportunità di più stretti rapporti fra l'Austria e l'Ungheria. Il Capo del Governo vuole affermare in modo preciso che la sua opi

nione nei riguardi della necessità della revisione per l'Ungheria, non è per nulla mutata. Egli è persuaso che questo è uno dei problemi che devono essere affrontati e risolti, se si vuole sistemare l'Europa. Ha avuto occasione di affermare tale suo punto di vista anche all'Ambasciatore di Francia il quale vi ha aderito.

Il Capo del Governo ritiene che convenga approfittare della odierna occasione per discutere, oltre i problemi dei rapporti fra i nostri due Paesi, i seguenti: rapporti con l'Austria; mpporti con la Germania; rapporti con la Piccola Intesa.

Gombos è d'accordo di seguire questo ordine della discussione. Egli tiene anzitutto a stabilire che si mantiene esattamente sulla linea del programma concordato nel novembre scorso (1), base cioè della politica danubiana, accordo fra l'Austria e l'Ungheria. Tale binomio dovrà appoggiarsi sull'amicizia italiana e dovrà trova.re un sistema di rappo.rti anche con la Germania. L'asse della politica, per quanto riguarda l'Europa Centrale passa da Roma e da Berlino ed ha come posti avanzati Vienna e Budapest.

Per quanto riguarda parrticolarmente l'Austria, Gombos ha avuto un lungo colloquio con Dollfuss, in cui si sono toccati i problemi che interessano i due paesi. Ritiene però che Dollfuss non sia disposto a venire a una unione doganale. Egli per conto suo invece si dichiara pronto alla unione doganale sia con l'Austria che con l'Italia. Il Capo del Governo dichiara da parte sua di essere sempre disposto all'unione doganale. Gombos ritiene interressante J'a.ppoggio avuto da Dollfuss nella lotta contro la Piccola Intesa. Bisogna riconoscere che Dollfuss ha agito con coraggio e con abilità, ma la sua situazione nei rispetti dei Nazi :non è molto tranquilla. Il partito nazista austriaco non è che un ·riflesso di quello germanico, non sarà liquidato e quindi bisogna contare con esso.

Il Capo del Governo fa presente di non essere soddisfatto del contegno dell'Austria: elenca le ultime misure prese dal Governo Dollfuss, che danno l'impressione che si continui la politica di compromessi coi social-democratici. È necessario un atto di coraggio per mettersi decisamente contro la social-democrazia e marciare rrapidamente verso le promesse riforme della costituzione. La cosa più urgente però per l'Austria è che subentri una détente nei riguardi della Germania.

GombOs approva.

Per quanto riguarda la Germania, egli deve riferirsi soprattutto alla sua recente visita a Berlino. Egli è andato a Berlino, primo per conoscere personalmente il Cancelliere Hitler; secondo per rendersi conto della consistenza del movimento nazional-socialista; terrzo per controbattere la politica degli Stati della Piccola Intesa, i quali singolarmente si recano a Berlino per fare delle proposte di accordi. Deve dire che Hitler gli ha fatto impressione. È un uomo col quale si ragiona bene e che ha una larga visione politica. Egli è certamente padrone della situazione. Fra lui e tutti i sottocapi c'è una distanza g.randissima. n popolo è veramente fanatizzato.

Ha potuto constata:re ciò anche negli ambienti operai. Se·condo lui il nazionalsocialismo si consolida e bisogna contare per una serie di anni con tale regime.

Il Capo del Governo dice di essere della stessa idea. Il nazional-socialismo ha commesso degli errori, ma questa è la sorte comune di tutte le rivoluzioni. Ci sono ancora alcune situazioni che vanno chiarite -come quella di sapere chi veramente ha la responsabilità della politica estera -ma ·la solidità del regime è fuori questione.

Gi:imbOs si dichiara soddisfatto dei risultati ottenuti a Berlino per quanto riguarda gli accordi economici. L'Ungheria deve contare sulla Germania anche dal lato politico. Bastano alcune divisioni germaniche per mettere a posto la Cecoslovacchia.

Per ciò che concerne la Piccola Intesa Gombi:is ha avuto negli ultimi tempi numerose avances da Benes, da Tituleseu e, per interposta pe.rsona, anehe da Re Alessandro di Jugoslavia. Il tentativo che si vuole fare ora è quello di offrire degli accordi economici facendo balenare la speranza che in un secondo momento si possa parlare di revisione.

Gi:imbi:is è decisamente contra.rio a lasciarsi tras'Cinare su questa via. Ciò significherebbe farsi cloroformizzare per perdere di vista quelli che sono i fini essenziali della politica ungherese. D'altra parte egli non vede neanche dal lato economico un certo vantaggio in rapporti più stretti colla Piccola Intesa. La Romania e la Jugoslavia sono Paesi agrari e la Cecoslova.cchia, pure essendo un paese industriale, ha una J>Oliti'ca agraria perché il partito degli agrari è al potere.

Il Capo del Governo chiede a Gi:imbi:is le sue impressioni sulla questione croata. Gi:imbi:is ritiene che non si siena fatti dei ;progressi dall'ultimo incontro. l croati non potranno fare la rivoluzione da soli ma l'odio aumenta e non c'è dubbio che i croati approfitteranno di ogni occasione favorevole per affermare la loro indipendenza.

Il Capo del Governo chiede a Gi:imbi:is se conosce il Rev. Jehlicka, irredentista slovacco. Gi:imbi:is risponde di essere in rapporti col detto Reverendo e di averlo assistito nella ·costituzione del centro di Ginevra.

Il Capo del Governo dichiara di essere in massima d'accordo con le idee esposte da S. E. Gi:imbos, idee che saranno tenute presenti nello svolgimento della nostra politica. Tale politica ha ora uno strumento che bisognerà far funzionare: il Patto a quattro.

La prima questione da trattare sarà quella del disarmo; in tale riguardo il Capo del Governo informa di aver avuto comunicazione delle ultime proposte tedesche che gli appaiono modeste e quanto mai ragionevoli. Non esclude che sulla base delle stesse si possa venire a qualche accordo che dovrà intervenire prima del 16 ottobre e questo sarà il collaudo del Patto a quattro.

L'Ungheria deve attendere fiduciosa lo svolgimento di tale poatica. In un secondo tempo bisognerà affrontare anche la questione della revisione. Gi:imbi:is informa che il gruppo dei deputati inglesi aderenti alla tendenza revisionista ha superato il centinaio. Il Capo del Governo trova importante una tale affermazione e aggiunge che anche in Francia ci sono delle correnti favorevoli al revisionismo. Nell'at·

mosfe.ra rischiamta dei rapporti franco-italiani tale problema può avere facilmente dei progressi.

Il Ministro Kanya chiede se il Capo del Governo non teme che la Bulgaria venga attirata nell'orbita della nuova costellazione che passando da Parigi arriva a Mosca, Ankara, e alla Piccola Intesa.

Il Capo del Governo ritiene che la Bulgaria sia completamente disorientata: ha agito solo in base alla paura senza saper prendere una netta decisione. D'altronde ora Ruschdi bey si è assunto il compito di cercare di conquistare la Bulgaria per un accordo tureo-greco-bulgarro al quale potrà in un secondo tempo accedere anche l'Italia.

S. E. Gombtis presenta un promem:)ria sulla questione economica facendo presente che :nella intensificazione dei rapporti economici egli vede non soltanto l'interesse materiale dei due Paesi, ma anche il complemento della sua politica d'intesa.

Il Capo del Governo si riserva di esaminare il promemo.ria e di dargli una risposta.

(l) -Manca Il numero di protocollo particolare. (2) -Cfr. n. 14. (3) -Al colloqu!o erano presenti Kanya e Su'l'lch che ha redatto U presente appunto.

(l) Cfr. serie VII, vol. XII, n. 414.

25

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, EGGER (l)

APPUNTO. Roma, 26 l·uglio 1933.

È venuto a chiedermi d'intervenire amichevolmente a Berlino, per far cessare gli attentati alla sovranità austriaca. Gli ho detto che mi riservavo di svolgere questa azione, qualora il Governo austriaco me ne avesse dato l'incarico nella forma precisa di una nota diplomatica. L'Egger ha convenuto, e mi ha detto che dopo avere domandato l'autorizzazione a Vienna, mi ll'imetterà questa nota. L'Egger mi è parso preoccupato (2).

26

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

NOTA VERBALE 237. Roma, 26 luglio 1933.

His Majesty's Embassy present their compliments to the Royal Ministry of Foreign Affairs, and have the honour, under instructions, to inform them that the Austrian Government has in the last few days drawn the seriour

attention of His Majesty's Government to the persistent attempts of Germany to undermine the independence of Austria (1).

2. -The Austrian Government have explained that these attempts have taken three forms: -extensive terrorism, the dropping of seditious Ieaflets from German aeroplanes aver Austrian territory, and persistent subversive broadcasting -part1:cularly from Munich -inciting the Austrian people to resist the present A:ustrian Government. These incitements were having the most disturbing effects on Austrian public opinion and the Austrian Government had made repeated representations at Berlin. but without the slightest effect. 3. -The Austrian Government, while 'l'ecognising the unanimous support which the British press had accorded to Austria, had stated that the German Government appeared to be quite indifferent to public opinion outside their frontiers. 'Dhe moment had now come, therefore, when the Austrian Government felt themselves entitled to ask that the inte'l'ested Governments should support the Austrian Government openly. They had according·Iy requested His Majesty's Government in the United Kingdom to draw the attep.tion of the German Gove'l.'nment officially to these daily occurrences and outrages, and to invite them to take action to put a stop to them in accordance with their obligations. 4. -His Majesty's Government in the United Kingdom consider that the request of the Austrian Government is entirely justifiable, and they are gravely concerned at the action of the German Government in endeavouring by subversive propaganda to undermine the independence of the Austrian Government. 5. -Such action is, in the view of His Majesty's Government, particularly inadmissible at the present time immediately after the signature of the Four Power Pact, in the Preamble of which the four Powers, including Germany, express thek wish to « strengthen confidence in peace in Europe » with a view to dissipating the existing state of disquiet. Nothing could, His Majesty's Government feel, be Iess calculated to promote this object than that agents of one government should incite the population of their neighbours to resist their own government. Such action is, moreover, difficult to reconci:le with Germany's obligations under Article 80 of the Treaty of Versailles. 6. -A:s il'egards subversive broadcasts, these are in any case clearly contrary to the resolution adopted by the «Office International de Radiodiffusion » a t Lucerne on May 13th Iast. The Royal Italian Government will remember that this il'esolution, which was adopted with the concurrence of the German representative, condemned the broadc.asting of matter specially lntended for listeners in another country and to which the authorities of that country objected. For convenience of reference, the terms of the resolution in question are attached to this Note Verbale.

7. His Majesty's Government take so serious a view of the situation both as re.gards broadcasting and as regards the violation of Austrian sovereignty by German aeroplanes for the purpose of droppin.g seditious leaflets, that they consider tnat it would clearly fall to be dealt with under paragraph 2 of Article 11 of the Covenant of the League of Nations as a « circumstance affecting international relations which threatens to disturb international peace or the good understanding between nations upon which peace depends '>. His Majesty's Government would, however, suggest that this course might be avoided if, in the spirit of the Four Power Pact, the signatory Powers were to consult together on the subject. With this end in view they would propose that France, Italy and the United Kingdom, acting in conjunction, should call the attention of the German Government to the activities of their broadcasting authorities, with speciaì reference to the Lucerne resolution and to the German obligations, assumed under Article 80 of the Treaty of Versa.illes; and should urge the German Government to put an end without further delay to an subversive activities against the Austrian Government.

ALLEGATO

LUCERNE RESOLUTION OF MAY 13th, 1933

Estim que la diffusion systématique de programmes ou de communications destinés spécialement aux auditeurs d'un autre pays et qui feraient l'objet d'une protestation de la part de ou des organismes de radiodiffusion de ce pays constitue un acte inadmissible du point de vue des bonnes relations internationales. InVite les membres de l'union internationale de radiodiffusion à éviter de telles émissions qui constituent 1me utilisation abusive de la radiodiffusion.

(l) -Originale autografo di Mussollnl. (2) -Lo stesso giorno Egger presentò la seguente nota riservata 2783: «D'ordre de s. E. le Chancelier Fédéral j'ai l"honneur de m'adresser à la haute obMgeance de V. E. en La priant au nom du Gouvernement Fédéral de blen vouloir !aire valoir i'influence amicale du Gouvernement Royai à Berlin de la façon que V. E. jugera la plus appropriée afin de falre cesser !es attaques contlnuel!es de la part de l'Al!emagne contre l"indépendance cte l'Autrlche ".

(l) Con t. 3250/290 R. del 25 luglio Preziosi aveva comunicato che Il segretario generalegll aveva detto: «Che se cancelllere ha creduto fare appello soltanto a Roma ed a Londra e non pure a Parie;i per un amichevole passo presso il Governo di Berllno onde raccomandargll di fare subito venire meno le predette attività, ciò è stato perché egli supponeva che rapporti intercedenti fra la Germania e la Francia mal consentirebbe!'(' a quest'ultima di rivolgere raccomandazioni ed avvertimenti a Berlino».

27

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 26 luglio 1933.

Nel caso della Russia, io vedo insidie e pericoli in qualunque clausola di non aggressione economica che ci possa legare a quel Paese. Anche la formula dell'art. 3, sebbene tecnicamente buona, ci porterebbe a sicuri litigi in caso di intese Italia-Europa Centrale, intese che l'altra pal'te sosterrebbe come «automaticamente'> dirette contro di essa. Contrasti del genere, anziché migliorare, peggiorerebbero Ie nostre relazioni con l'U.R.S.S.

Ciò posto, io non parlerei nel Trattato di non aggressione, cosi economica come politica, accampando le seguenti ragioni: 1°) che, date le relazioni fra i due Paesi, lo stadio della non aggressione è superato;

2°) che, dato che pendono trattative a Ginevra per la non aggressione politica, e a Londra per la non aggressione economica, nei limiti in cui la « non aggressione'> possa ancora interessare i due Paesi, essa risulterà regolata dalle Convenzioni generali in elaborazione.

Nell'attuale momento, ciò che più mi preoccupa nei riguardi della Russia è l'effetto che sulla sua politica potrà avere l'attitudine della Polonia. Questa eccita ancora adesso, ed anzi adesso più di prima, la Russia contro il Patto a Quattro, cercando di metterla alla testa di un movimento di resistenza al medesimo: donde ~ specchiatti » di politica panslava, difesa ad oltranza deUe tesi care alla Russia ecc. ecc. A Londra, rompendo il blocco a-ureo, la Polonia si è messa a difendere la non aggressione economica sovietica, mentre appena l'anno scorso sullo stesso terreno resisteva all'U.R.S.S. con le unghie e coi denti.

Il Trattato Italo-Sovietico mi sembra quindi dover rispondere alle seguenti esigenze particolari:

l) evitare ogni compromissione in materia economica;

2) stabilire un qualche legame politico fra l'U.R.S.S. e noi che serva di contrappeso alla politica polacca nel momento in cui la Russia si riaffaccia nei Balcani; 3) fare che questo legame sia tale da potersi possibilmente estendere alla Turchia.

Queste due ultime esigenze mi sembrano meglio coperte da una clausola consultiva che da qualunque altra che, per essere una riduzione di clausole da parte russa ritenute irriducibili, non rappresenterebbe, agli occhi sovietici, concessione alcuna.

Comprenderei quindi nel Trattato soltanto:

nel campo della politica !interna

in quello della politica estera: 2°) obbJigo del non ricorso alla forza; 3°) neutralità nel caso di aggressione altrui; 4°) eventualmente, conciliazione; 5°) scambio informazioni su questioni di interesse comune.

La clausola informativa con l'U.R.S.S. non credo costituisca un pericolo praticamente maggiore dalle altre formule contenute nel progetto in esame, le quali specie in vista della parti-colare controparte mi sembrano pericolose in ragione della loro stessa sottigliezza. Nulla si può ottenere dall'U.R.S.S. oltre e più di un franco scambio di informazioni e di vedute.

l 0 ) obbligo reciproco di non ingerenza assoluta negli affari interni,

28

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 3082/1647. Vienna, 26 Zuglio 1933 (per. il 10 ayosto).

Mio rapporto n. 1569, del 19 luglio, dall'oggetto ~Situazione politica interna» (1). Ho avuto un nuovo lungo colloquio col Ministro della Sicurezza, Maggiore Fey, che è il maggiore esponente delle Heimwehren nell'attuale governo.

Ancora una volta egU si è mostrato preoccupato delle influenze alle quali il Cancelliere Dollfuss soggiacerebbe sia in seno del suo Ministero -ove il Vice-Cancelliere Winkler eserciterebbe sempre più un'azione di rallentamento su tutti i provvedimenti diretti ad assicurare l'autorità del governo ed a combattere validamente le due correnti di opposizione: socialdemocratici e cosiddette forze nazionali, e sia in seno dello stesso partito cristiano-sociale, i cui elementi direttivi indugiano ad uscire dal campo della democrazia per timore che un orientamento fascista dello Stato li escluda definitivamente dall'agone politico.

Si verificherebbe quindi che il Cancelliere, pur mostrando di prestare orecchio ai consigli del Fey, il quale vorrebbe vedel"llo avviato sopra una più sicura e definita via di politica fascista, si lascerebbe in definitiva impaniare nei sospetti lanciati .contro la politica heimwehrista dai suddetti elementi, i quali giungerebbero persino a fargli pensare che le Heimwehren, conseguita una posizione di predominio, potrebbero finire col dare a Iui stesso lo sgambetto.

Cosicché, gradualmente, l'idea fondamentale del Fronte Patriottico, concepito dalle Heimwehren come destinato a far scomparire le competizioni dei partiti ed a creare la base politica al nuovo ordinamento a carattere fascista dello Stato, sarebbe stata falsata; e da parte sua il Canceiliere, che all'inizio condivideva il suddetto concetto ispiratore, considererebbe ora detto nuovo ordinamento come « un tetto » sotto il quale i vari partiti, conservando ciascuno la propria fisionomia, dovrebbero trovar riparo. Ne consegue la diffidenza delle Heimwehren a farne parte e la circostanza che il « Vaterlandische Firont » non pare ad altro destinato che a dare nuova vitalità al partito cristiano-sociale. (A tale proposito segnalo che ho già fatto notare al Cancelliere -e ne ho riferito a V. E. con separati rapporti -che altri « Fronti » accennano a sorgere, sicché pur se abbandonata l'antica denominazione di «partito», non si può per questo dire che sia in oggi mutata l'antica fisionomia e con essa l'antica distribuzione delle forze) (1).

Il Ministro Fey ha quindi continuato con l'asserire che il signor Dollfuss dovrebbe pur finalmente convincersi dell'opportunità di assumere un atteggiamento più preciso; di restar fedele agli impegni presi con le Heimwehren, essendo essi i soli atti ad avviare la questione austriaca ad una definitiva soluzione; e di sottrarsi infine alla preoccupazione, sempre ravvivata dagli eilemenlli democraticizzanti, di un intervento del Presidente della Repubblica. Giacché se è vero che questi potrebbe in base alla costituzione sciogliere il governo, è altrettanto vero che in pratica un atteggiamento deciso del signor Dollfuss sarebbe più che sufficiente a togliere ogni forza a tale prerogativa.

Il Maggiore Fey ha soggiunto che, in tale situazione, le Heimwehren pensano a rafforzarsi sempre più, in guisa da far maggiormente sentire il loro peso. Su questa strada esse hanno già realizzato molto non solo con Io svilUPiPO del movimento, ma sopratutto con l'emanazione del decreto che fa delle organizzazioni militarizzate -tra le quali le Heimwehren hanno la stragrande prevalenza -un corpo di protezione armato.

Il mio interlocutore ha fatto ascendere a 60.000 il numero delle Heimwehren militanti, che potranno far parte di tale corpo e che entro l'autunno prossimo potranno essere armate usufruendo di tutte le eccedenze di armi esistenti nei magazzini deHa gendarme.ria e della poUzia e che potranno essere, in applicazione del decreto stesso, passate alJa nuova mi!lizia.

Il Ministro Fey si è poi mostrato sicuro della fedeltà degli altri presidi armati dello Stato -esercito, polizia e gendarmeria -sicché non vi sarebbe alcuna ragione per nutrire timori circa l'esito di avventure che i nazionalsocialisti potessero tentare, e che non è escluso abbiano intenzione di tentare, sperando nel malcontento in cui l'attuale travaglio politico e le condizioni economiche potrebbero gettare la popolazione.

A tale proposito il Maggiore Fey mi ha detto essere significativo il fatto che nel Reich siano stati creati, nelle immediate vicinanze del confine austriaco (presso Passau e presso Kufstein) « sedicenti campi di lavoro », costituiti da nazionalsocialisti austriaci fuorusciti e da sudditi austriaci residenti abitualmente in Germania ed iscritti al partito. Lo scopo di tali concentrazioni potrebbe essere quello di tener pronta una massa di irruzione che, per esser ·costituita da cittadini austriaci, libererebbe le autorità del Reich da responsabilità internazionali.

Secondo il Ministro Fey, il movimento nazionalsocialista austriaco sarebbe in decrescenza. Le reali forze di esso sarebbero state, anche nei tempi migliori, minori di quanto si sia creduto. Ad esempio, dal sequestrato elenco gene.rale degli iscritti al partito nazionalsocialista austriaco, sarebbe risultato che essi iscritti, prima dello scioglimento del partito, ammontavano in tutto a 120.000. Sicché Fey calcola che i membri delle organizzazioni militarizzate hitleriane in Austria (S.S. ed S.A.) non siano mai pervenuti a più di una ventina di migliaia. Il Ministro ha quindi osservato che dette constatazioni non devono suggerire esagerati ottimismi, giacché un eventuale ritorno all'antico sistema di governo, con tutti i suoi compromessi e con tutte le sue incertezze, darebbe subito vigore alle forze del nazionalsocialismo austriaco.

Infine, il Ministro Fey mi ha pregato di nuovo, a varie riprese, di continuare ad attirare l'attenzione del Cancelliere sulla realtà della situazione e sulle essenziali riforme che essa ·richiede.

(l) Cfr. n. 5.

(l) Cfr. n. 19.

29

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GOMBOS (l)

APPUNTO. Roma, 27 l'U{Jlio 1933.

Il Capo del Governo informa i Ministri ungheresi del passo fatto dal Ministro d'Austria (2) relativo ad un intervento a Berlino per far cessare gli attacchi da parte dei nazionalsocialisti contro il Governo austriaco.

Il Capo del Governo dà anche comunicazione della lettera ricevuta dal Cancelliere Dollfuss (l) chiedendo al Presidente Gèimbos le sue impressiolli in proposito.

Il Presidente Gombos ritiene che dalla lettera non risulti abbastanza chiara l'idea di fare una seria ,campagna contro la social-democrazJa in Austria. Fino a che la politica austriaca sarà influenzata dai social-democratici non c'è possibilità di un'intesa leale dell'Austria con l'Italia, l'Ungheria e la Germania. Una posizione decisa di Dollfuss contro i social-democratici gli renderebbe anche più facile la sua posizione nei riguardi dei nazional-socialisti. Dollfuss ha ragione ad esigere che i nazional-socialisti austriaci non dipendano da un capo straniero, ma non può d'altra parte escludere un partito nazionale come quello dei Nazi dal fronte patriota.

Il Ministro Kanya da informazioni avute ritiene che si possa indurre il Cancelliere Hitler ad accettare il punto di vista che i nazional-socialisti in Austria debbano avere dei capi austriaci. Gli risulta d'altronde che Hitler è intransigente su tre punti: ebrei, comunisti, e Austria.

Per l'Austria egli è disposto ad ammettere che il problema dell'Austria non sia un problema attuale.

Gombos -a proposito dei pilani fantastici di cui s.i fa cenno nella Iette.ra di Dollfuss -dice che questa probabilmente si riferisce alle recenti conversazioni avvenute a Vienna tra lui, Gombos, e Dollfuss. In tale occasione Gombos ha avvertito il Cancelliere che avrebbe dovuto tener conto anche della eventualità di mobilitare un giorno insieme con l'Ungheria per i fini di un'Austria più grande. Dollfuss è parso piuttosto preoccupato per questa eventualità. Gèimbèis gli ha chiesto se non aveva delle aspirazioni verso il Sud fuori del proprio territorio. Dollfuss ha chiesto se con ciò voleva riferirsi all'Alto Adige ed ha affermato a questo proposito che per lui tale questione era definitivamente chiusa.

Gombos gli ha detto di no e che si riferJva invece a possibili aspirazioni verso Marburgo e Lubiana. Ma Dollfuss è parso piuttosto perplesso. Del resto ciò risponde al carattere austriaco. Vogliono vivere senza eccessivi pensieri a costo di rinunciare ai più alti ideali.

Anche per quanto riguarda l'impegno di una azione comune contro la Piccola Intesa Dollfuss è stato molto restio. Quando se n'é parlato nella conversazione tra i due Capi di Governo, egli ha preso nota anche di questo punto come degli altri; successivamente però ha fatto sapere a mezzo del Segretario Generale Peter che era meglio che questo punto non rimanesse fissa.to ìn iscritto nel protocollo sulle conversazioni.

Gombos non si rende ben conto deLl'accenno ai Soviet nella lettere di Dollfuss, comunque gli pare che la cosa non abbia importanza.

Il Capo del Governo è perfettamente d'accordo con Gèimbèis sulla necessità di accentuare la politica contro la social-democrazia austriaca. In questo senso ha già fatto pressioni ed insisterà ancora.

Il Capo del Governo presenterà poi lo schema di protocollo riservato sui risultati delle attuali conversazioni, schema che viene approvato dai due Ministri ungheres-i (1).

Il Ministro Kanya chiede se si può dare notizia delle conversazioni avvenute a Roma al Governo tedesco in quanto si preoccupa che detto Governo non rimanga offeso per essere stato tenuto lontano da queste conversazioni.

Il Capo del Governo risponde che non ci sono difficoltà e che egli stesso si riserva di dare notizia della cosa all'Ambasciatore di Germania a Roma. Gombos chiede se possiamo da,re qualche risposta suJ. loro memoriale relativo alla questione economica.

Suvich risponde che la cosa è stata esaminata ma non si può dare una risposta in assenza del Ministro dell'Agricoltura che tornerà a Roma fra pochi giorni.

Il Capo del Governo sarebbe d'accordo di continuare queste discussioni sulla questione economica la prossima settimana con un tecnico del Governo ungherese.

Gombos è d'a,ccordo e manderà il Ministro del Commercio signor Fabinyi.

Il Capo del Governo ritiene che con ciò si siano esauriti gli argomenti che formavano oggetto delle attuali conversazioni ed è lieto di constatare che su tutti gli argomenti si sia manifestato l'accordo.

ALLEGATO

VERBALE RISERVATO DELLE CONVERSAZIONI ITALO-MAGIARE (2)

Nelle conversazioni svoltesi nei giorni 26, 27 Luglio tra Gi:imbi:is e Mussolini, in presenza del Ministro degli Esteri Kanya e del Sottosegretario suvich, è risultata l'identità delle direttive dei due Governi sui punti seguenti:

l) -Riavvicinamento sempre più intimo fra l'Austria e l'Ungheria, ma niente « unione personale » tra i due Paesi e nessuna restaurazione absburgica.

2) -Italia ed Ungheria sono sempre disposte a realizzare una unione doganale Roma-Vienna-Budapest, o, in mancanza di ciò ad attivare sempre più le loro relazioni economiche attraverso l'integrazione e la dilatazione degli Accordi del Semmering.

3) -Italia ed Ungheria intendono di praticare una politica di amicizia colla Germania, tanto più facile se si determinerà una «distensione» fra Germania ed Austria. È nell'interesse italo-magiaro che le relazioni fra Germania ed Austria ritornino normali, beninteso col rispetto e la salvaguardia dell'indipendenza dello Stato austriaco e con la rinuncia effettiva da parte tedesca ad intervenire nella politica interna austriaca.

4) -Per quanto concerne la Piccola Intesa, l'Italia e l'Ungheria sono d'accordo nel respingere i piani di una vasta, coordinata collaborazione economica, limitata ai cinque Stati danubiani, terreno questo che la Piccola Intesa ha scelto per seppellire ogni tentativo di revisione.

5) -Per quanto concerne il Patto a quattro esso sarà di vantaggio all'Ungheria perché rientra anzitutto nel suo ambito l'ancora insoluto problema del disarmo al quale l'Ungheria ha un diretto interesse, e in un secondo tempo quello della revisione dei Trattati, revisione che -per quanto sopratutto riguarda l'Ungheria -resta sempre una delle direttive programmatiche fondamentali della politica estera italiana (3).

«Le dicevo più sopra che secondo me la politica austriaca entra in una nuova fase: questa nuova fase è, a mio modo di vedere. caratterizzata da una parte dal sopravvento nella

8 -Documentt Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

(l) -Al colloquio erano presenti Kanya e Suvlch che redasse Il presente appunto. (2) -Cfr. n. 25.

(l) Cfr. n. 19.

(l) -Cfr. allegato. (2) -Ed. in L. KEREKES, Abenddtimmerung einer Demokratie, pp. 220-221. (3) -Originale autografo di Mussolin!. Il presente verbale reca le firme di Mussold.nl e Gombos. Nel giorni della visita di Gombos a Roma venne progettata una lettera di Mussolinl a Dollfuss che non fu spedita. Di questa lettera si pubblicano i seguenti passi:
30

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 27 luglio 1933.

A proposito delle conversazioni che hanno avuto luogo tra S. E. il Capo del Governo e i Ministri d'Ungheria saranno certamente rivolte delle domande di informazioni da parte dei Governi di Londra, di Parigi e di Berlino. D'altra parte il Signor Kanya informando che è in corrispondenza diretta con Neurath, ha accennato alla opportunità di metterlo al corrente delle conversazioni stesse. Parrebbe opportuno restare d'accordo con gli ungheresi su quello che si può dire ai tre Governi e in proposito si è preparato l'accluso appunto (l) che potrebbe essere rimesso brevi manu ad ognuna delle tre Ambasciate con opportuni chiarimenti verbali che magari nel caso della Germania potrebbero essere più ampii che nei riguardi degli altri.

Si sottomette quanto precede anche considerando l'esistenza del Patto a quattro e le stipulazioni ivi contenute relative alla collaborazione e pertanto a maggior ragione alle reciproche informazioni sull'attività politica degli Stati firmatari (2).

ALLEGATO

Niente restaurazione absburgica;

Niente unione personale;

Cooperazione dei due Stati secondo lo spirito del Patto a quattro;

Esame del problema del disarmo nello spirito del Patto a quattro.

continuazione della collaborazione economica tra i due Paesi nel quadro dell'Accordo del Semmering (Convocazione della Commissione mista italo-ungherese; viaggio a Roma del Ministro del Commercio Fabinyi).

lotta politica Interna da Lei ottenuto sul nazl, dall'altra parte dalla necessità di accentuare

le ragioni id,eali della sua politica per costituire quell'elemento spirituale che possa opporsi

all'elemento ideale sbandierato dal nazional-soc1allsmo.

Ora perciò mi pare Gccorra In primo luogo dare l'Impressione che si è creato uno spirito

nuovo.

Devo dirLe, per essere del tutto sincero, che In tale riguardo credo si sia retrocesso piuttosto che avanzato negli ultimi tempi.

La nomina del Ministro Buresch nel Gabinetto, l'incarico all'ex Cancelliere Ender, (persone sul conto delle quali lo non ho assolutamente niente da eccepire, ma che passano per

essere degli elementi democratici) per la riforma dello Statuto, la mancata disposizione contro

l'amministrazione socialista del comune di Vlenna, le manifestazioni abbastanza numerose

di buona intesa coi social-democratici danno la sensazione che H governo abbia dato una

sterzata verso sinistra...

Io ritengo che l punti sul quali V. E. potrebbe fare un'affermazione per avviare una poli

tica austriaca verso tali obiettivi, siano i seguenti:

l -rafforzamento del fronte nazionale con l'entrata nello stesso iill forma precisa e

senza riserve delle Heimwehren ...

2 -prende,re una decisa posizione contro la social-democrazia ed H marxlsmo mettendo

un Commissario del Governo al Comune di Vlenna e sciogliendo in forma definitiva l par

titi comunisti...

3 -dare forma concreta alle intenzioni tante volte manifestate di procedere rap!dameillte

ad una riforma della costituzione •·

un'altra annotazione anonima: «Fatta la comunicazione da s. E. Aloisl Ieri agli ambasciatori

di Francia ed Inghilterra, e oggi all'ambasciatore di Germania. 29.7, -come da appunti già

Inviati».

(l) -Cfr. allegato. (2) -Annotazione a margine di Mussolln!: «Si -dare corso senza Indugio ». VI è anche
31

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 1504/399 R. Roma, 28 luglio 1933, ore 22.

Prego sentire se codesto Governo è disposto pronta ratifica patto. Da parte nostra tedesca e inglese nessuna difficoltà. Ricordo che Daladier in colloquio con me avuto a Londra mi aveva affermato che dopo firma ratifica non è necessaria.

Non so se tale affermazione sia esatta, comunque ratifica dovrebbe essere atto puramente formale.

32

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, EGGER

APPUNTO. Roma, 28 luglio 1933.

Il Ministro Egger mi ha fatto presente che il Segretario Generale del Ministero degli Esteri .gli ha detto che Dollfuss è ben lieto di venire a Roma; vorrebbe poter dire -per dare la ragione del suo viaggio -che è stato invitato. Recentemente in Austria gli è stato fatto il rimprovero di andare troppo in giro. Ritiene che convenga lasciar passare qualche giorno, per non aver l'aria di correre dietro a GOmbos, quasi preoccupato di quello che si sia potuto fare in sua assenza.

Gli ho detto che non mi pareva conveniente che noi gli facessimo un invito. Forse egli potrebbe far sapere che, essendosi manifestato da parte nostra il desiderio di vederlo, egli ha deciso di venire in Italia.

Gli ho anche detto di rispondere a Vienna a ogni modo che la questione diff!icilmente si sarebbe potuta risOil.vere prima del ritorno del Capo del Gove,rno a Roma.

33

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 28 luglio 1933.

Questo Ministro di Romania è venuto a chiedere se si poteva dargli una risposta circa la domanda fatta dal Signor Titulescu di venire a Roma in visita ufficiosa o ufficiale (secondo piacesse di più a S. E. il Capo del Governo) alla data da stabilire non oltre possibiltnente il 15 agosto, quando egli lascerebbe Venezia (1).

Secondo le indicazioni di V. E., gli ho detto che S. E. il Capo del Governo sarebbe stato presumibilmente assente da Roma fino al principio della prossima settimana, e che non era possibile fargli avere per ora una risposta.

34

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. P. 1505/310 R. Roma, 29 luglio 1933, ore 17.

Decifri Ella stessa.

Questo ambasciatore britannico ha presentato una nota molto recisa nei riguardi delle azioni tedesche minaccianti la indipendenza austriaca <2). In. tale nota si fa presente che la richiesta del<l'Austria perché gli altri Stati interessati intervengano è perfettamente giustificata. Le azioni germaniche contro l'Austria che si deplorano rivestono tre forme: atti di terrorismo; lancio di manifestini sediziosi da aeroplani; radio-diffusioni sovversive provenienti particolarmente da Monaco ed incitanti il popolo austriaco ad opporsi all'attuale Governo austriaco. Il Governo britannico considera che l'atteggiamento tedesco è contrario sia al Patto a quattro che all'art. 80 del Trattato di Versailles e -per quanto riguarda le radiodiffusioni -alle deliberazioni di Lucerna del 13 maggio scorso. Il Governo britannico considera la situazione così grave che le azioni tedesche potrebbero cadere sotto il paragrafo 2 dell'art. 11 del Covenant. In considerazione di tutto ciò il Governo britannico suggerisce che nello spirito del patto a quattro Francia, Italia e Gran Bretagna agendo collettivamente inducano il Governo tedesco a porre fine senza ulteriore indugio a tutte le attività sovversive contro il Governo austriaco.

Trasmetto con corriere testo integrale nota. Ma nel frattempo conviene che Ella v,eda cancelliere o ministro esteri facendo presente tale delicata situazione e opportunità che Governo germanico trovi modo di darci opportune assicurazioni riguardo alla cessazione delle attività sopra indicate, *in modo da evitare l'ulteriore sviluppo del passo di Londra* (3}.

Prego V. E. far presente che ove situazione attuale perdurasse a noi riuscirebbe difficile *negare la nostra adesione* alla richiesta del Governo britannico.

È bene che V. E. metta in evidenza come la nostra comunicazione inspirata dai più amichevoli sentimenti debba avere e conservare un carattere strettamente personale e confidenziale. * È necessario chiarire la posizione austrotedesca, prima che determini una situazione che sarebbe grave per la Germania e il suo regime.

Mi tenga informato •.

(l) -Tale richiesta era stata comunicata dal ministro di Romania a Suvich il 25 luglio, come risulta da un appunto dello stesso sottosegretario agli Esteri. (2) -Cfr. n. 26. (3) -Le parti fra asterischi sono di pugno di Mussolini.
35

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. R. 1506/159 R. Roma, 29 ZUglio 1933, 1ore 24.

Leggo resoconto di un discorso del ministro Schumy nel quale è detto che soluzione naturale problema austriaco sarebbe l'annessione dell'Austria alla Germania. Se questo ha detto, lo Schumy non ha reso un buon servigio a Dollfuss e meno ancora alla causa dell'indipendenza austriaca. Lo faccia sapere al cancelliere.

36

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 29 luglio 1933.

Anche l'Incaricato d'Affari di Francia è venuto a chiedermi delucidazioni sulla visita di Gi:imbèis ed a lui, come a Graham (l), ho risposto che lo scopo principale era stato l'esame delle relazioni economiche, che i risultati, come risulta dal comunicato, erano stati pienamente soddisfacenti e che anche sulle questioni politiche si era constatata l'identità di vedute, e specialmente sulla comune opposizione alla restaurazione absburgica ed alla unione personale austro-ungherese.

Mi ha poi consegnato l'acclusa comunicazione sul divieto di vendita di aeroplani alla Germania, imposto dai rispettivi governi alle ditte inglesi e francesi, e sulla nostra eventuale adesione a tale linea di condotta.

Anche a lui ho risposto che l'assenza da Roma di V. E. e di S. E. Suvich non mi permettevano di fargli pervenire una risposta prima di due o tre giorni.

ALLEGATO L'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

APPUNTO. Roma, 29 luglio 1933.

Le Gouvernement Britannique qui n'a pas autorisé les firmes anglaises à vendre des avions de police au Gouvernement Allemand parce qu'il estime la création d'une aviation allemande de ce genre contraire aux accords de Paris de 1926, a demandé au Gouvernement Français s'il partageait cette manière de voir.

Une réponse affirmative lui a été donnée et l'Ambassade a été chargée d'en informer le Ministère Royal des Affaires Etrangères. Le Gouvernement Français serait heureux de savoir que le Gouvernement Italien, signataire des accords de 1926, est d'accord avec lui sur ce point.

(l) Non si pubblica un appunto sul colloquio Aloisi-Graham avvenuto lo stesso 29 luglio.

37

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI IN CINA, ANFUSO

T. R. 1509/196 R. Roma, 30 luglio 1933, ore 17.

T. V. Soong durante suo soggiorno a Roma ha personalmente rimesso a

S. E. capo del Governo progetto collaborazione fra Italia e Cina (1}.

Tale progetto concerne partecipazione italiana ad opera ricostruzione economica della Cina e prevede esecuzione impianti idroelettrici e bonifiche con relative forniture macchinari e personale nonché trasferimento in Cina unità industriali italiane complete. Progetto accenna anche a forniture materiale aeronautico e navale e inv.io personale specializzato.

Finanziamento progetto dovrebbe essere fatto mediante prestito da parte Governo e industria italiani 500 milioni rimborsabili in 10 anni; importo tale prestito potrebbe eventualmente venir poi ridotto di fatto mediante particolari modalità pagamento forniture e consolidamento.

Progetto prevede inoltre che attività italiane vengano concentrate in determinate zone.

Questo ministero ha pregato ministeri tecnici far conoscere in via preliminare loro parere massima su progetto per far pervenire a T. V. Soong una risposta prima sua partenza dall'Europa (2).

Ministeri predetti si sono dichiarati in massima favorevoli accoglimento progetto stesso tranne ministero finanze che ha fatto presente difficoltà esportazione capitali necessari.

Questo ministero per quanto lo riguarda ritiene che progetto possa offrire possibilità importanti affermazioni italiane in Cina e, tenendo anche presenti pareri Ministeri tecnici, ha comunicato T. V. Soong che tale progetto interessa

R. Governo ma che prima di pronunciarsi occorre conoscere proposte complete e particolareggiate da discutere.

T. V. Soong ha risposto ringraziando e assicurando che farà pervenire proposte predette (3).

Quanto precede per informazione preliminare di V. S.; trasmetto per posta carteggio relativo progetto di cui si tratta e prego V. S. farmi conoscere suo avviso su progetto stesso.

«S. -E. !l Capo del Governo ha seguito con vivo Interesse l'esposizione fattagll dal Signor T. -V. Soong, e sl è riservato d! fargll conoscere le sue !dee al riguardo.

A modo d! vedere d! questo Ministero, il progetto di eu! sl tratta offrirebbe il vantaggioImmediato d! aprire alla nostra attività economica un campo d'azione nel quale non avevamo !!nora potuto affermare! che sporadicamente e !n misura llmltata; Inoltre, il progetto stesso, creando un forte complesso d! Interessi ltallanl !n Cina, potrebbe, in avvenire, dar luogo a sviluppi tal! da portare l'rtal!a !n prima Unea tra l Paesi direttamente interessati al problemi estremo-orientai! •.

«Per quanto riguarda l'rtal!a m! pare che noi non avremmo modo di opporcl a tale ulteriore espansione pol!t!ca del Giappone, e che d'altra parte non v! avremmo interesse. Non essendo noi !l plù forte stato occidentale, m! sembra essere Invece nostro interesse che stati occldentall plù potenti d! noi, !ungi dal rafforzarsi ancora d! più, si lndebol!scano. Invece d! un'America di una Russia d! un'Inghllterra più forti che non ora, un Giappone più forte è !l meglio, o !l meno peggio, che per no! potrebbe accadere, specie se poi come in questo

(l) -Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 982. (2) -Con telespr. u. 222385/C del 23 lugllo d! eu! s! pubbllca !l brano seguente:

(3) SI pubbl!cano qui alcuni brani del r. s. 738/447 Inviato da Aurlti !n data Toklo, 18 agosto:

38

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3295/162 R. Tirana, 31 Zuglio 1933, ore 9,45 (per. ore 15,15).

Ministro d'Albania a Belgrado ha informato questo Governo che si svolgono trattative fra l'Italia e Jugoslavia per conclusione patto di non aggressione Adriatico.

A richiesta detto ministro il signor Jeftic avrebbe dato assicurazione che in caso felice avviamento delle trattative in parola, Albania sarebbe stata tenuta presente.

Questo ministro degli affari esteri accennandomi alla cosa, mi ha detto che Governo albanese si attende analogo trattamento da parte Governo alleato.

Risultami che notizia ha profondamente impressionato Re Zog che teme di venire dimenticato e lascia diffondere voce che Italia si prepara a mancare agli impegni dell'alleanza.

39

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3304/296 R. Vienna, 31 ZugZ~o 1933, ore 19,30 (per. ore 21).

Mi riferisco al mio telegramma 295 (1).

Sorvolo 7 aeroplani tedeschi su Salisburgo ha prodotto forte impressione. Segretario generale mi ha detto che cancelliere ne è molto irritato e preoccupato, tanto che sarebbe ormai disposto a «combattere con le armi» nuovi eventuali voli.

caso tale acquisto di maggiore potenza andrebbe a scapito di quella degli altri. Particolarmente per quella dell'Inghilterra, sia perché, per quanto riguarda un avvenire più vicino, non essendo da credere che essa farà mal in caso di vero pericolo per la Francia una politica a questa ostile o indifferente, ogni indebolimento dell'Inghilterra diviene !n ultima analisi un indebolimento anche per la Francia, sia perché da tale Indebolimento della Gran Bretagna, non sarebbe da escludersi che !n un avvenire più lontano avesse ad aprirsi per no! qualche poss!bll!tà di successione all'eredità inglese...

Ho lo stesso segnalato con il rapporto n. 666/395 del 18 luglio u.s. la freddezza glaciale di accoglienza che ho trovato nelle mie prime conversazioni con queste autorità, la quale non avrebbe per sé grande Importanza, visto non sembrare che trattamento migliore sia usato alle altre ambasciate, se tale fredde7.za non contrastasse per quanto riguarda l'Italia con Il contegno assai amichevole che il R. consigliere We!H Schott mi ha riferito esse'!' stato qui mantenuto verso di noi sino a qualche mese fa...

Il Giappone ha accettato l'Isolamento, ha sfidato le minacce di Ginevra, e a queste non è seguita alcuna sanzione; forse disilluso dalla mancanza di uno sperato nostro appoggio, vuoi mostrare anche a noi come al resto del mondo che può fare da solo, e rltlratosl come Achille sotto la tenda tratta noi con la medesima riservatezza e diffidenza degli altri. La stessa nostra politica con la Cina, osservata In questo speciale stato d'animo, può avere aggravato l sospetti di Toklo ~

Riferendosi poscia a questione di cui al mio telegramma n. 290 (1), Peter mi ha chiesto se avessi notizia esito passo diplomatico che V. E. avrebbe deciso effettuare a Be11lino (2), mostmndo suo comp~acimento per ciò che detto richiamo ad uno sia stato preferito -come prima tappa -a passo collettivo, il quale sarebbe destinato essere soltanto secondo mezzo di pressione.

Peter mi ha spiegato infine ragioni per cui cancelliere non si è rivolto anche alla Francia ripetendo quanto ho detto mio telegramma 290. Ha soggiunto: «appare evidente che Francia sarebbe felice si offrisse modo intervenire a Berlino onde invocare rispetto trattato e procedura stabilita patto Società Nazioni».

(1) T. 3292/295 R. del 30 luglio, non pubblicato: riferiva circa il sorvolo di Sal!sburgo da parte di sette aeroplani tedeschi che avevano gettato manlfestlnl Incitanti la popolazione a non pagare le Imposte e a ritirare l depositi dalle banche.

40

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 3303/513 R. Berlino, 31 luglio 1933, ore 24 (per. ore 3,30 del 1° agosto).

In assenza Hitler e Neurath ho conferito von Biilow che ha apprezzato valore passo personale e confidenzia'le. eompriuto da V. E. (2).

Egli manderà domani corriere per via aerea al ministro affari esteri che si trova nella sua proprietà nel Wiirttemberg. Von Biilow concorda pienamente sulla necessità impedire che passo proposto Governo britannico abbia luogo e mi ha detto che ove esso dovesse verificarsi potrebbe a suo avviso avere conseguenze fatali per patto a quattro. Egli riterrebbe infatti inammissibile che tre firmatari di quel patto assumessero contro quarto una posizione che non avrebbe certamente carattere amichevole.

Von Biilow mi ha detto inoltre che da cinque giorni sta occupandosi del problema austriaco e che aveva avuto dianzi luogo colloquio con Habicht per indurlo a maggiore moderazione.

Esaminando lagnanze negò che Governo germanico o partito nazionalsocialista abbiano avuto comunque conoscenza degli attentati terroristi, dichiarò che da severa inchiesta risulta che nessuno degli aeroplani recanti numeri notificati da austriaci partì e atterrò in un aeroporto tedesco, affermò che propaganda radio costantemente e diligentemente esaminata dal ministero degli affari esteri non contiene, salvo nei primi tempi, nulla che contrasti con risoluzione di Lucerna del 13 maggio 1933, ed è destinata soltanto a illuminare opinione pubblica all'interno del Reich.

Ho fatto osservare a von Biilow che se le assicurazioni che V. E. si augura di ricevere dal Governo germanico confermassero quanto egli mi aveva detto, non avrebbero servito allo scopo che ella si prefiggeva col suo passo tanto amichevole. Esse avrebbero sortito proprio l'effetto contrario e ci avrebbero

posto in una situazione imbarazzante, rendendo difficile negare nostra adesione alla richiesta britannica. Egli prese nota di tutto· quanto gli dissi e promise farmi una comunicazione al più presto possibile.

Nell'accomiatarsi disse ancora che difficoltà della situazione consisteva nel fatto che si trattava di una questione politica interna dell'Austria, al che ribattei che purtroppo noi non potevamo considerarla tale visto che Hitler pretende imporre a Dollfuss, cioè a un capo di Stato estero, di indire le elezioni che questi non ritiene opportune e che non vuole notoriamente concludere un accordo fino a che questi è cancelliere in Austria.

Von BUlow osservò che secondo quanto a lui aveva riferito testè Habicht, Dollfuss non conta più niente ed è completamente nelle mani di Fey che è un nemico acerrimo dei nazional-socialisti. Dissidio non era dunque internazionale ne~ senso vero e propr,io de.Ua parola, ma di partito.

(l) -Cfr. n. 26, nota l, p. 43. (2) -Cfr. n. 34.
41

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

APPUNTO. Roma, 31 luglio 1933.

L'Ambasciatore Graham mi ha parlato della questione di Malta. Prega di avere una risposta sollecita dovendo allontanarsi da Roma e desiderando liquidare prima tale vertenza.

Gli ho fatto presente che la questione è complessa e delicata. Noi risponderemo quanto prima, ma non posso assicurarlo che tale nostra risposta non dia luogo a delle repliche, di modo che la questione può andare anche per le lunghe.

L'Ambasciatore mi ha detto che la nota avuta da Londra era molto dura. Il Gabinetto si è molto preoccupato della tendenza irredentista che sta sorgendo a Malta aiutata dalla propaganda italiana che spende molti denari. Si tratta di una fortezza di primissima importanza per l'Inghilterra dove l'Inghilterra non può tollerare i movimenti che domani possono diventare pericolosi.

Gli ho fatto osservare che l'attività nostra si limita al campo culturale e il nostro diritto di far ciò non ci può essere contestato. Se c'è effettivamente una corrente irredentista -e io ne dubito -questa corrente è sorta nella popolazione di Malta ed è stata provocata dalla deplorata attività di Lord Strickland. Probabilmente se il Governo inglese si decidesse a concedere l'insegnamento della lingua italiana ai maltesi l'agitazione si calmerebbe.

Sir Ronald Graham è persuaso di ciò ed è persuaso anche che il Governo inglese terminerà col concedere in un secondo tempo l'opzione fra l'inglese e l'italiano -«il mio Governo termina sempre col cedere in questi casi»; soltanto che ora non può farlo per questioni di prestigio.

Gli spiego la difficoltà da parte nostra di proibire ai cittadini maltesi la frequentazione delle nostre scuole, dei nostri circoli e dei nostri corsi.

L'Ambasciatore Graham dice che il Governo inglese potrebbe prendere tale provvedimento ma che a suo modo di vedere questo potrebbe fare una impressione penosa in Italia. È perciò che il Governo inglese, con splr.ito di vera amicizia, si è rivolto a noi per chiederci di adottare i temperamenti di cui al suo appunto al Capo del Governo (1). Rimane in attesa della nostra risposta.

42

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, EGGER

APPUNTO. Roma, 31 luglio 1933.

Il Ministro Egger mi ha chiesto se avevamo preso qualche decisione riguardo alla venuta di Dollfuss. Ripete che il Cancelliere è dispostissimo a venire in qualunque momento -anche alia fine di questa settimana -chiede soltanto di poter dire che il Capo del Governo ha espresso il desiderio di vederlo.

Gli rispondo che la cosa non è tanto urgente e che potrò dargli una risposta definitiva al ritorno del Capo del Governo a Roma.

Mi dà notizia dell'ultimo lancio di manifestini su Salisburgo. In tali manifesti è contenuto l'invito alla popolazione austriaca a non pagare le tasse e a ritirare i depositi dalle banche. II Governo germanico al passo fatto dall'Austria ha risposto non risultargli che gli aeroplani siano partiti da campi germanici.

Ho detto al Ministro d'Austria che noi stiamo dando corso alla sua richiesta per un intervento a Berlino (2).

43

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 31 luglio 1933.

Il Ministro di Romania chiede una risposta per Titulescu (3).

Tale visita in questo momento potrebbe essere inopportuna, perché solleverebbe un gran chiasso senza che si possa arrivare ad alcun risultato pratico. D'altra parte è certo delicato dare una risposta assoluta, data la posizione di Ministro degli Esteti di Titulescu, la dUTata del suo soggiorno in Italia ed il rinnovo del Patto di amicizia (4).

<<Se V. E. è d"accordo potrei Informare il Ministro Egger del passo fatto a Berlino avvertendolo che la comunicazione, che egli potrà trasmettere al Cancelliere, deve essere mantenuta del tutto riservata ».

(-4) Il patto era stato rtnnovato il 17 luglio, con scadenza 18 gennaio 1934.

Si potrebbe forse dire che V. E. vedrà volentieri Titulescu, ma non nell'attuale momento. Perché l'incontro possa portare a dei risultati bisogna che lo stesso non sia intempestivo. V. E. pensa che tale incontro potrebbe avere luogo nell'autunno, quando il Ministro degli Esteri di Romania, come è sua abitudine, andrà a Ginevl1a (1).

(l) -Cfr. n. 20, allegato. (2) -Cfr. n. 34 e il seguente appunto di Suvich per Mussolini dello stesso 3·1 luglio: (3) -Cfr. n. 33.
44

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

L. RR. P. Roma, 31 luglio 1933.

In reJ:azione al Suo ;r~appo.rto del 18 lugilio n. 1336 (2), Le trasmetto copia di una lettera diretta dal Maggiore Renzetti al Capo de1l Governo (3).

S. E. il Capo ritiene che con tale dichiarazione la questione debba considerarsi risolta e che non dovrebbero succedere in avvenire altri inconvenienti. Se le cose dovessero invece svolgersi in modo diverso da queste previsioni, La prego di darmene immediatamente notizia.

45

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3365/163 R. Tirana, 1° agosto 1933 (per. il 7).

Mio telespresso n. 2632/1035 (4) del 24 luglio c.a. e telegramma di V. E.

n. 1334 (5).

Questo ministro degli affari esteri col quale ho avuto occasione d'incentrarmi mi ha detto che il Governo albanese è molto ansioso di conoscere risposta del Governo fascista a suo promemoria del 22 u.s. (6) essendo urgente per lui di prendere una decisione in materia finanziaria nel caso risposta non fosse favorevole. Gli ho detto essere piuttosto sorpreso che Governo albanese possa attendersi una risposta favorevole dato che non dovrebbe essergli difficile comprendere che sua comunicazione non intona in nessun modo con promemoria italiano al quale risponde e con nostri recenti colloqui cui si riferisce e non offre pertanto possibilità di ulteriori conversazioni.

«Reputo visita Tltulescu non preparata e quindi Inutile nell'attuale momento. Non abbiamo nulla da dirci specie dopo atteggiamento da lui tenuto durante negozlazlonl patto a quattro. SI può quindi rispondere a Lugosiano che di tale visita si parlerà In altra più propizia epoca».

Il signor Giafer Villa mi è sembrato molto colpito da mia risposta. Mi ha domandato se deve interpretare questa mia comunicazione come una definitiva rinunzia da parte di Roma a continuare sua assistenza finanziaria. Ho ricordato che l'apporto finanziario è stato sospeso per determinate cause ben note al Governo albanese e che solamente prendendo provvedimenti che valgono a dissipare il malcontento creato da quelle cause, la situazione potrà essere veramente chiarita e normalizzata in conformità dei sentimenti così simpaticamente espressi da questo Governo, cui il Governo fascista è rimasto da parte sua vivamente sensibhle. «Quest'opera di chiarificazione -ho detto -ha le;> scopo di dare appunto al programma di collaborazione la sua vera portata ed efficacia e liberarlo di quelle ombre che si sono andate accumulando fin qui e che creando difficoltà fra i due paesi sono tali da intorbidire loro relazioni e venir meno agli scopi che la collaborazione stessa si propone. Il Governo fascista ha lasciato chiaramente intendere -ho aggiunto -quali sono stati gli atteggiamenti e provvedimenti che a suo giudizio hanno alterato i rapporti di collaborazione; è ben facile comprendere quindi in quale maniera il Governo albanese potrebbe immediatamente e pienamente chiarire la situazione; ciò potrebbe dar modo al Governo alleato di mostrare il suo vivo desiderio di veder mantenuti e sempre più sviluppati i legami fra i due paesi anche nel campo collaborativo, in armonia con i vincoli creati dal trattato di alleanza, che tengono così felicemente uniti i due Governi».

Il signor Giafer Villa mi ha detto che il Governo albanese avrebbe potuto forse meglio esaminare i nostri desiderata per cercare di venire loro più incontro. Non prendeva nessun impegno al riguardo perché parlava a titolo personale. Riteneva pertanto utile di ricevere una risposta al promemoria inviato a questa legazione per poter in base alla risposta stessa indurre il Governo a rivenire sulla questione. Ho, rilevato che se Governo albanese si propone effettivamente di esaminare la situazione in cui si è giunti con spirito di chiara e sincera prova dei suoi sentimenti, esso deve prendere come base di tale esame il promemoria italiano del 4 luglio e l'illustrazione da me fatta di tale promemoria nelle nostre recenti conversazioni, perché, come in queste conversazioni avevo già detto, una base di chiarificazione secondo il punto di vista sostenuto dal recente suo promemoria non sarebbe stata accettabile.

Ha concluso sull'argomento dicendo che avrebbe cercato di tornarci sopra.

Ha dichiarato poi che la situazione finanziaria è gravissima e che l'avvenire si prospetterebbe molto nero nel caso l'assistenza finanziaria itaJiana non tornasse. Il paese non è assolutamente in grado di poter vivere coi propri mezzi e se esso non potrà più avere aiuto dall'Italia -ha soggiunto -dovrà necessariamente rivolgersi altrove e poiché la stessa dignità del regime starebbe in giuoco se l'Albania dovesse rivolgersi ad altre potenze, il Governo si proporrebbe di indirizzarsi alla S.d.N.

Ho, in tono amichevole, consigliato il signor Giafer Villa ad invitare il Gov·erno albanese a ponderare seriamente le decisioni che intende prendere e a tener ben presente che non dipende che da detto Governo di mettere fine a questo stato di cose, che egli descrive così grave per il popolo albanese, dando prova semplicemente con manifestazioni di fatto della fondatezza dei sentimenti espressi. L'insistere in tal modo su tale atteggiamento tanto espansivo a parole e così negativo a fatti finirebbe col far seriamente dubitare della sincerità di quei sentimenti.

È mia impressione che questa nuova prova della fermezza della nostra linea di condotta e la gravità della situazione che si va sempre più accentuando nel paese spingano il Governo a venire a più conciliante atteggiamento nei nostri riguardi.

(l) Mussollnl rispose con Il seguente T. 3309 R., spedito da Riccione Il 10 agosto:

(2) -Cfr. n. 3. (3) -Non rinvenuta. (4) -Non rinvenuto. (5) -Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 908. (6) -Cfr. n. 14.
46

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

T. 3316 R. Riccione, 2 agosto 1933, ore 14,30 (per. ore 15).

Bisogna ritardare viaggio Dollfuss almeno sino a quando non ci sarà nota risposta tedesca al nostro passo confidenziale circa iii!i.ziativa inglese (1).

47

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

APPUNTO. Roma, 2 agosto 1933.

L'Ambasciatore Graham mi ha intrattenuto su varie questioni:

l) Conflitto bolivo-paraguayano -La Gran Bretagna è d'accordo di sospendere l'invio della missione, per dar tempo agli Stati in conflitto di esperire dei nuovi tentativi di accomodamento con la mediazione degli Stati sud-americani. Si potrebbe concedere un termine di tre mesi.

Lo informo che il nostro Delegato a Ginevra ha già avuto istruzioni nel senso sopra,indicato e si terrà in contatto col Delegato inglese per regolarsi secondo nuove esigenze che potessero sorgere dalla discussione.

2) Tensione dei rapporti austro-tedeschi -L'Ambasciatore Graham prende nota del passo confidenziale da noi fatto a Berlino. Di fronte a ciò ritiene che l'eventuale passo ufficiale deve esser fatto soltanto da Inghilterra e Francia. Mi rimette l'unito Promemoria.

3) Rinforzo militare in Austria. -Mi rimette l'unito Promemoria.

Informo l'Ambasciatore che noi siamo d'accordo su tale aumento di forze austriache. Tale nostro accordo era stato dichiarato fin da principio, per cui non c'è stata la necessità di una nuova discussione con noi. La discussione ha avuto luogo invece con la Francia che aveva fatto delle riserve.

4) Malta -L'Ambasciatore insiste sulla serietà e gravità dell'allarme britannico per Malta e mi mostra in prova il resoconto delle interrogazioni al riguardo presentate alla Camera dei Comuni.

ALLEGATO I

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PRoMEMORIA 149/50/33 (1). Roma, 2 agosto 1933.

L'Ambasciata di Sua Maestà Britannica nella sua nota verbale n. 237 del 26 luglio (2), informò il R. Governo italiano sulle vedute del Governo di Sua Maestà circa l'azione del Governo tedesco nel tentare di minare l'indipendenza del Governo austriaco per mezzo di propaganda sovversiva.

Il Governo di Sua Maestà Britannica propone ora che venga fatta al Governo tedesco una comunicazione sulla base seguente:

l) Il Governo tedesco sarebbe informato, nello spirito del Patto a quattro, che le tre Potenze desiderano attirare l'attenzione sulle attività sovversive tedesche in Austria, cioè sulle radiotrasmissioni e sul lancio di manifestini da aeroplani, che a loro sembrano essere in contrasto con il desiderio delle Potenze firmatarie del Patto, quale è espresso nel Preambolo, di rafforzare -cioè -la fiducia nella pace in Europa per dissipare l'attuale stato di disagio; queste attività sono, nella loro opinione, in contrasto anche con il principio del non intervento negli affari interni dei paesi stranieri e sono difficili a conciliare con gli obblighi della Germania in base all'art. 80 del Trattato di Versailles. Al Governo germanico dovrebbe anche essere ricordato, senza tuttavia insistere eccessivamente su questo punto, il passo della risoluzione adottata dall'« Office Internationale de Radio Diffusions » a Lucerna il 13 maggio 1933, applicabile al caso. Gli sarà ricordato che il rappresentante tedesco collaborò a questa risoluzione.

2) Il Governo tedesco verrebbe informato che le tre Potenze, nel fare questo passo, desiderano evitare un riferimento al Paragrafo 2 dell'art. 11 del Patto della S.d.N., sotto il quale esse ritengono che l'intera materia dovrebbe chiaramente cadere, in mancanza di una soluzione soddisfacente.

Si vede come questa comunicazione non accenna agli atti terroristici commessi in Austria. Questi atti ebbero origine nel territorio austriaco a differenza delle radio trasmissioni e del lancio di manifestini da aeroplani la cui origine è chiaramente da ricercare in Germania. Ove fosse fatto riferimento agli atti terroristici nella proposta comunicazione al Governo germanico, si darebbe possibilità a quest'ultimo di rispondere che esso non può essere ritenuto responsabile per atti commessi da cittadini austriaci.

L'Ambasciata di Sua Maestà Britannica sarebbe lieta di conoscere se il R. Governo italiano voglia collaborare in una comunicazione al Governo tedesco redatta sulla base proposta.

ALLEGATO II

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA 149/49/33 (1). Roma, 2 agosto 1933.

Con riferimento alla recente richiesta fatta dal Governo austriaco a Parigi di poter aumentare le forze armate austriache di 8 mila uomini, l'Incaricato d'Affari austriaco a Londra è stato informato che il Governo di Sua Maestà Britannica sa

rebbe disposto a consentire alla proposta creazione di una forza di 8 mila uomini ausiliari allo scopo di reprimere le attività terroriste dei nazional-socialisti sotto le seguenti condizioni prospettate dal Ministro austriaco a Parigi al Governo francese:

l. a) Una forza ausiliaria per assolvere funzioni di polizia all'interno e sulla frontiera sarà creata dal Governo austriaco.

b) Nonostante la sua funzione, la forza di polizia dipenderà dal Ministro della ùuerra: la sua istruzione sarà curata dall'Esercito ed i suoi membri saranno soggetti alle leggi e ai regolamenti militari.

c) La sua for.e~a effettiva, insieme con quella dell'Esercito, non potrà superare 11 numero di 30 mila uomini fissato dal Trattato di pace.

d) La ferma avrà la durata massima di 6 mesi, ma, in caso di necessità, gli uomini potranno essere richiamati in servizio nell'anno successivo al loro congedo purché il loro servizio totale non ecceda i 12 mesi.

e) La creazione di queste riserve non significherà aumento negli armamenti previsti dal Trattato di S. Germano. f) I membri dell'Esercito Federale in lungo congedo non saranno richiamati.

g) Le vacanze verificantisi nella Gendarmeria o nella Polizia, dove vi sia un eccesso in numero sopra le cifre fissate dal trattato, non saranno riempite, tranne in casi speciali.

2. L'Accordo sarà concretato in uno scambio di lettere fra il Governo austriaco e i Governi di Francia, Italia e del Regno Unito. Lo scambio di lettere dichiarerà le ragioni per la richiesta e le condizioni enumerate nel paragrafo l.

Il Governo di Sua Maestà Britannica, nell'informare il Governo francese di essere disposto ad accettare tale proposta sotto queste condizioni, ha espresso la speranza che il Governo francese interverrà presso i Governi della Piccola Intesa acciocché questi non frappongano difficoltà.

(l) Cfr. nn. 34 e 40.

(1) -Sl pubbllca la traduzione. (2) -Cfr. n. 26.
48

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S.S. A ROMA, POTEMKIN

APPUNTO. Roma, 2 agosto 1933.

L'Ambasciatore dei Sovieti è venuto a informarsi se le nostre osservazioni al progetto russo sono pronte. Gli ho detto che calcolo che per la fine della settimana saremo in grado di discutere la cosa con lui. Avendo saputo che noi ci eravamo informati sul prossimo programma di Litvinoff, mi ha chiesto se intendevamo discutere con lui la questione.

Gli ho risposto di no. Ci eravamo informati dei movimenti di Litvinoff per l'eventualità che dopo la firma si vedesse l'utilità di un incontro fra Litvinoff e il Capo del Governo.

A sua domanda, gli dico che non è il caso che egli faccia dei passi ufficiali.

Gli chiedo dei rapporti colla Germania. Mi dice che le cose vanno male. Da parte della Germania si manifesta una sorda, continua e crescente ostilità contro l'Unione dei Sovieti che spinge quest'ultima per forza di cose nel campo antigermanico. In Russia si è persuasi che la Germania abbia delle mire sul territorio nsso e si crede che >in ciò sia appoggiata dall'InghiJ.terra, che ha

avuto sempre un atteggiamento contrario alla Unione dei Sovieti, e dal Giappone. Le conferenze fra Rosenberg e gli emissari giapponesi a Berlino non sono smentite.

Riguardo alla situazione interna in Germania, il Signor Potemkin ritiene che cominci un serio malcontento contro il regime di Hitler da parte delle masse tedesche. Hitler sta avvicinandosi ai gruppi capitalistici; è certo che il Governo germanico recentemente ha dovuto fronteggiare una situazione pericolosa. L'Ambasciatore ritiene, come sua opinione personale, che anche il comunismo riprenda in Germania.

GU chiedo se dopo H riconoscimento dei Sovieti da parte de!lla Spagna, si attende il riconoscimento da parte degli Stati Uniti, di cui pure si è parlato.

Mi dice di no, sebbene con gli Stati Uniti si siano conchiusi dei promettenti accordi economico-finanziari. Sarebbe, secondo l'Ambasciatore Potemkin, evidente l'interesse dell'America di appoggiare la Russia che domani assieme alla Cina potrà opporre una barriera al Giappone. Ciò sopratutto in vista di quel futuro conflitto nippo-americano che l'Ambasciatore ritiene inevitabile. Viceversa l'America ha per ora un atteggiamento puramente passivo. Il Lapinski, uomo noto nel campo scientifico ed economico, che conosce bene l'America, ritiene che la stessa speculi piuttosto su un conflitto del Giappone .con 'la Russia e la Cina per poi, quando tutti sarebbero indeboliti, fare gli affari propri.

49

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 2 agosto 1933.

Ho convocato il Ministro di Romania e gli ho detto che il Capo del Governo, pur apprezzando il desiderio espresso dal Ministro Titulescu di venire a Roma per fargli una visita, ritiene che il momento non sia opportuno e che la visita stessa debba essere rinviata.

Gli ho fatto presente che, dopo l'atteggiamento assunto dal Titulescu durante le trattative del Patto a Quattro, una visita al Capo del Governo avrebbe dato la stura ad ogni sorta di voci più o meno fantastiche. D'altra parte invece tale visita, non essendo per nulla preparata, non avrebbe portato ad alcun risultato.

Il Ministro Lugosianu mi dice di rendersi conto di tale nostro punto di vista che egli condivide perfettamente. Ritiene che anche il Ministro Titulescu debba essere della stessa opinione.

Avendo il Capo del Governo, in un discorso con De Jouvenel, accennato ad un eventuale incontro con Benes e Titulescu, quest'ultimo, essendo -come di abitudine -per le sue vacanze in Italia, aveva l'impressione di commettere una scortesia se non faceva sapere al Capo del Governo di essere a sua disposizione per un eventuale incontro.

Il Signor Lugosianu da parte sua ritiene che bisogna che la situazione nell'Europa Centrale si chiarisca ancora prima che la visita abbia luogo. Egli

pensa che la stessa potrebbe avvenire forse in autunno quando riprenderà l'atti

vità politica.

Il Ministro di Romania aggiunge che, data la recente visita di Gombos e l'arrivo ora del Ministro del Commercio ungherese, anche per questa ragione sarebbe da evitare un incontro nell'attuale momento.

Il Signor Lugosianu mi fa un accenno alle trattative con Gombos sulle questioni dell'Europa Centrale.

Gli dico che coi Ministri ungheresi si è trattato sopratutto dei rapporti economici fra Ungheria e Italia e Ungheria e Austria. Si è appena accennato alle questioni politiche perchè su queste siamo già da tempo in pieno accordo con l'Ungheria (compresa la contrarietà alla unio:Be personale austro-ungherese e alla resta.umzione absburgica).

Il Ministro mi fa un lWcenno aHa fuzione del Patto a Quattro. Gli dico che essa consisterà per prima cosa nel cercare una soluzione alla questione del disarmo.

Il Signor Lugosianu mi accenna poi alla richiesta dell'Austria per un rafforzamento della sua compagine militare e mi dice che la Romania sarebbe d'acco.rdo di favorirla, ma vor11ebbe ,conosc:ere prima l'orpindone dell'Ita'lia.

Gli rispondo che la nostra opinione non può essere che favorevole per due ragioni: l) perché noi siamo per una applicazione -sia pure graduale -della Gleichberechtigung; 2) perché noi riteniamo che all'Austria debbano essere concessi i mezzi per potersi difendere.

A proposito del Trattato di Commercio, il Ministro dice che egli ha appoggiato a Bucarest la forma qui concordata e che è in attesa di una risposta.

Egli pensa che in occasione delle trattative per il Trattato di Commercio, convenga inviare una delegazione di tecnici e industriali italiani in Romania e un'altra analoga di romeni in Italia. Le delegazioni dovrebbero essere composte di persone. di primo piano e essere limitate a un massimo di lO o 12 partecipanti. Egli non dubita che, dato che l'economia italiana e quella romena sono complementari, da una iniziativa del genere possano derivare benefici risultati.

Gli dico che la cosa mi pare interessante; va studiata, e gli darò una risposta.

50

IL MINISTRO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

NOTA VERBALE 5095. Roma, 2 agosto 1933.

In relazione alla Nota Verbale n. 237 (l) dell'Ambasciata Britannica, il

R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di comunicare che ha dato istruzioni al R. Ambasciatore a Berlino di attirare in via amichevole e del tutto confidenziale l'attenzione del Governo germanico sulla necessità che vengano presi

9 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

d'urgenza provvedimenti per far cessare le persistenti attività contro l'indipendenm dell'Austria <1).

Il R. Ministero degli Affari Esteri si riserva di fare ulteriori comunicazioni all'Ambasciata Britannica appena avrà ricevuto risposta dal R. Ambasciatore a Berlino e di concertarsi col Governo britannico in proposito.

(1) Cfr. n. 26.

51

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 2 agosto 1933.

Allego un appunto documentato su[ progetto di Patto ita.ilo-russo (2). L'idea risale inizialmente ad una conversazione tra S. E. il Capo del Governo e l'Ambasciatore Potemkln del 28 maggio 1933-XI (3) ed è stata poi oggetto eU altri scambi di vedute tra S. E. il Capo del Governo e l'Ambasciatore predetto e tra

V. E. e quest'ultimo, finchè nel corso del mese scorso, di ritorno da Mosca, l'Ambasciatore ha presentato il progetto allegato all'appunto unito.

52

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3326/515 R. Berlino, 3 agosto 1933, ore 14,15 (per. ore 17).

Vice cancelliere von Papen mi scrive da Vail.lerfangen nella Saar 1n data 1° agosto di aver riferito 30 ,luglio a Hitler conversazione avuta con V. E. (4) circa possibilità risolvere conflitto austro-tedesco.

Von Papen mi prega far conoscere a V. E. che cancelliere è d'avviso essere sufficiente la dichiarazione da lui ripetutamente e pubblicamente fatta che egli e il movimento nazionalsocialista non desiderano in alcun modo ingerirsi nella sovranità dell'Austria.

Nessun mutamento è naturalmente avvenuto oggi nelle sue vedute, ma la posizione assunta dal Governo di Dollfuss in misura sempre più energica fa ritenere inverosimile al massimo g<rado che .iJ. punto di vista del cancelliere, ispirato alla migliore volontà di giungere a una intesa, possa esercitare una impressione qualsiasi sull'altra parte.

(l) -Cfr. n. 34. (2) -L'allegato non si pubblica. (3) -Cfil". serJe VII, vol. XIII, n. 726. (4) -Cfr. n. 6.
53

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3330/299 R. Vienna, 3 agosto 1933, ore 18,20 (per. ore 20,15).

Mi riferisco al telegramma di V. E. 159 (1).

Cancelliere ringrazia V. E. per l'amichevole avvertimento. Si propone non solo di dare un severo ammonimento al ministro Schumy, ma anche portare questione innanzi consiglio ministri onde insistere sul punto che per il suo delicato carattere politico essa deve restare d'esclusiva competenza del Capo del Governo.

Dollfuss mi ha fatto rilevare che Schumy (che fu chiamato al Governo sopra tutto per distoglierlo dalle sue vive simpatie per il nazionalsocialismo) è stato probabilmente indotto ad accennare nel suo discorso all'Anschluss sia per non alienarsi interamente suoi partigiani sia per attirare fronte patriottico elementi «nazionaài » fra i nazi di Carinzia. (Mio rapporto n. 1646 deil 24 luglio scorso) (2).

54

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 3 agosto 1933.

Si allega un appunto relativo alla quistione soHevata, da:l recente passo di Sir Ron.ald Graham (3) a proposito dell'insegnamento deLla lingua italiana a Malta, del Circolo di cultura ecc. nel quale sono esposte (secondo le indicazioni fornite dall'E. V.) le misure che il Governo italiano sarebbe disposto a prendere, nonchè le posizioni su cui apparirebbe invece conveniente insistere, appunto che potrebbe essere consegnato all'ambasciatore inglese.

Si allega pure 1a re[azione (4) che iJ. Direttore Generale degli Italiani all'estero ha preparato per V. E. sulla quistione e dalla quale sono desunti elementi che figurano nell'unito appunto.

P. S. -Nella conversazione con l'ambasciatore d'Inghilterra cadrebbe forse acconcio di ricordare l'attitudine antiitaliana che da tempo ha assunto e continua a mantenere tutta la stampa di lingua inglese dell'isola, e in particolare la Malta Gazette che è largamente letta dai 60.000 uomini della guarnigione locale.

( 3) Cfr. nn. 20 e 41.

ALLEGATO

APPUNTO

1. -Istituto italiano di cultura. Si provvederà per limitare le iscrizioni a socio solo ai cittadini italiani. Sembra però difficile vietare ai non italiani di assistere alle conferenze, concerti ecc. 2. -e 3. Scuola Casalpaola e Scuola Umberto I. La pos1z10ne giuridica delle scuole italiane a Malta appare perfettamente regolare perché non risulta che la Costituzione inglese limiti la libertà dell'insegnamento o stabilisca controlli se non per questioni relative all'igiene degli alunni. e a provvedimenti di polizia per l'ordine pubblico o per la tutela della moralità. D'altronde a Malta vi sono scuole di ogni nazionalità, e cioè francesi, tedesche, inglesi, americane e polacche.

I maestri sudditi britannici rappresentano un terzo del corpo insegnante della Scuola Umberto I e il 50 % del corpo insegnante della scuola di Casalpaola. La richiesta che gli insegnanti inglesi siano un quarto del corpo insegnante è . così di fatto largamente superata.

Le due scuole Casalpaola e Umberto I hanno carattere privato e tutti gli allievi, sia italiani sia non italiani, pagano una tassa di iscrizione.

Quanto alla scolaresca, la proporzione tra italiani e non italiani supera effettivamente e di molto quella del 50 %. Da notare però che l'aumento nella proporzione dei sudditi britannici in confronto di quelli italiani è avvenuto successivamente alle misure prese contro l'insegnamento dell'italiano nelle scuole elementari. Non si vede d'altronde come la Direzione delle scuole potrebbe giustificare un provvedimento di

numerus clausus.

Circolo Fascista -Balilla -Avanguardisti. Lo Statuto del Partito Nazionale Fascista esclude l'appartenenza ad esso di non italiani. Se vi siano iscrizioni al Partito Nazionale Fascista di sudditi britannici, esse non sono state evidentemente autorizzate; e la quistione sarà presa in esame.

Quanto alle organizzazioni dei Balilla e degli Avanguardisti, trattasi, com'è noto, di istituzioni para-scolastiche, connesse essenzialmente con l'educazione fisica che fa anche parte del programma scolastico. Ad ogni modo per deferire al desiderio espresso dal Governo britannico, saranno date istruzioni perché d'ora innanzi cittadini inglesi non possano essere iscritti tra i Balilla o gli Avanguardisti.

(l) -Cfr. n. 35. (2) -Cfr. n. 19.

(4) Non pubblicata.

55

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 3 agosto 1933.

Secondo le istruzioni di V. E., è stato detto a questo Ministro d'Austria che il viaggio di Dollfuss potrebbe essere opportunamente ritardato e che ne avremmo quindi riparlato nel corso della prossima settimana. Il Signor Egger ne informerà il Cancelliere.

Si è provveduto inoltre a mettere opportunamente al corrente il Ministro d'Austria del passo confidenziale fatto a Berlino a proposito dei rapporti tra Berlino e Vienna e dell'azione tedesca in Austria. Gli è stato fatto rilevare che la comunicazione aveva carattere riservato come riservata ed amichevole era stata la comunicazione fatta da Cerruti al Governo del Reich.

56

IL MINISTRO A SOFIA, CORA, A,L CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3366/2885/807 R. Sofia, 4 agosto 1933 (per. il 7 ).

Telecorriere di V. E. n. 1475 del 24 luglio (l).

Dal mio rapporto n. 2665/760 del 20 luglio u.s. (2). V. E. avrà potuto rilevare maggiori chiarimenti sulla situazione determinatasi dopo le note dichiarazioni del presidente Malinoff.

Ripeto che sia a me che ai giornalisti il signor Malinoff non ha esposto il punto di vista del Governo bensì suo modo di vedere personale circa nuovo orientamento politica estera: ciò, comunque, data personalità Malinoff, costituiva nuovo sintomo importante che ho creduto opportuno segnalare senza ritardo a V. E. Circa allusioni Malinoff non è possibile ancora dire se significhino passo verso Piccola Intesa oppure tendenza ad un più deciso atteggiamentò verso di noi. Cautela oscurità e dissimulazione bulgara in materia è ben nota dopo passate esperienze. Tuttavia ebbi netta impressione, pei motivi esposti nel precitato rapporto, che il Malinoff facesse allusione all'Italia come guida e protettrice della Bulgaria.

Comunque, come è ora noto, Governo bulgaro non ha sostenuto Mallnoff nel1e sue dichiarazioni che egli stesso ha del resto attenuate notevolmente nel corso discussione commissione parlamentare affari esteri, discussione che in sostanza non ha determinato alcun nuovo orientamento ma che ha manifestato tuttavia un certo desiderio, sia pure timido, di una maggiore attività in politica estera per poter poi, a ragion veduta e dopo un cauto e ponderato esame, decidere sul da farsi.

Queste le conclusioni alle quali sono giunto nel precitato rapporto sulla politica estera facendo prevedere che dopo le recenti discussioni e polemiche ed il movimento determinatosi nella pubblica opinione una ripresa di attività internazionale sembrava inevitabile. Infatti questa attività già si verifica in attesa delle visite di Titulescu e di Ismet Pascià; fra l'altro questo ministro di Romania ha avuto frequenti coHoqui co[ signor Muscianoff e poscl:a è partito per Bucarest «per servizio , .

Importante novità sarebbe poi passo compiuto dal ministro jugoslavo di cui al mio telegramma n. 54 (3). Se la notizia sarà confermata la situazione potrebbe essere radicalmente modificata poiché questione primordiale per la Bulgaria è quella rapporti con la Jugoslavia e come ho sempre detto chiave detti rapporti si trova a Belgrado e non a Sofia. Se la Jugoslavia si mettesse davvero sulla via delle concessioni, situazione, ripeto, potrebbe essere radicalmente modificata.

Secondo l:l mio autorevole informatore (U ministro della guerra) non si tratterebbe ancora di una proposta formale ma comunque sarebbe già .assai significativo che il signor Vukcevic avesse intrattenuto il presidente di cessioni

territoriali e di minoranze! E questa sola prospettiva secondo il signor Kissioff, sarebbe bene accetta al Governo che sente come il paese sarebbe esultante di un successo in politica estera. Ed il riavvicinamento potrebbe poi essere sfruttato (sono sempre parole del generale) secondo le direttive già discusse lo scorso anno sulla stampa ufficiosa dal signor Antonoff, oggi ministro ad Ankara, e cioè la Jugoslavia a Salonicco e la Bulgaria a Strumitza, alla riva sinistra del Vardar, a.ll'Egeo (mio telespresso n. 2755/839 del 10 agos,to 1932 (l) e precedenti). E questa politica che distrarrebbe la Jugoslavia dall'Adriatico non dovrebbe neppure dispiacere all'Italia. In Grecia esisterebbero forti timori verso la Jugoslavia e la Bulgaria ritiene che le «avances:. della Turchia siano sopratutto motivate dalla preoccupazione di distoglierla da simili possibili combinazioni.

In quanto ai nost>ri rapporti •io non ho mai mancato di intonare mie conversazioni ai concetti esposti nel precitato telegramma 1475 dell'E. V. Ho riferito come abbia notato minore riserva nel signor Muscianoff e sua calorosa adesione politica ispiratrice patto a quattro e constatato come promettente orientamento nota fornitura Ansaldo. A ciò occorre aggiungere che ministro della guerra si è finalmente deciso chiedermi appogg'io R. Governo per completare armamento esercito in mitragliatrici Schwarzli:ise, moschetti e munizioni anche per artiglieria. L'E. V. ricorderà che nel dicembre scorso mi disse che bisognava « armare la Bu~garia '> e successivamente S. E. Aloisd mi confermò di cercare di farmi richiedere senza offrirlo materiale armamento residuato guerra che avremmo potuto procurare col rimborso «delle sole spese di trasporto •· Il generale Kissioff mi farà ora per~ire un elenco del fabbisogno ed ha confermato la richiesta all'addetto militare.

Quali siano possibilità di un ulteriore svolgimento di questa situazione

non potrei però ancora affermare.

Anche di recente il signor Musclanoff mi ripeteva parole che egli pretende

dettegli dall'E. V. e cioè che 1 sentimenti e gli interessi dei due paesi non hanno

bisogno di essere sanzionati in un accordo politico. Comunque data atmosfera

creata da.l patto a quattro e in previsione di eventuali accordi bulgaro-romeno

jugoslavi sembrerebbe opportuno riesame situazione. Mi riservo perciò di con

tinuare nei miei accer,tamenti e di l1ife.rire ulteriarmente. Frattanto però sare,i

grato a V. E. farmi conoscere quali soluzioni sarebbero eventualmente gradite

ed utili nel quadro della situazione generale.

(l) -Cfr. n. 17. (2) -Non pubblicato. (3) -T. 3296/54 R. del 31 luglio, non pubblicato: Riferiva che, secondo fonte attendibile, il ministro di Jugoslavia aveva intrattenuto Muscianoff circa possibili proposte da parte del suo Governo atte a facilitare la conclusione del patto annunziato da Tltule5cu.
57

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3339/529 R. Parigi, 5 agosto 1933, ore 13,40 (per. ore 15,30).

Il Qual d'Orsay è stato ieri da questo ambasciatore d'Inghilterra pregato di associarsi ad un passo da farsi oggi a Berlino per la nota questione sorvolo

di aeroplani e delle emissioni radlofonlche in Austria. Segretario generale ha risposto che la Francia desiderava concertare prima colil'Italia. Al che Tymell ha replicato che il Governo italiano, opportunamente informato dal Foreign Office, aveva fatto sapere di aver fatto già a Berlino un passo analogo.

In queste condizioni il Qual d'Orsay ha dato istruzioni all'ambasciatore di Francia a Berlino di concertarsi col collega britannico per il passo che sarà probabilmente fatto nella giornata di oggi. Il signor Poncet è stato in pari tempo informato dell'analogo passo fatto prima dall'ambasciatore d'Italia.

(l) Non pubblicato nel vol. XII della serle VII.

58

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3350/519 R. Berlino, 5 agosto 1933, ore 21,10 (per. ore 4,30 del 6).

Mio telegramma 513 (1). Von Biilow mi ha comunicato quanto segue da parte ministro Neurath, che ha [incontrato] ieri cancelliere in Baviera:

c Hitler respinge l'immissione delle tre potenze nella vertenza austrotedesca. Non è il caso di pensare a una mitigazione delle misure economiche che Germania credette adottare nei riguardi dell'Austria.

D'altra parte però devono essere evitati tutti gli incidenti. A tal fine la propaganda a mezzo radio deve essere moderata (Von Btilow usò vocabolo tedesco c eingedaempft , ) e devono cessare le ulteriori incursioni aeree.

Hitler darà istruzioni in questo senso al partito e personalmente a Habicht. Ho osservato ritenere che la parola c immistione, non si riferisse al passo molto amichevole che V. E. aveva fatto presso Hitler. Von Biilow rispose che tale espressione non si riferiva al passo suddetto ma a quello che le tre potenze avessero avuto eventualmente in animo di compiere ulteriormente, passo che, secondo Hitler, avrebbe avuto carattere non amichevole e doveva quindi essere respinto a priori.

Osservai pure che non si menzionavano le azioni terroristiche. Von Biilow ripetè assicurazione che esse erano state compiute da giovani avventati ad insaputa del Governo e del partito, di che dichiarai aver completa fede.

Rientrato alla ambasciata ricevetti visita incaricato d'affari d'Inghilterra che mi informò avere tanto egli che ambasciatore di Francia ricevuto istruzioni compiere passi verbali separati nei termini che erano stati comunicati a V. E. e che avevano avuto sua approvazione.

Egli mi chiese se io avessi ricevuto risposta al passo che, giusta informazioni da Londra, ero stato incaricato di fare presso il Governo tedesco. Gli comunicai assicurazione datami da von Biilow.

(l) crr. n. 40.

59

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3369/532 R. Parigi, 5 agosto 1933 (per. il 7).

Mio telegramma 519 (1). Il segretario generale del Quai d'Orsay mi ha detto che il Governo francese è nell'impossibilità di ratificare subito il patto a quattro, essendo indispensabile la presentazione di un progetto di legge al Parlamento. Il signor Léger ha precisato che questa pratica è stata seguita, senza e'ccezione, negli ultimi anni, e in modo speciale per l'accordo di Locarno e il patto BriandKellogg, nonosllante che ambedue gli anz[detti atti inllernazionali fossero stati oggetto di discussione preventiva, alla Camera e al Senato, in sede di interpellanza, come è avvenuto per il patto a quattro. D'altra parte, ha aggiunto il mio interlocutore, il signor Daladier ha preso impegno alla Camera nella seduta del 9 giugno scorso di presentare il patto all'approvazione dei due rami del Parlamento con progetto di legge. La dichiarazione del presidente del consiglio figura nel Journal Officiel del 10 giugno ·scorso a pag. 2840, in questi termini:

«Il y a en ce moment, à Rome, un pacte que l'ambassadeur de la République a paraphé sur notre ordre. C'est ce que je suis venu vous dire à la tribune.

Avant le moment où la Chambre et le Sénat ser·ont saisis du projet de loi se placera un autre acte décisif, celui de la signature ).

Infine, ha detto H signor Léger, nella discussione del patto avvenuta davanti alla commissione degli esteri del Senato (i verbali delle sedute deile commissioni parlamentari sono, com'è noto, segreti), ii signor Paul Boncour per sottrarre il patto a una discussione pubblica di quell'assemblea, ritenuta in quel tempo pericolosa, ha dichiarato alla commissione stessa che il Governo s'impegnava a deporre davanti al Senato un progetto di legge di ratifica del patto. In queste condizioni, ha concluso il segretario generale, il Governo francese non può in alcun caso procedere alla ratifica all'infuori del Parlamento.

Il signor Léger ha aggiunto che, d'altra parte, la discussione per la ratinca

che si farà nei due rami del Parlamento avrà un carattere puramente formale.

Il patto ha corso, forse, pericolo prima della firma. La ratifica del Parlamento

è sicura. Il segretario generale dice che non è mai accaduto alle Camere fran

cesi di rifiutare la ratifica di un atto internazionale del quale avessero auto

rizzato la firma.

Credo che non ci sia nulla da fare, almeno per ora. Si potrebbe ripresentare

la questione al signor Paul Boncour o meglio ancora al signor Daladier, ambedue

assenti in questo momento. Mi sembra però difficile che il Governo francese

possa sottrarsi all'impegno preso alla Camera e ribadito al Senato.

(l) T. 3280/319 R. del 29 luglio, non :pubblicato.

60

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

APPUNTO. Roma, 5 agosto 1933.

L'Ambasciatore britannico mi fa vedere il testo della Nota che sarà presentata ai Governo germanico -separatamente -dag,li Ambasciatori francese e inglese a Berlino.

In tale Nota inglese si premètte che consta che anche il Governo italiano e francese si interessano della questione. Si fa presente poi la situazione creata dai noti attentati alla sovranità austriaca.

Si fa presente che ciò contrasta con gli impegni internazionali, con lo spirito del Patto a quattro, e con l'accordo speciale in materia di radio-diffusione; si fa presente la convenienza chè tale stato di cose abbia a cessare, si mette molto in rilievo che il passo ha carattere del tutto amichevole, e si spera che il Governo germanico risponderà nello stesso spirito. La Nota sarà consegnata a Berlino nei prossimi giorni.

L'AmbasciatoTe mi ha detto che a Londra e a Pavig.i sono rimast.i «désappointés) per il fatto che noi non avevamo voluto unirei al loro passo.

lto spiegato che per noi la cosa si presentava sotto un aspetto diverso; il riostro intervento amichevole (l) era stato deciso prima di ricevere la Nota inglese (2). D'altronde non è la prima volta che affrontiamo la questionè, che è proceduta da altri accenni amichevoli.

61

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 5 agosto 1933.

. . . L'Ambasciatore Attolico, che ha avuto occasione di parlare oggi con l'Am:basciatore dell'U.R.S.S. a RÒma, ha informato che quest'ultimo gli ha detto che, secondo notizie dirette dategli da Litvinoff, verso il 15 giugno u.s. Ruschdi bey avrebbe proposto d'accordo con Benes e Litvinoff la firma di un Patto fra l'URSS e la Piccola Intesa riconosciuta come entità diplomatica a sé stante. Litvinoff declinò l'offerta dichiarando di non avere nessun interesse a rafforzare la Piccola Intesa. Com'è noto si sono poi svolte tra l'URSS e gli Stati limitrofi, la Turchia e gli stati.della Piccola Intesa le trattative che hanno condotto all~;~. firma dei vari Protocolli per la definizione dell'aggressore.

(1) -Cfr. n. 34. (2) -Cfr. n. 47, allegato I.
62

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, E AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1524 R. Roma, 6 agosto 1933, ore 17,30.

(Per Berlino) Ho telegrafato alla R. legazione a Vienna quanto segue:

(Per tutti) È stato ritenuto opportuno di fare pubblicare dai giornali che Italia non aveva fatto nessun passo ufficiale a Berlino secondo comunicato che le invio a parte. Tale precisazione è stata resa necessaria da una Havas nella quale si parla di un preciso passo italiano presso il Governo del Reich al quale si riconnette quasi con rapporto di dipendenza una protesta del Governo francese contro il sorvolo di aeroplani tedeschi sul territorio austriaco. La verità è che il Governo italiano ha avuto occasione di intrattenersi amichevolmente col Governo tedesco su convenienza di una détente nei rapporti tra Vienna e Berlino eliminando attività che danno luogo a frizioni esistenti e che confida che queste conversazioni amichevoli e discrete possano portare a risultati migliori di quelli a cui potrebbero portare passi ufficiali che specie se fatti collettivamente non potrebbero che determinare delle reazioni dannose ai fini che ci si propone di mgglungere.

Veda subito il cancelliere. Gli parli in questo senso aggiungendo che il Governo tedesco ha dato affidamenti che incidenti finora lamentati non si ripeteranno e che a tal fine propaganda a mezzo radio sarà moderata così come cesseranno ulteriori incursioni aeree. Preghi il cancelliere di fare uso discreto di questa comunicazione giacché ritengo che solo procedendo con discrezione sarà possibile di raggiungere l'effetto desiderato. Niente è mutato nel nostro atteggiamento che il cancelliere conosce e nel quale persistiamo. È solo questione di metodo (l).

63

IL SO'ITOSEGRET ARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 1525/317 R. Roma, 6 agosto 1933, ore 18,30.

Telegramma di V. E. n. 513 (2).

Pregola informare codesto Governo che procediamo a comunicare confidenzialmente al Governo inglese risultato conversazioni di V. E. con Biilow e che abbiamo fatto presente che nelle circostanze e nell'interesse dei risultati da ottenere appare ormai dubbia opportunità passo franco-inglese. Attiri pure attenzione codesto Governo su comunicato che le invio a parte. Della conversazione di V. E. con Biilow informiamo pure discretamente il Governo austriaco.

(l) -Il presente telegramma venne comunicato anche a Londra, Parigi, Mosca, Madrid, Washlngton e Budapest con T. 1530 R. deu·a agosto, ore 24. (2) -Cfr. n. 40.
64

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, DAMPIERRE

APPUNTO. Roma, 6 agosto 1933.

L'Incaricato d'Affari di Francia è venuto a dirmi che il Governo inglese, il quale ha diretto in questi ultimi giorni i negoziati per l'azione da svolgersi a Berlino relativamente alla questione delle relazioni austro-tedesche, ha recentemente comunicato al Governo francese che H Govel'no italiano aveva già proceduto ad un intervento a Berlino.

In conseguenza di tale comunicazione, il Governo francese ha dato ieri ordine all'Ambasciatore Poncet di fare una analoga comunicazione verbale al Ministero degli Esteri tedesco.

La comunicazione, di cui il signor Dampierre mi ha dato lettura, contiene:

a) all'inizio, un riferimento al Patto a quattro;

b) una allusione ai precedenti interventi italiano e britannico a Berlino;

c) una dichiarazione che il Governo francese considera l'intervento del

Governo -tedesco neglli affari interni deN'Austrta come incompatibile col preambolo del Patto a quattro; d) un richiamo al principio generale del non intervento negli affari interni dei paesi vicini;

e) un riferimento all'articolo 80 del Trattato di Versailles (c la Germania riconosce e rispetterà strettamente l'indipendenza dell'Austria nelle frontiere fissate dal trattato. Essa riconosce che questa indipendenza sarà inalienabile senza il consenso del Consiglio della Società delle Nazioni :t);

f) un riferimento alla risoluzione del 13 maggio dell'ufficio internazionale della radio-diffusione di Lucerna;

g) alla fine, il rilievo che il Governo della Repubblica rinuncia a considerare l'eventualità di richiamarsi al paragrafo 2 dell'articolo 11 del Covenant (c ogni membro della Società delle Nazioni ha diritto di richiamare a titolo amichevole l'attenzione dell'Assemb~ea o del Consiglio su di ogni circostanza di natura tale da influenzare le relazioni internazionali e da costituire conseguentemente una minaccia alla pace :t), preferendo richiamare in via amichevole su tale questione l'attenzione del Governo germanico.

La nota è concepita in tono amichevole e il Signor Dampierre ha tenuto a farmi rilevare che essa si inspira ai principi e allo spirito del Patto a quattro.

Fattami tale comunicazione, il Signor Dampierre mi ha chiesto come io credevo si potesse conciliare la smentita ufficiosa apparsa nei giornali di stamane col passo fatto a Berlino dal Governo italiano.

Ho risposto che effettivamente non si è avuto nessun vero e proprio passo, ma solo un amichevole intervento che faceva seguito ad altri consigli dati in precedenza al Governo di Berlino, e che tale intervento ha avuto per oggetto tutto l'insieme dell'attività esplicata dal Governo germanico nei riguardi dell'Austria.

65

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3371/524 R. Berlino, 7 agosto 1933, ore 14,15 (per. ore 16).

Telegramma di V. E. n. 317 (l). Ho ,informato von Bii!low che si è mostrato molto grato di quanto V. E. credette far presente al Governo britannico. Egli osservò peraltro che ieri domenica non è stato possibile mettersi in comunicazione col Foreign Office, cosicché egli riteneva che oggi incaricato d'affari d'Inghilterra e ambasciatore di Francia gli avrebbero fatto la nota comunicazione di cui egli avrebbe puramente e semplicemente rifiutato di prendere atto dato che essa non sarebbe stata fatta negli stessi termini amichevoli di quella italiana. Ho creduto dire a von Btilow che a quanto mi constava la comunicazione britannica sarebbe stata diversa da quanto si era pensato in un primo tempo e in forma assai più amichevole, cosicché mi sembrava non sarebbe stato opportuno respingerla. Ignoravo testo della comunicazione francese pur avendo ragione di ritenerla analoga o identica a quella inglese. Von Btilow rispose che il suo atteggiamento sarebbe dipeso dai termini delle due comunicazioni e mi promise di informarmi.

Mi risulta che von Neurath attribuisce a Vansittart iniziativa del passo. Von Biilow mi disse ieri che comunicato inglese annunziante il passo due giorni prima èhe fosse compiuto era una nuova prova contegno politico sentimenti del segretar<io di stato britannico che sembra vo,lere profittare dell'assenza da Londra di MacDonald e di Simon per fare una politica personale antigermanica forse per ingraziarsi maggiormente il Governo francese date le note sue aspirazioni all'ambasciata di Parigi.

66

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3377/304 R. Vienna, 7 agosto 1933, ore 22 (per. ore 4,50 dell'B).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 162 (2).

Ho parlato al cancelliere austriaco nel senso prescrittomi. Cancelliere, pregandomi di ringraziare V. E. per schiarimenti e comunicazioni, mi ha fatto presente:

· . 1°) Ha ben compreso e comprende punto di vista circa metodo da seguire con Berlino. All'uopo desiderava ricordarmi che egli non ha mai intrapreso un

passo a Parigi e che d'altra parte recente passo fatto da lui a Londra per propaganda radio e per incursioni aeree, pur essendo identico a quello fatto a Roma, non era stato appoggiato dal ministro d'Austria a Londra cosi vivamente come da Egger presso V. E. Riprova va che il Foreign Office avesse comunicato anche a Quai d'Orsay passo austriaco e che Governo francese mostrasse soverchia sollecitudine per frizione austro-tedesca (mio telegramma n. 296) (1).

2°) Però predetto metodo presenta a suo avviso l'inconveniente di non provvedere ciò che sarebbe necessario e urgente cioè a rassicurare opinione pubblica austriaca assai nervosa e preoccupata del genere attività tedesca.· Altrettanto doveva dirsi delle assicurazioni date a V. E. dal Governo tedesco, giacché mentre esse dovevano restare affidate al discreto e riservato uso della cancelleria non avrebbero alcun valore né per detta opinione pubblica né come prova dell'attività diplomatica e dei conseguimenti del Governo federale.

Circa quest'ultimo paragrafo, allegando nuovamente modo di vedere di V. E., ho fatto noto al cancelliere che punto principale da tener presente è evitare che dalle frizioni austro-tedesche possa sorgere insuperabile questione di prestigio per la Germania. Ho accennato ad altre difficoltà ad esempio che il Governo tedesco malamente potrebbe consentire a pubbliche assicurazioni senza rischiare dare prova con questo propria diretta responsabilità incidenti per i quali offrirebbe garanzia per l'avvenire. Infine ho detto delicatezza situazione attuale importano i fatti che solo pesano in definitiva sulla opinione pubblica.

· Cancelliere ha replicato che si rendeva perfettamente conto estrema difficoltà conciliare due opposte esigenze; che tuttavia egli doveva insistere sul suo punto di vista spe·cie circa l'uso delle assicurazioni tedesche, pur rimettendosi completamente a V. E., circa modo diretto od indiretto (articoli ufficiosi di giornali, apparenti irnormazioni da Berlino alla stampa austriaca oppure italiana, ecc.) rpe.r rendere tranquillo pubbltco. Inizierà presto pressioni di diversl). natura ma non per questo meno pericolose. A tale proposito ha alluso ai concentramenti fuoriusciti austriaci che si vanno formando in Baviera (mio rapporto

n. 1624 del 26 luglio) (2). A mia volta lto insistito sulle mie osservazioni ma cancelliere mi ha pregato tener presenti e rappresentare a V. E. esigenze da lui invocate.

(l) -Cfr. n. 63. (2) -Cfr. n. 62 inviato a Vlenna con protocollo particolare 162.
67

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'URSS A ROMA, POTEMKIN

APPUNTO. Roma, 7 agosto 1933.

Prima di entrare nell'argomento dell'accordo italo-russo, l'Ambasciatore. mi comunica che ha avuto una lettera personale del Signor Voroschiloff, Commissario sovietico per le forze armate, il quale lo informa che è intenzione dell'URSS di mandare nel prossimo settembre o ottobre una divisione della flotta

del Mar Nero in Italia a visitare alcuni porti, in restituzione della visita fatta dai sottomarini italiani in Russia. A suo tempo sarà chiesto il gradimento ufficiale e comunicato il nome delle navi e la data del loro arrivo. Il Commissario Voroschiloff parla anche delle utilità dei contatti fra gli ufficiali dei due paesi. È intenzione della Russia di invitare alle manovre dell'esercito sovietico anche quest'anno, una delegazione italiana, composta da due ufficiali di fanteria e ,uno di aviazione. Questa sera stessa l'Addetto militare russo darà comunicazione anche al Ministero della Guerra. Parimenti si intende invitare una delegazione italiana per le manovre navali.

L'addetto navale russo tornerà domani e farà immediatamente una comunicazione in proposito al Ministero della Marina.

L'Ambasciatore, avendo inteso che le nostre manovre terrestri si terranno alla fine di questo mese, prega di voler prender nota con tutta sollecitudine di questa comunicazione perché gli ufficiali russi che saranno eventualmente invitati alle manovre italiane hanno appena il tempo necessario per prepararsi e per partire.

Assicuro l'Ambasciatore che mi occuperò della cosa con sollecitudine. Espongo poi al Signor Potemkin le nostre osservazioni e le nostre proposte per l'accordo italo-russo.

A proposito dell'art. l) gli dico che noi non avremmo nessuna difficoltà a parlare del non ricorso alla forza invece che della non aggressione, se così pare meglio all'URSS.

Riguardo al nostro art. 3) (non aggressione economica o meglio non boicottaggio) l'Ambasciatore mi fa presente che, avendogli espresso il Capo del Governo l'idea che ci dovesse essere una disposizione di carattere positivo, egli ha concordato con Mosca la clausola da inserire in tale articolo, che suonerebbe cosi:

cLes Hautes Parties contractantes ... dans le but de contribuer par tous les moyens dont elles disposent au développement des relations économiques eJcistantes entre l'URSS et l'Italie... ».

Mi riservo di esaminare questa proposta, come l'Ambasciatore si riserva di esaminare il nostro controprogetto, di cui gli consegno il testo.

A proposito del nostro art. 6 Cconciliazione), il Sig. Po,t;emkin mi fa presente che se si tratta di una speciale procedura di conciliazione da esperirsi con l'intervento soltanto dei rappresentanti dei due Stati, crede fin da ora di poter dare il suo assenso. Non sarebbe la Russia invece disposta ad accettare un arbitrato con l'intervento di rappresentanti neutri perché ciò, secondo il concetto russo, lede la sovranità degli Stati.

In via di conversazione, l'Ambasciatore mi dice poi che è probabile l'elevazione a Ambasciata deHe due Legaziond russa a Varsavia e polacca a Mosca, e ciò in seguito allo stabilimento di buone relazioni con la Polonia. Mi dice anche, a proposito del fatto che oggi Trotzsky si trova a Roanne dove si trova pure Litvinoff, che è esclusa una riabilitazione del primo.

Egli, Potemkin, considera Trotzsky un cattivo difensore della causa proletaria; già nel '19 egli, che era allora Commissario politico per il fronte del sud contro Denikin, ha litigato fortemente con Trotzsky che voleva l'abolizione di

tale Commissario per affidare tutto il potere ai militari. C'è stato un momento in cui Denikin era arrivato a 80 chilometri da Mosca, e Trotzsky in quella occasione ha dimostrato la sua assoluta incapacità come organizzatore militare. È stato Stalin che ha preso in mano la situazione, che ha fatto il piano di operazioni e che ha salvato la causa proletaria.

(1) Cfr. n. 39.

(2) Non pubbl1cato.

68

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, DAMPIERRE

APPUNTO. Roma, 7 agosto 1933.

Ho esposto al Signor Dampierre, per sommi capi, quali sono state le assicurazioni che von BUlow, in nome di Neurath assente, ha dato a S. E. Cerruti in risposta al nostro intervento nella questione austro-tedesca (1).

Il Signor Dampierre ha convenuto con me che tali assicurazioni potevano considerarsi soddisfacenti, tanto che mi ha detto che avrebbe subito telefonato a Parigi per suggerire al suo Governo di soprassedere, se ancora in tempo, al passo ordinato a Poncet per quest'oggi.

Io però credo che la telefonata non sarà potuta giungere in tempo ad impedire il passo.

69

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DELL'AERONAUTICA, MARTELLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. Roma, 7 agosto 1933.

Per l'incarico di S. E. il Capo del Governo, ho l'onore di rimettere all'E. V. per conoscenza, l'accluso telegramma n. 05260, oggi inviato al R. addetto aeronautico a Berlino, Tenente Colonnello R. Senzadenari.

.ALLEGATO

MARTELLI A SENZADENARI

T. s. 05260. Roma, 7 agosto 1933.

Faccia conoscere al signor Milch che data situazione diplomatica creatasi con la richiesta dell'acquisto degli aeroplani per servizio di polizia e col conseguente passo provocato dall'Inghilterra, l'ordinazione degli aeroplani-deve essere in questo momento rinviata anche e sopratutto nell'interesse della Germania. Dopo l'episodio di Hirtemberg e l'enorme speculazione che vi si fece attorno ogni imprudenza può essere carica di conseguenze spiacevoli.

(l) Cfr. n. 58.

70

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3390/527 R. Berlino, 8 agosto 1933, ore 18,50 (per. ore 22,45).

Mio telegramma n. 526 (l).

Incaricato d'affari di Inghilterra ricevette ieri poco prima di recarsi all'Auswartiges Amt notizie ufficiose da Londra secondo le quali affidamenti dati dal Governo tedesco all'Italia e da questa comunicati a Londra erano stati trovati soddisfacenti.

Incaricato d'affari suddetto dopo aver informato di quanto precede von Biilow gli diede lettura delle istruzioni anteriormente ricevute per semplice no1Jizia. Newton mi disse che von Billow g·H domandò se prevalesse prima o seconda comunicazione, perché nell'uno o nell'altro caso egli gli avrebbe risposto come aveva fatto con ambasciatore di Francia o con quello d'Italia. EgJri non seppe precisare intenzione del suo Governo e allora von Biilow gli comunicò le due risposte pregandolo di trasmetterle a Londra.

Von Biilow che mi pregò di passare da lui confermò quanto mi aveva detto François Poncet. Aggiunse es~>ere stato ieri. mattina informato da Parigi che Léger aveva veduto Koester e gli aveva detto che il Governo fra·ncese reso edott.o degli affidamenti dati dal ministero degli affari esteri tedesco all'Italia sarebbe stato propenso a non dare seguito al passo. Foreign Office per altro insisteva perché passo da esso annunziato pubblicamente sino da sabato fosse fatto. Léger tendeva a dichiarare che il passo avrebbe avuto dunque un carattere assolutamente amichevole.

Von Biilow vede in ciò una riprova che il passo è opera personale di Vansittart e pertanto disse a François Poncet che in passato durante le vacanze estive non si compivano passi internazionali importanti. Rilevava che oggi si faceva eccezione alla regola perché un dirigente subordinato della politica estera britannica aveva creduto collocarsi in primo piano prendendo una iniziativa non amichevole per la Germania.

Von Biilow aggiunse che François Poncet fu poco abile perché mentre poi si profuse in dichiarazioni di amicizia incominciò col dargli lettura integrale del telegramma ricevuto, cosa che avrebbe potuto omettere di fare.

«Ambasciatore di Francia è venuto vederml e mi ha detto che von BU!ow aveva rispostoal passo amichevole da lui compiuto ieri ~el termini noti a V. E. dicendo che passo stesso era privo di fondamento perché nessun campo di aviazione tedesco aveva visto partire o ritornare aeroplani segnalati dagll austriaci e perché nota radio di Monaco di Baviera lanciava solo comunicazioni dirette a Illuminare opinione pubblica tedesca e sopratutto quella.

Germania non aveva mal pensato a fare passo per linguaggio ostile al suo Governo usato dalla radio di Strasburgo e comprendeva tanto meno passo della Francia in quanto si riferiva ad un terzo Stato. -

Françols Poncet aveva Insistito presso von Biilow perché modificasse sua risposta che ·non poteva essere soddisfacente. Chiese che egli gli desse assicurazioni analoghe a quelle date a me che avrebbero potuto accontentare Parigi.

Von BU!ow non accedette tale desiderio dichiarando che l'Italia non aveva mal !atto presso di lui un passo avente carattere poco amichevole come quello compiuto dalla Francia, che mia conversazione con lui aveva avuto carattere del tutto privato donde la differenza della sua risposta ».

Quanto all'incaricato d'affari britannico von Biilow mi confermò cose dettemi da Newton aggiungendo che questi sapeva cosi poco che cosa dovesse fare e dire che egli gli consigliò di comunicare a Londra risposta da lui data a me ed a François Poncet lasciando che in Inghilterra applicassero l'una o l'altra alla comunicazione fattagli fare.

Von Biilow concluse esprimendo sua riconoscenza per quanto V. E. aveva fatto in questo frangente dando nuova prova di amicizia alla Germania ed esprimendo speranza che questione sia anche dagli altri Governi considerata chiusa così come lo è dalla Germania.

(l)' Col T. 3385/526 R. dello stesso 8 agosto Cerrutl aveva comunicato:

71

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3389/309 R. Vienna, 8 agosto 1933, ore 21,22 (per. ore 5,30 del 9).

Mi riferisco al mio telegramma n. 304 (1).

Cancelliere mi ha fatto testé telefonare che un comunicato Reuter apparso a Londra pomeriggio oggi riporta assicurazione data dal Governo tedesco a Cerruti circa questione austriaca e che pertanto cade desiderio da lui espresso circa pubblicazione predetta assicurazione.

Cancelliere ha soggiunto che la risposta tedesca ai passi fatti ieri a Berlino dai rappresentanti francese e inglese è una riprova della bontà del metodo raccomandato da V. E.

72

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1534/167 R. Roma, 8 agosto 1933, ore 24.

Ho convocato il ministro d'Austria per avvertirlo che l'incontro con Dollfuss

è rinviato alla fine del mese. Gli ho detto che la decisione è stata determinata dal

fatto che tale colloquio deve essere ben preparato, d'altra parte il Capo del Go

verno dovrà assentarsi per qualche tempo durante il mese di agosto.

Ho detto anche al signor Egger che nei prossimi giorni il Capo del Go

verno scriverà una lettera a Dollfuss.

Il ministro d'Austria ha preso nota.

10 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

(l) Cfr. n. 66.

73

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. 1536 R. Roma, 9 agosto 1933, ore 17.

Richiamo sua attenzione su informazioni che portano giornali di oggi a proposito del recente intervento a Berlino circa rapporti austro-tedeschi. È avvenuto effettivamente quello che noi prevedevamo e cioè che, avendo avuto tale intervento un carattere troppo marcato, la reazione è stata l'opposto di quella desiderata. Le precisazioni da noi pubblicate mettono in evidenza, naturalmente in modo da non urtare nuovamente il Governo tedesco, gli affidamenti datici, che conviene di attendere alla prova, salvo a riesaminare nuovamente il da farsi se gli incidenti avessero a continuare. Ella potrà far rilevare a codesto Governo come l'ultimo paragrafo della precisazione da noi pubblicata insista sulla necessità che le azioni nazionalsocialiste in Austria non abbiano ad avere ulteriore seguito.

74

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 1537/321 R. Roma, 9 agosto 1933, ore 17.

Richiamo sua attenzione su versione recente intervento a Berlino per questione austro-tedesca che pubblicano giornali odierni e che trasmetto a parte. Precisazioni sono state redatte per modo che codesto Governo possa valersene per dimostrare inutilità passo franco-inglese e realtà intenzioni tedesche. È evidente però che se attività nazionalsocialista dovesse continuare in Austria e se gli affidamenti datici non dovessero trovare una realizzazione pratica quanto più larga possibile e quanto più possibile in buona fede e col desiderio veramente di fare sollecitamente cessare gli incidenti lamentati, la situazione diverrebbe presto tale da dar luogo a serie preoccupazioni che non potrebbero !asciarci indifferenti nonostante fermo desiderio che noi abbiamo (e che dimostriamo continuamente nei riguardi di codesto Governo) di facilitargli suo compito di assestamento all'interno e di affermazione all'estero di grande potenza con piena parità di diritti.

Il Governo italiano, nell'interesse della rapida liquidazione di questa faccenda, ha impegnato, nell'info11mare i Governi f~ancese e inglese degli aff,idamenti ricevuti, la sua responsabilità. La impegna di nuovo col comunicato odierno e confida che codesto Governo saprà tenerne il debito conto.

75

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3417/538 R. Parigi, 9 agosto 1933 (per. l'11).

Sembra che le conversazioni del signor de Chambrun con V. E. possano iniziarsi sulle seguenti basi. Se il Reich ammettesse un controllo severo e un periodo di prova, la Francia consentirebbe alla limitazione degli effettivi e al consolidamento del quantitativo esistente di materiale bellico. In altre parole verrebbe preso d.mpegno, da parte franc,ese, di non costruire nuovo matelfliale. In pari tempo potrebbero essere definite le successive riduzioni di materiale da effettuarsi in un secondo periodo. Ho cavato queste notizie, a spizzico, dalla bocca del nuovo ambasciatore, in due conversazioni che ho avuto con lui.

Ho detto al signor de Chambrun che se la Francia non acconsente adeguate riduzioni di mater1aJle beLlico, l'intesa si presenta diW.cile. Egli mi ha opposto l'imbrogliata e oscura situazione della Germania che non incoraggia il Governo e il popolo francesi a disarmare. Ho replicato sembrarmi che la situazione interna della Germania non possa costituire un pericolo per la Francia e i suoi alleati. Per fare la guerra non basta oggi avere degli uomini, occorre disporre di materiale bellico perfezionato che la Germania non ha.

76

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI TURCHIA A ROMA, VASSIF BEY

APPUNTO. Roma, 9 agosto 1933.

L'Ambasciatore di Turchia è venuto a salutarmi dovendo partire per Ankara e a chiedermi se il Governo italiano aveva qualche desiderio da presentare al suo Ministro degli Esteri.

Gli ho detto che in occasione della recente visita di Tewfik Ruschdi bey le situazioni politiche che interessano i due Governi erano state esaminate così a fondo che non si vedeva la necessità di altre aggiunte.

L'ho informato però che si continua a parlare di un avvicinamento della Turchia con la Piccola Intesa e più particolarmente con la Jugoslavia. È evidente, come si è detto a Tewfik Ruschdi bey che un atto del genere ci interessa molto da vicino e che dovremmo essere informati preventivamente (1).

« ... Questo patto di non aggressione dovrebbe serv1re a creare un periodo di détente atto a diminuire l timori della Grecia ed a dare alla Bulgaria più agio di muoversi. È in questa atmosfera che Tewflk Ruchdi spera di potere varare il blocco sud-balcanico, che è il suo obbiettivo politico fondamentale.

Questa détente con la Jugoslavia sarebbe del resto -egli dice -in corrispondenza con una analoga détente che V. E. si proporrebbe di portare, sia pure senza atti formali, nelle relazioni dell'Italia con la Jugoslavia...

Sorge ora istintiva la domanda se bisogna credere ln pieno che il movimento turco verso la Piccola Intesa abbia semplice carattere dimostrativo...

La Turchia cerca stabilizzarsi sopra una posizione equidistante tra Francia e Italia e sempre più sl appresta ad oscillare nel due sensi onde meglio sfruttare l vantaggi di questo giuoco ed avere una via per sottrarsi alle compromlssionl che il futuro può riservare al membri dell'uno o dell'altro aggruppamento... ».

Vassif bey ha assicurato che in questo campo non c'è nulla di nuovo: la Turchia ha solo un interesse urgente da regolare con la Jugoslavia, ed è quello dei beni turchi sequestrati in detto paese. Per questo vorrebbe ricorrere ad un arbitrato.

Ho fatto presente anche a Vassif bey l'inammissibile contegno della stampa di Smirne nei riguardi dell'Italia.

L'Ambasciatore mi ha risposto che si tratta di giornali di opposizione che danno del fastidio anche alilo stesso governo kemalista. Egli, dumnte l'U:ltima campagna elettorale, aveva fatto tacere tali giornali con del danaro, ma poi sono ritornati alla carica.

(l) Si pubblicano i seguenti passi del T. per corriere 3237/90 R. del 21 luglio da Ankara relativo ad un colloquio tra Tewfik Ruchdi e Lojocono:

77

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, 9 agosto 1933.

In quest'ultimo periodo si sono avuti nella politica del Cancelliere austriaco Dollfuss alcuni segni i quali permettono di dubitare che questi soggiaccia notevolmente alle influenze di quei membri del gabinetto che volentieri prestano orecchdo alle richieste della social-demoorazia (Wink:ler) o che ceroano di ridar lustro, probabilmente per ragioni di .prestigio personale, al partito cristianosociale (Vaugoin, Buresch) ed ai metodi di reggimento democratico.

Alcuni di tali segni sono:

l) il ritardo nel dare un preciso statuto al «fronte patriottico) e la tendenza a favorire le correnti che vorrebbero infeudarlo al partito cristianosociale (l'idea di sostituire il segretario generale del « fronte patriottico ) dott. Kruckenhauser, il quale, pur provenendo dal partito cristiano-sociale si rende conto della necessità di tenere l'organizzazione al di sopra dei partiti e di metterla alle dipendenze del binomio Dollfuss-Starhemberg, sarebbe stata abbandonata dal Dollfuss negli ultimi giorni della settimana scorsa in seguito alle pressioni dello Starhemberg. Tuttavia, fino al momento della mia partenza da Vienna, non si vedeva ancor chiaro nell'avvenire dell'organizzazione.

2) l'aver permesso, e forse favorito, la costituzione di un «fronte nazionale-corporativo» sotto la guida del vicecancelliere agrario Winkler. Il Winkler è generalmente giudicato come uomo corruttibile, buon amico dei socialdemocratici ed in buoni rapporti cogli agrari di Cecoslovacchia: non gode quindi alcuna stima. Il «fronte nazionale» (si tenga presente che nell'accezione tedesca la parola «nazione » indica non il territorio della patria, ma tutti i territori abitati da gente di razza tedesca) dovrebbe consentire di riportare, in vista delle attuali contingenze internazionali, sotto la bandiera austriaca gli elementi pangermanisti austriaci che si erano alleati ai nazionalsocialisti, e ridar vita, in definitiva, a quel blocco nazionale-agrario che fu creato da Schober in occasione deHe elezioni del 1930 e porrtò rul Consiglio Nazionale austriaco ci1:1ca 18 deputati tra agrari e pangermanisti. Ora delle due una: o questo tentativo di Winkler non riesce, data la nomea poco buona che pesa sul capo di esso, o

viene sfruttato dai nazional-sociallsti -prendendo copertamente in mano le fila della propaganda e sovvenzionandola -per ritornare in vita. Nel primo caso si arrischia di sciupare inutilmente l'idea corporativa, finora rappresentata dalle Heimwehren; nel secondo caso si corre il pericolo di mettere l'idea corporativa a servizio dei nazional-socialisti, i quali dell'ala agraria del ~fronte~ si servirebbero per portare il nazional-socialismo nelle campagne e conseguire una ripresa meno controllabile. Le relazioni personali del Winkler coi social-democratici austriaci e coi cecoslovacchi, rendono, in ogni modo, sospetto questo tentativo.

3) L'aver consentito, in un periodo di provvedimenti eccezionali che, praticamente, permettono al governo di fare quel che vuole, la raccolta di firme -sollecitata anche con manifesti murali e promesse demagogiche -per la petizione social-democratica colla quale si chiede il ritorno al parlamentarisma. La considerazione aritmetica che il milione di firme raccolte dimostra, in confronto del milione e mezzo di voti di cui disponeva la social-democrazia, l'indebolimento di quest'ultima, ha soltanto un valore relativo e non assoluto.

4) L'aver nominato Ender commissario governativo per la riforma amministrativa e costituzionale. L'Ender che per il suo democraticismo non è malviso ai social-democratici, non potrà mai, a mio parere, andare tanto oltre nella riforma della costituzione quanto sarebbe desiderabile. Egli riconosce la necessità che al governo, in caso di particolari emergenze, vengano concessi i pieni poteri, ma come questi non giovarono a Bruening, così non gioverebbero a Dollfuss qualora questi intendesse tenere in vita l'attuale sistema di governo e l'attuale parlamentarismo. Chè poi, quanto alla creazione di una camera corporativa occorre stare attenti che le realizzazioni non restino molto al di sotto delle parole. Già l'attuale costituzione prevede in un suo articolo la trasformazione dell'attuale «consiglio federale austriaco~ in «consiglio federale e corporativo~. Ora, se, per quel che si riferisce al corporativismo, la riforma in corso non dovesse portare ad altro che ad una regolamentazione deH'articolo suddetto, senza preoccuparsi di modificare le prerogative del Consiglio Nazionale (camera dei deputati) e le relazioni di esso ,col Consiglio Federale non vi sarebbe, io credo, motivo di soverchia soddisfa3ione. L'attuaie ConsigUo FederaJe non è altro, infatti, se non un corpo consultivo: le leggi approvate dal Consiglio Nazionale possono entrare in vigore anche se respinte dal Consiglio Federale, sol che il primo con un nuovo voto vi insista.

Può darsi che tutto quanto ho finora segnalato faccia parte di un programma tattico di Dollfuss per girare gli ostacoli ed evitare le mosse brusche; ad ogni modo su tale tattica bisognerebbe essere in chiaro tenendo presente che le di lui buone intenzioni sono ostacolate o ritardate dagli elementi democratici del di lui governo.

5) l'aver reso finora impossibile l'avvento al governo di Steidle. Lo Steidle ha commesso l'ingenuità di dire a Dollfuss che egli avrebbe accettato un portafogli o sottoportafogli che gli permettesse di accudire alle sue occupazioni di capo delle Heimwehren e di direttore della sicurezza in Tirolo, che non implicasse cioè impegni troppo gravosi presso l'amministrazione centrale e la permanenza costante a Vienna. Dollfuss ha proposto da ultimo allo Steidle il portafogli della giustizia che è tutto l'opposto di quel che lo Steidle desidera. La con

seguenza si è che la presenza di Endcr, cristiano sociale di tendenza democratica, nel governo non è stata ancora equilibrata dalla presenza di un rappresentante delle Heimwehren.

6) Ed ancora: il Ministro Fey mi ha detto che egli trova sempre una certa resistenza presso Dollfuss; questi lasc,ia che le Heimwehren siano trascurate nella assegnazione di impieghi per i quali sono preferiti i cristiano sociali; Dollfuss evita di compromettersi con affermazioni filofasciste (qualche giorno prima che la nomina di Ender fosse resa pubblica, io pregai il redattore capo della Reichspost dott. Pfunder di sentire da Dollfuss se non riteneva di consigliare al dott. Ender di fare, con quattro o cinque specialisti di dLritto costituzionale, un viaggio a Roma per studiare da vicino la legislazione fascista: aggiunsi che si sarebbe potuto tentare, in caso affermativo, di fare invitare dalle nostre autorità la commissione suddetta. Dollfuss rispose che egli avrebbe nominato Ender, a questi sarebbe spettato appresso di giudicare il modo più conveniente per avviare la riforma).

I sintomi di incertezze sopra riferiti possono trovare la loro origine in alcuni sospetti o falsi apprezzamenti della situazione che accennerò qui appresso, aggiungendo però che alcuni di essi sono frutto di mie supposizioni:

a) In molti ambienti politici ed in quelli di governo austriaci è diffusa la convinzione che il governo di Hitler avrà in Germania vita molto breve. Tale convinzione è alimentata soltanto da una superficiale osservazione di quanto avviene nella politica germanica in conseguenza dell'arrivo dei nazional-socialisti al potere (errori, soprusi, presenza di un gran numero di comunisti nelle organizzazioni hitleriane etc.); non ho mai sentito fare invece considerazioni serie su quel che avverrebbe in Germania ove la caduta dei nazi si verificasse. (Per conto mio, ritengo che gli hitleriani non hanno nulla da temere sul terreno politico, ma che la loro situazione potrebbe divenire critica solo in conseguenza delle cattive condizioni economiche della Germania cui la crisi economica mondiale impedisce di apportare un rapido miglioramento). Ora, non è da escludersi che coloro che credono in Austria ad una caduta degli hitleriani intendano riservare le decisioni suLl'orientamento da dare alla politica intell.'na austriaca ed argomentino che un ritorno dei sistemi democratici in Germania porrebbe in difficoltà un'Austria che, intanto, si sia orientata verso il fascismo.

b) Sia per la speranza che il nazismo sia in Germania un fenomeno transitorio, sia per inerzlia mentaJe, si:a infine per spiegabhle autodifesa, i vecchi quadri deLia politica austriaca, rifuggono dalle novità sostanziali, e le evitano anzi. Finché il pericolo nal'lista fu in Austria evidente, tutti costoro si lasciarono guidare volentieri da Dollfuss; gli apprestarono anzi la teoria della impossibilità di combattere contemporaneamente su due fronti: quello nazista e quello social-democratico. Ora che collo scioglimento del partito dei nazi la lotta contro questi ultimi si è ridotta ad un affare di polizia, al quale del resto provvede ottimamente il Fey, mettono in giuoco tutte le forze per impedire che si passi alla fase rinnovatrice, la quale potrebbe segnare anche la loro scomparsa.

c) L'elemento più valido in questo tentativo di arresto è quello del sospetto sussurrato o dichiarato a Dollfuss che le Heimwehren intendano rafforzarsi non per preparargli una piattaforma politica ma per abbatterlo. Il ministro Fey mi ha assicurato che contro tale sospetto egli deve lottare quotidianamente, tanto pdù ora che la creazione di un corpo di protezione (,lo «Schutzkorp ~ sul quale ho già ampiamente riferito da lui voluto per assicurare alle Heimwehren una reale posizione di prestigio a fianco a Dollfuss e per allontanare i nazi da ogni speranza rivoluzionaria, gli assicura una valida posizione.

Il Principe Starhemberg ed i suoi amici vorrebbero quindi evitare che questo processo, il quale tende a riportare Dollfuss nell'abbraccio più stretto del partito cristiano-sociale e ad allontanarlo dalle Heimwehren, continui. Ad ogni buon fine, intendono evitare i compromessi e rafforzarsi, particolarmente organizzando lo Schutzkorp, ma desiderano che Dollfuss sia convinto della loro lealtà e continui in una collaborazione che, per altro, fu da lui promessa. Allorché lasciai Vienna si sperava in un imminente viaggio di Dollfuss a Roma: il ministro Fey 'ebbe a pregarmi insistentemente di fare in modo che S. E. il Capo deJ Gove<rno avesse, ne.i Suoi cn1loqui con Dollfuss, a rassLcurarlo ne1l modo più esplicito che le Heimwehren saranno buone e leali alleate del Cancelliere fino a quando egli, mantenendo le promesse fatte, si terrà su1l.a linea del rinnovamento fascista dello Stato. Di più: siccome tra i capi delle Heimwehren si era fatto parola di presentare a Dollfuss, qualora avesse continuato a dare segni di diffidenza e di incertezza, una serie di richieste alla cui accettazione fosse subordinato l'appoggio incondizionato del loro movimento, fu deciso in considerazione del prossimo viaggio romano di soprassedere. Le richieste furono però compilate dall'aiutante di Starhemberg e, da questi approvate, a me consegnate perché fosse fatta nota a S. E. il Capo del Governo la linea che le Heimwehren intendono seguire e la loro speranza di ottenere nuovo appoggio presso Dollfuss. Accludo il promemoria relativo alla politica interna e quello che si riferisce alla politica estera, nel testo originale.

Dei due, è più interessante il primo. In esso, riassumendo, si chiede: l) Un rimaneggiamento del gabinetto attuale in modo che i portafogli non siano distribuiti secondo il numero dei mandati alla Camera, ma soltanto tenendo conto del nuovo orientamento politico (1). 2) Assorbimento di tutti i partiti e riconoscimento del <<fronte patriottico~ come l'unico partito di Stato: esso dovrebbe avere un programma assolutamente fascista. 3) Affidare a commissari di governo o statali tutte le posizioni direttive finora tenute da socialisti nelle amministrazioni comunali, nelle banche, nelle so·cietà di assicurarnnni ed in tutte le altre organizzazioni e.conomtche. 4) Scioglimento immediato del fronte nazionale corporativo ed eventuale assorbimento dei membri nel fronte patriottico. Procedimenti di rigore contro le frazioni di opposizione che dovessero formarsi in seguito a tale scioglimento. 5) Assorbimento di tutti i sindacati di partito e creazione di un nuovo diritto del lavoro (carta del lavoro) tenendo presente la necessità di impadronirsi subito degli schedari dei sindacati attuali per mettersi nella possibilità di sostituire nelle diverse officine gli operai marxisti con operai fedeli.

A proposito di tali richieste tanto lo Starhemberg che il Fey ritengono che l'opinione pubblica è ormai preparata ad accettare i relativi provvedimenti e che, in ogni modo, le forze di polizia di gendarmeria collaboreranno colle Heimwehren per assicurare il rispetto e l'esecuzione dei decreti che un governo rimaneggiato con criteri più radicali degli attuali dovesse emanare. Ritengono altresì, ed è questa una constatazione esatta, che le attuali tergiversazioni hanno già alienato un po' della s-impatia che Dollfuss sl era guadagnata chiudendo il parlamento ed annunziando di voler tener conto delle necessità dei tempi. La perderebbe completamente, aggiungono, se dovesse mettersi a rimorchio delle vecchie democrazie e perderebbe anche, e definitivamente, la partita in un futuro non lontano: quando cioè i nazional-socialisti, sfruttando le delusioni, tornassero all'attacco.

Ma il viaggio del cancelliere Dollfuss è stato rinviato. Ciò pone nella necessità di esaminare se non sia possibile far pervenire per altra via ed in qual forma al Cancelliere Dollfuss suggerimenti tali che gli impediscano di adottare nel frattempo misure le quali, anche se presentate gradualmente e successivamente come successi parziali, siano destinate in definitiva a preparare qualche delusione. Da tutto quanto ho detto sopra circa le forze ed i falsi apprezzamenti attualmente in giuoco, si rileva altresì che il periodo è critico: le mezze misure potevano non preoccupare eccessivamente allorché si era in fase repressi va; potrebbero essere nocive e fors'anche fatali in fase costruttiva poiché suscettibili di creare equivoci che l'una o l'altra tendenza avversa potrebbe sfruttare.

Il governo italiano, mi si permetta di esporre questa tesi, ha il diritto di conoscere il programma di realizzazioni di Dollfuss con quella esattezza che è necessaria per giudicare le probabilità di successo. Questo perché il conflitto austro-tedesco ha le sue origini nelle questioni di politica interna dell'Austria e l'Italia deve sapere se parteggiando per l'Austria si espone inutilmente o con profitto alle eventuali conseguenze del suo atteggiamento.

Ciò mi sono permesso di dire per giungere alla conclusione che gli eventuali suggerimenti dovrebbero essere dati a Dollfuss in forma tale da lasciare quanto meno scappatoie è possibile ed in guisa da dargli chiara la sensazione che il passaggio ad una fase costruttiva lo pone di fronte a precise responsabilità internazionali.

(l) Simile rimaneggiamento è avversato da Miklas,' che lo ritiene anticostituzionale [Nota del documento].

78

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, FRANSONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3411/... (1) R. Parigi, 10 agosto 1933, ore 10,45

(per. ore 22,15). Telegramma

di V. E.

411 (2).

Ho

intrattenuto

direttore

generale affari

politici secondo

le

istruzioni

dell'E. V.

Predetto funzionario avendone subito avvertito il segretario generale, questi mi ha pregato passare da lui. Il signor Léger mi ha senz'a;ltro manifestato ~a sua profonda contrarietà pel comunicato Stefani del 9 corrente e specialmente ha osservato:

l) (capoverso 5 del comunicato Stefani versione francese). Governo f.rancese non è stato mai avve.rtito che 11 R. Governo considerava più opportuno attendere risultati di conversazioni in corso tra Roma e Berlino e dei quali Parigi non è stata informata. La sera di venerdì 4 corrente mentre il Governo francese era preoccupato delle indiscrezioni e del tono di certa stampa relativa al passo che si sapeva essere stato proposto da Londra, Governo britannico comunicò a Parigi che il nostro Governo era d'accordo sul passo da farsi a Berlino, «suggeriva, anzi data situazione che tale passo da parte francese e inglese fosse fatto subito. Vennero così impartite immediate relative istruzioni all'ambasciatore di Francia a Berlino e informata codesta ambasciata di Francia.

Ambasciatore di Francia a Berlino chiese udienza per presentare la nota a quel Governo sabato mattina ma non fu ricevuto che il susseguente lunedi.

2) (capoverso 8 del comunicato). Codesto incaricato d'affari di Francia ebbe a presentarsi «di sua iniziativa» a Palazzo Chigi lunedì 7 corrente e quel giorno in una conversazione con S. E. il capo di gabinetto gli è stato detto che sarebbe stato meglio evitare passo francese se ancora si fosse fatto in tempo, perché tale passo non avrebbe trovato terreno favorevole a Berlino (1). So,lo in occasione della conversazione in tal modo avuta dall'incaricato d'affari si è saputo da parte francese dei passi italiani a Berlino e del parere del R. Governo che sconsigliava passo francese. Ma ormai da Parigi non si poteva fare sospendere quest'ultimo che era già avvenuto. In... (2) Léger mi ha detto sapere che il R. ambasciatore a Berlino dal sabato al lunedì e cioè mentre l'ambasciatore di Francia attendeva udienza avrebbe fatto sapere al Governo tedesco che l'Italia aveva sconsigliato passo francese.

Léger mi ha parlato di tutto ciò con andmazlone e consultando di tanto in tanto l'incartamento che aveva sul tavolo. Mi ha detto che aveva avuto poco prima una conversazione con Daladier e altra per telefono con Boncour assente da Pa.rigi. In tutti loro comunicat·i Stefani, per le osservazioni soprascritte, avevano prodotto sfavorevole impressione e preoccupazioni. I risultati del!. passo fatto a Berlino, osservava Léger, possono essere apprezzati .tn un modo

-o nell'altro, ma quello che maggiormente interessa è che in questa circostanza possono essere fatti da opinione pubblica e dalla stampa rilievi poco simpatici per una azione così condotta nell'interesse comune e generale della Francia e dell'Italia specialmente se considerato in relazione agli accordi del patto a quattro. Egli a questo punto ha parlato della ratifica del patto che deve avvenire per decreto legge da sottoporre alle Camere. «Si immagini, ha detto, dopo ciò che è avvenuto in questa occasione ed il comunicato Stefani quale potrà essere discorso Herriot alla Camera dei deputati e di altri oratori al Senato dove gruppo di opposizione al patto non ha per nulla disarmato».

Léger che, ripeto, mi è parso vivamente impressionato e contrariato dal comunicato Stefani, mi ha chiesto di voler domandare a V. E. quale portata e quale valore viene attribuito al comunicato stesso dal R. Governo.

S. E. Pignatti sarà di ritorno a Parigi domani mattina venerdì.

(l) -Il numero di protocollo particolare manca. (2) -Numero particolare di pa-otocollo per Parigi del n. 73. (l) -Cfr. n. 68. (2) -Gruppo 1ndecifrato.
79

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3436/145 R. Vienna, 10 agosto 1933 (per. il 13).

Dall'effe~tuato sequestro di tutti i documenti rinvenuti nell'ufficio di propaganda nazista, di cui al mio teleposta n. 1732 del 4 agosto u.s. (1), sono emerse circostanze di particolare importanza.

Difatti, il segretario generale aggiunto signor Hornbostel mi ha informato stamani che da una prima scorsa data da lui questa notte ad una minima parte dei documenti in parola è già risultato:

l) Che questa legazione di Germania si è fatta costante tramite, a mezzo della valigia diplomatica, della corrispondenza intercorsa tra l'ufficio nazista viennese e l'ufficio centrale di Berlino.

2) Che le difficoltà burocratiche frapposte dalle autorità tedesche locali all'uso delle stazioni radio di Monaco ed altre città da parte dei propagandisti anti-austriaci, sono state sempre vinte «dal diretto intervento ed ordine del Fiihrer Hitler>.

3) Che la formazione della «legione austriaca:~> di Klosterlechfeld (mio teleposta riservato n. 1741 del 3 u.s.) (l) è rimasta altresì del tutto comprovata. Anzi, il predetto funzionario mi ha dato lettura di un brano di speciale documento nel quale è detto che la suindicata «legione:~> dovrà essere formata esclusivamente da cittadini austriaci, in guisa da evitare ogni possibile conseguenza internazionale nel caso di «serii avvenimenti». Tale espressione è interpretata come riferentesi al piano di sollevazione nazista in Austria, accennato a V. E. nel predetto mio teleposta.

4) Che niente invece è finora emerso circa le diverse incursioni aeree.

80

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI (2)

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 1544/328 R. Roma, 11 agosto 1933, ore 14,45.

Dopo le dichiarazioni di von Biilow e von Papen e la pubblicazione del comunicato Stetani che le r!Lproduceva il nuovo discorso di Habicht alla radio di

Monaco ha fatto una penosa impressione non soltanto a Vienna poiché può offrire motivo a credere che le promesse fatte all'Italia sono -state immediatamente dimenticate. Mi segnalano atteggiamento stampa viennese che riprende polemica e Dollfuss ha mostrato testo discorso Habicht al nostro ministro. Situazione è quindi tornata assai delicata e se domani Francia-Inghilterra riprendessero questione, sarebbe estremamente difficile pe'r Italia non aderire visto risultato negativo nostre amLchevoU démarches e mancato mantenimento promesse fatteci. Dica nettamente all'Auswartiges Amt che qui è in gioco serietà e prestigio Governo di Roma e che è assolutamente necessario mantenere quanto fu promesso a noi onde evitare gravi complicazioni. Mi pare che sia ora di far tacere il signor Habicht al quale non deve essere ulteriormente permesso di turbare cod suoi spmloqrui oratori la tranquilLità deU'Europa danubiana e pregiudicare la situazione politica del Reich.

(l) -Non pubblicato. (2) -Minuta autografa d! Mussollnl.
81

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3422/535 R. Berlino, 11 agosto 1933, ore 21,35 (per. ore 0,30 del 12).

Telegramma di V. E. n. 321 (1). Mi sono espresso con von Biilow nel senso delle istruzioni impartitemi, attirando attenzione sua anche sopra commenti molto acri per l'Italia dei giornali francesi di ieri. Von Biilow mi ha detto che avendo già intuito in parte da sé la situazione, aveva sino da ieri, dopo di aver preso conoscenza del comunicato Stefani, scritto al barone Neurath rilevando la necessità che si evitasse qualsiasi incidente nei riguardi dell'Austria anche per non mettere l'Italia in una situazione imbarazzante. Siccome ministro degli affari esteri si recherà domani in Baviera dal cancelliere, von BUlow gli farà rapporto telefonico della conversazione avuta meco. Egli aggiunge che Habicht era stato ieri al ministero degli affari esteri e che gli si era pure rappresentata l'assoluta necessità di evitare qualsiasi incidente. Al mio accenno che purtroppo posterionnente alle assicurazioni datemi vi era stato un morto da parte austriaca in un punto del confine, von BUlow rispose che dalle informazioni fornite dalle autorità locali sembrerebbe trattarsi di una vendetta per uccisione avvenuta mesi or sono di un nazionalsocialista tedesco. Premettendo che gli parlavo a titolo personale e non in base alle istruzioni ricevute, feci osservare pericolo delle dimostrazioni domenicali dei nazionalsocialisti che si recano sino a metà di un ponte di confine. Egli mi ringraziò della segnalazione del fatto che ignorava e che egli pure trovò pericoloso assicurandomi che lo avrebbe menzionato a Neurath.

Secondo informazioni pervenute al ministero degli affari esteri Governo inglese, pur avendo preso iniziativa del passo riterrebbe soddisfacente assicurazione data a V. E. dal Governo tedesco. Governo francese sarebbesi risentito verso quello inglese perché dopo aver insistito sulla necessità del passo e sulla sua urgenza aveva poi impartito al proprio incaricato di affari istruzioni che ne diminuivano sensibilmente portata senza renderlo edotto di modo che atteggiamento francese finì per essere più energico di quello inglese.

(l) Cfr. n. 74.

82

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3447/791 R. Londra, 11 agosto 1933 (per. il 14).

In assenza di MacDonald che sta a vìlleggiare in !scozia, di Simon che si trova addiritura in Brasile, di Eden egli pure partito per il nord (non un solo membro del Gabinetto travasi attualmente a Londra) ho esposto a Vansittart sulla base delle istruzioni verbali ricevute, il pensiero di V. E. in merito alle proposte contenute nel memorandum consegnato da Hitler a Henderson durante la visita fatta da quest'ultimo ·al cancelliere tedesco. Vansittart mi ha detto che questo Governo non può fare a meno di altamente apprezzare idee di V. E., e cioè di iniziare, sulla base del patto a quattro, conversazioni e trattative per raggiungere, prima che la conferenza del disarmo riprenda i suoi lavori, un'intesa preliminare fra le quattro potenze.

Foreign Office non è in grado di anticipare il giudizio del Governo britannico sul contenuto tecnico delle ultime proposte tedesche, che sono tuttora allo studio da parte degli uffici militari, ma nel complesso Foreign Office riconosce che Governo tedesco ha fatto molta strada per venire incontro alle esigenze francesi, e che memorandum tedesco può servire dl serda base per le prossime trattative.

Secondo Vansittart il punto difficile rimane sempre Parigi, dove l'argomento del disarmo diviene ogni giorno più motivo di intransigenza e d'asprezza. «È dunque a Parigi -dice Vansittart -che bisogna anzitutto lavorare. Io suggerirò al primo ministro di inviare Eden a Parigi circa verso la metà del settembre, e dopo avere esaminato a fondo H problema co1 francesi, Eden dovrebbe proseguire per Roma per esaminare l'ulteriore azione comune che Governo •italiano e Governo britannico potrebbero eventualmente svolgere e adottare.

Vansittart mi prega di far presente a V. E. che egli riterrebbe assai utile, nell'attesa del viaggio di Eden a Parigi, se V. E. volesse iniziare personalmente coi francesi le trattative in merito alle ultime proposte tedesche. « La parola di Mussolini -ha concluso Vansittart -è ormai assai più ascoltata a Parigi, che non quella di Londra :..

83

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3448/792 R. Londra, 11 agosto 1933 (per. il 14).

Vansittart che ho riveduto oggi mi ha dato visione di un dispaccio del ministro britannico in Vienna nel quale questi informa proprio Governo circa posizione cancelliere Dollfuss. Rappresentante britannico Vienna è di opinione che posizione politica di Dollfuss è forte in questo momento, ma che potrebbe indebolirsi sensibilmente nei prossimi mesi autunnali ove grandi potenze non considerino seriamente e rapidamente necessità soccorsi Austria nel campo economico. Vansittart non (dico non) ritiene che condizioni economia austriaca abbisognigno speciale trattamento di favore, ma è d'altra parte convinto che per rafforzare posizione Dollfuss bisogna fare assolutamente qualcosa in questo campo. Sir Ronald Graham giunto ieri a Londra (ho passato serata con lui e mi ha parlato come sempre con grande devoto affetto per il Duce e il Fascismo e mi ha riferito sulla cosi interessante conversazione avuta avanti ieri prima della sua partenza con V. E.) (l) ha informato Foreign Office intende intrattenere su questo argomento Governo francese. Vansittart ha per conto di questo Gove["no immediatamente telegrafato ambasciatore britannico Parigi perché faccia parimenti presente Governo francese necessità politica urgente esaminare problema nel senso della conversazione da V. E. avuta con Graham.

Alla fine del colloquio ho detto a Vansittart che ero assai lieto di constatare come il Governo inglese siasi finalmente deciso di considerare il problema della indipendenza dell'Austria come maggiore problema politico dell'Europa centrale in questo momento. Non potevo a meno ricordare infatti che due anni or sono il rappresentante britannico alla Corte dell'Aja votò a favore progetto unione doganale austro-tedesca, rischiando col suo appoggio alla tesi tedesca di compromettere forse irrimediabilmente esito causa da noi e da altri difesa. Non potevo inoltre dimenticare le numerose manifestazioni in favore dell'unione austro-tedesca avvenute nel passato inverno, specie alla Camera dei Comuni da parte parlamentari autorevoli. Vansittart mi ha risposto che da qualche mese in qua l'opinione pubblica britannica si è profondamente modificata e cosi pure il pensiero del Governo il quale è oggi unanime nella volontà di opporsi a qualsiasi costo ad ogni possibile tentativo da parte tedesca che tenda a realizzare in tutto o in parte direttamente o indirettamente il progetto dell'unione austro-tedesca.

«Un secolo fa -ha detto Vansittart -la Gran Bretagna ha impedito l'unione fra il Belgio e la Francia, unione che sembrava inevitabile e imminente. Oggi bisogna fare altrettanto per l'Austria e la Germania. Se le grandi Potenze d'Europa concedessero alla Germania partita vinta su questo punto, la Germania si sentirebbe autorizzata ad osare, dopo una simile vittoria qualsiasi cosa, e la situazione di Europa sarebbe di nuovo ad un tratto sconvolta,.

«Sta bene -ho risposto a Vansittart -bisogna opporsi alla Germania nella questione dell'Austria, ma opporsi in modo intelligente, calcolando cioè gli effetti della propria azione, e misurando la proporzione delle cose.

Se il Foreign Office persiste nell'errore, non appena qualche preoccupazione internazionale si manifesta, d'associarsi senz'altro all'azione quasi sempre intempestiva, maldestra e precipitosa suggerita dal Quai d'Orsay, l'azione del Governo britannico finirà, come i recenti avvenimenti hanno dimostrato, a raggiungere esattamente il contrario di quanto esso si propone di ottenere> (1).

(l) Non sl è rinvenuto 11 verbale di tale colloquio.

84

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3433/539 R. Berlino, 12 agosto 1933, ore 14,05 (per. ore 20,15).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 328 (2).

Ieri dopo conversazione telefonica con S. E. Suvich chiesi vedere von Biilow in mattinata di oggi. Essendomi stato detto che segretario di Stato affari esteri sarebbe partito da Berlino di buon'ora gli comunicai contenuto sommario di quanto avrei potuto dire più ragguagliatamente oggi. Von Biilow promise telegrafare subito a von Neurath dato che egli avrebbe veduto oggi cancelliere in Baviera.

Stamane parlai molto esplicitamente al capo ufficio indicatomi da von Biilow come suo sostituto. Egli promise di telegrafare subito dal suo lato a von Neurath.

Siccome io sarò domani a Monaco di Baviera e mi potrò fermare colà in caso di bisogno anche lunedì ho pregato questo ministero affari esteri ottenere che possa conferire con von Neurath oppure col cancelliere.

Mi riservo quindi ulteriori comunicazioni da Monaco di Baviera. Il presente teleg:ramma continua con il numero di protocollo successi.vo (3).

85

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3434/540 R. Berlino, 12 agosto 1933, ore 18,48 (per. ore 20,15).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente (4).

«Quanto precede per sua per ora I1iservata not·izia, informando che ho pregato R. ambasciatore Londra di chiedere al Foreign Office di conoscere con precisione data e esito passobritannico a Parigi in modo da accompagnarlo da analoghe raccomandazioni nostre e mantenere carattere concorde a tutta l'azione In favore dell'Indipendenza austriaca».

(-4) Cfr. n. 84.

Al ministero degli affari esteri tedesco è stato osservato che promessa data a V. E. non era quella di sopprimere propaganda con la radio bensì solo di attenuarla. Gli ho risposto che noi avevamo lasciato Governo tedesco arbitro dei termini da adoperare ma che eravamo convinti che verbo «attenuare:. fosse una espressione diplomatica avente lo stesso significato del verbo «cessare:. aggiunsi che se in Italia un Habicht qualsiasi avesse osato parlare ancora contrariamente ad una promessa data dal Capo del Governo ad uno Stato estero e amico egli sarebbe stato espulso dal partito o per lo meno trasferito a mille kilometri di distanza dal campo della sua perniciosa attività.

Mi fu allora fatto osservare che in Austria continua pure propaganda contro Germania e che Starhembe.rg in una intervista concessa al giornale Paris Midi definì Hitler assassino e terrorista. Gli ho risposto essere certo che V. E. avrebbe deplorato un simile linguaggio e che lo avrebbe fatto comprendere a Vienna.

Informo risultarmi redazioni giornali Berlino ricevettero stamane istruzioni riservate secondo le quali nessun discorso di Habicht o commento deve essere riprodotto. Parola d'ordine è che devesi considerare liquidata la questione del passo delle Potenze.

(l) Questo telegramma fu r!trasmesso da Suvlch Il 17 agosto con t. per corriere 1566 R., a Parigi e, per conoscenza, a Berlino, Budapest, Praga e Vienna, con la seguente aggiunta:

(2) -Cfr. n. 80. (3) -Cfr. n. 85.
86

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. 8149 P.R. Roma, 12 agosto 1933, ore 21.

(Per Parigi) Ho telegrafato al R. ambasciatore a Londra quanto segue:

(Per tutti) Questo incaricato d'affari d'Inghilterra è venuto a chiedere se il Governo austriaco aveva mostrato anche a noi il testo del recentissimo discorso Habicht: quale era il giudizio che ne faceva il Governo italiano e che cosa ci proponevamo di fare. È stato risposto che stiamo accertando come stanno realmente le cose e precisamente se il discorso sia, come si può supporre, anteriore alle di.rettive di moderazione promesseci dal Govemo tedesco; che ci riserviamo quindi ogni giudizio e apprezzamento fino ad aàlora. Terremo al corrente il Governo britannico dell'esito di ta:li indagini.

(Per Parigi) V. E. può, o ve lo creda, informare confidenzialmente codesto Governo di quanto precede.

87

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI (l)

T. PER CORRIERE 1551 R. Roma, 12 agosto 1933.

Come V. E. sa, Governo austriaco per fronteggiare minaccia nazista ha chiesto a Londra Parigi Roma la costituzione di uno speciale corpo di ottomila

uomini. Non avendo Austria attualmente raggiunto gli effettivi militari di 30 mila uomini accordatile da trattato San Germano, ma solo 20 mila, essa potrebbe a rigore procedere senz'altro a nuovi arruolamenti restando in limiti trattato. Dato peraltro che questo prevede condizioni di ferma e altre modalità particolarmente onerose specie dal lato finanziario, Governo austriaco ha chiesto che gli sia accordato formare nuovo corpo di ottomila uomini senza attenersi a dette modailità e dandogli poi carattere per quanto milita,re prevalentemente di organo di polizia. Di qui necessità consenso tre Potenze che di massima è stato già accordato. Modalità esecuzione cui è subordinata concessione e già concordate saranno oggetto di uno scambio di lettere con Governo austriaco. Già d'accordo su tutto viene ora sollevata da Governo britannico obiezione che sia forse più opportuno limitare validità concessione a tempo preciso di otto

-o nove o dieci mesi anziché con formula richiesta da Austria «fino alla chiusura della conferenza del disarmo,, R. -Governo a parte anche la circostanza che su tale formula primitiva era stato già dato il consenso, d'accordo con Francia e Gran Bretagna, ritiene che formula primitiva più lata sia preferibile. Infatti dato lo spirito e lo scopo per cui concessione è fatta è opportuno che Governo austriaco non debba a scadenza termine iniziare nuove domande per proroga mentre con conclusione conferenza disarmo e con adozione note proposte circa armamento austriaco questione si troverebbe già risolta e autorizzazioni da parte Potenze diverrebbero superflue.

Prego interessarsi presso codesto Governo nel senso predetto (1).

(l) Il telegramma venne inviato, per conoscenza, anche a Vienna.

88

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 1553/419 R. Roma, 13 agosto 1933, ore 13.

Rifedmento suo telegramma in data 10 corrente (2) in risposta mio telegmmma n. 411 <3).

Osservazioni francesi vanno rettificate. Anzitutto fino all'ultimo momento

non abbiamo avuto diretta comunicazione dal Governo francese del passo che

intendeva fare a Berlino e quindi abbiamo trattato soltanto con il Governo

inglese, che si era rivolto a noi. Il Governo inglese ci ha presentato il 26 luglio

la nota contenente la proposta di tale passo (4). Il 2 agosto abbiamo risposto

con la nostra nota (5) in .cui si diceva che erano in corso convensazioni amiche

voli col Governo tedesco e che avremmo riferito circa il loro esito, salvo a

concertarci poi sul da fare. Successivamente l'ambasciatore di Inghilterra ha

informato che da Londra aveva ricevuto il testo della nota da presentare al

Governo tedesco (l) e ha domandato il nostro avviso: che però dn segudto alla suddetta nota del 2 agosto, incrociatasi con la comunicazione da Londra, egli non dava seguito a tale istruzione. Chiese invece se avessimo ricevuto una risposta da Berlino. Abbiamo risposto di no, chiarendo però che ritardo era dovuto all'assenza da Berlino del cancelliere e del ministro degli esteri e che speravamo di avere quanto prima delle notizie da comunicare a lo.ro.

Successivamente J'ambas'Ciatore d'Inghill.terra ha comundcato (2) che gli ambasciatori di Francia e di Gran Bretagna a Berlino avevano ricevuto istruzioni di fare il passo ed ha dato lettura del testo della nota che in tale occasione essi avrebbero presentato. È poi venuto anche l'incaricato di affari di Francia a fare analoga comunicazione (3).

Dopo tali colloqui e prima che il passo fosse fatto abbiamo avuto notizia deLla risposta data a11 nostro ambascLatore (4), contenente le assicurazioni deil Governo tedesco. Ci siamo affrettati a comunicare le assicurazioni tedesche all'ambasciatore d'Inghilterra e all'incaricato d'affari di Francia. La conversazione con Graham (5) è avv.enuta tarrli neJJ:a mattinata di domenica. Quena con Dampierre nella mattinata di lunedì (6). (Il telegramma di Cenuti è arrivato tardi nella notte e ha finito di esser decifrato tardi nella mattinata di domenica, alcune ore dopo la visita dell'incaricato di affari di Francia).

Da tutto ciò risulta in modo positivo che da parte nostra si è tenuto costantemente al corrente la Gran Bretagna in quanto questa si era rivolta a noi, e così pure la Francia quando anche da parte sua abbiamo avuto comunicazione diretta del passo progettato: che pertanto è esatto e resta dimostrato che nei nostri colloqui abbiamo consigliato le altre Potenze ad attendere l'esito del nostro passo per stabilire poi in conseguenza il da fare: che rendendoci conto che poteva essere mancato Ll tempo indispensabile pecr:·ché nella nostra uil.tima comunicazione fosse tenuto conto nelle istruzioni inglesi e francesi a Berlino, di tale circostanza si è espressamente e esplicitamente fatta menzione nel comunicato della stampa.

(l) -L'intervento ltalLano presso l Governi francese ed inglese era stato richiesto daJla legazione d'Austria a Roma con promemoria riservato 3027 dell'Il agosto. (2) -Cfr. n. 78. (3) -I>rotocoJlo particolare per Parigi del n. 73. (4) -Cfr. n. 26. (5) -Cfr. n. 50.
89

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3443/... (7) R. Monaco di Baviera, 13 agosto 1933, ore 14,45.

Ho parlato col barone di Neurath il quale mi ha detto di aver portato a conoscenza del cancelliere mia comunicazione di ieri al ministero degli affari esteri de'l Reich (8). Ha aggiunto di aver dato lettura ad Hitller dell'ultimo discorso di Habicht. Hitler non ha trovato in quel discorso nulla che possa

(-4) Cfr. n. 58.

11 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

non essere approvato, ha confermato sue dichiarazioni di voler rispettare l trattati ma ha rpure detto che si deve lascdare ai tedesohi la libertà di fare la propaganda che ritengono necessaria in favore della revisione dei trattati stessi. Cancelliere ha ripetuto che non saranno tollerati atti di terrorismo né incursioni di aeroplani sul territorio austriaco, ma non ha assunto alcun impegno di chiudere la bocca ai propagandisti del germanesimo. Ho risposto che nella situazione presente, mentre opinione pubblica estera sta ancora discutendo con passione l'ultimo episodio diplomatico, sarebbe stato necessario serbare il massimo riserbo onde evitare che questione risorgesse. Per tale ragione aveva prodotto a V. E. impressione sfavorevole il discorso di Habicht, giacché ella aveva confidato che si fosse meglio compreso in Germania il nuovo servizio resole dall'Italia, la quale assunse essa stessa una responsabilità non indifferente.

Con una certa sorpresa mi sentii rispondere dal barone von Neurath che noi dovevamo comprendere come gli interventi negli affari altrui avessero dei limiti. Ribattei che queste parole non potevano certamente riguardare noi, perché v. E. non aveva mai pensato di intervenire negli affari interni della Germania e viceversa con l'azione diplomatica svolta che, ripetei, è tuttora oggetto tanti commenti, aveva finito per farsi quasi garante di un atteggiamento più cauto del Reich.

Barone Neurath comprendendo di avere usato una frase altrettanto infelice che priva di fondamento, mi dichiarò che tanto il cancelliere quanto egli stesso apprezzavano molto quanto fece V. E. e si rendevano conto della situazione delicata dell'Italia.

Tenne però a ripetermi che il cancelliere non intende assumere alcun impegno di far cessare i discorsi di Habicht o di altri, ancorché abbia nuovamente impa.rtito istruzioni di usare la maggiore moderazione di linguaggio.

Neurath mi ha poi pregato di riferire a V. E., a scanso di equivoci, che il cancelliere desidera farle conoscere che egli non intraprenderà alcun passo per dirimere il conflitto austro-tedesco sino a che Dolllfuss è cancelliere federale a Vienna.

(l) -Cfr. n. 47, allegato I. (2) -Cfr. n. 60. (3) -Cfr. n. 64. (5) -Cfr. n. 63. (6) -Cfr. n. 68. (7) -Manca. il numero di protocollo particolare. (8) -Cfr. nn. 84 e 85.
90

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3472/166 R. Tirana, 14 agosto 1933 (per. il 16).

Mio telegramma 163 del 1° corrente (1).

In seguito alla comunicazione da me fatta a questo ministro degli affari esteri, di cui al citato telegramma, che, come riferii, mi sembrò aver seriamente preoccupato il signor Giafer Villa e mi diede l'impressione che questo Governo avrebbe cercato di venire a più concilianti disposizioni, hanno avuto luogo vari

consigli di ministri che hanno esaminato in che maniera sarebbe stato possibile giungere ad una normalizzazione della situazione e vari agenti ufficiosi hanno cercato di mettersi in contatto con me o con funzionari di questa legazione, particolarmente (forza della abitudine) con questo R. addetto militare, cercando, certo, spingermi ad entrare in trattative basate su scambio di concessioni, ciò che avrebbe dato modo allo spirito mercanteggiatore di questo Governo di manovrare abilmente, anziché di mostrare in modo concreto la sua buona volontà di ristabilire puramente e semplicemente con opportuni atti e provvidenze lo statu quo alterato ai nostri danni.

Finalmente, essendosi constatato che il mio atteggiamento rimaneva sereno ed impassibile ed essendo forse giunta notizia delle comunicazioni fatte costà a codesto incaricruto d'affari (1), di cui l'E. V. si è compiacLuta darmi notizia col promemoria allegato al telespresso 223395/250 del 3 corrente, il noto Abdurraman Krosi, eminenza grigia di questo Governo e aniJIDa dannata del Re, dispiacendosi di non vedermi da qualche tempo, ha provocato un incontro con me, al quale mi sono prestato, tanto più che, avendo un figliuolo gravemente ammalato di malaria, mi è sembrato doveroso andare a prendere notizie. Nel corso della conversazione, che ha avuto un tono assolutamente personale ed amichevole (fungeva da interprete il colonnello Sereggi, 1° aiutante di campo del Re), il mio interlocutore è venuto a parlarmi della situazione dei rapporti fra i due paesi dicendomi che il Governo è deciso a riprendere nel modo più sincero i rapporti di piena collaborazione con l'Italia ma che al punto al quale sono giunte le cose gli è difficile poter addivenire subito all'adozione di tutti quei provvedimenti che l'Italia si attende per la piena normalizzazione dei rapporti. Mi ha pertanto pregato di dirgli, a titolo di amichevole suggerimento, quali misure sarebbero state tali che, anche se ridottissime nel numero, avrebbero potuto essere gradite a Roma in modo da iniziare quell'opera di chiarificazione che, una volta rotto il ghiaccio, sarebbe stata suscettibile di proficui risultati, nel senso che avrebbe potuto dare in successivi momenti piena soddisfazione a Roma anche negli altri campi.

Ho detto che nelle mie varie conversazioni su tale questione sia col Re, sia in particolar modo coi ministri, avevo lasciato chiaramente comprendere quali misure sarebbero state le più atte a iniziare con concrete manifestazioni quell'opera di chiarificazione di cui il Governo albanese si è così simpaticamente dichiarato desideroso. Ho aggiunto che, sempre lieto di adoperarmi per facilitare un riavvicinamento, potevo esprimergli l'avviso, a titolo di personale ed amichevole suggerimento, che un provvedimento diretto a stabilire che l'insegnamento della lingua italiana era reso obbligatorio in tutte le scuole secondarie e a far riaprire tutte le scuole confessionali, avrebbe incontrato il gradimento di Roma, e facilitato pertanto quella piena normalizzazione dei rapporti di collaborazione, che non avrebbe potuto essere raggiunta però che quando il Governo albanese avesse mostrato anche nelle altre pendenze prove concrete di buona volontà. Una volta adottati quei provvedimenti per le due questioni,

mi sarei adoperato presso il mio Governo perché esso mostrasse la sua soddisfazione sempre considerandoli come atteggiamento preliminare atto a facilitare l'attesa chiarificazione.

Il signor Abdurraman Mathi mi ha detto, dichiarando di parlarmi a titolo completamente personale, che non vi sarebbe stata certo difficoltà alcuna per l'emanazione di un provvedimento che decretasse l'obbligatorietà dell'insegnamento della lingua italiana nelle scuole secondarie, ma che la cosa si presentava assai più complessa e delicata per quanto si riferisce alla riapertura delle scuole confessionali trattandosi di questione già compromessa in seguito alla mozione così solennemente approvata con la quale vennero mutate alcune disposizioni dello statuto. Revocarle avrebbe messo gravemente in giuoco il prestigio del regime e forse la sua stessa esistenza, ciò che certamente non può essere desiderato dal Governo alleato.

Ho obbiettato che se il Governo albanese è davvero intenzionato di riprendere i suoi rapporti di cordiale collaborazione con l'Italia basati sulla piena e reciproca fiducia e pensa quindi sinceramente di ristabilire l'equilibrio da lui alterato, dovrebbe facilmente trovare il modo di vincere tale difficoltà. Gli ricordavo che il problema dell'apertura di istituti di stato in sostituzione di quelli chiusi si mostrava chiaramente di insormontabile soluzione, poiché mentre si va avvicinando l'inizio del nuovo anno scolastico si va anche rendendo sempre più evidente che il ministero della pubblica istruzione non ha la possibilità di procedere direttamente all'insegnamento di oltre 3 mila alunni, tutti quelli cioè che sono stati tolti alle scuole confessionali, a quelle private e a quelle professionali e ciò per mancanza di edifici e banchi scolastici, di professori, di testi e perfino di tipografie per poterli stampare. Se pertanto è nel pensiero del ministero della pubblica istruzione di prendere a cuore gli interessi della gioventù scolastica e di non fare coll'adozione dei nuovi provvedimenti un colossale passo indietro in materia di pubblica istruzione -ledendo anche in tal modo quel prestigio di cui il regime si preoccupa -avrebbe pur dovuto intravvedere la necessità di aprire le antiche scuoàe. Ho accennato al fatto che con detta riapertura il regime avrebbe potuto sperare in un ritorno alla tranquillità di tutta quella parte della popolazione che da quei provvedimenti ha preso un motivo di risentimento che non può essere certo gradito al regime. Ho rilevato che il Governo amico ed alleato, non poteva non seguire con la dovuta attenzione questo stato di cose e sperava pertanto vivamente che il Governo di Tirana, conscio dei suoi reali interessi, si sarebbe senz'altro deciso ad adottare il provvedimento della riapertura delle scuole ciò che avrebbe potuto reintegrare il turbato equilibrio sia nei riguardi dell'Italia sia per quanto si riferisce alla situazione interna. Gli parlavo -ho ripetuto -in tono di amichevole conversazione, ciò che mi permetteva di rivolgergli anche la viva raccomandazione di far riflettere seriamente a chi di ragione su tutto ciò e sulla responsabilità che il Governo assume facendo perdurare una situazione che tanto disagio morale e materiale crea nel paese.

Abdurraman Mathi mi ha detto che ne avrebbe parlato al Re, facendomi comprendere di intravvedere la possibilità di una favorevole soluzione con l'adozione di una formula che concilii il mantenimento delle modifiche apportate allo statuto con la riapertura degli antichi istituti e ciò nel senso che il ministero della pubblica istruzione, nella impossibilità di provvedere fin dal prossimo anno sco,lastico al!le nuove esigenze, manterrebbe aperti in via provvisoria (cioè sine die) gli antichi istituti confessionali sui quali eserciterebbe una certa forma di controllo. Ho detto che non potevo prendere nessun impegno al riguardo ma ho lasciato comprendere che se questa specie di controllo fosse chiaramente consistito in una semplice misura formale che non avesse in nessun modo alterato il funzionamento dell'insegnamento, se fosse limitato per esempio all'invio di una commissione esaminatrice a fine d'anno o a qualche visita ben definita del competente ispettore scolastico durante l'anno (in proposito avevo fatto fare precedentemente opportuni sondaggi a Scutari), avrei cercato di attirare su tale circostanza la benevola attenzione di Roma.

Dopo tale mia conversazione, che fu subito riferita al Re, ci sono stati presso il Re Zog due lunghi consigli di ministri nel seno dei quali si sono mostrate due opposte correnti, quella che, date le gravissime difficoltà che attraversa il paese, si è dichiarata disposta a c'apitolare salvando però la faccia nel senso di trovare appunto una formula che non metta facilmente in luce la capitolazione, l'altra che ha sostenuto la tesi di non cedere, nella convinzione che ogni concessione sarebbe stata inutile essendo ormai l'Italia intenzionata di modificare la sua politica nei riguardi dell'Albania, e ha insistito quindi nella necessità di assicurarsi, prima di fare qua,lsiasd concessione, che, presi i provvedimenti nel senso suindicato, ci sarebbe stata anche da parte di Roma una concreta prova di averli graditi, procedendosi per esempio, da parte della legazione, alla liquidazione dei mandati di pagamento rimasti in sospeso.

Data l'innata diffidenza della mentalità di questi dirigenti è la seconda corrente che ha prevalso. Si è deciso di dare incarico al ministro degli affari esteri di farmene opportuna comunicazione verbale impartendogli anche istruzioni di ritornare con me sulla questione della necessità di venire ad una forte riduzione delle spese militari, che avrebbe portato un grave colpo alla collaborazione fra i due paesi in questo campo delicatissimo dei rapporti italo-albanesi e ciò con l'intento di farci forse comprendere che il principale scopo dell'alleanza sarebbe venuto a mancare e che esso Governo avrebbe potuto vedere in questa necessità, in cui la sospensione della assistenza finanziaria è venuto a metterlo, un nostro voluto rallentamento dei legami di alleanza. Al ministro degli affari esteri, che senza farmi alcun accenno su quest'ultimo punto ha voluto subito parlare con me secondo le ricevute istruzioni, ho ricordato che l provvedimenti che il Governo fascista ha ragione di attendersi hanno appunto lo scopo di giungere a quella completa chiarificazione della situazione che non possa mettere dubbi a~cuni sulla «cordia~le amicizia e piena e sincera collaborazione tecnica e politica'> che aveva formato la base dei nostri accordi del trentuno; raggiunta tale chiarificazione, quegli accordi avrebbero avuto di nuovo la loro piena efficienza. Mi sorprendeva vivamente -ho aggiunto -che il Governo albanese, il quale è venuto meno verso l'Italia ai suoi impegni di collaborazione avesse l'aria quasi di dubitare della lealtà di questa. È certo che fino a quando il Governo albanese non avrà preso tutte quelle misure atte a giungere al pieno chiarimento della situazione e al ristabilimento dei normali

rapporti di collaborazione, esso non avrebbe avuto nessuna ragione di attendersi un atteggiamento diverso da quello che il R. Governo ha dovuto assumere. Circa la minacciata riduzione delle spese militari mi sono espresso nello stesso senso delle dichiarazioni fatta da S. E. Aloisi al signor Kodheli.

Da quanto precede mi sembra poter dedurre:

l. che l'aggravarsi della situazione finanziaria del Governo comincia a fare intravvedere a questi dirigenti prospettive di accomodamento dalle quali poco tempo indietro rifuggivano in modo assoluto;

2. -che, le difficoltà finanziarie in cui si dibatte questo Governo non avendo nessuna possibilità di uscita se non nella ripresa della nostra assistenza finanziaria, c'è da aspettarsi che col passar del tempo il bisogno di intendersi con l'Italia si faccia sempre più sentire e renda questo Governo sempre megllo disposto; 3. -che però si va facendo sempre più strada la convinzione che l'Italia sia decisa a non più riprendere o ad attenuare sensibilmente la sua politica di collaborazione in considerazione delle mutate condizioni politiche internazionali che avrebbero fatto perdere all'Albania il valore della sua alleanza per l'Italia e che per ciò ogni sforzo e ogni concessione fatti nell'intento di normalizzare i rapporti di collaborazione sarebbero vani e riuscirebbero in definitiva di disdoro per il regime; 4. -che generalizzandosi questa convinzione, già assai diffusa, e esacerbandosi sempre più gli animi a causa delle gravi ripercussioni che può avere all'interno l'accentuarsi della crisi e a causa delle conseguenze che i provvedimenti per porvi rimedio sarebbero capaci di provocare, la situazione potrebbe portare, come già dissi, a sviluppi diversi da quella lenta maturazione degli eventi che dovrebbe produrre la piena capitolazione che ci attendiamo. Tali sviluppi, pur non dovendoci tuttavia distogliere dalla ferma linea di condotta che il R. Governo si è proposta, sarebbe preferibile tuttavia fossero evitati fin quando ci è possibile lavorare nel senso della pressione diretta ad ottenere l'attesa capitolazione. 5. -che lasciando intendere a questo Governo che, presi i provvedimenti dell'obbligatorietà dell'insegnamento dell'italiano nelle scuole secondarie e della riapertura delle scuole confessionali, il Governo fascista mostrerebbe di gradire queste prime manifestazioni concrete della volontà di giungere ad una piena chiarificazione dei rapporti e darebbe prova da parte sua di questo gradimento con qualche tangibile atto come quello del pagamento dei mandati in sospeso, esso si sentirebbe incoraggiato a continuare negli atti di buona volontà e ne verrebbe forse affrettato il procedimento di maturazione della situazione quale è da noi desiderato.

Mi permetto pertanto pregare V. E. di volermi comunicare se vedendone la convenienza io possa lasciare intendere a questo Governo che se esso procederà ai due provvedimenti suaccennati (che fra quelli che ci attendiamo sono indubbiamente i più importanti) io mi adopererei ad ottenere da Roma la liquidazione dei mandati in sospeso. Credo inutile aggiungere che col pagamento dei mandati non viene dato nessun vero sollievo materiale alla finanza

dello Stato poiché essi sono a favore di ditte albanesi che hanno fornito merce

al Governo e sopratutto di imprese albanesi che hanno fatto lavori per conto

del prestito e devono liquidare spese e mercedi sostenute per detti lavori rima

sti improvvisamente impagati a causa della sospensione d~l prestito.

Sarò gmto a V. E. se vorrà te,legrafarmi il suo pensiero al riguardo {1).

(l) C!r. n. 45.

(l) L'incaricato d'affari d'Albania, Kodhell, aveva avuto l! 29 lugllo un colloquio con Aloisi nel corso del quale quest'ultimo aveva dichiarato che non sussisteva più a T!rana quello spirito di intima e leale collaborazione tra l due Governi che era l'esplicito presupposto e la giustificazione dell'apporto finanziarlo ltallano e che 11 Governo italiano non avrebbe ostacolato un'eventuale riduzione delle spese militari.

91

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. S. 3473/235-146 R. Bled, 14 agosto 1933 (per. il 16).

Un deputato croato del partito governativo d'accordo con altri deputati ritiene venuto il momento, a conclusione avvenuta del patto a quattro, di chiarire i rapporti itala-jugoslavi. A tal fine questo deputato intenderebbe muovere una interpellanza, a nome proprio e dei suoi amici, al ministro industria e commercio motivandola con questione indole f<inanziaria e di economia nazionale.

Sono stato richiesto di avviso e consiglio, ma mi sono limitato ascoltare.

Poiché vi è modo di incoraggiare oppure ritardare tale iniziativa prego

V. E. volermi teJegrafare, ove Io creda, possibili istruzioni (2).

92

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. CONFIDENZIALE 1558/172 R. Roma, 15 agosto 1933, ore 11.

S. E. Capo Governo ha telegrafato alla R. ambasciata a Berlino quanto segue: «come da telegramma ministeriale diretto a Berlino 1'11 corrente

n. -1544/328 » <3). V. -S. può informare in modo opportuno Dollfuss in via del tutto personale di quella parte del telegramma che precede che può interessare il cancelliere, aggiungendo però che se tra Vienna e Berlino devono subentrare (come è assolutamente necessario che avvenga) migliori rapporti, occorre anche che sia moderato tono giornali austriaci nei riguardi di Hitler ed in genere del movimento nazionalsocialista.

«Iniziativa può meritare d! essere Incoraggiata. Suo suggerimento sarà però naturalmente fatto a titolo personale ».

( 3) Cfr. n. BO.

(l) -Per la risposta cfr. n. 101. (2) -suv!ch rispose con t. 1579/97 R. del 18 agosto:
93

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. u. 3562/1704. Mosca, 15 agosto 1933.

In data 8 agosto (telespresso n. 3398/1638) (l) il R. Incaricato di Affari aveva glà segnalato alla E. V. il succedersi di manifestazioni filosovietiche da parte di questa Ambasciata di Francia. La cosa continua ed, anzi, si accentua sempre più, al punto da costituire la nota dominante dell'attuale momento politico moscovita. Tutti i Capi Missione incontrati al mio ritorno in sede, me lo hanno confermato.

Fra le manifestazioni ultime va rilevata una festa <intima:. offerta -senza occasione o motivo specifico -a Voroscilov, Commissario del Popolo alla Guerra, pur assai restio a riuniom mondane.

Proprio di questi giorni è poi arrivata a Mosca, solennemente ricevuta dall' Ambasciatore, una crociera di oltre 150 turisti francesi, fra cui varie personalità politiche. Anche questo arrivo ha dato luogo a ricevimenti e festeggiamenti franco-sovietici.

Ma il clou di questo succedersi, direi quasi incalzarsi, di manifestazioni sarà segnato dall'arrivo di Herriot. Nonostante il viaggio abbia carattere «privato:., l'Ambasciatore Alphand si recherà personalmente ad incontrare Herriot ad Odessa con lui recandosi in Crimea, Magnitogorsk, Kharkov, Kiev, etc. A Mosca, Herriot si tratterrà ben 5 giorni. Si dice che vi terrà amebe dedlle conferenze.

A prescindere dai festeggiamenti esteriori, cui si darà gran pompa, gli si prepara -onore raro e sommo -una intervista con Stalin. Litvinov, il cui congedo scade il !O settembre, ritornerà invece a Mosca circa una settimana prima, per trovarsi in funzione al suo arrivo. Si vuole insomma onorare in Herriot l'autore vero e maggiore del riavvicinamento franco-sovi~tico, l'amico di ieri e di domani, su cui l'URSS fa maggiore assegnamento per ulteriori sviluppi, poil:ittci e commerdaU, del patto franco-sovietico.

Bisognerà attendere che questa ondata passi. Dopo, le cose ritorneranno

al loro stato normale. Ma sarebbe grave errore da parte nostra far coincidere

la firma del nostro patto con l'arrivo, ormai imminente, di Herriot nell'URSS

(24 agosto: Odessa). Attendiamo che la visita si compia (6 sett.), e che Herriot

sia rientrato in Francia (10 sett.) (2).

«Per quanto concerne Il progetto di rimandare la firma a dopo la visita di Herriot sembra che dopo Il comunicato non sia nè possibile nè opportuno ritardare fino ad oltre Il lò settembre •·

(l) -Non pubblicato. (2) -su un appunto anonimo, redatto su carta Intestata del gabinetto, del 20 agosto è scritto quanto segue tn merito alla proposta di AttoHco:
94

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. PER CORRIERE 1559 R. Roma, 16 agosto 1933, ore 12.

Telegramma di V. E. n. 645 (1). Prendo atto con soddisfazione della comunicazione fattale da Vansittart che Foreign Office desidera mantenersi in stretto contatto con noi per tutte le questioni che interessano la Germania e particolarmente la questione del disarmo. Superfluo che osservi che per parte mia sono animato daLlo stesso propos[to. Resto pert,anto in attesa di conoscere il punto di vista britannico relativamente alle ultime proposte tedesche.

95

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3479/323 R. Vienna, 16 agosto 1933, ore 22,10 (per. ore 7 del 17 ). ·

Rispondo al te,legramma di V. E. n. 172 (2).

Cancelliere a cui ho comunicato a titolo del tutto personale quella parte del suddetto telegramma che poteva interessarlo, ringrazia S. E. capo del Governo per suo alto intervento.

Circa linguaggio giornali cancelliere ha notato che sua pazienza di fronte attacchi tedeschi è stata «esemplare~ e che anche in questi ultimi giorni non potrebbe dirsi che tono stampa sia stato eccessivo. Ha quindi rilevato che attacchi tedeschi, che intendono soprattutto provocare caduta attuale Governo federale, finirebbero col conseguire tale scopo se stampa ed opinione pubblica austriache non risentissero adeguata reazione. Ad ogni modo egli continuerà ispirarsi a moderazione benché recentissime notizie continuino a dargli motivo di preoccupazione. Difatti mentre serie segnalazioni dalla Svizzera indicano che autorità tedesche starebbero per camuffare, a fine di nuovi raids, 5 aeroplani dello stesso tipo di quelli qui posseduti, con numero e colori austriaci, d'altra parte restano sempre più confermate notizie relative campo di Kloster Lechfeld (mio te,legramma per corriere n. 145) (3) ed attività fuorusC'iti austriaci in Baviera.

Cancelliere mi è sembrato alquanto preoccupato e più che mai convinto che mentre Reich abbandonerà assai dlifficillmente disegni concepiti circa Austria, Hitler va sempre più dimostrando di non avere né capacità né mezzi per dominare sottocapi e militi.

Da parte mia ho insistito vivamente col cancelliere sulla necessità di usare la maggiore moderazione. Al riguardo segnalo che questione pubblica

zione documenti Reichspost (mio telegramma n. 320) (1). sta per essere risoluta nel mig"lio.r modo. Non soio canceJHere ha consentito ricevere testè questo ministro di Germania, ma anche a che si provveda in serata alla redazione, d'accordo questa legazione Germania, di un comunicato che dovrebbe apparire nella stampa tedesca.

(l) -T. 3413/645 R. del 10 agosto, non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 92. (3) -Cfr. n. 79.
96

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3482/170 R. Tirana, 17 agosto 1933, ore 10,50 (per. ore 17).

Telegmmma di V. E. n. 117 (2).

In seguito uccisione Hassan bey Pristina parmi conveniente dare intanto subito a questo Governo sensazione che interrompiamo ogni conversazione diretta a mostrare nostro interessamento e incoraggiamento che possa facilitargli intesa con noi.

Sarei pertanto d'avviso che si soprassieda a proposte di cui al mio telegramma n. 166 {3). Se V. E. condivide, giudichi anche, per dare meglio questa sensazione, non sia iJl caso che io parta intanto con la famiglia in viagg'lo di congedo (4).

97

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U. 3494/325 R. Vienna, 17 agosto 1933, ore 15 (per. ore 20,15).

Von Egger è venuto a vedermi testè. Mi ha detto a vere avuto impressione che il cancelliere desidera avere un abboccamento «presto~ ed «in qualsiasi luogo:. con S. E. capo del Governo. Ha aggiunto che tal desiderio del cancelliere è dovuto alla circostanza che divisata visita ufficiale non potrebbe essere fissata che solo dopo il 27 corrente. Von Egger mi ha pregato quindi vivamente « telefonare d'urgenza ~ a V. E. e dargli una risposta immediatamente.

Ho risposto che non potevo permettermi telefonare direttamente a V. E. e che comunque mi pareva che tale abboccamento, dopo che era stato pubblicato noto comunicato relativo visita ufficiale, non avrebbe mancato di provocare una quantità di commenti nella stampa internazionale. Al che von Egger ha

(-4) Per la risposta cfr. n. 109.

risposto, malgrado nuovo abboccamento, visita ufficiale resterebbe sempre ferma per quella data V. E. vorrà fissare.

Benché von Egger mi abbia detto ignorare precisi motivi del richiesto urgente abboccamento, pure è mia impressione che essi si riferiscano a definitive decisioni circa rapporti con la Germania.

Il fatto poi che il cancelliere non mi abbia fatto alcun cenno al predetto suo desiderio nel nostro colloquio del pomeriggio di ieri, mi lascia supporre che nuovo discorso di Habicht (mio telegramma odierno Stetani Speciale) ne sia la principale causa.

Prego V. E. farmi pervenire al più presto una risposta in materia questo ministero avendomi· rivolto le più vive raccomandazioni al riguardo.

(l) -Con t. 3462/320 P. R. del 14 agosto P""eziosi aveva informato che la Reichspost avrebbe pubblicato un numero speciale contenente alcuni documenti riguardanti 1 naz!onalsocialistl. (2) -Con t. 8250/117 P. R. del 16 agosto Quaronl aveva chiesto a Koch di telegrafare se ritenesse di mantenere le proposte contenute nel telegramma n. 166 anche dopo l'uccisione di Hassan bey Prishtina. (3) -Cfr. n. 90.
98

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3488/550 R. Parigi, 17 agosto 1933, ore 19,40 (per. ore 21,35).

A telegramma di V. E. n. 416 (1).

Mi è sembratQ o.pportmw di fare a~ Qual d'Ors•ay ~a comunicazione relativa al discorso di Habicht. Il segretario generale ne ha preso nota. Egli mi ha detto di essere infol'lffiato che le manifestazioni pe.r radio anti

austriache dalla Germania continuano. Il Governo francese segue gli avvenimenti senza nervosità ma col fermo proposito di denunziare i fatti alla S.d.N. se la Germania non desiste dalla sua azione riprovevole.

Ho espresso la fiducia nel risultato delle pratiche amichevoli di V. E. osservando che la via che la Francia si propone di seguire mi sembrava atta a acuire piuttosto che a comporre il dissidio austro-tedesco.

99

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

R. CONFIDENZIALE 4700. Parigi, 17 agosto 1933.

Ho preso norma dai teleg,rammi di S. E. il Capo del GovernQ, in data dcl 13 e del 15 co.rrente, coi nn. 419 (2) e 420 (3), per chiarire, al Quai d'Orsay, la nostra azione a Berlino.

C'è un punto che non riesce ancora chiaro ai francesi. Il 4 agosto Lord Tyrreill invitava per iscritlto i1l Governo francese di associarsi al passo da fare, l'indomani, a Berlino. Nella nota inglese precitata, del

4 corrente, è detto che l'Italla aveva già fatto un passo analogo. Il Qual d'Orsay ha desiderato ciononostante accertarsi dei sentimenti del Governo italiano e ha fatto informare Roma, l'indomani mattina 5 corrente. L'Incaricato d'Affari francese è stato ringraziato della comunicazione. Il passo a Berlino non è stato, dunque, sconsigliato fino allora. La notificazione della risposta tedesca al Signor Dampierre, il 6 mattina, non ha potuto produrre il desiderato effetto perché si verificava nello stesso momento in cui l'Ambasciatore francese a Berlino dava corso alle istruzioni di Parigi.

Il comunicato Stetani precisa lealmente la situazione del secondo tempo, ma non fa par01la de[ passo fatto a Roma per assicurarsi che il Governo italiano non aveva obiezioni a che la Francia procedesse, d'accordo con Londra, al passo in discorso. I francesi si dolgono che sia stata trascurata questa circostanza che, ai loro occhi, ha grande valore.

Di fatto la Francia si è poi trovata, a Berlino, isolata e ha preso in pieno il rabbuffo dei tedeschi. Infatti l'Incaricato d'Affari britannico a Berlino avendo avuto conosceza, a tempo, della risposta tedesca aii'Italia, ha potuto adattM'e il passo alla nuova situazione.

V'è qualcosa di più che è molto delicato a dirsi, ma che credo mio dovere di non tacere all'E. V. Il Segretario Generale del Quai d'Orsay mi ha detto confidenzialmente, 1'11 corrente, pregandoml di tenere la notizia per me che il Sottosegretario tedesco per gli Affari Esteri, rispondendo rull'Ambasciatore francese che richiamava il precedente, analogo intervento italiano, gli aveva dichiarato che il passo italiano non aveva nulla di comune con quello francobritannico. Nella sua ultima visita l'Ambasciatore italiano aveva infatti dichiarato a lui, von Biilow, che non si sarebbe associato al passo franco-britannico. La medesima dichiarazione lo stesso Ambasciatore aveva ripetuta, al Signor von BUlow, nella mattina di quel giorno di lunedì 6 corrente, per telefono.

Ho risposto a Léger essere assurdo pensare che i fatti si siano svolti secondo la versione tedesca. L'Ambasciatore italiano, è noto, non ha fatto passi. Ha avuto una serie di conversazioni a seguito dei colloqui di Roma, sullo stesso argomento. Noi abbiamo adottato, nei riguardi della Germania, ho detto al mio interlocutore, una procedura diversa da quella franco-britannica. Ci siamo detti che, per giungere a concreti risultati, bisognava tenere conto della giusta suscettibilità tedesca. Questo spiega l'azione dell'Italia, rettilinea e conseguente. Quanto alle dichiarazioni del Signor von Biilow e senza volere, né potere apprezzarle, difettando di una esatta conoscenza dei fatti, osservavo essere ovvio che la Germania cercasse di metere la zizzania fra noi e la Francia.

Sebbene il Segretario Generale mi abbia assicurato che non si servirà in nessun caso delle dichiarazioni di von Blilow, sono convinto che se ne parlerà nel prossimo Consiglio di Ministri il quale, a quel che si dice, sarà investito della vertenza austro-tedesca e dei suoi addentellati. Mi sono deciso di scriverne all'E. V. per questo, ed anche perché ieri l'Ambasciatore d'Inghllterra parlandomi del recente passo franco-britannico ha fatto allusione «à ce malheureux coup de téléphone ~. Ho finto di non capire, ma mi sono reso conto che la notizia corre. Non è escluso ch'essa possa affiorare un giorno o l'altro nella stampa.

Passo a un altro argomento che ha attinenza con quello che ho finito di tra,ttare. NeHa visita fattami ieri, prima dcilla sua partenza in congedo, Lord Tyrrell mi ha detto che il Governo francese è rimasto fortemente dispiaciuto della mancata visita di S. E. il Maresciallo Balbo, sospesa all'ultimo momento. Ha soggiunto che il cambiamento di itinerario, con esclusione della sosta a Berre, è attribuito qui, generalmente, a pressioni esercitate dalla Germania su di noi. Ho spiegato al mio Collega come sono andate le cose. Il mutamento della rotta Nord in quella Sud, rendeva tecnicamente difficile il mantenimento della tappa a Berre. Tuttavia la decisione è stata lasciata, per ovvie ragioni, al Maresciallo Balbo, il quale ha potuto far conoscere solo all'ultimo momento, che doveva tralasciare, con rincrescimento, lo scalo di Berre.

Al Quai d'Orsay nessuno mi ha parlato del disappunto francese, ma ho la sensazione che esista e che sia acuto. Nella visita che gli ho fatto al ritorno da Marsiglia, (mio teleg,ramma corriere n. 544 del 12 agosto) (1), Lèger mi ha detto che se la visita della Squadra Atlantica, a Bene, avesse avuto luogo, non si parlerebbe ormai più del:l'affare del « passo » di BeTUno.

Mi pare che quest'ultima osservazione sia da tenere presente per il giorno in cui S. E. il Capo del Governo giudicasse opportuno di fare qualcosa per fare dimenticare alla Francia il disappunto occasionatole dalla mancata visita della Squadra Altantica.

(l) -Numero particolare d! protocollo per Parigi del n. 86. (2) -Cfr. n. 88. (3) -T. n. 1557/420 R. del 14 agosto, non pubbl!cato.
100

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 3372/1806. Vienna, 17 agosto 1933.

Ho avuto oggi un lungo colloquio col Ministro della Sicurezza, Maggiore Fey. Egli è appena tornato da un lungo viaggio nelle province occidentali dell'Austria, durante il quale ha pronunciato vari discorsi, in uno dei quali ha anche prospettato l'eventuale introduzione della pena di morte e dei campi di concentramento per i nazionalsocialisti, che continuassero ad opporsi al governo ed all'indipendenza del paese.

Il Ministro si è mostrato meco più ottimista che non nel nostro ultimo colloquio (mio rapporto r'iservato n. 1647 de'l 26 luglio) (2).

Mi ha innanzi tutto confermato la sua impressione che i nazi austriaci siano in decrescenza quasi dapertutto, osservando che la prova del lo,ro declino sarebbe data dalla stessa attuale loro attività intesa ad ottenere un aiuto dal di fuori: e cioè mediante la segnalata irruzione che dovrebbero effettuare in Austria i fuorusciti attualmente concentrati in Baviera (mio telespresso riservato

n. 1741 del 3 u.s.) <l) e la ,conseguente soil:levazione dei nazisti rimasti nel paese.

Mi ha poi fatto presente d'aver dovuto modificare le sue prevenzioni contro la recente nomina a Ministro per la riforma costituzionale del dott. Ender. Difatti, in un colloquio avuto con lui nel Vorarlberg, il Fey ne ha tratto la migliore impressione, avendolo trovato animato dalle migliori intenzioni e fautore di uno Stato autoritario, a tipo fascista.

Mi ha ribadito infine la sempre più perfetta organizzazione che andrebbe assumendo lo Heimatschutz, al quale egli dedica la maggior parte della sua attività, e che avrebbe raggiunto già una così cospicua forza (mi ha accennato di nuovo a 60.000 uomini) da poter tener testa, eventualmente da soio, sìa ad irruzioni dell'al di fuori che ad un eventuale smarrimento delle forze di polizia e di gendarmeria.

Relativamente alla situazione politica interna, il Ministro Fey mi ha ripetuto quanto ebbe a dirmi nell'ultimo nostro coUoquio. * Ossia che il Cancelliere, pur essendo animato dalle migliori intenzioni, continua a lasciarsi attrarre dalle teorie democratiche del Winkler e degli esponenti più anziani del partito cristiano-sociale * (1). Cosic.ché, secondo 11 Fey, la difficoltà della situazione proverrebbe non già da una divergenza sui fini ultimi da raggiungersi, ma invece esolusivamente dalla scelta del metodo migliore da seguirsi. Come si è detto, il metodo che in oggi prevale è quello democratico, imposto dai Winkler, Buresch, Schumy e compagnia; ma il maggiore Fey si dice sicuro che tale stato di cose è del tutto temporaneo, giacché esso sarebbe destinato a permanere fino al settembre od all'ottobre prossimo, allorquando la segnalata irruzione dei fuorusciti austriaci attualmente in Baviera ed il conseguente soilevamento dei nazisti locali determinerebbero l'entrata in campo dello Heimatschutz ed il più probabile instauramento d'un regime fascista in Austria. Il quale, sempre a dire del Fey, incontrerebbe l'immediato consenso di un gran numero di nazisti tedeschi, già virtualmente disposti a coHaborare con I'Austr·ia, e forse queUo swsso dell'HitJler cui non potrebbe sfuggire l'importanza deHa contiguità, che verrebbe a formarsi fra i tre Stati a regime fascista: Italia, Austria e Germania.

Con tali previsioni il Fey ha voluto implicitamente accennare che il Cancelliere, stante il suo schietto proposito di pervenire ad uno Stato autoritario, e stante la sua natura ligia alla teoria degli «adeguati pretesti), non esiterà ad accettare il nuovo ordine di cose e ad abbandonare davanti all'ormai fatto compiuto i suoi attuali colleghi ed il loro ingombrante bagaglio democratico.

Il Ministro Fey si è mostrato convintissimo della predetta evenienza; ed anzi la sua convinzione è tale ch'egli non dà alcun valore alla questione della non ancora liquidata socialdemocrazia -da lui ritenuta di fatto ridotta al nulla -né al fatto che il Fronte Patriottico, specie dopo la sostituzione del suo primissimo attivo organizzatore dott. Kruckenhauser, è completamente snaturato sia nella composizione che nei fini.

Infatti, circa la socialdemocrazia, il Fey ha sostenuto che essa, nella prospettata eventualità d'una entrata in campo deLla Heimatschutz si dissolverà da sé; e che la snaturazione seguita dal Fronte Patriottico, al quale naturaJmente le Heimwehren continuano a non partecipare, ha fatto sì che queste ultime vedano allargare continuamente il numero delle nuove iscrizioni al loro

{l) n brano !ra asterischi fu sottolineato da Musso!lni.

movimento. A tal ultimo riguardo il Fey mi ha dichiarato che nel Salisburghese in questi ultimi tempi il numero delle Heimwehren si è raddoppiato.

Da tutto il colloquio ho tratto l'impressione che in queste ultime due o tre settimane il Fey ha acquistato una viva e profonda convinzione non solo della sua forza e del suo personale prestigio, ma anche della forza del movimento delle Heimwehren. Ciò pertanto, e malgrado la dichiarazione del Fey circa la probabile adesione del Cancelliere di fronte all'impellente necessità della situazione ho l<a sensazione che tutto quanto precede non va~ga ad escludere J'ipotesi che ho sottoposta a V. E. con il mio rapporto riservato n. 1569 del 19 luglio (1), allorché nel prospettare la probabile divergenza fra il Cancelliere e le Heimwehren, aggiungevo che «se questa volta il conflitto sorgerà, sarà un conflitto di idee, e pea:ciò meno facile a comporsi)), E non escluderei che nei motivi che determinano il Cancelliere a sollecitare un abboccamento con V. E., possa anche esservi l'idea di esaminare la questione qui innanzi accennata.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 28.
101

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. PER CORRIERE 1575 R. Roma, 18 agosto 1933, ore 10.

Suo telegramma per corriere 14 corr. n. 166 (2).

Le conversazioni che el:la ha avuto con Abdurraman Krosi e Giafer Villa stanno a dimostrare che la politica di pacata fermezza adottata dal R. Governo nei riguardi di quello albanese comincia a dare i suoi frutti. Sono quindi in massima di avviso che, pur senza mostrare una eccessiva rigidezza da parte nostra, ci convenga di insistere.

Questo ministero si rende d'altra parte conto della opportunità di non lasciar troppo affermarsi costà il convincimento che la migliore situazione politica internazionale porti l'Italia a volersi completamente disinteressare delle cose di Albania. Non è male che in codesti circoli vi sia un po' di preoccupazione a tale riguardo; la paventata eventualità che l'Itrulia li abbandoni a se stessi costringerà gli albanesi a riesaminare obiettivamente la loro posizione ed a comprendere finalmente quale valore abbiano per l'Albania l'alleanza e l'amicizia italiana. Non è, però, prudente, come la S. V. giustamente rileva, esacerbare troppo gli animi e spingerli alla disperazione con il rischio che l'aggravarsi della situazione porti nel paese e nel regime a sviluppi troppo precipitati, e, per il momento almeno, non del tutto opportuni.

Questo ministero non sarebbe quindi alieno in linea di massima dal prendere in considerazione le nuove proposte accennate nel telegramma sopracitato, tanto più che, secondo quanto è detto in esso non vi è da temere che il

pagamento dei mandati in sospeso e già approvati dalla commissione del prestito possa in se stesso dare un sensibile sollievo alle finanze albanesi, specialmente se nella sua applicazione si sorveglierà attentamente che le somme all'uopo erogate non vengano da codesto Governo distratte ad altri scopi.

È però da osservare che, sebbene effettivamente trattisi di due questioni distinte, la ripresa dei pagamenti da parte nostra, quali che siano le riserve che la S. V. possa fare, potrebbe essere interpretata da codesto Governo e da codesta opinione pubblica come una ripresa del servizio deJ prestito. V. S. vorrà quindi mettere bene in chiaro che la liquidazione dei mandati in sospeso non è che un primo atto amichevole da parte nostra inteso a rispondere ai provvedimenti adottati e che noi consideriamo quale prima manifestazione concreta delle buone disposizioni del Governo albanese. Esso non significa però -e questo

V. S. dovrà trovare il modo di farlo chiaramente comprendere anche alla opinione pubblica albanese -una ripresa integrale del regolare servizio del prestito decennale, la quale non potrà aver luogo fino a che non siano state preventivamente risolte tutte le altre questioni pendenti con il Governo albanese (e cioè: situazione delle scuole professionali ed in particolare di quella di Scutari, posizione dei nostri organizzatori, questione della pesca nelle acque territoriali, SESA, pagamento delle ditte italiane creditrici del Governo albanese ecc.).

Occorre pure che sia preventivamente risolta la questione del riassestamento del bilancio albanese con particolare riguardo alle economie che sono state da noi suggerite per l'esercito, la gendarmeria, gli organizzatori stranieri ecc., nonché tutte le altre particolari questioni che erano state concordate all'epoca dei negoziati per il prestito ed a cui da parte albanese non si è data finora che parziale esecuzione. È superfluo poi aggiungere che nel riordinamento del bilancio albanese deve essere anche compreso lo stanziamento di una congrua somma per il servizio del prestito S.V.E.A.

Solo qualora da parte di codesto Governo si sia seriamente decisi a mettersi su questa strada e si sieno date alla S. V. assicurazioni più precise delle solite frasi vaghe e non impegnative, ella potrà far comprendere che il Governo italiano non sarebbe alieno dall'autorizzare il pagamento dei mandati emessi, dopo che da parte del Governo albanese fossero state felicemente risolte le due questioni preliminari dell'obbligatorietà dell'insegnamento della lingua italiana nelle scuole secondarie e della riapertura delle scuole confessionali. Per felice soluzione però non s'intende una promessa per quanto solennemente fatta, ma l'emanazione di provvedimenti legislativi od esecutivi che consentano la immediata applicazione degli impegni del Governo albanese.

Lascio poi alla S. V. di giudicare circa il momento più opportuno in cui convenga comunicare ciò a'l Governo albanese. L'uccisione di Hassan bey Pristina, a tutti noto quale nostro amico e sussidiato, non può certamente non aver suscitato costà assai impressione ed essere interpretata come una indiretta offesa a noi fatta dal Re. Data quindi la mentalità del popolo albanese, le sue idee tradizionali circa gli obblighi dell'amicizia e le vendette di sangue, la S. V. vedrà se ci convenga fare questo primo atto di conciliazione con Zog proprio all'indomani dell'uccisione di un nostro amico, avvenuta, secondo l'opinione più diffusa, per ordine del Re.

(l) -Cfr. n. 5. (2) -Cfr. n. 90.
102

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. P. 1576/176 R. Roma, 18 agosto 1933, ore 11,30.

Era mia intenzione di inviare al cancelliere Dollfuss una lettera sulla situazione interna dell'Austria che non mi lascia tranquillo e soddisfatto. Ci sono sintomi inquietanti come quello che il cancelliere non sia riuscito ad imporre l'unione di tutte le forze patriottiche in un fronte che sia al di sopra dei partiti. D'altro canto uomini che rappresentano meglio le nuove tendenze e che sono accetti al movimento giovanile come Starhemberg e Steidle non fanno parte del Governo, mentre questo si appoggia sempre più a sinistra con uomini come Buresch, Ender e Schumy.

Anche la libertà lasciata alla stampa socialista (vedi fra altro il recente articoio dell'Arbeiter Zeitung contro Balbo) sta a dimostrare che la tendenza ad una fascistizzazione dell'Austria, che è uno dei capisaldi della nostra amicizia verso codesto paese, non fa alcun progresso. È evidente che per noi la difesa dell'Austria di fronte agli attacchi del nazionalsocialismo diviene molto più difficile se Austria segue una tendenza di sinistra.

Queste considerazioni principali integrate da altre su tutto l'andamento della politica interna austriaca avrebbero dovuto formare oggetto della mia lettera. Ho ritenuto però più opportuno sospenderne l'invio riservandomi di intrattenere il cancelliere a voce su questi argomenti.

V. S. vorrà, nel comunicare al cancelliere la sospensione dell'invio della lettera, renderlo edotto, nella forma opportuna, delle ragioni per cui io penso che se non si dà un vigoroso colpo di barra tutti gli sforzi di questi ultimi mesi andranno perduti.

103

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 1577/339 R. Roma, 18 agosto 1933, ore 11,10.

Richiamo sua attenzione su avvenimenti prossimi che possono esercitare influenza nei rapporti fra Italia e Germania. Avvenimenti sono viaggio Dollfuss a Roma che dovrebbe avvenire principio settembre, assemblea della S.d.N. che si riunirà alla fine di settembre e successivamente riunione commissione generale disarmo decisa per metà ottobre.

Intendo parlare con Dollfuss quando verrà a Roma sopratutto dei rapporti fra l'Austria e la Germania continuando mia opera per pacificazione fra due paesi. Sarebbe per me evidentemente di grande interesse conoscere quali condizioni Germania metterebbe innanzi per giungere a auspicata détente, sempre naturalmente su base riconoscimento assoluta indipendenza Austria.

12 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Telegramma da Monaco di V. E. del 13 corrente (l) dà impressione di una intransigenza germanica non facilmente superabile. Tuttavia ritengo che due considerazioni debbano influire su direttive tedesche in tale questione portando Governo Reich a più miti consigli: l) evitare assemblea Società Nazioni discussione su attacchi germanici contro Austria, ciò che potrebbe portare molto lontano e metterebbe ItaHa stessa in una situazione molto delicata pe.r continuare l'atteggiamento amichevole verso la Germania che ha mantenuto nelle trattative di tale spinosa questione;

2° -è evidente che quando fosse levata di mezzo la questione austriaca, la Germania troverebbe una atmosfera migliore da parte della Francia e dell'Inghilterra per trattare le questioni del disarmo alle quali sono legati interessi fondamentali e vitali per la Germania.

Voglia l'E. V. al momento e in forma opportuna far presenti tali considerazioni per sentire se le stesse possano influire su atteggiamento tedesco nei riguardi dell'Austria. * Compiuta questa indagine io ritengo che l'atteggiamento di V. E. nei confronti dei cinque ministri che fanno o disfanno la politica estera del Reich, debba entrare in un periodo di riservatezza, di osservazione e di attesa. È tempo che loro cerchino noi e non deve apparire viceversa.

Attendo una risposta * (2).

104

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, QUARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 18 agosto 1933.

L'Incaricato d'Affari d'Inghilterra mi ha consegnato l'acclusa nota relativa agli 8 mila uomini di polizia per l'Austria (3), aggiungendo che H Foreign Office desidererebbe avere una nostra risposta al più presto.

Premettendo di non avere precise istruzioni dal suo Governo, al riguardo e di parlare piuttosto a titolo personale, mi ha detto di aver ricevuto nella mattinata un telegramma dalla Legazione britannica a Vienna. Il Ministro britannico considererebbe con un grave pessimismo la situazione interna austriaca e sarebbe di avviso che Dollfuss potrà reggere solo per pochissimo tempo ancora. Mi ha aggiunto che hl Foreign Office ritiene la questione austriaca e per conseguenza, la questione danubiana come la più urgente questione attualmente

«6. For the sake of a speedy solution, whlch seems to be all lmportant from the polnt of view of the Austrian Governement, His Majesty's Chargé d'Affaires in Vlenna has now been instructed strongly to recommend to the Austrian Government to accept the limlt of one year, more especially since the proposed agreement gives them the right to ask for a pro!ongatlon at the end of this perlod if circumstances stili require !t.

7. His Majesty's Embassy have the honour, under lnstructions, to enquire whether the Royal Italian Government for their part would be prepared to take slmilar actlon in Vlenna with a view to hastening a settlement, and whether they will in addition agree that the speediest method of obtaining an agreement will be to entrust the task of draftlng lt to the French Ministry of Foreign Affa!rs and the Austrian Minlster In Paris ».

sul tappeto. Il tempo che si ha a disposizione per decidere sul da farsi è brevissimo: «è probabilmente questione di poche settimane» mi ha detto testualmente. Nulla è possibile fare se non si sia realizzato in proposito un accordo itala-francese, che è la base necessaria perché si possa trattare per un accordo generale, fra tutte le potenze interessate, inclusa la Germania, sulla questione danubiana. Mi ha chiesto se noi avessimo preso contatto in proposito con il nuovo Ambasciatore francese ed in generale quali fossero le nostre intenzioni.

Mi sono limitato a rispondergli che, secondo le nostre informazioni, l'estremo pessimismo del Ministro britannico a Vienna non ci sembrava giustificato. S. E. il Capo del Governo aveva parlato a Graham sulla questione austriaca: questi ne aveva intrattenuto secondo quanto ci risultava il Foreign Office il quale aveva dato istruzioni al suo Ambasciatore a Parigi di parlarne col Quai d'Orsay.

(l) -Cfr. n. 89. (2) -Il brano fra asterischi è di pugno di Mussolini. (3) -Di tale nota verbale si pubblica solo il brano finale:
105

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

APPUNTO S. .. . (1).

Morreale prima di ripartire desidererebbe avere direttive in merito ai seguenti punti:

l) Vi è nessuna modificazione da apportare al programma della visita del Principe Starhemberg a Roma, già decisa? Lo Starhemberg di proporrebbe di venire a Roma nella settimana tra il 3 ed il 10 di settembre. Ora, in considerazione del rinvio dena visita del Cancemer:e Dollfuss si ritiene ancora opportuno tale periodo? In altri termini: si desidera distanziare {2) o tenere vicine le due visite?

2) Il Ministro Fey si propone di dare impulso alla organizzazione effettiva dello Schutzkorp in modo da aumentare il peso reale delle Heimwehren. Starhemberg è d'accordo: egli avrebbe la intenzione di spendere mezzo milione di scellini per rimettere a posto l'uniforme di venticinquemila uomini (soltanto: giacca a vento, pantaloni e cinturone) ritenendo che il resto degli uomini fino a cinquanta sessantamila sia equipaggiato sufficientemente. Il Ministro Fey, col quale ho parlato pure della cosa propende a spendere la stessa cifra per il completo equipaggiamento (scarpe comprese) di un numero molto meno rilevante e per il mantenimento in servizio di esso in modo da far funzionare efficacemente milizie speciali delle Heimwehren (ferroviarie e di confine). I fondi occorrenti ci sono: occorre però tener presente che si verrebbe a dare un buon colpo alla somma ancora in cassa (che è di un milione e settecentomila lire circa).

In ogni modo sarei del parere di sostenere la tesi di Fey Clo Starhemberg credo vi accederebbe, del resto, senza difficoltà) e ciò per non allarmare con una organizzazione troppo numerosa di milizie le correnti oppos,te, già allarmate del resto dailla creazione deillo Schutzkorp.

3) Il Cancelliere Donfuss avrebbe già manifestato al Princ.Lpe Starhemberg il proposito di indire nel prossimo settembre ed in occasione del congresso cattolico di Vienna, una grande manifes,tazione di tutte le forze patriottiche, Heimwehren comprese. Provvederebbe lui stesso alle spese di trasporto alla capitale, che sono le più forti. Ho già detto a Starhemberg di non mostrarsi troppo tenero per ta.le progetto: le Heimwehren hanno già fatto, il 14 maggio, una manifestazione di orza, esse non hanno, ne1l momento attuale alcun interesse a compromettersi col «fronte patriottico » a meno che DoUfuss non pensi in precedenza ad organizzare ta,le «f,ronte » in modo corrispondente ai postulati deUe Heimwehren. Starhemberg dovrebbe quindi C(}ntrattare la propria adesione per ottenere da DoLlfuss la definitiva sistemazione del «f:ronte » suddetto. Tali direttive trovano l'approvazione di V. E.? Devo insistere su di esse?

4) V. E. ha mostrato al Reichel (aiutante di Starhemberg) di interessarsi alla questione di una partecipazione dell'Italia alla società di navigazione aerea commerciale austriaca. Nell'accluso foglietto espongo come stanno le cose allo stato attuale. Per andare avanti occorrerebbe avere conferma dell'interessamento italiano e preparare lo studio della faccenda da parte nostra in modo da farne argomento di conversazione con Dollfuss in occasione del suo prossimo viaggio e vincerne l'opposizione, ch'io non so a cosa sia dovuta (probabilmente al desiderio di non aumentare le ragioni di contrasto colla Germania).

5) V. E. ha detto al Reichel di interessarsi alla partecipazione italiana alla costruzione di una strada in Austria che però non ebbe occasione di specificare. Di che cosa si tratta? (1).

(l) -L'appunto è privo di data, si inserisce sotto il 18 agosto poichè è certamente anteriore alla visita in Italia di Dollfuss del 19 agosto. (2) -Annotazioni a margine di Mussolini: «distanziare» «nel settembre».
106

APPUNTO (2)

Roma, 19 agosto 1933, mattina.

II Ministro Preziosi telefona:

Il Governo austriaco ha ritenuto di dover informare in via confidenziale del viaggio di Dollfuss a Riccione (3) i Ministri di Francia e di Ungheria.

2) -Non saremmo di massima favorevoli a spendere pea-ora una tale cifra -se mal dovrebbe essere almeno ridotta. Ma la questione potrà essere più opportunamente riesamlnata dopo la visita di Starhemberg.

3) -Siamo d'accordo nella linea proposta. 4) -Siamo favorevoli -Cl interessiamo presso la nostra Aeronautica per una partecipazione di nostre compagnie di aviazione. 5) -Si tratta della strada del Grossglockner per cui si Interessa Il Cancelliere Dollfuss. Cl occupiamo della cosa con riserva di ulteriori notizie più precise».

«E' venuto stamane l'Incaricato d'Affari dl Ungheria per chiedere quale fosse 11 motivo dell'anticipata visita d! Dollfuss al Capo del Governo e se vi fossero fatti nuovi che avessero giustificato questo improvviso viaggio.

Gli ho risposto che, pea-quanto io potessi conoscere, la visita, benchè da vario tempo annunziata, era stata anche per noi improvvisamente decisa. Tuttavia, per quanto lo sapessi, tranne le solite manifestazioni tedesche per radio, non vi era alcun fatto nuovo che potesse

D Cancelliere è d'acco1.1do con noi nel ritenere opportuno di non parlare

per ora del suo viaggio su cui si potrà dare un comunicato -che dovrebbe

esser concordato a Riccione -tra un giorno o due, dopo l'incontro.

Il Ministro Preziosi avverte però che la notizia è già trapelata e che vari

giornalisti chiedono informazioni al riguardo. Anche l'Incaricato d'Affari ceco

slovacco lo sa.

Inoltre il Ministro Preziosi informa che uno degli argomenti -e forse il più urgente -su cui Dollfuss intende intrattenere il Capo del Governo è il concentramento di fuorusciti austriaci a Lager Lechfeld in Baviera.

Anche il Ministro di Francia ne ha intrattenuto Preziosi, mostrandosene

molto preoccupato.

Successivamente il Ministro Preziosi ha ritelefonato informando di aver parlato con il Cancelliere il quale gli ha detto che poiché la notizia del suo viaggio è ormai trapelata negli ambienti diplomatici e giornalistici di Vienna, sarebbe d'avviso di dare un comunicato ai giornali prima di partire per Riccione.

Il comunicato suonerebbe a un dipresso così: «Il Cancelliere Federale essendo stato informato che S. E. Mussolini si tratterrà oggi e domani a Riccione e che lo vedrebbe volentieri, parte oggi in aeroplano per Rimini~

Il Ministro Preziosi ha pregato il Cancelliere di aspettare a dare il comunicato fin quando conoscerà l'avviso al riguardo di S. E. Mussolini.

(l) All'appunto Suvlch dette la seguente risposta: «In relazione al Suo appunto lasciato prima della Sua partenza sono In grado di rispondere nel modo che segue al suoi quesiti: l) -E' opportuno che visite Starhemberg e Dollfuss abbiano luogo nel settembre ma distanziate.

(2) -L'appunto, anonimo, è redatto su carta intestata del Gabinetto. Esiste anche la minuta, di mano non identificata. (3) -Non si è trovata documentazione sulla improvvisa decisione del viaggio di DoUfuss. Cfr. In proposito il seguente appunto di Copplnl per Quaronl del 20 agosto:
107

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3520/330 R. Vienna, 19 agosto 1933, ore 19,55 (per. ore 22,45).

Mio collega Francia tornato ieri dal Tirolo e da Salisburgo, dove si è recato per rendersi conto della situazione locale (e ciò mi riprometto fare pure io appena possibile) è venuto subito a dirmi:

l o -che mentre in Tirolo la situazione è discreta, nel Salisburgo lascia molto a desiderare; 2° -che ha notato dappertutto la mancanza di quello slancio patriottico che si andava formando nel paese qualche settimana fa; 3° -che è sua impressione essere giunta l'ora di esaminare seriamente eventualità di un ricorso alla S.d.N.;

4° -che infine comincia apparirgli urgente scambio di vedute fra Roma Londra e Parigi circa modo con cui dovrebbero essere fronteggiate eventuali incursioni della legione austriaca concentrata presso frontiera orientale Kloster Lechfeld (mio telespresso 1741 del 3 corr.) (1). Ho risposto che eravamo d'accordo sui punti primo e secondo, che circa il terzo era da valutarne previa-

provocare l'anticipata visita del Cancelliere austriaco In Italia. Dovevo piuttosto pensare che Il signor Dollfuss non desiderasse protrarre fino al primi di settembre la visita al Capo del Governo, Il quale nel prossimi giorni avrebbe dovuto assentarsi per partecipare alle grandl manove ».

mente esatta portata (ed il mio collega ha subito ammesso che la questione era delicatissima e che andava attentamente vagliata); che circa il numero quarto, le informazioni ufficiali assegnavano per il momento relativa importanza al concentramento, nei cui riguardi si assicurava altresì essere state prese opportune misure precauzionali.

Mio collega ha poi spontaneamente accennato all'opportunità che questa stampa non esageri portata incidente col Reich in guisa che la situazione interna s'inasprisca maggiormente.

(l) Non pubblicato.

108

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, QUARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 19 agosto 1933.

L'Incaricato d'Affari britannico è venuto a darmi lettura di due telegrammi ricevuti da Londra sulla questione austriaca.

Il Governo inglese è informato da varie fonti indipendenti l'una dall'altra della imminenza di un Putsch germanico contro l'Austria. Il Putsch dovrebbe aver luogo il 5 settembre e vi dovrebbero prender parte in maggioranza nazional-socialisti austriaci, che attualmente seguono corsi d'istruzione alla frontiera Bavarese, inquadrati e rafforzati da elementi tedeschi. Scopo del Putsch sarebbe quello di impadronirsi di sorpresa di Innsbruck, facendo giustizia sommaria di tutti gli elementi dirigenti contrari al nazional-socialismo, raccogliere il maggior numero di aderenti possibile, e marciare su Vienna.

Il Governo inglese sembra assolutamente persuaso dell'esattezza delle sue informazioni e della realtà del pericolo che a suo avviso domanda un'azione immediata. II Governo inglese ritiene che un colpo di mano che portasse al potere i nazional-socialisti in Austria, metterebbe le Potenze ex-alleate in una posizione difficile, inquantoché sulla base dei Trattati vigenti esse non avrebbero giustificazioni gimidiche per intervenire, mentre poi in pratica J'Anschluss sarebbe realizzato in questa forma.

Secondo le informazioni del Governo inglese le truppe austriache di copertura di frontiera sono assolutamente insufficienti allo scopo. Le Heimwehren presenti nel Tirolo sono in buon numero, animate da spirito combattivo, ma sono del tutto sfornite di armi e di equipaggiamento. In vista della gravità della situazione e della necessità di mettere il Governo austriaco nella possibilità di far fronte agli eventi il Governo inglese suggerirebbe che in attesa che sia data forma giuridica all'accordo relativo alla forza suppletiva di 8.000 uomini il Governo austriaco fosse autorizzato fin d'ora a dare inizio agli armamenti. Desidererebbe conoscere d'urgenza il pensiero del Governo italiano al riguardo. Analogo passo viene fatto a Parigi (1).

(l) Un'annotazione a margine di Jacomoni dice: «20 agosto. S. E. Suvich comunica da Rlcoione di fare al più presto la comunicazione In senso affermativo». E un'alt,ra più sotto: «Provvede Quaroni. 20.8.XI ».

109

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. U. 1583/123 R. Roma, 20 agosto 1933, ore 16,30.

Suo telegramma n. 170 ( 1). Con prossimo corriere le perverranno istruzioni relative suo telegramma per corriere 166 (2).

Non ritengo però possibile solidarizzarsi ufficialmente con la causa degli emigrati politici fino al punto da interrompere ogni sorta di trattative a causa assassinio Hassan bey Pristina. Ciò potrebbe dare costà impressione che attitudine ferma Governo italiano non è diretta a difesa situazione prestigio italiano in .Allbania, ma a provocare mutamenti di regime; impressione, che come è stato convenuto in recenti colloqui avuti dalla S. V. qui in Roma, è necessario evitare.

Uccisione Hassan bey Pristina deve essere piuttosto considerata da noi come indizio di disposizioni ambigue di codesto Governo nei nostri riguardi.

E la S. V. ne terrà conto sia nella scelta del tempo in cui le converrà di raccogliere, sulla base delle istruzioni che le sono inviate, le proposte accennate da Abdurraman Krosi e Gjafer Villa e sia soprattubto per quanto concerne la necessità di nulla concedere da parte nostra finché intenzioni Governo albanese non avranno preso forma precisa di provvedimenti (3).

110

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3546/152 R. Vtenna, 20 agosto 1933 (per. il 23).

Ho ripreso stamane col ministro Fey il nostro colloquio di giovedì scorso (mio rapporto >riservatissimo n. 1806 del 17 co11rente) (4). Abbiamo considerato in particolar modo il «fronte patriottico».

Il mio interlocutore mi ha confermato innanzi tutto che le Heimwehren non vi hanno ancora aderito, ripetendomi quanto ebbe a dirmi già il principe Starhemberg (mio rapporto n. 1569 del 19 11uglio u.s.) (5).

Sviluppando le dette ragioni, il ministro Fey ha insistito sul punto che Dollfuss, sotto le note influenze, rischia di fare di detto fronte una specie di calderone governato col mestolo cristiano-sociale, e che pertanto, in tali condizioni, l'adesione delle Heimwehren significherebbe un vero e proprio suicidio.

Senonché -egli ha aggiunto, qualora dovessero prevalere le tendenze dei cristiano-sociali, esse sarebbero probabilmente destinate ad avere un ben sca.rso successo. Difatti, come già è avvenuto in Stiria, tre elementi essenziali, e cioè

(-3) Per la risposta cfr. n. 118.

( 4) Cfr. n. 100.

l'associazione degli ufficiali in congedo, le società composte degli appartenenti ai vari reggimenti storici dell'antica monarchia, e le « Sturmscharen », che poi sono le organizzazioni giovanili cristiano-sociali create dal ministro Schuschnigg, mostrano sempre più di voJe,r formare da sole un 'loro p.ropr,io « fronte patriottico », pur essendo disposte ad accogliere nelle loro file socialdemocratici e nazionalsocialisti, che, delusi dall'attività svolta dai loro partiti, ne facciano richiesta, escludendone però i capi e le adesioni in massa.

Il ministro Fey ha tenuto a mettere bene in luce che i tre suindicati elementi, pur non essendo direttamente alle sue dipendenze, fanno essenzialmente capo a lui Fey, che ne viene così indirettamente ad avere la direzione morale, per non dire sostanziale.

Inoltre il Fey ha sostenuto che un movimento simile a quello che si verifica nella Stiria è destinato ad estendersi in quasi tutte le altre regioni, e sempre sotto la sua ispirazione od indiretta direzione.

D'altra parte il signor Winkler, a nome del Landbund, si oppone alla vecchia idea che il «fronte patriottico :~> debba formarsi e funzionare sotto la presidenza del cancelliere e la vice-presidenza del principe Starhemberg, sostenendo invece che il predetto fronte, se vuole avere anche l'adesione del Landbund, dovrà essere diretto non già da singole persone, ma da un direttorio composto da Dollfuss, Starhemberg e da lui Winkler. Devo però aggiungere che questi sforzi del Winkler non hanno trovato per il momento grande simpatia presso il cancelliere, il quale si rende ben conto malgrado le influenze che esercitano su di lui il Winkler e lo stesso suo partito (il Bauernbund), che le fortune del fronte sono legate esclusivamente alla realizzazione del primitivo piano.

Da quanto precede risulta dunque che, pel momento, il «fronte patriottico », privato del suo primitivo organizzatore Kruckenhauser (vittima dei cristianosociali, che lo ritengono un pericoloso organizzatore fascista), e messo sotto la direzione amministrativa del signor Kentner, segretario privato del cancelliere, e creatura dei cristiano-sociali, è un movimento politico potenziale, dal quale rifuggono, per ragioni opposte, e le Heimwehren ed il Landbund.

Senonché l'inquadramento esiste, e, secondo le mie informazioni Cmio telespresso n. 1837 in data odierna) (l) in quasi tutte le provinc.ie i maggiori OTganizzatori del «fronte patriottico» sono favorevoli all'idea di un sano e reale movimento patriottico. Mi è stato affermato da moltissime parti che qualora dovesse prevalNe la tendenza del Winkler, e l'attuale indirizzo, gli elementi che finora hanno ad esso aderito, f·inirebbero col passare a1le Heimwehren. In ogni caso queste ultime conterebbero anche su detti elementi per que~ movimento rivoluzionario che eventualmente intraprendessero per una reale fascistizzazione dello Stato.

Ma, ripeto, l'ultima parola non è ancora detta; e non deve escludersi che il cancelliere -il quale ben sa che se gli è possibile governare senza il Landbund, aUrettanto non sarebbe il caso se lo abbandonassero le Heimwehren possa finire col cambiare di rotta, dando formalmente al «fronte patriottico » il carattere che gli è proprio. I prossimi giorni saranno decisivi, e le Heimwehren sono determinate a fare prevalere il loro punto di vista.

(l) -Cfr. n. 96. (2) -Cfr. n. 90.

(5) Cfr. n. 5.

(l) Non pubblicato.

111

COLLOQUI FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS

APPUNTO. Riccione, 19-20 agosto 1933.

Circa i vari punti delle considerazioni sottopostegli, (allegato), si osserva:

ad l) Dollfuss è d'accordo.

ad 2) Parte generale -d'accordo. Il discorso calcola di poterlo tenere 1'11 settembre in occasione della celebrazione della vittoria sotto le mura di Vienna contro l'esercito turco.

ad a) Dollfuss osserva: Steidle non è un amministratore e quindi non gli può affidare la direzione di un Ministero come quello della giustizia; d'altra parte egli è indispensabHe come ca-po della pubblica sicurezza in Tirolo.

Il Capo del Governo ritiene che queste considerazioni siano di carattere secondario di fronte all'.importanza politica ad avere nel governo Steidle, che ha la fiducia della gioventù austriaca ed è ferito per la causa nazionale. Egli ritiene che Steidle potrebbe avere un incarico di governo pur rimanendo nel suo attuale posto di capo della polizia del Tirolo. Dollfuss pensa che forse gli potrebbe affidare il Ministero della Propaganda.

Confida che il Capo del Governo si rimetta in lui per la possibilità ed il momento opportuno per un tale provvedimento.

In quanto a Starhemberg Dollfuss ritiene che egli non abbia nessun desiderio di entrare nel Governo perché ha bisogno di avere le mani completamente libere assumendo anche, se necessario, atteggiamenti non coinpatibi1i con una carica di governo. In complesso egli vede però molto volentieri tanto l'uno che l'altro e quindi le sue obiezioni non hanno nessun carattere di minore fiducia verso le loro persone e le loro tendenze politiche. Certamente egli deve però preoccuparsi del partito cristiano-sociale che forse da noi è sottovalutato nella sua importanza poHtd,ca e che è invece una base indispensabile per ogni sua azione di governo.

ad b) Dollfuss è d'accordo: bisogna però procedere per tempi. Intanto egli farà una grande adunata in cui si dimostrerà la fusione di tutte queste forze.

ad c) Dollfuss è d'accordo; naturalmente con 1le debite forme accettabili dalla mentalità austriaca.

ad d) Fa parte del suo programma. Non l'ha potuto fare finora perché ha dovuto concentrare le sue fo,rze contro ~a campagna dei nazi. n provvedimento sarà preso non appena possibile; per ora prenderà un provvedimento con cui si tolgano al comune di Vienna parte delle entrate erariali.

Per quanto riguarda il discorso:

in politica interna:

a) Dollfuss aveva pensato di fare in un primo tempo la riforma corporativa che contempla la trasformazione secondo i criteri adottati in Italia di tutti i Berufsstande; per corrispondere ai suggerimenti del Capo del Governo non esclude di fare immediatamente (settembre-ottobre) anche la vera e propria riforma politica costituzionale. Evidentemente il fascismo è nello spirito di queste riforme, ma egli deve dare alle stesse dei nomi e delle apparenze austriache.

b) Dollfuss in massima non ha contrarietà per il plebiscito che ha già proposto al capo dello Stato. Si deve riservare però su questo punto secondo le esigenze. NelJe sue intenzioni sarebbe di indire Je nuove e:lezioni dorpo la riforma nel '34.

In politica estera:

Dollfuss è d'accordo su tutti punti.

ALLEGATO I

CONSIDERAZIONI DA SOTTOPORSI A DOLLFUSS (l)

l) Questo terl!:o viaggio in Italia -più precipitoso e clamoroso dei precedenti non può né deve lasciare le cose al punto statico nel quale sono oggi, ma deve segnare l'inizio di un nuovo corso nella politica interna ed estera dell'Austria. Se così non fosse il viaggio sarà stato inutile e quindi dannoso.

2) Tornato a Vienna, Dollfuss deve annunciare un grande discorso politico per i primi di settembre, cioè alla vigilia dei preannunciati putsch. Questo discorso dovrà essere preceduto da una serie di fatti tali da scuotere e rialzare il morale depresso degli austriaci e cioè:

a) rafforzamento immediato della compagine di governo, con l'entrata di nuovi elementi Steidle, Starhemberg che tolgano all'attuale Governo il carattere di un governo di superstiti del vecchio Impero.

b) Fusione nell'unico fronte nazionale di tutte le forze e di tutti i fronti colla parola d'ordine -indipendenza dell'Austria e rinnovamento dell'Austria.

c) Accentuato carattere dittatoriale del Governo.

d) Commissario del Governo al Comune di Vienna.

e) Propaganda in grande stile.

PER IL DISCORSO:

In politica interna: a) Annunciare nel discorso e presentare entro il settembre il progetto di riforma della costituzione austriaca, riforma su basi fasciste dal punto di vista politico, economico, sociale. b) Far approvare dal Presidente della Repubblica la riforma e nel 1934 procedere ad una consultazione elettorale a carattere plebiscitario colla formula -indipendenza verso l'estero e nuovo stato all'interno. c) Dichiarare che ogni tentativo di violenza sarà affrontato e represso.

In politica estera: a) Propositi di amiCIZia nei confronti di tutti i vicini e quindi anche della Germania e rivendicazione delle funzioni storiche e insostituibili di una Austria indipendente. b) Riconoscimento dei particolari rapporti coll'Ungheria e coll'Italia. c) Possibilità e utilità di una collaborazione colla Piccola Intesa sul terreno economico. d) Annuncio della eventualità di un convegno a tre itala-austro-ungherese per approfondire in tutti campi i rapporti dei tre Stati.

ALLEGATO Il

PRIMO PROGETTO DI CONSIDERAZIONI DA SOTTOPORRE A DOLLFUSS (l)

Sabato 19 agosto 1933, sera.

*Discorso da pronunciare ai primi di settembre, prima delle feste cattoliche*.

l) Rafforzamento immediato della compagine governativa con l'entrata nel Gabinetto di Steidle, Starhemberg e qualche altro deciso sostenitore della indipendenza austriaca e col conseguente allontanamento di Schumy, Winckler.

2) Fusione di tutte le forze nel fronte unico patriottico il quale deve anche assorbire il fronte nazionale corporativo.

3) Presentazione entro i primi di settembre del progetto di riforma della costituzione che deve ispirarsi alle direttive e alle realizzazioni del fascismo; cioè rafforzamento del potere esecutivo e del principio unitario dello stato con la abolizione dei Laender; controllo della stampa; abolizione del parlamentarismo, della lotta di classe ecc., quindi realizzazioni corporative (Carta del Lavoro, disciplina giuridica dei sindacati, dopolavoro, magistratura del lavoro. La Carta del Lavoro potrebbe essere introdotta subito; educazione unitaria della gioventù).

4) Fine di ogni attività da parte del partito socialdemocratico. Commissario al Comune di Vienna. 5) Impronta dittatoriale e quasi di comitato di salute pubblica e propaganda in grande stile a Vienna e in tutti i centri principali dell'Austria.

6) Convegno a tre in località da determinare (Mussolini, Dollfuss, Gombos) per una affermazione collettiva sull'indirizzo della politica dei tre Stati nei confronti della Germania e della Piccola Intesa.

*Amicizia stretta coll'Italia e coll'Ungheria. Amicizia anche colla Germania, purché il Governo tedesco rispetti -coi fatti

l'indipendenza dell'Austria. Quali condizioni per una détente *.

(l) Annotazione a margtne: «Progetto del 20.8 discusso tra Dollfuss e Suvich mattina del 20.8 ». Ed. in tedesco in SAILER, Geheimer Briefwechsel, c-lt., pp. 32-33 e In una diversa versione italiana in BRAUNTHAL, La tragedia dell'Austria, cit., pp. 201-204.

112

COLLOQUI FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL CANCELLIERE FEDE,RALE AUSTRIACO, DOLLFUSS

APPUNTO. Riccione, 19-20 agosto 1933.

Nelle conversazioni di Riccione Dollfuss ha sollevato anche i seguenti punti:

l) Rappresentanza dell'Austria alla Società delle Nazioni.

Il Cancelliere chiede se noi si sia disposti ad aiutare l'Austria perché ottenga n prossimo anno un posto nel Consiglio della Società delle Nazioni.

Il Capo del Governo si dichi:ara favorevole ritenendo la cosa importante. Va tenuto presente però che per H mOI!Ilento sarebbe disponibtle un solo posto, che è stato già promesso al Portogallo.

«Stamane lunga conversazione Suvich-Dollfuss con esame delle "Considerazioni" seconda edizione (la prima era poi sembrata troppo imperativa) ».

L'Austria dovrebbe rivolgersi al Segretariato della Società delle Nazioni per sentire quali possibilità ci siano per tale nomina.

Se il Cancelliere avrà bisogno di un nostro aiuto anche in tale stadio, siamo disposti a prestarglielo.

2) Questioni scolastiche. LI Cancellie.re ritiene che non ci siano difficoltà per i seguenti provvedimenti: -Scambio di professori, un .italiano .con un austriaco per l'università di Vienna e per una università italiana. -Scambio di professori italiani ed austriaci per scuole medie.

Introduzione in Austria dello studio della lingua italiana. Oggi l'italiano si insegna già in Tirolo, in Carinzia e nel Vorarlberg in parte come materia obbligatoria, in parte come materia facoltativa.

È intenzione di estendere lo studio dell'italiano anche alle altre provincie. L'applicazione però di tale disposizione, accettata in principio, sarà graduale. Il Capo del Governo ritiene utile anche uno scambio di studenti come si fa

fra l'Italia e la Germania. Il Cancelliere è perfettamente d'accordo.

3) Nomina del Ministro a Roma.

Il Cancelliere chiede se noi saremmo disposti ad accettare Rintelen come Ministro d'Austria a Roma, essendo sua intenzione di inviare Egger a Parigi dove ha bisogno di un uomo sicuro e fidato.

Il Capo del Governo rispqnde afferma·tivamente.

4) Legname.

Il Cancelliere raccomanda l'accordo per l'acquisto del legname austriaco. Si risponde che la pratica è in corso e che noi siamo animati dalle migliori intenzioni.

5) Aviazione. Il Cancelliere spiega l'interesse di avere una partecipazione italiana nella Società di Aviazione austriaca al posto della Lufthansa. Il Capo del Governo dichiara di essere d'accordo e informa che la pratica è già avviata. Il Cancelliere chiede se sia il caso di chiamare a partecipare alla Società anche l'Ungheria. Il Capo del Governo non vede difficoltà.

(l) La minuta è di pugno di Suvich. Le frasi fra asterischi sono state aggiunte da Mussolini. In una lettera di Cosmelli a Jacomoni, datata domenica (20 agosto) ore 15 si legge:

113

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS

APPUNTO. Riccione, 19-20 agosto 1933.

In un colloquio fra il Cancelliere e il Sottosegretario Suvich il Cancelliere chiede se sarà possibile ottenere l'insegnamento privato del tedesco in Alto Adige, per cui ha già fatta richiesta al Capo del Governo in una delle sue visite precedenti.

Al Cancelliere pare che se ora si rul.larga l'insegnamento dell'ita,liano in Austria, questa può essere una buona occasione per fare la detta concessione, che gli gioverebbe moltissimo per la sua politica tendente a seppellire la questione de1l'Ailto Adige.

Suvich chiede in che cosa consista questa concessione dell'insegnamento privato del tedesco.

Il Cancelliere precisa che l'Alto Adige dovrebbe essere trattato nel campo dell'insegnamento privato alla stregua di tutte le altre provincie d'Italia, abolendo il regime eccezionale che oggi in tale rapporto vi vige.

Suvich si riserva di fargli avere una risposta.

114

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI, E AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1586 R. Roma, 21 agosto 1933, ore 16,30.

(Solo per Parigi) -Suo telegramma 549 del 17 corr. (1).

(Solo per Londra e Vienna) -Ho telegrafato Parigi quanto segue: (Per tutti) -Questa ambasciata britannica informa (2) che Governo francese desidera sostitu~re a vrLmitiva formula « fino a chiusura conferenza disarmo ~ fissazione termine un anno, demandando a ministero esteri francese fissare con ministro Austria Parigi testo protocollo relativo. Governo britannico data urgenza situazione è d'accordo e chiede nostra adesione. Rispondiamo che pur preferendo vecchia formula tenendo conto urgenza definire facoltà Governo austriaco aumentare sue forze armate aderiamo anche a nuova proposta che raccomanderemo ad accettazione austriaca dando però contemporaneamente fin d'ocra a Governo austriaco affidamenti che pevdurando situazione attuale non vi saranno difficoltà per il prolungamento. Sempre per rendere per quanto possibile rapida procedura approvazione proponiamo anche che anziché a Parigi redazione accordo avvenga a Vienna direttamente tra quel Governo e tra rappresentanti diplomatici ivi accreditati. Prego informare in egual senso codesto

Governo.

(Solo per Parigi e Londra) -R. ministro Vienna riceve conformi istruzioni.

(Solo per Vienna) -Nel comunicare anche per sua norma di azione quanto

precede pregola informare codesto Governo della proposta britannica e della nostra risv·osta. Ella potrà opportunamente affermare a chiariJrnento che data attua.le situazione è sembrato a R. Governo che fosse utile affrettare il tempo della realizzazione delle misure di dHesa progettate senza ulteriormente

indugiarsi in discussioni su formule astratte che all'atto pratico si equivalgono. Procedura suggerita tende allo stesso scopo. Confidiamo che Governo austriaco si renda conto sostanza situazione e aderisca a formula proposta. V. S. potrà se necessario svolgere opportuna azione persuasiva in tale senso.

(l) -T. 3490/549 R. del 17 agosto, non pubblicato: riferiva che il Governo frrancese aveva chiesto che l'eventuale aumento delle forze armate austriache fosse in modo preciso limitato nel tempo. (2) -Cfr. n. 104. nota 3.
115

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA s. 5125/2318. Bled, 21 agosto 1933.

Mi sono sempre giunte, ma specialmente in questi ultimi giorni notizie vaghe ed incontrollabili sugli acquisti larghissimi di armi ed esplosivi che gli emigrati croati farebbero in Italia e che dovrebbero poi passare in Jugoslavia per aiutare un movimento rivoluzionario croato. Non sono davvero in grado di stabilire fino a quale punto tal voci siano esatte, ma in ogni caso analoghe informazioni giungono anche a queste autmità deformate esagerate e gonfiate da interessati e zelanti informatori come dal timore che ogni azione segreta infonde.

Mi sia permesso rilevare:

a) mai come in questo momento ogni tentativo rivoluzionario sarebbe destinato ad infrangersi miseramente; b) fra i propositi di quanti sono all'estero e le decisioni di quelli all'interno vi è un fantastico divario; c) la opposizione croata, anche rivoluzionaria, non rappresenta che una parte della Croazia;

d) nella opposizione croata le finalità, in caso di riuscita di un movimento, non sono tdentlche. Ho provato con tatti precisi quali tendenze austrofile ed ungarofile sussistano ancora fortissime;

e) armi e munizioni se anche riescono ad entrare in Jugoslavia, non entrano che in una percentuale infinitesima rispetto a quello che può eventualmente essere acquistato all'estero;

f) le poche che riescono ad entrare, in parte sono definitivamente occultate da chi ha paura di farsene trovare in possesso, in parte sono rapidamente sequestrate dalla onnipresente polizia. Basta girare un poco per le strade jugoslave per notare come ad ogni stradino delle nostre, corrispondono qui almeno quattro gendarmi con baionette in canna ed aspetto ferocemente inquisitore, mentre in ogni paesello si può rimarcare uri signore dall'attitudine pressoché indifferente che, seduto incurantemente dinanzi a qualche porta nota, e naturalmente riferisce poi, tutto quanto vede passare;

g) tutto ciò che chiunque può vedere in Slovenia, solo che abbia gli occhi

un poco aperti, aumenta in proporzione geometrica intorno a Zara, lungo la

costa dalmata, ai confini di Sussak.

Per far passare armi attraverso tale rete di sorveglianza occorrerebbe presupporre una disorganizzazione ed un rilassamento dei servizi di v'ig<ilanza che non esistono davvero.

116

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3540/562 R. Parigi, 22 agosto 1933, ore 20,10 (per. ore 23).

Seguito numero precedente (1).

Boncour è rientrato ieri a PardgL Lo vedrò fra alcuni giorni per !asciargli il tempo di mettersi al corrente degli affari. Mi pare che nelle attuali condizioni occorre più che mai da parte mia raccomandare ai fattori responsabili francesi di mettere della calma e della riflessione nelle loro decisioni e di influire sulla stampa perché cessi dall'ingrossare fatti e circostanze, mantenendo hl paese in una costante eccitazione.

È indubbio che si sta formando in Francia una situazione che rammenta quella della primave1ra sco.rsa. È difJ'uso hl sentimento che ila guerra non potrà essere evitata e che la tragica eventualità si approssimi. Tutti credono come a un dogma che la Germania riarmi intensamente. In queste condizioni riuscirà ben difficile indurre la Francia a rinunziare a un solo cannone. D'altra parte è indispensabile che la Francia acconsenta a adeguati sacrifici per rendere possibile una intesa in fatto di disarmo e si adatti a un limitato riarmamento della Germania. Su questo punto H segretar,io genemil.e del Quai d'Orsay neLl'ultima conversazione che ho avuta con lui prima della sua partenza in congedo (miei telegrammi 547 e 548) (2) si è dimostrato intrattabile. Egli era sotto l'impressione di un telegramma di Chambrun il quale, riferendo su di una conversazione avuta con V. E. (credo la prima) aveva riferito che da parte italiana si insisteva perché la Francia consentisse a un parziale riarmamento della Germania. Credo che alla fine il più ragionevole e accomodante sia Daladier.

117

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI (3)

PROMEMORIA. Roma, 22 agosto 1933.

l. Continuance ot Broadcasttng.

On August 5th the German Government informed the Italian Ambassador in Berlin that they would «do their best » to check radio propaganda by tightening up the censorship. Nevertheless offensive talks on Austria have been broadcast from German stations on August 9th (Habicht), on August 11th CHtinig), on August 13th (Wegener), on August 16th (Habicht) and again on

August 19th (apparently Habicht). These broadcasts may vary in tone and method of exposition from earlier broadcasts, but represent none the Iess an unrelenting attempt to undermine the present Austrian Government and bring about a de facto Ans.chJuss.

It has been the policy of His Majesty's Government to be in no hurry to estimate the facts, but to give the German Government every opportunity to discontinue their propaganda by degrees and without too much loss of prestige. They also had some faint hope that the Habicht broadcast of August 9th would be in fact his Iast, and they wished to give this theory every chance. Now, however, they have formed the definite impression that to take any other view than that the various assurance in regard to broadcasting given to the Italian Government are being openly and cynically dis regarded is to blind themselves to the facts. In the circumstances they would be grateful to know how the Italian Governement appreciate the situation, and whether they have any fresh views as to how to dea! with it.

2. The Reichspost revelations.

In the opinion of His Majesty's Government there is every reason to suppose that the campaign of intrigue and sabotage revealed by the Reichspost is stili continuing. Do the Italian Government consider that any action with a view to counteracting this krind of campaign is possible, seeing that it is not yet covered by any assurances obtained from the German Government.

3. Reports ot the enrolment ot an Austrian legion in Germany with a view to a « putsch » in the Tyrol in September.

His Majesty's Government have been expecting a communication on this subject from the Italian Ambassador in London but this has not yet been made. They understand, however, that the Italian Government are satisfied that there is little likelihood of a German « putsch » materialising. His Majesty's Government are relieved to know that the Italian Government do not consider that a « putsch >> is probable, but in view of the prevalence and persistence of disquieting reports (which have duly been communicated to the Italian Government), they would feel more reassured if they were in possession of a declaration by the Ge,rman Government that they wouJd in no circumstances al:low such a « putsch » to take piace, or at least of some such expression of disapprovai as they have already issued in regard to terrorism. His Majesty's Government would be glad to know if the Italian Government consider that it would be possible to obtain such a declaration or expression.

4. The intrigues in Austria itself against the Dolltuss Government.

In the opinion of His Majesty's Government one of the main causes of these intrigues is the growing fear that a Nazi revolution in Austria is inevitable owing to the weakness and disunion of the Great Powers. They believe, in addition, that the danger of such intrigues will increase so long as Austria is subjected to the present economie and politica! pressure from Germany.

5. The urgent need tor improving Àustria's export trade so as to stabilise her economie position.

His Majesty's Government are confident that the Italian Government will agree that some urgent measures should be taken. They would accordingly urge the desirability of the early initiation of discussion between the Italian and French Governments.

(l) -T. 3536/561 R., pari data, non pubblicato: riferiva circa l commenti della stampa francese ai colloqui di Riccione. (2) -T. 3483/547-548 R. del 17 agosto, non pubblicato. (3) -Ed. In Doçuments on British Foreign Policy 1199-1939, Second Series, vol. V. pp. 568-569.
118

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3556/179 R. Tirana, 23 agosto 1933, ore 15,25 (per. ore 23).

Telegramma di V. E. n. 123 (1).

Assicuro V. E. che mi sono scrupolosamente adoperato per evitare qualsiasi atteggiamento che possa comunque dare impressione che si cerchi da parte nostra di provocare un mutamento di regime; nulla può dare al Re motivo di avere dubbi in proposito.

Nostra ferma linea di condotta va creando tuttavia serio imbarazzo al regime, ciò che dà nuova speranza ad oppositori. Re Zog è preoccupato e [non] è escluso che egli tema un rivolgimento nel quale può essere anche portato a vedere nostra longa manus. In questo suo stato d'animo si è verificata uccisione di Hassan Bey Pristina che è stata qui universalmente considerata come voluta da lui per intimidire partito preso amici dell'Italia. M1 sembra pertanto che nostra ferma attitudine non debba subire nessuna attenuazione nell'attuale momento a meno che Governo albanese non si decida a procedere spontaneamente a quelle concrete prove di buona volontà che attendiamo da un pezzo e che potremo certo incoraggiare non appena se ne abbiano seri indizi.

Resto in attesa delle istruzioni annunziate col citato telegramma cui non mancherò di attenermi.

119

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3555/337 R. Vienna, 23 agosto 1933, ore 20 (per. ore 24).

Cancelliere austriaco si è recato ieri da presidente della repubbillc,a che è in villeggiatura nel Salisburgo allo scopo riferirgli risultato convegno di Riccione.

SoHecidudine dimostrata dal canceilliere mettere al corrente presidente della repubblica della linea politica ita.liana può esse•re spiegata con segreta preoccupazione che l'atteggiamento riservato della stampa italiana vorrebbe significare non già amichevole :riguardo Germania ma perplessità rispetto alla questione austro-tedesca.

{l) Cfr. n. 109.

13 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

120

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 355/338 R. Vienna, 23 agosto 1933, ore 20 (per. ore 24).

Cancelliere ml ha intrattenuto in termini entusiastici sul convegno di Riccione insistendo soprattutto sul punto che convegno, oltre che segnare uno sviluppo nella situazione interna austriaca, rappresenterà pure la base dell'organizzazione politica ed economica dell'Europa centro danubiana.

Cancelliere si è poi espresso nei termini più cordiali e devoti circa benevolenza dimostratagli da S. E. il Capo del Governo.

121

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, CICCONARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3596/566 R. Berlino, 24 agosto 1933 (per. il 28).

Telegramma di V.E. n. 337 (l) e mio telegramma per corr,iere n. 558 (2).

Segretario di stato von Btilow mi ha detto che il signor Habicht aveva dichiarato al ministero degli affari esteri del Reich che non alla data, indicata dal giornale Morgen di Vienna, ma circa una settimana prima egli aveva autorizzato alcuni suoi amici ad incontrarsi in Svizzera con alcuni agenti austriaci per conferire su questioni, di natura esclusivamente economica. Secondo le dichiarazioni di Habicht, né i suoi amici, né gli agenti austriaci in questione sono delle personalità politiche notevoli. Sempre alla stregua delle predette dichiarazioni il risultato dei colloqui in questione è stato nullo.

Ho detto a von Biilow che, secondo notizie a me pervenute (v. mio telegramma per corriere innanzi citato n. 558) ai colloqui in Svizzera avrebbero partecipato l'ex ministro austriaco Jakoncig ed il maggiore Pabst. Von Biilow, in base alle precedenti informazioni fornitemi, mi ha recisamente smentito che le predette personalità avrebbero partecipato alle conversazioni austro-tedesche in Svizzera.

Von Biìlow mi ha detto pure che già in passato, per quanto a lui risulta, il signor Habicht aveva avuto delle conversazioni con agenti austriaci, che spesso si emno presentati a lui in nome del cancelliere DoJJ.fuss, del che von BiiJow stesso mostrava di dubitare.

Ho chiesto al mio interlocutore se la ripetizione di tali conversazioni non potesse essere interpretata come un indizio di un desiderio da parte tedesca di una détente nei riguardi dell'Austria. Von Btilow mi ha risposto di non crederlo.

Il punto di vista tedesco nella questione austriaca rimane quello già noto: impossibilità di trattare con il Governo austriaco fino a che a capo di esso ri!mane il cancelliere DoUfuss; necessità di nuove elezioni, :Ll cui Lmmaill/Cabile risultato sarà la sconfitta dei socialdemocratici, attualmente al potere; i socialdemocratici saranno certamente rimpiazzati dai nazionalsoc.i:alisti e si farà cosi luogo ad un Governo di coalizione tra nazional-socialisti e cristiano-sociali. Ciò mi ha confermato von Biilow.

Egli ha aggiunto che in occasione del congresso del partito a Norimberga il cancelliere del Reich avrebbe tenuto un discorso politico. Per quanto si riferisce alla politica estera era stato chiesto al ministero degli affari esteri del Reich uno schema di proposte su ciò che convenisse dire. Nei riguardi dell'Austria il ministero degli esteri aveva proposto che S. E. Hitler riaffermasse i suoi sentimenti di amicizia per il popolo austriaco ed il suo desiderio di una détente, appena possibUe, senza rul.cun riferimento aUa persona del cancelliere Dollfuss.

Von Biilow ha tenuto ad avvertirmi che tali dichiarazioni nei riguardi dell'Austria rappresentavano solo uno schema di proposte e che esse si trovavano ora nelle mani del ministxo von Neuralih, hl quale le avrebbe sobtoposte al cancelliere. Egli non poteva pertanto in alcun modo assicurarmi che S. E. Hitler si sarebbe attenuto nel suo discorso alilo schema pr.oposto. Von Biilow mi ha detto ,pure di non credere in alcun modo che la questione della propaganda nella radio possa essere portata a Ginevra. Francia ed Inghilterra non guadagnerebbero niente, attua;ndo una simile iniziativa. Sarebbe faciile ad Governo tedesco controbattere le dichiarazioni franco-inglesi col parlare deU'attività svolta a mezzo delle radio di Strasburgo e di Vienna. In più, bisogna tener presente che nessun risultato tangibile sarebbe possibile di raggiungere, perché secondo l'articolo 11 del patto è necessaria l'unandmità ne1le de1cisioni.

(l) -Numero particolare d! protocollo per Berlino del t. 1568 R. del 17 agosto, Inviato anche a V!enna e Berna, non pubblicato: chiedeva di riferire circa le notizie pubblicate dal g!omale Morgen relative a un Incontro !n Svizzera d! agenti h!tler!an! con rappresentantide! partiti d! governo austriaci In vista d! una pac!f!caz!one. (2) -T. per corriere 3557/558 R. del 22 agosto, non pubblicato.
122

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1593/185 R. Roma, 25 agosto 1933, ore 17.

Suo telegramma n. 337 (1). Non vedo in base a quali elementi sia possibile interpretare come riservato atteggiamento nostra stampa in occasione convegno di Riccione. Nessuna perplessità sussiste circa questione austro-tedesca. Misura linguaggio eventualmente notata e non da oggi circa Germania muove da considerazione che non gioverebbe né a noi né all'Austria di inasprire delicata situazione esistente che come sottolinea comunicato è augurabile possa distendersi non appena possibile. Occorre non accreditare in nessun modo errate e infondate interpretazioni.

(l) Cfr. n. 119.

123

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI, E AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1594 R. Roma, 25 agosto 1933, ore 17,30.

(Per Parigi e Londra) Ho telegrafato a Vienna quanto segue:

(Per tutti) Governo britannico preoccupato note voci putsch ha fatto qui sapere essere di avviso che pendenti trattative per formulazione testo definitivo protocollo con cui autorizzare formalmente Austria arruolamento 8 mila uomini sia accordato a Governo austriaco di iniziare senz'altro anticipatamente arruolamento e inquadramento uomini. Governo francese giusta comunicazione ambasciata britannica è d'accordo. Abbiamo comunicato a questa ambasciata britannica nostro consenso.

Prego informare cancelliere.

124

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI, E AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1596 R. Roma, 25 agosto 1933, ore 23,30.

(Per Londra e Vienna) R. ambasciata Parigi telegrafa quanto segue:

(Come da telegramma n. 3538/563) (1).

(Solo per Parigi) Suo telegramma n. 563.

(Per tutti) Ho telegrafato Parigi quanto segue: Anche questa ambasciata britannica ha fatto comunicazione in eguale senso proponendo definizione trattative a Parigi e firma protocollo a Vienna. È stato risposto che R. Governo per rendere per quanto possibile sollecita approvazione protocollo aderisce a tale proposta. Prego V. E. di adoperarsi perché in trattative si venga per quanto possibile incontro a desiderata austriaci che indipendentemente da ogni altra considerazione sono giustificati da attuale situazione e dalle stesse preoccupazioni che animano il Governo francese e quello britannico. Circa questione termine validità autorizzazione che si vuole ora limitata ad un anno, prego anche per questo tenere conto obbiezioni tecniche avanzate da Governo austriaco e che troviamo giustificate. Nostra linea è comunque di favorire per quanto possibile Governo austriaco anche di fronte direttiva contraddittoria specialmente Governo francese che da un lato giudica situazione con forse eccessivo nervosismo e preoccupazione e dall'altro con singolare in

comprensione solleva continue obbiezioni e cavilli che in pratica non fanno che ritardare messa in piedi indispensabile maggiore forza armata austriaca.

(Solo per Parigi) Avverto ad ogni buon fine per sua utile notizia che fino a questo momento tutte le comunicazioni sull'argomento ci sono pervenute esclusivamente per il tramite di questa ambasciata britannica e che il Governo francese salvo le scarse informazioni fornite a V. E. si è astenuto dal mantenersi in contatto con noi sull'argomento.

(l) Del 22 agosto, non pubblicato: riferiva circa la contrarietà del Governo francese a trasportare a Vienna la sede delle conversazioni.

125

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3599/823 R. Londra, 25 agosto 1933 (per. il 28).

Ho visto oggi Vansittart e gli ho comunicato contenuto del telegramma di

V. E. n. 1564 R. (1).

Circa aiuti economici da concedersi all'Austria ho domandato a Vansittart, secondo istruzioni ricevute nel telegramma cui rispondo, quali notizie Foreign Office aveva da Parigi. Vansittart mi ha risposto che notizie pervenute da Parigi sono nel senso che Governo francese sembra effettivamente disposto concessioni in favore economia austriaca e mi ha domandato a sua volta se conoscevo esito passi a Parigi preannunciati da V. E. nella conversazione con Graham.

Vansittart mi ha riassunto con parole seguenti posizione Governo britannico su questo punto: «Dopo disgraziata esperienza conferenza danubiana tenu..: tasi due anni fa a Londra per nostra iniziativa, e fallita per disaccordo fra punto di vista italiano e francese, Governo britannico non intende prendere nuove iniziative, ma dichiara essere pronto a seguire linee condotta che in materia di concessioni economiche all'Austria saranno concordemente adottate da Roma e da Parigi (2).

126

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3600/827 R. Londra, 25 agosto 1933 (per. il 28).

Rispondo telegramma di V. E. n. 1559 R. (3) e n. 1580 R. (4).

Circa problema disarmo Vansittart mi ha confermato quanto già ho avuto occasione di comunicare a codesto Ministero con mio telegramma 791 dell'll

corrente (1). MacDonald è atteso tra u:::1a decina di giorni e memorandum tedesco sarà in quell'occasione accuratamente esaminato, dopoché questo Governo si metterà in comunicazione con V. E.

Visita sottosegretario Eden a Parigi avrà luogo, come ho già informato, verso metà prossimo mese settembre, non prima. Per quanto riguarda attitudine Governo francese, Vansittart conferma quanto ebbe dirmi nel nostro colloquio dell'll corrente (v. mio telegramma n. 791) e ciò corrisponde alle informazioni contenute nel telegramma del nostro ambasciatore a Parigi trasmessomi da codesto ministero.

Mi tengo in quotidiano contatto col Foreign Office per tutte le utili informazioni che invierò telegraficamente.

(l) -Del 17 agosto, non pubblicato: conteneva Istruzioni di Suv!ch per Grandi di chiedere al Foreign Off!ce quale fosse stato l'esito dell'azione Inglese a Parigi. (2) -In un colloquio del 27 settembre a Ginevra tra Suvich e Boncour, quest'ultimo sostenne la necessità di un avvicinamento dal punto di vista economico dell'Austria agli altri paesi del bacino danubiano. (3) -Cfr. n. 94. (4) -Del 19 agosto, non pubblicato: rltrasmisslone del t. da Parigi di cui al n. 116, nota 2.
127

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3581/573 R. Parigi, 26 agosto 1933, ore 19,40 (per. ore 22,45).

A ,telegramma di V.E. n. 432 (2). Nella faccenda della forza armata il Quai d'Orsay tratta direttamente con questa legazione d'Austria.

Ne1l'ultima fase deLle trattative oggetto del mio teleg1ramma n. 574 (3),

è stata lasciata da parte anche l'ambasciata d'Inghilterra che è stata informata

dopo della R. ambasciata.

Il nervosismo del Quai d'Orsay rilevato dall'E. V. è un fatto incontroverti

bile. L'accaparramento francese delle trattative per l'aumento delle forze armate

austriache, ha probabilmente la sua ragione nella necessità in cui si trova la

Francia di accordarsi con la Piccola Intesa preventivamente.

Ad ogni modo il consenso dato dalla Francia all'arruolamento anticipato

degli 8000 uomini e il fatto che ieri è stato finalmente possibile raggiungere

l'accordo fra il funzionario austriaco venuto da Vienna ed il Quai d'Orsay quasi

su tutti i punti della nota comunicata telefonicamente a V. E., ha fatto avan

zare considerevolmente la questione.

Osservo in proposito che questo ministro d'Austria malgrado l'invito che gli

ho fatto pervenire a mezzo consigliere della R. ambasciata, di tenersi in contatto

con me e della sua promessa di farlo, ha trascurato sistematicamente di infor

marm\ a tempo.

Mi rendo conto della opportunità di convincere il Quai d'Orsay a informare

la sua azione allo spirito patto a quattro. Come ho riferito con telegramma re

cente, il Governo francese è da un Iato fortemente preoccupato dell'atteggia

(2} Numero particolare di protocollo per Parigi del n. 124.

mento che considera sempre pm aggressivo della Germania ed è premuto dall'altra parte dalla stampa la quale essendo tenuta all'oscuro delle direttive di politica estera, rimprovera al Quai d'Orsay la sua inazione in contrapposto alla politica a:ttiva de[ capo de'l Governo italiano verso i:l quale converge la politica europea.

Questo complesso di circostanze spiega gli equivoci ed i controsensi occasionati dalla politica indecisa del Quai d'Orsay negli ultimi tempi.

A complicare le cose si aggiungono le assenze per le vacanze estive di questo o quello alto funzionario, ciò che rende anche più slegata azione del Qual d'Orsay.

(l) -Cfr. n. 82. (3) -Rlfe.rimento e1:1r·ato: si tratta del t. 3573/571 R. del 25 agosto, non pubblicato. circa le osservazioni austriache al progetto di nota francese.
128

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

DISARMO ... (1)

1) Convenzione per l'abolizione di ogni specie di guerra chimica e microbica; distruzione (da controllarsi) entro due anni di tutti gli stabilimenti destinati alla preparazione di tale guerra e di tutti gli stocks preparati per questa eventualità (arnesi, macchine, munizioni, ecc.).

2) Convenzione che proibisce il bombardamento aereo delle popolazioni civili.

3) Per la questione degli effettivi riduzioni e conguagli a norme del progetto inglese.

4) Impegno da parte degli Stati di procedere ad una riduzione delle armi cosi dette offensive dopo un periodo di prova della convenzione attuale non inferiore ad anni quattro.

5) Impegno di non superare in alcun modo durante il periodo di quattro anni lo standing attuale degli armamenti, sia per quello che riguarda il materiale che per quanto riguarda il bilancio.

6) Concessione alle Potenze disarmate di una aliquota di armi difensive da realizzarsi per accordi e per tappe.

7) Il problema navale sarà ripreso in esame nel 1936 (scadenza di Washington).

8) Per il controllo le proposte accettate dai tedeschi.

9) Commissione del disarmo come accettata dai tedeschi.

10) La Conferenza tornerà a riunirsi il 1o gennaio 1938 per stabilire le modalità del secondo periodo.

(l) Privo dl data. Si colloca immediatamente prima dell'appunto dl Suvlch del 26 agosto che vl fa riferimento.

129

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 26 agosto 1933.

Mi onoro rimettere le osservazioni (l) fatte dai tecnici ai punti della nota sul Disarmo predisposta da V. E. (2).

Premetto che non si sono potuti avere i tecnici dell'Aeronautica perché nell'assenza dei dirigenti del Ministero, hanno la proibizione di occuparsi dell'argomento.

Si sono potuti interpellare i tecnici della Guerra e della Marina e gli specialisti in questioni di bilancio, che sono ·i consulenti normali del Ministero degli Affari Esteri in questioni di disarmo.

Il Comandante Maroni, esperto per la Marina, mi ha detto che il progetto gli pare molto felice.

Le osservazioni veramente serie sono quelle al punto V, ove è detto che la stabilizzazione della situazione attuale per quanto riguarda il materiale, verrebbe a sancire una nostra notevole inferiorità. L'argomento è conosciuto e deve essere esaminato naturalmente nel quadro di tutto il progetto tenendo conto di queste due considerazioni:

l) se quando non ci fosse H vincolo del punto V la nostra posizione potrebbe sensibilmente migliorare; 2) se le altre disposizioni del progetto non sono di natura tale da neutralizzare lo svantaggio che ci viene dal punto V.

Nella questione degli effettivi, è mia impressione che il punto di vista so

stenuto dal nostro Ministero della Guerra, se pure basato su delle considerazioni

logiche, non potrà essere facilmente accettato dagli altri, in quanto per noi si

richiede il mantenimento completo della situazione attuale, mentre ad altri si

domandano delle forti riduzioni.

Infine converrà presentare il progetto in modo da evitare le facili critiche,

che invece di disarmo, si fa una Convenzione sull'armamento, in quanto gli

Stati armati mantengono i loro armamenti ed è previsto un riarmo per gli Stati

disarmati.

V'è inve.ro già tl punto IV che prevede il disarmo dopo un periodo d~ prova

di quattro anni. Forse questo concetto andrebbe sviluppato in una parte preli

minare in modo da dare l'impressione delle due fasi del disarmo e cioè:

l) periodo di tregua;

2) periodo di effettivo disarmo.

Mi onoro unire un appunto sugli effettivi ed un altro appunto sulla situazione navale (3).

(l) -Non si pubbllcano dato !l loro cwrattere tecnico. (2) -Cfr. n. 128. (3) -Questi due appunti mancano.
130

IL CAPO GABINETIO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. ... (1).

Trattative per una Convenzione del Disarmo.

Per affrontare, colle migliori probabilità di successo, i problemi e raggiungere gli obiettivi e la soluzione finale che V. E. si propone nella questione del disarmo, in base ai 10 punti fissati da V. E. come capisaldi di una possibile convenzione, mi permetto di esporre le seguenti idee:

l) È opportuno evitare che queste nostre proposte assumano -almeno sull'inizio e fino ad ulteriori ben definiti progressi -il carattere formale, preciso, documentario di un progetto italiano sul fare dei tanti altri progetti compilati prima. Ci esporremmo, in tal caso, all'identico e immediato rischio: l'azione demolitrice da parte delle avverse tendenze e l'analisi corrosiva delle critiche tecniche; sicché facilmente la nostra azione si arenerebbe nelle stesse sabbie dove si sono snervati i tentativi precedenti. Riterrei quindi essenziale tenerci, fino al momento opportuno, nel campo diplomatico, verbale, fluido, della conversazione. Essenziale pure conservare a tale procedura un carattere strettamente segreto e confidenziale, perché, se qua,lche punto a pena trapelasse, la sopradetta critica -da anni ormai scaltrita nel suo compito distruttivo -immediatamente interverrebbe con conseguenze certamente dannose.

2) L'esperienza ci mostra che non soltanto i grandi parlamenti e le grandi giostre pubbliche (come la Conferenza di Ginevra), sono incapaci di far fare un vero passo avanti a questioni come quella del disarmo; ma anche le conversazioni o le consultazioni più ristrette, più riservate, a quattro e cinque, possono essere altrettanto infeconde. Ciò si è verificato in tutte le riunioni a cinque per il disarmo, tenute a Ginevra, dove o non si deliberò nulla o si presero deliberazioni puramente formali, che giravano e rimandavano le difficoltà, senza risolverle: sicché dopo poco tornavano a presentarsi come prima, anzi più velenose. E, per ciò che riguarda le consultazioni, basta ricordare l'infelice missione ambulante dell'Henderson.

3) -Ciò mi fa temere che, adoperando subito lo stesso sistema di contemporanea discussione dei punti proposti da V. E., sia pure soltanto tra i quattro ed in virtù del Patto a quattro, non si venga ad urtare contro gli stessi ostacoli, pregiudicando fin dall'inizio il successo della iniziativa di V. E. Quindi proporrei di affrontare, dapprima, gli altri interessati uno dopo l'aU.ro, e ad uno ad uno.

Siccome la difficoltà veramente preoccupante è franco-tedesca, è chiaro convenga cominciare da uno dei due, e precisamente da1la Francia. Giacché nod conosciamo ormai abbastanza bene i requisiti essenziali tedeschi, e sembra quindi che il primo passo debba essere di vedere fin dove ci riesce a quattro

occhi a strappare concessioni alla Francia nel senso desiderato dalla Germania. Asstcurati su questo punto, potremo procedere a discorrere coi tedeschi.

Se ed appena riconosciamo che i punti di vista francese e tedesco sono stati da noi accostati abbastanza, passare all'Inghilterra -parte del compito che dovrebbe essere di gran lunga il più facile -e allora far funzionare a colpo sicuro il Patto a quattro..

4) -Ove rE. V. approvi questa linea, iniziandola con una Sua conversazione confidenziale col Conte di Chambrun, questi ne riferirebbe subito a Parigi. Ritengo tuttavia che, seguendo semplicemente tale trafila, le cose andrebbero troppo a rilento, qualche indiscrezione prematura verrebbe certo a guastare il difficile impostamento del negoziato, e l'Assemblea di Ginevra (38 decade di settembre) ci sorprenderebbe colle conversazioni in arretrato, sicché le riunioni dei quattro o cinque a faccia a faccia, inevitabili durante l'Assemblea, invece che giovare, produrrebbero gli effetti dannosi di cui ho detto sopra.

Inoltre, Norman Davis si avvia verso l'Europa, per successo personale per sé ed il suo presidente. Il Governo inglese dal canto suo, vuoi mandare il Sottosegretario Eden a Parigi a trattare nello stesso senso, verso il 15 Settembre. Occorre accelerare il ritmo, per prevenirli.

Proporrei quindi che le comunicazioni che l'Ambasciatore di Francia farebbe a Parigi dopo il primo colloquio, siano immediatamente fiancheggiate e sostenute da un contatto personale mio e di Soragna coi rispettivi colleghi francesi dell'Ufficio Disarmo. Con questo metodo, pur non nascondendomi le difficoltà e la gravità del problema di creare un comune terreno franco-tedesco, riterrei che mettiamo almeno dalla nostra parte tutte Ie probabilità dl successo che offrono le circostanze; successo i cui primi elementi, ripeto, mi sembrano siano il carattere di segretezza e il periodo iniziale delle conversazioni o trattative separate. Il terzo elemento, la rapidità e brevità di ta1e periodo iniziale, mi sembra pure essenziale, e per le ragioni già accennate e per non uscire dallo spirito del Patto a quattro a cui V. E. intende saldamente attenersi.

(l) Privo di data: si colloca dopo gli appunti di Musso!lnl e Suvlch cui si rlfer!sc'l.

131

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, GHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 28 agosto 1933.

Il Signor Chambrun è venuto a trovarmi per avere qualche informazione complementare sui colloqui di Riccione.

Gli do' delle informazioni generiche.

Mi dice poi che richiamandosi anche al colloquio col Capo del Governo (l) in cui questi gli ha detto che fra i problemi da discutere assieme c'era anche

quello dell'Europa Centrale, gll pare giunto il momento di esaminare tale questione che ha assunto un carattere di particolare urgenza.

Egli già prima della sua partenza da Parigi aveva avuto dei colloqui al riguardo. Può essere interessante per noi sapere come il Governo francese veda la cosa.

Il Governo francese ritiene in primo luogo che si debba riconoscere una posizione preminente dell'Italia nei problemi dell'Europa danubiana con particolare riguardo anche al convogliamento dell'economia di questi Paesi verso i porti adriatici.

Il suo Governo ritiene poi che si possa venire incontro ai bisogni di questi Paesi con l'ammettere delle tariffe preferenziali fra loro da stabilire in accordi bilaterali; ritiene poi che anche dai Paesi vicini acquirenti dei prodotti agricoli del gruppo danubiano debbano esser concesse delle tariffe preferenziali avendo come corrispettivo da parte degli Stati danubiani tariffe preferenziali per prodotti industriali.

Quindi nei rapporti degli Stati danubiani fra loro (cinque o sei se si calcola anche la Bulgaria) tariffe preferenziali generali; nei rapporti dei Paesi danubiani coi loro vicini tarHfe prMerenziali limitate a determinati prodo,tti (agricoli in uscita, industriali in entrata).

Osservo all'Ambasciatore che pur prendendo nota con soddisfazione del riconoscimento per l'Italia di una posizione preminente, ci sono delle serie obiezioni contro il suo progetto:

In primo luogo non basta aiutare gli Stati danubiani col concedere da parte dei vicini delle tariffe preferenziali per prodotti agricoli, perché l'Austria è sopratutto produttrice di prodotti industriali.

In secondo luogo c'è una questione politica da superare nei riguardi dell'Ungheria.

Come ho già detto altre volte all'Ambasciatore, l'Ungheria -e anche l'Austria -non potranno entrare in un accordo danubiano singolarmente perché data la loro posizione di vinti in guerra e di perdurante inferiorità militare, avrebbero l'impressione di essere assorbiti dagli Stati più forti della Piccola Intesa. Bisogna quindi lasciare il tempo al Capo del Governo di svolgere la sua politica che prevede in un primo stadio il rafforzamento dell'Austria e dell'Ungheria con un accordo intimo fra loro e con l'appoggio dell'Italia. Dopo questo forse sarà molto più agevole trattare con gli altri Stati danubiani.

In terzo luogo c'è anche la questione della clausola della nazione più favorita che si oppone ad una sistemazione del genere.

Riguardo alle difficoltà politiche dell'Ungheria l'Ambasciatore Chambrun crede che quando si sia raggiunto un accordo economico sincero e duraturo sarà più facile trovare anche le soluzioni politiche che interessano l'Ungheria.

Osservo all'Ambasciatore che conosco la relativa teoria del Signor Benes sulla spiritualizzazione delle frontiere; ma devo dirgli che gli ungheresi non ci credono molto.

L'Ambasciatore si riserva di concretare queste sue idee in un progetto che mi farà avere quanto prima possibile. AssiclN'o che il progetto sarà esaminato con tutta l'attenzione che merita.

(l) Di tale colloquio non è stato rinvenuto !l verbale.

132

IL MINISTRO A BELGRADO, GALl~I. AL VICE CAPO GABINEITO, JACOMONI

L. R. P. Bled, 28 agosto 1933.

Per il caso Le fossero sfuggiti Le accludo copia di due telespressi (l) che ho diretto al Ministero in questi ultimi tempi. Girano intorno allo stesso argomento e vogliono ribadire per altre vie giudizi e pensieri da me costantemente espressi sulla situazione jugoslava, e che del resto i fatti hanno interamente confermato. Anzi mai come oggi, dopo l'estate del 1930, la situazione interna fu tanto salda, né ciò è soltanto stagionale ma ha :significato profondo e preciso.

È specialmente sul telespresso più recente che richiamo la sua attenzione. Io so, o credo sapere, molto più, e circostanze precise. Non le ho indicate per non compromettere e non turbare; e mi sono limitato ad adombrare cortesemente la continuazione di una attività Hlusoria ed ingannevole. La quale non può a nulla condurre se non a nuovo insuccesso, e con molto scorno del nostro prestigio qui. Poiché se io so (ed ora trovo nel telespresso di Zagabria n. 3685/ 493 del 26 corrente {2) conferma di altra voce che mi era giunta circa quindici giorni or sono sulla preparazione di tale convegno al quale -secondo il mio informatore -doveva partecipare anche un «rappresentante di Mussolini ») (sic) ancora più si sa qui dal Governo, anzi con quei dettagli certamente esagerati e con le deformazioni e le interpretazioni malevole che fatalmente accompagnano tal genere di referti. Il che rende difficile {pur essendovene certo vivo desiderio) un nuovo primo passo per tentare un riavvicinamento e si attende che le mosse vengano ora da nostra parte. (Vedi l'indiretto invito alla visita di sottomarini jugoslavi ad un nostro porto cui non è stato finora risposto).

Ad ogni modo io voglio ora soltanto fermarmi con Lei sul continuare di una attività croatofila anacronistica e che gli sforzi passati hanno dimostrato inefficiente, come era da ritenersi e come ho sempre ritenuto e detto costà, e per la incapacità dei croati di compromettere la loro integ.rità fisica, e per le forze di resistenza della Jugoslavia, superiori anche a quello che io stesso credevo. Poiché se ho insistito su crisi di regime e di Governo, ho meno i primi mesi di mio soggiorno jugoslavo, poi sempre ed ostinatamente escluso quella dinastica e nazionale. Non si è verificata nemmeno la minore, del che occorre cercare ragione anche negli attacchi esterni che hanno galvanizzato le resistenze.

Perciò coloro che o per interesse o per funzione hanno inconsciamente portato al Ministero come vere soltanto le proprie fantasie, o rafforzato con argomenti o citazioni di fatti (a me tuttora ignoti malgrado ogni insistente richiesta) fallaci previsioni, dovrebbero ora cessare dall'insistere su tema che non ha sviluppo. Perseverare diabolicum?!! Direi ancor più: perseverare è stolta delittuosità ed è tradimento.

Né qui Ella voglia altro vedere che l'interesse maggiore del nostro paese, non amor proprio turbato, poiché, se avessi soltanto anima di burocrate, come tale le mie carte sono a posto e parlano chiaro. E se veramente il maggior interesse nostro fosse stato il disfacimento jugoslavo e questo si fosse verificato contro ogni mia diversa convinzione e previsione, il primo a gioirne sarei stato io. Invece nulla è avvenuto, ed un cammino certamente anzi sicuramente giovevole al nostro paese perché lo avrebbe portato ad agire su terreno abbastanza solido politicamente e straordinariamente profittevole alla propria economia, è stato interrotto.

Per quello che tocca a me io anzi mi diverto a sentire uscire dagli ambienti che Ella sa, affermazioni ed informazioni come queste: che la base delle simpatie che ho in Jugoslavia è l'essere la Regina Maria mia amante, che io sono nella posizione e nella situazione del Duca d'Avarna (ed un poverello mi ha ripetuto costà questa stupida frase nell'aprile scorso) che del resto gli jugoslavi finiranno col fregarmi etc. etc. Questo annoto nei miei ricordi umoristici e passo oltre. Ma quello che non posso lasciar passare senza una mia parola è il continuare di una pericolosa e disonorante illusione.

Ne parli, se crede, a S. E. Suvich a S. E. Aloisi. Certo io non mi ristarò dal ritornare di tanto in tanto su questo argomento anche se mi si assicuri a priori che le mie insistenze continueranno ad essere vane.

(l) -Cfr. n. 115; l'altro documento era Il t. posta 4190 del 29 luglio, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
133

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA (l)

PROMEMORIA. [Roma, 29 agosto 1933] (2).

Con riferimento al Memorandum senza numero rimesso il 22 corrente (3) il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di portare a conoscenza dell'Ambasciata di Sua Maestà Britannica quanto segue:

1. Trasmissioni radiojoniche

Effettivamente anche dopo le assicurazioni date dal Governo germanico tale forma di propaganda non ha cessato completamente. Sta però di fatto che le assicurazioni date al R. Governo non prevedevano la immediata assoluta cessazione delle trasmissioni ciò che il Governo del Reich giudicava per varie considerazioni di difficile realizzazione, ma bensì una attenuazione e moderazione della campagna, ciò che in verità si è verificato e si va tuttora verificando il che del resto è stato anche notato dalla stampa austriaca. Allo stato quindi delle cose il R. Ministero degli Affari Esteri ritiene che si possa ancora ragionevolmente accordare credito alle assicurazioni date dal Governo del Reich

e che dovendo tenere anche conto delle innegabili. difficoltà interne della situazione nonché della delicatezza dei rapporti di autorità ufficiali e semiufficiali e di partito con gli elementi austriaci riparati nel Reich.

2. Rivelazioni della « Reichspost )).

È noto al Governo britannico che la veridicità dei documenti pubblicati è stata contestata dall'Ufficio di politica estera del partito nazionalsocialista di Berlino, il quale per rafforzare la smentita ha anche comunicato di aver adottato provvedimenti contro funzionari dell'ufficio e del partito messi nominativamente in causa da dette rivelazioni.

Allo stato attuale delle cose non sembra al R. Governo che convenga trarre dalle pubblicazioni fatte nuove speciali conclusioni, tenendo anche conto che dopo tutto i documenti si riferirebbero ad una attività anteriore alle assicurazioni del 5 agosto.

3. Arruolamento di una legione austriaca.

Le notizie in possesso del R. Ministero confermano effettivamente la esistenza di un campo di concentramento di fuorusciti austriaci a Lechfeld, giustificata dalle autorità germaniche con la necessità di procedere al ricovero e all'inquadramento di un numero cospicuo di profughi senza lavoro né mezzi di sussistenza. n R. Miillistero degi Esteri ritiene però che non vi siano fino ad ora elementi ·tali da dare un sicuro fondamento alla ipotesi che un putsch sia in preparazione. Evidenzialmente si tratterebbe di una eventualità di portata assai grave e ove Ie a-pprensioni attuali acquistassero maggiore con&istenza, il

R. Governo non sarebbe alieno dal far giungere al Gove.rno di Berlino, in via confidenziale ed amichevole, le opportune segnalazioni in modo da eccitare la vigilanza delle autorità competenti e H loro senso di responsabilità.

Il R. Governo è intanto di avviso che la deplorazione fatta dal Governo di Berlino di ogni attività terroristica, si riferisca evidentemente anche ad ogni tentativo di putsch.

4. e 5. II R. Governo è da parte sua da tempo convinto della necessità che daLl'Austria sia offerta ogni .favorevole possibilità di migliorare la sua situazione economica e finanziaria, rafforzando così l'attuale governo e dando al paese un assetto sociale più stabile e più tranquillo.

II R. Governo è quindi favorevole ad ogni misura del genere e per quanto Io concerne direttamente, ha già cercato e cercherà di accordare ogni possibile facilitazione nel quadro dei rapporti economici italo-austriaci già esistenti.

Ma è d'altra parte opinione del R. Governo che in materia di iniziative del genere a carattere collettivo, occorra procedere con estrema cautela, per non fornire argomenti alla propaganda nazionalsocialista. Sono infatti spunti consueti a questa che l'Austria non ha in sé vitalità economica, che il suo equilibrio non può trovarsi che nell'annessione al più grande e forte Reich, e che per garantire e assicurare l'indipendenza austriaca occorra l'aiuto e l'intervento dello straniero non germanico.

Sono tutti argomenti che possono fare facilmente presa sugli animi tanto dal Lato della utiUtà pratica quanto da queUo de~ sentimento nazionale e che possono quindi sensibilmente infirmare le ragioni ideali della resistenza.

Il R. Governo, pur concordando nella sostanza sulla necessità e urgenza degli aiuti economici da accordare all'Austria, è però d'avviso che convenga procedere nella forma e nel modo di attuazione con ogni cautela evitando gli inconvenienti di cara;ttere politico sopra accennati.

(l) -Ed., in inglese, in DB, vol. V, cit., pp. 570-571. (2) -Il documento è privo di data ma, come risulta da un rapporto di Murray a Simon, ed. in DB, vol. V. cit., p. 568, fu rimesso da Quaroni il 29 agosto. (3) -C!r. n. 117.
134

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, QUARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 29 agosto 1933.

L'Ambasciatore dell'URSS mi ha detto che alcuni giorni addietro l'Ambasciatore di Francia gli aveva chiesto se fosse esatto che il Governo italiano si era adoperato a Mosca ed a Berlino per un miglioramento dei rapporti russotedeschi. Il Signor Potemkin gli ha .risposto a:Hermativamente aggiungendo che tale azione era stata svolta dal Governo italiano sia a Mosca che a Berlino in forma simpatica ed amichevole. L'intervento del Governo italiano aveva avuto anche qualche benefico effetto particolarmente nelle dichiarazioni sulla politica estera del CanceUiere Hitler. Il Governo sovie,tico si augurava che tale azione del Governo italiano potesse continuare ad essere efficace.

Mi ha aggiunto che il Colonnello Fischer, addetto militare germanico a Roma, in una conversazione con la Missione militare sovietica, ha assicurato che la Reichswehr resta incrollabilmente fedele alle direttive della politica tedesca quali furono fissate nel Trattato di Rapallo. La Reichswehr è persuasa di avere una influenza preponderante in qualsiasi decisione relativa agli interessi vitali della Germania. Il Colonnello Fischer si è quindi mostrato dolente dell'attività di alcune (teste calde~ del partito nazional-socialista pur sottolineando la nessuna importanza che questi elementi possono avere nelle decisioni del Governo germanico.

135

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, QUARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 30 agosto 1933.

A seguito della Nota Verbale n. 288, qui acclusa (1), l'Incaricato d'Affari di Inghilterra mi ha detto di avere telegrafato al suo Governo, interpretando il pensiero del R. Governo, che il comunicato proposto da Londra non sarebbe stato da noi ritenuto opportuno in quanto che avrebbe potuto far nascere nel

Governo germanico l'impressione che Francia, Inghilterra e Italia si stavano concertando fra di loro al di fuori della Germania. Il Governo italiano aveva sempre messo sull'avviso il Governo britannico sulla inopportunità di tale politica in contrasto con lo spirito del Patto a quattro. Da Londra gli avevano telegrafato che le sue osservazioni erano state trovate giuste e di informare il Governo italiano che il Governo britannico non avrebbe pubblicato nessun comunicato e avrebbe invece gradito di conoscere hl pensiea:o del Governo italiano circa la forma ed il tempo più opportuno per informare il Governo germanico della proposta attività del Signor Eden.

(l) Non si pubblica.

136

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3622/586 R. Parigi, 31 agosto 1933, ore 13,40 (per. ore 16,15).

Telegramma di V. E. n. 437 (l).

Quai d'Orsay non si è mostrato al corrente desiderio costà espresso da parte inglese che sia seguita procedura già concordata. Mi è stato detto però che Governo francese non ha difficoltà a che la risposta alla nota del Governo austriaco sia rimessa dai ministri degli stati interessati a Vienna. Punto che oggi interessa Quai d'Orsay è di accordarsi con Roma e Londra circa termini risposta Governo austriaco. In seguito desiderio qui manifestato dal Governo inglese la risposta alla nota pervenuta non potrebbe essere redatta come ieri si era pensato, ma pur valendosi dei termini dell'ultimo paragrafo della nota austriaca dovrebbe opportunamente contenere qualche frase per evitare che del protocollo possa valersi un Governo nazi austriaco che eventualmente sostituisse Governo attuale. Quai d'Orsay sta preparando progetto di risposta che sottoporrà nel pomeriggio a questa ambasciata e ambasciata di Inghilterra.

137

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, QUARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 31 agosto 1933.

L'Incaricato d'Affari d'Inghilterra è venuto a dirmi:

lo -che LI Governo inglese dnsiste <2) sull'opportunità che si faccia una espressa riserva nel senso che la concessione di un corpo speciale di 8 mila

uomini è fatta solamente al Governo di Dollfuss e che sarebbe ritirata in caso di avvento al potere dei nazional-socialisti in Austria. Il Governo inglese ha manifestato questo suo pensiero al Governo francese il quale si è dichiarato perfettamente d'accordo.

2° -in considerazione del fatto che le note indirizzate dal Governo austriaco a Parigi, Londra e Roma tengono luogo del protocollo che si doveva firmare a Vienna, H Governo britanni.co è d'avviso che i tre Governi 1nteressati dovrebbero accordarsi perché la risposta sia identica.

Il Governo britannico desidererebbe avere una sollecita risposta su due punti in questione.

(l) -Numero particolare d! protocollo per Parigi del t. 1608 R. del 30 agosto, inviato anche a Londra e a Vienna, con il quale Suv!ch comunicava il desiderio del Governo ingleseche la !irma del protocollo avesse luogo a Vienna, secondo la procedura già concordata !ra gli stati !ntl!'essatl. (2) -Quaron! aveva già avuto con l'incaricato d'affar! di Gran Bretagna un colloquio sull'argomento il 30 agosto, come risulta da un altro suo appunto.
138

IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI (l) AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma 1" settembre 1933, ore 17,5b.

Il Consigliere. Fransoni telefona da Parigi che nel comunicare al Quai d'Orsay la nostra adesione al testo di risposta all'Austria, egli è stato informato in via confidenziale che giusta notizie pervenute al Quai d'Orsay da Londra, il Governo britannico avrebbe l'intenzione di pubblicare domattina il testo della nota di risposta.

Ho chiesto a Fransoni che cosa ne pensavano al Quai d'Orsay. Fransoni sl è riservato di chiederlo.

139

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI D'AUSTRIA A ROMA, ROTTER

L. 7126. Roma, 1° settembre 1933.

Par votre lettre en date du 30 aout dernier (2) vous avéz ·bien vouLu exposer les circonstances graves en raison desquelles Votre Gouvernement se préoccupe de porter momentanément de 22.000 hommes à 30.000 hommes, limite fixée par le Traité de St. Germain, l'effectif de l'armée Fédérale, ainsi que les raisons pour lesquelles il désirerait pouvoir recruter les effectifs supplémentaires sous la forme d'un corps militaire au:dliaire, de durée limitée à un an, composé de volontaires engagés pour 6 mois. Vous vouliez bien indiquer sur quelle base, après consultation des Gouvernements intéressés, votre Gouvernement compte organiser ce corps militaire auxiliaire et ajouter qu'il serait heureux de savoir si, en raison des circonstances spéciales qu'il fait valoir, comme du caractère

14 -Documenti Diplomatici -Berle VII -Vol. XIV

temporaire et exceptionnel de la formation envisagée, le Gouvernement Royal n'élèvera pas d'objections à le constitution et au maintien du corps militaire auxiliaire dans Ies conditions précisées par Votre lettre.

En a·ccusant réception et en Vous remerciant de cette communication, j'ai l'honneur de porter à Votre connaissance ce qui suit:

En égard, notamment, au caractère temporaire et exceptionnel de la formation envisagée, ainsi qu'au fait qu'elle sera recrutée par voie d'engagements volontaires et que ne seront pas dépassées les limites d'effectifs et de matériel fixées par le Traité de St. Germain, le Gouvernement Royal n'élèvera pas d'objections à la constitution et au maintien du corps militaire auxiliaire, dans les conditions précisées par Votre Lettre, aussi longtemps qu'existeraient les circonstances spécia,les auxqueUes Vous vous réfé.rez et au premier rang desquelles H cmit devoir noter la campagne terroriste montée contre le Gouvernement actuel de l'Autriche ainsi que les mesures de défense prises sous la direction de M. le Chancelier d'Autriche, contre. les éléments de désordre dont il s'agit.

(l) -Cosmell1 era anche segretario particolare del sottogretarlo agli Ester!. (2) -Non si pubblica..
140

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A BUENOS AIRES, ARLOTTA, A LONDRA, GRANDI, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A RIO DE JANEIRO, CANTALUPO, A TOKIO, AURITI, E A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI A L'AJA, TALIANI, AD ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BERNA, MARCHI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A COPENAGHEN, CAPASSO, A HELSINKI, TAMARO, A KAUNAS, AMADORI, A LISBONA, TUOZZI, A OSLO, DE MARSANICH, A PRAGA, ROCCO, A RIGA, MAMELI, A SOFIA, CORA, A STOCCOLMA, PATERNò, A TIRANA, KOCH, E A VIENNA, PREZIOSI

'I'. 1618 /C.R. (1). Roma, 2 settembre 1933, ore 24.

(Solo per Mosca) Ho telegrafato alle R. rappresentanze quanto segue:

(Per tutti) È stato firmato stamane da S. E. il capo del Governo e da questo Ambasciatore dell'U.R.S.S. il patto di amicizia, non aggressione e neutrailità italo-,russo il cui testo viene inviato alla E. V. (S. V.) per corriere.

Informo per sua riservata ed esclusiva norma che il R. Governo ha ritenuto opportuno procedere alla stipulazione di tale patto in considerazione dell'attività diplomatica svolta negli ultimi mesi dall'U.R.S.S., mediante la conclusione di una serie di accordi che mostrano un chiaro orientamento verso la Francia e la Polonia e qualche tentativo di avvicinamento alla Piccola Intesa.

Il R. Governo ritiene necessario seguire da vicino questa attività diplomatica dell'U.R.S.S. e, nella misura del possibile, cercare di inquadrarla ai fini della

politica generale italiana. A questo scopo dovrebbe appunto servire il patto firmato oggi. Nelle conversazioni che l'E. V. (S. V.) avrà costà sull'argomento sarà opportuno mettere in rilievo:

l. -Il patto, a differenza di altri accordi politici recentemente conclusi dall'U.R.S.S., nulla innova nelle relazioni esistenti tra i due paesi che già da molti anni sono improntate a reciproca comprensione. Il patto quindi tende a consolidare le relazioni esistenti ed a costituire una base per eventuali sviluppi avvenire.

2. -Il patto italo-sovietico rientra nel quadro generale della politica italiana di pace e collaborazione che ha avuto la sua principale manifestazione nel patto a quattro. Pe.r ·le ragioni che V. E. (V. S.) già conosce, il patto a quattro è stato limitato alle potenze firmatarie del patto di Locarno. Ma era fermo desiderio del Governo italiano, com'è stato del resto espressamente dichiarato da S. E. il capo del Governo al senato, di poter contare sulla collaborazione, per la soluzione dei principali problemi europei e mondiali, di tutte le potenze interessate.

Par.tendo come ha sempre fatto la politica italiana da un conce•tto realistico, sarebbe assurdo concepire una soluzione duratura dei principali problemi senza la collaborazione dell'U.R.S.S. là dove i suoi interessi sono in giuoco. A questo concetto appunto risponde il patto firmato oggi.

Prego V. E. (V. S.) riferirmi su impressioni suscitate costà da conclusione patto italo-sovietico.

(l) A Lisbona, Osio, Stoccolma, T-irana, Copenaghen, Helsinki, Riga, Kaunas, L'Aja e Berna 11 presente telegramma fu inviato per corriere.

141

PATTO DI AMICIZIA, NON AGGRESSIONE E NEUTRALITA (l) FRA ITALIA E U.R.S.S.

Roma, 2 settembre 1933.

Sua Maestà il Re d'Italia e il comitato centrale esecutivo deU'unione delle repubbliche soviet~che socialiste

animati dal desiderio di contribuire con tutte le loro forze al mantenimento deUa pace generale, tenendo conto della continuità degli amichevoli rapporti che uniscono i due Paesi, decisi a continuare la loro politica di astensione la più assoluta da ogni ingerenza nei rispettivi affari interni,

hanno convenuto di consolidare, con la conclusione del presente Trattato, le relazioni esistenti fra l'Italia e l'Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, ed hanno, a tal fine, nominato in qualità di loro Plenipotenziari:

S. -M. il Re d'Italia S. -E. Benito Mussolini, Capo del Governo, Primo Minis,tro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per gli Affari Este.ri; n comitato centraJe esecutivo dehl'unione deHe Repubbliche Sovietiche socialiste: Il Sig. Wladimiro Potemkine, Ambasciatore dell'U.R.S S. in Roma,

i quali, dopo avere riconosciuto i rispettivi pieni pote>ri in buona e debita forma, hanno stipulato le disposizioni seguenti:

Art. l.

Ciascuna delle Alte Parti contraenti si impegna nei riguardi dell'altra a non ricorrere in nessun caso contro di lei, sia isolatamente, sia congiuntamente a una o più terze Potenze, né alla guerra né ad alcuna aggressione per terra, per mare, o per aria, e a rispettare l'inviolabilità dei territori posti sotto la sua sovranità.

Art. 2.

Se l'una delle Alte Parti contraenti è oggetto di una aggressione da parte di una o di più terze Potenze, l'altra Alta Parte contraente si impegna a mantenere la neutralità per tutta la durata del conflitto.

Se l'una delle Alte Parti contraenti ricorre ad una aggressione contro una Potenza, l'altra Alta Parte contraente potrà senza preavviso alcuno denunciare il presente Trattato.

Art. 3.

Ciascuna delle Alte Parti contraenti si impegna, per la durata del presente Trattato, a non prendere parte ad alcuna intesa internazionale avente praticamente per effetto di impedire l'acquisto o la vendita di merci o la concessione di crediti all'altra Parte, e a non prendere alcuna misura avente per effetto di escluderla da ogni partecipazione al suo commercio estero.

Art. 4.

Ciascuna delle Alte Parti contraenti si impegna a non entrare in nessuna intesa di ordine politico o economico ed in nessuna combinazione che siano dirette contro l'una di esse.

Art. 5.

Gli impegni enunciati nei precedenti articoli non possono in alcun modo limitare o modificare i diritti e gli obblighi derivanti per ciascuna delle Alte Parti contraenti dagli accordi da essa conclusi prima dell'entrata in vigore del presente Trattato, ciascuna Parte dichiarando d'altronde con il presente articolo di non essere legata da alcun accordo comportante per essa l'obbligo di partecipare ad una aggressione intrapresa da un terzo Stato.

Art. 6.

Le Alte Parti contraenti si impegnano a sottomettere ad una procedura di conciliazione le questioni che potessero sorgere fra di loro e che non avessero potuto essere risolte per le ordinarie vie diplomatiche.

Art. 7.

Il presente Trattato, per il quale faranno egualmente fede il testo italiano e quello russo, sarà ratificato e le ratifiche saranno scambiate a Mosca. Avrà effetto a datare da tale scambio di ratifiche e resterà in vigore fino allo spirare del termine di un anno a partire dal giorno in cui l'una delle Alte Parti contraenti avrà notificato all'altra la sua intenzione di denunciarlo.

Questa notifica non potrà tuttavia aver luogo prima dello spirare del termine di cinque anni dal giorno dell'entrata in vigore del presente Trattato.

In fede di che i Plenipotenziari hanno firmato il presente Patto e vi hanno apposto H loro sigil>lo.

Fatto in dupHce esemplare, uno in lingua ttaliana ed uno in lingua russa, in Roma, il 2 settembre 1933.

B. MussOLINI W. POTEMKIN

(l) -Ed. in Trattati e convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. XLVI, Roma, 1937, pp. 304-306.
142

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

L. P. Londra, 3 settembre 1933.

* l) Anche la seconda quindicina del mese di agosto segna, come Tu avrai notato dalle mie quotidiane segnalazioni, un crescendo nell'interessamento della stampa e della pubblica opinione anglosassone pel Duce, il Regime, e la gigantesca quotidiana tua attività. Io avvicino giornalmente scrittori e redattori (con molti dei quali ho acquistato tale fiduciosa dimestichezza da essere considerato come persona cui non si tacciono i segreti professionali), e sono soddisfatto del mio lavoro. Spero lo sia anche il mio Capo. Come ho già avuto occasione di scriverti, i Tuoi due articoli sulla Conferenza economica e sul tramonto delle democrazie, hanno dato inspirazione, e l'ultimo articolo «Fra due civiltà, ha segnato il tono di questa, dirò cosi, terza quindicina fascista.

Non parlo, beninteso, dei commenti sulla Tua politica estera e sulla Tua attività diplomatica, cui ha dato nuovo spunto il Convegno di Riccione. All'infuori di una frase nel Manchester Guardian di dieci giorni fa, e di un'altra

breve nota sull'Observer di oggi, la stampa inglese ha seguito e segue unanimemente l'incessante andare deJ ~uo telaio, * (l) plaudente e fiduciosa. Ho accennato a questi due pezzi del Manchester Guardian e dell'Observer d'oggi, perché essi non sono stati scritti a caso nella redazione dei rispettivi giornali, bensi mi risulta in un ufficio del Foreign Office. Parlerò più sotto di questo.

*La campagna di ammirazione e, posso dire, di adesione, al Fascismo Mussoliniano che si sta sviluppando in Inghilterra, è tanto più significativa inquantoché essa coincide con il rinfocolarsi della campagna d'opposizione e di ostilità -spesso ingiusta, ma insistente e senza pausa -contro il nazismo in Germania. In questa campagna anti-nazista e anti-tedesca c'è in questo momento l'unanimità assoluta (2) senza distinzione di partiti e di classi. Ti ho detto altra volta essere mia convinzione avere questa crociata anti-tedesca i caratteri tipici dell'isterismo transitorio. Ma essa dura, tuttavia, e bisogna vedere con quanta cura e anche preoccupazione gli scrittori nei loro articoli, e gli uomini politici nei loro discorsi fanno subito una preliminare distinzione fra il Fascismo, creazione e realizzazione rivoluzionaria di Mussolini, e il movimento nazista in Germania. Gli stessi socialisti nell'attaccare genericamente il Fascismo (ed in queste settimane di preparazione del Congresso delle «Trade Unions ~ e del Congresso del « Labour Party~ l'attacco contro il Fascismo è di prammatica), evitano con cura di confondere la loro solita falsa difesa della democrazia con anche il benché minimo attacco al Duce e all'Italia fascista. Il nome di Mussolini non è stato pronunciato sin'ora, mentre l'attacco contro il fascismo tedesco è diventato il pezzo d'obbligo di tutte le manifestazioni politiche laburiste.

2) Ho accennato più sopra al Manchester Guardian e all'Observer di stamane, a proposito dell'Austria e del Foreign Office. L'argomento è, oso dire, complicato e delicato. Una decina di giorni fa avevo preparato un telegramma per il Ministero su un mio colloquio con Vansittart. Ho creduto bene di non mandare il telegramma perché esso avrebbe forse rischiato di fissare una situazione meramente psicologica che era a parer mio, effimera e di carattere e con spunti più o meno ufficiosamente allarmistici. Accludo per Tua curiosità il telegramma, vecchio di dieci giorni ormai, e anche un breve rapporto, scritto allora ma che può essere tuttavia ancora attuale. Sul tema «Austria 1> vi sono nell'azione del Foreign Office delle zone di ombra, che vanno scandagliate giorno per giorno. Quando MacDonald non è a Downing Street (Simon non ha mai contato nulla) a controllare ed equilibrare l'azione del Foreign Office questo non fa che obbedire agli ordini di Lord Tyrrell, Ambasciatore britannico a Parigi. Ciò è vecchio e risaputo. È stato precisamente in queste condizioni che il Fo.reign Office si è imbarcato, con imprudente precipitazione, sei mesi fa, a seguire il Qual d'Orsay nella disgraziata azione diplomatica a proposito delle armi di Hirtemberg. Nello stesso tempo il Quai d'Orsay, dopo aver suggerito a Londra 11 testo deHa brutale nota all'Austria, faceva sapere a Roma che il Gove·rno f.rancese non aveva fatto che seguire il consiglio di Londra. La stessa

cosa è avvenuta venti giorni fa a proposito della nota franco-inglese a Berlino. Sono certo che se MacDonald, invece di essere in Scozia a darsi bei tempo e a fare la corte ad una beHa signo.ra, fosse sta,to a Londra, forse il Governo britannico si sarebbe mosso con maggiore prudenza evLtando un secondo scacco diplomatico che il Foreign Office ha incassato, ma al quale non sembra tuttavia rassegnarsi.

Nella settimana scorsa sono stato lungamente con Vansittart, ospite nel castello della sua ricchissima moglie nei dintorni di Londra. Vansittart, pur dLchiarando che il Foreign Office farà tutto per appoggiare le inizia,tive del Duce per l'Austria, non mi ha nascosto il suo disappunto per alcune frasi del nostro comunicato di una ventina di giorni fa a proposito della risposta data dal Governo tedesco alle amichevoli rimostranze del nostro Ambasciatore a Berlino. Secondo Vansittart, il comunicato era ingiustamente duro per il Foreign Office. Gli ho risposto che non mi sembrava affatto. Vansittart ha replicato che di questa opinione era anche Parigi. Poi mi ha accennato alla possibilità di portare la questione dell'Austria alla Società delle Nazioni, dicendo che il Governo di Parigi e l'opinione pubblica inglese si vanno convincendo di questa necessità. Il che non è affatto vero, perché l'unico a parlarne sin'ora è stato il Manchester Guardian (dieci giorni fa) precisamente su inspirazione dell'Ufficio Stampa del Foreign Office. Dopo quel breve accenno, nessun giornale inglese ha ripreso l'argomento della Società delle Nazioni. Poi Vansittart ha insistito s'una necessità di «essere leali e franchi ~. al che ho risposto che per il F6reign Office la lealtà significa sovente «seguire i consigli di Parigi, che arrivano a Roma colla carta intestata del Foreign Office :.. Insomma, alla base di questo nervosismo che è, ripeto, limitato alla stretta cerchia del funzionarismo francofilo del Foreign Office (perché la City, la stampa, e il mondo politico vanno spesso per strade diverse o contrarie) c'è: l) la gelosia della diplomazia britannica, abituata da un sec01lo al ruolo di supremo arbitro e conciliatore dei contrasti sul Continente, che sopporta a fatica il fatto indiscutibile che tale ruolo è in massima parte passato da Londra a Roma nelle mani del Duce dell'Italia fascista. 2) Jil fatto di non esse,re riusciti e di non riuscire a realizzare il piano accarezzato dal Foreign Office e dal Quai d'Orsay, quello cioè di portare l'Italia fascista a fianco della Francia e dell'Inghilterra in uno schieramento anti-tedesco attraverso tentativi allarmisti di vario genere (putsch in Austria, ecc. ecc.).

E alla fine del colloquio Vansittart, stringendosi nelle spalle, ha finito col dire «Del resto il problema dell'Austria interessa per il 90% l'Italia, e solo indirettamente la Gran Bretagna :..

Credo utile di raccontarti quanto sopra non perché, ripeto, tutto ciò abbia una qualsiasi importanza determinante su quello che sarà l'atteggiamento definitivo del Governo britannico sui problemi generali di politica estera. L'Inghilterra è sempre stata il paese del compromesso. La politica estera dell'Inghilterra è stata sempre il risultato della fusione spesso paradossale delle più contraddittorie tendenze. Questo sì, e non l'Italia, è il paese tipico delle «combinazioni»! E soprattutto è il Paese che accetta sempre, dico sempre, il fatto compiuto. Ecco perché non sarò mai io a rappresentarti la cosiddetta opportunità diplomatica di procedere a scambi di idee ed accordi preliminari con questo Paese, quando Tu senti di avere già nella tua mano il successo. Questo conta, ma specialmente per i nostri amici di quest'isola misteriosa, che sono spesso lontani dai rmodo di vivere e di pensare de~l'Eurorpa, più che non lo siano i loro odiati cugini dell'altra sponda dell'Atlantico.

Come vedi, non ho certo l'aria di essermi indigenizzato. 3) Un altro avvenimento che sto seguendo attentamente, e che me·ri:ta di essere davvero seguito col più grande interesse è quanto accade nei ranghi e negli stati maggiori del movimento laburista. Allego un breve rapporto sull'argomento, ma varrà la pena ad un certo momento di andare coll'indagine ancora più a fondo. Di fronte all'inazione del vecchio partito conservatore, corroso nelle midolle, di fronte alla disparizione del partito liberale al quale Lloyd George ha fatto le esequie funebri, vi sono, nell'ammasso per ora disordinato delle sinistre, dei germi e dei fermenti di indubbio interesse. Ieri Henderson è stato eletto e riportato ai Comuni con una manifestazione significativa (va notato che nella campagna elettorale per l'elezione di Henderson nessuno ha parlato contro il «fascismo)). Se Henderson saprà fare, e la sua salute lo aiuterà egli potrà giuocare una nuova parte importante in seno al laburismo britannico, e forse al Governo stesso del Paese. Posdomani a Brighton si riunisce il Congresso delle Trade-Unions. I vecchi leaders hanno in animo di fare di questo congresso una manifestazione anti-fascista. Ma più che contro il fascismo dei fascisti, essi vogliono fare una manifestazione di forza contro il «fascismo, della giovane ala laburista anti-parlamentare e anti-democratica di Cripps e Attlee, che sta raccogliendo sotto le proprie bandiere tutta o quasi la gioventù socialista. Ma l'incredibile è vedere come le vecchie barbe parlamentari del partito conservatore corrono oggi a sostegno delle aborrite «Trade Unions ,, rappresentate da un gruppo di D'Aragona e Zirardini britannici decrepiti, invecchiati e inoffensivi ormai! La vecchia generazione che ha passato una vita intera a combattersi aspramente, si dà la mano, al di sopra della trincea, nell'illusione di difendersi dal comune nemico, rappresentato dalla generazione dei giovani che maturano la loro ribellione antidemocratica e antiparlamentare, pure rimanendo ancora nelle opposte trincee. Ricorre alla mia memoria l'anno 1913, il Congresso socialista di Ancona, Bissolati e Mussolini, il primo sostenuto dalla borghesia massonica parlamentare, il secondo verso cui tendeva e tese istantaneamente le braccia la gioventù antiparlamentare e rivoluzionaria di tutti i partiti. Questo Paese è la tartaruga fra le Nazioni del mondo. Ma, come le tartarughe, arriva. E non mi meraviglierei di vedere domani, forse all'indomani di qualche violenta crisi nazionale, crisi che non si può prevedere ma che è sempre possibile, e molti ne parlano, lottare gli uni a fianco degli altri le camice nere di Mosley, i laburisti-fascisti di Cripps, e i giovani imperialisti di Lord Lyvington. Le donne inglesi entreranno per molto in tutto ciò. Per la parte che mi riguarda, come Ambasciatore della Rivoluzione, sii certo che non tralascio nulla per insegnare a questa gioventù inglese quello che Tu mi hai insegnato, e cioè quello che è necessario per fare sul serio una Rivoluzione.

(l) Da ACS, Carte Grand!, minuta; il testo definitivo presenta qualche variante rispetto a questa minuta.

(l) -Questo e il successione periodo tra asterischi ed. nel «Borghese» 28 aprile 1966, n. 17. (2) -Nel testo ed. nel «Borghese» è aggiunto: «L'unica persona in Inghilterra a dirmi che ! suo! compatrioti sono stupidi a prendersela con Hitler è stato, una sera do-po pranzo, il principe di Galles ».
143

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3648/367 R. Vienna, 4 settembre 1933, ore 19,30 (per. ore 21,30).

Mi riferisco al mio telegramma n. 362 (1).

Cancelliere ha chiesto di vedermi. Mi ha detto che giovedì sera codesto incaricato d'affari d'Austria aveva telefonato che a Palazzo Chigi gli era stata data l'assicurazione che l'autorità di Bolzano avrebbe ricevuto ordine di non fare allontanare il signor Hofer ed i suoi tre liberatori fino a quando non sarebbe stato esaminato e risoluto il caso giuridico. Allo stesso giorno le autorità giudiziarie di Innsbruck avevano inviato telegraficamente alle autorità giudiziarie di Bolzano testo mandato di cattura. Ora improvvisamente ieri notte, in un discorso tenuto alla radio di Monaco da un oratore antiaustriaco, è stato annunziato con speciale soddisfazione q: che né i sudd>iti itruliani né i funzionari it81lian1 di conHne hanno fatto alcuna difficoltà sia al signor Hofer che ai tre compagni :. e che queste quattro persone sono state incontrate a Bolzano dal noto deputato Habicht, che a bordo del suo aeroplano le aveva trasportate prima a Monaco poi a Norimberga, dove è apparso accanto ad Hitler. Stessa notizia era apparsa sul giornale ufficiale tedesco di ieri e riprodotta da un giornale austriaco del pomeriggio.

Cancelliere, che era molto depresso, mi ha detto che notizia ha qui destato pessima impressione. Non poteva poi tacermi che da molto tempo dopo succitate assicurazioni date da Palazzo Chigi, egli si attendeva essere previamente informato delle decisioni definitive che sarebbero state prese circa i quattro espatriati. Ciò pertanto egli mi pregava di ottenere un qualche schiarimento sulla faccenda finora conosciuta soltanto nella versione tedesca. Nel corso della conversazione cancelliere ha fatto poi cenno all'incessante propaganda nazista per radio, osservando che un mezzo per neutralizzare cattiva impressione sollevata dall'aUare Hofer potrà essere eventualmente un efficace intervento Governo italiano presso quello di Berlino, col conseguimento della reale cessazione della propaganda ostile.

Nell'esporre quanto precede cancelliere ha voluto sopratutto !asciarmi comprendere sua preoccupazione nei riguardi di questa opinione pubblica.

144

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3649/697 R. Londra, 4 settembre 1933, ore 21,30 (per. ore 3 del 5).

Notizia conclusione trattato italo-russo è stata qui accolta con soddisfazione. Trattato viene giudicato al Foreign Office e nei circoli politici come logica con

seguenza del patto a quattro ed un nuovo passo della politica estera italiana verso una più vasta funzione di mediazione e di equilibrio in Europa. Si è formata in questi ultimi tempi in Inghilterra convinzione che solo V. E. possa esercitare nel continente una tale missione e che nel successo della sua politica risiedano vere e concrete garanzie di pace. Per questo come V. E. potrà rilevare dai ritagli che trasmetto pe rco.rriere, giornali mettono stamane in rilievo frase dl V. E.; nel logico sviluppo di una politica di amicizia ~ la base di ancora più utili risultati per l'avvenire. trasmetto per corriere, giornali mettono stamane in rilievo frase di V. E.; nel

1. --come una indicazione Russia non intende permettere che politica estera sovietica nei suoi nuovi orientamenti si trovi ad essere legata alla Francia e alla Piccola Intesa; 2. --come una indicazione che V. E. intenda svolgere un'azione pacificatrice tra Mosca e Berlino; 3. --come una indicazione che V. E. voglia avvicinare U.R.S S. al sistema creato col patto a quattro.

Al Foreign Of.fice è stato notato con soddisazione che, almeno per quel che è finora noto, trattato non contiene alcun impegno circa definizione aggressore.

(l) T. 8091/362. P. R. del 1• settemb9:e, non pubblicato: riferiva che i giornali austriaci affermavano che le autorità giudiziarie del Tirolo avevano già emesso un mandato di cattura contro Hofer e i suoi rapitori.

145

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN (l)

APPUNTO. Roma, 4 settembre 1933.

Il Capo del Governo mette al corrente sommariamente l'Ambasciatore dei risultati del convegno di Riccione. In seguito anche a tale convegno si sta esaminando la possibilità di una soluzione per l'Europa danubiana. Per ciò occorre procedere per tempi.

Il primo tempo sarebbe quello di chiarire la situazione austriaca rafforzandone la compagine politica e favorendone lo spirito di indipendenza. Ciò richiede anche delle delicate trattative col Reich. È un compito ingrato e difficHe che si assume l'Italia, e gli altri non hanno che !asciarla fare.

La seconda fase sarà quella di un accordo -del resto già in corso -fra l'Austria e l'Ungheria appoggiato dall'Italia. È una fase attraverso la quale bisogna passare perché rappresenta la premessa per ogni possibile ulteriore sviluppo nell'Europa Centrale.

La terza fase sarà quella di un accordo fra tutti gli Stati danubiani col favore delle Grandi Potenze.

Quando la base di preparazione sarà ultimata allora l'Italia certamente si rivolgerà rulle aJtre Po•tenze fra cui la Francia e la Germania per esaminare insieme la possibilità del piano.

L'Ambasciatore osserva che la Franc:a che da anni ha una posizione di primo piano nell'Europa danubiana, alla quale ha dedicato moni denari e molte preoccupazioni, reagirebbe maJ.e se fosse chiamata a;ll'ultimo momento insieme con la. Germania.. Egli ritiene che il compito della Francia comincerebbe nel momento in cui si dovessero avvicinare Austria-Ungheria-Piccola Intesa: l'Italia agirebbe sulle due prime e la Francia sulla Piccola Intesa.

Il Capo del Governo è in massima d'accordo. L'Ambasciatore chiede anche se l'Italia vuole nel complesso danubiano una situazione diversa da quella delle altre Grandi Potenze.

Suvich chiarisce questo punto: che evidentemente l'Italia vuole concorrere assieme alle altre Potenze all'azione di soccorso per i Paesi danubiani, ma che l'Italia ha poi per conto suo una situazione particolare sia perché essa è uno degli Stati successori dell'Austria Ungheria, sia perché effettivamente l'economia italiana è strettamente ingranata con quella dei detti Paesi; tale situazione particolare naturalmente deve anche concretarsi in accordi speciali.

L'Ambasciatore Chambrun riconosce che l'Italia ha una posizione speciale.

L'Ambasciatore a conclusione di questo scambio di idee si sente autorizzato et comunicare al proprio Paese che l'Italia è disposta a collaborare con la Francia per una sistemazione dell'Europa Centrale.

Il Capo del Governo non ha nulla da obiettare. Il Capo del Governo informa l'Ambasciatore Chambrun delle conclusioni a cui egli è venuto nella questione del disarmo. Bisogna partire dalle seguenti premesse:

l) -La Francia e gli altri Paesi armati non intendono disarmare; 2) -Non è possibile evidentemente tenere ancora la Germania disarmata se gli altri non fanno nessun passo verso il disarmo.

3) -D'altra parte la Germania se non le viene fatta alcuna concessione riarma e riarmerà per conto proprio. Né si vede la possibilità di una reazione efficace contro tale tendenza: non la guerra preventiva, non la rioccupazione delle Province Renane. Anche una azione alla Società delle Nazioni probabilmente porterebbe all'uscita della Germania dalla stessa, il che vorrebbe dire far saltare l'istituto ginevrino.

4) -Non si può neanche dimenticare che, sia pure con riserva, si è promesso alla Germania la parità di diritto. 5) -La concessione di un riarmo parziale e per tappe alla Germania nei limiti delle armi difensive -dà la possibilità:

a) -di limitare il riarmo della Germania;

b) -di controllare il riarmo stesso.

Tenendo conto di tale considerazione e prendendo in considerazione le ultime proposte francesi dove si insiste molto sul controllo, che può rappresentare la tanto invocata sicurezza, il Capo del Governo ha redatto alcuni punti in forma del tutto sommaria che possono servire di traccia per un accordo sul disarmo, come dall'unito foglio di cui copia è consegnata all'Ambasciatore Chambrun.

L'Ambasciatore Chambrun apprezza perfettamente ie ragio>ni addotte dal Capo del Governo. Osserva a proposito del controllo che le esperienze passate in questo campo non sono state molto felici perché la Germania ha saputo sottrarsi completamente ad ogni forma di controllo. Vorrebbe che il controllo si estendesse alle fabbriche militari e private ed ai contingentamenti. Pensa anche che forse sarebbe opportuno mettere in rap.po·rto hl riarmo parziale della Germania con l'aumento di effettivi concessi dal Piano inglese.

Il Capo del Governo non ha difficoltà; a proposito del controllo però osserva che la formula proposta è sufficientemente comprensiva e che il controllo in avvenire potrà essere esercitato da una Commissione internazionaie in forma efficace.

L'Ambasciatore si riserva di studiare d'accordo con Palazzo Chigi la forma per allacciare il riarmo alla questione degli effettivi. L'Ambasciatore assicura il Capo del Governo che si farà propugnatore di queste idee presso il proprio Governo e non esclude di fare a tal fine un viaggio a Parigi.

ALLEGATO

DESARMEMENT (l)

l. Convention pour l'abolition de toute espèce de guerre chimique et bactériologique. Destruction dans le délai de deux ans de toute usine destinée à la préparation de ce genre de guerre, et de tous !es stocks préparés pour cette éventualité (instruments, machines, munitions, etc.).

2. -Convention qui défend le bombardement aérien des populations civiles. 3. -Reduction et uniformisation des effectifs terrestres d'après !es lignes du Projet Britahnique. 4. -Engagement, de la part des Etats signataires, à procéder à une réduction des armes offensives après la période d'épreuve de la Convention actuelle, d'une durée non inférieure à quatre années. 5. -Engagement à ne pas dépasser, pendant cette période, le standing actuel des armements terrestres et aériens, ainsi que des dépenses y afférentes. 6. -Concess~on aux Puissances désarmées d'une quote-part des armes défensives. La quote-part sera réalisée par étapes et par accords successifs. 7. -Le problème naval sera repris en examen à l'échéance du Traité de Washington. 8. -Institution et fonctionnement de la Commission permanente du désarmement d'après les lignes du pian britannique. 9. -Contrale -Partant du projet britannique lui donner un caractère périodique, permanent ou automatique. 10. -La Conférence se réunira de nouveau le l er Janvier 1938 pour fixer les modalités de la seconde période.

(l) Al colloquio assisteva Suv!ch che redasse !l seguente appunto.

146

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. R. P. Bled, 4 settembre 1933.

Preferisco parlare senza equivoco, e perciò Le scrivo personalmente. Mi riferisco al «notiziario , trasmesso dal R. Console Generale in Zagabria il 2 c.m. con n. 3778/500 (2).

Sulla questione croata e più ancora sulla sua forza effettiva a mutare alcunché della situazione interna jugoslava ho troppe volte espresso il mio pensiero perché ritorni a tediare con i soliti argomenti, e più ancora con le prove di fatto che il succedersi degli avvenimenti ha fin qui offerto senza possibilità di dubbie interpretazioni.

Ho poi di recente, inviando lo stato della situazione interna dal 28 maggio al 20 agosto 1933 concluso che mai essa era sembrata più .salda e sicura. Il rifiuto di ricostituirsi legalmente sotto l'egida delle leggi vigenti dato alla domanda del vecchio partito radicale (la cui domanda fu spontanea e niente affatto combinata commedia col Governo come si è creduto e si crede dall'opposizione croata, né qui a Bled venne mai nessun inviato o rappresentante del detto partito a tal fine come fu riferito da detta opposizione al nostro Consolato Generale di Zagabria. V. rapporto di detto Consolato inviato nei primi del decorso mese di agosto) (l) è la più precisa e forte prova del senso di sicurezza che risente oggi il Governo.

Voci contrarie sorgono di tanto in tanto nella opinione pubblica francese e nella inglese. La pubblicazione recente del Temps fa seguito ad altre sporadiche di qualche scrittore e pubblicista francese e deve essere considerata con interesse. Così pure la visita che ora il Comm. Umiltà riferisce del deputato inglese Evans (2) deve essere annotata come sintomo di una parte dell'opinione pubblica inglese verso la Jugoslavia.

Se posso ritenere, per molti segni, che la politica ufficiale francese ed il suo giudizio sulla condotta seguita dal Re non hanno subito mutamenti, sono in grado di assicurare categoricamente che la corrente ostile alla dittatura che esiste in Inghilterra e che ha i suoi rappresentanti ed esponenti in qualche gruppetto laburista e nelle persone di Steed, di Seaton Watson etc. etc., non ha alcuna influenza sulle direttive del Foreign Office.

Le riunioni ed i conseguenti progetti degli emigrati croati sono pure accademie senza risultato. Senza volere toccare menomamente la nobiltà di idee da cui sono spinti gli emigrati croati e mettere la loro azione ano stesso livello morale, essi con le loro conventicole non hanno oggi maggiore influenza in Jugoslavia di quella che hanno le riunioni degli antifascisti a Parigi.

Ciò nonostante se per motivi superiori si ritiene che debbansi mantenere dei contatti con l'opposizione croata il farlo attraverso il R. Console Generale in Zagabria sistematicamente e regolarmente può condurre a compromissionl e situazioni delle più imbarazzanti. Ella non ignora le accuse che vengono fatte circa la introduzione di armi. Si susseguono i processi, prima al Tribunale per la Difesa deillo Stato, poi a quello ordinario di Gospic che si svOilgono sul ritornello del contrabbando di armi fatto da Zara e, quanto meno, tollerato dalle Autorità italiane.

Se un incidente dovesse verificarsi per questi contatti fra la opposizione croata ed il Console Generale d'Italia (per quanto egli abbia dimostrato in

(l} Non pubbllcato.

« Il deputato liberale inglese Evans ha visitato pochi giorni fa a Zagabria Trumbic e la vedova di Radic, come pure molti viJlaggi. Ha detto di essere molto bene informato della questione croata, che sarà risolta, al più tardi entro un anno. Tutti i tre partiti politici in Inghilterra sarebbero già pienamente d'accordo sulla liberazione dei croati •·

questi due anni molta prudente e riuscita accortezza) non ci vuole molto a vedere la situazione imbarazzante in cui quel R. Ufficio si troverebbe, e quali facili induzioni se ne farebbero e quali connessioni. Non che la natura dell'incidente sarebbe analoga, ma è bene ricordare quelli per spionaggio succedutisi a Belgrado e che si legano ai nomi del Colonnello Visconti, del Comandante Giartosio, del Capitano San Giorgio, oltre i minori di Themel a Skoplje e Garroni a Lubiana.

Lascio quindi al suo giudizio l'influire per il meglio in questa delicatissima e scabrosa questione.

(l) -Annotazione a margine: «Testo definitivo del 10 punti concordato coll'ambasciatore di Francia e a lui consegnato Il 4 settembre 1933. Ed. !n Documents Diplomatiques Français, 1932-1933, t•re sér!e, vol. IV, p. 304. (2) -Non pubbl!cato.

(2) Col t. posta 3778(500 sopra citato Umiltà aveva riferito:

147

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 3667/424 R. Addis Abeba, 5 settembre 1933, ore 14 (per. ore 18).

Signor Diamandara, di origine greca recentemente naturalizzato abissino, segretario particolare di ras Cassa e divenuto ora direttore al ministero dell'agricoltura e capo servizio informazione e spionaggio etiopico, mi ha fatto sapere per interposta persona che il 19 corrente si imbarcherà sul piroscafo francese «André Lebon ~ diretto a Porto Said donde proseguirà per il Cairo dovendovi accompagnare figlia di ras Cassa ammalata. Ta.Je sarebbe però scopo apparente del suo viaggio, perché egli avrebbe ricevuto incarico dal Governo etiopico di mettersi in contatto col ministro di Jugoslavia al Cairo per iniziare trattative per accordo commerciale che dovrebbe coprire tentativo di un patto di reciproco aiuto contro di noi, e per cercare acciocché venga creato un residente jugoslavo in Addis Abeba.

Il presente telegramma continua con iJ nume•ro successivo (1).

148

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3668/425 R. Addis Abeba, 5 settembre 1933, ore 12 (per. ore 20,30 del 6).

Seguito telegramma precedente (2). Diamandara ha specificato che subito dopo la guerra ministro Jugoslavia a Costantinopoli Tchaponitch d'acco·rdo con tale Rossolato bey avvocato, che si interesserebbe delle rivendicazioni abissini copti a Gerusalemme, ha chiesto al Governo etiopico una alleanza militare mirante ad una vera e propria cooperazione militare in caso di guerra italajugoslava. La cosa restò allora senza seguito.

Diamandara aggiunse invece che ora dopo la conclusione del patto a quattro che avrebbe destato preoccupazioni qui, Governo etiopico avrebbe intenzione riprendere le conversazioni. A tale scopo per non destare sospetti si servirebbe di lui come persona non ufficiale: salvo pregare il Governo di Belgrado ove le cose potessero combinarsi, di inviare qui qualcuno fargli conoscere le modalità dell'accordo per il caso che l'integrità territoriale di una delle parti dovesse essere attaccata dall'Italia.

Diamandara notoriamente corruttibile mi ha informato di essere a mia completa disposizione e che anzi, poiché la figlia di ras Cassa desidera essere curata da un medico italiano, mi domanderà una lettera di presentazione per il R. ministro al Cairo. Diamandara verrà in legazione a tale scopo venerdì e mi riservo telegrafare ulteriori dettagli.

R. addetto mtlita:re ha informato ministe.ro deUa guerra (1).

(l) -Cfr. n. 148. (2) -Cfr. n. 147.
149

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1623/198 R. Roma, 5 settembre 1933, ore 24.

Suo telegramma 367 (2).

Occorre anzitutto rettificare quanto questo incaricato affari avrebbe comunicato a cancehleria federale. Egli chiese arresto qua1Jtro e·vasi. Malgrado sue rinnovate ed anche inopportunamente insistenti richieste che parlavano subordinatamente di estradizione, gli venne risposto che nulla ancora constava al ministero degli esteri che ci saremmo informati, ciò che era esatto. Venne anche fatto subito presente che l'estradizione si presentava come da esciludersi e quindi anche difficile l'arresto; al più gli evasi sarebbero stati posti sotto sorveglianza. È tornato più volte a sollecitare risposta e dalle ripetute ed assolutamente generiche assicurazioni avute di semplice interessamento senza nessun affidamento avrebbe dovuto essere più cauto nelle sue comunica~oni costì, comprendendo meglio delicatezza situazione.

Sta di fatto che giusta nostra legislazione e pratica tradizionale in materia nessuna autorità giudizia.ria italiana avrzbbe concesso nena fattispecie una estradizione e quindi il fermo non avrebbe potuto essere mantenuto. Prego quindi dire a mio nome al signor Dollfuss che sarebbe assurdo .voler drammatizzare episodio cui conseguenze dannose si esauriscono con il fatto stesso della evasione.

Attitudine nostre autorità non poteva essere diversa, ed ha valso a liquidare subito una situazione delicata e in modo da darci vantaggio nei riguardi di Berlino che potrà essere opportunamente sfruttato.

Ricordando anche precedente nostro fermo atteggiamento nei riguardi delle mene di von Kothen a Tarvisio V. S. potrà. assicurare cancemere nel modo più formale che nulla è mutato nelle valutazioni italiane della situazione austriaca.

(l) Mussolinl rispose on t. r. 1640/249 R. del 9 settembre Invitando VInci a mantenere Indiretti contatti con Diamandara al fine di conoscere quale accoglienza Il Governo dl Belgrado avrebbe fatto alle proposte etiopiche ma, dall'esame della corrispondenza telegrafica, non rlsulta che la questione abbia avuto set:ulto.

(2) Ctr. n. 143.

150

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'ADDETTO MILITARE D'AUSTRIA A ROMA, LIEBITZKI

APPUNTO. Roma, 5 settembre 1933.

Il Signor Liebitzki è venuto a trovarmi per incarico del Cancelliere Dollfuss. Il Cancelliere lo ha pregato di informarci che in questi ultimi giorni sono ritornati in Austria alcuni nazionalisti austriaci fuggiti dai campi di concentrazione in Baviera. Questi ex rifugiati politici raccontano che nei vari campi sono riuniti da dieci mila a diciassette mila uomini, che sono trattati male, e che si parla continuamente, e come di un fatto preciso, di una invasione in AustJria che sarebbe preceduta da una sollevazione dei nazionalsocialisti in Austria stessa. Il Cancelliere non ha conferma di tali notizie, che tuttavia ritiene debbano essere considerate molto serriamente. Pe·r tale eventua'lità egili ha incaricato l'Addetto Militare di mettersi in rapporto con noi per prendere degli eventuali accordi. L'Austria potrà disporre di nuclei di truppe di copertura alla frontiera ma dovrà tenere il resto dell'esercito nell'interno del Paese per reprimere gli eventuali movimenti dei nazi.

Il Colonnello Liebitzki si mette a nostra disposizione per gli eventuali accordi di carattere militare; chiede però se gli si possa dare una risposta in via di urgenza dovendo egli ripartire di nuovo per Vienna tra qualche giorno. Mi riservo.

151

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. PER CORRIERE 1626 R. Roma, 6 settembre 1933, ore 19.

V. E. già certamente conosce l'episodio della evasione dell'Hofer dalle carceri di Innsbruck, il suo passaggio della frontiera italiana con tre complici, l'accordato permesso di partire in volo per la Germania, da cui è giunto un apparecchio con, pare, a bordo il signor Habicht, ciò che poteva in realtà essere evitato.

Dalla radio di Monaco ed altre stazioni germaniche è stato subito e in forma non molto opportuna messo in evidenza l'atteggiamento benevolo e cortese delle autorità italiane.

Riteniamo che il Governo e l'opinione pubblica germanica debbano essere soddisfatte del modo e della rapidità con cui l'episodio è stato liquidato e ne debbano trarre una nuova conferma sulla sostanza del nostro reale apprezzamento e delle nostre intenzioni sul delicato argomento delle relazioni austrogermaniche.

Resta costante il nostro desiderio che tali relazioni ritornino, appena possibile, normali e vorremmo che anche da parte germanica vi fosse maggiore comprensione della situazione.

Diamo atto che, dopo le assicurazioni date a V. E. il 5 agosto u.s. (l) dal signor von Bfilow a nome del cancelliere e di von Neurath, effettivamente sono cessate le incursioni aeree, ma per la radio, pur non attendendocene una completa soppressione ma una graduale attenuazione che dapprima fu difatti constatata, ora da qua.lche tempo •la propaganda ha ripreso ed alcuni giorni addietro un ignoto oratore della radio di Monaco e altre stazioni germaniche svolgeva evidentemente ad uso interno austriaco e non interno germanico la teoria che il giuramento degli impiegati al Governo non ha valore giuridico e che il passaggio oltre frontiera di reparti armati non è tradimento alla bandiera in quanto fede è stata giurata alla patria e non al Governo.

Lo stesso episodio dell'accordata partenza deli'Hofer da Bolzano per la Germania viene sfruttato a scopo di propaganda anti-austriaca con veramente poco senso di opportunità nei nostri riguardi e con errato apprezzamento dei motivi reali che hanno inspirato la nostra linea di condotta.

Desidero quindi che dal perdurare della campagna radio e dal nostro atteggiamento per l'Hofer V. E. tragga motivo per interessare nuovamente in forma sempre confidenziale ed amichevole codesti elementi responsabili del Governo e del partito sull'argomento dei rapporti austro-tedeschi e su tutta la convenienza che, anche da parte germanica, come avviene da parte nostra, ci si ispiri alla direttiva di evitare un acuirsi di contrasti per raggiungere una distensione di animi e una normalizzazione di rapporti <2).

152

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3669/368 R. Vienna, 6 settembre 1933, ore 23 (per. ore 6 del 7 ).

Telegramma di V. E. n. 198 (3).

Cancelliere mi ha detto che egli si è reso perfettamente conto della reale proposizione deUa [questione] Hofer; che eg.li ha ben compreso deHcatezza situazione e impossibilità dell'estradizione per reati politici; e che di ciò facevano prova gli sforzi da lui compiuti per calmare apprensione sfere politiche e per impedire che la stampa desse alcun rilievo alla questione.

15 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Ciò nonostante doveva ripetermi che opinione pubblica è rimasta fortemente depressa per accaduto; che essa, che è a ragione persuasa che c tutto è nelle mani di Musso lini :. , è attentissima ad ogni minimo atteggiamento di Roma; e che magnifici effetti prodotti su di essa dal convegno di Riccione rischiano essere menomati dalil'impressione destata dalla questione di cui sopra e specialmente dalla partecipazione delegati italiani alle cerimonie di Norimberga.

Per i predetti motivi egli doveva insistere meco nella vivissima preghiera per una nostra sollecita azione intesa far cessare propaganda antiaustriaca per radio rinnovatasi proprio iersera. Tale successo avrebbe i migliori effetti e varrebbe a rincorare opinione pubblica. Doveva quindi raccomandarmi di rappresentare nel modo migliore questa sua calda e personale preghiera, ringraziando fin da ora per queUe comunicazioni che V. E. vorrà fargU pervenire.

(1) -Cfr. n. 58. (2) -Cicconardi rispose con t. per corriere 3801/587 R. del 13 settembre, richiamando l'attenzione di Mussolini sul telespresso 1604 del 5 settembre nel quale la legazione a Vienna aveva r<iferito che l'agenzia ufficiosa Conti invitava i giornaH, a nome del Ministero della Propaganda, a non dare troppo rilievo alla presenza di Hofer a Norimberga. (3) -Cfr. n. 149.
153

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3671/194 R. Tirana, 6 settembre 1933 (per. il 7).

Ho avuto oggi lungo colloquio col Re. Egli mi ha detto:

l. -che le difficoltà attualmente esistenti fra i due paesi dovranno essere superate e che egli si adopererà con ogni sforzo per appianarle. I rapporti di alleanza restano comunque sacri ed intangibili e i suoi sentimenti di sincera ed intima collaborazione immutabili;

2. --che intanto egli si vede nella necessità di procedere ad una nuova immediata contrazione di bilancio con economie specialmente nelle spese militari e con grave alterazione quindi della organizzazione delle forze armate (trattasi delle riduzioni di cui al telespresso di questa R. legazione n. 217 del 31 u.s.) (l). 3. --che la situazione economica del paese è tale da rendere urgente un nuovo esame degli scambi commerciali con gli altri paesi e quindi l'immediata denuncia dei trattati commerciali ancora esistenti; 4. --che a causa delle gravi difficoltà di bilancio è assolutamente impossibile alla finanza dello Stato di procedere ad un qualsiasi pagamento in conto debito S.V.E.A. e che pertanto il ministro delle finanze dirigerà in questi giorni una lettera alla S.V.E.A. per domandare di soprassedere ad ogni richiesta di pagamento nel corso dell'attuale esercizio.

Ho fatto presente al Re che, se in conformità alle difficoltà finanziarie del paese egli si vedeva costretto a procedere ad una riduzione delle spese militari,

ciò che sembrava meglio rispondere a quello spirito di pacificazione dei popoli che si fa sempre più vivo da quando il patto di Roma è divenuto una realtà viva ed operante, il piano di riduzione delle forze armate deve esser fatto tenendo presente il progetto redatto dall'addetto militare e devono essere mantenuti gli organizzatori, nonché gli operai e soldati addetti ai lavori delle fortificazioni le quaJ.i dovranno essere continuate e comp:J.etate oltre Librazhdi secondo i piani dell'addetto militare. Il Re ha pienamente consentito.

Quanto alla denunzia del trattato di commercio ho rilevato che il momento mi pareva poco adatto per procedere ad una misura che non sembra conforme a quei sentimenti così frequentemente espressi di cordiali e intimi rapporti di collaborazione fra i due paesi, non si sorprendesse se il Governo fascista, che in omaggio non solo al trattato esistente, che è stato in varie occasioni turbato da parte albanese, ma in considerazione sopratutto delle difficoltà economiche del paese si era astenuto dal prendere provvedimenti di difesa della propria posizione, dovrà decidersi ad introdurre tariffe doganali tanto insistentemente reclamate dai suoi produttori anche se potranno essere di nocumento ai produttori albanesi. Il Re mi ha .risposto che la denunzia del trattato non dovrà dare in nessun modo motivo a far credere all'esistenza di turbamento dei rapporti commerciali fra i due paesi; essa verrà accompagnata dalla nomina di delegati che dovranno subito prendere contatto con Roma per giungere ad un nuovo assetto degli scambi commerciali fra i due paesi nei sei mesi in cui il trattato rimarrà ancora in vigore.

Quanto alla S.V.E.A. ho cercato inutilmente di far comprendere al Re che per guadagnarsi disposizioni ancora più favorevoli della società creditrice sarebbe stato preferibile che il ministro delle finanze in questo nuovo riassetto del bilancio avesse mostrato la buona volontà di iscrivere finalmente una quota di pagamento in conto del debito, anche se limitata ad un milione.

Intrattenendoci infine sulla situazione generale dei rapporti fra i due paesi ho detto al Re che la misura dell'obbligatorietà dell'insegnamento della lingua italiana (di cui mi aspettavo la pubblicazione nel giornale ufficiale e il regolamento da redigersi in collaborazione col nostro organizzatore culturale) ha fatto buona impressione a Roma soprattutto perché, pur trattandosi di misura da lungo tempo annunziata secondo precedenti impegni, vi si è vista una disposizione favorevole per giungere ad altri provvedimenti che avrebbero dato la possibilità di un serio e rapido avviarsi alla normalizzazione dei rapporti, cui ambedue le parti certamente aspirano con eguale sincerità. Ho accennato al problema delle scuole assicurandolo che sarei stato pronto ad esaminare la formula più adatta per giungere alla riapertura.

Sebbene però la questione della riapertura delle scuole sia ormai ammessa dalla grande maggioranza dei dirigenti e dallo stesso entourage del Re, desiderosi di giungere rapidamente ad una ripresa di collaborazione con l'Italia che metta fine alla critica situazione che attraversa il paese, Re Zog non è ancora convinto della necessità di entrare nel nostro ordine di idee. Conviene aspettare. L'applicazione delle nuove economie che produrrà vivo malcontento nei circoli militari e impiegatizi segnerà certo una nuova importante tappa verso la maturazione della situazione.

(l) Non pubbllcato.

154

COLLOQUI FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL CAPO DELLE HEIMWEHREN, STARHEMBERG (l)

APPUNTO. Roma, 6 settembre 1933.

Esaminata la situazione interna austriaca e particolarmente delle Heimwehren, il Capo de'I Governo approva la seguente linea di condotta:

l) Il Principe Starhemberg non entra nel Governo di Dollfuss fino a che Io stesso mantiene l'attuale costituzione: può invece entrare Steidle rafforzando il gruppo dei Ministri Heimwehristi.

2) Le Heimwehren non entrano per ora nel fronte nazionale.

3) Le Heimwehren mantengono i rapporti di collaborazione col Governo di Dollfuss, ma tengono una linea riservata, data l'inammissibilità di fusione completa con gli elementi liberali democratici che fanno parte del Governo stesso.

4) Le Heimwehren esercitano una continua pressione sul Governo Dollfuss perché si indirizzi sempre più verso una politica dittatoriale e di carattere fascista.

5) Si approfitterà del primo momento in cui Dollfuss avrà bisogno di aiuto per ottenere da lui l'allontanamento degli elementi indesiderati, particolarmente Winkler e Schumy, e l'ingresso del Principe Starhemberg con la funzione di vice cancelliere.

Alle stesse condizioni, cioè allontanamento dalla direzione degli elementi indesiderabili, le Heimwehren possono entrare nel fronte patriottico, assumendone assieme a Dollfuss la direzione (2).

155

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SùVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI DI GERMANIA A ROMA, SMEND

APPUNTO. Roma, 6 settembre 1933.

Il Signor Smend è venuto a chiedermi, in relazione a nostra precedente comunicazione, quale è il nostro programma in materia di disarmo. Egli ricorda

«Dollfuss parlando allo Starhemberg del suo prossimo programma d! Governo gli ha fatto cenno alla sua intenzione d! sciogliere l sindacati operai e tutte le organizzazioni economiche di partito, d! creare semp!l"e nuove difficoltà finanziarle al Comune di Vienna In modo da costringere l rappresentanti del marxlsmo austriaco a.d uscire dal loro attuale riserbo ed a dargli modo di attaccarli a fondo, ma ha dato altresì al suo! lnterlocutorl (lo Starhemberg ed il Re!chel) l'impressione di voler continuare nell'attuale condotta d! cautele, d! riguardi e di temporeggiamenti. Pur senza dirlo esplicitamente, egli av:rebbe lasciato comprendere che tale linea di azione aveva trovato a Riccione l! consenso d! S. E. Il Capo del Governo, nè, d'altro canto, ha detto a Starhemberg una parola sugll eventuali apprezzamenti d! S. E. Mussollni nei riguardi delle Heimwehren e sulla parte che queste potrebbero aveq-e nel più Immediato sviluppo della polltlca austriaca •·

che era stato detto a.lil'Ambasclatore von Hasse11 che .ci saremmo interessati presso i francesi per sentire se e in quanto potevano aderire al memoriale tedesco presentato a suo tempo a Henderson. La Germania vedrebbe molto volentieri quest'opera di mediazione italiana.

Ho risposto che abbiamo preso i primi contatti con l'Ambasciatore francese a Roma (l) e che è nostra intenzione di intensificare nei prossimi giorni la nostra azione per cercare una soluzione per il disarmo.

È chiaro che oggi la Francia non ha nessuna intenzione di disarmare. E quindi una soluzione bisognerà cercarla piuttosto nello stabilire un periodo di transizione in cui si potrebbe fare qualche concessione alla Germania nel campo delle armi difensive da lei ancora non possedute. È evidente che in questo campo bisogna procedere con molta prudenza, dato non solo l'atteggiamento della Francia, ma anche quello dell'Inghilterra e dell'America che dimostrano una forte preoccupazione per l'attuale politica tedesca e si dimostrano contrarie ad un riarmamento in qualunque forma della Germania. Si capisce che bisognerà superare la pregiudiziale della sicurezza, ma qui la soluzione può essere data dal controllo proposto dalla Francia in massima già accettato dalla Germania.

Il Signor Smend fa presente che però il suo paese sarebbe contrario, come è stato già dichiarato a Henderson, ad un periodo transitorio in cui il controllo si esercitasse soltanto a carico della Germania.

Il Signor Smend mi prega di tenerlo al corrente degli ulteriori sviluppi della questione. Io rispondo che lo farò senz'altro, ma che per qualche tempo non potrò dirgli nulla perché si tratta prima di sondare i francesi. L'Incaricato d'Affari germanico è d'accordo e ringrazia.

(l) -Ai colloqui era p!'esente Suvtch che riassunse le conclus·ionl raggiunte. (2) -In una lettera del 24 agosto Morreale aveva riferito, tra l'altro quanto segue:
156

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3675/150 R. Budapest, 7 settembre 1933, ore 22,15 (per. ore 2 dell'B).

Telegramma di V. E. n. 1618/C (2).

Come V. E. avrà visto dalle mie Stefani n. 8207, 8232 e 8266 (3) accoglienze calorose. Ugualmente favorevole appare impressione suscitata dal patto nei circoli governativi ungheresi, tanto più notevole ove si tenga presente intran

sigenza di principiO qui prevalente finora in materia; presidente Gombos che ho oggi intrattenUJto a lungo suLl'argomento mi ha detto: «Concordo tanto anche in tale forma con direttive del Duce che mi propongo imitarlo nella misura consentita alla nostra diversa situazione politica». Ha aggiunto che avvicinamento ungaro-sovietico dovrebbe limitarsi in un primo tempo allo stabilimento di rapporti di commercio. Prossima sua visita ad Angora dovrebbe offrirgli occasione per avviare negoziati in tal senso.

Mi riservo ulteriori precisazioni.

(l) -Cfr. n. 145. (2) -Cfr. n. 140. (3) -Non pubblicate: riferivano circa le accoglienze in Ungheria al patto !taio-sovietico.
157

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 3710/8329/1431 R. Budapest, 7 settembre 1933 (per. il 10).

A telespresso personale di V. E. n. 7054 del 29 agosto u.s. (1).

Ho intrattenuto mezz'ora fa presidente Goemboes, nella forma prescrittami sul contenuto dei due appunti trasmessimi col foglio citato, presidente ha osservato anzitutto: «Quanti giorni durerà ancora il Gabinetto Dollfuss? ».

Chiestogli se le ultime notizie in suo possesso erano veramente tali da far ritenere imminenti le dimissioni del cancelliere, ha risposto: «LI mio pessimismo deriva dal fatto che Dollfuss, anche a causa di Miklas, si ostina a fare il cristiano sociale. Il suo Governo non è unitario: non si può fare la dittatura con un Gabinetto di tre partiti, e per di più in disaccordo. Il programma segnatogli dal Duce a Riccione è perfetto; è tale, da consentire il salvataggio anche nell'odierna grave situazione. Occorrerebbe però attuarlo subito, e chiamare in ispecie al Governo le Heimwehren. Quali che siano le personalità che potranno rappresentarle nella combinazione, occorre partecipino immediatamente al Governo, a spese dei cristiano sociali che sono superati».

Circa quanto dichiarato dal cancelliere austriaco a Riccione, il generale Goemboes mi ha detto in particolare: «Mi sembra che Dollfuss in genere non abbia dato risposta soddisfacente ai quesiti italiani. È vero che per la parte concernente la politica estera esso si è dichiarato d'accordo, ma in quella materia egli nulla deve fare; nella parte interna invece, in cui dovrebbe agire -e subito -esso stesso, mi pare abbia rimandato in sostanza l'adozione dei provvedimenti indicatigli: gli argomenti addotti contro la partecipazione di Starhemberg e di Steidle al Governo -ha concluso -sono a mio parere pretesti».

Riferisco per filo e col corriere prossimo circa gli altri argomenti odierna conversazione.

(l) Non rinvenuto: trasmetteva probabilmente 1 vocbaH delle conversazioni d! R!cc!one.

158

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. PER CORRIERE 1629 R. Roma, 8 settembre 1933.

Telegramma di codesta legazione n. 1214 del 31 agosto u.s. (1).

Confermo le istruzioni contenute nel mio telegramma per corriere 18 ago

sto u.s. n. 1575/10673 (2).

La S. V. potrà comunicare a codesto Governo, quando e nel modo che crederà più opportuno, che la pubblicazione del decreto reale che rende obbligatorio l'insegnamento della lingua italiana in tutte le scuole medie dell'Albania e la disposizione in base alla quale si destina in Italia l'BO% degli studenti muniti di borse governative, pur essendo provvedimenti adeguatamente apprezzati dal R. Governo, non sono tuttavia sufficienti, da soli, a dimostrare le sincere amichevoli disposizioni del Governo albanese nei nostri riguardi.

In primo luogo, come giustamente rileva V. S. è soltanto in base all'applicazione delle disposizioni in parola che noi potremo renderei esattamente conto se esse rappresentino qualche cosa di più di un bel gesto.

In secondo luogo, il R. Governo si attende anche che, giusta le conversazioni dalla S. V. avute con Abduraman Krosi e Gjafer Vi1la e di cui al suo telegramma per corriere n. 166 (3), il Governo albanese proceda alla riapertura delle scuole confessionali, pur !asciandolo libero di scegliere, a tal fine, quella forma (per esempio, approvazione preventiva dei programmi, controllo governativo, esami di stato ecc.) che credesse più opportuna per mascherare di fronte al paese la sua ritirata.

È solo quindi dopo che ciò sarà avvenuto che il Governo italiano potrà, da parte sua, prende.re in considerazione la possibilità di adottare quarlche provvedimento -mi rifed'isco in concreto alla sua proposta di riprende·re tl pagamento dei mandati in sospeso -che dimostri le nostre buone disposizioni per un benevolo esame delle questioni pendenti fra i due paesi.

159

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1632/201 R. Roma, 8 settembre 1933, ore 19.

·Riferimento suo 368 (4). Veda spiegare cancelliere che nel caso Hofer ci siamo regolati nel migliore dei modi, essendo evidente trattarsi delitto po!litico. Non 1pare neanche ammis

{2) Cfr. n. 101.
{4) Cfr. n. 152.

sibile avvicinamento di questo episodio con tutto atteggiamento politica italiana favore Austria quasi questa potesse essere neutralizzata da quello. Non escludo f.ra quailche tempo pote.r fare nuove premure per cessazione campagna radio se mi sarà presentata documentazione sufficiente a giustificare tale intervento.

(l) -Riferimento errato: si tratta forse di un telespresso non rinvenuto. (3) -Cfr. n. 90.
1

Vassif bey mi esclude che Ruschdi bey abbia mai proposto alla Russia di trattare colla Piccola Intesa come 5a grande Potenza.

2

Tsaldaris va ad Angora (tragitto di mare su di una nave da guerra) per firmare un trattato di sicurezza e di rispetto delle frontiere. Ismet Pascià proporrà alla Bulgaria di aderire, ma se la Bulgaria rifiuterà, il Patto sarà firmato colla Grecia.

3

Belgrado ha proposto un patto di arbitrato, non aggressione e neutralità: si finirà per firmare il patto ma con esclusione della neutralità.

4

Nessun accenno al prestito.

161

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 8 settembre 1933.

li Signor Chambrun è venuto ad informarmi della prima risposta avuta da Parigi sulla questione del disarmo di cui anche lettera odierna è stata diretta a S. E. il Capo del Governo (2). Nel telegramma ricevuto da Parigi è detto che

si apprezzano al loro pieno valore i sentimenti che hanno ispirato le proposte del Capo del Governo italiano. Si agg,iunge anche che a Roma ci si renderà conto che alcune di queste proposte sono in contrasto con la posizione tradizionale assunta da tempo dalla Francia. Si continua dicendo che la cosa verrà messa allo studio con la massima premura e si fa riserva di riferire al più presto. Si vorrebbe in ogni caso arrivare ad un chiarimento preciso prima dell'arrivo di Eden a Parigi, dato che altrimenti il Governo francese si troverebbe in grave imbarazzo nel trattare con gli inglesi con quella chiarezza ,che è stata sempre mantenuta nei rapporti tra i due Paesi.

Rilevo quindi che per ora è intenzione del Governo francese di non mettere al corrente gli inglesi dello scambio di idee avvenuto. Ripeto all'Ambasciatore che ad ogni modo vorremmo essere noi a informare gli inglesi dei suggerimenti del Capo del Governo.

L'impressione dell'Ambasciatore è che le suggestions non siano state accolte con sfavore a Parigi, anche nella loro parte sostanziale a parte il sincero apprezzamento del Governo francese per l'opera di mediazione assunta dal Capo del Governo.

L'Ambasciatore di Francia mi chiede se le indicazioni del Governo debbano ritenersi ferme o come una indicazione per discutere. Gli dico che non c'è nessun dubbio: sono una parte passibile di discussioni e di modificazioni.

Il signor Chambrun mi chiede come io veda il prossimo sviluppo della questione. Gli rispondo che io penso che il Governo francese dovrà rispondere in massima favorevolmente al maggior numero dei punti. Potrà fare qualche obiezione per ragioni di principio e di linea tradizionale francese su altri, ma dovrà persuadersi che la soluzione prospettata è l'unica che permetta di uscire dalla presente impasse.

Bisogna pure trovare la soluzione di questo dilemma se non si vuole fare fallire ignominiosamente la Conferenza: o disarmare sul serio mantenendo gli Stati disarmati al livello attuale, o concedere agli Stati disarmati un progressivo avvicinamento alla posizione degli altri. Si nota poi anche che il giorno che la Conferenza fosse fallita, i tedeschi potranno affermare -e sarà difficile dare loro del tutto torto -che riarmano in base ad una esatta interpretazione dei Trattati in quanto il fallimento della Conferenza sarebbe la dimostrazione palmare che gli Stati non vogliono disarmare e quindi non vogliono attenersi ai principi del Trattato di Versailles.

L'Ambasciatore mi chiede ancora quali siano secondo noi le armi difensive. Gli rispondo che non si può dare oggi una definizione precisa di tutte le discussioni che si sono svolte a Ginevra sull'argomento. È una indicazione molto vaga e generica per ora. Nel complesso si può pensare che armi difensive siano quelle a~le quaii in nessun ·Caso rinuncerebbero quando anche Ja Conferenza del Disarmo arrivasse ad un successo del cento per cento. Sempre a proposito di armi difensive da concedere alla Germania, l'Ambasciatore mi parla di un campionario. Gli faccio presente che la parola «campionario ~ non deve esser presa alla lettera. Si tratta di concedere agli Stati disarmati non soltanto un'arma per qualità, ma un certo numero di tali armi, di modo che possano avere l'impressione di aver provveduto in qualche modo al principio della loro difesa.

L'Ambasciatore mi conferma che attende ancora la risposta di Parigi sui singoli punti che poi discuterà con noi, pronto -se ci saranno delle serie difficoltà -ad andare anche a Parigi per spiegare meglio il nostro punto di vista.

Al suo viaggio darebbe il carattere di un viaggio per ragioni personali.

ALLEGATO

CHAMBRUN A MUSSOLINI

L. Roma, 8 settembre 1933.

En remerciant V. E. de Son initiative, le Gouvernement français, à qui j'avais aussitòt transmis les suggestions dont Elle a bien voulu me saisir, me charge de Lui faire savoir qu'il apprécie à leur pleine valeur les sentiments qui les ont inspirées.

C'est avec le plus vif désir d'y trouver les bases d'une entente entre les deux pays, que ces suggestions d'une si haute portée ont été mises à l'étude en toute diligence.

(l) -Autografo. (2) -Cfr. allegato.
162

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS (1)

L. P. Roma, 9 settembre 1933.

Ho avuto in questi giorni la visita del Principe Starhemberg e in due lunghe conversazioni che ho avuto con lui, egli mi ha esposto a lungo la situazione delle Heimwehren ed i rapporti delle stesse col Governo, con gli altri Partiti e coi «fronti » esistenti in Austria.

A quanto mi afferma il Principe Starhemberg -e questo corrisponde anche ad altre mie informazioni -il movimento social-nazionalista, sebbene non abbia più modo di dare pubblicità alle proprie manifestazioni, lavora sempre sotto la superficie con intensità non diminuita. È impressione però dello Starhemberg che la grande maggioranza di questi cosiddetti nazisti siano più che altro dei malcontenti, che si potrebbero domani conquistare quando il Governo ed i Partiti che fanno capo allo stesso, si mettessero decisamente sulla via di una fascistizzazione dello Stato austriaco. Si toglierebbe in tal modo a costoro il pretesto principale che giustifica la loro opposizione al Governo, quello cioè che non si svolga un'opera sufficientemente intensa e decisa per la rinnovazione dello Stato. Questa mancanza di fiducia da parte della sopradetta categoria di malcontenti ed in genere dei giovani nella politica diretta da V. E., è da ascriversi sopratutto alla permanenza nel Governo ed alla presenza in tutte le manifestazioni politiche dell'Austria ufficiale, di alcuni elementi, come i Ministri Winkler e Schumy, ai quali si nega ogni volontà ed ogni possibilità di far uscire il Paese dalla morta gora del liberalismo e della democrazia. Si ha un po' l'impressione, che io raccolgo non solo dal Principe Starhemberg,

ma anche da altre numerose informazioni che mi affluiscono un po' da tutte le parti, che la meritoria fatica spiegata da V. E. e la grande passione da V. E. portata per il rinnovamento dello Stato austriaco, siano neutralizzate dalla presenza, in posizione di primo piano nella politica, di uomini che tale idea non potranno mai sinceramente condividere.

Io sono persuaso, Signor Cancelliere, che dato il pericolo che minaccia l'Austria, la salvezza della stessa non potrà mai essere trovata in combinazioni di carattere parlamentare, ma soltanto in una difesa organizzata che poggi sulla gioventù e che si raccolga intorno ad una idea giovane. È perciò, che io sottopongo ahla SUa più attenta considerazione le impressioni che ho raccolto negli ultimi tempi e particolarmente dopo i nostri colloqui di Riccione.

Per quanto riguarda l'atteggiamento delle Heimwehren, devo dichiarare che condivido la preoccupazione del Principe Starhemberg il quale nella situazione attuale ritiene di dover mantenere un certo atteggiamento di riserva per avere maggiore libertà di azione nei riguardi di gruppi giovanili dissidenti che sono forse ancora ricuperabili.

Voglio credere che il discorso dell'H prossimo varrà a dare un tono più deciso e più spinto alla politica austriaca di rinnovamento e nell'attesa di conoscere lo svolgimento ulteriore degli avvenimenti in Austria, che seguo col massimo interesse ...

(1) Ed. In tedesco In BAILER, Geheimer Brietwechsel, clt., pp. 37-38 e in una diversa versione itallana In BRAUNTHAL, La tragedia dell'Austria, c!t., pp. 212-213.

163

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 1641/252 R. Roma, 10 settembre 1933, ore 24.

Questo R. Ministero non è di massima alieno dall'esaminare possibilità di interessare Governi francese ed inglese nel senso prospettato da V. S. con rapporto n. 641/238 dell'll Jug'lio c.a. (l) allilo scopo di concertare azione comune per cercare di inwedire che Go•verno etiopico, attraverso successive continue violazioni dei trattato Kloborukowsk.i, svuoti trattato medesimo di og.ni suo pratico contenuto con grave danno per il prestigio e gli interessi europei in Abissinia.

Poiché tuttavia è probabile che predetti Governi, di fronte nostro eventuale passo in tal senso, interpellino loro rappresentanti costì accreditati, questo

R. Ministero gradirebbe sino da ora conoscere se, nell'opinione della S. V., suoi colleghi di Francia e Inghilterra sarebbero disposti ad appoggiare presso loro Governi proposta formulata da V. S. per un più efficace intervento collettivo italo-franco-inglese presso codesto Governo.

Contemporaneamente questo R. Ministero prega V. S. voler esprimere con maggiore dettaglio suo punto di vista ed eventa:li suggerimenti circa la forma che azione comune prospettata da V. S. potrebbe assumere onde riuscire più efficace dei passi sinora svolti con scarso successo da codesto corpo diplomatico.

(l) Non pubblicato.

164

IL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, FARALLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 10 settembre 1933.

l) Scuole confessionali.

Nell'aprile scorso il Governo albanese, modificando due articoli dello Statuto, emanava una disposizione in base alla quale venivano soppresse tutte le scuole private. Il provvedimento, come risultò chiaramente dalla discussione parlamentare e dai commenti della stampa, era principalmente diretto contro gli istituti cattolici considerati focolai di propaganda «straniera) (cioè italiana), sia perché sovvenzionati dall'Italia, sia pe.rché il personale insegnante era prevalentemente italiano. E da tutti infatti tale provvedimento fu interpretato come un atto grandemente lesivo per il nostro prestigio in Albania. La riapertura quindi delle scuole confessionali (pur sotto forma di istituti equiparati con programmi preventivamente approvati dal Ministero della Pubblica Istruzione e con esami di Stato) si impone per ristabilire il nostro prestigio e, insieme all'obbligatorietà dell'insegnamento della lingua italiana, fu richiesto come provvedimento preliminare atto a dimostrare, prima dell'inizio di qualunque negoziato ufficiale, le sincere ed amichevoli disposizioni del Governo albanese nei nostri riguardi.

Scuole private italiane di Tirana e Valona.

Tale questione potrà essere invece oggetto di esame in sede di negoziati. Noi non possiamo ammettere alcuna discussione circa il nostro diritto di mantenere in Albania delle scuole per gli italiani; circa invece l'autorizzazione per gli studenti albanesi di frequentarle possiamo, per spirito di conciliazione, limitare le nostre richieste a che gli studenti albanesi che avevano iniziato i corsi presso dette scuole siano autorizzati a continuarli fino a conseguimento del diploma di maturità.

Insegnamento obbligatorio dell'italiano.

È un provvedimento più volte e da vario tempo promesso dal Re e lar~amente « scontato ) con precedenti concessioni.

Va inoltre rilevato che il decreto in se stesso è piuttosto vago e generico e che esso può essere applicato in modo da rendere praticamente irrisoria la concessione fattaci. Le recenti conversazioni avute dal R. Incaricato d'Affari a Tirana con il Ministro della P.I. stanno infatti a dimostrare come da parte albanese si intenda svuotare, in concreto, di ogni contenuto il provvedimento in questione.

Scuole professionali.

Tra gli atti che portarono all'attuale inasprimento dei rapporti tra i due Paesi, fu la pretesa del Governo albanese di mettere un direttore amministrativo nelle 4 scuole professionali da noi prima interamente dirette e amministrate. Non potendo consentire a tale ingiustificata richiesta, la R. Legazione ritirò il personale insegnante ed il materiale e attrezzamento tecnico dalle scuole di Berat, Argirocastro e Koritza, mentre procedeva alla chiusura di quella di Scutari il cui edificio e officine sono proprietà del R. Governo. Allo stato attuale delle cose a noi non interessa più la rtapertura di tutte le scuole professionali (il cui numero e la cui attrezzatura si erano dimostrati superiori ai bisogni della popolazione e rappresentavano per noi un dispendio inutile di energie); basterà ripristinare quella di Scutari che, riorganizzata ed ampliata, potrebbe rimanere, completamente in mano nostra, l'unico istituto del genere in Albania. Ove ne fossimo richiesti dal Governo albanese potremmo consentire anche alla riapertura della scuola di Koritza, ma come nostra concessione e con direzione e personale insegnante italiano come nel passato.

2) Organizzatori.

Sia in vista di effettuare nel bilancio albanese un OJ."ganico piano di economie, sia in base ai risultati finora dati dall'opera dei nostri organizzatori civili (che assai sovente non hanno dimostrato di possedere quella competenza, quella disciplina, quella sensibilità politica che la delicata loro missione richiede), non sarebbe inopportuno procedere gradatamente ad una certa riduzione del loro numero fino a mantenere tutto al più soltanto quelli previsti dall'accordo per il prestito e cioè:

Organizzatore del Ministero dell'Economia Nazionale;

Organizzatore dell'Agricoltura;

Organizzatore delle Miniere;

Organizzatore delle Finanze;

Organizzatore della Zootecnica;

Organizzatore (Direttore Generale) dei LL. PP.;

Organizzatore delle Strade;

Organizzatore dell'Educazione Nazionale.

Si rende in ogni modo necessario definire col Governo albanese i loro poteri, le lo·ro funzioni e la ~oro competenza in modo da evitare Cihe si ripetano gJi innumerevoli inconvenienti verificatisi nel passato e che la possibilità di esplicare liberamente la loro attività debba variare con il variare degli umori dei diversi ministri albanesi.

3) Organizzazione militare.

Per quanto riguarda l'organizzazione millitare l'Ufficio Albania si richiama a quanto è stato dettagliatamente esposto nel recente Promemoria presentato sull'argomento all'E. V. In ogni caso è opportuno conservare l'o~ganizzazione della Marina che, nella peggiore delle ipotesi, potrà essere da noi direttamente amministrata, anche perché ufficialmente la Marina albanese non ha, oggi, adtro impiego che queHo di prevenire il contrabbando neLle acque territoriali.

4) S.V.E.A.

II Prestito S.V.E.A. ha per noi un interesse politico fondamentale in quanto che, concedendoci la garanzia con precedenza di fronte a qualunque altro creditore sulle entrate doganali, ci mette in condizione di impedire al Governo albanese di stipulare prestiti con altri Stati. Il Governo albanese chiede la revisione degli accordi del Prestito S.V.E.A. in modo da eliminare i vincoli che ipotecano le entrate doganali ed una moratoria della durata dell'alleanza. Nessuna delle due richieste può essere da noi accordata. La questione della garanzia deve rimanere impregiudicata per non privarci di quest'arma efficacissima, mentre una moratoria troppo lunga svuoterebbe di ogni contenuto gli accordi del prestito S.V.E.A. che risultano essere sempre un forte mezzo di pressione sul Governo albanese. Potremmo invece accordare delle moratorie a breve scadenza, purché da parte albanese si proceda ogni tanto ad un qualche pagamento con il quale implicitamente si riconosca che rimangono impregiudicati i diritti dei creditori. In ogni caso le trattative devono essere direttamente svolte con i rappresentanti della S.V.E.A. e l'intervento del R. Governo non deve apparire che sotto forma di autorevole consiglio per i finanziatori del Prestito.

5) Riforma del meccanismo del servizio del prestito.

L'attuale meccanismo del servizio del prestito non è certamente perfetto, dato che esso è il risultato di un compromesso tra opposte tendenze. Però, nonostante i suoi difetti e sopratutto la sua complessità burocratica, risponde sufficientemente ai nostri interessi. In ogni modo se una qualche modifica vi deve essere apportata occorre prima procedere ad un accuratissimo esame, onde evitare che essa possa riservarci delle pericolose sorprese. Sarebbe in ogni caso opportuno che la R. Legazione in Tirana si concerti a tale riguardo con il Comm. Merlino che è, più di qualunque altro, in grado di valutare •le conseguenze pratiche che può avere una riforma dell'attuale sistema.

6) Nuovo accordo commerciale.

Il Governo albanese nel chiedere di regolare con nuove vie i rapporti commerciali tra i due Paesi, ha proposto l'adozione di un accordo basato sul sistema di tariffe preferenziali. Tale proposta non può essere da noi accettata in quanto che, legati come siamo a molti altri Stati dalla clausola della Nazione più favorita, qualunque concessione che faremmo al Governo albanese si estenderebbe automaticamente agli altri Stati con grave pregiudizio per il commercio e l'economia nazionale. Qualora quindi la situazione politica ci consigliasse realmente di venire in aiuto all'economia albanese e non si potesse realizzare a breve scadenza il progetto di un'unione doganale, ci converrà studiare un sistema di speciali agevolazioni analogo a quello adottato con l'Austria e l'Ungheria.

165

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. LXIX. Vienna, 11 settembre 1934.

Il principe Starhemberg è giunto a Vienna il pomeriggio del giorno 7 ed è stato accolto festosamente all'aeroporto dai capi provinciali qui presenti (Steidle, Fey, Alberti) nonché da una forte rappresentanza di militi. Poiché ero a conoscenza delle accoglienze che gli erano state preparate, ho preferito non accompagnarlo, nel viaggio di ritorno, fino a Vienna e, giunto con lui in aeroplano fino a Venezia, ho continuato in treno; ciò per non dare qui l'impressione che egli sia stato sempre, durante la sua visita a Roma, sotto la nostra immediata sorveglianza.

La sera deHo stesso giorno 7 c.m. Starhemberg ha con:ferito con Dollfuss al quale ha riferito di esser stato ricevuto due volte da S. E. il Capo del Governo che ha intrattenuto sulla situazione interna dell'Austria. Ha aggiunto di non essersi occupato, invece, de~~a poutica estera austriaca, che non è di propria competenza. S. E. Mussolini ha mostrato di apprezzare le sue preoccupazioni circa la difficoltà di attuare un serio programma di rinnovamento interno dell'Austria fino a quando vi saranno al governo uomini che, come il Winkler, non sono in grado di collaborare sinceramente a tale rinnovamento. Lo Starhemberg ha soggiunto essere a tal proposito impressione di S. E. il Capo del Governo italiano che, stando così le cose, il tempo, che finora ha lavorato per Dollfuss, da ora in poi Javo.rerà contro di lui. Ha quindi insistito sulla necessità di dare un carattere ben più definito al governo, mentre egli, dal canto suo, darà un ben definito carattere al movimento deHe Heimwehren odentandole in senso nettamente !fascista. DOillfuss ra risposto di non potere seguire ~o Starhemberg nella aperta proclamazione del carattere fascista deUe riforme che egili intende realizzare, ha ripetutamente chiesto a Starhemberg l'ingresso delle Heimwehren nel fronte patriottico, dicendosi anche disposto a fare nella riunione dell'undici corrente dichiarazioni programmatiche di ampie riforme che certamente avrebbero accontentato le Heimwehren; ma non si è detto disposto a «mollare) Winkler adducendo che questi gli aveva a più riprese dimostrato la sua fedeltà, sicché non intendeva contraccambiarlo con un abbandono. Malgrado Starhemberg gli abbia fatto notare che queste considerazioni di carattere personale non avevano alcun valore politico, dato che è la presenza di Winkler nel governo quella che pregiudica la situazione di Dollfuss e lo espone a sorprese, il Cancelliere, che pur nel corso del colloquio si era mostrato molto condiscendente, si è riservato una definitiva risposta in proposito. Ha promesso invece di chiamare fra un paio di settimane lo Steidle a far parte del gabinetto affidandogli il portafogli dell'istruzione. Starhemberg ha rimesso ad altra data la risposta circa la .partecipazione collettiva deUe Heimwehren al fronte patriottico, subordinandola sia alle dichiarazioni dell'll settembre, sia ai provvedimenti che il cancelliere avrebbe preso subito dopo per iniziarne l'at

tuazione ed ha condizionato la .partedpazione di una forte deputazione deUe Heimwehren al corteo patriottico dell'undici settembre all'accoglimento da parte di Dollfuss della domanda avanzatagli dal ministro Fey di dedicare allo « Schutzkorp ~ alcune migliaia di fucili da detrarre dai venticinquemila di provenienza italiana (Hirtemberg) rimasti in Austria.

Quest'ultima condizione deve essere stata soddisfatta, per lo meno Starhemberg mi ha oggi dichiarato che il cancelliere ha in massima acceduto al desiderio di Fey e che fra due o tre giorni saranno fissati i particolari: sta di fatto che le Heimwehren viennesi parteciperanno al corteo patriottico di oggi in forte numero: vi prenderanno parte anche Starhemberg e Fey. D'altro canto, poiché sabato sera il Winkler ha fatto annunciare dall'agenzia giornalistica del partito agrario che i negoziati per l'ingresso co1lettivo deJ. «fronte nazionale co.rporativo ~ da lui diretto, nel fronte patriottico procedono favorevolmente ed avendo la stampa ufficiale governativa fatta buona accoglienza a tale notizia, Starhemberg, a quanto oggi mi ha detto, diramerà alla stampa oggi stesso un comunicato per chiarire il proprio atteggiamento: dirà cioè che le Heimwehren intendono realizzare un programma di riforme in senso fascista ma non vogliono accodarsi a gente che l'opinione pubblica qualifica corruttori della politica; esse sono al seguito di Dollfuss in quanto questi ha spesso dichiarato di voler appoggiare gli orientamenti del!le Heimwehren e vi resteranno se Dollfuss vorrà continuare ad appoggiarli. Starhemberg, insomma, è del parere che alle manovre di Winkler per rafforzare la propria posizione mandando avanti il suo fronte nazionale senza, tuttavia, fare alcun atto di rinunzia (il fronte nazionale aderirebbe a quello patriottico conservando intatti e programma ed organizzazione) occorra rispondere con parole chiare. Dollfuss tiene troppo all'appoggio delle Heimwehren perché possa giuocarselo con leggerezza. In ogni modo, tanto le dichiarazioni che Dollfuss pronuncerà tra qualche ora quanto la reazione al comunicato di Starhemberg potranno portare un po' di luce. Infine Starhemberg crede che Dollfuss, pur avendo perduto in popolarità, ha sempre una forte posizione e non presta alcuna fede alle voci di crisi di gabinetto messe in questi ultimi giorni in circolazione forse da ambienti nazisti, tanto più che il congresso cattolico può considerarsi un successo del cancelliere.

Dollfuss ha offerto a Starhemberg, in occasione della festa per la liberazione di Vienna dai turchi, un'alta decorazione: Starhemberg gli ha risposto che non desidera affatto essere compromesso personalmente con una decorazione repubblicana (1).

«Alle preSI!ioni di Starhemberg per ottenere un rimanegglamento del gabLnetto (l'allontanamento di Winkler, almeno), Dollfuss ha risposto con molte cortesie, ma sfuggendo agli Impegni. Ha tentato, con ogni sorta di lusinghe ma invano («una decorazione del governo austriaco le starebbe bene per l suoi viaggi all'estero», gli avrebbe detto fra l'altro) di fare accettare a Starhemberg una grossa croce al merito repubblicano (per iscritto Starhembergha fatto sapere a Dollfuss che non credeva di meritarsela e preferiva fosse invece onorato in qualche modo Il nome della famiglia, ma a voce gli aveva detto chiaramente che non intendeva compromettersi con un ordine repubblicano), ha avuto pubbliche e lusinghiere parole per 11 discendente della grande famiglia viennese, ha chiamato Starhemberg al suo fianco allorchè a cavallo ha assistito allo sfllamento delle organizzazioni adunate lunedì scorso al «campo delle corse al trotto», ma tutto ciò è servito a migliorare la posizionepersonale del capo delle Helmwehren, che dal suo viaggio a Roma aveva già tratto notevole prestigio, non a farlo cedere ».

(l) In una successiva lettera del 14 settembre, n. LXX, Morreale riferì quanto segue:

166

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. PER CORRIERE 1644 R. Roma, 12 settembre 1933.

Suo telegramma per corriere 6 corrente n. 194 (1).

V. S. faccia intendere a codesto Governo che una sua richiesta alla S.V.E.A. tendente a ottenere la sospensione di qualsiasi pagamento durante tutto l'esercizio in corso mostrerebbe troppo chiaramente la cattiva volontà del Governo albanese di far fronte ai suoi impegni ed è qui ritenuta assolutamente inopportuna; e mentre essa non sarebbe certamente accolta dalla S.V.E.A., costringerebbe il R. Governo a disinteressarsi della questione, lasciando libero il gruppo finanziatore di fa,re tutti quei passi che ritenesse opportuni per garantire i suoi diritti di creditore.

Per quanto riguarda la minaccia del Re di denunciare il trattato di commercio, approvo quanto la S. V. gli ha risposto, essere cioè tale atto, specialmente in questo momento poco corrispondente ai sentimenti di amicizia ed allo spirito di sincera collaborazione politica che il Governo albanese tiene tanto a riaffermare.

È bene però che la S. V. tenga presente che un'eventuale denuncia da parte albanese dell'attuale trattato di commercio non preoccuperebbe eccessivamente H R. Governo, sia perché ciò ci consentirebbe di libera·rci da a•lcuni vincoli che, per il giuoco della clausola della nazione più favorita, indirettamente danneggiano sensibilmente la nostra produzione agricola -mi riferisco, tra l'altro, alla nota questione delle olive -sia perché venendo a mancare al commercio albanese il più importante sbocco per la sua esportazione, saremmo sicuri che l'economia di codesto paese risentirebbe da ciò un gravissimo contraccolpo che accentuerebbe fortemente il malumore della popolazione, dando così nelle nostre mani una nuova arma di pressione su Zog.

La S. V. quindi, pur lasciando comprendere che la denuncia del trattato di commercio non può essere considerata a Roma come un gesto troppo simpatico, si asterrà da qualunque atto che possa indurre Zog a rinunciare a mettere in effetto la sua minaccia.

167

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1648/204 R. Roma, 12 settembre 1933, ore 16,20.

Precedenza assoluta.

Dica a Dollfuss il mio compiacimento per il suo discorso di ieri, che ho letto nel sunto Stefani. Gli aggiunga anche che dopo le parole bisogna passare agli atti colla massima rapidità e decisione, nel senso di quanto fu concertato a Riccione (2).

i6 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

(l) -Cfr. n. 153. (2) -Minuta autografa di Mussolini. Suvich, come risulta da un suo appunto in pari data, incaricò IJ<)r telefono Preziosi il 13 settemba'e di fare a Dollfuss la seguente comunicazione:
168

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3761/177 R. Praga, 12 settembre 1933 (per. il 14).

Ho visto oggi il ministro aggiunto degli esteri Krofta, di ritorno dalle sue vacanze, ed ho avuto con lui una conversazione che ho avuto cura di mantenere, il più possibile, in termini generici e superficiali.

Benes torna anche lui in questi giorni dalle vacanze e sarà a Ginevra pel 22 corrente.

Dopo aver discorso di parecchi altri argomenti, Krofta mi ha fatto cenno, di sua iniziativa, alle voci di un viaggio di Benes a Roma (1). Gli ho ben precisato che a me nulla risultava di una simile eventualità. Per essere '(:»'ecisi mi ha detto Krofta -Benes ha detto più volte, intorno a sé, che egli sarebbe molto lieto di recarsi a Roma per conversare col Duce dei problemi internazionali che interessano il suo paese. Per di più un tale incontro sarebbe molto desiderato a Londra e a Parigi, che avrebbero fatto pervenire accenni in tal senso qui a Praga.

A tali incitamenti Benes avrebbe risposto che egli si recherebbe molto volentieri a Roma, ma a tal fine occorrerebbe: 1°) che egli fosse invitato dal Capo del Governo italiano, questione di protocollo facilmente regola bile;

2°) che gli argomenti da trattare fossero convenientemente preparati, essendo comunque da evitare che un eventuale incontro non fosse seguito da risultati tangibili.

«Non sarebbe ad esempio possibile -ha aggiunto Krofta -che Benes si recasse a Roma per sentirsi dire che bisogna attuare la revisione delle frontiere».

Naturalmente ho osservato il più assoluto riserbo su questo argomento, per cui Krofta ha concluso che, del resto, un eventuale viaggio di Benes a Roma non potrebbe aver luogo se non dopo i lavori autunnali di Ginevra, dove il Benes avrà ben presto occasione di incontrarsi coi delegati dell'Italia ed eventualmente parlare anche di questo.

Posso quindi assicurare V. E. che mentre ho avuto modo di sentire da fonte autentica, per paterne riferire a V. E., quali siano stati e siano -almeno apparentemente -l'azione e gli intendimenti di Benes intorno aUe voci messe in giro di un viaggio a Roma, ho avuto cura di precisare che nessuna apertura al riguardo esiste da parte del R. Governo.

Krofta ha aggiunto che si parla anche di un viaggio di Titulescu a Roma, e che al riguardo Benes ha dichiarato che egli non avrebbe nessuna difficoltà a che Titulescu andasse a Roma prima di lui (!).

«Il Capo del Governo ha letto col massimo interesse il discorso che ha molto apprezzato.

Le ripercussioni negli altri paesi sono state ottime e nel discorso stesso si è vista una

netta affermazione di un programma fascista. Ciò ha fatto una impressione piuttosto favo

revole. Non c'è quindi altro che da marciare su questa linea e tradurre In atto le buone

Intenzioni manifestate nel discorso stesso».

Parlando poi della politica in generale, ho detto a Krofta a titolo del tutto personale:

0 ) che a vev o trovato abbastanza intempestivo, da parte di Benes, il tirar fuori di nuovo discussioni sui principi e sull'antitesi tra fascismo e democrazia che condurrebbero -come egli ha fatto pubblicare dalla «Agence économique et financière ~ -a <<una lotta per la vita e per la morte». L'intempestività della polemica riaperta da'l Benes su questo vecchio argomento era apparsa dalla replica del Giornale d'Italia, che io sottoscrivevo, per parte mia, pienamente.

Krofta mi ha risposto, non senza scetticismo, che sono le vecchie idee di Benes, ed ha convenuto che questi avrebbe potuto fare a meno di pubblicare quell'articolo. Ha soggiunto -quasi a mo' di scusa -che spesso gli articoli di Benes non sono scritti da lui, ma solo firmati.

2°) che, avendo letto attentamente l'altro articolo di Benes, apparso nell'Observer di Londra del 3 corrente, trovavo -sempre a titolo personale -che la procedura da lui suggerita per una eventuale soluzione dei problemi danubiani, non si sembra pratica, in quanto ,riaf.ferma in modo categorico, che il punto di partenza dovrebbe essere la Piccola Intesa. Tale pretesa non può che determinare un irrigidimento delle potenze che non sono disposte a consentire una tale funzione alla Piccola Intesa, e quindi esplicare un'azione negativa per la risoluzione del problema.

Krofta mi ha detto che comprendeva la mia argomentazione, ma che gli obblighi reciproci degli Stati della Piccola intesa impongono una tale l.inea di condotta.

La mia osservazione e la risposta di Krofta dovrebbero, a lume di logica, dimostrare come la Piccola Intesa non sia un elemento costruttivo ma negativo di ogni sistema attuabile nell'Europa danubiana.

Nel separarci, Krofta mi ha detto che sarebbe desiderabile che io vedessi Benes prima della sua partenza per Ginevra. Non ho preso impegni al riguardo.

(Continua col n. successivo (1).

(l) Rocco aveva comunicato con telespr. 1665/1153 del 5 settembre che la stampa cecoslovacca continuava a dare larga diffusione a voci di un prossimo viaggio a Roma di Bene~. Su questo telespresso Mussollni aveva annotato: «Il viaggio non è ancora maturo ~.

169

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 12 settembre 1933.

Il Signor Chambrun mi ha detto di avere notizia da Parigi che il Governo francese si occupa attivamente della quistione del disarmo e spera di poter dare una risposta concreta ne~ più breve tempo (2).

«Questo ministro di Francia, di ritorno dalle sue vacanze, mi ha detto di aver appreso a Parigi che v. E. avrebbe detto all'ambru;ciatore de Chambrun che fra le pil'ime applicazionidel patto a 4 e delle migliorate relazioni italo-francesi dovrebbe attuarsi un'opera di moderazione che le due Potenze suggerirebbero al Governi delle piccole Potenze dell'Europa centrale e balcanica a mezzo del loro rispettivi rappresentanti.

Il ministro Noel, che conoscevo già come capo gabinetto di Lava! e che mi ha sempre professato propositi di amicizia per l'Italia, mi ha assicurato di avere iniziato cautamente una tale azione presso Benes, che avrebbe trovato nelle migliori disposizioni ».

II Signor Chambrun ha scritto una lettera personale a Paul Boncour per chiarire meglio H nostro punto di vista. Evidentemente Ja difficoatà da parte della Francia sta nella questione del materiale: se si trattasse soltanto di aumentare le armi già concesse dai Trattati alJa Germania, Ia cosa incontrerebbe meno diffi<coltà; in Francia si è restii a dare alla Germania delJle armi nuove più potenti, persuasi come si è che queste armi saranno rivolte contro la Francia.

Faccio presente all'Ambasciatore che io mi rendo perfettamente conto che la Francia abbia delle esitazioni, ma che d'altra parte sono persuaso che di fronte alla ferrea logica delle considerazioni svolte dal Capo del Governo, la Francia dovrà aderire ai punti del nostro promemoria. Io più che della resistenza della Francia mi preoccupo di quella della Germania, che, da quanto si può arguire anche dalle notizie pubblicate da giornali tedeschi, è in sospetto per l'atteggiamento francese e dimostra una seria opposizione alla questione del controllo.

L'Ambasciatore mi osserva poi che le trattative per il disarmo potrebbero arrivare più facilmente in porto e le apprensioni francesi potrebbero essere calmate se nel contempo si procedesse ad una migliore intesa nella questione dell'Europa centrale che sta anche tanto a cuore alla Francia.

Poiché in linea di massima noi siamo d'accordo di collaborare con la

Francia, egli chiede se non si potrebbe fare qualche accenno a tale buona

disposizione, sia pure in forma vaga e inofficiosa, ciò che darebbe alla Francia

nuova prova di fiducia.

Gli rispondo che noi pure consideriamo la questione dell'Europa centrale importantissima e urgente; stiamo esaminandola a fondo con l'intenzione di arrivare nel più breve tempo alla conclusione, sulla quale naturalmente discuteremo con gli altri Paesi; mi pare molto delicata la questione dell'accenno di un'intesa italo-francese per l'Europa orientale, che metterebbe in legittimo sospetto altri paesi e specialmente la Germania rendendo più difficile la sua adesione a quel piano che fosse per noi ritenuto conveniente.

L'Ambasciatore mi consegna l'unito promemoria relativo alla questione dell'Europa centrale (1). Mi chiede se può comunicare a Pa·rigi che in massima noi siamo d'accordo con le idee esposte nello stesso.

Gli rispondo che dobbiamo prenderei tempo per esaminarlo; ci sono certamente delle idee sulle quali potremmo dare fin da ora la nostra approvazione. Ve n'è qualche altra che ci trova un po' perplessi.

Io gli chiedo ad esempio -è una considerazione puramente personale se è conveniente includere nel blocco degU Stati danubiani àa Cecoslovacchia; la Cecoslovacchia è un paese ricco -anche se attraversa una momentanea depressione -che sta meglio nel gruppo degli Stati soccorritori che in quello degli Stati soccorsi; d'altra parte io non so se la Cecoslovacchia stessa -che fa una politica di spinto protezionismo agrario -ha interesse a trovarsi in un gruppo prevalentemente agricolo. D'altra parte se vogliamo aiutare seriamente l'Austria -paese industriale -bisogna che cerchiamo di metterlo in una posizione di favore di fronte al suo immediato concorrente che è precisamente la Cecoslovacchia.

C'è un'altra osservazione da fare riguardo al piano francese ed è quella che non c'è nessun provvedimento per garantire agli Stati danubiani una bilancia commerciale attiva; noi evidentemente siamo a posto e possiamo insistere su questo punto perché abbiamo nei riguardi del detto gruppo una bHancia commerciale passiva; questa è anche la posizione della Francia.

L'Ambasciatore apprezza al suo valore queste considerazioni. Fa presente però che a voler mettere fuori la Cecoslovacchia si creerebbe una questione cecoslovacca che può venire a complicare e a compromettere in modo irreparabile tutta ,la questione del risanamento dell'Europa centra1e. Egli chiede che si voglia riesaminare questo punto e che comunque per ora non se ne faccia parola per non gettare degli allarmi.

Lo assicuro che noi non abbiamo nessuna intenzione di sollevare questioni particolari prima di avere esaminato il piano francese.

(l) T. 3762/178 R., dello stesso 12 settembre, non pubblicato. Si pubblica invece il seguente passo del t. per corriere rr. 3860/188 R., inviato da Rocco il 19 settembre:

(2) Cfr. n. 178, allegato.

(l) Cfr. DDF, vol. IV, clt., pp. 328-329.

170

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

TELESPR. 227300/162. Roma, 12 settembre 1933.

In relazione alla preannunciata visita del Vice Cancelliere germanico von Papen a Budapest pregoLa seguire con particolare attenzione l'avvenimento e riferirne dettagliatamente a questo Ministero.

171

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 3839/1849. Mosca, 12 settembre 1933 (per. il 18).

L'ultimo giorno di sua permanenza qui, nel pomeriggio, Herriot venne a farmi visita. Egli doveva ringraziarmi del ricevimento da me offertogli a suo tempo. Ma venne solo e con la evidente intenzione di parlarmi. Si trattenne circa tre quarti d'ora.

La conversazione che seguì tra noi fu varia e non starò a riferirla nei dettagli. Si parlò della situazione dell'U.R.S.S., di politica generale e finalmente dell'Italia e dei suoi rapporti con la Francia.

-Non so perché-disse su quest'ultimo punto Herriot-in Italia io non sia stato compreso. Nessuno più di me vuole un riavvicinamento con l'Italia. L'Italia è il paese che amo di più dopo la Francia. Classica e quindi italiana è la mia cultura. Parlo la vostra lingua. Conosco il vostro Paese benissimo. Conservo rapporti eccellenti con la colonia italiana di Lione.

Sono stato a suo tempo conciliante con i tedeschi. Come mai non lo sarei con voi? Conosco i vostri bisogni e la loro origine: eccesso di popolazione e manco di materie prime. Sono pronto a discuterli.

Ho detto a Tolosa che ol'Italia è stata da,11a Francia trattata male mo,ralmente, e forse anche materialmente. Se occorrerà, lo ripeterò.

Le questioni che ci dividono non sono insolubili: parità navale; Tunisia; Africa in generale; Balcani; sono ricuro che, in una discussione amichevole, magari dopo esserci dette reciprocamente delle cose sgradevoll, si finirebbe con l'intendere,!.

Riconosco che voi siete un grande paese e avete un grande Capo.

Egli vi ha salvato dall'anarchia; è riuscito laddove fallirono anche i Romani (Paludi Pontine). Egli è un fascista ed io un democratico: noi non cl incontreremo mai sul piano ideologico. Ma questo non impedirebbe la nostra collaborazione nel campo internazionale.

-Ma questa collaborazione, osservai io, non solo è possibile, ma forse è già in atto ora... -Assai meno di quello che credete. Del resto, nulla di serio è possibile in compagnia coi tedeschi. Un riavvicinamento vero tra Francia ed Italia attraverso il Patto a quattro non si avrà mai. Vi sono due questioni sulle quali io ho preso una posizione netta e definitiva: la questione dei debiti verso l'America e quella del Patto a quattro.

E qui cominciò, con qualche richiamo alle sue conversazioni con Roosevelt, una critica de'l Patto a quattro prima sUil piano storico csanta Alleanza -Congresso di V:ienna ecc. ecc.) e poi su quello ideologico (democrazia ecc.) su questo ultimo punto attaccando anche l'Inghilterra, istintivamente portata a trascurare gli interessi dei più deboli, chiunque essi siano...

-Ma non credete, interruppi, che se, dopo il fallimento della Conferenza di Londra e quello potenziale di Ginevra, l'Europa non si fosse trovata ancorata al Patto a quattro, essa si sarebbe facilmente sbandata con pericolo per tutti?

-Non Io credo.

-Ma voi che ancora adesso (mi riferivo all'annuncio datomi del suo viaggio a Riga per inaugurarci un ricordo a Briand) mi avete parlato con tanta ammirazione di Briand e della sua opera, come mai mettete nel nulla il suo atto politico forse più importante e cioè Locarno?

-Gli è che Io stesso Briand non rifarebbe una seconda Locarno. Avete Ietto le memorie di Stresemann? Come si può avere fiducia in uomini simili? Non sono io forse che ho fatto il piano Dawes e lo sgombero della Ruhr? Eppure, guardate come sono stato trattato.

-Ma il periodo Stresemann è ora superato. Anche i dirigenti nuovi avranno i loro difetti, ma sono più sinceri. Una intesa con essi può apparire più difficile, ma sarebbe più sicura.

-Non è da farsi illusioni. Con la Germania Hitleriana si arriva certamente alla guerra.

-Ma cosa dite?

-Sicuro, alla guerra e, se per poco sarà fatta alla Germania una qualche concessione in materia di armamenti, ci si arriverà anche subito.

Questa parte (J'ultima della nostra conversazione) si svolse più affrettata della prima ma più serrata e recisa. Il motivo della guerra inevitabile e forse prossima ha dominato sempre ed insistentemente.

-Del resto -riprende He,rriot -che noi ci troviamo di fronte ad una guerra e che una qualunque concessione alla Germania sia sufficiente a riportarci alla situazione del 1914, sono convinti tutti, anche a Mosca.

-Gli è, dissi, che anche l'Italia -parlo dell'Italia di Mussolini -non è stata capita in Francia. Dopo quello che Mussolini ha fatto nel 1914, la Francia non ha alcun diritto di dubitare di lui. Del resto, se la Francia vuole veramente una politica di pace, essa potrà farla solo con l'Italia e con Mussolini.

-Forse sarà vero. Del resto io vi ho detto che con Mussolini mi intenderei. E ripetette: « Mussolini sì, ma direttamente e senza la Germania».

La visita di Herriot avrebbe potuto essere una semplice visita di protocollo. Non lo è stata. Sebbene debba ritenere che parecchie delle cose dettemi costituiscano per lui dei pezzi a ripetizione, è evidente che egli voleva che esse giungessero o tornassero a giungere all'orecchio dell'E. V.

Devo dire che, così nei termini come nello spirito delle parole di Herriot, mi è sembrato che i ricordi e le delusioni di Tolosa affiorassero sempre, ma senza l'antica amarezza.

Nei riguardi personali della E. V., Herriot ha avuto espressioni di grande deferenza. Ha tenuto incidentalmente a farmi sapere che aveva letto e profondamente sentito le pagine scritte da V. E. su Arnaldo, avute attrave.rso il console italiano a Lione.

Fin qui la cronaca. Ma delle cose dettemi da Herriot talune si prestano ad utili considerazioni -non nel campo Italia-Francia che non è il mio -ma in quello Francia-URSS-Germania.

l) La «psicologia di guerra» da cui la Francia fu pervasa fin dal primo giorno dell'avvento dell'hitlerismo sembra -attraverso le parole di Herriot continuare a dominarla. In buona o in mala fede, a torto o a ragione, è cosi.

La Francia non aspira che ad isolare la Ge·rmania. Anche Litv.inov mi ha dato in proposito informazioni interessanti. Tanto Daladier che Boncour gli hanno detto di aver accettato il Patto di Roma soprattutto essendosi resi conto che, senza di esso un riavvicinamento con l'Italia, a cui entrambi hanno dichiarato tenere moltissimo, sarebbe stato impossibile.

In queste condizioni, il Patto a quattro, cioè la negazione di una politica di gruppi antagonistici, costituisce un incommensurabile servigio alla pace in generale e alla Germania in particolare.

2) Le ragioni del successo della visita di Herriot nell'U.R.S.S. e più ancora del crescente riavvicinamento franco-sovietico di cui quella visita è indice, vanno ricercate nel fatto che in nessun altro momento del dopo-guerra lo stato d'animo della Francia si è trovato maggiormente all'unisono che in questo con lo stato d'animo dei Soviet e reciprocamente. Entrambi i paesi sono dominati dalla ossessionante preoccupazione della propria sicurezza. Questa comunanza di vincolo prima generica, è stata adesso resa specifica dalla identità del nemico potenziale, cioé ~a Germania. Da quando la Germania ha cominciato ad estendere, se non concentrare, le proprie rivendica3ioni anche ad est, la poJitica di Rapallo era condannata per sempre.

3) li risentimento contro ·la Germania creato da questo stato di cose ne:ll'URSS rimane immutato. Litvinov mi parlava ieri della Ge.rmania con la stessa amarezza di quattro mesi or sono. In queste condizioni i piani di von Dirksen per un riavvicinamento germano-sovietico (miei rapporti nn. 1734 del 21 agosto e 1803 del 4 sett.) (1), o sono votati al falilimento, oppure, anche se suscettibili di apparente successo, non muteranno affatto la sostanza delle cose.

Un mutamento nei rapporti germano-sovietici a mio parere non sarà possibile che ad una, anzi a due condizioni:

a) che la direzione della politica estera tedesca sia definitivamente assunta dallo stesso Hitler nei cui intendimenti e nel cui senso di responsabilità si ha in fondo anche a Mosca assai maggior fiducia che in quelli di qualunque altro;

b) che, contemporaneamente, sia allontanato, e allontanato in pieno, da ogni attività, diretta o indiretta, di politica estera il Rosenberg, esponente di ogni mira aggressiva della Germania hitleriana, e verso il quale perciò si appuntano, più che su chiunque altro, tutti i timori e quindi tutti i rancori sovietici.

172

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3794/8518/1453 R. Budapest, 13 settembre 1933 (per. il 16).

Mio telecorriere segreto n. 8329/1431 del 7 corrente (2).

Dopo il discorso del cancelliere Dollfuss e le manifestazioni viennesi di

avantieri, ho trovato oggi il presidente Goemboes meno pessimista sulla situa

zione in Austria.

«Dalle informazioni testè pervenutemi -mi ha detto -risulta che l'ap

parato statale e le forze armate sono colà ancora in mano del Governo ed effi

cienti; basterebbe che una volontà ferma li dirigesse per conseguire lo scopo».

Avendo io quindi -proseguendo l'azione che da tanti mesi ormai sto sistematicamente qui svolgendo -osservato a mia volta come mi sembrasse pure che le notizie meno favorevoli, giunte anche la settimana scorsa a questo Governo a proposito dei progressi della propaganda nazista nelle varie provincie austriache andassero accolte con beneficio d'inventario, in quanto tra l'altro la «fiacchezza» qui lamentata nell'indole dei vicini di oltre-Leitha pareva dover indurre ad escludere la possibilità che tali asseriti progressi ideologici potessero tradursi colà da un giorno all'altro in mutamenti concreti della situazione, il presidente ha annuito, concludendo: « Se Roma continua a premere su Vienna, penso che le cose finiranno probabilmente coll'aggiustarsi».

(l) -Non pubbllcatL (2) -Cfr. n. 157.
173

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 13 settembre 1933.

È venuto a vedermi Vassif bey che mi ha riconfermato le informazioni che egli ebbe l'opportunità di fornire a V. E. nell'udienza che Ella gli accordò 1'8 settembre u.s. (l).

Ho profittato della visita per chiedergli quanto di vero vi fosse nelle voci corse circa il tentativo di un accordo per il Mar Nero a cui, secondo le notizie della stampa, avrebbero dovuto partecipare la Romania, la Bulgaria, la Turchia, la Russia.

Vassif mi ha risposto essere tali voci del tutto infondate.

Sono manovre interessate a spingere la Turchia nella direzione della Piccola Intesa. Ma Vassif mi ha assicurato che invece Ismet nel suo prossimo viaggio a Sofia si adopererà per spingere alla sua realizzazione la nota politica turco-greco-bulgara voluta da V. E., esercitando pressioni sul Governo di Sofia perché aderisca all'accordo turco-greco per le frontiere.

Mi ha detto pure che è tanto radicata la convinzione di Ismet nella bontà della realistica politica turco-greco-bulgara, che è riuscito a decidere questo viaggio vincendo una viva riluttanza per un incidente occorsogli recentemente col Governo di Sofia. Si tratta di una violenta campagna di stampa condotta contro di lui da un giornale di lingua turca che si pubblica a Sofia e che è diretto da un fuoruscito che a suo tempo aveva diretto in Turchia un violento giorna:le di opposizione a,l suo Governo -il Jamir e che per tale ragione era stato espulso dalla Turchia. Ora, in occasione di rimostranze che ha fatto fare dal Ministro di Turchia al Governo bulgaro per rinnovati attacchi contro di lui condotti dal fuoruscito, è venuto a sapere che è lo stesso Governo di Sofia che sovvenziona il giornale del fuoruscito. È rimasto disgustato, ma per non perdere l'occasione di fare avanzare l'accordo che è in vista, ha deciso di partire egualmente.

Quanto alla progettata visita di Titulescu ad Ankara, che finora è già stata rinviata due volte, Vassif mi ha confidato che ora Ismet preferirebbe che essa non avesse più luogo. Naturalmente, dovrà però subirla nel caso che Titulescu facesse qualche insistenza.

174

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3769/158 R. Budapest, 14 settembre 1933, ore 14,55 (per. ore 18).

assenso di V. E. per un vero e proprio avvicinamento economico Austria alla Piccola Intesa, avrebbe già preso a «trafficare) attivamente in proposito con Cecoslovacchia, mentre egli, GombOs riterrebbe essere ancora interesse tanto Ungheria quanto Austria limitare allo stretto indispensabile relazioni economiche con il trinomio, anche e soprattutto in vista delle interferenze che sviluppo tali relazioni finirebbe col determinare fatalmente nel campo politico. Presidente ha aggiunto mi sarebbe stato grato se avessi informato di ciò l'E. V., fiducioso comporre dissidio di potere ancora una volta essere pienamente rassicurato da Lei.

2°) Riferisco per corriere (l) contenuto asso1utamente (ripeto assolutamente) soddisfacente della conversazione -relativa imminente visita von Papen della quale summenzionata preghiera di Gombos mi ha offerto occasione.

Onoromi dichiarare intanto all'E. V. che ove V. E. intendesse accogliere preghiera stessa, sarebbe a mio subordinato avviso assai utile che risposta potesse giungermi entro posdomani sabato in modo che io fossi in grado comunicarla presidente prima dell'arrivo del signor von Papen.

l 0 ) Presidente Gi.imbi.is mi ha manifestato sua inquietudine per il fatto che cancelliere Dollfuss, interpretando accordi Riccione nel senso avere ottenuto

(l) Cfr. n. 160.

175

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 3793/8515/1452 R. Budapest, 14 settembre 1933 (per. il 16).

Onoromi far seguito al mio telegramma odierno n. 158 (2).

Ricordate acconciamente al presidente GombOs le direttive fissate da V. E. nel punto 3 del ve.rbale del 27 lugl.io (3), e precisato che « naturalmente » non ero stato incaricato di effettuare in materia indagini o passi di sorta, ho chiesto al generale se avesse avuto negli ultimi due giorni elementi sugli scopi che von Papen si proporrebbe .raggiungere con la sua rprossima venuta in Ungheria, oltre a quello generico di coltivare le cordiali relazioni tra i due Governi.

Riassumo qui di seguito parte essenziale risposte presidente:

1°) Papen non gli ha fatto sapere su quali argomenti intenderebbe particolarmente intrattenerlo in occasione dell'imminente incontro privato; se, com'è probabile per non dir certo, gli parlerà dell'Austria, GombOs dirà francamente al vice-cancelliere germanico -che è persona con cui si può parlare come non consideri opportuna la nuova offensiva testé iniziata dal Reich in taJe direzione.

2°) A scanso di equivoci e in armonia con le direttive confermate a Roma, alle quali intende rigorosamente e integralmente attenersi, ha già dato ampia diffusione alla notizia del suo prossimo nuovo incontro con Dollfuss e altre personalità austriache a Muerzzuschlag (mio Stefani 8488 di ieri).

3°) Se ne avrà 11 destro, cercherà di ottenere a mezzo di Papen qualche altra concessione commerciale da parte tedesca in favore dell'esportazione agricola ungherese.

4°) Dubita che si riesca a far tacere la stampa, circa l'incontro, quanto desidererebbe von Papen. 5°) Ci terrà sollecitamente al corrente dei risultati delle conversazioni.

(l) -Cfr. n. 175. (2) -Cfr. n. 174. (3) -Cfr. n. 29, allegato.
176

L'AMBASCIATORE A MADRID, GUARIGLIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (1)

R. R. 2637/1460. San Sebastiano, 14 settembre 1933.

Nel luglio scorso quando ebbi l'onore di essere ricevuto da V. E. a Palazzo Venezia, Ella ebbe a chiedermi, fra l'altro, se il Governo spagnuolo sarebbe stato disposto a rinnovare il Patto di Amicizia, Concilliazione e Regolamento Giudiziario concluso fra l'Italia e la Spagna il 7 agosto 1926.

Risposi a V. E. che avevo l'impressione si potesse giungere a questo risultato anche con l'attuale Governo, anzi che a me sembrava utile fare qualche cosa in questo senso poiché, quantunque il detto trattato avesse ancora una regolare validità di tre anni (scade nel 1936), si era lasciata qui diffondere fra il grosso pubblico l'idea che, caduta la monarchia, il Patto non avesse quasi più vigore con la Repubblica spagnuola. Anche alcuni uomini politici, tanto fautori quanto contrari al Governo Azafia, discorrendo con me del trattato in questione, e, pur sapendo naturalmente che il cambiamento di regime nulla aveva a che vedere con la sua piena validità, mi avevano detto che avrebbe fatto buona impressione una rinnovazione anticipata dell'accordo stesso allo scopo di tagliar corto a tutti quei malintesi artificiosamente creati nei rapporti politici fra l'Italia e la Spagna dopo l'avvento della giovane Repubblica a tinta demoliberale socialista e massonica.

Aggiunsi a V. E. che la rinnovazione del Patto avrebbe potuto servire a controbilanciare in certo modo la politica francese e la sua accresciuta influenza sulla Spagna repubblicana, nonché a smentire le eterne voci maligne e le solite fantasie provenienti da Parigi circa le mire italiane sulle Baleari, la violazione della neutralità spagnuola, etc. etc.

Si sarebbe potuto fare come già si fece a suo tempo col Patto italo-turco, cioè introdurre qualche modifica più o meno formale nel vecchio trattato, dargli una specie di spolveratura e presentar,lo così più kesco all'opinione pubblica, cui sarebbe bastato dare la sensazione tangibile di rinnovati buoni rapporti politici con la Spagna, malgrado tutte le chiacchiere, provocate anche questo inverno dal viaggio del Signor Herriot, circa l'assoluta attuale subordinazione di questo Paese alla politica del Quai d'Orsay.

Sarebbero infine così cadute anche le altre fantasticherie e menzogne diffuse qui abbondantemente circa un preteso accordo segreto stipulato fra l'Italia e la Spagna all'epoca della Dittatura del Generale Primo de Rivera.

V. E. si compiacque approvare tali concetti ed autorizzarmi anche a fare qualche sondaggio in via personale in questo senso quando la situazione politica mi fosse sembrata favorevole, per riferirne poi all'E. V. e riceverne o meno in definitiva il permesso di trattare.

Credetti così in una delle mie conversazioni col Ministro Fernando de los Rios (socialista) di lanciare tempo addietro una frase generica per fargli comprendere che, pur essendo tuttora in pieno vigore il Trattato del 1926, e pur non sembrandomi il caso di parlare di questi argomenti, mi auguravo personalmente che sarebbe venuto il giorno in cui la rinnovazione di questo accordo in una forma qualsiasi avesse potuto dare alla Spagna la rinnovata sensazione delle intenzioni e dei sentimenti amichevoli dell'Italia verso il popolo spagnuolo, e la certezza che da parte nostra nulla si era fatto o voluto fare né in segreto né in pubblico che non fosse completamente conforme ai comuni interessi dei nostri due Paesi.

Ora l'altro giorno, conversando con questo Direttore degli Affari Politici, seppi con alquanta meraviglia (se pure ancora è lecito maravigliarsi di qualche cosa in questo paese) che il Signor Fernando de los Rios, poco adusato evidentemente al linguaggio diplomatico, aveva tratto dalle mie parole l'impressione che io gli avessi parlato proprio del famoso Patto segreto inventato dalla mala fede e dall'ignoranza specie degli uomini del suo partito, quando il mio scopo era invece appunto quello di smentirne ancora una volta l'esistenza.

Il Ministro de los Rios aveva quindi dato ordine di eseguire la più accurata inchiesta per rintracciare questo inesistente documento. Le ricerche naturalmente erano risultate negative.

Dissi al Direttore degli Affari Politici che in fondo l'equivoco avvenuto mt sembrava aver avuto il suo vantaggio, poiché il Ministro aveva così potuto toccare con mano la falsità diffusa fra il pubblico ignorante (nel quale del resto c'era lui stesso) a solo beneficio di terzi interessati. Ma che mi sembrava utile scrivergli una breve lettera per rettificare le cose, ed a scanso di ognt ulteriore equivoco per l'avvenire. Così ho fatto, e qui acclusa l'E. V. troverà copia di tale lettera inviata da me 1'11 settembre corrente al Signor Doussinague (1).

Questo breve episodio non ha in realtà altra importanza che quello di essere una nuova prova della scarsa preparazione diplomatica degli attuali uomini politici spagnuoli.

Ma il discorso su tale argomento mi ha dato modo di sapere dallo stesso Signor Doussinague che il Ministro de los Rios aveva d'altra parte compreso ed accolto con un certo favore il mio vago accenno alla possibilità di una certa anticipata rinnovazione del Patto stesso, ed aveva dato anche istruzioni agli Uffici di studiarne qualche modifica per riparlarmene poi più tardi quando si fosse presentata una buona occasione.

Come V. E. vede, la mia impressione circa la possibilità di trattare la cosa anche col Governo Azafia in cui imperavano praticamente i socialisti non era infondata, giacché essa derivava dalla certezza che qualsiasi Governo spagnuolo, fra alti e bassi, non può trascurare completamente il fattore italiano ed appoggiarsi completamente alla sola Francia. Ciò può essere transitorio ma giammai

definitivo. Sono sicuro d'altra parte che il Trattato di non aggressione stipulato recentemente fra l'Italia e la Russia Sovietica aveva fatto impressione sui socialisti spagnuoli, e che, tra questi, il Ministro de los Rios si era detto che se il bolscevismo russo aveva giudicato suo interesse di concludere un tale accordo con l'Italia, anche per il socialismo spagnuolo poteva esservi vantaggio a seguirne l'esempio.

Ora però il Signor de los Rios non è più Ministro ed il nuovo Governo Lerroux ha eliminato dal suo seno i socialisti. Sono convinto che le stesse ragioni varrebbero anche per il Signor Lerroux e che si potrebbero fare con questi utili assaggi sull'argomento.

Ma la posizione dell'attuale Gabinetto si dimostra per ora alquanto precaria ed instabile, e quindi mi propongo di astenermi da qualsiasi accenno fino a che le cose non mi sembreranno meglio chiarite.

Ed anche allora, quando se ne presenterà l'occasione, mi manterrò, secondo le istruzioni datemi da V. E. in termini generici e di natura puramente personale (1).

(l) Ed. in R. GuARIGLIA, Primi passi in diplomazia e rapporti dall'ambasciata di Madrid 1932-1934, Napoli, ESI, 1972, pp. 307-309.

(l) Non si pubblica.

177

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI DI GERMANIA A ROMA, SMEND

APPUNTO. Rorna, 16 settembre 1933.

Richiamandomi ad un precedente colloquio, ho informato il Signor Smend delle conversazioni che avevamo avute coi francesi in merito alla questione del disarmo.

Gli ho elencato a voce (~gli ne ha preso nota) i dieci punti fissati dal Capo del Governo (2).

« ... L'Italia deve augurarsi una Spagna forte perchè solo quando la Spagna è relativamente forte essa può sottrarsi «in momenti che possono per avventura essere prossimi e gravi» alla pressione politica francese. Come ho avuto più volte occasione di dire a V. E.• la possibilità di violazione di una neutralità spagnuola da parte della Francia si verificherà

o no secondo le condizioni interne in cui si troverà la Spagna ln quei momenti...

...L'unico uomo che ancora comprenda qualche cosa di politica estera, cioè Don Santlago Alba, già Ministro del Re esiliato poi dalla Dittatura ed ora sedicente repubblicano e radicale. si è fatto eleggere presidente delle Cortes prefe,rendo questa carica a quella di Minist,ro degli Esteri per la quale avrebbe potuto benissimo essere designato.

Io intrattengo con lui da un anno rapporti di personale amicizia non solo perchè è l'unico uomo col quale discutere di argomenti del mio mestiere, ma perchè egli tuttora si vanta di aver preparato quell'avvicinamento ltalo-spagnuolo che si verificò poi sotto 11 Governo (pure a lui contrarlo) del Generale Primo de Rivera. Tale riavvlclnamento doveva dare ma non dette in realtà alla politica estera spagnuola un ritmo di giusto equilibriofra i suoi interessi diciamo così francesi e mediterranei, cioè in più chiare parole tra la Francia e l'Italia, giacché gli interessi spagnuoli nel Meditenaneo non potranno che essere concordi col nostri fino a quando la Spagna non sarà in grado di riprendere una politica imperialista che ora è, e per molto tempo ancora sarà, una pura chimera... ».

Il Consigliere Smend si è riservato di riferire al proprio Governo; mi ha detto, a titolo personale, di ritenere che il progetto possa rappresentare una soluzione.

(l) Un',annotazione a margLne di Jacomonl in data 29 settembre dice: «S. E. 11 Capo del Governo desidera che Gu!llriglia non faccia altri passi con Lerroux per anticipato rinnovo del trattato. Attende se il Governo Lerroux sl consolida». Si pubblicano qui 1 seguentipassi d! un rapporto inviato da Guariglia il 14 dicembre, ed. in R. GuARIGLIA, Primi passi in diplomazia e rapporti dell'ambasciata di Madrid 1932-1934, cit., pp. 325-330:

(2) Cfr. n. 128.

178

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 16 settembre 1933.

Ho chiesto all'Ambasciatore di Francia di passare da me. Egli mi ha pregato di far pervenire a V. E. l'espressione del suo vivissimo disappunto per l'indiscrezione di Pertinax sull'Echo de Paris e sul Daily Telegraph. Egli è convinto che finché la cosa è rimasta tra le mura del Quai d'Orsay il segreto è stato mantenuto, ma che quando Boncour l'ha portata al Consiglio dei Ministri, l'indiscrezione ha trovato modo di trapelare. In tono amichevole ho voluto fargli notare che l'esperienza purtroppo ci riconferma in ogni occasione che non è possibile parlare a quattr'occhi col Governo francese senza che la cosa finisca per trovare la via della pubblicità. Comunque, avvenuta l'indiscrezione, è oramai evidente che noi non possiamo tardare a comunicare ai Governi inglese e tedesco i suggerimenti sul disarmo proposti al Governo francese.

Chambrun mi ha detto che avrebbe telegrafato al suo Governo quanto gli avevo comunicato e mi ha chiesto se poteva dare assicurazioni che noi non avevamo nulla in contrario a che nelle prossime conversazioni con Eden a Parigi si fosse trattato anche dei suggerimenti italiani. Gli ho risposto che, una volta comunicata da noi a tutti e tre i Governi interessati, la cosa diveniva evidentemente oggetto di libera trattazione.

Mi ha quindi rimesso il qui accluso pro-memoria con cui il Governo francese risponde ai nostri suggerimenti. Il tono amichevole del documento comprova che il Governo francese ha pienamente compreso lo spirito che ha informato questa proposta di V. E. Su quasi tutti i punti della questione il pro-memoria è conciliante e lascia adito alla discussione eccetto che -come era facilmente prevedibile -sulla concessione del noto campionario di armi alla Germania. Tuttavia anche nel rigettare la proposta relativa a questo punto, il documento adopera la espressione «matériel puissant » che potrebbe aprire uno spiraglio a una discussione intesa a ridurre la portata dell'esclusione.

Chambrun mi ha detto di avere avuto dal suo Governo l'incarico di consegnare egli stesso nelle mani di V. E. il pro-memoria e chiede quindi che V. E. voglia degnarsi di concedergli a tale scopo una brevissima udienza (l).

Prima di accomiatarmi mi ha fatto un breve accenno alla visita del Ministro degli Esteri ungherese in Francia.-Mi ha detto che a più riprese Kanya aveva espresso il desiderio di visitare Parigi e che in conseguenza il Governo francese gli aveva fatto rispondere che ben volentieri Io avrebbe ricevuto a condizione però che non si fosse fatta parola della questione della revisione.

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA 248 Roma, 15 settembre 1933.

L'examen des suggestions dont le Chef du Gouvernement Italien a saisi le 5 septembre l'Ambassadeur de France (l) a été poursuivi par le Gouvernement français dans l'esprit de sympathie et avec le souci de conciliation que comportait son vif désir de trouver dans ces propositions les bases d'une entente entre les deux Pays. Le Gouvernement de la République est en effet convaincu qu'une telle entente aurait pour le développement des relations franco-italiennes les plus heureuses conséquences.

Le Gouvernement français a constaté avec une satisfaction particulière que, sur la plupart des points, les suggestions formulées se rapprochent de la manière la plus heureuse des vues françaises et qu'elles marquent ainsi la disparition sur ces questions mémes des divergences qui jusque là avaient séparé les deux délégations.

Les propositions du Chef du Gouvernement italien devront certainement, en raison de leur généralité méme, étre ultérieurement précisées. C'est donc à titre provisoire et dans l'attente des éclaircissements que le Gouvernement italien voudra bien lui donner que le Gouvernement français énonce ci-après son avis sur les diverses suggestions qui ont été soumises à son examen et que la présente note passe successivement en revue.

1°) Le Gouvernement français est naturellement d'accord avec le principe de la proposition N. 1.

En ce qui concerne la destruction des usines spécialisées dans la préparation de la guerre chimique, il n'y fait pas d'opposition; il craint toutefois que cette mesure ne soit pratiquement inopérante et incontròlable, la plupart des usines chimiques ayant normalement d'autres activités que la préparation des gaz de guerre; les experts euxmémes ont reconnu qu'en fait cette préparation pouvait étre entreprise sans délai par toutes les usines de produits chimiques.

Pour les mémes raisons, la destruction des stocks éventuellement existants ne parait pas pouvoir donner de sérieuses garanties.

Aussi ces mesures n'ont-elles de valeur que si elles s'accompagnent de sanctions. Or, la suggestion présentée ne touche pas à cette importante question déjà discutée par la Conférence du désarmement. Le Gouvernement français maintient à cet égard sa thèse antérieure; la reconnaissance du droit de représailles individuelles devant pratiquement rendre vaine l'interdiction qui serait prononcée, il estime que de telles représailles ne doivent pas étre autorisées. La contrepartie indispensable, vu la difficulté d'un contròle préventif en une telle matière, sera la reconnaissance du principe que la guerre chimique doit nécessairement provoquer des sanctions qui seront mises en oeuvre par la collectivité.

2°) Le Gouvernement français n'est pas moins favorable à la seconde proposition. Il est prét en ce qui le concerne à aller plus loin et à accepter l'abolition totale du bombardement aérien et, par suite, de l'aviation de bombardement, à condition qu'un contròle international efficace soit exercé sur l'aéronautique civile.

Le Gouvernement de la République note que la proposition italienne appelle comme corollaire des restrictions en ce qui concerne les caractéristiques des appareils de l'aéronautique militaire (équipement, limite de puissance et de tonnage).

3°) Le Gouvernement français a enregistré avec une satisfaction particulière l'adhésion du Chef du Gouvernement italien au principe d'une période d'épreuve durant laquelle serait mis en oeuvre le mécanisme prévu par la convention et en particulier le contròle et aux résultats de laquelle serait subordonnée toute réduction des matériels existants. Il est d'accord avec M. Mussolini pour estimer que cette période doit durer au moins 4 ans.

Le Gouvernement français accepte également que les Puissances contractantes prennent dès maintenant l'engagement de réduire, à l'expiration de la période d'épreuve

et si l'expérience est reconnue satisfaisante, Ieurs matériels offensifs. L'engagement devrait d'ailleurs étre précisé dans la convention méme en raison des interprétations divergentes que l'on peut donner de la formule «armes offensives ».

4°) Le Gouvernement français est d'accord avec le Chef du Gouvernement italien :mr le principe général que, durant la période d'épreuve le niveau actuel des armements terrestres ne devra pas étre dépassé. Il comprend que ce but devrait étre atteint non par une limitation numérique des matériels existants qui serait pratiquement inapplicable et difficilement contròlable mais par des mesures donnant la garantie qu'il n'y aura pas d'accroissement de ces armements et qui comporteront un contingentement et un contròle des achats et des fabrications d'Etat ou privées de matériel de guerre.

Le principe général ainsi posé devra d'ailleurs étre précisé pour ne pas faire obstacle à l'exécution des programmes normaux de modernisation ou de remplacement, dès lors que le niveau actuel des armements ainsi modernisés ou remplacés sera rigoureusement respecté.

En ce qui concerne !es dépenses de Défense Nationale, le Gouvernement de la République, qui n'a cessé de préconiser leur limitation, se félicite de l'adhésion que le Gouvernement italien veut bien donner à ce principe. Il accepte que cette limitation se fasse au niveau actuel sous réserve de l'examen des cas spéciaux qui certa~ns Etats pourraient faire valoir. Il signale toutefois que la proposition de restreindre cette mesure aux dépenses des armements terrestres et aériens soulève des difficultés d'oràre technique auxquelles, il l'espère sincèrement, une solution pourra étre trouvée.

Le Gouvernement français, qui avait lui-méme pris l'initiative de proposer l'uniformisation des types d'armées du contingent européen, enregistre bien volontier l'adhésion de l'Italie à ce principe et son acceptation à cet égard des dispositions du pian britannique, lequel soumet les effectifs de tous les territoires d'outre-mer à un régime entièrement différent de celui des territoires métropolitains. Il rappelle que l'aménagement du système prévu suppose une solution satisfaisante des importantes questions des polices militaires, des prémilitaires et des paramilitaires; il est d'ailleurs convaincu que des solutions peuvent étre trouvées qui tiennent compte des desiderata spéciaux de l'Italie tout en fournissant les garanties qui apparaissent de plus en plus indispensables contre le développement dans un autre pays de méthodes tendant à doubler l'armée régulière d'une seconde armée qui échapperait au contròle et à toute limitation.

En ce qui concerne les chiffres d'effectifs et de durée du service, le Gouvernement français, qui est prét à accepter dès maintenant sur ce point des réductions appréciables, estime que certains rejustements doivent étre apportés au pian britannique sans mettre en cause ses principes méme en ce qui concerne le rapport des forces italiennes et françaises.

6°) Les observations qu'appelle la proposition N. 6 sont exposées plus loin.

7°) Le Gouvernement français accepte le renvoi à une date ultérieure de l'examen de l'ensemble du problème naval, examen qui exigera d'ailleurs la collaboration d'autres puissances navales que celles qui sont signataires du traité de Washington.

8°) Le Gouvernement français est d'accord avec M. Mussolini pour estimer nécessaire l'institution d'une Commission permanente du désarmement. Il croit toutefois que !es dispositions du projet britannique, notamment en ce qui concerne !es règles de vote, risquent de faire obstacle à un bon fonctionnement de cette commission. Il désire à cet égard attirer l'attention du Chef du Gouvernement italien sur !es amendements déjà présentés par la Délégation française, amendements dont il considère l'approbation comme hautement désirable.

9°) En ce qui concerne le contròle, le Gouvernement français a été particulièrement heureux de l'adhésion donnée par le Chef du Gouvernement Italien au principe du contròle sur piace, régulier, périodique et automatique. Il exprime l'espoir que le Gouvernement italien associera ses efforts aux siens pour que !es dispositions qui seront insérées dans la convention donnent à ce contròle toute l'efficacité possible afin que l'application qui en sera faite durant la période d'épreuve justifie par ses résultats mémes, à l'issue de cette période, !es réductions d'armements envisagées. Il conviendra d'autre part de prec1ser les conséquences que devra comporter la constatation d'une violation des engagements pris dans la convention.

10°) Le point N. 10 n'appelle pour le moment aucune observation.

Il résulte des remarques qui précèdent que, sur l'ensemble des questions intéressant leurs armements respectifs, il n'y a pas lieu de prévoir dans la mise au point des principes ci-dessus énoncés de divergences de vues importantes entre l'Italie et la France. Le Gouvernement de la République se félicite vivement de pouvoir faire cette constatation. Il apprécie hautement la part qui revient dans ce résultat à l'initiative prise si heureusement par le Chef du Gouvernement italien.

11°) La 6ème des suggestions présentée par S. E. M. Mussolini pose un autre problème. Elle vise en effet une modification du statut d'armement des puissances dites désarmées en vertu des traités en vigueur, puissances auxquelles serait octroyée par étapes et par accords successifs une quote-part des « armements défensifs ».

Le Gouvernement français ne se méprend nullement sur les raisons qui motivent cette proposition, il ne se sent que mieux autorisé à exposer en toute confiance au Gouvernement italien les graves objections qu'appelle de sa part la solution ainsi préconisée.

S'il s'agit de permettre aux Etats désarmés par traité et notamment à l'Allemagne pour laquelle, suivant les principes du plan français repris par le pian britannique, la transformation de l'armée s'accompagnera d'une augmentation d'effectifs, d'accroitre également dans une mesure à fixer les quantités de matériel que les traités les autorisent à posséder, le Gouvernement de la République ne verrait pas· dans une telle proposition de difficultés insurmontables à la condition que toutes précautions utiles fussent prises lors de la fixation du niveau des dépenses militaires de ces Etats.

Rapprochée des mesures de réduction de leurs propres armements que les autres puissances parties à la Convention devraient prendre au cours méme de la période d'épreuve, qu'il s'agisse de réduction d'effectifs ou de limitation immédiate des fabrications, rapprochée également du fait que le contròle auquel les Etats désarmés sont à l'heure actuelle soumis en principe se trouverait généralisé, une telle mesure apporterait à l'Allemagne tous les avantages qu'elle est en droit d'attendre, dans une première étape, pour la réalisation progressive de l'égalité des droits.

Si, au contraire, l'intention du Gouvernement italien est d'accorder dès maintenant aux Etats désarmés, notamment à l' Allemagne, un nombre méme restreint des matériels puissants qui seront conservés par les autres Etats au cours de la période que couvrira la convention, une telle proposition paraìtrait très dangereuse au Gouvernement français et il ne lui trouverait aucune justification méme dans l'état de fait que, sur tel ou tel point, l' Allemagne, a déjà pu créer en matière militaire au mepris des Traités.

Le Gouvernement français tient à affirmer le principe que le maintien des armements des puissances désarmées à un niveau correspondant à celui qu'ont fixé les actes internationaux en vigueur constitue la condition nécessaire pour une réduction progressive des armements des autres Puissances. Il n'a pas attendu l'ouverture de la Conférence du Désarmement pour affirmer ce principe, le développement des événements en Allemagne lui impose de persévérer dans la volonté de la maintenir.

Avant de connaitre les résultats de l'expérience de la période de preuve et les garanties qu'elle aura apportées, il ne saurait étre question d'apprécier définitivement à quel niveau devront étre fi.xés les types d'armement de tous les Etats. On ne doit donc pas risquer d'autoriser maintenant l'Allemagne à construire certains matériels dont il serait possible d'obtenir, dans une des prochaines étapes, la suppression pour toutes les armées.

Dans les propositions qu'il a formulées, S. E. le Chef du Gouvernement Italien a donné maintes preuves de sa compréhension des mobiles dont s'inspire la politique française en matière de désarmement. Le Gouvernement de la République a la ferme confiance qu'il comprendra également que cette question est pour la France d'une importance vitale puisqu'elle touche directement à sa sécurité et que, par conséquent, aucun Gouvernement français ne peut courir à son sujet le risque d'une expérience hasardeuse.

17 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

(l) Cfr. n. 183.

(l) Per le << suggestlons » di Mussolini cfr. n. 128. Esse furono comunicate in realtà a Chambrun nel colloquio del 4 settembre (cfr. n. 145).

179

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 8613/1466. Budapest, 16 settembre 1933.

l. La natura confidenziale degli accordi commerciali di Roma (l) ha necessariamente limitato nella stampa e nei pubblici discorsi l'eco che avremmo altrimenti avuto il diritto di attenderci per l'entità dei carichi assunti. Ne deriva come conseguenza che H minuto pubblico, essendo all'oscuro dei pa·rticolari degli accordi, non è stato finora in grado di valutare forse, in tutta la sua ampiezza, l'entità dell'apporto concreto venuto aJJ.'economia ungherese dagli accordi stessi, né di fare un esatto raffronto fra il carattere disinteressato dei sacrifizi italiani e quello di altri Stati che, come la Germania e ancor più la Svizzera, hanno trovato un compenso ai vantaggi concessi nella possibilità di rendere esigibili i loro crediti congelati.

In altre parole, il tono dell'accoglienza agli accordi di Roma non poteva in tali ambienti essere superiore a quello dei comunicati e delle dichiarazioni ufficiali -gli uni e le altre necessariamente misurati e generici nel definirne il contenuto, anche se calorosi nell'espressione -che ho avuto l'onore di segnalare a suo tempo a V. E. (mio Telepost n. 6910/1353 del 21 agosto u.s.) (2).

2. Per converso, sensibile è stata l'eco suscitata dagli accordi stessi negli ambienti economici responsabili, politici in genere e ministeriali in particolare. Il Generale Goemboes nulla ha tralasciato per diffondere in essi l'impressione dei concreti risultati delle trattative di Roma. Ne ha fra l'altro fatto oggetto di un resoconto riservato all'assemblea del Partito unico di Governo.

Nel parlarmi di tale resoconto subito dopo la riunione di partito, questo Presidente del Consiglio ha tenuto, il 7 corr. mese, a dichiararmi ancora che il popolo ungherese ha apprezzato nella sua interezza la portata non solo politica ma anche economica dei risultati del suo viaggio a Roma. «Oggi nessuno osa dire -ha osservato -come si diceva in passato anche recente che l'amicizia italiana non dà tangibili frutti ).

180

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3807/630 R. Parigi, 17 settembre 1933, ore 17,05

(per.

ore

19,10).

Mio

telegramma n. 619 (3).

Ministro degli affari esteri ungherese ha mandato stamane alla R. ambasciata il consigliere legazione Ungheria per informarmi sulle conversazioni avute

dal ministro degli affari esteri ungherese con questo ministro degli affari esteri e presidente del consiglio e per dirmi che si asteneva dal visitarmi personalmente per non dar luogo a commenti da parte francese. Ho ringraziato non senza osservare che la preoccupazione mi sembrava eccessiva.

Legazione d'Ungheria ha l'impressione che Boncour abbia fatto di tutto per sabotare la visita ostacolando i contatti del ministro esteri ungherese col presidente del consiglio e presidente della repubblica. Legazione d'Ungheria ha dovuto passare oltre quai d'Orsay per fare ricevere il ministro degli affari esteri dai signori Daladier e Lebrun.

Conversazioni Boncour hanno avuto carattere prevalentemente economico con qualche accenno politico. Signor Kanya ha dichiarato che Ungheria non consente di far parte alcun blocco o co:1.federazione, mentre è disposta di venire ad accordi d'indole economica con singoli Stati, non esclusi quelli della Piccola Intesa. Ungheria rifiuta trattare Piccola Intesa in blocco. Boncour ha osservato essere premessa indispensabile ad accordi economici la rinunzia da parte Ungheria alle sue ... (l) politiche. Kanya ha risposto che nessun Governo ungherese potrebbe trattare su tali basi.

Colloquio con presidente del consiglio ha maggiormente soddisfatto il ministro degli esteri ungherese. Daladier ha dichiarato senza ambagi che Benes esige nei riguardi dell'Ungheria una preliminare tregua politica. Kanya è stato su questo esplicito anche con presidente del consiglio ripetendo di considerare inammissibile la pretesa di Benes.

Nel colloquio con questo presidente del consiglio discorso è caduto sulla questione disarmo. Presidente del consiglio dei ministri ha detto esplicitamente trattarsi di una resistenza decisa. Consigliere ungherese mi ha ripetuto frasi testuali di Daladier nei termini seguenti: «C'est une question tranchée ». Ministro degli affari esteri ungheresi avendo pregato Daladier chiarire suo pensiero questi gli ha precisato: «Il n'y ·aura par de désarmement » (2). I due uomini di Stato hanno parlato poi del patto a quattro. Consigliere ungherese si è schermito dal riferirmi in termini precisi conversazione protestando non ricordare frasi di Daladier. Però mi ha detto presidente del consiglio dei ministri aveva parlato del patto a quattro in modo da far capire che riponeva poca fiducia in quell'accordo.

Dall'insieme della comunicazione fattami dal consigliere Ungheria ho avuto impressione che è stato assai reticente. Mentre poi mi ha riferito con malcelato compiacimento giudizi presidente del consiglio sul patto.

Ministro d'Ungheria mi ha fatto annunziare dal suo consigliere che viene a vedermi mercoledì prossimo. Controllerò da più parti e riferirò ulteriormente.

(l) -011 accordi commerclal! !taio-ungheresi sl erano conclusi l! 18 agosto In occasione deiia visita a Roma del ministro del commercio ungherese. Non si pubbl!ca un appunto ministeriale che metteva in rliievo i sacrifici cui l'Italia si sobbarcava in favore deii'Ungherla. (2) -Non pubbl!cato. (3) -T. 3771/619 R. del 14 settembre, non pubblicato. (l) -Gruppo indecifrato. (2) -Con t. per corriere 3899/1499 R. del 20 settembre Colonna riferì che Kanya gll ·aveva comunicato di aver <<chiesto al signor Daladier se per avventura in Francia si pensasse ad una guerra «preventiva» il signor Daladier avrebbe risposto che tale non era assolutamente l'intenzione del suo paese, ma che egli temeva la guerra sarebbe fatalmente scoppiata lo stesso entro tre anni, a causa del contegno del Reich ».
181

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 6210/2459. Belgrado, 17 settembre 1933.

Nell'assenza di qualsiasi fatto che meriti essere riferito alla E. V. e mentre 11 Governo svolge con ogni sicurezza la sua azione metodica, e sviluppa la sua politica interna, continuano a giungere i rapporti da Zagabria che leggo con ogni attenzione.

Occorre me ne occupi anche per dare un senso di equilibrio e di serenità all'esame della situazione croata quale pretendo possa essere fatta compiutamente solo da questo posto.

E comincio con la visita del deputato Evans. Trascuro i rifacimenti accademici dell'Europa di questo deputato liberale enunciati quasi in nome di Lloyd George che fu poi uno dei principalissimi autori dei trattati di Versaglia. Ma affermare che la Jugoslavia fu creata per esperimento è enunciazione troppo semplicista e superficiale per essere presa sul serio.

Questo deputato inglese dimostra una scarsa conoscenza delle ragioni storiche e delle contingenze che hanno portato alla formazione della Jugoslavia e che la mantengono in vita, sia pure attraverso difficoltà, tragedie, crisi. E se la Croazia o meglio una parte della Croazia è, con altre parti, forza centrifuga, ve ne sono di centripete che agiscono più fortemente, e danno a credere (se non vi sia un urto esterno prima della definitiva consolidazione) che alla consolidazione si arriverà. Né ciò io considero sotto l'angolo della simpatia o dell'antipatia, della limitata capacità artistica e del senso del colore del contadino croato o no, ma sotto la specie del durare, cioè da un punto di vista machiavellico, cioè profondo e realista, cioè quello di considerare l'essenza degli Stati non alla stregua della cristianità e della paganità, della moralità o della immoralità o della nefandezza o della crudeltà, ma alla stregua delle forze interne che li fanno sussistere in contrasto con gli altri Stati che li circondano. E l'ossatura di forze interne qui c'è e ne ha dato prove: scende dal re Alessandro per la Polizia, all'Esercito con una percentuale (ora crescente) di pubblico consenso.

Il resto non conta, almeno fino a quando non dimostri forza concreta. Nel 1930 scrivevo presso a poco così: l'opposizione croata è statica, non dinamica, attende dai miracolo o dall'aiuto altrui la sua Jiberazione e si getta a'lternativamente alla banda che le dà speranza di trarla, senza suo cruento sacrificio, al suo giovamento. Così come quando nel 1918, perduta la possibilità di realizzare lo jugoslavismo trialista con la vittoria di Vienna, cercò sottrarsi al peso della sconfitta ed al novero di popoli vinti, unendosi a Belgrado.

Non ho niente da modificare al mio giudizio sintetico anche se oggi abbia letto l'ultimo rapporto da Zagabria (15 corrente n. 524) (1). Ivi quasi ci si duole

«I trankiani, l quali hanno un programma di assoluto separatlsmo e nell'emigrazione croata sono rappresentati dal dott. Pavellc, si considerano 1 più forti e 1 predestinati a

di non avere nulla di tragico e di sovversivo da narrare o da annunciare per l'indomani, e si fa un'enumerazione di generali senza soldati come si farnetica di volontario sgombero della Croazia da parte di re Alessandro ecc., ma in sostanza si debbono ammettere solo gelosie, urti e lotte fra questi capi e si conclude che si attende dall'altissimo senno di V. E. e dal sacrificio e dal rischio italiano la salvezza, poiché all'interno meno che per qualche attentato individuale, la gendarmeria numerosissima ed i comitagi sono pronti alla inesorabile repressione.

Rappresentare oggi la Croazia in un rinnovato stato d'animo agitato e fremente è artificioso, ed è pericoloso enumerare gruppi e gruppetti croati come se avessero dietro a sé frementi masse, come errato distinguere il paxtito contadino dai radiciani che sono tutt'uno. Quest'ultimo soltanto ha avuto masse dietro di sé, ma esse si vanno sempre più liquefando per la morte e la prigionia dei capi, per la mano libera ai nuovi che sorgono agli ordini del Governo e per gli interessi che alla nuova situazione legano. Né parmi sia compito nostro quello di ripetere pedissequamente tutte le fanfaluche che sorgono nelle conventicole croate, dove principale forza eccitante è il forte libare. A Pribicevich (massone-francese più che massone-jugoslavo) non resta del resto che un solo adepto importante, il Wilder; tutti gli altri avendo aderito al Regime!

E allora?

La conclusione è una sola. La opposizione croata fortissima nel 1919-20 fu impotente allora a realizzare la sua aspirazione al distacco a poco più di un anno di distanza dal voto di unione. Ha avuto poi momenti di risveglio che in concomitanza con i risvegli delle altre opposizioni potevano recare qualche novità nell'assetto interno jugoslavo, ma sempre nell'ambito della esistenza statale jugoslava, non oltre. Ciò fu subito dopo la morte di Radic (estate 1928) quindi nel periodo che va dal settembre 1931 fino a quasi tutto il 1932. Ora tutto si è calmato, e la questione croata è in soffitta. Potrà essere ritirata fuori domani, come per ragioni esterne imprevedibili, o per cause economiche interne, potrà riaprirsi una nuova crisi. È del resto soltanto dopo un succedersi di crisi che la situazione interna si salderà definitivamente e le altre varie stirpi jugoslave troveranno un punto definitivo di unione e di pacifica coesistenza. È questo esame che rende estremamente interessante il vivere in Jugoslavia, poiché vi si assiste, come in un gabinetto di fisica, al muoversi delle forze, al loro urtarsi e spingersi per adattamenti vicendevoli e per azioni e per reazioni reciproche, per tendere alla formazione etica di uno Stato.

La fusione non sarà impedita ed arrestata che se prima della intera fusione intervenga una guerra sfortunata, come pure per l'ignoto che se è, è nei fatti e può colpire anche il Sovrano. Ma se ciò sia per essere non è previsione politica che sia mio dovere annunciare.

dirigere il futuro Governo In Croazia. Essi basano tale opinione sul fatto che l'Italia fascista appoggerebbe l'azione all'estero del Pavelic, e sulla c·ircosta.nza che molti radiciani, privatidel lo·ro capo Macek, detenuto in carcere, dimenticano le massime fondamentali del partitoradiciano, contenti della mèta finale comune, e plaudent! ed inneggianti quindi a Favelle. si uniscono al frankiani, perchè sentono la necessità di essere guidati da un tribuna in genere, il quale appunto e per di più ha la stessa finalità politica del partito radiciano ».

(l) T. posta 3968/524 di cui si pubblica il brano seguente:

182

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3905/159 R. Mosca, 18 settembre 1933 (per. il 24).

Raccolgo qui appresso e connetto fra loro fatti e circostanze altrove indicati e separatamente l'uno dall'altro sviluppati, che mi sembrano degni della particolare attenzione della E. V.

l. -Visita di Pierre Cot. Essa fa seguito alla visita di Herriot, che integra e completa. Per Cot si sono ripetute in una seconda edizione, peraltro riveduta e corretta e meno reclamistica, le stesse manifestazioni che per Herriot. Mentre la visita di Herriot aveva carattere politico generale, queJla di Pirre Cot ha carattere politico particolare e scopi determinati e precisi (vedi mio telespresso n. -3888/1869 in pari data) (1).

• Con la visita di Cot, Francia e U.R.S.S. accennano infatti ad avviarsi verso una vera e propria cooperazione militare, e ciò cominciando dall'aviazione. Questa cooperazione ha carattere nettamente e, anzi doppiamente, antitedesco in quanto, non solo è tendenzialmente antigermanica, ma soppianta quella germanica preesistente * (2).

2. Le intese economiche e finanziarie fra Francia e U.R.S.S. -è vero non progrediscono di pari passo con quelle politiche. Ma ciò non impedisce di fatto lo sviluppo di queste ultime.

Prima di ora si poteva anche vedere, nel riavvicinamento politico dei due paesi, principalmente se non unicamente, un mezzo da parte sovietica per arrivare alla «borsa francese»; H faJlimento di questo tentativo avrebbe automaticamente diminuito, se non annullato, il riavvicinamento politico. *Ora invece si rende sempre più evidente che il riavvicinamento politico ha vita e ragion di essere asso,lutamente indipendenti da queLlo economico *.

3. Sulla stampa sovietica continua la campagna antitedesca (mio telespresso in pari data n. 3916/1900) (1). L'incaricato di affari tedesco signor Twardowski mi diceva di avere anch'egli visto recentemente Litvinoff e di averne riportate le stesse impressioni mie: * Litvinoff si mantiene, sempre e quanto mai, amaro. Rimprovera alla Germania una «linea » antisovietica, appoggiandosi a una quantità di fatti grossi e piccoli, anzi più piccoli che grossi, agli occhi suoi assurgenti però ad una tendenza e ad una politica*.

Il signor von Twardowski ha chiesto a Litvinoff qualche indicazione in materia di disarmo. Litvinoff si è mostrato abbottonatissimo. E' evidente che vuoi conservare intera la sua libertà d'azione, onde probabilmente, a Ginevra, appoggiare la tesi francese.

A mia domanda se non ritenesse un po' compromesso il programma di von Dirksen (mio telespresso n. 1734 del 21 agosto scorso e 1803 del 4 settembre) (3) von Twardowski ha dovuto rispondere affermativamente.

4. "' Parlandone con me, Litvinoff si era già mostrato genericamente d'accordo con Herriot nell'apprezzamento della situazione europea e dei pericoli di guerra che essa presentava. Con un mio collega, egU ha ulteriormente precisato e sviluppato il suo pensiero*.

«Una intesa europea -egli dice -in materia di disarmo sembra impossibile. La Francia non disarma e vuole il controllo. La Germania oramai, tutti lo sanno, riarma, epperò categoricamente rifiuta di farsi controllare. La Francia non avrà quindi altro mezzo per imporre la propria volontà all'infuori della forza. Donde la guerra, e ciò al massimo entro due anni, guerra la quale, naturalmente, sarà europea ».

5. L'idea della inevitabilità di una guerra non trova grandi resistenze. Parlandone l'altra sera al ricevimento dì Pierre Cot col collega turco testé ritornato da Ankara fui colpito daLla quasi assoluta assenza di reazione da parte sua. Una cosa sola egU dava per certa e cioè che, anche a costo di andar .incontro al fa;Himento finanziario, l'Europa non disarmerebbe. Anche con l'ambasciatore di Turchia mi riservo, prima di partire, ulteriori conversazionL

Nervosismo, dunque, generale, cui certamente contribuiscono le ripetute iniezioni di pessimismo, praticate, in Russia come altrove, dai missionari ufficiali o ufficiosi della Francia. Sarebbe errore l'assumere questo stato di fatto a fattore di carattere generale, permanente e decisivo. Ma sarebbe anche un errore farne completa astrazione.

Per quanto più specialmente mi riguarda, devo ancora una volta e ad ogni effetto constatare che, in questa situazione, *la frattura germano-sovietica si allarga sempre più mentre l'amicizia russo-francese sempre più si salda*.

Ignoro se e fino a qual punto Berlino veda ciò chiaramente. Comunque, se la Germania vuole fare qualche cosa per arrestare il processo ora in sviluppo, bisogna che si affretti. Fra sei mesi, potrebbe essere troppo tardi.

L'U.RS.S. si riaffaccia alla politica europea con un programma antigermanico, al cui svolgimento si dedicherà tanto più, quanto meno si sentirà minacciata ad Oriente. Orbene, la nomina di Hirota al ministero degli esteri a Tokio ruminuisce questa minaccia (mio telespr. pari data n. 3908/1882) <1).

«Durante il colloquio che ebbi ieri con !l signOT von BU!ow, non gli nascosi le preoccupazioni che destavano in V. E. le notizie che pervenivano circa l'aumentata tensione di rapporti fra Berlino e Mosca, tensione che si era accresciuta in questi ultimi giorni con la espulsione in massa dall'U.R.S.S. dei corrispondenti tedeschi.

Von Bùlow mi rispose che aveva avuto recentemente va.rl colloqui con questo ambasclatOTe dell'U.R.S.S., signor Chintschuk, di cui lodò la serenità, il buon volere e la sincera intenzione di appianare le difficoltà esistenti. Era emersa da tali conversazioni la necessità di lasdare che finisca il proces.so di Lipsia contro gli autori dell'incendio del Reichstag che tanto scalpore suscita nell'U.R.S.S. e che si prevede durerà altre 5 o 6 settimane. Dopo di che sarebbe intenzione dell'Auswartiges Amt e del signor Chintschuk di escogitare un mezzo per far rientrare l rapporti tedesco-sovietici nella normalità. L'ambasciatore dell'U.R.S.S. avrebbe intenzione di recarsi a tale uopo a Mosca e di tratta-re la cosa direttam<mte con Stalin, dato ch'egli ritiene inutile discutere con Litvinoff il quale, a parte il suo non facile carattere, sarebbe nei riguardi della Germania male disposto a causa della politica da essa fatta contro la razza ebrea di cui egli pure fa parte».

(1) -Non pubblicato. (2) -l passi tra asterischi sono stati sottolineati da Mussollnl. (3) -Non pubblicati.

(l) Non pubblicato. In riferimento al presente telegramma che gli era stato ritrasmesso con t. 1719 R. del 29 settembre, CeTruti comunicò con t. per corriere 4061/615 R. del 4 ottobre quanto segue:

183

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN (l)

APPUNTO. Roma, 18 settembre 1933.

L'Ambasciatore Chambrun presenta al Capo del Governo la risposta francese allegata (2).

Il Capo del Governo che ne aveva già conoscenza dichiara che la stessa gli sembra buona e ritiene che possa esser la base per un utile sviluppo delle discussioni.

L'Ambasciatore Chambrun rileva che la parte delicata è quella relativa alle nuove armi da concedere alla Germania data anche la tendenza francese a mantenere per quanto possibile i termini del trattato.

Il Capo del Governo osserva che ad ogni modo egli non intende concedere alla Germania delle armi «potenti), come è detto nella risposta francese, ma soltanto delle armi di carattere difensivo, quelle cioè a cui noi non saremmo disposti ,a rinunciare in nessuna evenienza.

L'Ambasciatore Chambrun ritiene che le trattative potrebbero essere note

volmente facilitate se si includesse nel progetto qualche accordo relativo alle

sanzioni.

Il Capo del Governo in massima non è contrario al principio delle sanzioni

che risponde ad un criterio morale e logico. Si riserva di studiare la cosa.

L'Ambasciatore Chambrun esprime da parte del suo Governo il desiderio

di trattare la questione con la massima sollecitudine.

184

LA LEGAZIONE D'UNGHERIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

APPUNTO. Roma, 18 settembre 1933.

Le Gouvernement hongrois est opposé en principe au contrale et spécialement aux investigations sur piace. Il estime que le procédé est dirigé contre les faibles et considère son application injuste. Son application ne favorisera certainement pas le développement des relations de bon voisinage.

A la conférence prochaine de désarmement, dans les circonstances données, le Gouvernement hongrois ne pense pas à faire valoir son point de vue entier, toutefois il s'opposera à adhérer à des solutions qui donneraient la priorité à la question du contròle devant celle du désarmement. Quant au principe meme du contròle i.J. ne s'opposera pas.

Parmi les deux alternatives soult:lvées, concernant le procédé des investigations, le Gouvernement hongrois donnerait avantage à celle selon laquelle, sous certaines modalités, il ne pourrait etre appliqué dans le cas où quelque Gouvernement aurait annoncé une plainte concrète et pondérante. Il estime moins acceptable l'alternative selon laquelle les investigations pourraient etre ordonnées automatiquement.

En principe .le Gouvernement hongrois ne pourrait accepter qu'un régime de contròle basé sur le principe de l'égalité. C'est à dire une réglementation qui produirait ses effets sur tous les Etats, de manière égale, non seulement dans sa forme, mais réellement dans son application aussi. La condition préliminaire d'une telle réglementation est

-que simultanément le droit unilatéml de contròle, créé par les traités de paix, soit supprimé, ensuite

-que la solution de la question du désarmement -solution qui devra régler la mesure des armements -soit satisfaisante pour tous les Etats, et enfin

-que le nouveau contròle général ne puisse entrer en vigueur qu'à une époque où dans tous les Etats il y aura déjà quoi à ,contròler, c'est-a-dire quand la Convention de Désarmement aura, jusqu'à un certain degré, déjà produit ses effets.

Dans aucun cas le Gouvernement hongrois ne pourrait accepter une solution tendant à créer une periode d'essai de contròle préliminaire, solution propagée par le Gouvernement français à Genève et reproduite à plusieurs reprises dans la presse française au cours du mois de septembre.

Telle solution ne pourrait etre acceptée par le Gouvernement hongrois, non

plus dans le cas où elle contenait une obligation concrète de désarmement qui

entrerait en vigueur automatiquement après que la période d'essai serait écou

lée. Une procédure semblable ne signifierait en réalité autre chose que d'un

còté un élargissement du contròle unilatéral basé sur les traités de paix, tandis

que d'autre còté tous les autres Etats seraient libres de tout contròle pendant

la durée de la période d'essai.

Le point de vue du Gouvernement hongrois est opposé en outre à ce que la conférence s'occupe de la situation créée par les stipulations militaires des traités de paix, c'est-à-dire qu'elle entre dans la question de savoir si ces stipulations ont été accomplies ou non. Il devra s'opposer quelle que soit la forme sous laquelle cette question pourrait etre soulevée, soit en rapport avec la question du contròle, soit séparément. Cette dernière question regarde uni

quement le Conseil de la Société des Nations. La conférence de Désarmement n'a pas à s'occuper avec le passé, son devoir étant de trouver la solution du règlement futur des armements (1).

(l) -Al colloquio e~a presente Suvlch, autore dell'appunto. (2) -Cfr. n. 178, allegato.
185

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3833/635 R. Parigi, 19 settembre 1933, ore 20,05 (per. ore 22).

Eden è partito stamane per riferire al governo britannico.

Iersera aveva chiesto istruzioni per continuare conversazioni ma non trovandosi Londra alcun membro del Gabinetto egli è stato invitato recarsi colà ad attendervi consiglio dei ministri che si riunirà probabilmente domani, saranno quindi r-iprese conversazioni a ParLgi o più probabiJlmente a Ginevra ove si recherà Simon.

Da un funzionario inglese che ieri prese parte conversazione Parigi, ho avuto seguenti informazioni:

Il Governo britannico e Governo francese hanno accolto col maggior favore proposte italiane che predetto funzionario, prospettando impressioni generali, qualificava come «magistra[i )), Eden sarebbe venuto non per negoziare ma per rendersi conto stato d'animo francese che (non astante preoccupazioni esistenti anche in Inghilterra causa riarmamenti e recenti manifestazioni pubbliche tedesche) ha trovato molto calmo e disposto conciliazione.

Sono state lette proposte italiane risposte francesi inviate a Chambrun. Da questi due documenti funzionario inglese presume accordo molto probabile poiché risposta non rileva alcun conflitto di principio ma propone accomodamenti che è facile conseguire.

Governo francese aspetterebbe risposta da Roma con sollecitudine per prepararsi a prossimo colloquio con inglesi e -ritengo -che anche in questo sia a cercarsi motivo sospensione conversazione Eden.

Funzionario predetto ha riferito confidenzialmente che in conversazioni intime tra sottosegretario di Stato e ambasciatore d'Inghilterra, Daladier, Boncour questi ultimi due si sono espressi in aperti termini di «ammirazione :. per Capo del Governo italiano. Stesso funzionario commentava che attuali proposte italiane per disarmo hanno molto rafforzato patto a quattro qui e stessa posizione gabinetto di Daladier. Si compiaceva pensando alla probabilità formare un fronte unico anglo-franco-italiano sulla questione.

Ha finito con avvertire che americani nulla sanno di quanto si è discorso qui ieri.

«Chiamare gll ungheresi e spi&gare, Mussolinl ». «fatto 22 settembre Buti. Giusta le Istruzioni d! S. E. l! sottosegretario gli ho letto In modo che potesse prendere degli appunti l 10 punti ltallanl. Per controllo ho detto che avevamo acceduto alle Idee tedesche. Ho lnslstlto sulla necessità di procedere per gradi per quanto riguarda l! riarmo, dato sopratutto l'atteggiamento della Germania di Hitler e la reazione conseguente ovunque~.

(l) Allegate a questo documento le seguenti annotazioni:

186

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'INCARICATO D'AFFARI DI GRAN BRETAGNA A ROMA, MURRAY (1)

APPUNTO. Roma, 19 settembre 1933.

Il Signor Murray ha comunicato al Capo del Governo che, d'accordo col Governo di Gran Bretagna, il Governatore di MaJta pubbliche.rà una legge in base alla quale sarà posta qualche limitazione al diritto di fondare istituti e istituire scuole straniere a Malta.

Per quanto riguarda l'Italia, l'effetto di questa legge sarà che saranno mantenuti l'Istituto Fascista di Cultura e l'Istituto Umberto I pure provvedendosi a che tali Enti abbiano a svolgere un'attività educativa e non di propaganda sull'elemento maltese.

Dovrà essere invece chiusa fra nove mesi la scuola di Casalpaola.

Il Capo del Governo fa presente che gli Istituti sopra indicati rispondono ad un desiderio della popolazione la quale ha tutto l'interesse, anche per ragioni pratiche di commercio, di studiare la lingua italiana.

Come è noto al Governo inglese, l'Italia ignorava una questione di Malta fino al momento in cui la stessa è stata provocata dal Governatore britannico con la nota disposizione contraria alla lingua italiana.

L'Incaricato d'Affari ammette che la politica fatta dal precedente Governatore di Malta ha portato a tale conseguenza, ma oramai la questione è diventata acuta ed il Governo inglese si è visto nella necessità di ricorrere alla soluzione sopraprospettata.

Il Signor Murray spera che nella stampa italiana non ci sarano delle ripercussioni ai detti provvedimenti che possano turbare l'atmosfera di cordialità che esiste fra i nostri due Paesi.

Il Capo del Governo non può dare assicurazioni su questo punto sul quale

l'opinione pubblica italiana è molto sensibile.

187

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI TURCHIA A ROMA, VASSIF BEY

APPUNTO. Roma, 19 settembre 1933.

L'Ambasciatore di Turchia è venuto a confermare la partenza di Ismet Pascià per Sof,ia: il suo Governo nelle trattative con la Bul!garia agirà secondo le

direttive date dal Duce a Tewfik Ruschdi bey durante la sua ultima visita a Roma.

Egli, Vassif, ha parlato con Ismet dell'argomento durante la sua recente visita ad Ankara. Ismet allora non pareva del tutto pessimista sulla possibilità di riuscire.

Nel frattempo però il Governo bulgaro ha avuto delle consultazioni con gli ex-Presidenti del Consiglio, Ministri degli Esteri, con i Capi dei partiti ecc... e sarebbe prevalsa l'idea di continuare nell'attuale politica di attesa, nella politica cioè di non fare alcuna politica.

L'idea di Ismet Pascià è di invitare 'a Bulgaria a partec.ipare all'accordo di garanzia greco-turco; se la Bulgaria facesse delle difficoltà per aderire al detto accordo nella forma attuale si potrebbe trovare anche qualche attenuazione. Comunque Ismet Pascià intende fare il massimo sforzo per ottenere questo risultato.

L'Ambasciatore Vassif è lieto di potere comunicare che nel recente incontro di Ankara tanto i membri del Governo turco che quelli del Governo greco hanno dichiarato che rimane base della loro politica l'amicizia con l'Italia.

(l) Al colloquio era presente Suvlch che redasse Il presente appunto.

188

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1672/205 R. Roma, 20 settembre 1933, ore 2.

PregoJa informare canceHiere che capo Governo è rimasto molto contrariato da manifestazioni Landbund a Graz.

Vice cancelliere ha tenuto discorso che contrasta nettamente con affermazione fatta recentemente cancelliere stesso neutralizzandone in parte effetto che aveva avuto ripercussioni così favorevoU. Ne.i riguardi italiani discorso vice cancelliere è stato molto poco simpatico, mettendo sullo stesso piano nostro paese che difende l'Austria con chi la combatte. Accenni nazionali e pangermanisti, bandiera partito, nome giornale d'altra parte possono dare impressione che adesione Landbund a politica Governo per indipendenza Austria non sia sincera. Per quanto si può giudicare dal di fuori, manovra che tenderebbe ad adescare attraverso Landbund elementi nazionali o nazional-socialisti non pare destinata otten.ere effetto voluto.

È opinione capo Governo che solo energico e coerente atteggiamento cancelliere per mettere atto con tempi accelerati tendenze autoritarie e rinnovatrici, possa rappresentare salvezza Austria acquistando le simpatie anche stessi aderenti nazional-socialisti. Manovre oblique come quella recente di Winkler a Graz non possono che pregiudicare situazione cancelliere di fronte opinione pubblica.

204~

189

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3845/636 R. Parigi, 20 settembre 1933, ore 13,30 (per. ore 17).

Mio telegramma n. 635 (1).

Boncour mi ha detto di aver incaricato l'ambasciatore di Francia a Roma di far sapere a V. E. che il Governo francese ha altamente apprezzato l'iniziativa concretata nei dieci punti del pro-memoria rimesso al conte de Chambrun <2). Ha soggiunto che al principio della conversazione di ieri con gli inglesi e dopo di essersi assicurato che il sottosegretario di Stato inglese conosceva il promemoria ha rilevato, ottenendo l'assentimento degli inglesi, che il merito dell'iniziativa spetta a V. E.

Le conversazioni di ieri hanno avuto carattere preliminare perché Eden non aveva avuto la possibilità di intrattenersi con MacDonald e Simon sul pro-memoria che gli era stato comunicato il giorno prima della sua partenza.

Il Quai d'Orsay ha creduto opportuno perciò, così mi ha detto Boncour, di moderare il linguaggio della stampa la quale si era lasciata andare ad un ottimismo che nelle sfere responsabili si considera se non esagerato, certo prematuro.

Sottosegretario di stato per gli affari esteri britannico ha manifestato senza dubbio buona disposizione, ma qui non si è ciò nonostante completamente rassicurati. Si aspetta per proseguire, di conoscere pensiero di Mac Donald e Simon e da ultimo le decisioni del Consiglio di Gabinetto che avrà luogo oggi.

Nell'ipotesi più favorevole conversazioni franco-inglesi potrebbero essere riprese a Parigi giovedì o venerdì al più tardi. Qui si preferirebbe concretare a Parigi piuttosto che a Ginevra.

Per quanto atmosfera nella quale si svolgono conversazioni franco:-inglesi sia indubbiamente migliorata dalla estate scorsa, persiste disaccordo su cvari punti importanti. Non sono in grado di essere completo perché il Quai d'Orsay si mantiene riservato. Posso tuttavia dare le seguenti notizie precise:

P) Infrazione ai trattati: Il Governo francese ha messo insieme come è noto elenco documentato delle infrazioni ai trattati da parte della Germania e ha ragione di credere che l'Inghilterra sia in possesso di informazioni analoghe. Gabinetto Parigi considera indispensabile e urgente farne oggetto contestazione alla Germania .nella forma che si crederà più opportuna per rendere impossibile al Governo tedesco tradurre in atto il minacciato proposito di riprendere propria libertà riarmare protestando inadempienza Stati vincitori alle disposizioni precise dei trattati che li obbligano al disarmo.

Gli inglesi considerano invece preferibile che l'Italia, la Francia e l'Inghilterra sottopongano alla Germania linea di un accordo in materia di disarmo.

Solo dopo opposizione della Germania dovrebbero essere contestate infrazioni commesse a giustificazione realizzato accordo. n presente telegramma continua col n. di protoc011lo successivo (1).

(l) -Cfr. n. 185. (2) -Cfr. n. 145. allegato.
190

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1677/206 R. Roma, 20 settembre 1933, ore 16.

Faccia sapere a Starhemberg che recente discorso di Winkler rinforza ragioni contrarie coHaborare con lo stesso. Conver.rà però che Starhemberg si astenga dal proclamare pubblicamente le sue riserve di fiducia nell'assenza del cancelliere ciò che mette quest'ultimo in condizione particolarmente difficile e diminuendo il suo prestigio può nel momento attuale essere contro-operante ai fini della politica da noi perseguita.

191

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3852/637 R. Parigi, 20 settembre 1933, ore 18,10 (per. ore 23).

Seguito al n . .precedente (2).

2°) Riduzione armi offensive e sanzioni. I punti di vista francese e inglese divergono assai. Primo chiede che la riduzione armi offensive sia discussa e fissata dopo il periodo di prova mentre inglese insiste perché riduzione pure dovendo effettuarsi dopo il periodo prova sia precisata fin d'ora. I francesi non sarebbero alieni accogliere punto di vista inglese ma esigono che in tale caso siano unificate subito anche le sanzioni per i casi infrazioni. A loro volta inglesi sono restii parlare di sanzioni. Essi vorrebbero regolare questo punto caso per caso.

3°) Armamenti qualitativi. Chambrun ha chiarito a V. E. pensiero Governo francese in relazione punto 6° del promemoria di V. E. Quai d'Orsay considera possibile una intesa fra i punti di vista italiano e francese apparentemente discordanti tenuto conto che la trasformazione delle forze armate in milizie rende necessarie modificazioni di armi che si tradurrebbero in un aumento dei suoi armamenti. Ho l'impressione che Qual d'Orsay abbia inteso dimostrare con que

{l) Cfr. n. 191.

sto la sua buona volontà facilitare accordo. Non è escluso che la Francla finisca per cedere nella questione speciale dei carri d'assalto leggeri. Non mi pare che il Quai d'Orsay opponga negativa assoluta. Eventualmente vi sarà da vincere in ultimo opposizione dei militari.

Dal consiglio Gabinetto odierno si attende inoltre definizione del punto di vista inglese circa funzionamento controllo e la durata del periodo prova. Gli inglesi si sarebbero accostati tesi francese riconoscendo legittimità controllo ma vorrebbero indurre Francia consentire maggiore elasticità nel funzionamento.

(2) ctr. n. 189.

192

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3854/640 R. Parigi, 20 settembre 1933, ore 18,40 (per. ore 23).

A telegramma di V. E. 463 (l).

Mi terrò informato riferendo.

Il paladino dell'accordo delle grandi democrazie occidentali è Herriot, il quale ha rievocato la sua idea preferita anche nel suo ultimo discorso a Le Blanc.

Ho l'impressione che, almeno per quanto concerne il Governo francese, si è presentemente su tutt'altra strada. L'iniziativa di V. E., tanto apprezzata qui, in materia di disarmo ha avuto per immediato risultato di rinsaldare intesa itala-franco-britannica. D'altra parte Boncour, riferendosi alla conversazione avuta poco prima con Davis, mi ha detto ieri che l'ambasciatore di Roosevelt auspicava una intesa italo-franco-britannica-nord americana in materia disarmo come unico mezzo giungere risultati conclusivi.

193

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 20 settembre 1933.

Ho detto all'Ambasciatore Chambrun che in giornata di domani gli consegnerò una risposta.

«Da recenti pubblicaz,ioni giornalistiche sembra trasparire tentativo far risorgere idee accordo delle grandi democrazie occidentali sul disarmo. Prego seguke manifestazioni tale tendenza e riferire. Telegrafato Londra, Parigi, Washington •·

L'Amba,sciatore mi ha comunicato che il suo Governo attende la stessa con impazienza e vorrebbe averla prima della partenza di Boncour per Ginevra che avverrà tra due giorni.

Ho fatto presente che la nostra risposta non entra in dettagli, ma constata l'accordo su alcuni punti e fa qualche precisazione a proposito di armi.

Nella situazione attuale per far progredire il problema, ci pare più utile conoscere i punti di vista inglese e tedesco, perché se ci fossero delle obiezioni di massima, evidentemente bisognerebbe superare queste prima di procedere all'esame dei dettagli.

I punti presentati dal Capo del Governo rappresentano, come è noto, un tentativo di salvare la Conferenza conciliando i diversi punti su un programma provvisorio, in attesa di un ulteriore passo decisivo fra qualche anno.

Per quanto riguarda il Governo inglese esso è già in contatto con la Francia e con noi e quindi si avranno quanto prima le informazioni. Per quanto riguarda i tedeschi sono state comunicate a Smend le linee delle nostre proposte (l) e si attende di conoscere la risposta. L'Ambasciatore Chambrun si rende conto che questa procedura è la più pratica.

(l) Protocollo particolare per Parigi del seguente t. 1671 R. del 19 settembre:

194

IL PRESIDENTE DELL'ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DELLA PREVIDENZA SOCIALE, BOTTAI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

R. S.N. Roma, 20 settembre 1933.

Il mio viaggio può distinguersi in due fasi principali: l'una va dal 30 agosto al 3 settembre; l'altra dal 4 al 13 settembre. Durante il primo periodo, io ebbi, insieme al prof. Marpicati, Vice segretario del P.N.F., a rappresentare il Regime al Congresso del Partito Nazionalsocialista del Lavoro a Norimberga, per ordine dell'E. V.; durante il secondo periodo, accogliendo, con l'autorizzazione di V. E., l'invito personale del Cancelliere Hitler, io visitai alcune città della Germania (Monaco, Berlino, Amburgo, Colonia, Dtisseldorf, Essen, Coblenza, Francoforte sul Meno), per rendermi conto dello stato attuale dell'organizzazione sindacale tedesca ed esporre le linee principali del nostro ordinamento corporativo ai dirigenti appositamente convocati dal dott. Ley, capo del Fronte del Lavoro e dell'Ufficio Politico del Partito, che in questa parte del viaggio m'accompagnò. Debbo dire, che ho invano tentato di ottenere, dopo Norimberga, una maggiore riservatezza intorno al mio soggiorno in Germania; si volle invece, dargli una grande pubblicità sia per salutare in me l'Italia delle Camicie Nere, ma più ancora, per dare al nuovo regime germanico un avallo di più presso un popolo, che gli fa credito, sopratutto, in funzione del Fascismo. Ho potuto, infatti, notare che il comportamento dei capi hitleriani verso il Fascismo è duplice: da un lato, essi si avvalgono del decennale esempio

(l} Cfr. n. 177.

fascista per mostrare alle masse i vantaggi di seguire un regime, che da quello trae ispirazione; dall'altro essi hanno scarsa considerazione per la consistenza sistematica del Fascismo, che giudicano come un esperimento del tutto empirico, condotto da un uomo di genio, cui la sorte non ha dato di operare con un popolo eletto e puro, qual'è il tedesco, ma con un popolo inferiore e dal sangue troppo miscelato. Ho sentito io, con le mie orecchie, dare valutazioni di tal genere, cui frasi, come quella pronunciata da Hitler, al Congresso, intorno all'effimera fioritura dei popoli di razza impura, conferiscono, nella mente dei sottocapi e gregari, un valore pseudo-scientifico. I capi Hitleriani ritengono d'essere ·chiamati dalla provvidenza ('continuamente invocata, su tutti i toni) a dar valore di duratura e organica civiltà a quel fenomeno accidentale che è il Fascismo Italiano, le cui deviazioni, i cui errori e compromessi, essi correggeranno. Debbo dire, per converso, che l'atteggiamento del popolo tedesco verso il Fascismo è del t.tllì. opposto; a Norimberga, Colonia, e, in ispecie, nei paesi rurali della Valle del ~.fra Rudhesheim e Francoforte sul Meno, dovunque io mi sia imbattuto con masse di popolo, gli evviva al Fascismo e al suo Capo mi hanno salutato in una ondata di vero, schietto entusiasmo; il popolo sa quello che Mussolini ha fatto per la Germania e intuisce che la sua ripresa è legata al di Lui nome.

Questa diversa posizione mentale dei dirigenti e delle masse deve, secondo me, essere tenuta presente da chi voglia utilmente lavorare in Germania per l'Italia: è un'opera paziente e assidua, psicologica e politica insieme, quella che si deve compiere, per impedire, o almeno ritardare, che i dirigenti sottraggano le masse all'influenza ideale del Fascismo italiano. Queste sommarie considerazioni mi portano a dare un giudizio sulla forza del regime hitleriano,

quale .appare nelle sue esteriori manifestazioni. Il reg,ime appare già consolidato nel costume e nella coscienza del popolo, che vi ritrova certi elementi fondamentali della sua psicologia: amore per l'ordine, per le uniformi, per le parate; disposizione all'obbedienza militaresca. È difficile, per un italiano, rendersi conto fino a che punto l'adesione del popolo al regime sia la risultante d'un gioco esteriore di pressioni o effetto d'intima convinzione, perché il modo di manifestare delle masse è del tutto differente dal nostro: molta compostezza, atteggiamento compassato, silenzioso, che esplode solo di tanto in tanto in applausi e grida a comando. Siamo~ lontanissimi dalla mobile e agile spontaneità delle nostre manifestazioni. Lo stesso Hitleir non scuote queste masse, che lo accolgono con un triplice heil, lo ascoltano in silenzio, lo salutano ancora all'andata, senza dar segno di eccessiva commozione. Tutto ciò risponde evidentemente al carattere del popolo che costituisce un impaccio grave per l'osservatore straniero che voglia misurarne la temperatura. Quando a Colonia, io assistetti insieme al dott. Ley alla proiezione del film delle giornate mussoliniane di Torino, il mio ospite rimase esterrefatto del vulcanico entusiasmo di quelle memorabili manifestazioni; ed ebbe lui stesso a notare quale intimo e insieme evidente legame intercorra tra la parola di Mussolini e lo stato d'animo del popolo; mentre, e questa è mia osservazione, Hitler sembra parlare per sé

o per un popolo lontano, distante, in una specie di isolamento mistico e trascendentale. Di Hitler come Duce, non posso dare una misurazione piena. Ho avuto con lui un solo contatto diretto, a Norimberga, nel colloquio che concesse al

18 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

prof. Marpicati ed a me. Le masse lo adorano in disciplina; non si esaltano, ma confidano in lui. La sua oratoria monotona, prolissa, con pochi scatti, con fiacche volate, piace; i suoi argomenti tra filosofici e mistici fanno breccia nell'animo delle folle tedesche. Egli non è considerato un Duce al modo italiano, condottie.ro, cioè, e statista; ma, piuttosto, un predicatore, un messia, un maestro, un moralista. Del che egli si compiace. I suoi collaboratori dicono chiaramente, che egli non ama il mestiere di capo del Governo; non ama, cioè, la tecnica della direzione effettiva della macchina statale. Egli aspira alla Presidenza della Repubblica, che gli consentirà d'assumere una posizione superiore e insieme appartata. Il suo aspetto è comune; il suo fisico stracco; il suo contegno remissivo, quasi timido. È difficile per noi, abituati ad altro stile, riconoscere in lui, ad oculos, il Capo, l'eroe, il duce. La sua modestia è molto esaltata, come segno d'umanità; lo stesso dicasi della sua castità e della sua sobrietà di cui peraltro i suoi intimi non mancano di lllllh"idere. Il dott. Ley, mentre in navigazione nell'Elba io davo corda alle ,-confidenze, mi diceva di Hitler: «Non beve né vino né birra, non mangia carne, non fuma; speriamo che gli piacciano le donne ~: e rideva d'un riso un poco irrispettoso. Contrasta, infatti, con questo moderato costume del Capo, il contegno dei sottocapi, che tende allo sfarzo, alla dimostrazione esteriore dell'autorità. Lussuosissime le automobili; lussuosissimi gli alberghi che frequentano; luculliani e numerosi i pranzi e i banchetti. Io ho dovuto lottare per difendere contro il mio ospite la mia naturale sobrietà d'italiano. Nei pranzi serali ero condannato ad assistere a interminabili libagioni, infiorate anche di disgustose manifestazioni. Un ufficiale degli S.A., il capitano Zandher, messo a mia disposizione dal Partito, cui io manifestavo in termini assai discreti la mia sorpresa, mi assicurava che il popolo ama vedere i propri dirigenti non risparmiarsi i comodi del potere. Dirò, ora, qualche cosa degli uomini avvicinati:

Goering, tira l'acqua al suo mulino; organizza accuratamente la propria personale popolarità, con ogni mezzo. È intelligente, rapido nelle decisioni, volitivo, senza scrupoli; avido di onori, che ostenta; ha la mania per le decorazioni, per i fronzoli. Ama l'Italia fascista e il suo Capo. Ritornando dai campi dei miti hitleriani, dove aveva sapientemente provocate manifestazioni per la sua persona, si rivolgeva a me, dicendomi: «Dite a Mussolini come io sia popolare~-Egli vuole che si sappia che l'Italia fascista può contare su di lui, anche contro le tendenze di altri suoi camerati all'indipendenza dottrinaria e politica. Una frase ricorrente nella sua bocca è questa: «In Prussia la legge sono io~-Desidera, che si conoscano le sue ricchezze; i suoi agi. Mangia voracemente. Ha una amante, che tutti conoscono e si indicano. Avendo essa avuto, con comunicato ufficiale, il monopolio della riproduzione cinematografica delle giornate di Norimberga, circolava liberamente tra la gente, che se l'additava; ma nessuno mostrava di scandalizzarsene.

Goebbels, più fine, più accorto, più furbo. Veste quasi sempre in borghese e senza decorazioni. Ha una casa molto linda, curata, elegante, ma, nell'insieme, dignitosa senza lusso. La moglie deve avere una grande parte nella sua vita, anche politica; ·non nel senso dell'intrigo, ma dell'ispirazione, del consiglio, della moderazione. Raduna in casa sua un mondo signorile, garbato, dedito alle

letture, che si distacca molto dal comune ambiente Hitleriano. Dicono che non ami Goering, di cui fu alleato contro Gregor Strasser, nell'ultima fase della scissione; taluni parlano di una lotta tra i due per il Cancellierato in vista della morte del vecchio (ossia, di Hindenburg) e della nomina di Hitler a Presidente dei Reich. Ma da qualche tempo è entrato in iscena.

Hess, rappresentante di Hitler al Partito. Si dice che il Fiihrer lo metta innanzi per disturbare e infrangere il gioco degli altri due. È un bel giovane, fotogenico, sorridente, cortese, premuroso, gentile. Non risponde mai alle questioni di principio che gli si pongono sui rapporti tra fascismo e nazionalsocialismo. Parla bene, chiaro, ma dice poco. Non credo che abbia molta stoffa; vale certamente meno degli altri due. Un uomo che ho avvicinato poco è:

Rohm, il Capo delle forze milita.ri hitleriane; tutti dicono apertamente che è un pederasta; ha una faccia volgarissima, repellente. Ho naturalmente, conosciuto di più il dottor

Ley, Presidente del Preussische Staatsrat, capo dell'Ufficio politico del partito, capo del Fronte del Lavoro. Lo si dice molto amico del Fiih.rer. Assomma una notevole autorità nelle sue mani. È un dottore in chimica. La sua cultura politica è scarsa. Non ha nessuna conoscenza dei sistemi sociali. Ha qualche vaga notizia dell'ordinamento corporativo italiano, che io mi auguro di avere alquanto precisato. Beve molto; fino all'ubriachezza. Gode di una certa popolarità nella Valle del Reno, tra Colonia e Coblenza, dove principalmente operò nei primordi del movimento hitleriano. Ho visitato con lui molte Organizzazioni sindacali, che non sono altro che le sedi delle organizzazioni socialdemocratiche, socialiste, comuniste, (Marxiste, le chiamano con termine sintetico) occupate dai funzionari nazionalsocialisti. Benissimo attrezzate; impianti amministrativi e tecnici perfetti. I dirigenti attuali, almeno per ora, seguono metodi e norme dell'antica amministrazione. I lavoratori, anche non socialnazionalisti, seguitano a fare capo alle loro organizzazioni, dove sono i loro denari; il contributo sindacale, infatti, è conglobato con quello assicurativo e non si vuol rinunziare ai benefici che vi sono connessi. A lato di queste vecchie organizzazioni, in attesa di una probabile, ma per ora non chiara trasformazione, Ley ha creato le cellule d'azienda, ch'hanno compiti politici, di propaganda e penetrazione ma che tendono a strafare riproducendo gli inconvenienti dei fiduciari di fabbrica. Un ordine emanato proprio ieri ne limitava i poteri. Non è improbabile che si sia costretti a abolirle. Quale potrà essere la definitiva organizzazione corporativa tedesca, è difficile dire. Ley non lo sa. Non lo sa Hess, non lo sa Goebbels, cui ho rivolto domande in merito. Goering dice: «Faremo come voi »; ma non ha voce in questo capitolo speciale. Ley e i suoi pensano che il nostro sistema poggi su un errore: riconoscimento delle associazioni separate di lavoratori e datori di lavoro. Nella mia conferenza di Colonia, detta, secondo gli ordini di V. E., in italiano, ma seguita dagli astanti dal testo tedesco, da me curato, ho illustrato il nostro sistema, dimostrandone, dall'individuo alla corporazione, l'aderenza alle funzioni e ai moti reali dell'apparato sociale ed economico. Ho notato sorpresa in molti, come di cosa appresa per la prima volta; e interesse vivo. Occorrerebbe insistere. I più giovani in ispecie, tra i duecento dirigenti cui parlavo, sono conquistati alle nostre idee. Ma c'è molto lavoro da fare. Debbo segnalare un'idea, su cui il dott. Ley ha ripetutamente insistito nei suoi discorsi:

-Linternazionale nazionalsocialista: è una idea vaga ancora, ma che denota una volontà da parte del Nazionalsocialismo, di sostituirsi al Fascismo come articolo d'esportazione e come motore ideale della nuova civiltà mondiale. Il Ministero della Propaganda sta preparando i quadri dei suoi addetti alle Ambasciate che terranno i contatti con i movimenti fascisti (nazionalsocialisti, dicono loro). È probabile che si commettano delle gaffes, che potremmo scontare anche noi; ma è certo che una tale opera sarà condotta con grande decisione. «Il Fascismo ha aperto la strada. Alla meta ci giungeremo noi »; è una frase che ho colta nella sala del Congresso, a Nori:mberga. Frase rivelatrice d'una tendenza, che non riconosce priorità ideali al Fascismo. Del resto anche nelle questioni pratiche, i riguardi sono scarsi; nessuno ha usato riguardi agli ospiti italiani per la

questione austriaca; solo Goering ha detto essere Hitler e lui disposti a mettere per iscritto la rinuncia all'Austria; ma nelle parate, nelle dimostrazioni, nei discorsi, si afferma l'unità assoluta della razza tedesca. «È questione di tempo», dicono i più prudenti; e nelle scuole si parla del Sud-Tirol come di terra tedesca.

Non aggiungerò altro, sulle direttive generali della politica hitleriana, di partito e di governo, perché V. E. è meglio informata di me. Io ho voluto di proposito !imitarmi a dare le impressioni e le osservazioni dirette.

(2) Ed. In O. BOTTAI, Diario 1944-1948, a cura di O. Bruno Ouerrl, Mllano, 1988, pp. 623-627.

195

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MANCINELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DELLA GUERRA, MUSSOLINI

R. 736. Berlino, 20 settembre 1933.

Riassumo qui di seguito alcuni punti interessanti rilevati da conversazioni avute in questi giorni con diversi ufficiaili de1la Direzione dell'Esercito.

Aggiungo che, a mio avviso, i punti di vista qui esposti rispecchiano, più che loro opinioni personali, criteri dominanti nelle sfere dirigenti del Reich, nelle quali il rappresentante delle forze armate esercita una influenza non trascurabile.

Non bisogna credere, giudicando dalle apparenze delle attuali manifestazioni della propaganda nazionalista, verbale e di stampa, o prestando fede alla propaganda d'origine francese, che la Germania apprezzi falsamente la odierna situazione politico-militare, generale e propria, e stia febbrilmente preparandosi alla rivincita. La Germania ha bisogno di ricostruire una forza militare sulla quale e colla quale sostenere le rivendicazioni politiche, ben note. Oggi non potrebbe in alcun modo sostenere lo sforzo di resistere ad una aggressione della Francia e dei suoi alleati.

Perciò, mentre attende politicamente e materialmente all'opera di ricostruzione della potenza militare, sa di dovere evitare assolutamente a qualunque

costo di fornire all'avversario una ragione che giustifichi un intervento armato.

Ritiene tuttavia che soltanto un suo atto inconsideratamente aggressivo, potrebbe

conferire ai governi avversari, essenzialmente al francese, il coraggio di indire

la guerra preventiva di cui molto si parla, ma della quale le popolazioni non

vogliono sapere.

La propaganda nazionalista e militarista, l'istruzione più o meno masche

rata della gioventù, l'esecuzione di un ben celato e progressivo programma di

forniture militari, non sono sufficienti a fornire ai governi stessi la giustifica

zione per una guerra.

La propaganda è necessaria per annullare l'effetto di quattordici anni di

regime pacifista e antimilitare. La Direzione dell'Esercito non si lascia illudere

dall'aspetto militaresco della Germania di quest'ultimi mesi: sa che larghi strati

della gioventù e della popolazione sono ancora sotto l'influenza del recente

passato.

Non teme d'altronde che l'eccitazione nazionalista possa condurre ad esporla a situazioni pericolose; perché la massa viene fortemente inquadrata e non andrà oltre il punto cui la si vorrà far giungere.

Il programma di ricostruzione militare è pure esattamente definito, nelle dimensioni e nel tempo. Viene realizzato con continuità e con metodo, ma con il ritmo lento che richiedono l'accennata considerazione politica, di non costituire provocazioni flagranti, e la generale situazione economica del Reich, che non consente una troppo forte erogazione di fondi per spese militari. Programma a lunga scadenza, dunque.

Passando dal generale al particolare, e cioè alla situazione austro-germanica, se il partito nazionalsocia;Iista, per ragioni di prestigio, non intende desistere dalla lotta impegnata, la direzione politica e militare del Reich è perfettamente conscia che l'azione non deve assolutamente spingersi oltre un certo limite, oltre il quale provocherebbe l'intervento avversario e, sopratutto, la perdita dell'unico appoggio di cui fruisca la Germania odierna nel mondo: dell'Italia. Anche qui si ha la certezza che la propaganda non può giungere fino a provocare l'accensione di atti spontanei. Se si manifestasse questo pericolo, certamente verrebbe ordinato all'esercito di impedirli, se occorresse con la forza, o più semplicemente verrebbero soffocati in germe, traducendo gli organizzatori in un campo di concentramento. Su questo punto si è assolutamente chiari.

D'altronde si è convinti che oggi, e ancora per un lungo periodo di anni l'inclusione dell'Austria nel Reich è irrealizzabile.

Nel quadro generale politico-militare europeo la Direzione dell'Esercito t.iene conto, naturalmente, del fattore italiano, che essa considera concorrente sostanzialmente se non formalmente, verso analoghi obiettivi antifrancesi. In proposito essa ha qualche preoccupazione, perché sa per esperienza quale carico tremendo rappresenti la guerra su due fronti che oggi si prospetta per l'Italia. Guarda invece con maggiore ottimismo il fattore ungherese, ritenendo la Romania incapace di entrare in guerra, per situazione interna ed estera insieme, e giudicando assai bassa la capacità bellica della repubblica cecoslovacca dove inoltre le forti minoranze tedesca e ungherese creerebbero delle difficoltà non lievi.

196

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3870/644 R.

Parigi, 21 settembre 1933,

ore

20,40

(per. ore 23).

Ho veduto presidente del consiglio.

Egli mi ha dichiarato di avere compreso importanza dell'iniziativa di V. E. per il disarmo.

Daladier non è altrettanto rassicurato riguardo atteggiamento inglese. Nulla è trapelato finora delle decisioni del Consiglio di Gabinetto. Presidente del consiglio prevede qualche so1rpresa. Egli mi ha detto di avere manifestato suo pensiero in proposito al sottosegretario di Stato per gli affari esteri britannico senza possibilità di equivoci. La Francia esige un controllo serio e un periodo di prova. I due anni offerti dagli inglesi non sono sufficienti. Se conversazioni non giungeranno ad un risultato, presidente del consiglio intende riprendere propria libertà. Chiederà al Parlamento e al paese un miliardo per armare; è sicuro di ottenerlo immediatamente. Presidente del consiglio ha riassunto suo pensiero in proposito dicendo che la Francia ha un vantaggio sulla Germania in fatto armamenti e intende conservarlo. Egli è convinto c_he in tal modo soltanto gli è possibile garantire l'integrità del suo paese.

Presidente del consiglio non dava impressione di credere che le conversazioni con gli inglesi, che saranno riprese domani a Parigi possano essere conclusive. D'altra parte egli ritiene che se non si raggiunge intesa italo-francese-britannica prima andare a Ginevra accordo diverrà assai problematico.

197

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A SOFIA, CORA

T. P. 1683/121 R. Roma, 21 settembre 1933, ore 24.

Per regolarità di carteggio informola che in conformità della linea di condotta costantemente raccomandata a codesto Governo, S. E. capo Governo in occasione della visita di S. M. Re Boris ebbe a rilevare i vantaggi che verrebbero alla Bulgaria da un ravvicinamento alla Grecia e alla Turchia in contrasto col pregiudizio che le arrecherebbe un accostamento agli Stati della Piccola Intesa.

198

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 21 settembre 1933.

Ho consegnato al signor Chambrun la nota di risposta e l'ho informato dell'intenzione del Capo del Governo di riunire nella prima decade di ottobre

i Ministri degli Esteri degli Stati del Patto a Quattro, a Stresa per accordarsi sul disarmo prima della riunione della conferenza prevista per il 16 ottobre. Nel frattempo continuerebbe il lavoro diplomatico per l'avvicinamento dei

rispettivi punti di vista.

L'Ambasciatore ritiene che il suo Governo avrebbe preferito prima un incontro a due per perfezionare l'intesa; quando si fosse raggiunto un accordo preciso franco-italiano egli non dubita che gli altri terminerebbero con lo aderirvi.

Gli rispondo che noi siamo già arrivati al punto da constatare la possibilità di tale accordo; è evidente l'interesse di conoscere il punto di vista degli altri prima di proseguire nei dettagli.

L'Ambasciatore riferirà immediatamente a Parigi e spera di potermi dare una risposta prima della mia partenza per Ginevra.

iY

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI

ALL'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA (l)

PROMEMORIA 228361/61. Roma, 21 settembre 1933.

Le Gouvernement Italien a soumis à un premier examen l'Aide-mémoire n. 248 de l'Ambassade de France à Rome (2), et constate de son còté avec plaisir qu'en ligne générale, comme dans beaucoup de détails importants, les points de vue respectifs indiquent des possibilités très intéressantes d'un progrès substantiel de la question.

Le Gouvernement Italien est heureux de constater que la tentative qu'il a faite pour concilier les différentes tendances, dans le but d'arriver à un résultat pratique qui parait toujours plus urgent, ait été appréciée par le Gouvernement Français.

Le Gouvernement Italien désire de soumettre immédiatement les observations qui suivent.

D'autres précisations seront évidemment nécessaires, en rapport aussi avec les considérations qui pourront etre avancées par les autres Puissances intéressées, particulièrement par l'Allemagne et la Grande Bretagne. Dans ce but pourront etre utiles soit les entretiens entre les Délégations à Genève, soit les conversations des Ambassadeurs des Quatre Puissances auprès des Gouvernements respectifs.

l. Sur les différentes questions ayant trait à l'interdiction de la guerre chimique et bactériologique, il n'y a qu'à préciser un accord qui s'était manifesté déjà entre les Délégations Française et Italienne à la Conférence, surtout en ce qui concerne la nécessité de sanctions spéciales contre les transgresseurs. Le Gouvernement Italien espère que cet accord sera conciliable avec les principes exprimés à ce sujet par d'autres Délégations, surtout l'Allemande et la Britannique.

Le Gouvernement Italien désirerait toutefois réexaminer, dans l'intéret commun des Pays qui pourraient etre attaqués au moyen des armes chimiques, le point spécial du droit de représaille -qui ne devrait inclure, en tout cas, aucun droit à une préparation préventive de l'exercice de ce droit.

2. Le Gouvernement Italien s'est toujours manifesté favorable à inclure dans la Convention, sous certaines conditions, l'abolition du bombardement aérien, et, par conséquent, l'abolition de l'aviation de bombardement. Il n'aurait donc aucune difficulté à étendre sa proposition de l'interdiction du bombardement des populations civiles

pour la première période -jusqu'à l'interdiction de tout bombardement aérien et

«L'allegato progetto di nota redatto tenuto conto del primo Memorandum e della rispostafrancese mira a lasciare la possibile libertà di manovra tra Francia e Germania e a tener conto del nostri rapporti con l'Ungheria e anche con la Bulgaria. In propos,lto attiro l'attenzione di V. E. oltre che sul preambolo sui punti 3) e 11) >>.

des aéronefs de bombardement, si cette forme très importante de désarmement était accompagnée, suivant le principe de l'interdépendance, par des réductions analogues du gros matériel de guerre terrestre et naval.

Comme, d'autre part, ces réductions n'ont pas paru possibles, dès à présent, à certaines Puissances, ni pour le matériel terrestre, ni pour le matériel naval, le Gouvernement Italien a été obligé de limiter ses propositions, concernant l'aviation, à l'abolition du bombardement des populations civiles.

Le Gouvemement Italien est naturellement d'accord, conformément au point de vue qui a toujours été le sien, à ce que l'abolition de l'aviation de bombardement soit envisagée pour la seconde période, d'après les exigences techniques et le principe de l'interdépendance.

3. Le Gouvemement Italien croit devoir à l'esprit de loyauté qui est à la base de sa conduite, de confirmer que, d'après son avis, l'intéret général aurait trouvé de grands avantages si le principe du désarmement avait reçu dès à présent un commencement d'exécution plus substantiel. Il constate avec plaisir que le Gouvemement Français apprécie à sa juste valeur le fait que l'Italie est disposée néanmoins à donner son adhésion aux principes d'une première période, qui, sans comporter les mesures de réduction du matériel qui ont été constamment préconisées par l'Italie, se limiterait à les préparer pour une étape succéssive en permettant de réaliser dès maintenant, si non ces résultats importants, du moins ceux que les circonstances du moment actuel permettent.

C'est en acceptant de se mettre sur le terrain pratique de ces circonstances et dans le désir d'aboutir à un accord, que le Gouvemement Italien est entré dans cet ordre d'idées; et il espère que son attitude donnera plus tard les résultats plus complets qui seuls peuvent etre considérés comme un accomplissement positif des obligations de désarmement établies par les Traités.

Le Gouvemement Italien veut croire qu'il sera possible d'arriver, de cette manière, à un accord et que cette première période d'épreuve créera, soit en vertu des éléments memes de l'accord, soit pour d'autres raisons, une situation favorable à la confiance réciproque dans l'atmosphère du P::u:te à Quatre.

4. -Le Gouvernement Italien confirme le principe de la limitation au niveau actuel des armements, sauf les décisions définitives sur le point 6 (11), et il est d'accord avec le Gouvemement Français sur le principe que toute mesure s'appliquant à la fabrication ou à l'achat des armes ne doit pas étre de nature à empécher ou rendre difficiles les programmes de modemisation et de remplacement des Gouvernements qui en auraient la nécessité, y compris les oeuvres défensives à caractère fixe. 5. -Le Gouvemement Italien est heureux de pouvoir confirmer qu'il ne trouve pas nécessaire d'étendre le régime de l'uniformisation aux forces des territoires d'outre-mer. Il est d'accord à estimer qu'il sera possible de trouver une solution satisfaisante pour les questions des polices militaires et des paramilitaires et il prend act avec satisfaction des bonnes dispositions exprimées par le Gouvemement Français à l'égard du point de vue bien connu de l'Italie, sur la question de l'instruction prémilita.ire.

En ce qui concerne les chiffres d'effectifs et la durée du service, le Gouvernement Italien observe que la question du rapport entre les forces italiennes et françaises, y comprises certaines forces d'outre-mer, devrait etre éventuellement envisagée en tenant compte des chiffres d'effectifs qui seront attribués aux autres Etats.

6. -(Voir n. 11 de l'Aide-mémoire de l'Ambassade de France et de cet Aidemémoire). 7. -D'accord à renvoyer. 8. -Les amendements français aux propositions britanniques concernant les règles de vote de la Commission Permanente de désarmement sont en train d'etre examinés attentivement à la lumière des différents éléments du problème. 9. -Le Gouvernement Italien a le plaisir de confirmer la proposition n. 8 de son premier Mémorandum (1). En partant du Pian britannique, il est pret, pour sa part,

à étudier une modification de la partie de ce plan concernant le contròle de l'exécution des dispositions de la Convention (Pian britannique n. 69-87), dans le sens de donner au contròle sur piace un caractère régulier, périodique et automatique.

10. -Aucune observation. 11. -Le Gouvernement Italien est heureux de constater que le Gouvernement Français a parfaitement saisi la nature et les raisons de l'initiative italienne. Il espère qu'il ait saisi de meme la manière dont le Gouverneìnent italien a taché de se rendre compte des raisons et des préoccupations françaises. Dans ce sens, il apprécie hautement l'effort que le Gouvernement français dessine dans la direction indiquée par l'Italie.

Il prie à ce propos, en toute franchise et amitié, le Gouvernement Français de considérer que si la rigidité envers les Nations désarmées par les Traités pourrait etre pleinement justifiée dans le cas de l'adoption de mesures effectives de désarmement du matériel de la part des Nations puissamment armées, elle ne peut que perdre, avec l'ajoumement de ces mesures, une partie sensible de sa base morale et politique. Ces considérations ne sauraient du reste infirmer l'opportunité d'exclure les armes puissantes -qui, selon le point de vue italien, co'incident avec les armes spécifiquement offensives -le but final de tous les Etats, sans exception, devant demeurer celui de l'allègement des charges et des dangers des armements.

Le Gouvemement Italien souhaite qu'il soit possible aussitòt que les Gouvernements Britannique et Allemand auront fait connaitre leurs remarques, d'aboutir, d'accord avec les intéressés, à des déterminations tenant compte des traités, de la sécurité commune, de la Déclaration des cinq Puissances de 1'11 Décembre 1932, et qui puissent se réaliser dans l'atmosphère du Pacte à Quatre.

(l) Cfr. il seguente appunto di Buti per Suvich dello stesso al settembre:

(2) Cfr. n. 178, allegato.

(l) Cfr. n. 145, allegato.

199

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI DI GERMANIA A ROMA, SMEND

APPUNTO. Roma, 21 settembre 1933.

Ho ,dato all'Incaricato d'Affari di Germania qualche ragguaglio sulla fase attuale delle discussioni per il disarmo e gli ho parlato dell'idea che il Capo del Governo potesse trovarsi con gli altri tre Ministri degli Affari Esteri, nella prima decade di ottobre, a Stresa o in qualche altro posto vicino alla frontiera.

Il signor Smend ritiene questa idea molto opportuna. Ne riferirà immediatamente al suo Governo.

Sa che le nostre idee sul disarmo sono state esaminate dal Governo tedesco; egli non ha avuto ancora una risposta ma ciò probabilmente dipende dal fatto che in questo periodo i Ministri non erano a Berlino (1).

«Iersera ho avuto con von Btilow conversazione circa questione disarmo. Riassumo punti prlnclpall. Impressioni tedesche circa dieci punti comunicati costà all'incaricato d'affari dl Ger

mania (telespresso di V. E. 228157 del 20 corrente) sono in massima favorevoli. Attualmente detti punti formano oggetto di studio ministero degll affari esteri Relch e da parte degll esperti ministero della guerra. Sl prevede necessità chiedere delucidazioni circa vari punti da discutersi anziché eJUlnclazione punto di vista italiano.

Così secondo von Bulow non risulta da quel punti dichiarazioni nostro atteggiamentocirca concessione dl principio alla Germania campionario armi difensive.

Concessione campionario è riguardata da Governo germanico come questione di prestigio e di onore nazionale su cui sarebbe impossibile transigere. Rifiutare detta concessione equiV!Irrebbe persistente vqlont(l. da parte altri Stati operare discriminazioni a danno della Ger

(l) Cicconardi comunicò con t. 3901/600 R. del 23 settembre:

200

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3921/647 R. Parigi, 22 settembre 1933 (per. ore 15 del 25).

Nella conversazione di ieri ho chiesto al presidente del Consiglio le sue intenzioni circa la ratifica del patto a quattro.

Il signor Daladier ha premesso che Herriot mantiene inflessibilmente la sua opposizione a quell'accordo. Il presidente del consiglio ha soggiunto che si propone di giuocare il suo collega come ha fatto la primavera scorsa. Le conversazioni italo-francesi procedono attivamente. Se, ha detto Daladier, il successo delle conversazioni franco-inglesi consentirà di concretare le linee di un accordo delle tre Potenze e degli Stati Uniti, sul disarmo, e se l'accordo sarà accettato dalla Germania, la ratifica del patto a quattro non incontreifà difficoltà, al parlamento francese. Qualora la prospettata favorevole eventualità non si verificasse, l'opposizione di Herriot e dei suoi amici sarebbe rinforzata e la situazione dovrebbe essere considerata delicata e trattata con prudenza.

201

IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSO LINI (l)

L. P. (2). Vienna, 22 settembre 1933.

Ho ricevuto la stimatissima lettera di V. E. del 9 corrente (3) e La ringrazio vivamente per questa nuova prova di sincero interesse e di amichevole disposizione. È stato per me naturalmente assai utile anche essere informato, a mezzo delle Sue cortesi indicazioni, dell'andamento della visita a Roma del Principe Starhemberg e specialmente conoscere l'avviso di V. E. al riguardo.

Mi sono valso dell'occasione di una visita di S. E. Preziosi, avvenuta poco prima della sua partenza per Roma, per esporre al signor Ministro le mie

mania. S! tratta concessione d! pr!nc!p!o. Governo tedesco prontissimo accettare discussione su quantità e modalità fabbricazione dette armi...

In questione disarmo Governo tedesco ritiene avere posizione creditore. Appare quindi naturale che Stati debitori si riuniscano per formulare proposta a creditore, non mai per imporre loro decisione. In tal caso linea di condotta Germania sarebbe molto semplice e !n caso contrarlo essa consisterebbe in rifiuto puro e semplice d! decisioni che si volessero ad essa Imporre».

intenzioni e considerazioni in merito al prossimo sviluppo della situazione in Austria e l'ho pregato di voler informare di ciò V. E. verbalmente e più esaurientemente di quanto ciò non mi sarebbe possibile di fare per iscritto. Dalla comunicazione pervenutami telefonicamente da parte di S. E. Suvich, come anche dagli accenni oltremodo calorosi della stampa italiana, e dalla relazione del dott. Buresch e del dott. Schuller, ho appreso con profonda gioia che il mio discorso programmatico dell'H settembre ha incontrato l'approvazione di V. E. Posso assicurare l'E. V. che son deciso di realizzare questo programma con tutta energia, con riguardo alle speciali condizioni dell'Austria.

I cambiamenti che nel frattempo si sono verificati con la ricomposizione del mio Governo rappresentano un ulteriore passo verso quella trasformazione che mi sono permesso di tratteggiare a V. E. a Riccione. Con ciò ho anche tenuto conto del Suo buon suggerimento.

Ora spero di potere, fra breve, procedere a profonde riforme sostanziali, come ho annunziato nel mio discorso programmatico.

Mi valgo con gioia della presente occasione per ringraziare vivamente, per questo tramite, l'E. V. per il Suo decisivo intervento nella questione della nostra esportazione di legnaro~, così importante per l'intera classe contadina dell'Alpe austriaca.

(l) Si pubblica la traduzione e non l'originale tedesco. Ed in una diversa versione italiana in BRAUNTHAL, La tragedia dell'Austria, cit. pp. 215-216.

(2) -Rimessa da Preziosi con R. rr. 3963/2105 del 23 settembre. (3) -Cfr. n. 162.
202

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3884/122 R. Ginevra, 23 settembre 1933, ore 0,05 (per. ore 2,30).

È venuto a vedermi Neurath.

Egli ha mostrato poca fiducia nella riuscita dei negoziati franco-inglesi pel disarmo. Ha detto di ritenere che l'unico sistema di impostazione delle trattative che possa condurre a qualche risultato sia quello inaugurato da V. E. con la Francia a mezzo dei suggerimenti fatti pervenire al Governo francese. Mi ha detto di aver visto Hassell prima di recarsi a Ginevra e di avergli dato istruzioni di dire a V. E. che egli condivide pienamente l'idea di voler ricercare la soluzione della questione del disarmo nel patto a quattro, ma che ritiene però consigliabile di non procedere a una riunione dei quattro ministri prima che i negoziati siano giunti a un punto tale da autorizzare serie prospettive di successo. Diversamente si correrebbe il rischio di peggiorare la situazione.

L'ho rassicurato spiegandogli che l'idea che ha mosso V. E. a seguire nel sistema dei suggerimenti, è stata appunto quella di saggiare in precedenza le disposizioni francesi per poter poi più facilmente considerare insieme con Inghilterra la via a un accordo fra i punti di vista francesi e tedeschi.

Neurath si è dichiarato completamente d'accordo. Quanto alla sostanza dei negoziati mi ha detto che secondo lui la maggiore difficoltà sta nella questione del controllo.

Circa poi proposta di V. E. al n. 6 relativa concessione armi difensive alla Germania mi disse se era esatta sua interpretazione che in forza tale proposta sarebbero state concesse alla Germania anche alcune armi vietate dal trattato di Versailles. In ultimo ha abbordato questione ebrea dicendomi di aver saputo che probabilmente questione sarà sollevata al consiglio. In questo caso egli si asterrà dal rispondere considerando questione di carattere strettamente interno, trattandosi di cittadini germanici fuorusciti che conservano intatto il diritto di rientrare in qualunque momento in Germania.

Della questione austriaca non ha fiatato.

203

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3909/394 R. Vienna, 23 settembre 1933, ore 18,50 (per. ore 23).

Dopo avermi riassunto recenti avvenimenti -da lui definiti come uno sviluppo del programma di Riccione -cancelliere mi ha spiegato la ragione tecnica per la quale egli non aveva potuto comporre il suo nuovo Governo, come mi aveva preannunziato, con soli sottosegretari di Stato.

Circa gli sviluppi immediati, cancelliere ml ha detto che nella prossima settimana, al suo ritorno da Ginevra, provvederà:

2°) -alla costituzione di un comitato provvisorio corporativo, con funzioni consultive e con fini nazionali. Comitato sarà formato da 5 delegati nominati dalle provincie e da 15 rappresentanti mestieri e professioni;

3°) -alla accelerazione della riforma <\Ostituzionale, in guisa che essa possa venire effettuata mentre ancora duri la preoccupazione della pressione nazionalsocialista.

Cancelliere mi ha inoltre assicurato che ogni cura sarà data alla migliore riorganizzazione del fronte patriottico.

A mia precisa richiesta mi ha dichiarato che Heimwehren avranno anche esse posti direttivi, insistendo però sul punto che esse da parte loro non dovranno mancare di dargli loro viva cooperazione.

Cancelliere mi ha quindi confidato avere avuto da buona fonte la notizia che il Governo germanico avrebbe ormai deciso cessazione campagna radio. Egli se ne è mostrato assai lieto sia perché attribuisce eventuale misura a consigli dati da V. E. e sia perché tale fatto, coincidendo con emissione prestito interno austriaco, non potrebbe che facilitarne collocamento.

Cancelliere mi ha ~nfine pa.rlato co_~ profonda gratitudine di V. E., pregandomi farle pervenire una sua lettera (l) di risposta a quella dalla E. V. direttagli in data 9 corrente (2). Egli mi ha accennato che in detta sua risposta conferma a V. E. sua decisione mettere in atto prontamente e con ogni energia il programma di Riccione.

l 0 ) -alla nomina di quattro commissari speciali per il turismo, per la propaganda, per l'educazione della gioventù, per i funzionari (quest'ultimo allo scopo estirpare efficacemente il nazionalsocialismo dalla burocrazia;

204

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3907/123 R. Ginevra, 23 settembre 1933, ore 21,45 (per. ore 24).

Simon giunto stamane reduce conversazioni Parigi ha subito voluto vedermi.

Per prima cosa mi ha pregato trasmettere V. E. sue felicitazioni per grande miglioria constatata a Parigi nei rapporti italo-francesi e per sistema suggerimenti fondamentali questioni in corso inaugurato da V. E. che ha infuso nuovo spirito trattative. Passato a parlare conversazioni avute con francesi ha messo in evidenza quelle che a lui sono apparse questioni fondamentali e cioè assoluta intransigenza Governo francese concedere Germania armi difensive

non pe.rmesse trattato di VersaHles e insistenza Daladier voler definire sanzioni in caso di inadempienza.

Circa prima questione prega V. E. chiarire concetto articolo 6 dei suggerimenti circa portata armi difensive da concedere Germania. Simon dettomi che anche opinione pubblica inglese non avrebbe mai potuto ammettere che un'eventuale convenzione concedesse sin dall'inizio sua entrata in vigore qualunque sia pur piccolo riarmamento alla Germania. Gli ho chiarito pensiero di V. E. facendogU osselt"vare che comunque nel secondo a1inea n. 6 era detto che eventuale concessione quotaparte armi difensive era previsto dovesse avvenire per tappe e per accordi successivi, ciò che aumentava enormemente le relative garanzie.

Chiarito questo punto, Simon espostomi attuale atteggiamento franco-inglese al riguardo e cioè che Francia ed Inghilterra non sollevano obiezioni a che armi difensive permesse Versailles siano già durante primo per.iodo aumentate allo scopo permettere trasformazione Reichswehr sul tipo uniforme previsto dal progetto inglese, ma relativamente armi proibite Versailles sono d'accordo che campionario difensivo sia concesso Germania solo alla fine primo periodo, nonché subordinato esito soddisfacente controllo esercitato durante di esso, e che materiale potente non venga mai concesso giacché soggetto per tutti al disarmo sin dall'inizio secondo periodo.

Esaminando insieme possibilità temperare tale intransigenza per facilitare accordo con la Germania ho avanzato idea che sarebbesi potuto eventualmente suddividere primo periodo 4 anni due tappe minori di due anni ciascuna, mentre

Simon suggerito eventualità accorciamento primo periodo 3 anni e allungamento successivo periodo 5 anni, ciò che darebbe vantaggio anticipare di un anno inizio effettivo disarmo.

Relativamente secondo punto conversazioni franco-inglesi da lui ritenuto maggiormente importante e cioè preoccupazione Daladier definire sanzioni per eventualità inadempienza Germania termine primo periodo di prova, Simon dettomi aver dichiarato Daladier che Governo britannico non ritiene poter assumere in nessun caso impegni maggiori di quelli attuali e mi ha chiesto quale sia al riguardo atteggiamento Governo italiano. Ho risposto sembrarmi eccessive preoccupazioni francesi, in quanto che qualora fine primo periodo prova Germania fosse trovata inadempiente, nessuno sarebbe obbligato disarmare e posizione di ognuno risulta quindi impregiudicata di fronte a Governo tedesco. Ho osservato che, comunque, dato che conversazioni disarmo si svolgono atmosfera patto a quattro che a sua volta contiene espliciti riferimenti Società delle Nazioni, questione sanzioni avrebbe potuto eventualmente essere esaminata lume relative disposizioni Covenant.

Simon trovato questa parte colloquio relativa sanzioni di particolare interesse. Ha messo innanzi anche egli suggerimento che su tale argomento possa farsi eventuale riferimento commissione consultiva prevista progetto inglese disarmo.

Tono generale colloquio assai cordiale. Simon molto apprezzato mia dichiarazione che Governo italiano è anche esso fondamentalmente contrario riarmamento Germania ma che ritiene doveroso esaminare tutte possibili direzioni nelle quali concessioni siano possibili per ottenere adesione tedesca. È stato questo il motivo suggerimenti V. E. Governo francese.

Concludendo Simon dettosi particolarmente lieto dichiarare sostanziale adesione britannica massima parte suggerimenti V. E., salvo riserva su determinati punti su cui sembra necessaria ulteriore discussione. Data grandissima ansia Governo britannico giungere conclusione, Simon prega V. E. volergli far conoscere urgenza precisazioni suo punto di vista circa punti sui quali nel corso del presente colloquio egli mi ha richiesto il parere di V. E.

(l) -Cfr. n. 201. (2) -Cfr. n. 162.
205

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 23 settembre 1933.

L'Ambasciatore Chambrun è venuto a comunicarmi che il Segretario Generale Léger gli ha telefonato stamane per informarlo che il Governo francese è disposto a fare un ulteriore passo nell'interesse di un'intesa per dJ Disarmo.

L'Ambasciatore premette che per comprendere la proposta francese bisogna distinguere tre categorie di armi:

l) -Quelle concesse dai Trattati. 2) -Le armi potenti possedute oggi dagli Stati armati.

3) -Fra le due ci sono quelle armi che la Convenzione del Disarmo in definitiva concederà ag.Ii Stati di pote.r possedere.

Sarebbe intenzione del Governo francese di concedere alla Germania dopo il primo periodo di prova i prototipi di tutte le armi di questa categoria intermedia, tutte le armi cioè che allora potranno esser possedute dagli Stati oggi armati.

L'Ambasciatore ha l'impressione che si tratti di una concessione molto importante e che si avvicina notevolmente alla nostra tesi.

Egli avverte però che d'altra parte i francesi danno la massima importanza alla questione delle sanzioni per poter avere una garanzia per il caso di infrazione della Convenzione.

Mi aggiunge confidenzialmente l'Ambasciatore che egli è persuaso che facendo delle concessioni in questo campo si potrà ottenere dai francesi una maggiore arrendevolezza su altri punti.

Egli avverte che gli inglesi si sono avvicinati ai punti di vista sostenuti negli scambi di vedute itala-francesi, che fanno però ancora resistenza sulla questione delle sanzioni.

L'Ambasciatore è persuaso che quanto Italia e Francia su questo punto fossero d'accordo, gli altri finirebbero per aderirvi. Egli ha fatto sapere a Parigi in maniera del tutto generica che il Capo

del Governo non è alieno dal discutere di sanzioni.

Osservo all'Ambasciatore che la comunicazione è certamente interessante.

Richiede però qualche chiarimento. Infatti non pare possibile che si voglia

lasciare la Germania nelle condizioni attuali durante il periodo così detto di

prova.

Quali sarebbero le concessioni da fare alla Germania in questo periodo?

L'Ambasciatore pensa che alla Germania si potrebbe dare l'aumento di armamento, che corrisponde all'aumento di effettivi previsti dal piano inglese. Gli osservo che non mi pare sufficiente. Bisognerebbe decidersi di fare alla Germania qualche concessione-sia pure limitata-in materia di aeroplani (1).

Per quanto riguarda le sanzioni faccio presente all'Ambasciatore che biso

gnerebbe conoscere qualche cosa di più preciso. Ci sono alcune sanzioni già

prospettate in passato alle quali non potremmo in nessun caso aderire.

L'Ambasciatore mi parla poi del progettato incontro a quattro.

Da parte francese gli è stato fatto presente che pure aderendo con la massima simpatia ad un tale progetto si pensa che la cosa possa riuscire difficile per ragioni di ordine pratico durante la sessione ginevrina che si prolungherà fino alla metà di ottobre.

Egli sa poi che da parte inglese si sollevano delle difficoltà di principio perché l'Inghilterra su questioni di disarmo non vorrebbe lasciare da parte l'America.

«L'ambasciatore Chambrun ha richiamato la mia attenzione sull'articolo della Stampa di Ieri, che parla di un'assoluta equiparazione della Germania in dieci anni; ciò ha allarmato molto l giornalisti francesi di Roma.

Egli però ha dato disposizioni di non parlarne. Gli ho fatto presente che l'articolo non è peT nulla Ispirato; l'Ambasciatore conosce bene quali sono l nostri punti di vista nella materia del disarmo ».

Infine l'Ambasciatore mi chiede delle spiegazioni riguardo al punto del nostro pro-memoria relativo agli effettivi (1). Gli rispondo che la nostra riserva in quel punto tende a mantenere aperte per una discussione ed un accordo le tesi già da tempo da nol sostenute.

L'Ambasciatore mi dice che egli aveva incarico da Parigi di sottoporre le predette osservazioni a S. E. il Capo del Governo, mi chiede se debba domandare udienza.

Gli .rispondo che farò io una relazione esatta a-1 Capo del Governo su quanto

mi ha detto e che ritenevo inutile la richiesta di udienza.

(l) Cfr. il seguente appunto di Suvlch del 22 settembre:

206

IL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, FARALLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A TIRANA, LA TERZA

L. R. P. Roma, 23 settembre 1933.

Il Ministero non è affatto preoccupato di quello che gli albanesi possono fare o dire a Ginevra (2). Il Barone Aloisi, che conosce bene codesti signori, sarà all'Assemblea e saprà certamente trattarli a dovere.

La situazione internazionale poi in questo momento è tale che non ci fa avere (almeno così si dice in alto loco) alcun timore per «sorprese balcaniche».

È quindi ferma intenzione di questo Ministero mantenere la sua linea di condotta con fermezza e senza alcuna debolezza che possa dare a Tirana la impressione che noi propendiamo per una soluzione di compromesso. Ogni giorno che passa la nostra posizione si rende più forte mentre si indebolisce quella di Zog. Noi non abbiamo che attendere giacché il tempo è tutto a nostro vantaggio. Più grave si delinea la crisi interna sia politica che economica, e più presto Zo~& sarà costretto a cedere. E se non vorrà cedere sarà travolto. E non so quale delle due soluzioni sia per noi in questo momento più vantaggiosa.

Date tali intenzioni è evidente che qui si sia contrari a qualunque gesto che possa comunque essere interpretato come un nostro tentativo per venire incontro ai bisogni albanesi. Il progetto quindi di acquisto del grano non può essere attuato. Ragioni di opportunità mi hanno perciò consigHato di mettere senz'altro agli atti il tuo telespresso 3262/1289.

« Dlbra e Villa potrebbero cioè a Ginevra non solo tastare il terreno per un prestito o per una risoluzione della S.V.E.A. a loro favore, ma anche « internazlonalizzare » a dir cosi l'attuale situazione italo-albanese, facendo rilevare in seno al consesso la buona volontà del Governo di Tirana verso la «grande alleata» coll'emanazione del noti decreti della linguaitaliana e dell'invio dell'BO % di borsisti in !talla, e la «durezza» dell'Italla che prima ha obbligato l'Albania a enormi spese militari per le esigenze dell'alleanza e poi l'abbandona e gll nega ogni aiuto».

(l) -Cfr. n. 198, allegato, punto 5. (2) -Risponde al telespr. 3262/1289 del 18 settembre inviato da La Terza di cui si pubbllca l! seguente brano:
207

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3942/174 R. Vienna, 24 settembre 1933 (per. il 27).

Mio telegramma n. 394 (1)..

Il cancelliere, nel riassumermi avant'ieri i recenti avvenimenti, ha insistito

sul punto «che egli aveva ormai concentrato nelle sue mani tutto il potere

esecutivo:..

Così dicendo, il cancelliere ha voluto non solo ribadire ch'egli aveva formato quel Governo a carattere autoritario, del quale era corsa parola con V. E. a Riccione, e di cui egli aveva voluto annunziarmi l'attuazione prima della mia recente venuta a Roma, ma anche sottolineare che tutte le forze militari, di gendarmeria e di polizia, trovansi ormai sotto la sua personale direzione, a conferma dell'autorità e del prestigio del capo del Governo.

Circa quest'importante concentrazione di poteri, sono corse in questi ultimi giorni tre contrastanti dichiarazioni di speciale rilievo:

l) L'ex ministro della guerra, generale Va.ugoin, ha afferma.to che il suo allontanamento dal predetto Ministero ha corrisposto all'impellente necessità di riunire «nelle mani del capo del Governo tutta la forza pubblica :., ed in ciò devesi leggere un'allusione alle frizioni che erano andate sorgendo tra il Vaugoin e il Fey e delle quali è preciso oggetto il mio telegramma per corriere

n. 153 del 22 agosto s. (2). 2) L'ex vice cancelliere Winkler ha fatto sostenere dal suo giornale che 11 sacrificio dei rappresentanti agrari, avvenuto con la composizione del nuovo gabinetto, è stato fatto allo scopo di derimere il pericolo heimwehrista; -e con ciò il Winkler ha voluto implicitamente alludere al suo segreto timore, comunicatomi dal cancelliere 10 giorni fa, d'un qualche ;putsch heimwehrista contro il Landbund. 3) n· vice cancelliere Fey ha pubblicamente dichiarato che, malgrado il suo nuovo posto, continuerà ad occuparsi delle questioni concernenti la sicu

rezza pubblica; ed in ciò devesi leggere una diretta ritorsione alle suindicate affermazioni degli agrari.

Ora, tutte le tre versioni peccano di unilateralità, sebbene quella del Vaugoin, a parte le sue naturali omissioni, (e cioè la circostanza del suo dissidio con il Fey ed il suo decrescente prestigio fra gli elementi giovani dell'esercito) sia la più rispondente alla realtà. Essa infatti viene a confermare la segreta comunicazione fat t ami dal cancelliere (mio telegramma per ccHTie.re n. 171 del 14 u.s.) (3) circa la decisa imminente sostituzione del Vaugoin; ed essa dichiarazione conferma puve che il signor Dollfuss aveva da tempo concepito 11 disegno di avvalersi al momento opportuno sia delle frizioni Vaugoin-Fey, che

19 -Documentt Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

delle preoccupazioni del Winkler nei riguardi d'un preteso putsch heimwehrista, per rompere gli indugi e concentrare nelle sue mani i reali poteri dello Stato. Gioverà pure ricordare quanto ho avuto l'onore di esporre verbalmente a V. E. circa l'intenzione notificatami dal cancelliere il 14 u.s. -e cioè quando il Winkler non solo non aveva ancora pronunciato il suo imprudente discorso, ma aveva fatto circolare la voce della piena adesione al fronte patriottico di voler formare un Gabinetto composto unicamente da sotto-segretari di Stato.

Il cancelliere ha così ancora una volta obbedito alla sua pratica di procedere all'azione solo in seguito ad un adeguato «pretesto)), fornitogli, nel caso attuale, dal discorso Winkler; ed ha obbedito anche alla sua antica pratica di fare apparire la sua azione politica più in rapporto a speciali ed impellenti contingenti, che in dipendenza di predisposte rigide teorie.

Cosicché le interpretazioni che i diversi raggruppamenti politici vanno dando agli ultimi avvenimenti possono apparire di relativo valore, e piuttosto espressioni dell'interesse partigiano di ciascuno di essi alla difesa della propria tesi. Il fatto è che il sistema liberale-democratico ha in Austria subito una decisa sconHtta, e che al suo posto è stato instaurato un regime di autorità-extraparlamentare.

Sfortunatamente, resta tuttora aperta la questione sottoposta a V. E. col mio rapporto riservato n. 1646 de,l 24 luglio u.s. (l) ossia che i cosidetti «fronti>>, e quello patriottico, e quello corporativo, e quello nazionale, possono, malgrado tutto, finire col divenire una voce, sebbene attenuata e modificata, degli antichi partiti.

Il pericolo maggiore è rappresentato dal fronte corporativo del Winkler, il quale sussiste, e con propositi di attività, malgrado l'allontanamento degli agrari dal Governo, ed è un pericolo -anche per il fondo pangermanista del movimento -di assai delicata e grave natura. Su di esso dovrà raccogliersi ormai la maggiore attenzione; ed al riguardo ho ben presente che esso potrebbe anche influire in grave misura sulla elaborazione della nuova costituzione. E' tuttavia un buon presagio che il cancelliere mi abbia avantieri dichiarato (mio telegramma n. 394) cJ:le egli intende sollecitare l'elaborazione -di detta costituzione, affinché essa abbia luogo allorquando l'opinione pubblica si trovi ancora sotto l'aculeo e la preoccupazione della propaganda e del pericolo nazionalsocialista, e quindi ben disposta a subire un regime realmente eccezionale.

(l) -Cfr. n. 203. (2) -T. 3591/153 R., non pubblicato. (3) -T. per corriere r. 3795/171 R., non pubblicato.
208

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS

APPUNTO. Ginevra, 24 settembre 1933.

Ho incontrato il Cancelliere Dollfuss dal Delegato permanente dell'Austria alla Società delle Nazioni von PflUgl.

Dollfuss mi ha confermato la propria soddisfazione per la soluzione data al problema di Governo in Austria. È stato molto lieto di sentire che S. E. Mussolini ne abbia avuto una buona impressione.

D'altra parte l'impressione favorevole è generale. La controprova della bontà dell'indirizzo preso è quella che la stampa germanica è rimasta disorientata. Parlandomi degli uomini politici in Austria egli mi ha espresso la sua fiducia per i,l Fey che constdem ,l'uomo mig:liore delle Heimwehren.

Starhemberg è certamente un uomo che agisce con passione e con disinteresse, ma è un intemperante che nella situazione delicatissima dell'Austria molte volte gli procura delle serie difficoltà.

Vaugoin si è portato in questa occasione da vero gentiluomo e non ha fatto la minima resistenza, sebbene il partito cristiano-sociale nella riunione tenuta poco prima del cambiamento ministeriale avesse fatto sapere che era contrario all'esclusione del Vaugoin dal Ministero.

Anche Winkler appena ha capito il vento che spirava ha rinunziato senza difficoltà.

Chi invece ha offerto le maggiori resistenze è stato Schumy.

Il Cancelliere ha notizie, non ancora confermate, che in Germania si sarebbe dato l'ordine alla radio di Monaco di sospendere per 15 giorni la propaganda; in genere egli ha l'impressione che ci sia un principio di détente.

Il Cancelliere, se dovrà parlare all'Assemblea, si manterrà sulla linea del tutto generale; non toccherà la questione della Germania né le questioni politiche interne austriache. Egli ha visto oggi nel pomeriggio Simon; lo ha trovato non troppo favorevole alla soluzione data al problema di governo austriaco; egli ha l'impressione che Simon sia molto legato coi circoli socialisti internazionali; il Cancelliere ha spiegato a Simon che non è neanche il caso di parlare di una collaborazione rosso-nera; sarebbe in questo momento il pm grave pericolo per l'Austria e il più grande piacere ehe si potrebbe fare al partito nazionalsocialista.

Simon è parso persuaso.

Da quanto· il Cancelliere sa Daladier non verrà a Ginevra e quindi verrà a cadere la polemica franco-tedesca che era attesa qui con grande ansietà; era inteso che avrebbe parlato Neurath, al quale avrebbe risposto Daladier e poi a sua volta avrebbe replicato Gobbels.

Parlandomi della situazione generale il Cancelliere mi ha detto che egli ha l'impressione che si vada verso un conflitto franco-tedesco; sarà questione di tempo, ma tale evento gli pare inevitabile; egli vuole evitare a qualunque costo che l'Austria sia la causa di tale conflitto.

n Cancelliere mi ha detto infine che se parlerà all'Assemblea mi farà vedere prima il suo discorso.

n Cancelliere mi ha poi pregato di ringraziare vivamente il Capo del Governo per la so1uzione data alla questione del legname che è della più grande importanza per l'Austria.

n Ministro Schiiller verrà di nuovo in Novembre a Roma per fare un ulteriore passo avanti nei rapporti economici fra i nostri due paesi.

(l) Cfr. n. 19.

209

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. PER CORRIERE 1699 R. Roma, ;?5 settembre 1933, ore 13,30.

V. E. ha già conoscenza della nuova ordinanza pubblicata dal governatore di Malta relativa all'esercizio dell'insegnamento da parte di stranieri.

Sebbene in se stessa la disposizione che sia necessario il previo permesso della superiore autorità locale, sia per l'apertura delle scuole, sia per l'abilitazione dei singoli professori all'insegnamento, non sia cosa nuova in materia di legislazione scolastica internazionale, tuttavia il tono e l'economia generale delle ordinanze dà loro un carattere odioso e certo poco amichevole verso l'Italia che praticamente è l'unica ad essere presa di mira dalle nuove disposizioni.

Questo incaricato d'affari di Gran Bretagna nel preavviso di queste ordinanze ha accennato al fatto che, nella sua applicazione pratica, il divieto di esercizio si limitava alla scuola di Casalpaola (l).

Occorrerebbe però precisare con codesto Governo, anche per evitare eccesso di zelo da parte delle autorità locali, i limiti e la modalità di applicazione delle ordinanze nei riguardi delle nostre scuole e dei nostri istituti.

Il comm. Silenzi si reca immediatamente a Londra per mettersi a disposizione di V. E. per tutte quelle informazioni e chiarimenti di cui l'E. V. potesse avere bisogno nel corso delle trattative.

V. E. cercherà. di far comprendere a codesto Governo come su questi punti noi ci attendiamo da parte sua uno spirito di accomodamento corrispondente al tono generale delle relazioni fra i due paesi.

210

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 3988/8955/1524 R. Budapest, 25 settembre 1933 (per. il 30).

Mi onoro qui di seguito riassumere a V. E. quanto il presidente Gombos, testé rientrato a Budapest, mi ha detto oggi circa le conversazioni da lui avute in questi giorni con il signor von Papen. Ometto tutti i punti già riferitemi da Kanya (mio telegramma n. 169 del 21 e mio teleposta n. 8881/1519 del 22 corrente (2) m quanto non richiedano modificazioni.

l. -Il generale ha cominciato col dirmi di avere tratto dall'insieme dei colloqui l'impressione che Papen rappresenti realmente, nell'attuale governo germanico, la persona di fiducia di Hindenburg. Appoggiato sul presidente e su un milione di «Stahlhelm » -inseriti ma non fusi nel movimento nazista, facenti capo al presidente del Reich e non al « Fuehrer », e dei quali egli ha impedito lo scioglimento -Papen parlerebbe tuttora del suo cancelliere con sicura disinvoltura: «Hitler», ha detto a Gombos, riferendosi alle gravi questioni attualmente pendenti, «deve ancora dar prova di essere un uomo di Stato (Hitler muss erst beweise, ob er ein Staatsmann ist) ». Non sarebbe stato difficile al presidente Gombos lumeggiare a von Papen, nei debiti modi, l'inopportunità degli attuali sistemi della politica nazista, specie nei riguardi dell'Austria. « Se la Germania -avrebbe detto Gombos a Papen -mettesse un po' d'acqua nel suo vino e si riguadagnasse le simpatie perdute in Inghilterra, potrebbe, appoggiandosi come fa in primo luogo sull'Italia ed anche sulla piccola Ungheria, guardare all'avvenire in serenità».

Pieno accoglimento avrebbe trovato poi presso il vice cancelliere Papen il desiderio del presidente G6mb6s di ~ssicurarsi l'appoggio germanico in favore della revisione ungherese. La richiesta di Gombi:is e la ovvia risposta di Papen acquistano interesse ove si tenga presente che negli ultimi tempi -come non ho mancato di riferire -si è venuta qui delineando in ambienti non trascurabili la tendenza a separare, quanto più pOssibile, la causa della revisione ungherese da quella della revisione germanica.

2. -Secondo il resoconto fattomi dal presidente, che in questo si scosta alquanto da quello del suo ministro degli esteri, meno liscie sarebbero andate le cose a proposito della minoranza tedesca i:h Ungheria. « I tedeschi sono buoni e cari -ha osservato il generale Gombi:is -ma mancano sempre di tatto. Ho detto chiaramente a Papen che occorre la Germania ponga un limite -geografico -alle sue rivendicazioni etniche. Non può continuare all'infinito nel sistema di reclamare per sé i suoi nuclei all'estero. Ho dichiarato, in particolare, che non posso tollerare dei sudditi ungheresi siano ricevuti a Berlino per essere consigliati sull'atteggiamento da seguire verso il proprio governo e vi ricevano appoggi morali e materiali; ho aggiunto che se costoro persistessero in tale atteggiamento, li caccerei dall'Ungheria. Ho detto pure al vice cancelliere che sono disposto ad assicurare agli ungheresi di lingua tedesca il libero statuito uso delle loro chiese e delle loro scuole elementari; ma assolutamente contrario a ogni concessione nel campo dell'insegnamento medio, superiore e magistrale ». 3. -Avendo io quindi portato il discorso su quanto maggiormente mi interessava, e cioè il contenuto più propriamente politico della visita e le dichiarazioni qui fatte dal signor von Papen alla stampa (mia Stefani n. 8785), il presidente mi ha dichiarato: « L'accenno contenuto in tali dichiarazioni, relativo al problema medio-europeo che non può essere risolto da "combinazioni diverse", si riferisce alla Francia ed ai suoi satelliti; che le cose debbano essere sistemate d'intesa con l'Italia, è, anche per Papen, fuori questione». Il presidente ha aggiunto: « Papen era curioso di sapere da me quale fosse stato il contenuto delle mie ultime conversazioni di Roma; non gli ho detto

tuttavia una sola parola dei piani segnati in tale circostanza da S. E. Mussolini ).

4. Circa infine le questioni economiche il generale Gombos mi ha confermato quanto già riferito, osservando tuttavia in proposito che di concreto c'era per ora soltanto la decisione di riunire sollecitamente una commissione mista di studio, avente lo scopo di esaminare i termini e le condizioni di un miglioramento, quanto più esteso possibile, delle relazioni commerciali fra i due paesi.

(l) -Cfr. n. 186. (2) -T. 3872/169 R. e t. posta r. 8881/1519, non pubblicati.
211

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 1704/265 R. Roma, 26 settembre 1933, ore 13,30.

Ove notizie contenute nel suo telegramma n. 456 (1) relative prossima spedizione militare Ogaden risultassero confermate V. S. è autorizzata far presente per iscritto a codesto Governo, come fu già fatto nel 1931, necessità che Governo medesimo adotti adeguate misure per evitare danni a nostri sudditi e a formulare ogni riserva per danni eventuali cui responsabilità ricadrebbe naturalmente su Governo etiopico.

212

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS

APPUNTO RR. Ginevra, 26 settembre 1933.

Il Cancelliere Dollfuss mi ha riferito di un colloquio avuto con Paul-Boncour il quale ha insistito molto sulla necessità di non prendere in Austria un atteggiamento decisamente ostile alle correnti democratilche e socialiste.

Il Cancelliere ha spiegato diffusamente il proprio punto di vista e la necessità del suo atteggiamento; ha l'impressione ehe Boncour ne sia rimasto persuaso, sebbene non lo abbia dichiarato.

Ho fatto presente al Cancelliere che questi interventi del Ministro inglese l'altro giorno (2) e del Ministro francese oggi si spiegano molto facilmente con la pressione che esercita attraverso l'estero il partito social-democratico austriaco che in casa propria non ha coraggio di assumere un atteggiamento netto.

Il Cancelliere è d'accordo con queste osservazioni: Paul-Boncour stesso aveva l'aria di parlare per procura senza una propria convinzione. Il Cancelliere mi parla poi della riforma che intende attuare prossimamente in Austria e su cui abbiamo avuto già telegrammi da Vienna (costituzione di una giunta consultiva per la riforma corporativa).

Per quanto riguarda il Comune di Vienna è sua ferma intenzione di sciogliere l'amministrazione socialista, ma insiste perché questa prima attui la riduzione di stipendi al personale ed introduca le altre economie che colpiscono il personale e il pubblico; tutto ciò però in tempi accelerati.

Il Cancelliere mi parla poi nella forma più confidenziale di una sua idea che per ora sarebbe a conoscenza solo del Ministro Ender e di nessun'altra persona; quella cioè di procedere rapidamente a una riforma elettorale sulla base del suffragio di lista ma congegnata in modo che alla lista che ha la maggioranza dei voti sia data una grandissima proporzione dei seggi -senza arrivare alla esclusività che egli non potrebbe proporre -. È appena una idea che egli evidentemente non attuerà se non avrà la piena tranquillità della riuscita a suo favore. Se la cosa andasse però, egli avrebbe risolto il problema costituzionale ed elettorale che oggi gli sta procurando non indifferenti fastidi.

Il Cancelliere ha avuto un breve incontro con Neurath. Si sono detti contemporaneamente: «bisogna che ci vediamo per parlare un po'». Neurath lo ha pregato di passare da lui. Egli non ci vuole andare, non per questione di protocollo a cui non ci tiene per nulla, ma perché in questo ambiente pettegolo di Ginevra si direbbe certamente che egli è andato a sottomettersi ai tedeschi. Se si può combinare un incontro da lui o in terreno neutro egli non ha nessuna difficoltà di vedere Neurath. Gli dirà che per ora sarebbe prematuro parlare di accordi; che bisogna lasciar calmare gli animi.

Il Cancelliere mi aggiunge che egli avrebbe conferma da fonte privata che i tedeschi intendono smettere la propaganda per radio e sciogliere i campi di concentrazione austriaci. Il Governo tedesco ad un passo fatto dal Ministro austriaco a Berlino, ha risposto che non esistevano le legioni austriache ma che gli austriaci erano stati raccolti in quei campi soltanto per poterli controllare e non !asciarli vagare pel paese domandando la carità.

Dollfuss avrebbe notizia che i tedeschi hanno mantenuto i rifugiati austriaci in qualche posto nelle immediate vicinanze della frontiera austro-bavarese; egli pensa per facilitare una loro fuga in Austria. Pare che molti di questi rifugiati siano malcontentì e disillusi.

Ho chiesto al Cancelliere che cosa farà nel caso che questi rifugiati rientrassero in Austria.

Mi ha detto che li farà arrestare, li terrà qualche tempo in carcere e poi, quando si tratti di persone colpite dalla misura per il toglimento della cittadinanza, li farà espellere.

Pare che in tutto si tratti di circa 6.000 persone rifugiate oltre i confini.

Il Cancelliere mi dice ancora che è rimasto molto impressionato da una conversazione con Hymans che gli ha parlato della guerra come di un avvenimento possibile e non lontano. Forse parlerà all'Assemblea non attaccando però i tedeschi, farà qualche accenno alla indipendenza dell'Austria ma come un fatto naturale e non dl_scutibile.

(l) -T. 3804/456 R. del 15 settembre, non pubblicato: rHeriva circa le voci relative alla preparazione da parte dell'Etiopia di un'Importante spedizione militare In direzione dell'Ogaden. (2) -Cfr. n. 208.
213

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, NEURATH

APPUNTO. Ginevra, 26 settembre 1933.

Dopo aver parlato di disarmo il Ministro von Neurath ha detto della sua intenzione d'incontrarsi con Dollfuss; ha chiesto che cosa· ne pensavamo noi.

Ho risposto che l'iniziativa era buona, ma che a mio modo di vedere l'unica cosa da fare nel momento attuale era quella di calmare gli spiriti.

Il Ministro ritiene anche lui che per ora non ci sia altro da fare.

214

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTEJRI, SUVICH, E IL MINISTRO DELLA PROPAGANDA TEDESCO, GOBBELS

APPUNTO. Ginevra, 26 settembre 1933.

Il Ministro Goebbels ha desiderato vedermi: mi ha parlato della sua impressione che ormai Ginevra sia vuotata di ogni contenuto politico e spirituale; non c'è dubbio che il mondo va orientandosi verso altri fini e altri metodi. Le nuove generazioni -sull'esempio dell'Italia e della Germania saranno più libere e più sincere; l'ipocrisia dei vecehi metodi politici e diplomatici è destinata a scomparire. Egli crede che questa evoluzione non sarà una minaccia per la pace ma anzi un rafforzamento della stessa. I popoli hanno bisogno di conoscersi per quello che sono senza la deformazione dei diaframmi che ad arte dagli speculatori della politica si interpongono fra loro per dividerli.

Mi dice ancora il Ministro Goebbels di esser soddisfatto dell'andamento delle

cose in Germania pur rendendosi conto che da principio ci sono state delle

esuberanze inopportune come avviene in ogni rivoluzione. Ma non c'è dubbio

che ci sono dei principi fondamentali per l'avvenire della Germania, come

quello dell'unità spirituale del Paese che vanno sempre più rafforzandosi.

Il nazional-socialismo è infinitamente grato al Fascismo che ha indicato la strada e ha fatto le esperienze più difficili e più costose.

Egli è molto amareggiato per la politica che si fa all'estero contro la Germania, dipingendola come un paese che può turbare la pace mondiale. I tedeschi invece non hanno bisogno che dl pace e di tranquillità per compiere la loro riforma interna e riconsolidare la situazione! del :Regime.

Gli rispondo che effettivamente è molto diffuso l'allarme per l'atteggiamento tedesco che si considera pericoloso per la pace del mondo. Il Ministro mi chiede che cosa si deve fare per combattere queste voci che egli qualifica calunniose. Il Cancelliere Hitler ha pure parlato chiaramente indicando quali sono i fini pacifici del,la Germania. Ogni parola pronunciata in Germania da qualsiasi

uomo politico del partito viene all'estero completamente svisata facendola

passare come un eccitamento alla guerra. Mi cita alcuni esempi anche di suoi

casi personali.

Gli rispondo che bisogna fare attenzione alle ripercussioni che certe teorie presentate nel campo filosofico, sociale ed economico possono avere nel campo politico; occorre anche che le direttive che vengono dal centro siano eseguite dagli esponenti alla periferia; certi piccoli incidenti di limitata importanza in se stessi -come quello recente dello sconfinamento in !svizzera -vengono, nel momento attuale sfruttati ad aggravare lo stato d'animo che si crea in odio alla Germania. Bisogna poi avere i nervi a posto e lasciar sfogare la campagna ostile. Noi abbiamo fatto anche la nostra esperienza al riguardo.

Il Ministro Goebbels è persuaso che tutto ciò passerà, che si riconoscerà il buon volere della Germania. Egli confida molto nel Patto a quattro che gli pare l'unica cosa saggia che si sia fatta nel campo poUtico in questi ultimi tempi.

215

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI UNGHERESE, KANYA

APPUNTO. Ginevra, 26 settembre 1933.

Il ministro Kanya mi conferma di aver trovato il Presidente del Consiglio francese straordinariamente deciso nella questione del disarmo. La conversazione al riguardo si è limitata a poch~ battute dalle quali risultava che di disarmo per il momento non se ne può parlare.

Riguardo alla questione dell'Europa Danubiana il Ministro Kanya mi dice di riconoscere la necessità di fare qualche cosa evitando però qualunque forma di unione fra i due Paesi danubiani. Egli è persuaso che la Piccola Intesa abbia un proprio progetto che sarà esposto nei prossimi giorni.

Espongo al Ministro Kanya le linee generali della nostra iniziativa. Egli si riserva di farle studiare da de Nickl che arriverà questa sera: mi chiede se ciò potrà turbare i rapporti economici fra l'Ungheria e la Germania.

Gli rispondo che ritengo di no; ciò piuttosto impedirà alla Germania di fare altre volte un tiro come quello giuocato recentemente all'Ungheria con l'aver rivenduto il grano importato sui mercati esteri in concorrenza con l'esportazione ungherese ed essersi trattenuti i quattrini per Hqutdare i propri crediti congelati.

Passando ad altro argomento il Ministro Kanya mi dice di aver avuto la proposta dalla Grecia per un Patto di neutralità. Egli non ha ancora risposto ma la cosa non gli pare cattiva.

Gli dico anche io che la prima impressione, senza dare alla cosa eccessiva importanza, è piuttosto favorevole.

Infine mi parla della visita di von Papen. Lo stesso gli ha fatto capire che tanto lui quanto Nearath sono contrari aLla politica fatta nei riguardi dell'Austria, ma che la stessa è voluta proprio da Hitler.

Von Papen ritiene che varrebbe la pena di fare un'opera di avvicinamento e che questa potrebbe riuscire solamente al Capo del Governo italiano. Condizione sarebbe quella però di allontanare Dollfuss dalla politica; bisognerebbe metterei d'accordo sulla nomina di un successore. Gli rispondo che nel momento attuale questa significherebbe la completa capitolazione dell'Austria; credo chE' sia troppo presto per parlare di una conciliazione; conviene far passare un po' di tempo perché gli animi si calmino e in questo senso potrà agire soltanto il Governo tedesco.

Il Ministro Kanya mi ha domandato -non escludo che la domanda sia in relazione con l'idea di sostituire Dollfuss -se noi. siamo contenti di Rintelen, osservando che lo stesso è favorevole ai Nazi.

Gli rispondo che noi siamo soddisfatti della missione data a Rintelen a Roma perché Rintelen si è sempre portato amichevolmente nei riguardi dell'Italia.

Kanya mi ha confermato che la pos1z1one di Neurath e di von Btilow, specialmente di quest'ultimo, è rafforzata.

216

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, AVENOL

APPUNTO. Ginevra, 26 settembre 1933.

Ho parlato col signor Avenol di questioni di disarmo. Egli si rende conto delle difficoltà da superare, ma ha !"i;npressione che premesse materiali per un accordo ci siano. Egli ritiene che S. E. Mussolini sia intervenuto nel momento esatto e che tale intervento abbia determinato quell'avvicinamento che era necessario perché tutto andasse a monte. Evidentemente oggi i punti di vista sono ancora troppo lontani per spen:-:e in un rapido accordo; ci troveremo ancora più di una volta dinanzi alla minaccia della rottura; tuttavia gli pare che ormai il meccanismo che porterà a una conelusione positiva: sia messo in moto.

217

COLLOQUIO FRA IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, E IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTERO DEGLI ESTERI JUGOSLA.VO, AVAKUMOVIé

APPUNTO. Roma, 26 settembre 1933.

Il Signor Avakumovic comincia con lo scusarsi se la corrispondenza avuta con me si è spaziata nei mesi, ma egli ha scritto per incarico avuto e l'argomento trattato era di così grave importanza e responsabilità che occorreva ogni volta meditazione e contatti.

La sua missione è strettamente confidenziale: ne sono a conoscenza il signor Jeftic, al quale è legato anche da vincoli di parentela, e, ha lasciato intendere, Re Alessandro. Nessun altro sa nulla. Raccomanda che eguale discrezione sia usata da parte nostra. Rispondo che non ci era certo sfuggito il carattere ufficioso delle sue lettere (l) e che quindi anche io ero stato autorizzato a vederlo. Circa la segretezza della sua visita, potevo assicurarlo che essa era a conoscenza di un numero strettissimo ed indispensabile di persone.

Il Signor Avakumovic ha continuato dicendo che in questi ultimi mesi erano state intraviste nuove possibilità di intese con l'Italia, favorevoli come raramente in passato, e ciò per lo svolgersi della situazione generale come pure per il profilarsi di certi gravi pericoli di fronte ai quali la Jugoslavia sente la comunità di interessi con l'Italia. Scopo della sua missione è di sentire direttamente che cosa noi rimproveriamo alla Jugoslavia, e quali le condizioni che noi poniamo per una chiarificazione di rapporti: infine quale il prezzo che la Jugoslavia dovrebbe pagare, quale il costo per la Jugoslavia del cambiamento di direttiva. Sua missione è di saggiare il terreno per vedere se vi sia ulteriore utilità di contatti tra uomini direttamente responsabili. Il Signor Jeftic, che si trova e si tratterrà a Ginevra, si proporrebbe di parlare con

S. E. Suv:Lch solo in base alle indicazioni avute qui a Roma.

Egli mi prega di fargli avere quanto prima possibile una risposta indicativa dopo di che egli proporrebbe come autorizzato di esaminare qui grosso modo quali i punti che nei vari settori sono di reciproco interesse e quali i chiarimenti indispensabili. Egli ha menzionato i settori danubiano e balcanico. Tutto ciò naturalmente a titolo preliminare.

Definito cosi il carattere, lo scopo e i limiti del suo viaggio, il Signor Avakumovic aggiunge che sarebbe erroneo attribuire alla presente nuova iniziativa il movente della paura: essa si ispira ad una valutazione obiettiva ma serena di gravi e reali interessi jugoslavi, alle preoccupazioni che certamente ha la Jugoslavia, alla persuasione dei vantaggi che essa può trarre dall'amicizia italiana. A Belgrado si è disposti a molte cose, anche più di quello che forse noi pensiamo; attendono anche qualunque suggerimento o consiglio che noi credessimo di dare. È un tentativo onesto che vogliono compiere; se esso fallisse, nel loro pensiero la situazione resterebbe però quale si è andata delineando in questi ultimi mesi, cioè decisamente migliore.

218

COLLOQUIO FRA IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, E IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI JUGOSLAVO, AVAKUMOVIé

APPUNTO. Roma, 26 settembre 1933.

Giusta le istruzioni ricevute ho visto il Signor Avakumovic e lo ho a lungo ascoltato. Egli ha detto che l'avvento dell'hitlerismo in Germania ed il Patto

a Quattro hanno reso necessario un esame della politica estera jugoslava per vedere se non fosse il caso di rivedere certe posizioni e prevedere certe eventuwlità. Sono partiti anche dalla considerazione del peso passivo che lo stato dei rapporti con l'ItaUa aveva su tutti i settori de~la politica jugoslava. Hanno constatato che molte deHe difficoltà provenivano da Roma.

L'hitlerismo è considerato come un movimento formidabile dal quale, è impressione di Belgrado, non si tornerà indietro. La Jugoslavia ne ha sentito e ne va sentendo ognl giorno la ripercussione. È della vigilia della sua partenza da Belgrado la notizia che una delegazione di jugoslavi tedeschi del Sirmio si è recata a Berlino a rendere omaggio ad Hitler. È una notizia che certamente non fa piacere e che unita ad altre manifestazioni avvenute su altri punti del territorio jugoslavo dà la misura della preoccupazione che l'hitlerismo solleva in Jugoslavia. A parte queste ripercussioni dirette ed interne vi è la questione austriaca. *Le informazioni in possesso del Governo jugoslavo gli fanno considerare la posizione di Dollfuss come molto preoccupante * (l). Le notizie che si hanno, e più frequenti in questi ultimi giorni, di diserzioni di ufficiali austriaci, fanno fortemente dubitare sul conto che si possa fare dell'esercito austriaco in caso di necessità. A Belgrado si ha l'impressione che la situazione possa da un momento all'altro maturare e la posizione di Dollfuss divenire insostenibile. Egli mi pone in modo preciso il quesito che Belgrado tiene enormemente a conoscere quale sia il puntb di vista italiano nell'eventualità di un putsch nazional-socialista sia proveniente dal Reich sia insorgente dal seno dello stesso Paese. Fino a che punto l'Italia è disposta ad agire? Quale sarà l'attitudine dell'Italia se si presentassero tali eventualità? Il punto di vista jugoslavo in materia è categorico: l'Anschluss rappresenta per la Jugoslavia un grave pericolo politico ed economico. Ma la Jugoslavia è relativamente un piccolo Paese ed a nulla servirebbe qualsiasi dichiarazione di opposizione che senza giovare metterebbe la Jugoslavia stessa in una pessima posizione verso il vicino e grande vicino di domani. Essi ritengono che l'Italia ha in mano la chiave della situazione e che possa dare a Berlino il senso che veramente sulla via di Vienna si incontrerebbe la effettiva opposizione di tutte le grandi Potenze.

Ho risposto a~l signor Avakumovié che evidentemente le ipotesi da lui prospettate erano anche da noi previste, che le nostre informazioni non erano affatto così pessimiste nel giudicare la posizione di Dollfuss ed in genere austriaca e che gli ultimi provvedimenti rappresentavano nel nostro giudizio un notevole miglioramento.

L'Italia aveva esercitato ed esercitava a Berlino tutta l'influenza che le proviene dal suo prestigio e dai suoi rapporti che essa ha con la Germania attuale e a cui tiene moltissimo per fare intendere come l'indipendenza austriaca sia d'interesse europeo ma anche germanico. Certo l'attitudine e le decisioni deU'ltalia per i casi specifici da lui citati <eventualità che deprecavamo) dovevano essere riservate pel momento in cui eventualmente si verificassero.

Il signor Avakumovic ha detto che è appunto questa libertà d'azione, di cui del resto del nostro punto di vista si rende noto, che però preoccupa

Belgrado e che nel caso che una palese solidarietà di interessi itala-jugoslavi su questo punto non si manifestasse (secondo loro sarebbe un fattore decisivo e risolutivo), impone alla Jugoslavia abbandonata a se stessa di cercare altrove le garanzie che la premuniscano.

Ma per quanto grande sia la preoccupazione jugoslava per l'Anschluss, tuttavia la Jugoslavia pone anche nei nostri riguardi una pregiudimale sine qua non contro ogni restaurazione asburgica, ovunque e sotto qualsias.i forma tanto in Austria quanto in Ungheria e sia pure in Cecoslovacchia, separatamente o un.ite. Vi sono delle ragioni sentimentali, ideologiche e storiche; vi è la persuasione che gli Asburgo anche in urno solo di questi Paesi sarebbero fatahnente condotti ad una politica di espansione e di propulsione che minaccerebbe lo statu quo territoriale. Egli ha aggiunto che in verità a Belgrado si ha la sensazione che in fondo l'Italia non sia favorevole a tali restaurazioni. Però consta che viceversa vi sono in Francia dei circoli che non sarebbero alieni dall'accarezzare delle illusioni in proposito, specialmente come mezzo, a loro giudizio efficace, da opporre alla espansione germanica verso il Danubio. Ma su questo punto l'opinione jugoslava è categorica.

A Belgrado si ha l'impressione che l'Ungheria sia già una pedina del giuoco germanico, che a Budapest vi sia già una più ridotta forma di hitlerismo che parla un'altra lingua ma che è animata da uno stesso tipo di ideologia nazionalista. Essi che conoscono da lungo tempo gli ungheresi fin dal tempo della pace sotto l'Austria e poi in guerra, sono sicuri che se anche finora l'Ungheria non ha dato all'Italia delle disiU:usioni, ciò avverrà fataJmente 11 giorno in cui a Budapest ci si accorgesse che l'Italia non può forse seguirla in tutte le sue speranze che sono senza misura. * A Belgrado si ritiene che per l'Ungheria non vi è in t...ndo che una sola via aperta, che è quella di Berlino*.

Per quanto concerne il problema della revisione il pensiero jugoslavo non può essere che di opposizione a qualsiasi revisione territoriale. Per la Jugoslavia è una questione di principio. Se si trattasse solamente di chilometri quadrati, di qualche villaggio, si potrebbe anche parlare di revisione sussistendo un'atmosfera di buoni rapporti. Ma come già detto è una questione di principio che una volta aperta metterebbe in discussione l'esistenza stessa della Jugoslavia. Dal settore unghe,rese si passerebbe al settore bulgaro, l'a;ppetLto aumenterebbe e non si sa più dove ci si potrebbe fermare. È una via senza fine prevedibile. Sarebbe lo scatenamento di appetiti formidabili -* «per rendere anche meglio il nostro pensiero in materia di revisione ungherese vi dirò -dice il signor Avakumovic -che possiamo concepire una revisione di frontiere verso l'Italia; essa ci potrebbe dar.e l'apporto di un grande Paese il cui appoggio e la cui amicizia ci sarebbero preziosi, ma con l'Ungheria l'apporto sarebbe nullo e non servirebbe che ad eccitarne gli appetiti~.*

A questo punto ho detto al signor Avakumovic che la questione della revisione è stata da noi agitata come una grande bandiera ideale che corrisponde ad una interpretazione storica e a sentite necessità dell'ora, ma che non aveva mai preso forma positiva per imporre precise e materiali revisioni territoriali. Del resto il signor Benes stesso aveva trovato modo di riconoscere che in certe determinate circostanze poteva forse farsi luogo a delle revisioni.

Il signor Avakumovic dice che le dichiarazioni di Benes sono avvenute senza nessuna previa consultazione jugoslava e che quando furono chieste spiegazioni, il signor Benes giustificò la cosa con delle necessità tattiche dell'ora e confessando anche che si era lasciato trascinare senza molta consideratezza. Ad ogni modo riguardano esclusivamente la Cecoslovacchia.

Circa il modo di conciliare questa posizione jugoslava sulla revisione con l'atteggiamento italiano e con il Patto a quattro egli ricorda che la Francia ha rilasciato in proposito una lettera. Egli non sa quale potrebbe essere la forma che potrebbe rivestire l'assicurazione italiana. Certo non si nasconde che per il caso francese la lettera corrisponde in tutto ad un atteggiamento continuato e concreto di politica anti-revisionista francese.

Pel caso italiano a noi di suggerire la forma appropriata. Certo, perché l'accordo generale sia vitale, occorrerebbe che, dopo, l'atti,tudine nostJ"a fosse consona e conforme alle premesse e che cessassero gli incoraggiamenti al revisionismo.

Si è parlato talvolta di unione doganale tra l'Austria e l'Ungheria. Il pensiero jugoslavo è contrario a tali unioni. Prevalgono le stesse preoccupazioni che per gli Asburgo che ogni unione sia già un primo gradino per ulteriori passi.

Per quanto riguarda i Balcani la Jugoslavia non ha nessuna velleità, né di espansione, né di funzioni di gendarme, ma anche per quanto riguarda la Bulgaria prevalgono le stesse necessità vitali ed imperiose per considerare lo statu quo come un fatto definitivo ed irrevocabile.

Connessa strettamente con la questione della revisione vi è la situazione delle minoranze -anche su questo punto vi è la impossibilità di fare concessioni che incoraggerebbero le velleità separatiste e non si sa dove un tale principio potrebbe in fine condurre.

Unica situazione diversa è quella delle cosidette minoranze italiane della Dalmazia che potrebbe essere oggetto di trattazione ad integrazione delle norme già previste dai Trattati e ciò senza dire dell'atteggiamento pratico che dovrebbero assumere in genere le auto,rità verso di esse.

Albania

La Jugoslavia non può essere indifferente alla questione albanese. Essa vorrebbe che noi ç:e ne rendessimo conto. E' sensazione di larghi strati di opinione jugoslava che l'ingerenza attuale dell'Italia in Albania è, per così dire, fuori di proporzione coll'interesse diretto che essa ha sotto tutti gli aspetti in quel Paese. Senza dubbio in questi ultimi mesi vi è stata una sensibile evoluzione. L'interesse jugoslavo in Albania è negativo e in diretto rapporto con la minaccia che essa può rappresentare nel giuoco della politica italiana contro la Jugoslavia dal punto di vista politico e da quello militare. L'Albania è un paese povero e non vi è per la Jugoslavia nessuna possibilità d'interessarsi ad esso dal punto di vista economico. E' un lusso che in nessuna occasione si potrebbe pagare. L'Italia vi ha dei privilegi e delle concessioni. Vi ha investito larghissimi capitali ed è giusto che essa tuteli in un certo senso il buon fine di queste operazioni. Belgrado non ritiene che siano denari che porteranno dei buoni frutti. Essi conoscono troppo gli albanesi e non possono dimenticare che durante la ritirata furono proprio le truppe albanesi più da loro pagate e beneficate che più accanitamente li ostacolarono e li assalirono. Ma evidentemente oggi vi è in Albania una certa posizione italiana materiale e di prestigio da salvaguardare.

E' difficile poter dire fin da ora quali i mezzi che l'Italia domani potrebbe adoperare per dare alla Jugoslavia la sensazione che effettivamente non vi è finalità antijugoslava. Potrebbe vedere l'Italia se e come ridurre in qualche modo l'ingerenza militare; sarebbe interesse jugoslavo che evidentemente di fronte all' Albania la posizione de>ll'ltalia non debba subire nessuna diminuzione di prestigio. Su tutte le questioni albanesi vi sono possibilità di intesa tra i due Paesi e nessuno è interessato all'Albania oltre Italia e Jugoslavia.

Movimenti interni

A Belgrado hanno disgraziatamente la sensazione fondata o no che varie difficoltà create alla Jugoslavia sul terreno della politica interna provengano dall'estero, da Vienna e da Budapest ma che le fila reali partano da Roma. Non si ritiene a Belgrado di chiedere troppo se si considera che il continuare in una tale situazione dovrebbe essere incompatibile con la normalità di rapporti· con l'Italia.

Relazioni commerciali

Sarebbe sminuire il senso delle intenzioni jugoslave verso la instauraz1one di una nuova politica il volere considerare quasi contropartita alla parte politica il luogo comune di offrire all'Italia in forma maggiore dell'attuale il mercato jugoslavo. Non è quindi una contropartita ma nel loro pensiero una garanzia per la politica che si va ad instaurare, anzi la base su cui fondare questa politica. L'Italia è già commercialmente interessata al mercato jugoslavo. Essi vorrebbero che vi si interessasse anche dal punto di vista del capitale e dal punto di vista del lavoro. Per il lavoro s'intende non una immigrazione di masse, ma di elementi direttivi e di operai specializzati.

Il rapporto di cambio tra la lira e il dinaro è cosi favorevole per la lira che una somma per esempio di 250 milioni di lire rappresenta la cifra già molto grande di un miliardo di dinari. H mercato interno jugoslavo potrebbe d'altra parte finanziare molti dei lavori da intraprendere. Questo punto dei rapporti economici è considerato parte essenziale di tutto il nuovo complesso dei rapporti politici perché sarebbe la prova non dubbia, palpabile e sensibile per le masse della nuova situazione. «Per lealtà debbo aggiungere che naturalmente questa attività italiana non sarebbe una assoluta esclusività, e ciò anche per evidenti ragioni formali di politica commerciale» ma rappresenterebbe la parte del leone. Anche essa dovrebbe svolgersi con tutte le dovute condizioni di serietà e pro

bità tecnica e professionale e senza sconfinamenti nella politica.

Senza per ora aver pensato ad alcuna formula che è prematura, il Signor Avakumovic ha detto che tutto ciò impone alla Jugoslavia un grande cambiamento di rotta. Egii oggi ha precisato solo sommariamente ma in modo, ritiene leale e perfettamente chiaro i punti di vista fondamentali della politica jugoslava. Sono cose che egli dice per istruzioni avute e che hanno formato oggetto di maturo esame da parte dei fattori più responsabili della politica jugoslava.

A complemento di quanto già detto, egli deve aggiungere in modo cate

gorico che, malgrado quanto spesso si afferma, la Jugoslavia non desidera

che la pace la quale è una necessità « sine qua non» per la sua stessa esi

stenza, che se il moto ideale della rinascita serba aveva sempre sognato i con

fini territoriali attuali i trattati del 1918 hanno anticipato qualsiasi più gene

roso e audace sogno. Dal 1912 al 1918 si è compiuto quanto i più generosi nazio

nalisti serbi sognavano che la Nazione avri!bbe potuto compiere nel corso di

altre generazioni. Può essere che i frutti raccolti siano stati immeritati. Co

munque oggi che l'unità nazitmale è compiuta, incombe alla Dinastia e al Go

verno il dovere di salvaguardare ii patrimonio raggiunto.

Il compito è di una grande difficoltà perché le vicende storiche hanno estre

mamente reso complesso e arduo il problema di dare forma unitaria nazio

nale e moderna al complesso jugoslavo. Senza voler ricorrere all'esempio abu

sato del Piemonte vi è oggi in Jugoslavia in corso di soluzione una grande

opera di organizzazione anzi di creazione di uno Stato jugoslavo; di difficoltà

però maggiori di quanto è accaduto in Italia dove i vincoli tradizionali e l'omo

geneità delle stirpi erano di gran lunga superiori a quella jugoslava. Sotto certi

aspetti si può anche dire che l'esperienza jugoslava è di interesse anche gene

rale perché tenta con fiducia di creare nei Balcani uno stato unitario e vitale.

Per tale opera è indispensabile la pace e la tranquillità.

Ove la presente iniziativa jugoslava possa avere degli sviluppi come a Belgrado si desidera, certamente si pensa che la Jugoslavia dovrebbe divenire nel quadro della politica italiana « la prima deUe cl-ienti » con quei riguardi, quegli accordi correnti che una tale situazione comporta.

Il Signor Avakumovic a conclusione del suo discorso mi ha pregato di riferire quanto mi aveva detto e che attendeva le eventuali nostre osservazioni ed impressioni come pure qualsiasi suggerimento che si ritenesse di fargli pervenire. Mi sono riservato una risposta.

Il discorso del signor Avakumovic che ha avuto carattere in parte puramente espositivo ed in parte di risposta a mie domande, è durato dalle ore 17 alle ore 21.15. Dal lungo discorso che del resto non ha mai divagato dai punti strettamente pertinenti, sono però emerse anche alcuni altri punti che è bene rilevare.

Sulla revisione, alla domanda se la opposizione jugoslava concerneva esclusivamente la Jugoslavia o si estendeva anche ai problemi revisionistici e concreti che potessero toccare altri Paesi, il Signor Avakumovic è rimasto perplesso dicendo che era all'oscuro del pensiero di Belgrado, ma che di massima

si doveva intendere l'antirevisionismo nella forma più vasta della conserva

zione dello statu quo generale -da parte mia gli ho detto che mi rendevo

conto del suo imbarazzo e della sua risposta.

Alla domanda se e come a Belgrado fosse mai stata studiata sul terreno tecnico la possibilità di più stretti accordi economici nel quadro danubiano, il Signor Avakumovic è rimasto molto perplesso e ha detto che i rapporti economici con l'Ungheria sono normali ma che non vi è la possibilità di grande incremento. Portato il discorso ripetutamente su questo terreno, ho avuto la sensazione che a Belgrado non si considerino con fiducia accordi inter-danubiani, di carattere economico. *Mi è sembrato di intendere, che sotto certi aspetti ci si attenda piuttosto di sostituire la Romania e l'Ungheria nei rapporti economici con noi *.

Ho detto da parte mia al signor Avakumovic che quanto egli mi aveva esposto era senza dubbio interessante ma che doveva rendersi conto di quanto importava per noi di cambiamento di direttiva. Certamente la situazione creata dal Patto a quattro offre delle possibilità nuove. Ho detto chiaramente al signor AvakumoVJic che da parte nostra vi era la sensazione che non avevamo nessun bisogno né della Piccola Intesa né della Jugoslavia. Ma questa sensazione collimava con l'affermazione della necessità di ridurre la Piccola Intesa a più giuste proporzioni nel quadro della politica generale. Che l'Italia era una grande Potenza di cui oggi si è rafforzata così smisuratamente la posizione nell'ambito appunto delle Grandi Potenze direttrici della politica europea, da farle considerare per lei di minore importanza le relazioni con i piccoli paesi tra i quali, senza sminuire la Jugoslavia, tuttavia essa deve essere annoverata. Era nostra sensazione che dipendeva solo ed esclusivamente da Roma se, quando e come avere con noi la Piccola Intesa. Erano essi che dovevano venire a noi, come del resto si è andato palesemente verificando, e non noi che andavamo verso di loro per sollecitarne l'appoggio. Ma ciò premesso, per dargli la sensazione del nostro stato d'animo di ieri e tanto più di oggi (il signor Avakumovic è rimasto pensoso ed ha infine detto che in realtà si rendeva conto di questa situazione e che doveva riconoscere che questa politica era giusta e fondata) ho aggiunto che in fondo noi siamo solleciti della stabilità e dell'interesse generale europeo e che quindi consideravamo come tendenziose e frutto di incomprensione le esagerate reazioni suscitate specialmente nella Piccola

Intesa dal Patto a quattro e dalle iniziative italiane.

Il signor Avakumovic ha detto che la reazione della Piccola Intesa al Patto a quattro era in diretta proporzione della «paura ) che il funzionamento stesso del Patto a quattro come direttorio delle Potenze poteva significare per gli Stati della Piccola Intesa sul terreno revisionistico. Che certamente le frasi come «ridurre la Piccola Intesa a più giuste proporzioni) hanno suscitato dei risentimenti per l'amor proprio offeso, ma non vi è dubbio che il rafforzamento del Patto della Piccola Intesa dello scorso inverno è dovuto quasi esclusivamente al panico che aveva loro pervaso per la minaccia italiana sul terreno della revisione e perfino, come allora si affermava da più parti, su quello della stessa minaccia militare offensiva. Ammette che questi pericoli sono stati sopravalutati e sono stati le cause del rafforzamento di certi orientamenti jugoslavi. Oggi però la situazione ha creato appunto la necessità di un «giro di orizzonte ;l> per vedere e tentare nuovi orientamenti.

zo -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

(l) Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 449. Il 19 settembre Avakumovié aveva inviato un'altra lettera a Cosmelll per fissare un appuntamento a Roma o nei dintorni per l giorni intorno al 23 settembre.

(l) I passi fra asterischi sono stati sottolineati da MussollnL

219

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3932/126 R. Ginevra, 27 settembre 1933, ore 2,30 (per. ore 4,15).

l) Disarmo. Ho impressione che sia avvenuto un avvicinamento ma che tuttavia diversità dei singoli punti di vista sia anco·ra notevole; è molto dubbio se si riuscirà a superare difficoltà avanti riunione conferenza (16 ottobre). Passando in rassegna singoli argomenti espongo punto di vista diverse delegazioni. 2) Riarmo della Germania nel primo periodo. Punto di vista inglese è preciso: aumento delle armi in corrispondenza all'armamento effettivi e null'altro. Inglesi sarebbero però disposti accorciare primo periodo da quattro a tre anni per rendere più accetta la cosa ai tedeschi. Punto di vista francese non è altrettanto preciso perché non dichiara esplicitamente di ammettere riarmo corrispondente aumento effettivi. Si oppone però in modo assoluto andare al di là di tale limite. Punto di vista tedesco contempla richiesta di un campionario nel primo periodo di tutte le armi che in definitiva saranno mantenute negli Stati oggi armati. Tale campionario non dovrebbe però essere limitato ad alcuni esemplari, ma dovrebbe essere inteso con una certa larghezza per ave·re almeno armi necessarie per istruzione truppa. C'è una riserva da parte ministro degli affari esteri tedesco per discutere questione a Berlino per vedere se tale richiesta possa essere contenuta in limiti più modesti. Quello però a cui ministro ritiene che non si potrebbe mai rinunziare sono alcuni aeroplani e cannoni anti-aerei. Punto di vista americano è uguale a quello inglese. Noi abbiamo insistito con inglesi, francesi, americani per considerare possibilità di qualche larghezza negli armamenti della Germania specialmente nel campo aeroplani e d'altra parte abbiamo insistito coi tedeschi sulla necessità non presentare delle domande che nel momento sarebbero inaccettabili, dato interesse prevalente della Germania spingere Francia su una via di effettivo disarmo. Il presente telegramma continua con stesso numero (1).

220

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3937/126 R. Ginevra, 27 settembre 1933, ore 2,30 (per. ore 6,45).

Seconda parte.

3) Periodi della convenzione. Francesi sono fermi parere circa 4 anni per periodo di prova che ritengono il minimo; inglesi e americani sarebbero disposti, come detto a ridurre periodo a

tre anni ritenendo che con una pressione comune sui francesi si possa ottenere tale risultato.

Noi non abbiamo preso posiz;ione lasciando aperta possibilità insistere assieme con gli altri per i tre anni quando non fosse possibile ottenere maggiori facilitazioni per la Germania.

Per quanto riguarda secondo periodo francesi hanno accennato quattro anni. Da inglesi è stato fatto qualche accenno a cinque anni nel caso che primo periodo fosse di tre ma nel complesso si ha impressione che secondo periodo debba rimanere aperto salvo fissarlo quando si venisse a parlare del piano di disarmo.

Tedeschi naturalmente per ora non ammettono un periodo di prova senza concessioni campionario di cui si è parlato più sopra.

4) Disarmo da parte degli Stati armati.

Francesi sotto pressione degli inglesi e americani hanno acconsentito consideraxe le linee programmatiche disarmo nel secondo periodo per fissarle eventualmente nella convenzione. Sarebbero disposti limita,re cannoni a quelli di 155 millimetri carri armati a 30 tonnellate e limitare al 50% loro aeroplani (gli anglo-americani avevano fatto una proposta che rappresentava circa 75%). Richiedono come contropartita sanzioni di cui più sotto.

5) Controllo.

Opinione inglesi americani tedeschi e nostra sarebbe che controllo dovesse essere esercitato preferibiilmente sulle nuove costruzioni anziché sullo stato attuale armamenti.

Francesi, pur non essendosi espressi chiaramente, pare siano disposti concedere tale forma di controllo se Germania non richiede riarmo nel primo periodo (si dovrebbe intendere all'infuori di quello corrispondente aumento degli effettivi). Si riservano però per ogni altra eventualità anche insistere per controllo sullo stato attuale armamento e a questo proposito fanno riferimento anche art. 213 trattato di Versailles.

Il telegramma continua con lo stesso numero (1).

(l) Cfr. n. 220.

221

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3938/126 R. Ginevra, 27 settembre 1933, ore 0,31 (per. ore 5).

Terza parte.

6) Sanzione. Francesi ne fanno una questione essenziale. Anglo americani sono decisi contrariare ogni nuovo impegno oltre quelli già assunti con trattati e accordi precedenti. Ritengono che garanzia si trova nell'accordo stesso e nella conseguenza che deriverebbe da un'infrazione, quella cioè che gli altri riprenderebbero libertà armamenti. Fanno anche richiamo

alla prima parte progetto inglese, quella cioè relativa sicurezza, e americani a questo proposito sono disposti non intralciare sanzioni che sarebbe·ro prese dagli altri (rinunziando quindd per tale evenienza far valere principi libertà mari). Questo è il secondo punto (l'altro è quello del riarmo tedesco nel periodo di prova) su cui per ora pare difficile conciliare tesi in contrasto.

Noi abbiamo ammesso in massima principio sanzioni mettendo in rilievo però difficoltà sua applicazione pratica ed affermando che non avremmo discusso su tale questione se non ci fosse anche accordo con l'Inghilterra e l'America.

Tedeschi non pare abbiano preso ancora un preciso atteggiamento nella questione delle sanzioni. In massima si dovrebbe ritenere però che vi siano contrari.

Durante discussione da un delegato americano è stata affacciata, a titolo del tutto personale, ipotesi concedere una parte armi chieste dalla Germania per periodo di prova, come conseguenza naturale trasformazione della Reichswehr in esercito permanente.

Ad esempio si potrebbe ammettere che ogni divisione fanteria o altra truppa abbia a sua disposizione un gruppo tanks o aeroplani. Idea merita considerazione. Il telegramma continua con lo stesso numero (1).

(l) Cfr. n. 221.

222

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3940/126 R. Ginevra, 27 settembre 1933, ore 3,35 (per. ore 5,45).

Quarta parte.

Non si è parlato per ora della possibilità di una riunione a quattro perché la preparazione non è abbastanza avanzata. L'ostacolo maggiore da superare è .irrigidirsi su determinate tesi che rispondono ad uno stato d'animo molto diffuso nei rispettivi paesi. Si è fatta balenare durante conversazioni possibilità rinvio conferenza disarmo, ma della cosa si potrà discutere in uno stadio della discussione più avanzato.

Ritengo che convenga continuare trattative ancora nel corso di questa settimana, dato che verso la fine della settimana maggior parte dei ministri esteri presenti ripartiranno per rispettive sedi.

Impressione è che in questo periodo anche se si potesse fare qualche ulteriore passo avanti non si riuscirà portare questione in porto. Capi delegazione dei tre hanno bisogno di andare a riferire ai propri Governi prima di procedere qualche ulteriore passo. È quindi da supporre che questione, sia pure in uno stadio più avanzato, sarà ripresa nella via d1plomatica prima di giungere alla stretta finale che viene costituita da una riunione del quattro.

Fine del telegramma.

(l) Cfr. n. 222.

223

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 27 settembre 1933.

Le conversazioni avute in questi giorni assieme ad Aloisi con Boncour-Massigli-Slmon-Eden-Neurath-Davis-Wilson, sono riassunte nel telegramma spedito ieri (1). Da parte dei nostri interlocutori è stato messo in rilievo l'opportuno intervento di V. E. e la funzione del Patto a quattJro come mezzo per aiutare il raggiungimento di un accordo.

Ho dato istruzioni alla stampa di mettere in rilievo l'opera equilibratrice dell'Italia in relazione anche alla sua posizione nel Patto a Quattro. Ho raccomandato anche di non correre troppo con del1e previsioni ottimistiche che sarebbero premature.

Ritengo giunto il momento di poter dare alla stampa qualche informazione più precisa sui singoli punti evitando ogni acce·nno polemico e senza entrare nei dettagli dei diversi punti di vista.

Ho dato anche istruzioni alla stampa di considerare la mia presenza a Ginevra come un fatto più che naturale, data la presenza di tanti altri uomini politici, e ciò per evitare l'impressione che si andava creando di una missione segreta della quale io fossi incaricato.

Ho tenuto perciò anche a visitare Avenol (2) e a farmi vedere all'Assemblea.

224

APPUNTO DEL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI (3)

Roma, 27 settembre 1933.

Anschluss

Il punto jugoslavo coincide di massima con la valutazione italiana del problema. L'attitudine italiana in materia è da mesi ferma e precisa. La sua comprensione del problema ha preceduto quella che ne hanno avuto altre Grandi Potenze. La situazione Dollfuss viene considerata tuttora con ottimismo e con ottimismo si considera l'azione che v.iene permanentemente esercitata a Berlino per moderare .t'attività Nazi contro l'indipendenza austriaca. L'Italia persiste

e persisterà in questa linea politica. L'Italia si assume la responsabilità di condurre tale politica nei riguardi di Berlino e di Vienna. Se sussiste un accordo con la Jugoslavia, è evidente che in questa questione d'importanza così rilevante vi sarà consultazione e accordo per rafforzare, se necessario, la linea di difesa comune.

Circa le estreme ipotesi prospettate e di fronte domani ad un precipitare di situazioni o ad un fatto compiuto non è possibile prevedere in modo preciso fin d'ora quale potrà essere la possibilità di manovra e quindi l'attitudine dell'Italia.

Non è però possibile anticipare fin d'ora quale sarà tale linea. Si può intanto tuttavia chiedere alla stessa Jugoslavia che cosa essa penserebbe di fare in caso di verificarsi dell'Anschluss. La domanda a noi rivolta è evidentemente rivertibile.

Dalle dichiarazioni del Signor Avakumovic è infatti anche risultata la tendenza jugoslava a cercare altrove garanzie contro l'Anschluss. Non sembra da escludersi che queste garanzie si possano cercare a Berlino, tenendo anche conto di certe manifestazioni jugoslave degli ultimi mesi che tendevano a marcare quasi un minore interesse jugoslavo contro l'Anschluss.

Revisioni

Si dovrebbero riaffermare i concetti fondamentali che hanno ispirato la nostra campagna: motivo storico, motivo ideale. Nessun preciso contenuto concreto, nessuna determinazione precisa di mutamenti territoriali. L'accordo con un Paese presume evidentemente la sua integrità, quindi un nostro accordo sul terreno politico esclude in ogni modo il concetto di una revisione comunque imposta alla Jugoslavia ed esaurisce quindi completamente il problema revisionistico nei riguardi jugoslavi. Rimane aperta la questione dell'appoggio che noi potremmo dare successivamente alla conclusione dell'accordo al principio revisionistico in senso generale ed astratto. Torna quindi di nuovo il concetto se e in quanto la Jugos,lavia possa ammettere il revisionismo nei confronti di terzi Paesi. n Signor Avakumovic tra l'altro disse in proposito che per esempio una revisione in Prussia orientale e regioni analoghe non aveva per la Jugoslavia evidentemente nessun interesse.

Asburgo

Su questa questione, tenendo conto anche delle stesse ragioni ungheresi anti-asburgiche si potrebbe essere forse più decisi nel marcare che vi è identità di vedute e si è sostanzialmente d'accordo.

Problema Danubiano

Il concetto che la Jugoslavia deve diventare la «pri:ma cliente» dell'Italia nel campo soprattutto politico con tutti gli oneri e gli onori che tale qualifica comporta, non dovrebbe escludere il mantenimento delle amicizie italiane nel Bacino

..

Danubiano. La politica dell'Italia, grande Potenza, non può subire il monopolio jugoslavo. Come nel caso dell'Austria-Germania, anche qui siamo fiduciosi di poter conciliare l'amicizia ungherese con una amicizia jugoslava.

Bulgaria

Un accordo itala-jugoslavo implica di per se stesso una diminuzione di pressione macedone. Ma gli jugoslavi certamente si attendono da parte nostra che si debba esercitare anche un'azione positiva a Sof.ia in senso moderatore. La visione che noi abbiamo della situazione interna bulgara ci ispira sfiducia sulla efficacia di un'azione in questo senso. Il sanarsi dell:a piaga macedone non dipende per noi dal Governo bulgaro che a sua volta è prigioniero della Ormi. Possiamo però vedere di esercitare anche qui un'azione politica che concili le nostre simpatie bulgare con la lealtà verso la Jugoslavia.

Albania

Occorre qui approfondire quali siano da parte jugoslava le aspettative per ricevere la sensazione che la nostra posizione in Albania non ha più significato anti-jugoslavo. Sulla diminuzione della nostra ingerenza militare e di quella civile strettamente connessa con quella militare si può parlare con tutte le cautele che si impongono in modo da salvaguardare le nostre posizioni-base e di prestigio. Gli avvenimenti del resto degli ultimi mesi contemporanei alla partenza del Generale Pariani sono già una forte evoluzione in questo senso.

I nostri interessi economici debbono essere completamente salvaguardati. Vi è poi la posizione di Saseno e Valona nei loro riguardi militari e marittimi ed esclusivamente adriatici. Vi sarebbero poi le ipotesi circa l'azione da svolgere in caso di turbamento dell'ordine pubblico civile interno. In sostanza a compenso della smobilitazi:one militare italiana da parte jugoslava ci si dovrebbe riconoscere senza riserve mentali le preminenza dei. nostri interessi economici e la i:nHuenza politica che ne deriva. Sembra che sia tutta materia che potrebbe essere oggetto di esame.

Rapporti commerciali

Il concetto di solidificare con i rapporti politici i rapporti economici è accettabile. Si possono esaminare le modalità tanto sul terreno dei trattati di commercio e tariffario quanto sulle linee accennate di un apporto di capitale e di lavoro italiano. Occorre però tener presente -l'ho detto al signor Avakumovic -che oggi l'Italia ha tendenza ad impiegare in patria in modo più proficuo e più sicuro il proprio risparmio. Nel nostro pensiero però si dovrebbe esaminare la possibilità ed anzi la necessità che i rapporti economici itala-jugoslavi siano poi coordinati nel quadro più largo di tutta l'economia medio europea danubiana, e ciò per ragioni economiche in quanto che l'Italia ha interessi che vanno oltre il mercato jugoslavo e per ragioni politiche in quanto che è rafforzando l'economia degli altri Paesi danubiani che si creano le garanzie più solide e sicure per arginare il pericolo germanico, interesse comune dei due Paesi.

Problemi vari

Naturalmente si dovrebbe poi accennare alle questioni militari e specialmente a questioni navali adriatiche.

Piccola Intesa

L'accordo con noi nello spirito della nostra attuale politica non implica una clamorosa scissione jugoslava dalla Piccola Intesa. La Jugoslavia a complemento ed integrazione della diretta azione italiana potrebbe svolgere una certa funzione equilibratrice a Bucarest e Praga come noi faremmo a Budapest e Sofia.

(l) -Cfr. nn. 219, 220, 221 e 222. (2) -Cfr. n. 216. (3) -L'appunto ha per titolo: «Spunti per una preliminare risposta al signor Avakumovié ~.
225

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI UNGHERESE, KANYA

APPUNTO. Ginevra, 28 settembre 1933.

Il Ministro Kanya mi ha detto di aver saputo da Neurath che la questione

del disarmo va male. C'è una intransigenza assoluta da parte inglese e francese.

Lo metto al corrente sommariamente della situazione attuale. Ce•rto che oggi,

cannone più o cannone meno, la Germania deve decidersi: o seguire la via

degli accordi per cui la situazione potrà migliorare nei prossimi otto anni, ma

gradatamente e sotto controllo, o scegliere la via dell'assoluta libertà che però

innegabilmente comporta delle incognite molto preoccupanti. Anzi per quanto

si possa giudicare oggi, la Francia e gli altri Paesi che più temono una resur

rezione della Germania militarista non sarebbero per nulla disposti a !asciarla

battere tranquillamente la strada del riarmo arbitrario.

Il Ministro Kanya condivide questa impressione.

Il Ministro mi comunica poi che ieri è mancato all'ultimo momento l'incon

tro fra Neurath e Dollfuss che era stato preparato nei dettagli. Per scegliere un

terreno neutrale di incontro Neurath aveva chiesto a Kanya di voler funge·re

da intermediario. Si era combinato che tanto Dollfuss quanto Neurath sareb

bero andati a trovar Kanya alla stessa ora e quindi l'incontro sarebbe avvenuto

come per caso. Kanya poi si sarebbe ritirato discretamente. Ieri però Dollfuss,

all'ultimo momento ha fatto sapere che l'incontro non aveva più luogo. Questo

nuovo atteggiamento è stato determinato dal contegno dei giornali di Berlino

che hanno attaccato e offeso gravemente il Cancelliere per il suo discorso

all'Assemblea.

Dollfuss in seguito a ciò pretendeva che Neurath, quasi a titolo di giusti

ficazione, gli lasciasse una carta da visita prima dell'incontro. Essendosi Neurath

a ciò opposto, Dollfuss ha disdetto l'appuntamento.

Kanya mi ha pregato di non diffondere questo episodio che mi ha raccon

tato a titolo confidenziale perché vuole evitare che sorgano delle chiacchiere.

226

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI BELGA, HYMANS

APPUNTO. Ginevra, 28 settembre 1933.

Hymans aveva desiderato di parlare con noi per sentire la nostra impressione sull'attuale momento. Egli la gladica molto g•rave e s1 preoccupa sopratutto dell'opinione che va sempre più diffondendosi che la guerra sia inevitabile e che scoppierà entro i due anni.

Si è svolta una conve.rsazione sui caratteri e sui fini del nazional-socialismo.

Noi abbiamo espresso l'opinione che le apprensioni siano esagerate, che ci sono tutti gli elementi perché la crisi spirituale attuale possa essere superata, che bisogna però tenere i nervi a posto e non drammatizzare anche il più piccolo incidente e che è sopratutto questione di buona volontà di trovare una soluzione che consenta di superare l'attuale .tensione preparando un avvenire di maggiore tranquillità.

Il Ministro Hymams dice di confidare per ciò molto sull'Italia

227

COLLOQUIO FRA IL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA, E IL SEGRETARIO GENERALE DELLA DELEGAZIONE POLACCA A GINEVRA, KOMARNICKI

PROMEMORIA. Ginevra, 28 settembre 1933.

Il Signor Komarnicki segretario generale della Delegazione polacca, mi ha invitato a pranzo questa sera e mi ha .tenuto lunghi discorsi sulla situazione politica, le tendenze della Polonia, la sua attitudine di fronte ai problemi sul tappeto ecc. ecc. Sebbene egli abbia dato alle sue parole il tono di chiacchere e sfoghi sentimentali ed amichevoli, giustificato da una certa intimità di relazioni personali, è chiaro che egli ha parlato coll'idea ch'io ne avrei riferito. Quanto segue va quindi interpretato alla luce di questo scopo; aggiungo che il Komarnicki è un furbo, che tende a fare della politica personale d'intrigo. Rimane tuttavia, sembrami, un fondo sufficientemente interessante, che accenno in poche righe.

1°) -Patto a quattro -L'amarezza per il patto a quattro e per l'esclusione della Polonia da questo nuovo concerto europeo, è trapelata ad ogni passo dai discorsi. Amarezza fatta di sentimento, di orgoglio offeso e anche di permanenti ed invincibili sospetti; amarezza ed ostilità che entravano in giuoco, come fattori principali, in tutte le varie questioni politiche di cui egli mi ha intrattenuto. II patto a quattro e l'esclusione della Polonia mi venne fatto apparire come il movente principale di tutti gli atteggiamenti polittci attuali della Polonia.

2°) -Relazioni colla Francia -Tono di marcata freddezza, critiche e satira del carattere francese, errori continui della politica francese, incomprensione francese della psicologia degli altri popoli ecc. ecc. La Polonia si distacca dalla Francia, cerca nuovi orizzonti verso l'Est. L'avvenire è verso la Russia, nello sviluppo di nuovi cordialissimi rapporti coi Sovie.t. Celebrazione dell'importanza deU'esperimento russo, fiducia nell'avvenire russo e nei vasti campi che esso promette all'espansione tecnica, economica, culturale della Polonia.

3°) -Relazioni colla Germania -Pure attendendomi una notevole attenuazione dell'anti-germanismo e dell'antihilterismo furibondo del Komarnicki di due mesi fa, non mi aspettavo un simile voltafaccia. Elogi del nazismo; facilità di intendersi coi nazi; benemerenze del nazismo nel campo sociale e politico; moderazione e lungi-veggenza della politica estera nazista; possibilità di una verace intesa politica fra Polonia e Germania. Chiestogli, con tono scherzoso, se la questione del corridoio era dunque felicemente risolta, egli cerca di farmi capire che, se pur non risolta, vi sono ottime speranze per un avvenire vicino.

Venendo a parlare dell'Austria, il Komarnicki mostra dei forti dubbi sulla possibilità della durata dell'esperimento Dollfuss. Il suo tono deve farmi indovinare ch'egli è favorevole alle mire tedesche sull'Austria.

La conclusione a cui egli vuoi farmi giungere, si è che tra Beck e Goebbels si è venuti ad una intesa, per cui la Germania rinuncia alle rivendicazioni sulla frontiera polacca e la Polonia garantisce la Germania, contro qualsiasi propria interferenza od azione militare, economica o diplomatica per il caso in cui la Germania tentasse risolvere colla forza la questione austriaca. Credo voglia farmi indovinare di più: che la Polonia giungerebbe fino ad una vera azione di fiancheggiamento e di appoggio alla Germania.

Mi fa capire che, secondo lui, la Germania sarebbe intervenuta in Austria (intervenuta, s'intende, sotto la forma di «putsch '> o rivoluzione Lnte.rna, bande austriache dal confine ecc.) prima del trascorrere di tre o quattro mesi, e che n successo era assicurato, dati i continui pxogressi del nazismo in Austria.

4°) -Disarmo -Mi fa capire che nell'ambiente polacco si ritiene che le conversazioni attuali, specie fra Italia e Francia, vertono su argomenti politici e su contrattazioni sulla base del do ut des che non hanno che tenui relazioni col problema tecnico del disarmo. Cerca di scandagliarmi abilmente su questi oscuri e pedcolosi maneggi.

Di fronte alla mia assicurazione che si sbaglia, e che è proprio un'equa soluzione del problema tecnico del disarmo a cui mira anzitutto la diplomazia

HO

italiana, finge di credervi, e passa ad esprimermi tutto il suo scetticismo sulla riuscita. Il metodo è sbagliato dai fondamenti, pe:rché si fonda sul patto a quattro. S'intende che egli non ha alcuna tenerezza o nostalgia societaria: se fosse il patto a cinque, le cose andrebbero certo meglio.

Dichiara che la Polonia non si sentirà legata o premuta da nessuna decisione, specie se comporta modifica o semplicemente sostituzione di una parte qualsiasi dei Trattati. Del resto, l'attitudine del Giappone basterà a fornire il mezzo per precludere alla Conferenza la possibilità di una decisione. Il Giappone non accetterà la riduzione degli effettivi, né il controllo. L'attitudine giapponese trascinerà e giustificherà l'astensione dei russi, e l'astensione dei russi quella della Polonia. Quindi, fallimento della Conferenza, ad onta delle decisioni dei quattro, e senza diretta responsabilità della Polonia -né della Germania. Ritorna a parlare ed a marcare l'importanza dell'intervento di iea.-1 l'altro del signor Sato presso il signor Avenol. Accenna oscuramente a qualche speciale convenzione relativa agli armamenti che potrebbe passare fra Giappone, Russia e Polonia.

In conclusione il signor Koma,rnicki ha speso con me la sua serata per imprimermi nella mente (e perché io trasmettessi più in alto i miei allarmi) che la Polonia, essendo stata dall'Italia e dalla Francia abbandonata a se stessa, ha immediatamente ricostruito un edificio diplomatico e politico che le dà la piena sicurezza, non solo, ma la pone in grado di danneggiare vitalmente gli interessi di quelli che l'hanno sacrificata.

Per quanto riguarda la minaccia è triplice:

l) Fallimento delle trattative private per n disarmo, con sostanziale danno del prestigio della consistenza interna del Patto a quattro.

2) Pur in caso di successo di dette trattative, fallimento della Conferenza del Disarmo, con conseguente colpo al prestigio della quattro Potenze associate e dell'Italia autrice dell'associazione.

3) Accordo segreto della Polonia colla Germania per la frontiera orientale, favorendo le mlre tedesche sull'Austria. Cioè, il baratto del Corridoio contro l'Austria.

Ripeto, a scanso d'equivoci, che il numero 3) mi è stato fatto indovinare,

e può quindi essere smentito in pieno anche se fosse vero.

La mia impressione è che l'argomento sia stato il'ealmente toccato e discus

so fra polacchi e tedeschi. Nulla mi ha lasciato credere invece che si tratti di

un piano precisato e deciso (l).

«s. E. 11 Capo del Governo desidera che 11 contenuto dell'unito colloquio venga comunicato a Parigi (perché faccia da doccia agli entusiasmi polonofill) a Budapest (per lo stesso motivo) e a Mosca. Specialmente a Mosca dato che Litvinoff (vedi colloquio con Attol!co) già sospettava qualche cosa al riguardo».

Con telespr. 230778/C del 13 ottobre 11 promemoria venne infatti comunicato a Parigi, Mosca, Budapest e, per conoscenza, a Varsavia e Berlino.

(l) Allegato a questo documento il seguente appunto per Buti del 6 ottobre:

228

COLLOQUIO FRA IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, E IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTERO DEGLI ESTERI JUGOSLAVO, AV AKUMOVIé

APPUNTO. Roma, 28 settembre 1933.

Ho pregato il signo·r Avakumovic di passare al Ministero e gli ho fatto le note comunicazioni {l) premettendo che ciò avveniva a titolo puramente ufficioso e strettamente confidenziale.

Anschluss -Ha preso nota.

Restaurazione absburgica -Ha preso pure nota. Mi ha chiesto se la nostra posizione sarebbe giunta anche alle estreme conseguenze.

Albania -Sta bene il riconoscimento della nostra prevalenza di interessi economici con salvaguardia di tutto però il nostro prestigio a cui sarebbe interessata anche la Jugoslavia. La questione dovrebbe però essere approfondita per esaminare anche le varie ipotesi che si possono presentare domani per la tutela di questi interessi. Potrebbe benissimo esaminarsi pure la posizione di Valona nel quadro degli interessi navali adriatici.

A titolo privato ha accennato però alle obiezioni che potrebbero essere sollevate sul terreno sodetario o da altri Paesi su una forma possibile di ingerenza di due Paesi in Albania. Ha adombrato anche alla possibilità di una garanzia dell'Italia e della Jugoslavia della indipendenza albanese con un trattato a tre compresa l'Albania.

Minoranze italiane in Dalmazia Mi ha chiesto che cosa si intendeva di preciso dato che i trattati vigenti già coprono in misura lata tale situazione. Gli ho risposto che, salvo a riesaminare dal lato giuridico-contrattuale qualche punto, si trattava piuttosto dello spirito generale di applicazione dei trattati. Ha detto che tutta l'atmosfera generale mutata, doveva avere le sue ripercussioni necessariamente anche in questo campo. Mi è sembrato di notare qualche preoccupazione che la nostra ·richiesta potesse nascondere una riconferma di nostre aspirazioni irredentiste sulla Dalmazia.

«Per quel che riguarda l'Anschluss si conferma l'Identità di interesse ad opporsi. Opposizione a qualsiasi r<ostaurazione absburgica. Per l'Albania riconoscimento della nostra prevalenza In particolare economica. Protezione delle minoranze Italiane in Dalmazia. Consorzio portuale Fiume-Sussack. Ampliamento delle relazioni commerciali e In genere sviluppo degli interessi economici. Sviluppo delle relazioni culturali. Trattato politico della durata anche di 15 anni e che potrebbe assumere Il valore anche

di un'alleanza e con relativo accordo di carattere militare. Contropartita al Trattato politico dovrebbe essere la cessione delle due isole di Veglla e Ugliano ».

Consorzio portuale Fiume-Sussak -Ha detto di attendersi questa nostra richiesta. Gli ho fatto notare che non voleva essere la riesumazione di vecchie proposte. Ha detto che era d'accordo nella sostanza e anche tn questa valutazione.

Relazioni commerciali -Mi ha chiesto se queste nostre espressioni di ampliamento e di sviluppo di relazioni commerciali e interessi economici debbono significare un interesse vivo .e attuato di lavoro e di capitale italiano in Jugoslavia con trattative opportune ad hoc di significato generale e politico oppure di ampliamento e sviluppo di relazioni in sede di trattative tecniche, tariffarie e simili conseguenti del genere di quelle che in questi ultimi anni a più riprese hanno avuto luogo tra il signor Pilia e il Ministro Ciancarelli. Gli ho detto che poiché la nostra risposta si riferiva alla sua domanda di avant'ieri (1), dovevo di massima ritenere che significasse ampliamento di relazioni nel senso più lato. Per una risposta precisa dovevo riservarmi.

Relazioni culturali -D'accordo. Ha, a titolo esemplificativo, suggerito che per esempio si potrebbero istituire 30 borse di studi per jugoslavi all'Università di Roma. Questi giovani dovrebbero però in un primo tempo essere serbi.

Nell'esporre i vari punti precedenti, ho fatto riferimento all'elemento che era a base e a presupposto di quanto venivo dicendo, cioè al trattato politico. Debbo dire su questo punto che, parlando dell'Anschluss e poi anche per la restaurazione absburgica, ma specialmente per l'Anschluss, il signorr Avakumovic mi ha esplicitamente detto che il valore da dare al suo discorso in materia prescindeva da una ulteJ"iore fase di rapporti con noi e fin d'ora assolutamente doveva lnterpretarsi come un desiderio del Govel'lno jugoslavo di procedere d'accordo e di consultarsi con noi. Ho quindi detto del trattato politico, della sua durata, del valore di alleanza che potrebbe anche prendere e dell'accordo di carattere militare che potrebbe accompagnarlo. Gli ho aggiunto che tale trattato politico doveva significare per la Jugoslavia la garanzia della sua opera di consolidamento all'interno e all'estero, ~n ragione stessa di tutte le difficoltà che essa presumeva le giungessero dallo stato dei rapporti con l'Italia e da Roma; che doveva perciò avere un valore incom.mensurabile per loro e significare una grande revisione di certe nostre posizioni politiche, ma a tutto quello che pensavamo di dare vi era sul terreno politico una contro-partita: la cessione territoriale.

Il signor Avakumovic è rimasto molto vivamente scosso a tale ultima menzione. Ha assunto un'aria di sconforto. Mi ha detto che aveva quasi il rimorso di aver potuto dare lo spunto di tale richiesta con la sua menzione di possibilità di cessioni territoriali all'Italia e della impossibilità all'Ungheria.

«Questa richiesta in forma così brutale di pura cessione senza neppure la maschera di uno scambio di territori mi sembra che sia una condizione inaccettabile. Io stesso non avrei il coraggio di tornare a Belg.rado a parla·re al signor Jeftic di una tale richiesta e in questa forma. Preferirei in queste condizioni di dire che ho parlato con Lei, che abbiamo esaminato vari punti, ma che siamo giunti alla conclusione che per ora è meglio di non far nulla.

{l) Cfr. n. 217.

Temo che la comunicazione a Belgrado dell'ultima condizione lascerebbe degli strascichi e peggiorerebbe l'attuale situazione. Pensate se è possibile per il Re -ed è il Re solo che fa la politica da noi -di cedere oggi nella presente situazione del territorio nazionale».

Gli ho ricordato i sacrifici teirritoriali dell'Italia nel '60. «Eravate allo.ra al principio della vostra unità nazionale. Noi consideriamo di essere giunti all'apice. Le ragioni militari che voi invocate cadono in base alla stessa amicizia che ci offrite».

Il signor Avakumovic ha detto che diceva.queste cose a titolo personale e come se io gli avessi chiesto che cosa a Belgrado si sarebbe pensato della nostra richiesta.

Gli ho esposto le ragioni politiche generali nella economia del trattato e quelle particolari dal punto di vista locale che ispirav.a;no la nostra richiesta.

Il signor Avakumovic, do.po riflessione, ha detto che da parte nostra tutto si poteva chiedere: la demilitarizzazione, magari con controllo, autonomie amministrative, vescovi e preti italiani, tutto meno che le cessioni territoriali. «Era più di quanto fosse in potere di qualsiasi Gove,rno di Belgrado di cedere».

Egli ha detto che tutte queste osservazioni le faceva a titolo personale e che mi doveva pregare di accertare se quanto gli avevo detto erll!no punti definitivi e senza possibilità di modifiche.

Mi sono rise·rvato una risposta.

Egli intenderebbe se possibile partire in tempo per raggiungere e vedere a Milano il Ministro Jeftic che vi transiterà nella giornata di sabato diretto a Ginevra.

(l) SI riferisce evidentemente alle seguenti «Linee di massima dettate da s. E. Il Capo del Governo » dello stesso 28 settembre:

229

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, A ... (l)

APPUNTO. Roma, 28 settembre 1933.

Nell'udienza concessa ieri da S. E. il Capo del Governo a Si•r Ronald Graham, questi ha detto fra l'altro:

1) -che il Foreign Office sostiene l'indipendenza austriaca, ma con lo stesso animo con cui si punta su un cavallo che non ha alcuna probabilità di vincere (2);

2) -che il Foreign Office, il quale in un primo tempo si era irritato perché l'Italia non aveva aderito al passo a tre a Berlino per l'Austria, si rallegra oggi che l'Italia non lo abbia fatto e non abbia così irrigidita la sua posizione.

«Ho lasciato l'Austria -ti confesso -con minor fiducia nell'avvenire indipendente di quel paese di quella che avevo prima di ritorna.rcl dopo due anni di assenza. Nessuno è stato ed è più convinto di me della necessità per l'Italia che quel paese viva, indipendentemente, e su un assetto stabile almeno per qualche diecina di anni. Ma debbo dirti, con rammarico, che l'ubi consistam di questo assetto non lo vedo all'interno del paese, ma all'estero nella volontà di alcune Potenze. Tu, meglio di me, sai quanto un simile assetto sia aleatorio, quando non sia coadiuvato da forze interne (spirituali, economico-finanziarle) da una compatta volontà di vivere indipendenti. E allora? tu mi domanderai. -Ne parleremo a Roma, in Otto.bre quando avrò il piacere di vederti ».

(l) -Il destinatario dell'appunto non è indicato. (2) -Orslnl Baroni in una lettera diretta ad Alolsl al primi di settembre (manca l'indicazione esatta della data) scriveva tra l'altro, quanto segue:
230

IL SOTI'OSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3959/133 R. Ginevra, 29 settembre 1933, ore 1,10 (per. ore 2).

Oggi assieme Aloisi ho avuto riunione con Simon-Eden, Boncour-Massigli, Neurath (1). Anche altri delegati hanno avuto riunioni tra loro.

Conclusione attuale fase è che tedeschi insistono per aver campionario 1° periodo e più largo armamento sulla base stesso campionario 2° periodo. Francesi ed inglesi, appoggiati da americani, non ammettono 1° periodo se non aumento quantitativo armi concesso da trattati in pa:oporzione aumento effettivi. Tentativi avvicinamento punti di vista diversi da noi fatti in questi giorni, se anche aprono qualche spiraglio, sono tuttavia ben lungi superare distanza fra posizioni contrastanti.

Neur:ath comunicato oggi con Hitler che evidentemente ha aumentato sua intransigenza. Ci saranno ancora contatti domani e forse dopodomani; ma nell'attuale fase non sono da sperare ulteriori sensibili progressi.

Ritengo ministri ripartano fine settimana per rispettive sedi anche per mettersi in contatto con Governi ed opinione pubblica loro paesi. Ci potrà essere ripresa conversazioni verso fine assemblea.

Per ora sarebbe prematuro parlare rinvio conferenza.

Riferisco particolarmente per corriere.

231

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

... settembre 1933 (2).

Necessità di un progetto italiano per la ricostruzione dell'Europa danubiana

l) -Momento particolarmente favorevole (mandato fiducia da parte Potenze occidentali, difficoltà della Germania nei suoi rapporti con gli Stati danU:biani per la questione dell'Anschluss, buona disposizione degli Stati interessati verso una mediazione italiana).

2) -Interesse ad offrire all'Austria un sistema economico che la stacchi dall'influenza germanica. 3) -Attesa da parte di tutti gli Stati per la presentazione di un progetto italiano. 4) -Il progetto è la condizione a cui è subordinato il mandato di fiducia di cui al punto I.

Possibilità di soluzione.

I.) Unione doganale fra l'Italia, l'Austria, l'Ungheria con o senza la Jugoslavia.

l) -Difficoltà:

a) politiche: opposizione presumibile dell'Austria, opposizione sicura della Germania e della Piccola Intesa (e per riflesso Francia); probabilmente della Gran Bretagna; precedente negativo del progetto di unione doganale austrogermanico;

b) economiche e tecniche: concorrenza all'agricoltura italiana, possibili rappresaglie da parte degli altri Stati e specialmente della Germania, difficoltà di una unione moneta,ria e di una comune politica doganale e quindi economica.

2) -Vantaggi:

a) politici: affermazione nel bacino danubiano, aumento di prestigio e costituzione di una .testa di ponte per la espansione della nostra influenza, difesa contro l'Anschluss;

b) economici: allargamento dei nostri mercati, aumento capacità di acquisto dei consumatori nell'unione doganale.

3) -Precauzioni:

graduazione nell'attuazione del tcrritoxio unico doganale in modo da dar tempo alle economie dei paesi che vi partecipano di sistemarsi.

II) Accordo danubiano.

l) -Premesse.

Ci siamo sempre opposti ad un accordo danubiano perché lo abbiamo considerato in funzione della politica francese.

Oggi la situazione è mutata:

a) per ragioni di politica generale; b) poiché l'Austria e l'Ungheria più direttamente legate all'Italia neutralizzerebbero la politica francese della Piccola Intesa. Ora il pericolo da parare è quello deU'invadenza germanica.

2) -Posizione dell'Italia in un tale accordo.

L'Italia ha una posizione particolare:

a) per il fatto di essere uno degli Stati successori (accordo di Portorose);

b) per avere i porti che sono lo sbocco naturale e tradizionale del bacino danubiano;

c) per !',iniziativa presa per ... (l) dell'economia di questo settore. Tale situazione particolare le è oggi più o meno riconosciuta da tutti.

3) -Condizioni di un piano italiano.

a) parità di situazione per l'Austria e l'Ungheria;

b) posizione particolare per l'Italia, con riguardo anche ai porti adriatici;

c) difesa contro il prevalere di interessi di altri Stati e specialmente germanici.

4) -Line·e a cui si ispira il progetto.

a) si stabilisce un'azione di soccorso a favore dei paesi dell'Europa danubiana che hanno bisogno di aiuto, cioè: Austria, Ungheria, Romania, Jugoslavia, eventualmente Bulgaria;

b) il soccorso consiste: nel concedere che gli Stati adot~L1o tra lo~o tarlffe preferenziali; siccome però devono vendere anche all'infuori del gruppo, si ammette che si combinino acco.rdi preferenziali anche con gli altri Stati clienti del gruppo danubiano; quindi i terzi Stati negoziano delle tariffe pref.erenziali pe~ le importazioni dell'esuberanza della I:roduzione del gruppo danubiano; poichè però questi paesi clienti non comprano se non vendono al detto gruppo -e non vendono al gruppo se non usufruiscono degli stessi dati preferenziali di cui godono i paesi del gruppo, ne risulta che gli Stati clienti (soccorritori) devono avere come contropartita per i loro acquisti l'estensione a loro favore dei dazi preferenziali; siccome però si tratta di un'azione di soccorso, bisogna evitare che gli Stati soccorritori gravino sull'economia degli Stati soccorsi e quindi si introduce il principio: verso il g~uppo danubiano, col regime di pr·eferenze, nessuno vende di più di quello che compera; c) sistema preferenziale trasporti -dogane per i porti adriatici; disposizioni di favore per i paesi del gruppo danubiano che si servono di detti porti.

5) -Vantaggi del progetto. a) L'Italia oggi compera dal gruppo danubiano più di quello che venda; al contrada la Germania e la Cecoslovacchia vendono più di quello che comprano. Col progetto all'Italia rimane scmp~e il margine di contropartita per i propri acquisti, la Germania e la Cecoslovacchia devono ridurre invece le proprie esportazioni al valore dei propri acquisti. b) Convogliamento dell'economia danubiana verso l'Adriatico a p.rofitto dell'economia italiana (trasporti, porti, navigazione ecc. ecc.). c) Vantaggi politici per l'influenza sempre magg.iore dell'Italia nella zona danubiana.

6) -Difftcoltà. Si può aspettarsi l'opposizione -sia pure larvata -della Germania e della Cecoslovacchia e forse anche di altre Potenze; difficoltà tecniche di attuazione del piano e per il giogo della clausola della nazione più favorità; minore garanzia -di fronte all'unione doganale -di fronte al pericolo dell' Anschluss.

21 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Ili) Modus procedendi

Di fronte alla difficoltà di fare ingoiare dagli altri l'unione doganale, comincia.re col prèsentare il piano danubiano.

Se lo stesso -come non è probabile -fosse accettato, nel complesso, per le ragioni sopradette, e nella necessità di dover adottare qualche provvedimento, rappresenterebbe una soluzione favorevole. Se il piano fosse rigettato, avremmo una ragione abbastanza plausibile per ricovrere all'unione doganale che rappresenta per noi la soluzione integrale.

Naturalmente anche in regime di accordo danubiano è possibile continuare a lavorare per l'unione doganale.

(l) -Non si pubblicano gli appunti su tali colloqui, avvenuti !l 28 settembre. (2) -Il giorno non è indicato. Si colloca immediatamente prima del memorandum del 29 settembre eu! si riferisce.

(l) La lacuna è nel testo.

232

MEMORANDUM ITALIANO PER L'EUROPA DANUBIANA

Roma, 29 settembre 1933.

l. Le déplacement d'intérets èconomiques provoqué, à la suite du démembrement de l'Empire Austro-Hongrois par la création, qui en fut la conséquence, de nouveaux Etats ou de l'élargissement de certains Etats préexistants, a créé pour plusieurs des Etats successeurs de nouveaux problèmes économiques et financiers dont quelques uns ont déjà trouvé leur solution ou ils s'y approchent, tandis que d'autres exigent encore une co,nsidécration approfondie et des mesures approprièes.

2. Cette nécessité qui a été tout-de-suite sms1e, dès la fin de la guerre, a donné lieu à plus.ieurs tentatives en vue de favodser l'ajustement et le développement économiques des pays danubiens qui ont été particulièrement affectés par le nouvel état de choses. Une idée qui a été parfois ava,ncée et appuyée c'est de reconstituer l'entité économique qui existait du temps de l'Empire, ou de grouper à nouv,eau une partie des Etats successeurs.

Mais cette idée s'est heurtée à plusieurs diHicuJtés d'actuation, méme lorsque tout dernièrement, sous la pression de la crise mondiale, elle a été de nouveau avancée, à la Conférence de Londres de 1932, ainsi qu'en d'autres occasions. On ne peut en effet oublier ni le fait que les territoires faisant partie de l'ancienne Monarchie se sont désormais soudés en grande partie avec d'autres qui leur étaient étrangers, ni que, entre-temps, de nouveaux intérets et de nouveaux ensembles économiques ont surgi.

3. -Des idèes moins vastes peut-etre, ont eu plus de succès parce qu'elles étaient plus près de la réalité et au surplus elles n'étaient pas influencées par des considérations politiques. On pourrait citer à ce propos les emprunts accordés à l'Autriche et à la Hongrie, ainsi que la Conférence et les accords de Porto Rose en 1921, ou l'accord de Rome pour la Siidbahn en 1923. Leur importance économique en effet n'est pas négligeable, ce qui témoigne des tendances et des possibilités dont l'on doit tenir compte. 4. -Un autre élément d'importance fondamentale c'est la diversité des conditions économiques et financières des Etats en question.

Certains d'entre eux disposent en effet d'un te~ritoire étendu d'une population nombreuse et sont pourvus de matières premières en abondance ce qui leur assure parfois des possibilités d'indépendance écOinomique. D'autres, notamment l'Autriche et la Hongrte, se trouvent au contrair.e, de par leur condition, dans une situation èconomique bien plus difficile. D'ailleurs, certains de ces Etats sont surl;out agricoles, tandis que d'autres sont principalement des pays industriels.

5. -Un autre élément de fait d'importance foncière c'est que les rapports commerciaux, de cinq par exemple de ces Etats entre eux, c'est-à-dire de ceux dont il est plus souvent question, ne représentent qu'une partie, pour importante qu'elle soit, du montant .total de leurs échanges. Une autre partie non moins importante se dirige v.e.rs des pays autres que les cinq indiqués. De sorte que pour ces derniers il ne pourrait pas y avoir d'organisation satisfaisante si l'on ne tenait compte aussi de cette partie de leurs échanges comme,rciaux. 6. -Plusieurs des propositions avancées à l'égard des pays danubie.ns n'ont pas .eu de suite au surplus parce qu'elles donnaient lieu à des soupçons de visées politiques et que, meme dans le domaine économique, elles ne pamissaient pas apporter l'aide nécessaire à ceux des Pays dont les conditions demandaient le plus de considération.

Il ressort avec évidence, de tout ce que l'on vient de dire, que pour améliorer la situation des Pays danubiens, notamment pour certains d'entre eux, il faut développer leur exportation en pe•rmettant à leur production de surmonter les barrières douanières, et en assurant à cette pl"oduction des prix raisonnables. Cela a été réaffkmé chaque fois que l'on a pris en considération la situation des Pays danubiens, mais la •réalisation pratique de ce principe est bien loin d'avoir reçu toute l'application qui aurait été désirable.

7. Parmi toutes les initiatives et les conférences qui ont porté, surtout dernièrement, sur les conditions économiques des Pays danubiens, la Conférence de Stresa est sans doute celle qui a montré le plus de sens du réel. Gette Confére.nce recueillit lorsqu'elle eut lLeu, l'adhésion. unanime des Etats, successeurs ou non-successeurs, qui y prirent part, et certains des principes établis à cette occasion ont trouvé par suite une application qui s'est démonrtrée plus d'une fois utile.

Il serait possible de donner à ces principes, il est évident, une application pratique plus étendue. Mais pour nous tenir dans le domaine du réel, il faudrait commencer d'abord par celui du traitement préférantiel que l'on devrait aussi préciser de façon à lui assurer une réalisation efficace et suffisante.

On pourrait établir aussi que ce système est applicable non seulement a la production industrielle autrichienne et aux céréales des Pays danubiens, mais aussi à d'autres importants produits agricoles de ces Pays.

On pourrait de meme établir d'acco.rd des limites raisonnables entre lesquels les Pays tiers qui jouissent du traitement de la clause de la Nation la plus favorisée devraient consentir à ne pas en exiger une application trop rigide.

8. Mais pour que cela puisse se faire autant qu'on doit le souhaiter, il faut établir ·Ce système sur des bases économiques. On pourrait y parvenir par l'adoption, de la part des Pays danubiens, de mesures leur permettant d'assurer une partie de leur marché à ceux des Pays non danubiens qui ont normalement une balance commerciale débitrice par rappoift aux Pays danubiens memes.

Cette faveur par contre ne devrait pas etre accordée à ceux des Pays non danubiens dont la balance par •rapport aux Pays danubiens singulièrement considérés est créditrice. D'abord parce que le cours norma! de leurs échanges assure déjà à ces pays un profit raisonnable; mais aussi parce que l es Pays danubiens ayant la nécessité de parvenir à un redressement en meme temps économique et financìer, il faut qu'ils tachent d'assurer un meilleur équilibre à leur balance commerciale pa.r rapport à tous les Pays tiers.

9. Plusieurs des projets qu'on a proposé dans le passé étaient fondés sur l'idée préalable d'un plan d'ensemble auquel les Pays intéressés auraient sans plus donné application. La variété des conditions économiques et financières des Etats danubiens et des Etats successeurs, la diversité de leur production, la nécessité que les accords pour amene•r à un résultat e.ffectif tiennent compte des exigeances particulières à chaque Pays, et enfin d'autres considérations font ressortir la grande difficulté de réaliser des accords plurilatéraux ou collectifs.

Il est par contre possible d'établir certains pr1ncipes généraux et sur cette base d'aboutir à des ententes ou à des accords bilatéraux. De ces derniers accords d'ailleurs, bien que d'une façon limitée, il y en a qui sont déjà en cours d'actuation, à la satisfaction des intéressés. Leur développement successi! nous fournira des éléments précieux pour juger de leur extension ultérieure.

10. La Conférence de Stresa avait de mème prévu l'établissement d'un Fond spécial pour la valorisation des céréales. Cette question mérite évidemment une attention approfondie, mais en vue des difficultés que l'an a rencontré et de la éncessité d'arriver au plus tòt à un remède efficace, l'établissement de ce Fond pourrait etre pour le moment renvoyé à des pourparlers à venir.

Il faudra au contraire considérer de la plus grande attention et avec le plus grand soin tout ce qui concerne le situation financière (endettement etc.) de certaìns de ces Etats.

11. En résumé, et à la suite de cet examen objectif et lirnité au domaine économique, avec la volonté d'aider les Etats da;nubiens et d'apporter par cela un soulagement aux conditions générales de l'Europe, une action efficace devrait etre fondée sur les principes suivants:

a) Accords bilatéraux; b) Traitement préférentiel pour les céréales et autres produits agricoles des Pays danubiens;

c) Traitement préférentiel pour la production industrielle autrichienne. L'application des alinéas b) et c) implique naturellement une limitation -qu'il faudra retenir dans des bornes raisonnables -des droits des Pays tie·rs jouissant de la clause de la Nation la plus favorisée.

d) Amélioration de la balance commerciale des Pays danubiens et augmentation de leurs exporta:tions. Chacun des Pays danubiens devrait réserver une

pa·rtie équitable de son marché à chacun des Pays non-danubiens qui lui octroie des droits préférentiels tout en ayant par rapport à lui une balance débitrice. e) Mesures visant à diriger le courant du trafic de ces Pays vers ses voies naturelles et par cela aptes à faciliter le :trafic mème.

f) Mesures à adopter pour améliorer la balance de paiement des Pays danubiens, mesures que les accords dont on souhaite la conclusion pourraient entretemps indirectement prépamr et faciliter.

12. Les princirpes que l'on vient d'exposer, bien que ressortant de l'examen objectif de la situation, tiennent compte autant que possible des propositions et des idées qui ont été avancées à ce sujet de la part de Gouvernements ou autres, et tachent de les harmoniser. Des précisions plus détaillées pourraient ètre fournies après qu'un échange de vues ait eu lieu entre les Etats signataires du Pacte à quatre, et entre les Etats successeurs (danubiens et autres).

233

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, IL CAPO GABINETTO, ALOISI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, SIMON, E IL SOTTOSEGRETARIO PARLAMENTARE AGLI ESTERI BRITANNICO, EDEN

APPUNTO. Ginevra, 29 settembre 1933.

Si passano in rassegna i vari punti in discussione. Si ritiene che su tutti, meno che per ora su quello relativo all'armamento della Germania nel primo periodo, si possa trovare l'accordo.

Da parte italiana si ritiene che senza qualche soddisfazione alla Germania non si potrà superare tale difficoltà; si spiega la possibilità di dare alcune armi non consentite dai trattati e specialmente degli aeroplani alla Germania come una conseguenza normale della trasformazione della Reichsreserve in esercito a ferma breve.

Queste armi saranno il naturale completamento della nuova organizzazione.

Da parte inglese si contnua a sollevare delle difficoltà di principio.

Si decide di attendere la risposta che potrà dare von Neurath che parte oggi stesso per Berlino. Tale risposta dovrebbe perventre in giornata di martedL Il Ministro Simon chiede al rappresentante italiano di voler far note al Go

verno tedesco le effettive difficoltà a risolvere la questione nel senso desiderato in Germania.

Si risponde che si potrà anche occasiona.lmente far presente questo che è un dato di fatto, ma tuttavia conviene approfittare di questi giorni di sospensione delle discussioni per esaminare come si possa venire incontro ai desideri tedeschi; altrimenti non se ne esce.

234

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI CECOSLOVACCHIA A PARIGI, OSULSKY

APPUNTO. Ginevra, 29 settembre 1933.

È venuto a trovarmi il Signor Osulsky, Ministro di Cecoslovacchia a Parigi.

Conosco il Ministro Osulsky da molti anni. Egli passa per essere un candidato al Ministero degli Esteri cecoslovacco e perciò concorrente avversario del Ministro Benes.

Il Ministro Osulsky mi ha esposto il suo punto di vista sulla questione danubiana favorevole ad un accordo fra i paesi danubiani e l'Italia.

Egli afferma che questa è una sua antica idea -ne ha parlato più volte al Presidente Masarick -mai mutata, ad onta dell'atteggiamento. ostile che l'Italia ha assunto negli ultimi anni contro la Cecoslovacchia.

Gli Stati dell'Europa danubiana, compresa la Cecoslovacchia, non possono assumersi il ruolo delle Grandi Potenze. D€vono perciò fare degli accordi con l'una o con l'altra delle Grandi Potenze; ora per i Paesi danubiani non ci sono che due possibilità: o l'Italia o la Germania. È evidente l'interesse dei Paesi danubiani di essere piuttosto con l'Italia ed in pal'ticolare l'interesse della Cecoslovacchia anche per ragioni politiche interne; l'Ltalia poi è un paese che lascia vivere gli altri, mentre la Germania li soffocherebbe. Però bisogna che anche l'Italia faccia da parte sua una politica di avvicinamento verso questi Paesi. Egli si rende conto delle difficoltà e della situazione determinata dal problema ungherese. D'altra parte bisogna guardare in faccia la realtà. La politica di revisione dell'Ungheria, il giorno che dovesse uscire dal campo delle affermazioni per entrare in quello delle realizzazioni, porterebbe aHa guerra.

La Cecoslovacchia si preoccupa moltissimo di questa eventualità, ma non bisogna perciò pensare che essa abbia delle preoccupazioni di ordine militare. La Cecoslovacchia, in questo ,riguardo, è perfettamente tranquilla, anche se dovesse ingaggiare un conflitto da sola con l'Ungheria. Comunque la soluzione della guerra si vuole scavtare del tutto ed aHo,ra egli si chiede se veramente questo problema ungherese debba neutralizzare ogni azione di avvicinamento fra l'Italia e gli altri Paesi danubiani, facendo perdere a tutti le migliori occasioni di intesa, a completo beneficio della Ge,rmania che prima o poi a questo modo terminerà con prevalere.

Egli è persuaso che, anche con l'Ungheria il giorno che essi fossero liberati

dalle speranze irrealizzabili, ci sarebbero delle interessanti possibilità di intesa.

Rispondo al Signor Osulsky che da parte dell'Italia non c'era nessuna ostilità

preconcetta contro l'uno o l'altro degli Stati del Badno Danubiano; che anche

in Italia siamo persuasi del fatto che è nostra missione quella di es,gere la Grande

Potenza cui detti Stati debbono appoggiarsi; che però non si può fare la que

stione della maggiore o mLnore buona volontà deU'ItaHa. La Piccola Intesa è

entrata in un ordine di carattere politico e militare che non risponde agli inte

ressi dell'Italia. Evidentemente le cose possono cambiare o stanno già cam

biando, per cui la politica in questo settore può essere riveduta.

Bisogna evidentemente procedere per tempi e con criteri graduali.

Il problema ungherese è un problema della massima importanza perché senza qualche soddisfazione data all'Ungheria, questo popolo non potrà mai costituire un elemento di tranquillità nell'Europa centro-orientale. Ad ogni modo c'è pe,rò la possibilità di una sistemazione dell'Europa danubiana senza affrontare per ora in pieno il problema ungherese.

Il signor Osulsky mi dice che da parte loro saranno sempre pronti a rispondere a qualsiasi iniziativa dell'Italia.

In questo ordine di ,idee è anche il Ministro Benes che è sinceramente animato dal desiderio di trovare una sis,temazione danubiana d'accordo con l'Ualia, contrariamente a quello che si crede in ce,rti circoli politici italiani.

235

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI POLACCO, BECK

APPUNTO. Ginevra, 29 settembre 1933.

Ho detto al Ministro degli Esteri polacco che volentieri profittavo dell'occasione per intrattenermi un poco con lui sui ra,pporti fra Italia e Polonia e contribuire ad eliminare quelle ombre che e,rano apparse negli ultimi tempi e che, a mio avviso, non avevano nessuna ragione di esistere.

L'Italia persegue fini politici d'interesse generale e la sua azione diplomatica s'inspira sinceramente a principi di collaborazione fra gli Stati, per cui non si comprendeva bene a Roma l'atteggiamento polacco ostile ad una politica di tal genere ed alla prima sua realizzazione, queLla del Patto a quattro. Le interpretazioni e gli a.ttacchi della stampa polacca, in conseguenza dell'accordo fra le quattro Potenze oceidenta.li mancavano di fondamento, inquantoché era stato detto, ripetuto ed anche dimostrato chiaramente, non esservi dietro quell'accordo niente che potesse menomare i di:rit,ti degli altri Stati.

Beck mi ha risposto:

a) pr,egandomi di non da,re soverchio peso alla stampa ed in ogni caso che egli sarebbe intervenuto per modificarne l'atteggiamento;

b) assicurandomi di essere lui ed ogni polacco, sinceramente dispiaciuto del fatto che i rapporti itala-polacchi abbiano risentito negli ultimi tempi di qualche malinteso;

c) ringraziandomi di quanto gli avevo dichiarato.

A questo punto egU mi ha detto che i sospetti della Polonia sul Patto a quattro derivano non tanto da quel che fu detto più o meno in vari Paesi all'epoca dell'incontro di Roma e durante le trattative che seguirono, quanto dal fatto che-a suo avviso -un ac,cordo delle quattro Potenze occidentali non può non lnvolgere anche problemi e questioni che sono per altri Paesi primordiali e sulle quali pertanto essi hanno il diritto e il dovere di decidere al di fuori di ogni pressione mo,rale o materiale.

I rapporti fra l'Italia e la Polonia, dopo la visita di Grandi a Varsavia erano stabiliti in una specie di modus vivendi per il quale constatando come nelle questioni danubiane ed in genere in og!l.i altra questione interessante l'Italia non vi fosse f,ra i due Paesi alcun motivo di dissenso, per le questioni interessanti direttamente la Polonia, l'Italia avrebbe avuto benevolenza o almeno benevola neutralità. La Polonia è d'accordo con l'Italia che l'assetto danubiano attuale non può essere definitivo e non ha ragione per opporsi alle idee di Roma. Per questa ragione Varsavla ha rifiutato sia di prestarsi a propositi antiungheresi, sia di impegnarsi in un modo qualsiasi con la Piccola Intesa. Da questa linea non pensa nemmeno adesso di deflette.re.

Quanto al Patto a quattro -data l'importanza dei contraenti -egli lo considera non molto in armonia con la Società delle Nazioni, tuttavia se esso significasse una volontà di accordo fra le quattro Potenze da estrinsecarsi senza far danno ad altri, egli lo saluterebbe con compiacimento. Il timore che l'accordo si possa realizzare alle spalle di altri lo rende diHidente. In ogni modo è certo che la Polonia non potrebbe accettare od eseguire deliberazioni che la riguardino, prese in sua assenza.

Circa i rapporti con l'Italia, Beck ha affermato che a Varsavia la politica di

perfetta indipendenza seguita dall'Italia era stata semp'l'e giudicata con la più

viva simpatia. La Polonia vuol seguire anch'essa una politica indipendente ed

un filo diretto con Roma eviterebbe ogni malinteso, mentre rafforzerebbe l'unità

di vedute sulle questioni dov'essa si è manifestata. Anche la Polonia vuol prov

vedere da sola a regolare le sue questioni. L'accordo con Danzica e quello con i

Soviets provano ch'essa può trovare una linea di collaborazione, anche là dove

esistevano diffidenze ed ostilità. Il prestito interno della Polonia si delinea già

dal primo giorno come un successo e dimostra la volontà del Paese di voler

fare da sè.

Venendo quindi ad accennare al disarmo Beck ha detto essere -a suo

modo di vedere -nocivo ad una conclusione il fatto che troppe questioni poli

tiche sono state legate ad un problema tecnico. Sarebbe preferibile riportare la

questione del disarmo sul suo vero terreno e contentarsi di andare avanti a

piccole tappe.

Concludendo, dopo alcune mie osservazioni, egli mi ha prega.to di voler

riprendere con lui nei prossimi giorni la conve,rsazione sui rapporti fra Italia

e Polonia, reiterando i suoi ringraziamenti (1).

«SI è dichiarato soddisfatto del colloquio avuto In mia presenza con Alolsl il quale è servito a molte cose e costituisce una base per l futuri rapporti !taio-polacchi. Mi ha ripetuto che egli desidera vivamente stabl'ire un filo diretto con Roma essendo convinto che questo servirebbe non solo ad eliminare ogni possibilità di malintesi fra l due Paesi, ma anche ad assicurare la tranquillità nell'Europa Orientale.

(Sottolineo questo concetto di Beck -già accennato nella sua precedente conversazione con Alolsl -d'interessare in maniera diretta l'Italia alla situazione orientale. Faccio rilevare che mai finora la Polonia aveva mostrato di gradire simili interventi e che anzi varie volte aveva lasciato Intendere a Parigi di considerare quella parte d'Europa come un campo riservato alla sua lnf;uenza ».

(l) SI pubblica qui Il seguente brano di un appunto di Bastlanlnl circa un colloquio avuto Il 30 settembre con Beck a Ginevra:

236

COLLOQUIO FRA IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, E IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTERO DEGLI ESTERI JUGOSLAVO, AVAKUMOVIé

APPUNTO. Roma, 29 settembre 1933.

Ho pregato il Signor Avakumovic di tornare oggi da me.

Ho cominciato col dirgli (1), in relazione a quanto mi aveva chiesto per telefono stamane che per i Balcani sembrava che il Trattato dovesse estendersi e coprire anche quell'argomento.

Per quanto concerneva la dichiarazione di Londra sulla definizione dell'aggressore, non potevo dargli una risposta precisa, salvo a dire genericamente che la questione rientrava in quelle da esamina.re d'accordo. Era una questione prevalentemente tecnica, per la quale a Ginevra ci eravamo dichiarati di massima ostili e che ora ci veniva da loro riproposta e per la quale dovevamo riservarci riflessione.

Circa la questione come lui diceva «capitale " delle cessioni non potevo dirgli altro che confermare quanto gli avevo detto in proposito ieri sera. Ma da parte nostra si aveva l'impressione che egli poteva partire per Belgrado con delle possibilità di ritorno e che non si doveva considerare chiusa ogni discussione. EgU mi ha posto allora in modo preciso il quesito se doveva o meno dare comunicazione a Belgrado di quella nostra richiesta. Gli ho risposto che evidentemente per parte mia gli dovevo dire di si ma che stava a lui di fame l'uso discreto che riteneva meglio.

È rimasto molto perplesso ed ha insistentemente posto delle domande. Gli ho detto allora che mi sembrava che la postilla ed i commenti odierni al lungo discorso di ieri sera dovevano esse,re abbastanza chia.ri sulla portata d'insieme delle nostre richieste. Egli e,ra venuto a Roma per chiederci le condizioni di un mutamento di rapporti. Da parte nostra gli erano state date delle spiegazioni di primaria importanza su punti d'interesse comune, ma ad ogni modo di capitale importanza per la Jugoslavia. Egli da parte sua aveva voluto marcare il carattere di consultazione, indipendentemente dal seguito ulteriore che avrebbero potuto prendere le conversazioni. Come già gli avevo detto, noi e:ravamo persuasi di dare alla Jugoslavia una grande cosa; avevamo parlato di contro-partita politica, avevamo precisato questa contro-partita. Egli diceva che le nostre richieste erano inaccettabili. Ciò lasciava comunque aperta la porta alla precisazione da parte jugoslava della contropartita che fossero disposti ad offrirei.

Il Signor Avakumovic dopo avere ripetuto gli argomenti già esposti ieri sera e che rendono impossibili, secondo lui, le cessioni territoriali, chiarendo che

mento.

Per quel che concerne la dichiarazione sulla definizione dell'aggressore tenersi riservato».

Una prima redazione del secondo punto d! tal! Istruzioni recava:

«Il trattato significherebbe riconoscimento dello statu quo anche nel riguardi del

Balcani •·

per Veglia ed Ugliano si tratta dì complessi abitati rispettivamente da masse di 23 e circa 20-21 mila abitanti slavi, hadetto che secondo lui delle grosse contropa.rtite politiche già sussistono nel fatto dell'entrare della Jugoslavia nell'orbita italiana. Tale evoluzione politica è prevista a Belgrado come completa e senza riserve. «La frontiera italiana deve cessare dall'essere più la frontiera dal lato delle preoccupazioni militari; deve divenire come la frontiera rumena che nei calcoli del nostro Stato Maggiore, indip.::adentemente da ogni rapporto dinastico e politico, è considerata come militarmente non esistente». La Jugoslavia, malgrado le sue difficoltà interne che, ha detto << non sarò ce·rto io a negarvi, perché sussistono e si vedono» è uno Stato che è da considerare in piena formazione, che con ogni mezzo si formerà, ed il oui apporto militare non è indiffe,rente e ciò senza voler dar mostra di presunzione. «Noi siamo certi che nulla si può fare senza di noi nell'Europa media e balcanica; 1nsieme con voi siamo entrambi gli arbitri della situazione. *Noi vogliamo che l'Italia prenda nella nostra politica il posto e la situazione che ebbe anni fa la Francia * (1). Vi è poi la Piccola Intesa che vale per quel che vale ma di cui noi siamo l'elemento preponderante e senza del quale nulla possono fare Praga e Bucarest. -Abbiamo sempre fatto intendere in questi due Paesi che le questioni che toccano l'Italia si trattano a Belgrado, come del resto noi lasciamo alla Cecoslovacchia di trattare le questioni che concernono la Polonia. Crediamo poi che vi sia da pM"te nostra anche una grande contro-partita sul terreno economico. Noi vogliamo veramente che voi ci apportiate il vostro capitale ed il vostro lavoro. Desideriamo che voi facciate un buon affare. Lo Stato jugoslavo cercherà per quanto possibile di garantire il buon fine delle operazioni che i vostri industriali ed i vostri imprenditori sapranno imbastire nel nosto Paese ».

Rilevo su questo punto l'impressione che ho tratto che da parte loro si tiene molto a questo apporto economico di capitale e di lavoro e lo considerano veramente come uno degli elementi essenziali della situazione.

Gli ho risposto che noi certamente apprezzavamo al punto giusto quello che di attivo la Jugoslavia metteva sulla bilancia di dare ed avere con la nuova situazione che si intendeva creare con noi, ma che egli doveva tener conto oltre che della contropartita eHettiva, e che da parte nostra verso la Jugoslavia giudicavamo grandissima, anche della posizione italiana iniziale, della distanza da cui si partiva, delle ragioni generali di prestigio e se si voleva di «facciata», che dovevano anche suggellare un così grande mutamento di dtrettive.

Egli ha detto di rendersi conto di questa osservaz.tone ma aggiungeva che non poteva neppure disconoscere che preoccupazioni nello stesso senso esistevano in Jugoslavia e che erano queste preoccupazioni che rendevano così difficile qualsiasi cessione territoriale, indipendentemente dall'importanza sostanziale della stessa.

A titolo strettamente pe,rsonale ed in relazione a quanto ieri sera gli avevo detto circa la situazione delle minoranze italiane in Dalmazia, egli si permetteva di accennarmi nel modo più discreto se per fare in modo che un po' tutti i settori della vita pubblica jugoslava fosseTo tenuti presenti non credevo che vi potesse essere la possibilità di tener conto in qualche modo della situazione delle mino

ranze slave n Italia. Nulla di sostanziale ::alo «per la facciata e per tacitare i vari Dudan, Tacconi che abbiamo anche noi in Jugoslavia».

* Non dovrebbe esservi nulla che risvegliasse questioni di irredentismo; è una questione chiusa e sarebbe meglio se fosse possibile che queste minoranze non fossero mai esistite, o venissero trasferite altrove *.

Gli ho risposto che per parte mia ritenevo la cosa molto difficile per ragioni di principio trattandosi di cittadini italiani in tutto Ll va·lore giuridico della espressione.

Egli ha detto che si rendeva conto della mia risposta ma che discretamente attirava la nostra attenzione sull'argomento perché era sua opinione e opinione anche di Belgrado che le evoluzioni politiche ·che i due Stati sarebbero venuti eventualmente a compiere dovevano essere accompagnate, da entrambe le parti, da tutte quelle cautele, da tutti quegli accorgimenti che potessero meglio tutelare le suscettibilità inevitabili delle opinioni pubbliche rispettive abituate da anni a diversi orientamenti ed a concentrarsi su alcune posizioni nettamente antiteiche.

Le stesse intonazioni di stampa non avrebbero dovuto ispirarsi ad una valutazione di trionfo. A Belgrado ci si rendeva perfettamente conto del compito grave e delicato che attendeva gli uomini chiamati a far crescere e prospe.rare la pianta dell'amicizia ttalo-jugoslava.

Il signor Avakumovic mi ha detto che teneva a partire domani pe.r vedere di incontrarsi a Milano col signor Jeftic al più presto possibile.

Mi ripeteva il desiderio di Belgmdo che la cosa rBstasse nel modo più completo segreta. Ritenevano preferibile che le Legazioni fossero lasciate fuori, in ogni modo la loro lo sarebbe.

Circa nuovi eventuali incontri riteneva preferibile escludere Roma ove la sua nuova presenza sarebbe difficilmente sfuggita a cominciare dai colleghi della Legazione.

Mi ha detto di pensare eventualmente a qualche luogo non lontano da Roma. Circa eventuali comunicazioni scritte saremmo rimasti d'accordo nel senso che egli mi scriverebbe per posta raccomandata al Ministero o a casa.

(l) Nel colloquio Cosmell! s! Ispirò alle seguenti «Linee d! massima successive» d! pugno d! Suvich dello stesso 29 settembre: «Lasc!arlo partire In modo che possa tornare e che non consideri chiusa ogni d!scuss'one. Per quel che riguarda l Balcani sembra che Il trattato debba coprire anche quest'argo

(l) Le frasi fra asterischi sono sottolineate da Mussollnl.

237

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, PAUL BONCOUR

APPUNTO. Ginevra, 30 settembre 1933.

Si esamina con Boncour la situazione a cui siamo arrivati al giorno d'oggi.

Noi gli facciamo presente la seria probabilità che l'accordo vada a monte se non si fa qualche concessione alla Germania nel primo periodo. Sono state fatte alcune proposte al rigua·rdo che non conviene scartare, ma che devono essere considerate con la massima attenzione: la questione della concessione di qualche arma in più di quelle previste dai Trattati di pace alla Germania come completamento naturale del suo nuovo ordinamento mili

tare; abbreviazione del primo periodo (di pa-ova) da quattro anni a tre anni eccetera. Paul Boncour fa valere la solita eccezione dell'opinione pubblica francese, de « les années creuses ~ che terminano con l'anno '38 ecc. Sembra tuttavia non escludere del tutto la possibilità di considerare tali provvedimenti.

Gli parliamo poi del Piano danubiano spiegandogli le ragioni dello stesso, la base di realtà sulla quale abbiamo impostato il problema, la reale possibilità di fare un passo avanti nella sistemazione dell'Europa centro-orientale e del miglioramento delle condizioni dei paesi danubiani.

Paul-Boncour ringrazia per le comunicazioni e si riserva di far esaminare la cosa dal signor Coulondre; tecnico per gli affari commerciali che farà venire espressamente da Parigi.

Affe:rma ad ogni modo che non intende discutere la questione dell'Europa danubiana se non con la partecipazione dell'Italia. Nei prossimi giorni sentirà quali sono le opinioni dei rappresentanti della Piccola Intesa che certamente verranno ad intrattenerlo dell'a.rgomento.

238

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL DELEGATO DEGLI STATI UNITI ALLA CONFERENZA DEL DISARMO, DAVIS

APPUNTO. Ginevra, 30 settembre 1933.

Norman Davis chiede di esse·re informato sullo stadio attuale delle discussioni.

Lo metto al corrente.

Norman Davis ritiene che si possa considErare seriamente la pro·posta di concedere qualche arma alla Germania (non consentita dai Trattati di pace) come complemento delle divisioni che saranno il nucleo della nuova formazione militare tedesca.

I suoi tecnici gli hanno detto che anche per i cannoni da campagna e da montagna la rettificazione del tiro possa arrivare al cento per cento se si adoperano gli aeroplani da osservazione.

Norman Davis mi prega poi di attimre l'attenzione del Capo del Governo sulla interferenza che il funzionamento del Patto a quattro ha su tutta la questione del disarmo. Egli è stato fin da principio favorevole al Patto a quattro ed ha fatto in questo senso delle dichiarazioni pubbliche molto precise. Egli è tuttora persuaso della utilità de·l Patto a quattro.

Fa soltanto presente che conver.rebbe che non si voglia dare al Patto a quattro carattere di !strumento esclusivo sul qua.le si deve basare la politica mondiale; egli dice ciò sopratutto con riguardo ad alcuni accenni della stampa. Evidentemente una tale interpretazione creerebbe delle difficoltà da parte dell'America oltre a quelle già manifestate da altri Paesi. Egli sa (mi parla sempre nel tono più confidenziale) che anche Sir John Simon ha dichiarato che non sarebbe disposto a trattare la questione del disarmo con l'esclusione dell'America. Egli mi dice tutto ciò per l'interesse che ha che l'America non si estranei dalla politica europea.

Gli rispondo che l'interpretazione a cui egli accenna sulla funzione del Patto a quattro non è esatta. Il Patto a quattro non vuole avere nessun carattere di esclusività; vuole soltanto costituire la base d'intesa fra le Grandi Nazioni occidentali dell'Europa. A questa funzione adempie in pieno anche sul campo del disarmo in quanto è proprio il Patto a quattro che ha creato l'atmosfera per cui si sono potute riprendere le discussioni sul disarmo su una base che se tutti porteranno la loro buona volontà come la portiamo noi potrà giungere ad un risultato positivo.

Norman Davis acconsente a queste mie osservazioni.

239

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI RUMENO, TITULESCU

APPUNTO. Ginevra, 1° ottobre 1933.

Giunto nel pomeriggio è venuto a vedermi in serata.

l) Ha voluto mettere in rilievo le grandi accoglienze che sono state fatte al Conte Volpi nel suo recente viaggio in Romania e che cominciate con un ricevimento ufficiale alla frontiera sono terminate con un pranzo offerto a Sinaja in suo onore, a cui sono intervenuti i Ministri presenti della Piccola Intesa. Durante il suo soggiorno a Sinaja, il Conte Volpi è stato invitato a una seduta del convegno della Piccola Intesa.

Questa entrata in argomento è dello stile di Titulescu e sembra continua,re il suo sistema degli allettamenti verso di noi.

2) Mi ha dichiarato che, contrariamente a quanto ha pubblicato la stampa romena, nelle trattative di Sinaja non è stata fatta questione del Piano quinquennale della Piccola Intesa. È stato deciso unicamente di adottare il sistema degli scambi commerciali fra i membri della Piccola Intesa fino al limite della massima capacità di assorbimento dei rispettivi mercati. In base a tale sistema la Cecoslovacchia che consuma annualmente 6 milioni di tonnellate di nafta e che finora non ne ha acquistato in Romania più che 80 mila tonnellate annue, dovrebbe lentamente elevare i suoi acquisti fino ad assorbire tutta intera la produzione romena elevantesi a 3 milioni di tonnellate. Naturalmente un tale sistema non potrebbe che realizzarsi gradatamente, mano mano che vengono a scadere gH attuaJi contratti in corso con altri Paesi.

Quanto alla materia politica, a Sinaja è stata poi riconfermata la nota tendenza politica della Piccola Intesa della più recisa intransigenza in mate,ria di revisionismo.

3) Mi ha riferito una fase di movimentata azione politica balcanica nella quale hanno avuto gran parte i capi di Stato. Re Boris era stato invitato al convegno di Sinaja previsto per l'estate. Contro questo invito era violentemente insorto il Re Alessandro. Su consiglio di Titulescu, Re Caro! .fu allora obbligato a rinviare il convegno. Intanto Re Boris, che era a Parigi, si era incontra.to con Paul-Boncour il quale lo aveva consigliato di profittare dell'occasione del passaggio per Belgrado per chiedere un abboccamento col Re di Jugoslavia. Re Alessandro questa volta acconsentì. Secondo quanto poi Re Alessandro avrebbe raccontato a Titulescu a Sinaja, il Re Boris in quel colloquio avrebbe fatto a Re Alessandro le maggiori profferte di amicizia e avrebbe chiesto di ricercare insieme la via di una più stretta mte:~a.

Allorché a Sinaja i due Re di Jugoslavia e di Romania hanno proposto alla Conferenza il quesito della restituzione della vìsl·ta a He Boris, Titulescu è vivacemente intervenuto sostenendo che una tale visita, avvenendo prima del progettato incontro Carol-Boris. avrebbe potuto essere interpretata come una interferenza non richiesta della Jugoslavia nelle relazioni bulgaro-romene. Dopo una vivace discussione è stato allora deciso che Re Alessandro andrà prossimamente a Varna, dove si fermerà poche ore, per poi ritornare per la via di Stambul, dove visite·rà Kemal, e successivamente .tte Caro! inviterà Re Boris a recarsi a Bucarest.

Secondo Titulescu, tutte queste visite non hanno però alcuna possibilità di stabilizza.re i rapporti bulgaro-jugoslavi per la inso.rmontabilità di troppi ben noti ostacoli.

4) Titulescu andrà prossimamente ad Angora, ma è ancora incerto se fermarsi a Sofia per un pettego1lezzo messo in giro da Muscianoff il quaie, in base a una comunicazione del suo Ministro a Londra, avrebbe riferito che Tewfi~ aveva messo in giro la voce che Titulescu andava a Sofia per occuparsi della questione della retrocessione deLla Dobrugia e aella Macedonia serba alla Bulgaria.

Comunque, dopo Angora, Titulescu ha scritto che sl recherà ad Atene pur senza avere alcun obiettivo pa.rticolare.

Parlando di Atene egìi però ha tenuto ad insiste·re sul carattere di quasi alleanza che hanno le relazioni greco-romene e che egli pone sullo stesso piano delle rel!azioni che la Romania ha con la Tul"chia e con la Jugoslavia.

Tutte queste facili chiacchiere non hanno evidentemente, di per se stesse, un g·ran valore. Esse denotano pe·rò un intenso lavorio che in questo momento Titulescu -secondo la mia opinione in accordo con Tewfik -va conducendo nella Balcania. Che tutte queste trame conducano a concreti risultati immediati, non è credibile, ma che servano, come sempre ho asserito, a procurare una certa coesione alla Balcania, operando così in senso contrario alla nostra politica, è una possibilità che sembra vada assumendo una certa consistenza.

5) Disarmo. Egli ha già avuto una conversazione con Paul-Boncour e mi ha chiesto di essere messo al corrente delle direttive di V. E. Ha ripreso la stessa tesi di Beck, dicendomi che sarebbe stato difficile per loro ammettere che fossero trat;tate in seno al Patto a quattro le questioni che li conce·rnono.

Gli ho spiegato che attualmente la questione non era quella di esaminare se il disarmo fosse trattato dai quattro o da altri, ma quella di collaborare tutti nel miglior modo al problema della pace e che nel momento attuale i suggerimenti del Duce non volevano quindi essere interpretati pe·raltro che pe·r le grandi linee da adottarsi nella discussione del problema del disarmo e sulle quali tutti potevano, e dovevano, collaborare se realmente erano amici della pace. Egli ha detto però che la Romania è oggi talmente disa.rmata che non le è possibile rimanere in questo stato anco·ra per i primi quattro anni del controllo. Egli mi ha detto di aver fatto presente tale esigenza a Paul-Boncour. Io ho preso atto senza rispondergli, non intendendo menomare la nostra libertà di azione.

6) Mi ha ricordato la prossima scadenza del Trattato di amicizia che converrebbe rinnovare per lungo periodo e non per i sei mesi del rinnovo di ripiego. A questo proposito ha fatto mostra di una viva gelosia per la differenza di trattamento che in tale argomento noi ·riserviamo alla Romania e all'Ungheria.

Piano danubiano. Su questo argomento egU mi ha esposto i principi generali del loro progetto che prevederebbe una prima tappa di trattative interdanubiane per regolare regionalmente la questione deill'assorbimento delle eccedenze e una seconda tappa di trattative fra paesi danubiani e paesi terzi per regolare la questione delle residue eccedenze ancora esistenti dopo regolato il massimo assorbimento regionale.

Sui maggiori particolari del progetto l'ho pregato di discutere con Ciancarelli, che riferirà in proposito.

240

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1730/215 R. Roma, 2 ottobre 1933, ore 20.

Dica a Dollfuss di definire il caso Rintelen poiché il gradimento del Governo italiano è stato dato da un pezzo (1).

241

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

APPUNTO. Roma, 2 ottobre 1933.

L'ambasciatove Graham mi fa vedere un telegramma ricevuto da Londra in cui si riassume la situazione per quanto riguarda il disarmo. Da tale telegramma si rileva che il punto di vista italiano è diverso da quelli francese e inglese appoggiati anche dagli americani. Questi sono contra·ri a concedere alla Germania nel primo periodo le armi non consentite dal Trattato di Versailles;

<<È venuto stamani a vedermi il nuovo ministro d'Austria a Roma, signor Rlntelen. Mi ha preannunziato per domenica prossima, 22 corrente, la sua partenza per costà,

aggiungendo che essa non aveva potuto avvenLre prima, stante che Il suo predecessore, signor Egger, lascerà Roma soltanto Il 17 o 18 ».

non fanno invece eccezione per un aumento di carattere quantitativo in rapporto all'aumento degli effettivi. Il punto di vista italiano è invece per fare qualche maggiore concessione alla Germania tenendo conto del fatto che il disarmo vero e proprio -e quindi il principio di applicazione della uguaglLanza dei diritti -comincia nel secondo pe<riodo.

Il Foreign Office fa presente che l'opinione pubblica inglese, oltre queO.la francese, nel momento attuale, non potrebbero consentire un riarmamento della Germania oltre i limiti suddetti.

Il Governo inglese ha rivolto preghiera al Gove·rno italiano di voler dare la sensazione a Berlino di questa effettiva difficoltà che da parte inglese è considerata insormontabile.

Ripeto all'Ambasciatore Graham la nostra tesi.

Ho avuto l'impressione anche io della difficoltà determinata dallo stato dell'opinione pubblica in Inghilterra. D'altra parte pe,rò bisogna rendersi conto anche dello stato d'animo della Germania. Se si vuole andare d'accordo bisognerà abbandonare questa posizione d'intransigenza.

Informerò il nostro Ambasciatore a Berlino dello stato esatto della situazione lasciando alla sua discrezione di esporla al Gove,rno tedesco. L'Ambasciatore Graham mi chiede anche la risposta per la questione dei debiti con l'America.

Stiamo esaminando la cosa e gli risponderemo quanto prima.

Richiamo l'attenzione dell'Ambasciatore sul pericolo della tensione fra lo Yemen e Saudia, pericolo aggravato dall'ultimatum inviato dalla Gran Bretagna aUo Yemen. Ritengo che r:eU'interesse della pace in Arabia converrà che discutiamo quanto prima a fondo la questione.

L'Ambasciatore non conosce bene il problema e se ne informe;rà al più presto e ne riparleremo.

(l) Con telespr. 4723/2294 del 14 ottobre Preziosi comunicò quanto segue:

242

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 2 ottobre 1933.

Colloquio col Presidente del Consiglio Bulgaro.

È qui di passaggio in viaggio per Parigi dove va a conferire coi membri della Commissione Finanziaria della Società delle Nazioni incaricati dell'esame della situazione bulgara.

1) Situazione finanziaria della Bulgaria. Mi ha pregato di intervenire presso Tumedei in favore del suo Paese. Ho risposto che volentieri accondiscendevo ma che contemporaneamente attiravo la sua attenzione sulle constatazioni fatte dalla Commissione Finanziaria della Società delle Nazioni circa la gravità della situazione finanziaria in Bulgaria, e sulla conseguente necessità di parvi riparo anche con adeguate misure interne.

2) Relazioni turco-bulgare. Mi ha detto che solo tre giorni prima della firma deil'ultimo accordo turco-greco Tewfik gli ha telegraficamente proposto di aderirvi. Naturalmente egli è stato costretto a rifiutare, spiegando che in questioni di sì grande importanza non era possibile decidersi m un così breve spazio di tempo.

Questo trattato turco-greco è stato interpretato dall'opinione pubblica bulgara come diretto contro la Buigaria e all'arrivo di Ismet e di Tewfik a So!ia era diffuso nell'ambiente della capitale un forte malumm·e. Muscianoff mi ha detto che in quell'occasione da ambo le parti si è fatto tutto il possibile per dissiiPado, pubblicando anche un comunicato ufHciale, a firma dei Ministri turehi e bulgari, in cui si diceva che l'accordo non era diretto contro nessuno, ma la voce e l'aspetto di Muscianoff mi facevano chiaramente scorge,re che egli aveva conservato intatto il suo malanimo e la sua diffidenza.

Ha aggiunto di aver bene individuata la manovra politica di Tewfik che, sotto la minaccia di accerchiamento, voleva forzare la Bulgaria ad aderire all'accordo turco-greco che è garante di quello statu quo di cui tanto soffre il suo paese. Ma egli aveva fatto sapere a Tewf.ik che le sue miiilacce non sarebbero servite a nulla perché il Governo bulgaro era deciso a perseguire la sua politica di indipendenza di fronte ad ambedue i g,ruppi coi quali la Bulgaria è in contatto: il greco-turco e la Piccola Intesa. Muscianoff mi ha detto che tale sua politica aveva avuto a Roma l'approvazione di V. E.

3) Colloqui con Benes e Titulescu. Parlando con essi dello stesso argomento, avevo avuto la sensazione che il rifiuto bulgaro ad accedere al trattato greco-turco, avesse procurato una viva soddisfazione alla Piccola Intesa che, naturalmente, amerebbe veder la BulgLria gettarsi dalla sua parte.

4) Relazioni bulgaro-jugoslave. Oggi o domani il Re di Jugoslavia si reciberà per qualche ora a Varna per rendere una visita di carattere intimo al Re di Bulgaria.

Ho interrogato Musclanoff sulla visita di Re Boris a Belgrado. Mi ha risposto di aver preannunziato tale visita a V. E. a Roma. In ogni modo egli smentisce la voce che corrre per questi ambienti e che ieri mi è stata ripetuta anche da Titulescu, secondo cui la sosta di Re Boris a Belgrado nei suo viaggio di ritorno dalla Francia sa·rebbe stata fatta dietro pressioni di Pauà-Boncour.

Congedandosi, ha tenuto a dirmi che, come aveva fatto chiaramente comprendere a Tewfik in tutto il corso deUe recenti trra.Jttative avute con lui, la Bulgaria è decisa ad appoggiarsi al Patto a quattro e alla Società delle Nazioni. Quando egli glielo aveva dichiarato, Tewfiknon aveva replicato.

Muscianoff ha vivo desiderio di rivedere V. E. e farà tutto il possibile per termarsi a Roma nel suo viaggio di ritorno.

243

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 3 ottobre 1933.

Il signor de Chambrun è venuto ad informarsi delle questioni di attualità: disarmo e progetto danubiano.

22 -Documenti DlpZomatlcl -Serle VII -Vol. XIV

Per il disarmo ha nettamente l'impressione che da parte francese non si possa andare più oltre. I tedeschi hanno il vantaggio di ottenere fin dal primo periodo un aumento degli effettivi che li equilibra agli altri Paesi, un aumento del materiale corrispondentemente all'aumento degli effettivi, delle misure di disarmo radicali nel campo della guerra chimica e batteriologica, la tregua degli armamenti da parte degli Stati armati, il controllo che li mette nella stessa situazione degli altri in quanto loro potranno controllare i francesi come i francesi controllare loro (oggi il controllo esiste soltanto a carico della Germania); nel secondo periodo poi ottengono il disarmo degli altri secondo norme fissate fino da ora, e il rhw:mo qualitativo loro in modo che alla fine del secondo periodo ci sarà la più assoluta equiparazione qualitativa della Germania con gli altri Paesi.

L'Ambasciatore ritiene che i tedeschi dovrebbero essere ragionevoli, rendersi conto che pex ora non si può andare più in là e che una tale soluzione rappresenta un successo veramente notevole pex il Governo hitleriano.

Ripeto all'Ambasciatore le argomentazioni già svolte a Ginevra: bisogna rendersi conto delle difficoltà per i tedeschi di non avere neanche qualche campione delle armi difensive che manterranno gli altri aHa fine della convenzione e ciò mentre gli altri pex quattro anni non disarmano.

Io sono persuaso che i tedeschi non potranno aderire al punto di vista franco-inglese e che preferiranno dare delle risposte vaghe tirando le cose per le lunghe con evidente danno generale per il prorogarsi ed aggravarsi dello stato attuale di nervosismo.

Nella questione del progetto danubiano spiego all'Ambasciatore le ragioni ed il contenuto del nostro memoriale (l) che non rappxesentano delle vere e proprie proposte ma soltanto l'indicazione di una soluzione basata su criteri pratici e realistici.

Consegno all'Ambasciatore anche una copia del memoriale. Il Conte de Chambrun ringrazia e si riserva di li'iparlarmene quando l'avrà esaminato e fatto esaminare dai tecnici.

244

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 3 ottobre 1933.

Colloquio col Ministro degli Esteri polacco.

Stasera ho avuto con Beck una seconda convenzione (2), nella quale sono

stati ripresi gli argomenti della prima con in più uno scambio di idee assai

precise in mexito al disa.rmo. Anche a questa ha assistito Bastianini.

Il Ministro polacco ha parlato a lungo, lasciando intendere fin dal primo

momento il suo vivo desiderio di collaborar,e con l'Italia nella più larga misura

possibile, in tutte le questioni nelle quali Roma ha assunto ed assumerà un atteggiamento definito.

Dopo aver rilevato che per i rapporti itala-polacchi la questione del disarmo e le nostre concezioni in merito sono fondamentali, ha voluto che io gli precisassi il nostro punto di vista a conferma ed ampliamento de-i rapporti ricevuti da Romer e da Wysocki nei quali gli era sembrato di constatare una certa identità di vedute con l'Italia.

Non ho avuto difficoltà a spiegargli le direttive di V. E. ed 11 suo proposito di evitare il fallimento della Conferenza del Disarmo cercando di raggiungere un accordo su principi di ca.rattere generale che permettessero almeno lo stabilirsi di una tregua ed allontanassero i pericoli di una co·r.:;a veloce agli armamenti.

Beck si è dichiarato ben felice di accettare questo punto di vista e di appoggiarlo. Prendendo Io spunto da ciò, dopo aver criticato il piano inglese e quello francese, ha detto che troppe volte si era considerata la Polonia come un Paese legato ad interessi di altri e facente par,te di una dete·rminata costellazione. In merito al disarmo, come del resto in varie altre questioni, Varsavia ave·va seguito una sua linea del tutto indipendente da quella dei suoi alleati e il Governo polacco era fermamente deciso a fare una sua politica. Compiacendosi della identità di vedute coa Roma in merito alla questione del disarmo, ha detto che era questo un elemento positivo di cui sperava che si sarebbe tenuto conto da V. E. ed ha soggiunto che la Polonia tutta intera nella sua tradizionale simpatia per l'Italia è certa che Roma non vorrà ignorare il contributo che Varsavia potrebbe portarle.

Mi ha pregato di esaminare la possibilità di stabilire un contatto info.rmativo in merito al disarmo in modo che fosse possibile su questa linea comune armonizzare sempre più e meglio le idee, senza che peraltro l'Italia si senta in alcun modo obbligata oltre i suoi principi.

Questione danubiana. -In merito al progetto danubiano Beck mi ha detto di aver già disposto per un contatto continuativo della sua Delegazione con la nostra. La Polonia è favorevole in principio a'l nostro Memorandum (l) e si propone di fare qualche suggerimento che non modifica in niente nelle sue linee essenziali il nostro progetto.

Ha rilevato che è questo un altro punto di contatto che si è felicemente stabilito fra Roma e Varsavia e mi ha dichiarato di essere sinceramente soddisfatto di constatare come sulle questioni attualmente sul tappeto e particolarmente su quella del disarmo che domina su tutti i rapporti internazionali, 1 nostri due Paesi abbiano le stesse vedute.

Bastianini ha osservato che ricapitnlando si po,tevano fare le tre seguenti constatazioni:

a) L'Italia e la Polonia, ciascuna nel suo campo d'azione speclf.ico erano animate dagli stessi principi di collaborazione e di giusta comprensione. Ne erano prova le iniziative dell'Italia neU'Europa Occidentale e queUe della Polonia culminate con gli accordi dì Danzica, nella zona ad essa limitrofa.

b) sulla questione del disarmo, una identità di vedute sl era manifestata fra i due Paesi. c) suHa questione danubiana una uguale identità di vedute era chiaramente apparsa.

Beck si è dichiarato felice di constatare come dopo due conversazioni svoltesi così cordialmente, si potesse giungere ad una tale ricapitolazione che faceva sua ed ha soggiunto che lasciava al Governo Italiano il giudicare come un tale stato di fatto potesse estrinsecarsi.

(l) -Cfr. n. 232. (2) -Per li primo colloquio cfr. n. 235.

(l) Cfr. n. 232.

245

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, AVENOL

APPUNTO. Ginevra, 3 ottobre 1933.

Ho incontrato led sera Avenol che mi ha detto di aver trovato molto abile il nostro Memorandum danubiano (1), che egli considera come l'unico tentativo capace di risolvere il difficile problema. Non mi ha taciuto però che le ,reazioni che esso ha suscitato si sono annunziate molto violente. Evidentemente al,ludeva a Benes.

ll giudizio di Avenol. sia per la sua carica attuale e sia per la sua competenza nel campo economico, mi è parso significativo.

246

APPUNTO (2)

Roma, 3 ottobre 1933.

Alle ore 15.45 ha telefonato il Ministro Preziosi da Vienna che tre quarti d'ora prima il Cancelliere Dollfuss e·ra rimasto oggetto di un attentato. A quel che pare ha avuto soltanto una piccola ferita. Il Cancelliere si era recato al Parlamento per una riunione del partito cattolico che doveva delibe·rare circa il suo scioglimento. All'uscita un giovanotto gli ha tirato due colpi, di cui uno gli ha sfiorato un braccio e l'aUro una costola.

Dell'attentatore non si sa se trattisi di un soldato licenziato oppure di un nazionalsocialista (3).

Il Ministro Preziosi si reca subito alla clinica e telefonerà fra un'ora o un'ora e mezza.

La notizia per il momento è mantenuta segreta, Preziosi l'ha appresa da un giornalista.

(l) -Cfr. n. 232. (2) -L'appunto, redatto su carta intestata del Gabinetto, non reca l'indicazione dell'autore. (3) -Con telespr. 4110/2196 del 5 ottobre Preziosi riferì, tra l'altro, che i giornali austriaci si erano «mostrati convinti trattarsi di un atto, se non direttamente organizzato, pe·r lo meno indirettamente provocato dal nazionalsocialismo ».
247

IL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 1600/491. Beirut, 3 ottobre 1933 (per. il 12).

Telespresso ministeriale 227501/C. del 14 settembre 1933 (l)

È esatto che nella Siria esistono tentativi di creazione di movimenti fa

scisti. Tuttavia la notizia riportata dal giornale Giamia Al Islamia è prema

tura ed esagerata. La «Lega d'Azione Nazionale Araba~ non mi risulta abbia

dato nessun inca,rico speciale a nessun comitato di studiare l'ordinamento

fascista e di fonda,re un Partito fascista, e credo che per il momento Damasco

non vedrà per le sue vle le coorti delle camicie verdi.

Vi sono però molti giovani, che si sono affacciati da poco o si affacciano ora alla vita pubblica, che si sentono attratti dalle idee nuove del Fascismo e che del movimento fascista si occupano con interesse particolare cercando di studiarlo, di capirlo, di ada,ttarlo alle necessità del loro paese.

In ispecial modo le idee fasciste trovano favore nel mondo arabo, là dove, cioè, esiste un non dubbio risveglio dello spirito nazionale. Ho dovuto, però, in questi ultimi tempi notare una cocrente che ritengo pericolosa. Mentre, cioè, prima l'attenzione degli arabi era portata tutta verso il Fascismo italiano, si va ora spostando sensibilmente verso l'hitlerismo. Pevché nella intransigente concezione hitleriana della razza, l'arabo trova un elemento di maggiore aderenza al suo spirito. Dal concetto di « razza ~ l'arabo passa naturalmente a quello di «religione » di modo che il Fascismo, quale egli lo concepisce e lo vede, è ancora e sempre una esaltazione ed una affermazione del suo fanatismo religioso.

Anche nel Libano vi sono tendenze allo studio del Fascismo e tentativi di creazioni di movimenti analoghi. Accludo, in proposito, una lettera consegnatami in questi giorni e che ho trattenuta e che trasmetto a semplice titolo documentario (2).

Nel Libano sono piuttosto i cristiani che sono portati verso il Fascismo. Anche qui, dunque, è sempre l'eteTno elemento religioso che giuoca alla base di ogni corrente di idee, di modo che è da credere che se un'affe·rmazione fascista dovesse qui aversi, si assisterebbe al fenomeno di un movimento fascista musulmano di fronte ad un movimento fascista cristiano. Cioè, sotto un nuovo aspetto e con un diverso nome, i termini della inconciliabile lotta secolare rimarrebbero i medesimi.

rl!erlre ogni utile Informazione relatiV'a al movimento di cui è cenno nella sopra riportata segnalazione ».

A proposito della possibilità di movimenti fascisti nell'Oriente in genere, ed in questa zona orientale in ispecie mi permetto esporre alcune mie considerazioni data l'importanza della questione.

Pur avendo avuto ed avendo tutt'ora modo di incitare e di sollecitare la creazione di un movimen~o fascista, me ne sono sempre astenuto. Ho pensato e penso se sia prudente dare a questo mondo orientale, dove già fermenta tutto un vasto per quanto disordinato risveglio degli spiriti, un'idea capace, come quella fascista, dì accentuare, affrettare e sopratutto dare un ordine ed una meta a questo risveglio. La Francia diffondendo la sua cultura in Oriente vi ha anche diffuso le sue idee democratiche e massoniche di cui la mentalità orientale si è impregnata ed anche malamente impregnata. Tutti i movimenti di rinnovazione e di riscossa del mondo orientale se, oltre le loro proprie passioni di religione e di razza, hanno alla base delle idee motrici come quelle democ·ratico-massoniche, non possono destare delle eccessive e tanto meno immediate preoccupazioni. Il carattere orientale, stanco, apatico, cauto, non potrà mai trovare in queste idee quella f·rustata salutare che lo ecciti e lo renda adatto alla vastità di una viva lotta e tanto meno potrà trovarvi quella indispensabile fiamma di passione senza cui ogni lotta è vana ed ogni riscossa è impossibile.

Se al contrario l'o·rientale riesce ad afferrare ed a far sua l'idea fascista e dalla idea passa alla passione e dalla passione al sistema ed al metodo, non vi è forse pericolo che gli attuali suoi caotici movimenti acquistino un altro tono nella forma e nella sostanza? Un Oriente fascista non sarebbe forse infinitamente più preoccupante di un Oriente più o meno malato di democrazia? L'idea fascista non esalterebbe e non eccitt:rebbe ancor più tutti quei sentimenti di xenofobia che fermentano pur ora nonostante le morfinizzanti concezioni dell'umanitarismo democratico-massonico di cui gli elementi colti e direttivi sono impregnati?

Si è temuto, in un certo momento, che il diffondersi dell'idea bolscevica

nell'Oriente potesse rappresentare una seria minaccia perché capace di in

fiammare e sollevare le masse. Ci si è accorti po.i che l'idea bolscevica non

poteva avere presa sullo spirito orientale perché in contrasto con tutte le sue

tradizioni e credenze.

L'idea fascista, invece, non è sostanzialmente in contrasto né con tradi

zioni né con credenze, ma anzi spesso vi aderisce in modo perfetto. Ma -si

dirà -l'idea fascista, in contrasto con quella bolscevica, è un'idea di ordine.

Ma è anche, però, un'idea potente di affermazioni e di rivendicazioni nazionali

e tale che può anche creare, là dove esiste dispersa, una unità nazionale.

Comunque, allo stato attuale, mi sembra inutile discutere se l'Europa in genere e l'Italia in particolare possono trovare conveniente o meno trovarsi in un avvenire, più o meno lontano, di fronte ad un Oriente faseistizzato. Giacché le idee fasciste, volenti o nolenti gli europei, cominciano a diffondersi in Oriente.

La questione che può ora interessare! è la seguente e su di essa mi permetto di richiamare l'attenzione di codesto Ministero.

Poiché le idee fasciste cominciano ad estendersi in Oriente e si avver

tono stntomi di tentativi di creazione di movimenti che cercano di ispirarsi

al Fascismo, conviene all'Italia facilitare l'espansione delle idee del suo Fa

scismo e assecondare tutti i possibili movimenti in modo da intonarli per

quanto è più possibile al suo movimento?

Io credo di si; perché si rischia in caso contrario di vedere altre Nazioni, pseudo-fasciste, fare domani quello che noi non facciamo oggL

Ho accennato al fenomeno della tendenza hitleriana degli arabi; è da aspettarsi che l'hitlerismo -consolidate le sue posizioni interne -comincerà in larga scala in un avvenire prossimo la propaganda delle sue idee all'estero e la Germania hitleriana tenterà di invadere nuovamente e di asfissiare il mondo con le nuove sue concezioni di politica, di filosofia, di cultura.

Naturalmente io segnalo questo pericolo -che può essere anche genera:le -solo per questa zona dove lo vedo già p.rofHarsi e penso si debba parvi riparo in tempo iniziando tutta un'opportuna ed accurata opera per portare ve•rso lo spirito di Roma tutte le possibili tendenze fasciste locali.

(l) Indirizzato anche al consolati a Damasco e Aleppo. Se ne pubblicano 1 seguenti brani: «In data 30 agosto u.s. 11 R. Consolato Generale a Gecrusalemme ha segnalato quanto segue:"Il Giamia Al Islamia di Giaffa (organo del Comitato Esecutivo del Cong.resso Panislamlco)del 24 agosto, sotto 11 titolo: Fascismo Arabo, riporta la seguente cor·rispondenza da Damasco: ·~ s}.steml fascisti dell'Italia e della Germania si sono dl·ffusi In questa parte dell'oriente arabo .... Questo R. Ministero prega codesto R. Consolato Generale di voler dettagliatamente

(2) Non pubblicata.

248

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI CECOSLOVACCHIA A ROMA, CHVALKOVSKY

APPUNTO. Roma, 4 ottobre 1933.

Il Ministro Chvalkovsky è venuto a trovarmi essendo rientrato dalla licenza. Mi ha chiesto copia del Memoriale (l) che gli ho consegnato e mi ha domandato qualche illustrazione dello stesso.

Nel corrispondere alla sua richiesta gli ho fatto presente che la stampa cecoslovacca sta affermando delle circostanze assolutamente inesatte; prima, che il Memoriale non sa·rebbe stato consegnato alla Piccola Intesa.

È vero invece che il sabato stesso, prima della mia partenza da Ginevra, mi sono assicurato che il Memoriale fosse consegnato a tutti gli interessati compresi gli Stati della Piccola Intesa.

In secondo luogo la stampa cecoslovacèa afferma che il Memo,riale è stato fatto come una risposta a Sinaja e che è diretto contro la Cecoslovacchia.

Sono affermazioni assurde.

Noi per ora non sappiamo che cosa sia successo a Sinaja e il Memoriale pa.rte dalle conclusioni di Stresa cioè da un accordo fatto con l'adesione di tutti gli Stati compresa la Cecoslovacchia. Il Ministro cecoslovacco mi assicura che aveva già provveduto per conto

suo a richiamare l'attenzione del suo Governo sulla inesattezza delle affermazioni cecoslovacche e mi ha detto di ritenere con fondamento che domani la stampa cecoslovacca cambierà tono.

In merito al memoriale il Signor Chvalkovsky afferma che con l'applicazione dei principi del l:viemoriale la Cecoslovacchia verrebbe a trovarsi in una difficile situazione.

Gli faccio presente che questo non dipende dai princlpi del Memoriale, ma dal fatto che la Cecoslovacchia vuole fare una politica di protezionismo agrario e di espansione industriale. Evidentemente se la Cecoslovacchia non è disposta a comperare, non troverà neanche il modo di vendere. La Cecoslovacchia è un Paese particolarmente ricco che attraversa una crisi come la attraversiamo tutti ma che non può essere messa nella posizione dei Paesi che hanno bisogno di particolari misure di soccorso come l'Austria, l'Ungheria, la Jugoslavia e la Romania.

Il Ministro di Cecoslovacchia è persuaso che nell'ulteriore sviluppo delle questioni si troverà modo di tener conto delle necessità cecoslovacche. Egli si tiene ad ogni modo a nostra completa disposizione per studiare e fare progredire i problemi.

(l) Cfr. n. 232.

249

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI CECOSLOVACCO, BENES

APPUNTO. Ginevra, 4 ottobre 1933.

Ie-ri sera a un pranzo ufficiale ho incontrato Benes che visibilmente tentava di evitarmi. Allora l'ho affrontato, senza però menomamente forzM"lo a parlare. Ho lasciato che egli mi dicesse quello e quel tanto che voleva. Ed egli m'ha parlato allora assai lungamente del disarmo.

Evidentemente inasprito da tutta la situazione politica, ha dato una nota di nero pessimismo anche al tema del disarmo. Ha detto che non potevamo aspettarci che l'Inghilterra facesse alcuna concessione, né che tanto meno la facesse la Francia, dato che Daladie.r sa che pagherebbe ciò immediatamente con la sua caduta. Quanto poi alla Germania, dovevo sape,re che oramai gli impulsi collettivi erano stati sfrenati e gli stessi capi non avevano più alcun potere per moderarli.

In tali condizioni non rimaneva a noi intermediari nessuna possibilità di manovra. Ci trovavamo quindi al vero punto critico della Conferenza del Disarmo. Fallendo le prossime trattative, evidentemente non rimaneva che rimettere la cosa al Patto a quattro, il quale però metteva cosi a gran repentaglio la sua stessa esistenza.

Gli ho detto che, per grave che fosse la diagnosi, bisognava pure pensa,re ad una cura. Che cosa gli sembrava il meglio da fare in tale situazione? Piuttosto vagamente mi ha risposto che evidentemente l'unica via da battere sul momento era quella di tentare delle conversazioni separate prima coi grandi e poi coi piccoli e cercare così di imbastire una trama su cui tentare di lavorare alla Conferenza.

Dalla prima all'ultima pM"ola ha lasciato trasparire pessimismo e, soprattutto, irritazione.

250

IL SOTIOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 4 ottobre 1933.

Confermo quanto ho riferito a V. E. per telefono.

Disarmo -La Germania non ha dato la risposta promessa per martedì. Dal telegramma di Berlino risulta che Neurath va in licenza per dieci gio·rni nelle Alpi Bavaresi. A Ginevra si parla del ritorno di Nadolny, cioè un tecnico in luogo di un politico, ciò che dimostra la volontà di non discutere la Convenzione nelle sue grandi linee. Da questi elementi si rileva che la Germania preferisce non rispondere, Urando le co::;e per le lunghe nella persuasione che

o gli altri cederanno o non si verrà ad alcuna conclusione in tema disarmo e lei avrà mano libera per riarmare. Sentiremo che cosa mi dirà von Hassell che si è annunciato per domani giovedì alle ore 18.

Piano danubiano -Le notizie da Ginevra sono che la Romania è favorevole e la Cecoslovacchia contraria.

La Jugoslavia è ancora incerta e piuttosto contraria.

Le stesse impressioni ho tratto lo dalle conversazioni coi Ministri di Romania e di Cecoslovacchia.

Ho detto al Barone Aloisi che conveniva che Ciancarelli raccogliesse ancora le impressioni e le osseii."Vazioni sul Memoriale (l) dopo di che si sarebbero potuti chiarire alcuni punti direttamente con gli Stati interessati.

V. E. vedrà poi in un secondo tempo se converrà fare una riunione dei Rappresentanti degli inte.ressati (Stati successori e Potenze del Patto a Quattro) per conchiudere una Convenzione.

Questione delle minoranze -I tedeschi sono entrati in pieno nell'estensione del regime delle minoranze (oggi limitato agli Stati Danubiani ed alla Germania per l'Alta Slesia) a tutti i Paesi.

È un tiro molto antipatico che parte dalla Germania. Siamo rimasti d'accordo col Barone Aloisi che egli prenderà posizione contro. Hanno padato già contro blandamente il francese e in modo molto preciso l'inglese. Fa.rò pervenire al Barone Aloisl le ulteriori istruzioni che V. E. mi ha fatto avere questa sera (2).

Per quanto riguarda più particolarmente la questione degli ebrei ho detto al Barone Aloisi di favorire una soluzione che tendesse a facilitare l'esodo degli ebrei già usciti e di quelli che usciranno dalla Germania verso la Palestina (3).

(l) -Cfr. n. 232. (2) -Non rinvenute. (3) -Il 9 agosto Suvich aveva Inviato al ministro dell'Educazione nazionale, Ercole, d'ordine del capo del Governo, una lettera con lo scopo d! segnalare «l'invasione degli isTael!t! in Italia, fattasi dopo l'avvento d! Hitler al potere, veramente preoccupante». La lettera concludeva: «Io ritengo che al Centro non s! debbano Ignorare queste cose. Si tratta anzitutto di difendere 1 nostri giovan!, che lottano già duramente peT poter vivere, da una concorrenza senza quartleJOe •·
251

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 4048/483 R. Washington, 5 ottobre 1933, ore 6,30 (per. ore 2,50 del 6).

Alla vigilia ripresa dei negoziati per debiti di guerra situazione si presenta come segue:

l. Attitudine della opinione pubblica americana non è cambiata. In questo momento d.i gravi difficoltà interne riesce anche più impopolare che per passato idea di rinunzia totale o parziale ai pagamenti dovuti dall'estero. Persone che comprendono speciale natura del problema e si rendono conto dell'interesse anche americano di affrettarne liquidazione rappresentano piccola minoranza con inf,luenza limitata.

2. -Congresso influenzato da correnti popolari rimane ostile a qualsiasi concessione. 3. -Non essendo riuscito al presidente di fa·rsi accordare dal congresso pieni poteri per regolare questione, qualsiasi accordo raggiunto con prossimi negoziati dovrà essere ratificato dal senato. 4. -Non è da attendersi che presidente faccia pressioni sul senato per forza·rlo ad approvare soluzione suscettibile di provocare reazione popolare sfavorevole. 5. -In queste condizioni possibilità di giungere a soluzioni definitive appare molto remota. 6. -Sembra quindi inevitabile che negoziati si Olientino verso soluzione provvisoria. Massimo ottenibile dai debitori sarà comunque soluzione analoga a quella del giugno u.s. Non si può esciudere però che da parte degli americani vengano sollevate maggiori difficoltà e si chiedano pagamenti più rilevanti. 7. -È possibile che negoziatori americani affaccino anche domande di compensi che potrebbero consistere in facilitazioni alle esportazioni americane oppure in impegno di collaborare nella politica di svalutazione della moneta ed aumento dei prezzi. 8. -Non sembra che negoziatori britannici abbiano programma ben definito. Per conto loro negoziatori americani si terranno sulla difensiva. Tutto fa credere che trattative saranno lente e difficili. Previsioni della stampa sono Lntonate a pessimismo. Sentimento dominante nel pubblico è che si vada incontro a default generale.

Cercherò di seguire da vicino negoziato anglo-americano e r.Uerirò con ogni possibile cura suoi sviluppi.

252

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 5 ott~bre 1933.

Ho chiesto al Signor von Hassell, che ritorna da una lunga licenza passata presumibilmente in Ge.rmania, come vanno le cose nel suo Paese.

Mi ha risposto: «Vanno bene, nonostante gli Unterftihrer ».

Mi ha detto che effettivamente chi comanda è Hitler; che Goering, pure

avendo un temperamento «molto pronunciato» è agli ordini di Hitler. Egli stesso lo ha visto in atteggiamento di subordinazione soldatesca.

L'Ambasciatore mi legge poi le istruzioni inviate al rappresentante tedesco a Ginev.ra e me ne lascia, in via del tutto personale, non essendo autorizzato a ciò fare, una copia (l).

Dopo presane conoscenza gli esrrimo la mia opinione che questo rappresenti un notevole passo indietro dal punto in cui eravamo arrivati a Ginevra. È vero che von Neura·th non si è impegnato con nessuna dichiarazione p;recisa, ma si trattava su una base molto meno intransigente dell'attuale. A Ginevra si parlava di un primo periodo di quattro anni e di un secondo di altri quattro anni, e della possibilità o meno di dare alla Germania già nel primo periodo un campionario delle armi che in definitiva sarebbero state concesse a tutti gli Stati.

Secondo le odierne istruzioni, invece, il p'l"imo pe'l."iodo dovrebbe essere di due anziché di quattro anni e già nel primo periodo si chiedono: l'assoluta equiparazione agli altri, sia qualitativa che quantitativa, per tutte le armi che saranno concesse in definitiva agli altri Stati senza limitazione; l'assoluta equiparazione qualitativa fino dal primo periodo con una eventuale rise'I."Va per quanto riguarda la quantità delle altre armi che con determinate limitazioni saranno concesse in definitiva agli altri Stati.

Come prima impressione dovrei dire che non vedo modo di trovare una via di accordo fra questo punto di vista e il punto di vista anglo-francese.

L'Ambasciatore ritiene che la fase del primo periodo potrebbe costituire un ponte di passaggio se si interpretasse il primo periodo nel senso di tutti i cinque anni anziché di solo i due primi anni.

Gli rispondo che dal testo delle istruzioni non mi pare possibile questa interpretazione.

Chiedo all'Ambasciatore se la Germania ritiene di avere interesse all'ac

cordo o se piuttosto non vuole seguire la tattica di fare delle proposte che

non sono accettabili per tirare in lungo le trattative.

(l} Cfr. n. 255 e Akten zur Deutschen Auswtirtigen Politik 1918-1945, serle C, band I, 2, pp. 873-874.

L'Ambasciatore mi esclude nel modo più assoluto che questa sia l'intenzione del Governo tedesco: si vuole venir,e ad un accordo e anzi il Governo tedesco calcola molto sull'opera mediatrice dell'Italia.

Gli faccio presente che però questa proposta darà ai francesi e agli inglesi l'impressione che non ci sia questa buona volontà da pa,rte tedesca. I francesi hanno l'idea che la Germania tenda a fare dell'ostruzionismo per non lasciar venire ad un accordo e nel fmttempo armare febbrilmente. Dichiarano però che non intendono in nessun caso tollerare una situazione del genere. Essi sono persuasi -e devo dire che anche l'Inghilte;rra condivide la loro impressione -che oggi in Germania si sia esclusivamente preoccupati di rialzare lo spirito militarista e di prepararsi per una rivincita. Dicono che per quanto riguarda l'istruzione degli uomini la Germania è più o meno a posto: attraverso le sue formazioni (S.S. S.A. Stahlhelm) essa ha già dato l'istruzione militare completa agli uomini. Ora si tratta di fornire loro le armi e ciò si sta facendo con ritmo accelerato. Noi abbiamo cercato di calmare tali apprensioni ma ci siamo scontrati in uno stato d'animo difficilmente superabile. D'altra parte sappiamo che i tedeschi pensano che i francesi non siano sinced nel proporre oggi delle condizioni di disarmo. Essi pensano che alla fine del primo periodo, se il controllo avrà dimostrato delle infrazioni della Germania, i francesi prenderanno ciò a pretesto per non disarmare. Se non avrà dimostrato tali infrazioni, diranno che il controllo non ha funzionato e non disarmeranno lo stesso. È evidente che in una tale atmosfera, con questa presunzione di mala fede attribuita da una parte e dall'altra al proprio avversario, non è facile arrivare ad un accordo.

L'Ambasciatore si rende conto di queste ragioni. Mette in rilievo però che da parte tedesca si fanno le più ampie dichiarazioni di pacifismo. Una diecina di giorni fa, Hitlerr ha parlato con l'Ambasciatore francese François Poncet e lo ha assicurato in modo formale delle sue intenzioni pacifiche particolarmente con riguardo alla frontiera occidentale della Germania. Non c'è nessuna questione ~rredentista per l'A:lsazia e Lorena. Hitler ha detto: «i francesi si tengano pure l'alsaziano-lOTenese che è meglio che stia di là dalla frontiera che di qua».

L'Ambasciatore ha fatto sapere qualche giorno dopo che le dichiarazioni di Hitler erano state portate a conoscenza del Consiglio dei Ministri e aveva ragione di ritenere che fossero state accolte col maggiore interesse. Naturalmente se i francesi pensassero a quelle sanzioni in territorio tedesco come ad esempio all'occupazione della Renania ciò porterebbe indubbiamente ad una guerra sanguinosa nella quale i tedeschi si batteranno, sia pure senza speranza di successo, fino all'ultimo uomo.

Il Signor von Hassell mi chiede che cosa pensiamo di poter fare oggi.

Gli rispondo che bisognerà che sentiamo un po' anche l'impressione degli altri per trovare il modo di riallacciare le fila delle trattative. Gli ripeto però che questa risposta ce,rtamente non facilita le cose. L'Ambasciatore chiarisce che questa risposta ha carattere generico e non

è una risposta specifica alla domanda fattagli dal Capo del Governo: quella cioè di indicare le massime concessioni a cui sarebbe disposta la Germania per trovave sulla base di queste un accomodamento. Il Governo tedesco non è in grado di dare tale risposta fino a che i negoziati non siano un po' più avanzati.

Il Signor von Hassell lascia però intendere che queste proposte sono suscettibili di modificazione e rappresentano più che altro un punto di partenza per la Germania.

A proposito del memoriale danubiano l'Ambasciatore mi dice che la questione è stata accolta in Germania favorevolmente e che le nostre idee corrispondono al punto di vista germanico.

Mi chiede se è vero che il nostro memoriale è il risultato di una discussione coi francesi sulla base di un memoriale presentato dalla Francia.

Gli rispondo di no. L'Ambasciatore f,rancese a Roma ave,va tempo addietro indicato qualche punto per una possibile soluzione danubiana. Queste indicazioni non rispondevano alle nostre idee e abbiamo risposto che ci riservavamo di ripresentare noi qualche proposta al riguardo di tale problema. Abbiamo dato tale memoriale alla fine della scorsa settimana contemporaneamente a tutte le Nazioni interessate.

253

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4045/151 R. Ginevra, 6 ottobre 1933, ore 0,30 (per. ore 3,20).

Titulescu venuto stamane per parlarmi progetto danubiano.

Mi ha detto che nelle discussioni avute qui con Benes, N quale gli aveva in principio espresso intenzione di non rispondere al nostro memorandum, è riuscito convincerlo entrare in trattative.

Titulescu si è dimostrato persona,lmente favorevole in principio al nostro progetto, pur riservandosi di dare risposta precisa quando si sarà consulitato con tutti i rappresentanti Piccola Intesa. Per parte sua ammette che dopo breve periodo discussioni preparatorie si possa indire una conferenza in Italia per trattazione ,tale questione. Secondo sue previsioni la risposta della Piccola Intesa potrà pervenire! fra una diecina di giorni.

Nel corso della conversazione ho potuto comprendere che rapidità con cui è stato presentato il nostro memoriale ha prevenuto e fatto abortke una analoga mossa da parte della Piccola Intesa.

Gli ho fatto rilevare goffi attacchi stampa ufficiosa romena e pre,cisamente giornali Indraptarea e Indépendance Roumaine (vedi Stefanl 4 ottobre) che egli ha deplorato assicurandomi che avrebbe dato ordini per ricondurre stampa romena più esatta comprensione situazione.

254

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4052/785 R. Londra, 6 ottobre 1933, ore 20,25 (per. ore 24).

Simon mi ha pregato oggi di andare a vederlo e mi ha informato che questo incaricato d'affari di Germania gli ha dato stamane comunicazione delle proposte che Nadolny si prepara fare a Ginevra. Egli ha esaminato subito tali proposte e non può nascondere che esse gli sembrano costituire un sostanziale mutamento delle basi sulle quali negoziati disarmo sono stati finora condotti.

«A mio avviso -Simon mi ha detto -Germania con proposte odierne chiede in pratica di poter inizia,re immediatamente un vero e proprio riarmamento. GovNno inglese non potrebbe in alcun modo consentire. Ci sarebbe stato assai difficile far accettare dal Parlamento e dalla opinione pubblica concessione, per un primo periodo, di un campionario di armi, quale Governo tedesco sembrava volesse chiedere; non ci sarebbe possibile fara accettare misure che equivarrebbero a un riarmamento della Germania».

Simon ha aggiunto che egli era molto ansioso conoscere pensiero di V. E. sulle proposte tedesche e di potersi concetrtare con V. E. sulla situazione. Sperava intanto che V. E. avrebbe voluto intervenire presso il Governo tedesco per fargli considerare difficoltà assai gravi che proposte odierne vengono a creare (1).

255

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4057/153 R. Ginevra, 6 ottobre 1933 (per. il 7).

Governo tedesco ha inviato qui suo ministro a Bema per comunicare a Simon ed a me promessa risposta von Neurath sul disarmo.

«Come avrai notato, abbiamo avuto in questa settimana una certa recrudescenza nella campagna ant,i-hitleriana e anti-tedesca in genere. Ormai è chiaro che questa campagna è il risultato di una organizzazione sistematica di propaganda che ha in Parigi e in Varsavia i principali centri propulsori. Questi sfruttano "il senso di paura" -la parola non è esagerata -che gli inglesi hanno davanti allo "spettro" di qualche complicazione nel continente: Dopo g.U avvenimenti imperiali di questi utimi anni, gli Lnglesi si sono ormai persuasi che gli Stati dell'Impero non seguirebbero, in alcun caso, l'Inghilterra in una guerrain Europa. Ciò porterebbe, in una parola, l'Inghilterra alle soglie di una grande crisi politica prima ancora di combattere. Tutto il pacifismo britannico sta qui. Ed ecco p·erché ogni segnod'inquietudine sul continente rende questa gente neTvosa, isterica e spesso irragionevole. Adesso se la prendono con Hitler. Le persone intelligenti capiscono il ridicolo della situazione. Ma la vecchia gente (the old gang, come Mosley Il chiama) si è messa addosso scudo, lancia e cimiero, come se si trattasse di partire di nuovo per le Crociate.

Quel babbeo di Sir Austen Chambeirlain (purtroppo al Comuni adesso egli ha di nuovo una certa posizione) con tutta la famiglia, è uno degli impresari. Ti prego di dare un'occhiata all'unito invito di Lady Chamberlain per un grande comizio all' "Albert Hall" in onore del capelluto Einstein, contro Hitler e a favore degli emigrati tedeschi. Manderò un mio fiduciario a vedere. Intanto stamane il Daily Mai! in un articolo di fondo (che allego) attacca Einstein e critica piuttosto severamente questa iniziativa di Chamberlain. Stasera l'Evening News (i due giornali di Lo·rd Rothermere) riprende l'argomento, e usa parole ancora più dure sia per Einstein sia per Chambei!'lain, e dichiara che è ma di finirla, in una parola, di occuparsi degli affari interni della Germania. È questa la prima voce coraggiosa che si fa udire. Speriamo che altre s~guano e che una salutare reazione si manifesti una buona volta. Io non tralascio naturalmente occasione per incoraggiarla ».

Simon. essendo assente, signor von Weizsacker si è limitato a fare soltanto a me le dichiarazioni seguenti, che trasmetto integralmente come egli me le ha dettate:

«I. -Le Gouvernement Allemand se base toujours sur le proj.et anglais: considère camme raisonnable une convention de la durée de cinq ans camme il est proposé dans le projet anglais.

Ne peut pas accepter une période d'essai. N'a pas d'objection pour que la convention soit divisée en périodes pour des raisons pratiques concernant le désarmement du matériel. On pourrait par exemple faire la première période de 2 ans et la deuxième de 3 ans. L'Allemagne devrait demander que l'égalité des droits devrait Hre appliquée dans la première période.

II. -L'Allemagne est préte par espr1t de conciliation d'entreprendre immédiatement la transformation de la Reichswehr en armée à court terme. Quant à la qualité et à la quantité du matériel de la nouvelle armée, l'Allema.gne pourra donner seulement des indications au moment où l'an connaitra les dispositions concrètes de la convention au sujet du matériel.

III. -Dans le projet anglais il est question de trois sortes d'armes terrestres: l) les armes défendues à l'avenir; 2) armes limitées par quantité; 3) armes non limitées.

Quant à la Ière catégorie l'AUemagne accepte toute interdiction d'armes à condition de l'application générale de cette interdiction; l'Allemagne renonce en outre aux a,rmes possédées par les nations armées, pourvu que ces Etats s'engagent à détruire ces armes dans un délai précis pas trop long et en tout cas pas plus long que la durée de la convention et pourvu que l'usage de ces armes soit défendu à l'avenir.

L'Allemagne aimerait savoir le pJus tòt possible queUes seront les armes à interdire et à détrui,re, selon les intentions des Puissances les plus intéressées.

Quant à la IIème catégo.rie, dans le projet anglais est prévue la limitation de certaines armes quant à leur qualité et à leur quantité. L'Allemagne aimerait savoir aussi vite que possible comment ces armes seront caractérisées (caractéristiques des armes) et quelles seront les limites quantitatives à prévoir. Et camme émanation du principe d'égalité des droits les armes permises aux autres pays, mais limitées en nombre, devraient étrç admises auss.i à l'Allemagne au cours de la première période, les chiffres restant soumises à la discussion.

IV. -Armes non limitées. -Autant qu'il n'y a pas de limitation pour les autres, il ne peut exister limitation pour l'Allemagne. Si la Convention future ira plus loin dans la limitation, l'Allemagne sera d'accord toujours sur le pied d'égalité.

L'augmentation pure et simple des armes admises par le traité de Versailles, en doublant les chiffres de ce traité, couespondrait à une discrimination que l'Allemagne ne veut pas accepter et qui ne satisferait pas son besoin de sécurité (elle voudrait avoir, camme les autres pays, toute liberté ou la méme restriction qualitative) ).

Suppongo che identica comunicazione sia stata oggi fatta a V. E. ed al Governo britannico.

Nel ricevere tale comunicazione ho fatto osse~are al signor Weizsacker che essa costituiva un regresso nel negoziato. Egli si è limitato a rispondere di non avere istruzioni per discutere la questione.

(l) Si pubblica qui n P. S.. datato 26 settembre di una J.p. di Grandi a Mussollni del 23 settembre (ACS, Carte Grandi):

256

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4070/158 R. Ginevra, 7 ottobre 1933, ore 17,30 (per. ore 20).

Paul Boncour, qui giunto stamane, mi ha dichiarato che, pur non avendo avuto tempo di studiare l'ultima comunicazione fatta a Roma e Londra dalla Germania, egli ha la netta impressione che la Ge·rmania si irrigidisce a negare il periodo di prova e la conseguente clausola che subordina al soddisfacente esito di tale periodo l'applicazione delle misure di disarmo previste per il secondo.

D'a.ltra parte la Francia non può prescinderne, avendo in mano troppe chiare prove che, specie negli ultimi anni, la Germania ha completamente infranto i trattati organizzandosi un nuovo esercito e fabbricando i matedali per il suo armamento. È, anzi, a tale attività illecita che il Governo francese attribuisce la scarsa diminuzione della disoccupazione operaia in Germania.

È quindi inevitabile che la Francia sia condotta in sede di conferenza a denunziare e chiarire tale situazione per mettere in luce la logicità e l'equità del proprio atteggiamento (1).

Gli ho fatto osservare che, da quanto mi sembrava, la risposta tedesca, pur non potendo considerarsi soddisfacente, lascia iJ. campo aperto 3.il.la continuazione delle trattative private e che sarebbe quindi imprudente e dannoso di affretta.re questa polemica pubblica, quando ancora non è perduta la fondata speranza di poter giungere a un componimento. Mi sembrava sopratutto intempestivo che lo scontro venisse subito provocato nella seduta del Bureau di lunedì cioè in seno ad organo che ha competenze puramente procedurali.

Paul Boncour mi ha risposto che egli infatti non ha questo programma, ma che tutto dipendeva dall'attitudine e dalle parole del delegato tedesco. Ho quindi incaricato Soragna di parlllire con Nadolny che deve giungere domani e prospettargli l'opportunità di evitare battuta (come per esempio

Soragna ha avuto l'impressione che fra queste ultime Infrazioni figurerebbe soprattuttola nuova organizzazione delle prlncipall formazioni para-militari tedesche, per cui la fusione organica della Reichswehr con tal! formazioni potrebbe considerarsi un fatto compiuto costi· tuendo un poderoso unico esercito parte d! mestiere e parte di milizie :..

il solito appello all'obbligo del disarmo immediato da parte degli Stati potentemente armati) che provocherebbe gravi risposte da parte f·rancese, tenendosi strettamente sul modesto terreno dei dettagH procedura.Ji che costituiscono l'unica prerogativa del Bureau.

Dubito tuttavia che Nadolny non giunga col mandato imperativo di reclamare che all'ordine del giorno della commissione generale del 16 sia rimesso lo studio del piano britannico in quanto comporta misure di disarmo immediato. Ciò provocherebbe automaticamente la replica f•rancese di cui sopra a cui anche delegazione inglese sebbene più temperatamente finirebbe per dovere in qua.Jche modo associarsi.

A proposta di rinvio della data della commissione generale non è il caso di pensare, la g.rande maggio·ranza essendovi contraria e non possedendo neppure il Bureau la competenza per deciderla.

Il signor Cadogan, unico membro della delegazione britannica, conviene con noi nell'opportunità di evitare se possibile la minacciata polemica francotedesca.

Tuttavia le direttive precise saranno recate domani da:! signor Eden.

(l) Con t. 4046/152 R. del 6 ottobre Alolsl aveva comunicato: «Denunzia francese riguarderebbe In special modo certe Infrazioni verlflcatesl negll ultimi we mesi e che rivestirebbero carattere di gravità.

257

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, _SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

APPUNTO. Roma, 7 ottobre 1933.

L'Ambasciatore Graham è venuto a mostrarmi i teleg•rammi ricevuti da Londra nella questione del disarmo. L'impressione è stata che da parte tedesca ci sia una intransig·enza maggiore del previsto e che le ultime proposte tedesche allontanano anziché avvicinare la soluzione.

L'Ambasciatore chiede se abbiamo deciso l'atteggiamento da prendere.

Gli rispondo che stiamo esaminando la situazione.

Mi chiede ancora che cosa si sia risposto a von Hassell quando è venuto

9. presentare le osservazioni tedesche (1).

Gli ho detto che ho espresso a von Hassell la mia impressione che questo fosse un passo indietro anziché un passo avanti. Ho detto anche all'Ambasciatore «he avevo chiesto a von Hassell se veramente il Governo tedesco desiderava venire ad un accordo. EgU mi ha risposto che questa era assolutamente la volontà del Gove.rno tedesco, ed ha anzi insistito pe·rché continuassimo la nostra opera di mediazione.

Ho fatto presente poi all'Ambasciatore che l'impressione che abbiamo sul modo come si intende applicare a Malta il'ordinanza sugli stranieri, fa prevedere che ci saranno serie diff·icoltà. Ad ogni modo abbiamo detto al Console Generale di vedere se gli riusciva di mettersi d'accordo sul posto, altrimenti riferisca e tratteremo la cosa tra Governi.

23 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Riguardo ai debiti di guerra ho detto a;l Signor Graham che non abbiamo ancora tutti gli .elementi per prendere una decisione e dare una risposta alla richiesta del Governo inglese.

L'Ambasciatore ha trovato questo nostro atteggiamento naturale.

Per lo Yemen ho fatto presente alJ'Ambasciatore che conveniva che trattassimo al più presto la cosa fra i nostri Governi per ristabilire la situazione prevista dall'Accordo italo-inglese che è l'unica che dà garanzia di equilibrio e di tranquillità f,ra gli Stati arabi del Mar Rosso.

Il Signor Graham mi ha detto che ha assunto le informazioni del caso, ma la questione gli è parsa molto complicata. Egli chiede se non potremmo mandare noi un esperto a Londra o se desideriamo che venga un esperto a Roma. Mi sono riservato su questo punto.

(l) Cfr. n. 252.

258

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 21 settembre-7 ottobre 1933.

Questa volta a Ginevra l'azione poteva svolgersi in tre campi: il disarmo, l'assemblea e le relative commissioni, il memoriale danubiano.

Ne•l campo del disarmo non si presentava altra possibilità di quella di qualche sobrio e cauto lavoro di approccio: dopo i suggerimenti di V. E. e nell'attesa della risposta tedesca, ci si trovava in una battuta di aspetto, cui conveniva lasciar compiere il corso. S. E. Suvich ha iniziato i contatti. Io mi sono limitato successivamente a chiarire e sviluppare a quanti me ne hanno chiesto -e sono stati molti -i temi sulla questione del disa.rmo proposti da V. E. alla attività preparatoria di tutti.

Nel campo dei lavori dell'assemblea e deHe relative commissioni i risultati sono stati soddisfacenti. Dato il discorso di a.pertura del presidente Mohivnkol, rappresentante di un piccolo Stato, il quale sostanzialmente non ha sviluppato altro argomento politico che quello del Patto a quattro tessendone il noto elogio, i piccoli sono rimasti tutti ammutoliti. Non se la sentivano di far coro, e d'altra parte oramai non osavano più aprir bocca su tono dive•rso. E così c'è stata una giornata bianca per assenza di iscritti a parlare. Allora Sir John Simon ha deciso di dir lui qualche cosa al fine procedurale di rimettere la macchina in moto. E ha fatto così un discorso di assaggio su tutte le questioni in corso, senza pronunziarsi su nessuna, che ha perfettamente raggiunto lo scopo di vincere il punto morto. È seguito poi il discorso di Paul Boncour che ha sentito il bisogno di corrispondere in qualche modo all'attesa dell'assemblea per il promesso e poi mancato discorso di Daladier. È stato un buon discorso

n quale, oltre che a vieppiù ravvivare l'assemblea, ha detto qualcosa di più preciso che non quello di Simon. Ha fatto gli elogi del Patto e insieme della Società delle Nazioni, in cui quello si inscrive. Avuta l'imbeccata, i piccoli hanno allora iniziato la loro solita accademia.

Contemporaneamente, nel:le commissioni si svolgeva un lavoro che toccava in molti momenti qualche punto interessante. Così nella sesta si è avuto uno scontro coi piccoli Stati che, ridestati da una inopportunissima iniziativa tedesca, cercavano di portare all'ordine del giorno della assemblea la questione della estensione a tutti gli Stati del regime giuridico minoritario. In parte provocando ed in parte utilizzando Je reazioni francese ed inglese, siamo riusciti, dopo un paio di giorni di avvisaglie, a seppellire ogni velleità dei piccoli Stati. In questa schermaglia ed in altre minori avutesi nelle altre commissioni -su tutte le quali ho riferito a parte -la cosa notevole è s.tata la costante presenza dello spirito del Patto, che sembrava ispirare ogni mossa nostra, dei francesi e degli inglesi. Alcune volte i delegati francesi e inglesi vi hanno fatto esplicito riferimento nei loro discorsi. Da rileva.rsi, invece, la sordità costantemente rivelata dai tedeschi a tale riguardo.

Il campo dove c'era maggiore libertà d'azione, e dove quindi più si è potuto ottenere, è stato quello del memoriale danubiano.

In più di un colloquio con Beck, a cui ha partecipato anche Bastianinl, si è riusciti a vincere l'antica neghittosità polacca e ad interessare la Polonia alla soluzione del problema danubiano. Ma il maggior cammino s'è compiuto nei riguardi della Francia, riuscendo a cancellare le ultime tenaci riluttanze rimaste dopo Stresa .e a farle ufficialmente proclamare la sua adesione che, per quanto generica, ha tanto maggior valore in quanto autorizza a supporre una buona disposizione anche da parte delle altre Potenze della Piccola Intesa, con 1le quali da parte nostra si era già precedentemente spianata la via in colloqui separati con Benes e Titulescu, sui quali a suo tempo riferito a V.E. (1).

259

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, SILENZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4091/79 R. Malta, 10 ottobre 1933, ore 0,08 (per. ore 5,30).

Ho avuto stamane colloquio con questo governatore a cui ha preso parte anche luogotenente governatore. Mi ha comunicato condizioni alle quali egli è disposto concedere licenze contemplate articolo due ordinanza sugli stranieri che corrispondono quasi totalmente a quelle comunicate dall'ambasciata di Londra in seguito a conversazione con Foreign Office.

Per riduzione da farsi istituto Umberto I e per chiusura scuola Casal Paola mi ha confermato il termine massimo di nove mesi a condizione che l'applicazione venga fatta gradualmente durante quest'anno scolastico.

Gli ho dimostrato assoluta impossibilità applicare tale condizione che potrebbe soltanto essere effettuata per intero all'inizio prossimo anno scolastico.

Per scuola Casal Paola ho chiesto che dal luglio 1934 fosse mantenuta scuola arte e mestieri limitatamente agli ... (l). Pe'r Istituto culturale ho richiesto che pur limitando quadità soci agli italiani non vengano esclusi dal frequentare i locali sudditi inglesi.

Ho creduto inoltre far presente che disposizione della ordinanza per quanto riguarda coloro che esercitano o siano impiegati in aziende commerciali o di navigazione è in conflitto con l'articolo 13 paragrafo 4 del trattato di commercio e navigazione tra l'Italia e Gran Bretagna.

Governatore mi ha assicurato che non era sua intenzione violare in alcun modo il trattato di commercio e navigazione e che egli avrebbe preso in esame tale questione come pure quanto ~li ho prospettato relativamente alle scuole non appena avessi presentato un esposto su questi soggetti.

Gli ho risposto che avrei riferito mio Governo risultato questo incontro riservandomi avere con lui al più presto nuovo colloquio.

Malgrado che conversazione abbia avuto tono molto amichevole e che governatore abbia voluto dichiarare più volte non essere sua intenzione solLevare alcun conflitto per applicazione ordinanza, ho riportato impressione che egli ha ricevuto ordine di non cedere in nessun punto sostanziale della questione. Nondimeno sarebbe possibile ottenere che le condizioni imposte per nostre scuo,le siano dilazionate fino al l o luglio 1934 senza applicazione graduale [ottenendo] un periodo di tempo sufficiente per venire ad un accordo più favorevole. Qualora reputi opportuno V. E. che io acceda richiesta governatore di presentare nostre richieste per iscritto le potrei rimettere sotto forma di semplice esposto accompagnato da una lettera personale così come egli dopo il colloquio di stamane [mi ha rimesso] un «riassunto» delle condizioni che intende imporre alle nostre istituzioni e che trascrivo qui appresso tradotte:

Istituto cultura:

1° -Sarà concessa autorizzazione seguenti condizioni: soci saranno soltanto italiani; 2° -dovrà escludersi dalle sue attività qualsiasi forma di propaganda di carattere politico o controverso; 3° -governatore potrà nominare suo rappresentante socio istituto.

Scuola Umberto I:

1° -Sarà ristretta attività che svolgeva prima deLl'anno 1932;

2° -sudditi inglesi non saranno più del 50% degli alunni;

3° -25% insegnanti saranno inglesi;

4° -,riorganizzazione deve esser completata entro 9 mesi.

Scuola Casal Paola:

Licenza insegnanti subordinata condizione scuola venga chiusa entro 9 mesi.

Fasci e organizzazioni giovanili fasciste:

La licenza sarà accordata in modo che nessun inglese sia inscritto.

Parola inglese includerà le persone in possesso deHe due nazionalità inglese e italiana.

Due mesi sono accordati per ottemperare queste condizioni.

(l) Cfr. nn. 249 e 253.

(l) Gruppo lndeclfrato.

260

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, SILENZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4094/80 R. Malta, 10 ottobre 1933, ore 16,37 (per. ore 19,45).

Seguito telegramma n. 79 (1).

Ho avuto stamane coHoquio con luogotenente ctel governatorato per chiedergli chiarimenti circa la frase contenuta nel «riassunto>> inviatomi dal governatore che esclude dal Fascio e da organizzazioni giovanili tutti gli iscritti che hanno doppia nazionalità. Gli ho fatto presente che tale questione non era stata sollevata né a Roma né a Londra né durante colloquio di ie.ri. Mi ha spiegato che il Governo britannico considera sudditi inglesi i nati a Malta da genitori italiani benché abbiano facoltà rinunziare cittadinanza inglese alla maggiore età (18 anni). Mi ha infornpto che tale principio sarebbe valso anche per proporzione richiesta numero alunni istituto Umberto I. Gli ho fatto pvesente gravità provvedimento e serie conseguenze che ne deriverebbero poiché quasi totalità alunni e iscritti organizzazioni giovanili sono nati a Malta da genitori italiani. Gli ho detto che era assolutamente necessario che tale clausola fosse riesaminata perché applicazione equivaleva alla chiusura quasi completa nostre scuole ed organizzazioni giovanili. Infatti all'istituto Umberto I numero italiani nati in Italia è di 10 e non raggiunge 70 nelle organizzazioni giovanili. Mi ha risposto che governatore avrebbe riesaminato la questione non appena avessi presentato esposto.

261

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 1767/ 387-388-389 R. Roma. 10 ottobre 1933, ore 21-23 (2).

Imminenza suo colloquio con cancelliere riassumo situazione disarmo. A Ginevra pur senza fare precise dichiarazioni Neurath trattava sulla base dei

due periodi di quattro anni l'uno chiedendo per il primo periodo un campionario delle armi che in definitiva sarebbero state ammesse dalla convenzione: per il secondo periodo aumento della quantità delle armi che formano oggetto del campionario in modo tuttavia da rimane.re al disotto dell'armamento quantitativo dei paesi oggi armati.

Neurath ha specificato che campionario chiesto per primo periodo non dovrebbe essere limitato a due tre pezzi di ogni qualità di armi ma avere una estensione un po' maggiore.

Francia e Inghilter.ra si opponevano e si oppongono a qua~siasi forma di riarmamento sia qualitativo che quantitativo della Germania nel primo periodo a prescindere da aumento di armi permesse dai trattati che viene come logica conseguenza dell'aumento effettivi previsto da piano inglese. Ammettono campionario nel secondo periodo.

Noi abbiamo insistito perché già nel primo periodo alla Germania fosse dato qualche nuovo tipo di armi in quantità limitata specialmente con riguardo difesa antiaerea e completamento armamento un1tl1 nuova tormaztone. Più precisamente si pensava che alla Germania potrebbero essere concesse batterie antiaeree e limitato numero aeroplani caccia e osservazione, sia come complemento difesa antiaerea, sia come mezzo osservazione peT rettifica tiro artiglierie divisionarie.

Si pensava anche possibilità che alle divisioni di nuova formazione fosse concesso qualche tank di piccola portata.

Mentre questione batterie antiaeree non si urtava contro intTansigenza assoluta Francia e Inghilterra -e 1orse neanche quest1one concessiOne qualche carro armato -concessione aeroplani incontrava fortissima resistenza.

In tutto ciò il rappresentante americano ha tenuto contegno riservato, appoggiando in massima atteggiamento Francia e Inghilterra ma non dimostrandosi alieno qualche ulteriore concessione alla Germania.

In queste condizioni Neurath partito per Berlino riservandosi risposta che si sperava potesse servire avvicinamento tesi opposte.

Contemporaneamente ricevevo l'ambasciatore von HasseU e lo pregavo di farmi avere una indicazione di quelle che sono le richieste tedesche ridotte ai minimi termini per vedere se sulla base delle stesse eTa possibile ottenere un avvictnamento alle tesi francese e inglese.

Noto che a Ginevra Neurath aveva espresso l'opinione che su tutti gli altri punti fosse possibile l'accordo.

Sulla questione delle sanzioni era ed è tuttora in corso discussione tra francesi e inglesi, che porterà probabilmente a concedere qualche soddisfazione apparente ai francesi senza che l'Inghilterra e l'Ame,rica, e per conseguenza neanche le altre Potenze assumano nuovi impegni sul continente.

La nota tedesca (l) consegnata qualche giorno addietro a noi e all'Inghilterra presenta invece il punto di vista germanico sotto un nuovo aspetto e dà l'impressione di un irrigidimento su posizioni che si ritenevano superate. In complesso la nota germanica non accetta Ja distinzione dei due periodi (se non per ragioni pratiche che interessano gli Stati che devono disarmare) e

domanda l'immediato riarmo. Il periodo di tempo in cui dovrebbe avvenire il disarmo verrebbe limitato a cinque anni anziché agli otto previsti dal progetto ora in discussione. Tale riarmo consisterebbe nella facoltà concessa alla Germania di avere tutte quelle armi, in quantità illimitata, che saranno riconosciute agli altri Stati senza alcuna limitazione. Per quelil.e armi invece che gli altri Stati potranno possedere, ma in quantità limitata, la Germania accetta nei cinque anni di avere un quamtitativo minore degli altri. Dopo i cinque anni la Germania vuole la libertà assoluta.

È chiaro che dato l'atteggiamento assunto dalla Francia e daHa Gran Bretagna una proposta in questa forma non potrebbe costltulre una oase di discussione. Va rHevato però che tanto ambasciatore von Hassell nel presentare la nota, quanto successivamente la stampa tedesca hanno messo in rilievo che le proposte non sono rigide ma rappresentano un punto di partenza sul quale la Germania accetta la discussione.

Questo il riassunto della situazione a tutt'oggi. Ritengo ora necessario fare un passo per uscire dal vicolo cieco in cui ci troviamo. La possibilità del successo di tale passo dipende daHa Germania. Ella potrà far valere verso il cancelliere le seguenti considerazioni:

Necessità di un accordo sul disarmo che deve calmare il nervosismo oggi esistente in Europa e nel mondo e ciò nell'interesse di tutti, ma particolarmente della Germania che ha un compito di ricostruzione interna più poderoso degli altri.

Pensare che fallendo la confexenza o protraendosi indefinitamente i lavori la Germania possa trarne vantaggio per continuare a sviluppare il suo riarmamento come sta facendo attualmente, è -credo -una illusione. Il giuoco apparirebbe evidente e data la posizione assunta da Francia e Inghilterra non sarebbe tollerato.

È difficile di:re oggi quali sarebbero i mezzi a cui la Francia ed altri paesi che seguono la sua politica ricorrerebbero, ma non pare probabile che possano attendere passivamente riarmo Germamia.

È chiaro che richiesta controllo dell'articolo 213 o altre sanzioni più gravi, come occupazione Renania, potrebbero scatenare conflittL

Interesse Germania è di ottenere un moderato e progressivo riarmamento in co·rrelazione con la limitazione e la necessaria riduzione degli armamenti altrui. Solo così in una base di buon senso e di realismo pratico la Germania potrà avere i consensi necessari per giung,ere ad un adeguamento dei suoi e degli armamenti altrui e quindi mettersi suLla via che le permetta di tradurre gradualmente in pratica il principio della parità di diritto.

Tenuto conto stato d'animo attuale contro terzo Reich può apparire opportuno che primi anni richieste Germania siano particolarmente modeste.

Su questa base avrei pensato alla possibilità di un sistema di riarmo graduale della Germania in modo che la convenzione possa stabiUre che la Germania arriverebbe alla fine deH'ottavo anno con uno stato di armamenti non troppo inferiore a quello degli altri. A titolo più esemplificativo che altro, le indico gli elementi di tale piano che, se la Germania sia d'acco,rdo, si potrebbe cercare di fare accettare dalla Francia e dall'Inghilterra. Secondo tale piano il primo anno alla Germania sarebbe concesso il doppio delle armi accordatele da Versailles; il secondo anno un numero x di batterie antiaeree; il terzo anno un minimo di servizi tecnici complementari delle divisioni di aeroplani da osservazione, piccole tanks ecc.; il 4° e il 5° anno un campionario delle altre armi ammesse dalla Convenzione; il 6° e il 7° anno 11 doppio di taJle campionario; 1'8° anno un campionario triplo. Contemporaneamente e in relazione a tali concessioni di ordine qualitativo alla Germania, si stabilirebbero fin dal primo anno le seguenti misure di disarmo:

A partire dal primo anno l'abolizione del bombardamento delle popolazioni civili e della guerra chimica; e a partire dal quarto anno, e in ragione progressiva fino all'ottavo anno, l'abolizione g,raduale delle armi non consentite dalla convenzione a cominciare dai cannoni, tanks ed aeroplani più potenti. Nel terzo anno si indirebbe la riunione di una conferenza per esaminare la situazione e il funzionamento del controllo.

Gli elementi di questo piano sono riprodotti schematicamente su un quadro che le invio per corriere.

Devo insistere sul fatto che sarà oltremodo difficile di ottenere il consenso della Francia e dell'Inghilterra a questo piano che ammette e realizza il riarmamento qualltativo della Germania fino dal secondo anno, e con ritmo progressivo.

Se il cancelliere entrasse in tale ordine di idee, io inizierei subito le pratiche con gli altri paesi e non escludo di indire allo scopo una riunione dei quattro ministri degli esteri (con gli americani come osservatori) sulla base del patto a quattro.

Bisognerà ottenere in tale caso che la riunione della conferenza indetta per il 16 ottobre sia .rinviata. Attendo al più presto di conoscere il risultato del suo colloquio (1).

(l) -Cfr. n. 259. (2) -Le tre parti di cui è composto il telegramma furono spedite fra le ore 21 e le ore 23.

(l) Cfr. n. 255.

262

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH. ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, LOJACONO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, BERARDIS

T. 1769 R. Roma, 10 ottobre 1933, ore 24.

(Per Ankara): Ho telegrafato alla R. ambasciata in Mosca quanto segue:

(Per Mosca): Teleg.ramma R. ambasciata n. 158 dell'll settembre u.s. <2).

(Per tutti): Secondo nostre informazioni continua attività Tewfik Ruschdi bey per arrivare a concludere patto Mar Nero. Scopo principale che si prefiggerebbe Turchia sarebbe quello di fungere da mediatrice Rumenia e U.R.S.S. pEr soluzione definitiva della questione bessarabica, il che faciliterebbe riavvicinamento politico Turchia a Piccola Intesa.

Prego V. S. voler comunicare quanto precede a Litvinoff chiedendogli in pari tempo se da parte sovietica si hanno ulteriori notizie circa intenzioni di Tewfik Ruschdi bey e portata generale suoi piani politici.

V. S. vedrà poi di trovare l'occasione di conoscere pensiero codesto Governo sopratutto per quanto concerne azione che Litvinoff conta svolgere ad Ankara (Ì.).

(l) -Per la risposta cfr. n. 265. (2) -T. rr. per corriere 3805/158 R., non pubbl!cato: riferiva circa una conversazione avuta con Litvinov sulla <<attività pattologica >> di Tewflk Ruschdi bey.
263

IL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 105/40. Ginevra, 10 ottobre 1933.

Ambasciatore Sato è venuto farmi lunga visita stamane. Conversazione si è svolta tutta sull'argomento del disarmo. Visita ebbe lo scopo di ricordare a noi e, attraverso noi, agli altri, (pur con tutto il delicato riserbo di cui è capace il signor Sato) che, se le conversazioni in corso fra le quattro Potenze sboccassero in un eventuale accordo, e quest'accordo si estrinsecasse in clausole non accettabili per il Giappone, questi avrebbe avuto il dolore di doversi astenere dalla firma della Convenzione, pur non nascondendosi che tale atteggiamento avrebbe potuto avere conseguenze non indifferenti per l'esistenza della Convenzione medesima.

Ora, il signor Sato ha dichiarato, rifacendosi alle sue dichiarazioni in Conferenza della scorsa sessione, che il Giappone non può accettare alcuna forma di controllo permanente ed automatico sul ,luogo; nessun impegno. di disarmo o limitazione navale o qualsivoglia altro accordo navale ricollegato ai Trattati di Washington e Londra; alcuna uniformazione o riduzione degli effettivi; alcuna rinuncia al bombardamento aereo; alcuna rinuncia alla costruzione dei cannoni di calibri che gli altri hanno e di cui il Giappone non è a sufficienza provvisto; alcuna forma di sanzione, anche se ridotta a1la semplice formalità di una consultazione.

Non controllo: prima, perché idea inaccettabile alla coscienza nazionale e militare giapponese, e, in secondo luogo; perché mai e poi mai lo si potrà applicare seriamente ai suoi due vicini, la Russia e la Cina; di modo che il Giappone verrebbe a trova,rsi in uno stato di pericolosa inferiorità.

Nessun impegno navale: e Je ragioni sono abbastanza evidenti, se si pensa alla drammatica impopolarità dei Trattati navali in Giappone, ed alla sua ferma intenzione di fruire della parità navale allo scadere dei trattati stessi.

Non riduzione o uniformazione dell'esercito. Il Giappone ha bisogno di soldati ben addestrati per un sufficiente periodo, e non di una milizia a breve termine; ha bisogno di molte truppe e di abbondanti riserve istruite. Quando

la tranquillità fosse ricondotta in Estremo Oriente, sopiti decisamente gli odii colla Cina e i divarii colla Russia, assestato anche internazionalmente lo Stato mancese; e, finalmente, consacrato tutto ciò in chiari e buoni .trattaU; allora soltanto potrebbe pensa.re ad una riduzione.

Non rinuncia al bombardamento aereo. Di quest'arma, formidabile conln'o le grosse navi ed efficacissima nelle operazioni militari terrestri per le grandi distese orientali, H Giappone non può fare a meno fin che non siano abolite le navi capaci di minacciare le sue coste ed U naviglio portaereo dei rivali; e finchè non sia compiuta la pacificazione in Estremo Oriente, come detto sopra.

Le stesse ragioni si applica-no al caso delle artiglierie. Quanto alle sanzioni ed alla consultazione, l'opinione pubblica giapponese, mi ha detto fermamente il signor Sato, ha troppo acerbo il ricordo dell'andamento e degli effetti delle «consultazioni » di Ginevra, perchè la sola parola di «consultazione internazionale», e, peggio, di eventuali sanzioni, non abbia a sollevare la più netta ostilità.

V. E. vede che il parlare del signor Sato non era molto incoraggiante. Però avendo compreso che aveva incontrato presso gli inglesi e gli americani, nell'esposizione di queste riserve (quando le aveva presentate a Ginevra e a Londra, e, l'altro giorno, al Presidente Henderson) una certa secchezza e rigidità, di cui era malcontento, ho creduto utile di abbondare invece nel dimostrargli il vivo interesse che portavamo alla posizione del Giappone nonchè il fatto che mai un momento avevamo perso di vista, nel corso delle trattative, le condizioni specialissime in cui si trova; e che, per quanto stava in noi, avremmo cercato ogni via per .rendergli possibile di non dover incorrere nella spiacevole responsabilità di silurare, all'ultima ora, quel qualsiasi accordo a cui si fosse per giungere.

Il Signor Sato si è congedato ringraziandomi caldamente, e mi è parso veramente soddisfatto della deferenza e buona volontà mostratagll dalla Delegazione Italiana, in un momento in cui egli si sente molto isolato.

La persistente attitudine negativa del Giappone, pur non presentandosi come un elemento che interessa immediatamente le trattative in cui siamo impegnati, merita in ogni modo di essere tenuta presente per l'importanza e la gravità che può assumere in una seconda fase.

(l) Berard!s rispose con t. 4185/174 R. del 18 ottobre, riferendo che per il momento 11 Governo sovietico non si era opposto all'attività d! Tewfik Ruschd! bey nel Balcani.

264

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 11 ottobre 1933.

Questo Incaricato d'Affari d'Austria è venuto a vedermi. Riassumo qui di seguito la comunicazione da lui fattami a voce. Contrariamente a quanto è asserito dal Ministero degli Affari Esteri tedesco, che cioè i rifugiati austriaci vengono internati in campi di lavoro in

Germania al solo scopo di mantenere l'ordine e la sicurezza all'interno del Reich e sopratutto alla f·rontiera austro-tedesca, le informazioni pervenute al Governo federale non lasciano alcun dubbio che quei rifugiati ricevano un'istruzione militare nei campi suddetti, specie in quello del Monastero di Lechfeld, e che anzi dei gruppi formati da rifugiati, dopo tale istruzione, v·engano impiegati Ln servizio armato di frontiera in vari settori della frontiera austro-bavarese.

Il Governo federale avrebbe il maggiore interesse a conoscere quali sono le informazioni che il Govemw italiano possiede circa la Legione austriaca in Germania, la sua istruzione, il suo impiego e il suo scopo. Il Governo federale non si servirà in alcun modo all'estero di quello che verrà a sapere a tal riguardo; egli s'impegna fin d'ora di servirsi di queste informazioni esclusivamente per controllare quelle che egli stesso ha ricevuto e per regolare il suo atteggiamento in questa quistione.

Il Governo federale sarebbe particolarmente grato al Governo italiano di volere, a mezzo dei suoi Rappresentanti in Baviera, far stabilire il reale stato delle cose in questa quistione che interessa non soltanto l'Austria ma anche, indirettamente, la pace europea.

Analoghe istruzioni sono state impartite alle Legazioni d'Austria a Londra e a Parigi.

265

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4126/628 R. Berlino, 12 ottobre 1933, ore 22 (per. ore 5,45 del 13).

Telegrammi di V. E. nn. 387, 388 e 389 (1).

Prima di entrare dal cancelliere che mi ricevette in presenza di von Neurath ebbi una brevissima conversazione con quest'ultimo il quale mi disse che notizie giunte a Berlino circa colloqui di Simon con l'ambasciatore di Germania e Londra non facevano che confermare noto atteggiamento britannico nella questione del disarmo.

Dissi al cancelliere che dall'esame ieri compiuto con Neurath della situazione disarmo era risultato che quanto risulta a Roma collima con quanto si sa a Berlino. Svolsi quindi considerazioni indicatemi comunicando infLne termini proposta di V. E. di cui rilasciai a Hitle.r un appunto. Cancelliere prese visione della proposta e ne .rnevò una lacuna. Nel primo anno si sarebbe dovuto concedere alla Germania il doppio numero di armi accordatele dal trattato di Versailles. Ora se la Reichswehr di 100.000 uomini -esercito di soldati di mestiere che valevano almeno quattro volte ogni altro esercito a breve ferma, ed esercito che escludeva riserve -sostenendosi sostituzione di milizia a ferma

di pochi mesi, era evidente che sarebbero occorse per le riserve che egli calcolò a 150 mila uomini all'anno, i necessari fucili, i quali moltiplicati per gli otto anni della convenzione ammontavano a un milione duecentomila fucili, vale a dire ad un milione di più di quelli menzionati nella proposta rimessagli.

Mancavano inoltre i cannoni leggeri da 35 o 40 m/m di difesa contro tanks.

Alla mia osservazione che, come gli avevo detto, V.E. aveva indicato gli elementi del suo piano a titolo più che altro esemplificativo, Hitler rispose che ciò era giusto ma che sarebbe stato allora utile attendere che io potessi rimettergli subito quadro completo di cui mi era stato annunziato invio per corriere. Egli lo avrebbe subito sottoposto al più attento esame non solo personale ma anche da parte dei competenti ministeri.

Hitler mi domandò quindi se V. E. credeva che Francia e Inghilterra avrebbero accettato quel piano.

Gli ripetei che V. E. non si nascondeva le forti opposizioni che avrebbe incontrate e colsi l'occasione per insistere sopra atteggiamento recisamente negativo di Londra nei riguardi degli aeroplani; von Neurath confe,rmò che Inghilterra si mostrò al ,riguardo più intransigente che Francia. Spiegai nuovamente a Hitler come V. E. nei tenaci sforzi che sta facendo per trovare una soluzione soddisfacente per tutti, aveva pensato di ottenere che fosse concesso alla Germania un certo numero di aeroplani per lo meno sotto la forma di strumenti bellici difensivi facenti parte del complesso di armi tecniche di cui devono disporre le divisioni di eserciti moderni. In questa categoria di armi pensavo che avrebbero eventualmente potuto essere compresi i cannoni di trincea menzionati dal cancelliere.

Ciò che occorreva era di sapere se egli entrava nell'ordine di idee dell'E. V., cosa che le era indispensabile conoscere per poter iniziare conversazioni con Parigi e Londra. Cancelliere ripetè che doveva riservarsi di studiare il piano completo.

Poiché von Neurath, nel colloquio di ieri circa il quale riferii brevemente per telefono a S. E. Suvich, ed anche oggi, aveva menzionato meco impossibilità per la Germania di accedere all'estensione della convenzione per la durata dì otto anni, ricordando come proposta MacDonald, fatta neJ marzo scorso, cioè posteriormente all'avvento al potere di Hitler, fosse limitata a cinque anni, credetti opportuno procurare di chiarire questo punto importante, chiedendo al cancelliere se egli poteva almeno dare suo consenso a tale durata menzionata nel piano di V. E. Cancelliere mi diede una risposta evasiva e alzando poi man mano la voce sino ad eccitarsi notevolmente ed a gridare fece una vera e propria sfuriata contro la Francia rinfacciandole sua malafede nel far credere alla propria opinione pubblica ed a quella del mondo intero che la Germania abbia intenzioni aggressive. Due sole questioni separavano oggi Francia e Germania; la prima delle quali era quella della restituzione alla .Germania delle sue colonie che non era di attualità. Seconda, quella deLl'evacuazione del territorio della Sarre, poteva essere risolta anche prima della sua scadenza naturale con una intesa amichevole. Era assurdo parlare di rivendicazioni tedesche sull'Alsazia Lorena, regione infida sia per i francesi che per i tedeschi, di cui Germania non voleva più sapere. Egli non avrebbe certo mai sacrificato la vita di 30.000 soldati della Westfalia per ric:':lquistare tale regione che tutto al più potrebbe essere dichiarata autonoma. Nella sua irritazione che pose in evidente disagio von Neurath, Hitler inveì contro la Francia anche per le fortificazioni compiute al confine tedesco dicendo che era semplicemente folle di spendere tanti denari per simili opere. Credetti osservare che ad ogni paese doveva essere riconosciuto il diritto di fare quant~ credesse meglio per impedire che il proprio territorio fosse invaso. Francia che aveva subito tutti gli orrori dell'invasione doveva evitare simile pericolo per avvenire ed era comprensibile che suoi governanti considerassero questo compito come queUo [più] importante e non badassero a spese in proposito. Hitler riacquistò una ce,rta calma, osservò che anche Germania aveva avuto invasa per qualche tempo Prussia orientale ed Alsazia Lorena ed aggiunse che for·tificazioni francesi erano in fondo state erette più che per difendersi contro Germania, per poter sguarnire questa frontiera ed impegnare eserciti francesi in una guerra contro l'Italia o Inghilterra. Era sopratutto pensando alla guerra contro di noi che i francesi avevano fortificato la propria frontiera verso il Reno. Cancelliere si lasciò poi nuovamente andare ad un vivace soliloquio durante il quale espose la teoria che se non si fosse potuto raggiungere un accordo circa il disarmo, Germania non avrebbe dovuto preoccuparsi eccessivamente per le conseguenze eventuali, giacché il peggio che avrebbe potuto accaderle sarebbe stato che Francia avesse ricorso a sanzioni occupando parte del suo territorio. Egli quasi quasi se lo augurava .perché in tal caso Germania si sarebbe finalmente liberata del trattato di Versailles. A questo proposito Hitler dichiarò che se egli fosse stato a capo del Governo nel 1919 non avrebbe accettato l'obbrobrioso armistizio, avrebbe combattuto sul Reno, su una linea più arretrata per salvare l'onore della Germania. Ciò premesso, aggiungeva, egli considerava per altro assurda la guerra che era stata combattuta poiché la Germania non avrebbe mai dovuto accordare il proprio appoggio all'Austria-Ungheria dato che questo Stato era maturo per il disfacimento e che non era davvero il caso ve.rsare del sangue tedesco per conservare due provincie ibr,ide come l'Alsazia Lorena.

Egli era stato degente per ferite in un ospedale alsaziano e conservava tuttora un rico.rdo tristissimo della mancanza di patriottismo di quella regione.

Colloquio odierno mi lasciò perplesso perché Hitler, senza alcuna ragione, perdette la calma che ogni uomo di Stato deve consevare e fece dichiarazioni che dimostrano come, sia per impulso proprio, sia perché mal consigliato, non sarebbe in fondo alieno dall'auspicare quasi il fa.llimento della conferenza del disarmo.

Suo linguaggio non fu né saggio né cauto e dimostrò soprattutto che Hitler non si rende conto che, coll'avere apposto firma al patto a quattro, egli si è impegnato a collaborare alla pacificazione del mondo. Egli, come molti tedeschi, pensa unicamente a liberarsi del trattato di Versailles senza vedere i pericoli che sovrasterebbe.ro alla Germania non solo da parte della Francia ma anche dell'est.

Quanto al piano di V. E. mi sembrò che egli non ne sia rimasto male impressionato. Domani cercherò di vedere von Papen che potrà forse influire sul ministro della guerra.

(l) Cfr. n. 261.

266

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 12 ottobre 1933.

Chambrun mi ha detto di aver mandato due telegrammi al suo Ministro, nei quali lo metteva al corrente di quanto V. E. gli ha comunicato nei colloqui di ieri l'altro (1). Mi ha detto di ave·rgli riferito in uno dei due telegrammi che

V. E. lo aveva felicitato pel discorso di Daladier e gli aveva espresso il suo stupore per la cattiva accoglienza della stampa tedesca; che V. E. gli aveva dato notizia della visita che il nostro Ambasciatore a Bedino avrebbe fatto ad Hitler per chiedergli di precisare i punti essenziali dell'impreciso memorandum tedesco sul disarmo; infine che, ancora in tema di disarmo, V. E. gli aveva espresso l'opinone che la Francia si mostrava troppo arrendevole per l'avvenire e troppo intransigente per il presente e che le convenisse invece indursi a qualche piccola concessione presente pe·r placare il desiderio tedesco di immediata applicazione della parità dei diritti e viceversa frenarsi nelle eccessive concessioni previste per il secondo periodo.

In un secondo telegramma mi ha detto di aver riferito l'opinione di V. E. che il l'egime hitleriano in Germania è da considerarsi stabile e che quindi è per tutti necessario non perdere di vista ta~e realtà di fatto.

Venuti a parlare del momento politico gli ho detto che quel che importa ora è giungere ad una convenzione sul disarmo, ispirata ai principi esposti da v. E. che faccia uscir tutti dall'attuale disagio.

Gli ho sbozzato un parallelo col Patto a quattro. Così come per questo

V. E. ha più volt·e dimostrato come fosse necessario non lesina.re sulle picco.le concessioni pur di poter conservare le linee generali di una idea, così anche per il disarmo occorre seguire una tattica analoga. Con che potremo sperare finalmente dì riuscire a liberare il campo internazionale da questo pericoloso ingombro, riassorbendolo nel Patto che tende ad inquadrare tutta la politica generale europea e che dalla risoluzione e sistemazione di questa prima spinosa questione usc.irebbe collaudato rafforzato e oramai lanciato verso i suoi ulteriori sviluppi.

Dopo di che ho creduto opportuno accennargli all'idea sulla quale insieme con S. E. Suvich ho intrattenuto ieri V. E., la quale consentirebbe da un lato di superare la ripulsione tedesca ad ammettere un periodo di prova e dall'altro di mettere in pratica il principio esposto da V. E. di concedere di più all'inizio, rallentando la progressione in modo di concedere di meno alla fine.

Chambrun ne ha preso atto e mi ha chiesto consiglio sul da fare. Gli ho risposto che ritenevo che dovesse pel momento contenta.rsi di attendere che

V. E., saputo il risultato delle conversazioni di Cerruti con Hitler, si fosse degnata di comunicarmi le Sue istruzioni.

(l) Non si è rinvenuto il verbale di tali colloqui.

267

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI EBTERI, MUSSOLINI

T. 4131/630 R. Berlino, 13 ottobre 1933, ore 19,10 (per. ore 24).

Mio telegramma 628 (1).

Mi sono intrattenuto lungamente con von Papen esponendogli serietà situazione e procu11ando prospettargli pericoli di un insuccesso nella questione del disarmo. Gli ho fatto conoscere ultime proposte conciliative di V. E. (2) e gliel'ho spiegate.

Von Papen non ha .fiducia nella conferenza di Ginevra e crede che si debba discute,re del disarmo nel quadro del patto a quattro. Entrando in merito delle proposte di V. E., vice cancelliere osservò che consenso della Germania nell'armamento quantitativo sarà facile ad ottenere anche se quest'ultimo dovesse essere assai limitato. Viceversa egli considera che avendo Germania ottenuto riconoscimento pa,rità diritti nel dicembre u.s. essa non può ora in nessun caso ammettere che dopo quattro anni o anche dopo solo due anni di cosiddetta prova le altre Potenze debbano stabilire se Germania si sia comportata saggiamente o meno, dandole nel primo caso e negandole nel secondo il premio di procedere ad un graduale riarmo qualitativo.

Si tratta questione di prestigio che per essere essenzialmente politica può essere compresa meglio e più opportunamente discussa fra le Po.tenze firmatarie del patto a quattro con intervento di un osservatore americano.

Germania potrà firmare facilmente qualsiasi convenzione purchè venga stabilito fin da ora irrevocabilmente che dopo un primo periodo destinato trasformazione Reichswehr in milizia breve ferma essa potrà procedere alla costruzione delle altre armi permesse a tutti, ancor·chè in numero limitato. Deve però essere ben chiaramente escluso qualsiasi ulteriore consenso o divieto e quindi la convocazione dopo due, t11e o quattro anni di una nuova riunione o conferenza, dato che essa sarebbe contraria al principio di parità di diritti.

Poichè von Papen aveva menzionato .ripetutamente patto a quattro non gli nascosi che mia impressione persona,le era che Governo tedesco non avesse compreso quale fosse il vantaggio che la Germania avrebbe potuto trarre da una propria politica fatta strettamente neU'orbita del patto stesso.

Menzionando quanto Hitler mi aveva detto ieri riguardo problema della Saar, unico attualmente che costituiva una causa di malintesi con la Francia, osservai che se il cancelliere anzichè discutere come fece un paio di mesi fa tale questione in un pubblico comizio avesse subito dopo la firma del patto a quattro espresso desiderio di discorrere amichevolmente con la Francia in una nuova atmosfera di intesa, Germania avrebbe migliorato di molto sua situazione internazionale.

Von Papen rispose che nulla impediva farlo anche ora ancorchè fosse

tardi.

Vice cancelliere mi informò che già domani in una seduta di comitato avrebbe dovuto essere reso noto a Ginevra punto di vista comune franco-angloamericano. Gli feci presente che questa era una ragione di più per conoscere d'urgenza quale accoglienza contava fare il cancelliere alle proposte di V. E. ieri comunicategli.

Von Papen che uscì meco pe,r recarsi ad una seduta del Gabinetto mi promise di insistere per una decisione sollecita.

(l) -Cfr. n. 265. (2) -Cfr. n. 261.
268

IL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4132/175 R. Ginevra, 13 ottobre 1933, ore 19,20 (per. ore 22,30).

Progetto inglese di ordine del giorno di cui al mio telegramma n. 173 (l) è stato abbandonato e sir John Simon stamane non me ne ha neppure parlato. Egli mi ha detto che si limiterà ad esporre al Bureau a quale punto si trovano le trattative, e si è mostrato sopratutto ansioso di sapere i risultati delle conversazioni di Roma e le dedsioni del Consiglio che si tiene oggi a Berlino ed a cui è stato chiamato a partecipare Nadolny.

Quanto a Norman Davis eg:li è soprattutto preoccupato di evitare qualsiasi inacerbimento o qualsiasi divisione di f,ronti che, provocando la rottura dei negoziati, influirebbe dannosamente sulla sua posizione personale e sul suo prestigio. Egli mi ha lasciato trapelare inoltre il timore che V. E. indirizzi le trattative sulle rotaie esclusive del patto a quattro escludendolo così da'l giuoco. Perciò in una lunga conversazione mi ha spiegato che egli vedrebbe con molto piacere il patto a quattro entrare in piena funzione per risolv;ere la questione del disarmo, ma che riteneva opportuno e necessario farci intervenire anche l'America per esempio sotto l'egida della formula: i quattro più l'America. Mi ha fatto comprendere che egli starebbe al nostro fia;nco per darci man forte e che non ci saremmo pentiti di averlo vicino in una non facile partita (2).

269

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA

T. 1786/102 R. Roma, 13 ottobre 1933, ore 22.

Trasmetto separatamente risultato colloquio Hitler-Cerruti e mio telegramma inviato ambasciata Berlino <3). Tali condizioni non è assolutamente

opportuno ,rompere trattative mettendo conferenza di fronte irreparabile. Veda dopo aver preso accordi con Norman Davis persuadere Simon e Boncour necessità non sollevare attuale fase bureau e conferenza il grosso della questione, ma trovare opportuni espedienti per ottenere un rinvio che ci dia qualche settimana di tempo al fine di tentare ottenere un accordo almeno di massima.

(l) -Con t. 4124/173 R. del 12 ottobre Soragna aveva comunicato che Norman Davis gli aveva «confidato che delegazione inglese sta preparando per il 16 un ordine del giornodi cui ignora particolari ma che egli ritiene non buono perché potrebbe pTovocare rottura>>. (2) -Rosso comunicò con t. 4207/506 R. del 19 ottobre di aver avuto una conversazione col sottosegretario di Stato e di aver avuto «impressione che dal giorno della conversazione Davis-Soragna attitudine americana ha subito cambiamento e che Governo degli Stati Uniti si troverebbe molto imbarazzato qualora venisse invitato a prender parte a quelle conversazioni che, in un primo tempo, stesso Davis sembrava voler incoraggiare >>. (3) -Cfr. nn. 265 e 261, che furono ritrasmessi a Ginevra rispettivamente con il t. 1788 R. e con il t. 1796 R., entrambi del 14 ottobre.
270

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

APPUNTO. Roma, 13 ottobre 1933.

Sir Ronald Graham è venuto a mostrarmi il telegramma ricevuto da Londra in seguito ana conversazione tra Simon e l'Ambasciatore von Hoesch.

Simon gli ha detto che quando ha ricevuto le osservazioni tedesche, si è limitato a fare alcuni apprezzamenti generici pur dando espressione alla impressione sfavorevole che gli faceva .la comunicazione del punto di vista tedesco.

Ora, dopo avere esaminato dettagliatamente la cosa e discusso cogli altri membri del Governo, può dirgli che le proposte tedesche che chiedono un riarmo immediato della Germania sono inaccettabili. Con tale passo il Governo germanico non si avvicina alla intesa ma si avvia invece verso la ro.ttura delle trattative.

Simon chiede che queste impressioni siano comunicate al Governo tedesco invitando.lo a riconsiderare la questione.

L'Ambasciatore von Hoesch ha fatto presente che le osservazioni tedesche tengono conto del fatto che, secondo le recenti proposte franco-inglesi, la Germania dovrebbe attendere la speranza futura di un disarmo.

Simon afferma che ciò non risponde a realtà perchè secondo tali proposte le misure di disarmo sarebbero incorporate nella convenzione stessa e stabilite fin dal momento della sua firma.

Sir Ronald Graham mi chiede che esito ha avuto la conversazione con Hitler che doveva aver luogo ieri (l) e di cui gli ha parlato il Capo del Governo nel recente colloquio.

Gli rispondo che la conversazione con Hitler si è mantenuta su linee molto generali. Si era chiesto al Cancelliere di precisare le intenzioni della Germania riguardo alle proposte su cui si era discusso a Ginevra (lasciando da pa.rte le ultime comunicazioni tedesche che non possono formare base di discussione). Si erano anche indicate le facilitazioni che erano state considerate, sia da parte inglese con l'abbreviazione del termine, sia da parte nostra col proporre già nel primo periodo la concessione delle armi per la difesa antiaerea e quale complemento dei servizi tecnici delle unità di nuova costituzione.

24 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Si è molto insistito perché il Cancelliere si renda conto della delicatezza del momento e tenga le proprie richieste per i primi anni nei termini pift modesti.

Il Cancelliere ha insistito su quelle che sono le questioni di principio della Germania, ormai conosciute.

Ha detto di avere bisogno, per esprimersi, di trovarsi di fronte un piano concreto e ha invitato il nostro Ambasciatore a prendere contatto coi ministri tecnici per arrivare ad un chiarimento.

La situazione quindi non è per nulla compromessa e le conversazioni del nostro Ambasciatore a Berlino continuano. Sir Ronald mi osserva però che il tempo stringe :perchè domani c'è il Bureau e lunedì la conferenza. Gli faccio presente che in queste condizioni bisogna assolutamente ottenere un rinvio dei lavori per avere tempo di proseguire i negoziati.

Faccio vedere a Sir Ronald la nota tabella relativa ad un possibile piano di disarmo, osservandogli che è un lavoro fatto soltanto per nostri fini interni. L'Ambasciatore mi dice che la cosa gli pare interessante e ritiene che sia

una base pratica per discutere.

Mi comunica ancora che notizie ricevute da Berlino fanno intravedere la possibilità che la Germania si ritiri dalla Conferenza del disarmo. Anzi, per una decisione .in merito di tale possibilità avrebbe !luogo oggi una riunione di Hindenburg col Gabinetto.

Sir Rona,ld Graham aggiunge però che queste notizie non gli paiono fondate. È sua opinione però che i tedeschi non vogliano venire ad un accordo e vogliano far fallire la conferenza.

Graham ritiene che l'America si orienti verso la concessione alla Germania degli «stamples ».

Henderson sarebbe favorevole a fare un accordo anche in caso che la Germania uscisse dalla confe,renza; 'la Francia è invece contraria; probabilmente lo saranno anche gLi altri.

Mi chiede cosa si farà per il rinvio dei lavori di Ginevra.

Gli rispondo che daremo immediatamente istruzioni al nostro delegato a Ginevra per prendere accordi al riguardo coi rappresentanti delle aLtre Potenze.

(l) Cfr. n. 265.

271

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 13 ottobre 193!.

È venuto a visitarmi il barone de Bassompierre, Ambasciatore del Belgio in Giappone, di passaggio per Roma nel suo viaggio di ritorno a Tokio. Mi ha riferito i due colloqui che egU ha avuto a Bruxelles prima della partenza: uno col Conte de Broqueville e successivamente uno col Re Alberto.

Il Conte de Broqueville, suo amico, gli ha detto di aver r1por.tato dal suo viaggio a Roma una straordinaria impressiOiile di V. E. Egli è COiilvinto che oramai m Europa non v'è che un solo uomo nel quale si possa aver fiducia e che abbia il potere di assicura:re all'Europa la pace e alle singole Nazioni la possibilità della ripresa e successivamente di un autonomo svHuppo. Broqueville era così •Compreso di quanto diceva che ha conf,idato al mio amico Bassompierre di aver deciso di imprimere da ora innanzi alla politica del suo paese un indirizzo ispirato alla concezione ed all'esempio di V. E. Bassompierre commentava dicendo che aveva visto il Presidente del Consiglio partire per Roma pessimista e ritornarne ottimista.

Nella successiva visita a Re Alberto, Bassompierre, per sua natura ~ncline a veder ne.ro, era stato colpito di trovare anche nei discorsi del Sovrano, strettamente connessi, una nota di ottimismo e il nome di V. E. Re Alberto non crede alla guerra perchè la Germania non può farla e perchè comunque c'è

V. E. ad impedire una catastrofe (1).

272

APPUNTO (2)

Roma, 14 ottobre 1933, ore 17,30.

Il Marchese di Soragna ha telefonato da Giiilevra che solo stamane ha potuto avere il progetto di discorso Simon al Bureau. Ne ha preso subito visione insieme a Norman Davis ed hanno ottenuto da Simon la cancellazione di tutte le parti più violente del discorso.

Simon trincerandosi dietro le decisioni prese dal suo Governo ha tuttavia dichiarato a Soragna ed a Norman Davis che sia pure in forma cortese egll non poteva non dire che il punto di vista britannico è contrario aJ riarmo immediato della Germania.

Nella seduta del Bureau dopo Sir John Simon ha parlato Paul Boncour nello stesso senso ma caricando maggiormente le tinte. E~li ha insistito sulla rigidità dei due periodi pur tuttavia facendo notare che la Francia poneva il controllo al posto deLla sicurezza. La Delegazione Belga ha parlato di «tappe».

Soragna ha fatto la seguente dichiarazione:

«Nous se.rons très heureux de pouvoir joindre à nouveau nos efforts à ceux de toutes les autres Délégations d'après les lignes indiquées et nous expr.imons aussi l'espoir que tout le monde trouvera comme nous Je trouverons dans ce programme une base positive pour le travail ultérieur qui est nécessaire pour atteindre le but dans le mème esprit de conciliation et de paix ».

«Gli ho chiarito !l nostro atteggiamento sulla base del comunicato Stefan!. E ho aggiunto che mi pareva che l'ammirazione e la fiducia del Conte de Broqueville per V. E. rendessero in questo momento possib!le e augurabile un'opera di persuasione e di divulgazione presso l'opinione pubblica belg1a di tutta la lunga e complessa opera compiuta finora da V. E. in pro' della pace europea e potessero nel futuro rendere più diffusa l'opera di fiancheggiamento dell'opinione pubbl!ca europea all'azione politica italiana».

La dichiarazione del Ministro Soragna è stata fatta a nome della Delegazione e non del Govemo malgrado che Sir John Simon avesse molto insistito con Soragna perchè la di lui dichiarazione apparisse come diretta emanazione di istruzioni governative. Il significato che il Ministro Soragna ha tenuto a dare aHa dichiarazione è che la Delegazione Italiana era d'accordo con il programma indicato da Sir John Simon perchè esso fosse approvato da tutte le altre Delegazioni e quindi anche dalla Germania.

Il Delegato tedesco Rheinbaben ha dichiarato che in assenza del Primo Delegato doveva limitarsi a trasmettere al suo Governo le indicazioni date dal signor Simon.

Il programma di Sir John Simon dovrebbe essere portato alla Commissione Generale lunedì.

Soragna prevede che Ja Commissione Generale potrebbe successivamente essere sospesa per chiarire 1 punti ancora in sospeso. Non si tratterebbe tuttavia di un lungo rinvio al quaie sarebbero contrari francesi, inglesi ed americanì. È sensazione di Soragna che Sir John Simon non sia rimasto molto soddisfatto della dichiarazione della Delegazione Italiana fatta in termini così vaghi.

(l) Si pubbl!ca qui !l seguente brano di un appunto di Aloisi del 16 ottobre relativo ad un colloquio con l'ambasciatore del Belgio a Roma:

(2) Il documento è privo di firma.

273

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 1787/395 R. Roma, 14 ottobre 1933 (1).

Ripeto che progetto di cui mio telegramma (2) e tabelle relative non rappresentano in alcun modo proposte precise. Rappresentano uno schema di possibile convenzione comunicato a titolo esemplificativo pe,r aiutare trovare base concreta discussione. Data incertezza dichiarazioni germaniche noi vorremmo sapere se approssimativamente su quali basi e con quali modifiche codesto Governo sarebbe disposto trattare. Tale caso ci rivolgeremo altre Potenze dove senza alcun dubbio troveremo forte resistenza. Se Governo germanico non esce da generalità per fare dichiarazioni concrete possibile discussione, questione non potrà fare nessun passo avanti e non potrà confermarsi opinione che Germania sta svolgendo una attività diretta a far naufragare confe,renza disarmo, mentre da dichiarazioni precise codesto Governo risulterebbe questo non essere il caso. Partendo da tali premesse converrà far presente codesto Governo necessità riprendere trattative su basi su cui si discuteva a Ginevra. Schema da noi presentato titolo esemplificativo è appunto un tentativo fare un passo avanti su queste basi.

Prego V. E. tenermi informato esito ulteriori conversazioni tenendo conto urgenza avere chiarimenti relativi intenzioni Germania.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Cfr. n. 261.
274

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 1790/364 R. Roma, 14 ottobre 1933, ore 19.

R. console generale a Malta ha telegrafato quanto segue: (trascrivere telegrammi da Malta nn. 79 e 80 in data 10 corrente) (1)

Ho teleg.rafato al R. console generale a Malta quanto segue:

«V. S. può presentare governatore nostre richieste nella forma da lei suggerita cioè come esposto accompagnato da una sua tlettera personale.

Occorre che V. S. insista particolarmente sul mantenimento scuola Casal Paola quale scuola arte e mestieri e per corsi serali Istituto Umberto I di cui fu accennato nelle sue conversazioni a Roma.

Per quanto concerne interpretazione data da codesto governatore generale a legge sulla cittadinanza nei riguardi figli sudditi italiani nati a Malta sebbene essa sia effettivamente nei termini della legge inglese ella si opponga nettamente facendone condizione sine qua non nostra accettazione altre richieste britanniche».

Di fronte ad intransigenza dimostrata da codesto Governo nella questione scuola italiana a Malta pur rilevando, come è stato già fatto, carattere poco amichevole detti provvedimenti nei nc:::tri riguardi non ci resta altra alternativa che quella di accettare condizioni imposte Governo britannico e attendere che una più serena considerazione della situazione dell'isola ci permetta di tornare sull'argomento.

Il R. Governo si attende però che da parte Governo britannico si agisca con le dovute forme. Applicazione graduale richiesta da governatore non è attuabile. A·l primo luglio 1934 da parte nostra si procederà a quelle riduzioni ed a quelle chiusure che il Governo britannico ci richiederà: potremo anche predisporre le misure che saranno all'uopo necessarie in senso che ciò ci venga imposto dall'autorità locale; egualmente impegno relativo ad accettare alla data suddetta riduzioni richieste potrebbe più convenientemente risultare da convenzioni fra i due Governi che da dichiarazioni fatte verbalmente o per iscritto dal R. console generale a Ma:lta a quel governatore.

In particolare è assolutamente inaccettabile, sebbene formalmente giustificata da legge inglese pretesa considerare come esclusivamente sudditi inglesi figli di cittadini italiani nati a Malta.

Il Governo britannico non dovrebbe secondo giustizia impedirci di dare a dei giovani che a 18 anni hanno il diritto di diventare e diventeranno in pra

309_

tica sudditi italiani una educazione italiana. Ciò esula da qualsiasi concetto di difesa contro una pretesa propaganda itaUana nell'isola e si risolverebbe né più né meno che in una misura ·tendente alla snazionalizzazione forzata dei figli di italiani.

II R. Governo ha inoltre a più riprese fatto presente a~ Governo britannico la sconveniente campagna antitaliana dei giornali del partito stricklandiano. II Governo britannico si è sempre trincerato dietro la «libertà» della stampa maltese. In occasione dei recenti provvedimenti il governatore di Malta ha fatto chiaramente ed energicamente comprendere alla stampa maltese che non avrebbe tollerato campagna di stampa contro ordinanza. Ciò dimostra che governatore sa e può quando è necessario far sentire alla stampa sua volontà. II R. Governo si attende ora dal Governo britannico una azione diretta a far cessare campagna anti-italiana.

Prego V. E. voler far presente quanto precede codesto Governo nella forma che riterrà più opportuna informandomi.

(l) Cfr. nn. 259 e 260.

275

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA

T. 1793/104 R. Roma, 14 ottobre 1933, ore 18.

V. S. può comunicare a Norman Davis in forma confidenziale constarle che in caso riunione patto a quattro per disarmo sarebbe mia intenzione farvi partecipare anche rappresentante America (1). In tesi generale ella tenga frequenti contatti col Davis onde avviare una possibile mediazione italo-americana ora che quella italo-inglese appare di più difficile attuazione.

276

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4139/631 R. Berlino, 14 ottobre 1933, ore 21,53 (per. ore 0,30 del 15).

Come comunicai a V.E. con mio telegramma n. 630 (2) ieri nel pomeriggio vi fu consiglio dei ministri. Cancelliere assistette iersera ad una rappresenta

zione della stagione d'opera italiana. Mi recai nel suo palco a r,ingraziarlo per il suo intervento. Egli mi disse che non avrebbe potuto fermarsi fino alla f.ine perchè aveva ancora del lavoro da sbrigare nella serata. Alla mia domanda se sarebbe partito per Monaco di Baviera stamane come era stato deciso rispose che avrebbe rimesso probabilmente partenza fino a domenica mattina recandovisi ,in volo. Informo di quanto precede V. E. pe,rchè ciò serve a lumeggiare il silenzio assoluto voluto mantenere meco da Hitler circa le sue intenzioni per mettere anche l'Italia dinanzi ad un fatto compiuto ed evitare di ricevere da

V. E. consigli di non agire con prec~pitazione. Se decisioni prese da Governo tedesco ci sorpresero, certamente non poterono stupire dato che linguaggio tenuto meco avantieri da Hitler (l) era indizio di uno stato d'animo da cui non ci si poteva attendere decisione ponderata. Mi sono astenuto dal recarmi oggi al ministero degli affari esteri per chiedere spiegazioni. Ho creduto seguire tale linea di condotta di assoluto riserbo che mi sembra tanto più indicata nella situazione presente. Da due funzionari del ministero degli affari esteri incontrati casualmente mi è stato detto che le decisioni segrete prese da Hitler personalmente non appena egli ebbe conoscenza del discorso di Simon a Ginevra, in segno di protesta per le dichiarazioni del ministro degli affari esteri britannico che significavano negazione del riconoscimento del principio della parità di diritto e rinvio a otto anni del riarmamento della Germania. Dalla lettura fatta poco dopo delle dichiarazioni di Simon nei giornaU tedeschi e dagli stessi testi dei loro telegrammi di Ginevra deduco che esse furono quanto mai concilianti e che principio della parità di diritto non solo non fu messo in dubbio ma esplicitamente confermato. È del resto evidente che uscita della Germania dalla S.d.N. nonché soioglimento dei Reichstag e dei vari parlamenti regionali furono decisi scorsa notte e che si attese la discussione di Ginevra col fermo e inconsulto proposito di ,trovare in esso un pretesto per rendere noti i provvedimenti. Tutto ciò mi ricorda molto da vicino gli avvenimenti di Vienna del quattro agosto 1914 ai quali assistetti. Incaricato d'affari di Francia venne domandarmi che cosa pensassi degli avvenimenti e se ne avessi avuto comunque prevìo sentore. Risposi con una decisa negativa al secondo punto, ritenendo necessario non lasciare sussistere dubbi in proposito, dichiarando circa il primo che attendevo di conoscere il pensiero deLl'E.V. astenendomi quindi dall'esprimere quello mio personale, privo di valore. Da varie padi diplomatiche mi è stato se nella situazione attuale, che esclude ulteriormente trattarsi del disarmo a Ginevra, non potrà entrare i:n fuzione patto a quattro. Diedi risposte evasive. Certamente applicazione patto a quattro sarebbe ora unico modo per uscire dalla situazione, ma occorrerebbe che la Germania fosse ragionevole. Da fonte vicinissima barone von Neurath apprendo che questi si sarebbe espresso stamane nel senso che nelle prime ore del pomeriggio sarebbe stato conosciuto un avvenimento alla cui realizzazione egli stava lavorando intensamente da vari giorni. Ho finito or ora di ascoltare discorso del cancelliere il quale non ha saputo giustificare in alcun modo intempestiva uscita della Germania dalla S.d.N.

(l) -Risponde al n. 268. (2) -Cfr. n. 267.

(l) Cfr. n. 265.

277

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 14 ottobre 1933.

Il Signor von Neurath, Segretario dell'Ambasciata di Germania a Roma, è venuto a dirmi da pa.rte deJ suo Ambasciatore che il Consiglio dei Ministri di questa mattina aveva deciso:

l) -l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni oltre che dalla Conferenza del Disarmo (l);

2) -nuove speciali elezioni il 12 novembre per approvare la politica estera di Hitler in relazione all'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni e dalla Conferenza del Disarmo.

278

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 2331/1091. Varsavia, 14 ottobre 1933 (per. il 23).

Andando a vedere Beck subito dopo il mio ritorno da Ginevra ho riscontrato in lui un tono di maggiore cordialità nella conversazione ed almeno apparentemente -di maggiore franchezza.

Le conversazioni di Ginevra che qui sono state realmente accolte con vivo compiacimento hanno quindi prodotto già un certo effetto benefico che mi preme di segnalare ad ogni buon fine.

Sono anche cessati neHa stampa polacca gli attacchi diretti al Patto a quattro e le insinuazioni malevole sul significato, il valore e la portata di esso. Questo non significa naturalmente che Varsavia non nutra più preoccupazioni di sorta circa i pericoli che potrebbero derivare qualora nella ristrettissima sfera delle quattro potenze si trasferisse.ro grossi problemi interessanti anche la Polonia, ma questa contrarietà polacca ha perduto tl livore dei mesi scorsi ed è la riconferma di quell'avversione espressa a Ginevra l'anno scorso dallo stesso Beck dopo la concessione del diritto alla parità alla Germania, al principio che problemi di tale importanza potessero essere risolti da un gruppo di Potenze in assenza di altre.

La mia conversazione di ieri con Beck si è svolta sugli argomenti finanziari (prestito) e sul contratto delle navi che impigliato nelle pretese di questo Ministero delle Finanze mi provo a tirar fuori con le dovute cautele.

Si è anche parlato della vista di Titulescu a proposito della quale riferisco con rapporto a parte (1).

Sembrami che i rapporti itala-polacchi siano suUa buona via, nel senso che talune prevenzioni dovute sopratutto al fatto che Varsavia si riteneva considerata dall'Italia come un'entità trascurabile o di ultimo piano, destinata ad essere ogni volta e di proposito messa da parte, siano scomparse, e sono sempre più convinto che senza prendere impegni di sorta e soltanto mostrando verso la Polonia un interessamento maga.ri formale che ne solletichi l'amor proprio, si contribuisca fortemente a creare un'atmosfera nuova che mentre qui sarebbe ricercata ed apprezzata, potrebbe in determinate circostanze essere utile -come lo è nel caso del progetto danubiano -alle nostre iniziative.

(l) Anche Cerrutl telefonò la notizia da Berl!no.

279

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA

T. PRECEDENZA ASSOLUTA R. 1797/107 R. Roma, 15 ottobre 1933, ore 14,30.

Aloisi non dico non verrà costà per riunione conferenza. Conviene che lei tenga anche in conversazioni private atteggiamento molto riservato dando espressione alla sua sorpresa per impressione decisione tedesca. Potrà accennare ad opera conciliativa spiegata dall'Italia insistendo su necessità qualche concessione a Germania appunto per evitare situazione che si è verificata. Non conviene ella parli patto a quattro: se le voiene fatto accenno d'altra parte risponda che effettivamente noi siamo bene disposti a seguire quella via. Può dire che in Italia si considera momento attuale una crisi passeggera tuttavia presentemente non c'è nulla da fare anche perchè Germania fino elezioni non potrà modif.icare proprio atteggiamento.

Per riunione confe,renza se altre Potenze prendono posizione, come è probabile, ella potrà fare breve dichiarazione ispirata seguenti concetti:

lo -deplorare situazione che ha portato ad allontanamento Germania da discussioni internazionali;

2° -accenno pre.cipitoso passo tedesco mentre si stava compiendo uno sforzo di avvicinamento basato precipuamente su comprensione delle richieste della Germania;

3° -inutilità continuare discussione generale in assenza Germania pure ammettendo prosecuzione studi tecnici;

4° -aggiornare conferenza fino dopo 12 novembre nella fiducia che nel frattempo si troverà un modo per riprendere la collaborazione fra le varie nazioni.

(l) Con telespr. r. 2332/1092, parl data, non pubblicato.

280

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4142/632 R. Bellino, 15 ottobre 1933, ore 14,42 (per. ore 17,45).

Telegramma di V. E. 395 (1).

Prego telegrafarmi se debbo continuare conversazioni nonostante passo compiuto ieri dalla Germania (2).

281

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI. AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4149/635 R. Berlino, 15 ottobre 1933, ore 21,21 (per. ore 0,30 del 16).

È venuto a vedermi von Papen per dirmi che era stato molto spiacente di non potermi informare due giorni fa dell'intenzione de'l Governo tedesco di abbandonare conferenza disarmo e Società delle Nazioni.

Aggiunse che menzione da lui fatta meco del patto a quattro come del quadro più appropriato per trattare questione del disarmo era stata quasi un preannunzio di quanto accadde ieri.

Riferendosi proposte di V. E. mi disse che Hitler nei consiglio dei ministri ne pose in evidenza importanza pur dicendo che esse non potevano, così come erano, essere accettate perché non tenevano sufficiente conto della parità dei diritti riconosciuti alla Germania. Osservai che proposte sono state fatte come base di discussione a titolo esemplificativo co5icché qualsiasi osservazione o aggiunta tedesca sarà tenuta in conto. Sarebbe stato utile anche ora conoscere le idee del Governo tedesco 1n proposito.

Von Papen parlò quindi della decisione di ieri dicendo che essa era apparsa necessal'ia e urgente dopo discorso di Baldwin e dopo informazioni possedute dal Governo tedesco che non lasciavano dubbi sopra impossibilità di giungere ad un accordo soddisfacente per la Germania. Ricordò che V. E. non aveva mai avuto fede neila Società delle Nazioni e espresse speranza che ella avrebbe quindi compreso atteggiamento tedesco, che non avrebbe negato in avvenire alla Germania appoggio che questa tanto apprezza e che avrebbe anzi preso in mano direzione di un negoziato nel quadro del patto a quattro da lei auspicato con grande preveggenza politica e condotto a buon fine nonostante difficoltà di ogni sorta.

Poiché avevo in quel momento ricevuto comunicato Stefani col giudizio italiano circa situazione creata dal passo tedesco, gliene diedi lettura illustrandone portata.

Von Papen ne fu molto soddisfatto.

(l) -Cfr. n. 273. (2) -Mussol!nl rispose con t. 1813/398 R. del 16 ottobre: «Sospenda ronversazlonl e tengaatteggiamento massimo riserbo».
282

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, SOLA

T. 1800/155 R. Roma, 15 ottobre 1933, ore 22,30.

Suo telegramma n. 194 (1).

Da ciò che il signor Titulescu ci aveva detto o fatto dke a Ginevra (2) appariva già che egli era in massima disposto a considemre le idee contenute nel nostro memorandum ma era d'altra parte deciso a non fare cosa sgradita al signor Benes.

Tale impressione è stata confermata dal signor Lugosianu il quale ha recentemente tentato di rinviare le progettate trattative commerciali onde permettere che esse potessero svoJgersi sul piano del nostro memorandum che, egli ha detto, il Governo rumeno sta studiando e finirà per accettare.

Gli è stato risposto che non è possibile rinviare oltre il corrente mese i detti negoziati ,che dovranno naturalmente svolgersi per ora su1le basi tradizionali ma nello stesso tempo gli sono state fornite circa il memorandum le ampie delucidazioni da lui richieste di modo che egli deve essersi persuaso che la Rumania potrebbe ritrarre notevoli vantaggi economici e finanziari dall'applicazione delle idee contenute nel memorandum stesso.

283

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1802/218 R. Roma, 15 ottobre 1933, ore 22.

Per incarico S. E. capo Governo prego V. S. richiamare attenzione cancelliere su intensa attività che spiegano questi ultimi tempi socialdemocratici. L'ultimatum dato al Governo sotto minaccia di sciopero generale pare offra ottima occasione per quell'azione energica che si ritiene indispensabile. Sarà opportuno anche frenare manifestazioni legittimisti che questi giorni

si sono intensificate.

«Sondaggi qui compiuti mi permettono dedurre che or~ani responsabili di questo Governo, sebbene mantengano atteggiamento riservato, non hanno tuttavia ritratto sfavorevole impressione da un primo studio memorandum italiano circa ricostruzione economica paesi danubiani. Riesce qui specialmente gradito:

1° -Che nostro memorandum rimane nel campo puramente economico e dichiara di voler escludere ogni obiettivo politico. 2° -Che esso tiene il dovuto conto degli interessi dei terzi (cioè francesi e tedeschi) e non cerca una soluzione legata a finalità di marca italiana; 3° -Che esso non costituisce un piano rigido ma si presenta invece come aperto ad utili discussioni ed eventuali miglioramenti »

Voglia infine far presente al cancelliere opportunità dl profittare di questi trenta giorni in cui Germania sarà completamente assorbita dalla campagna elettorale per rafforzare il fronte patriottico (1).

(l) T. 4136/194 R. del 13 ottobre di cui si pubblica 11 brano seguente.

(2) Cfr. n. 253.

284

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DEGLI STATI UNITI A ROMA, LONG

APPUNTO. Roma, 15 ottobre 1933.

Il Signor Breckinridge Long è venuto a trovarmi per avere informazioni sulla situazione.

Gli ho risposto che siamo ancora sotto l'impressione della sorpresa per l'improvvisa mossa tedesca ma che ad ogni modo riteniamo che convenga conoscere un po' le reazioni generali prima di intraprendere alcun passo. D'altra parte la Germania con l'affare delle elezioni si è volontariamente imbottigliata e quindi fino alla metà di novembre non potrà assumere alcun nuovo atteggiamento.

L'ambasciatore d'America mi ha dichiarato che il suo Governo vuole mantenersi in stretto contatto col nostro. Egli spera che dalla politica italiana, che gli pare la più saggia e la più realistica, possa venire la soluzione di questo angoscioso problema.

Il suo Governo è d'accordo con tutti gli ultimi atti della politica italiana: il Patto a quattro; la posizione presa nei riguardi dell'Austria, l'atteggiamento tenuto nei confronti della Germania e la nostra proposta nella Conferenza del Disarmo ispirata da un puro spirito realistico.

Egli personalmente si mette a nostra disposizione e chiede di dargli la possibilità di collaborare con noi per l'uscita dall'attuale impasse. Gli assicuro che queste sue dichiarazioni saranno molto apprezzate dal Capo del Governo e che non mancheremo di ricorre,re alla sua collaborazione.

285

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 15 ottobre 1933.

L'ambasciatore Cerruti telefona da Berlino che avendo visto ieri sera il cancelliere Hitler questi gli ha detto che intende scrivere una lettera al Capo del Governo sulle recenti decisioni tedesche.

L'ambasciatore Cerruti non sa quando partirà questa lettera. Oggi intanto il Cancelliere è partito per Monaco di Baviera dove ha una cerimonia.

(l) Per la risposta cfr. n. 292.

286

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4180/486 R. Addis Abeba, 16 ottobre 1933, ore 13

(per.

ore

19,45).

Mio telegramma

n.

Anche incaricato d'affari britannico riferirà al suo Governo nel senso del mio rapporto n. 641/238 (2). Ha anzi chiesto dei dati all'incaricato d'affari di Francia ed a me, perfettamente d'accordo con noi.

Incaricato d'affari di Francia mi ha confidato aver nel suo rapporto detto che riteneva utile che i tre Governi studiassero modalità di una azione comune «tanto più che questo sembra momento favorevole essendo i colleghi animati di spirito di intesa e collaborazione di fronte Governo etiopico senza tendere a fini particolari,,

Quanto alla forma di tale azione comune mi riservo telegrafare: a me non conviene infatti insistere troppo e preferisco cogliere il destro di conversazioni sull'argomento per non mostrare di essere io a prendere l'iniziativa.

(l).

287

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 16 ottobre 1933.

Il signor Chambrun mi premette che non ha ancora nessuna informazione né istruzioni da Parigi e che parla a titolo personale. Vorrebbe sentire per suo orientamento come giudichiamo noi la situazione con l'allontanamento della Germania dalla Società delle Nazioni e vedere come si può sviluppare una politica comune fra l'Italia e la Francia. Espone a tale riguardo alcune sue considerazioni. La Germania con la sua uscita dalla Lega in questo momento ha commesso una grandissima gaffe ed avrà certamente tutta l'opinione pubblica mondiale contro di sé. Forse i Tedeschi non hanno valutato tutta la portata del loro passo che compromette anche il funzionamento del Patto a Quattro.

L'Ambasciatore si chiede come la Germania stessa potrà ratificare tale Patto che comincia con la seguente frase: «Consci della responsabilità particolare che, per il fatto di essere rappresentanti a titolo permanente nel Consiglio della So-cietà delle Nazioni, loro incombe ... ».

L'Ambasciatore ritiene che la Germania potrà essere ricondotta alla ragione soltanto se avrà la sensazione del proprio isolamento, altrimenti nessuno la frenerà più e le conseguenze potranno essere evidentemente delle più gravi. Egli perciò insiste perché si possa avere una manifestazione di solidarietà tra le altre grandi Potenze; egU tiene soprattutto che i buoni rapporti tra l'Italia e la Francia non possano essere compromessi da questo atteggiamento della Germania, che tende evidentemente a mettere i due Paesi l'uno contro l'altro.

Rispondo all'Ambasciatore che non abbiamo ancora tutti gli elementi per poter decidere una linea di condotta precisa; l'atteggiamento nostro attuale risulta dal comunicato Stefani. I rapporti tra l'Italia e la Francia non devono essere per nulla pregiudicati dall'attuale posizione assunta dalla Germania. Gli scopi perseguiti in comune sui quali ci siamo trovati d'accordo, rimangono immutati anche se in determinati momenti dobbiamo assumere delle posizioni che possono divergere.

Il fatto di essere nella Società delle Nazioni e nella Conferenza del Disarmo è già una prova di quella solidarietà della quale fa cenno l'Ambasciatore; altre manifestazioni oggi potrebbero essere intempestive. L'Italia crede che bisogna agire con la massima ponderazione, ponderazione che aveva consigliato già prima dell'attuale fase. È evidente che la mossa tedesca ha sorpreso sgradevolmente l'Italia perché avvenuta in un momento in cui si stava cercando di fare uno sforzo finale per arrivare ad una forma di accordo, ma tale sorpresa non deve indurci ad atti precipitati. Riconosco che formalmente la Germania si è messa contro il Patto a Quattro. In realtà però la collaborazione delle quattro Potenze consacrata dal Patto sa,rà probabilmente l'unica forma per uscire dalle attuali difficoltà; converrà però evitare una speculazione che potrebbe esser fatta ora (non tanto da una parte della stampa francese quanto dalla Polonia e dalla Piccola Intesa) contro il Patto a Quattro. Il nostro atteggiamento quindi nel momento attuale è di estrema riservatezza e di attesa, fino a che saremo in possesso di tutti gli argomenti per prendere una decisione. Sarà bene che nel frattempo ci teniamo in stretto contatto.

L'Ambasciatore comunicherà a Parigi le seguenti sue impressioni sulla reazione italiana al passo tedesco:

l) sgradevole sorpresa per l'improvviso passo della Germania;

2) atteggiamento del massimo riserbo nei riguardi della Germania e della situazione in genere;

3) desiderio di non rompere ponti per poter riprendere al più presto la discussione.

Per quanto riguarda il Patto a Quattro l'Ambasciatore, desideroso di favorirne l'applicazione, ritiene che sia meglio non parlarne esplicitamente per non dare occasione alle obiezioni giustificate dalla troppo palese violazione del Patto fattta dal:la Germania.

L'Ambasciatore mi prega di far sapere al Capo del Governo che si mette a sua completa disposizione per collaborare in un momento così delicato ed a far conoscere a Parigi il nostro punto di vista e i nostri desideri.

(l) -T. 4122/473 R. dell'H ottobre, non pubblicato. (2) -Non pubblicato ma cfr. n. 163.
288

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POL.ITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 16 ottobre 1933.

Riassumo una comunicazione verbale fattami da questo Incaricato d'Affari d'Ungheria d'ordine del suo Governo:

l. Per il momento, l'Ungheria non pensa a seguire l'esempio della Germania e lasciare la Società delle Nazioni.

2. -Il Governo ungherese considera inaccettabile il Progetto Simon. 3. -Il Governo ungherese ritiene dannoso di continuare la Conferenza senza i tedeschi, perché:

a) non è verosimile che l'Ungheria possa ottenere, senza la Germania, delle condizioni migliori; al contrario, aumenterebbe la pressione contro di lei, b) l'attitudine dell'Austria e della Bulgaria, che potrebbero abbando

nare l'Ungheria, esporrebbe quest'ultima all'isolamento.

Il Governo ungherese ritiene che sarebbe desiderabile di aggiornare la Conferenza, o per lo meno di non prendere delle decisioni (voti) nella riunione della Commissione Generale del 16 corrente. Se ciò non astante la Commissione Generale dovesse votare, il Delegato ungherese ha ricevuto istruzioni di dichiarare che il Progetto Simon non è che una variazione in pejus, per ciò che riguarda l'Ungheria, del progetto MacDonald; per conseguenza, il Governo ungherese non può accettare tale progetto come base di discussione, e si vede obbligato a farvi opposizione.

Il Governo ungherese gradirebbe che il Governo italiano -ove lo creda conveniente -volesse influenzare Vienna e Sofia perché anche quei due Governi si manifestino favorevoli all'aggiornamento della Commissione Generale e perché, ove la Commissione Generale avesse a riunirsi, abbiano a dare istruzioni ai rispettivi rappresentanti di non vota,re.

289

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. LXXXII. Vienna, 16 ottobre 1933.

Mi permetto attirare la di Lei attenzione sulla possibilità che le recenti decisioni del governo del Reich circa la Conferenza del disarmo, la S.d.N. ed il plebiscito popolare de'l 12 novembre abbiano qua ripercussioni inattese e tali da causare un cambiamento della situazione a noi non favorevole. Hitler, col suo discorso di sabato 14 corr. ha rinserrato le file dei «vinti:. e risvegliato il ricordo dei comuni interessi. Continuandosi su questa linea, molti austriaci che

non sono affatto nazional-socialisti, potrebbero sentirs<i portati a considerare

nuovamente e da altra visuale la «fratellanza germanica»: qualora poi, in

conseguenza degli sviluppi della situazione internazionale, si dovesse iniziare

da parte del Reich una «propaganda di guerra», gli effetti di essa potrebbero

essere qua i più imprevisti.

Tutto ciò è fino a questo punto mia supposizione, fondata unicamente sulla conoscenza dell'ambiente. L'unico dato di fatto è finora il compiacimento con cui qua è stato accolto il discorso alla radio sopracitato: ho potuto io stesso constatare che qualche austriaco, tutt'altro che nazi, tornava a riscoprirsi un cuore tedesco. Da aggiungere che il plebiscito del 12 novembre non lascerà indifferente l'Austria. Se Hitler, come è sua intenzione, riuscirà col motto della «uguaglianza dei diritti» ad ottenere un Reichstag totalitario, i « nazi » di Germania avrebbero anche modo di fare apparire superate le divergenze interne.

La situazione austriaca merita di essere osservata in questo trapasso colla massima attenzione: gli avvenimenti si incaricheranno di consigliare i rimedi. Oggi come oggi, e considerando con pesstmismo le intenzioni della Germania, non vedo (e si tratta di idea personale che mi permetterà di esprimerLe) che due modi di contrarre una controassicurazione all'indipendenza territoriale e militare dell'Austria: o la proclamazione della neutralità di essa da parte del suo governo -ciò che avrebbe il merito di concretare la situazione odierna nei confronti della Germania -o una restaurazione monarchica. Ambedue vie arrischiatissime.

290

IL MAGGIORE RENZETTI AL CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE DEL CAPO DEL GOVERNO, CHIA VOLINI

L. P. Berlino, 16 ottobre 1933. Da fonte autorevole mi è stato detto oggi che la decisione di uscire dalla Lega delle Nazioni, sarebbe stata presa venerdì scorso. II sostenitore più accanito sarebbe stato Goring. Secondo la fonte predetta Hitler che ha avuto dei colloqui molto seri non solo con l'Ambasciatore francese, ma anche con Savcrwein e qualche altro francese, sarebbe convinto che si potrebbe ottenere un accordo tra la Francia, la Germania e l'Italia mentre che con l'Inghilterra per ora non ci sarebbe nulla da fare. Del resto la spinta alla decisione sarebbe stata data proprio dal discorso di Simon. Durante la seduta segreta del Consiglio dei Ministri, Goring avrebbe attaccato vivacemente Nadolny. Ho tentato di sapere qualche cosa nei riguardi della questione austriaca. Mi è stato risposto che la Germania attende che in Austria vadano al potere i nazi; che Starhemberg si vanta di aver ricevuto dal Capo del Governo istruzioni per la creazione colà di un partito fascista ma che esso non riuscirà a nulla. Io ho ritenuto di non esprimere alcun app1ezzamento: cercherò di conoscere meglio quanto è stato discusso tra i nazi e il Sauerwein il quale sarebbe fautore di una intesa franco-tedesca e forse di una iniziativa berlinese per raggiun

gerla (le notizie ricevute sono alquanto confuse poiché la conversazione avuta si è svolta durante una colazione alla quale partecipavano parecchie persone e

quindi con molte interruzioni e poiché anche io non ho voluto far nascere dei sospetti col fare delle interrogazioni troppo precise). Nei circoli governativi si nutre certezza di aver fatto un buon colpo, si spera che Daladier riesca a mantenersi al potere.

291

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MII'!ISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4178/809 R. Londra, 17 ottobre 1933, ore 20,10 (per. ore 3 del 18).

Ho avuto iersera al Foreign Office un lungo colloquio con Sargent (il quale sostituisce temporaneamente Vansittart) e gli ho fatto presente come richieste del governatore di Malta vadano molto al di là dei provvedimenti che erano stati preannunziati, e siano tanto assurde dal punto di vista pratico che inique dal punto di vista del nostro diritto a difendere la nazionalità e la lingua dei figli degli italiani all'estero.

Dopo avergli data conoscenza delle istruzioni di V. E. (l) ho aggiunto per mio conto che nel corso della conversazione avuta al Foreign Office il 28 settembre u.s. non mi era stato fatto il minimo accenno ad una riduzione graduale delle nostre attività scolastiche, facendomi anzi intendere che tali attività sarebbero rimaste immutate fino al l o luglio 1934.

Quanto alla questione della doppia nazionalità questa non fu neppure sollevata, e l'interpretazione data dal governatore di Malta anche se giuridicamente fondata è moralmente insostenibile.

Sargent mi ha risposto contestando che i provvedimenti adottati abbiano carattere poco amichevole, ma promettendo che avrebbe fatto immediatamente presenti al Colonia! Office le nostre ragioni. Egli mi ha detto che non poteva prendere alcun impegno senza avere consultato prima le autorità competenti, ma non ha opposto alcun argomento a quello che V. E. mi ha fornito nelle sue istruzioni. Mi ha detto solo che non è possibile che il governatore riconosca come sudditi italiani quelli che la legge inglese definisce sudditi britannici.

Gli ho risposto che governatore non ha che a riconoscere lo stato vero delle cose e cioè che si tratta di giovani che hanno una doppia nazionalità. Tale stato delle cose è riconosciuto dalla stessa legge inglese che consente loro di rinunziare a 18 anni alla cittadinanza britannica. Governatore non ha quindi bisogno di risolvere questione cittadinanza, ma basta che egli stabilisca che nella quota del 50% si calcolino tanto i sudditi italiani che quelli che hanno una doppia nazionalità.

Sargent mi ha promesso di darmi sollecitamente una risposta. L'ho >intrattenuto allora della questione della stampa, facendogli le nostre rimostranza per la campagna antitàliana del partito StrickJandiano. Ma per questo io crederei che ci convenga svolgere un'azione separata una volta regolata la questione delle scuole per non sviare ora la discussione sopra un altro terreno.

25 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

(l) Cfr. n. 274.

292

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4182/420 R. Vienna, 17 ottobre 1933, ore 21,30 (per. ore 6 del 18).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 218 (1).

Cancelliere desidera innanzi tutto informare V. E. che dai discorsi tenuti nelle sedute segrete del congresso socialista non è risultato che la viva preoccupazione della socialdemocrazia per la tattica fino ad ora adottata da lui Dollfuss. Al riguardo sono stati denunziati successi conseguiti dal fronte patriottico con l'attrarre a sé ferrovieri ed altri addetti servizi pubblici. (Mio telegramma per corriere n. 186) (2).

Ciò stante cancelliere si propone continuare a minare posizioni socialisti; ma dichiarare a V. E. che non solo uno sciopero generale (la cui evenienza è stata però esclusa dallo stesso Bauer) ma anche ogni qualsiasi altro attacco incontrerà immediatamente più energica reazione da parte Governo.

Cancelliere accetta anche interamente consiglio di V.E. di rafforzare intanto 11 più possibile fronte pa-triottico e ciò tanto più in quanto che egli travasi attualmente nel più completo accordo con Starhemberg (mio telegramma per corriere n. 187) (2).

Cancelliere concorda infine con V. E. circa questione manifestazioni legittimiste. Al riguardo riferirò particolareggiatamente per corriere (3).

293

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 4184/421 R. Vienna, 17 ottobre 1933, ore 23,30 (per. ore 6 del 18).

Cancelliere mi ha detto esser di nuovo preoccupato atteggiamento Ungheria. Egli ha insinuato che essa segue Italia essenzialmente nelle cose commerciali ma Germania in quelle politiche e militari. A suo dire sintomi ne sarebbero:

l o -Le decisioni prese avantieri dal consiglio dei ministri di votare contro progetto Simon per il disarmo e fare contemporaneamente pressioni a Vienna per un analogo atteggiamento.

2° -Molteplici informazioni qui pervenute circa possibile ritiro dell'Ungheria dalla S.d.N.

3° -Accaparramento di gran parte della stampa ungherese da parte Reich.

Cancelliere mi ha quindi riaffermato che Austria intende seguire esclusivamente politica amichevole, ma che politica austriaca verso Ungheria non potrebbe non essere riesaminata qualora risultasse un effettivo atteggiamento di Budapest nel senso su accennato.

Cancel1iere mi ha espressamente pregato fargli conoscere se sue informazioni trovino corrispondenza in eventuali notizie pervenute a V. E. Ho creduto opportuno replicare al cancelliere che non sapevo rendermi conto delle sue preoccupazioni. Ed al riguardo gli ho ricordato quanto egli stesso mi ha sovente dichiarato circa cordiale cooperazione stabilitasi negli ultimi mesi fra Vienna e Budapest. In connessione ho poi voluto di nuovo indagare circa visita di domani di Benes. Cancelliere ha mostrato attribuirla anche motivi d'ordine commerciale. Ha aggiunto essere sua impressione che Benes cerchi in questo ultimo tempo mostrare uno specia[e rigua·rdo verso Roma, come ne farebbe prova suo attuale non ostile atteggiamento verso il nostro piano danubiano.

Ha concluso che mi riferirà particolareggiatamente suoi colloqui. Da parte mia rilevo che nella visita di Benes non sono da escludersi anche scopi di politica interna austriaca, nei riguardi di questa social-democrazia.

(l) -Cfr. n. 283. (2) -Non pubbllcato. (3) -Cfr. n. 294.
294

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 4222/189 R. Vienna, 17 ottobre 1933 (per. il 21).

Mio telegramma n. 420 (l).

Cancelliere, nello svLluppoormi ragioni del suo pieno accordo con V.E. circa l'opportunità di frenare manifestazioni legitimiste, mi ha confidato che sulla questione si era già inteso con l'E. V. nei colloqui di Riccione.

Mi ha poi detto di avere avuto, nei riguardi della questione legittimista, qualche scambio di vedute col figlio primogenito del defunto arciduca Francesco Ferdinando, il duca di Hohenberg. In tali colloqui il cancelliere aveva spiegato e fatto prevalere il concetto che l'attuale Governo austriaco ed i fautori del legittimismo hanno un interesse parallelo: quello del mantenimento della indipendenza dell'Austria. Sicché era assolutamente da sconsigliare e da reprimere ogni manifestazione atta a produrre induzioni, preoccupazioni e complicazioni d'ordine interno ed internazionale: e cto non solo da parte dei componenti la famiglia ex imperiale, ma anche eia parte del partito legittimista.

Il Cancelliere ha notato che ai suindicati prmctpl, del quali il duca di Hohenberg aveva riconosciuto l'opportunità e 11 buon fondamento. sembra si ispirino l'ex imperatrice Zita ed il principe Otto, che manterrebbero una certa riserva, ma non in modo soddisfacente alcuni loro partigiani.

Nel riprovarne l'attività il cancelliere ha mostrato reiteratamente la sua perfetta concordanza con il modo di vedere dell'E.V.

(l) Cfr. n. 292.

295

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 17 ottobre 1933.

Il Signor von Hassell è venuto ad informarmi delle ragioni che hanno determinato il passo tedesco.

Si tratta delle dichiarazioni ormai note attraverso le Agenzie e la stampa tedesca (rinvio di quattro anni per l'applicazione del principio della uguaglianza, incertezza del disarmo degli Stati oggi armati nel secondo periodo, controllo che si rivolgerebbe praticamente contro la Germania, ecc.).

Il motivo determinante sarebbe stato il discorso di Simon che avrebbe dimostrato l'intransigenza della tesi franco-inglese su questi punti.

L'Ambasciatore mi chieda che cosa si pensi ora di fare.

Gli rispondo che non si è presa ancora alcuna dec,isione né si vede per il momento la via di uscita. Mi chiede se eventualmente si possa far funzionare il Patto a quattro. Gli rispondo che evidentemente noi siamo favorevoli a tale soluzione la

quale però è resa difficile dalla uscita della Germania dalla Società delle Nazioni. L'Ambasciatore crede che starebbe a noi di proporre il funzionamento del Patto a quattro.

Gli rispondo che si deve agire con molta prudenza per non sentirsi rispondere che l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni ha cambiato completamente la base del Patto a quattro.

Il Signor von Hassell si rende conto di tale difficoltà.

Io gli osservo tuttavia che oggi da molte parti si parla del Patto a quattro come dell'unica ancora di salvezza e quindi ,forse la cosa verrà da sé.

I giornali inglesi ne fanno largamente cenno.

L'Ambasciatore, parlandomi di altre possibili soluzioni, esclude il controllo

unilaterale articolo 213 del Trattato di Versailles, che la Germania non tollererebbe mai.

Il Signor von Hassell insiste molto sulla volontà di pace e sulle buone disposizioni di trattare manifestate dal Cancelliere e spera che questo appello sarà accolto (1).

296

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1825/221 R. Roma, 18 ottobre 1933, ore 23,30.

In previsione dell'eventualità che Benes faccia delle «avances ~ al Governo austriaco per quanto riguarda in genere i rapporti fra i due paesi e specie a

proposito della sistemazione economica dei paesi danubiani (ex piano Benes etc.), codesto ministro d'Ungheria ha ricevuto istruzioni dal suo Governo di ricordare al cancelliere federale impegni esistenti fra Austria ed Ungheria circa atteggiamento dei due Governi verso Piccola Intesa e ne ha informato Governo italiano (1). Tenendo presenti questi elementi, V. S. giudicherà se intrattenere signor Dollfuss nel modo che riterrà più opportuno su assoluta convenienza per Austria di restare anche per quanto riguarda Cecoslovacchia su linea indicata noto memorandum italiano (2).

(l) Comunicato a Berllno, Londra, Mosca, Parigi, Varsavia, e alla delegazione a Ginevra con t. per corriere 1841 R. del 19 ottobre.

297

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 18 ottobre 1933.

Questo Ministro d'Ungheria ha informato circa gli scopi del viaggio del Signor Goemboes e del Signor Kanya ad Ankara ed a Sofia.

Il punto di partenza della collaborazione tra la Turchia e l'Ungheria era ed è «la politica di Milano,, L'atteggiamento assunto dalla Turchia in questi ultimi tempi, l'attività svolta dal Sigr..or Tewfik Ruschdi bey ec:c. mostrando un allontanamento da questa politica, il Governo ungherese desidera col viaggio dei suoi due Ministri di mettere in chiaro i rapporti tra l'Ungheria e la Turchia.

Per quanto riguarda la Bulgaria, i due Ministri ungheresi si propongono di dare animo ai bulgari incoraggiandoli a resistere alle avances che sono o possano essere loro fatte da parte della Piccola Intesa.

Il Signor De Hory mi ha infine informato che la Grecia ha offerto ultimamente all'Ungheria a mezzo della Turchia un trattato di neutralità che l'Ungheria ha accettato di concludere.

298

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 5357/1915. Berlino, 18 ottobre 1933.

Il Senatore Salata, arrivato ieri qui, ha avuto oggi in casa di conoscenti tedeschi una conversazione con un'eminente personalità della grande industria germanica incentratavi per caso e che ha diretti rapporti con l'ambiente personale del Cancelliere Hitler. Oltre a molte cose generali e note, questo indu

striale, rispondendo a dubbi esposti dal Senatore Salata sull'opportunità e tempestività del gesto del Governo germanico di sabato scorso, ha assicurato in forma del tutto confidenziale di sapere da fonte certa che della rottura con Ginevra si era trattato in modo concreto in una riunione del Comitato di Gabinetto tenutasi giovedì 12 corrente ancora prima dell'arrivo di Nadolny da Ginevra, e che una votazione di prova promossa da Hitler in questa riunione sul quesito di abbandonare soltanto la Conferenza del Disarmo aveva dato tre voti pro e tre voti contro: tra i contrari sarebbero stati von Papen e Neurath, tra i favorevoli sicuramente Goering e Goebbels. Hitler non si era pronunziato e appariva molto dubbioso. Il venerdì successive notizie da Ginevra portate anche da Nadolny parvero far propendere Hitler per l'uscita da Ginevra.

Alla deliberazione di abbandonare la Conferenza del Disarmo si sarebbe associata solo all'ultimo momento quella di uscire dalla Lega delle Nazioni dopo che da parte di tecnici deHa Wilhelmstrasse si era fatto valere, forse nell'intenzione di evitare il gesto allora limitato contro la Conferenza del Disarmo, l'argomento che il collabo-rare a quest'ultima costituiva un dovere statutario dei Soci della Lega e che la Germania, dopo essere uscita già una volta dalla Conferenza del Disarmo, non avrebbe potuto ripetere lo stesso atto senza compromettere la sua posizione nella Lega in generale. Se ne derivò dagli estremisti l'estensione del gesto come deliberata sabato.

Richiesto l'interlocutore se non erasi pensato che non solo un doveroso riguardo verso Mussolini, ma anche il preciso obbligo derivante dal Patto a quattro avrebbe dovuto trattenere Hitler da un gesto unilaterale senza prevenirne neppure confidenzialmente il Capo del Governo italiano che tanti servigi sul terreno internazionale aveva reso anche di recente alla Germania, fu risposto al Senatore Salata che si era di proposito evitata ogni comunicazione preventiva a Roma ed ogni anche lontana allusione all'Ambasciatore Cerruti perché se ne attendevano consigli contral'i a cui si sarebbe potuto difficilmente resistere, mentre resistendo si sarebbe commessa verso Mussolini una mancanza di riguardo anche più grave. Si temette inoltre che una comunicazione preventiva potesse interpretarsi come una specie di ricatto o potesse procurare qualche imbarazzo alla diplomazia italiana se dovesse risultare preventivamente informata.

Certo è che fin da venerdì sera la duplice deliberazione deve considerarsi adottata e che il discorso Simon di sabato non vi esercitò alcuna influenza effettiva. I testi della deliberazione, del proclama e dello stesso discorso di Hitler sarebbero stati pronti fin da venerdì notte, il che spiega l'immediata pubblicazione appena chiusa la riunione del Comitato di Gabinetto di sabato.

Pare che solo più tardi siasi riflettuto alle conseguenze giuridiche che dall'uscita della Germania dalla Lega si sarebbero potute trarre per il Patto a quattro. Della non avvenuta ratifica germanica del Patto si dà la colpa alla Francia che fece dipendere la sua ratifica dal voto del Parlamento differito all'autunno, mentre, secondo questo informatore, la Germania che aveva subito il Patto non poteva precedere nella ratifica la Francia. In questo riguardo si sarebbe ora combattuti, negli ambienti vicini a Hitler, fra la tendenza che vede magari volentieri l'uscita della Germania dalla Lega infirmare le stesse basi del Patto a quattro, che, se ratificato, avrebbe limitato e limiterebbe maggiormente la libertà d'azione della Germania, e l'altra tendenza che sosterrebbe non avere secondo la lettera del Covenant, l'annunzio dell'uscita della Germania dalla Lega effetto giuridico immediato, ma solo dopo due anni e però quella deliberazione non toccare per ora il Patto a quattro che potrebbe tuttavia, almeno in teoria, essere dalla Germania ratificato se contemporaneamente venisse la ratifica francese, e ciò per rendere possibile un'iniziativa di Mussolini per riallacciare sul terreno del Patto a quattro (art. 3) le trattative anche sul disarmo al di fuori della incapace conferenza di Ginevra. Evidentemente quest'ultima tendenza rivela l'imbarazzo di chi non avrebbe preveduto gli effetti della deliberazione di sabato in questa direzione e vorrebbe fare apparire non pregiudicato il funzionamento del Patto Mussolini.

Il Senatore Salata crede di poter attingere dal colloquio l'impressione che secondo lo stesso pensiero di circoli vicini a Hitler si sarebbe andati al di là del segno, se dall'uscita della Germania dalla Lega dovesse derivare l'insostenibilità giuridica dell'ulteriore validità del Patto a quattro e che a questo Ministero degli Affari Esteri si starebbe studiando tale questione nel senso di dimostrare non toccate dalle deliberazioni di sabato la sussistenza legale del Patto e la possibilità di ricorrervi nella nuova situazione in contrapposto con Ginevra, sorpassando che il Patto a quattro presuppone, almeno formalmente, l'ambito della Società delle Nazioni. Deriva forse da questo disagio e da questa preoccupazione anche il ritardo, messo in rilievo dall'interlocutore, nella comunicazione ufficiale al Segretariato Generale di Ginevra della deliberazione germanica di uscire dalla Lega, mentre è seguita immediatamente per telegrafo sabato stesso la comunicazione a Henderson dell'abbandono della Conferenza del Disarmo.

Riecheggiando evidentemente un pensiero non suo l'interlocutore del Senatore Salata insistette nel dire: «Ma se il Patto Mussolini è stato ideato proprio per sostituire la incapacità organica ed effettiva della Lega?». Al che fu opposto che bisognava non forzare la situazione col gesto di sabato e lasciare che la realtà dimostrasse vieppiù quella incapacità; mentre, il Patto a quattro avrebbe funzionato con più sincera efficacia parallelamente ed a sostegno della azione, anche solo formale, della Società e nella seppure solo apparente collaborazione dei quattro Membri permanenti del Consiglio della Lega che proprio per questo titolo erano firmatari del Patto, e cosi via.

Il Senatore Salata avrà modo di riprendere nei prossimi giorni la conversazione con la stessa personalità, la quale lo ha impegnato alla più assoluta discrezione (1).

Cfr. anche il seguente brano del R. 5415/1934 di Cerruti del 22 ottobre:

«Ogni osservatore imparziale rilevò quanto abbia contribuito a questo atteggiamento di calma attesa e di riflessione il comunicato Stefani del 15 corrente, col quale l'E. V. ha reso un nuovo segnalato servizio alla Germania ancorchè questa non lo abbia davvero meritato, data la sua precipitazione nel prendere due decisioni intempestive e la mancanza di riguardo commessa dal Cancelliere Hitler nel non metterLa confidenzialmente al corrente delle sue intenzioni. Volle v. E. perseverare nell'opera intrapresa intesa a creare, possibilmente, una

3Z7

(l) -Il primo segretario della legazione unghereoo a Roma Lukacs aveva pregato di inviare istruzioni a Preziosi di svolgere analoga azione presso Dollfuss (appunto di Buti del 18 ottobre). (2) -Preziosi rispose con t. 4206/423 R. del 19 ottobre quanto segue: «Segretario generale mi ha spontaneamente detto che incaricato d'affari di Ungheria aveva compiuto avantieri sera passo di cui al telegramma precitato. Segretario generale lo ha definito assolutamente superfluo mostrandosene anche in qualche modo risentito».

(l) Con telespr. 5404/1928 del 21 ottobre CeTTuti comunicò che Salata aveva avuto una conversazione col ministro Stieve, capo della direzione per la politica culturale il quale aveva rilevato «che nel biennio decorrente da.lla comunicazione d~ll'uscita dalla Lega la Germania rispetterà tutte le obbligazioni del Covenant e considera pertanto non toccata per ora affatto la di lei posizione rispetto al Patto a quattro. La Germania si asterrà fin da questo momento da ogni partecipazione e collaborazione d~retta od indiretta alla Lega delle Nazioni, in segnodi che ha fatto già trasportare a Berlino tutto l'archivio delle sue deleg.azioni tanto pressola Lega quanto presso la Conferenza del disarmo ».

299

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4205/816 R. Londra, 19 ottobre 1933, ore 20,24 (per. ore 3,30 del 20).

Simon mi ha pregato oggi di passare da lui e mi ha detto che, tornato a Londra, egli aveva subito esaminata col suo Governo situazione generale in relazione lavori conferenza ddsarmo. Nessuna decisione era stata presa circa sviluppi futuri che problema disarmo potrà avere, sviluppi che richiederanno intanto un periodo forse assai lungo di conversazioni fra le Potenze. Ma vi è una questione sulla quale egli desidera richiamare l'attenzione dell'E. V. e conoscere suo pensiero.

26 corrente dovrebbe riunirsi ufficio presidenza e commissione generale della conferenza disarmo. Simon si domanda se, qualora non vi sia certezza che queste riunioni possano portare a qualche risultato concreto, non sarebbe meglio che esse venissero rinviate. Egli non vede utilità di una riunione ufficio presidenza e commissione generale solo per constatare che un aggiornamento è necessario. Se Potenze sono d'accordo che aggiornamento è necessario, sarebbe a suo avviso, meglio deciderlo subito prima della riunione del 26 in modo che riunione non si tenga affatto.

Simon ha aggiunto che egli è ansioso conoscere pensiero di V. E. perché il Governo britannico vorrebbe prendere una decisione in armonia con quanto

V. E. suggerirà.

Qualora V. E. concordi nel ritenere che la riunione del 26 corrente non dovrebbe avere luogo, Simon pensa che si potrebbe fare da parte Inghilterra e Italia passo necessario in questo senso presso Henderson (l).

m!gllore atmosfera fra le nazioni europee In modo che l più gravi problemi possano, al momento opportuno, risolversi mediante accordi.

Le linee direttive che Inspirano all'E. V. l'idea del patto a quattro permangono dunqueintatte, quali che siano gli errori della Germania e le discussioni !n corso in vari paesicirca la possibllità o meno d! applicare !l patto stesso, concluso nel quadro della Società delle Nazioni, dato che uno del quattro firmatari rese nota la sua decisione d! uscire dal Consesso ginevrino. Esse permangono intatte perchè nella lungimirante concezione d! V. E. sono destinate a sostituire o per lo meno integrare la Società delle Nazioni, organismo senza spina dorsale ed esautorato.

Gli uomini di stato tedeschi hanno negli ultimi giorni, con maggiore o minore abilità, insistendo a mio parere troppo sulle loro intenzioni pacifiche a eu! nessuno p,resta sove,rchia fede, e senza ad ogni modo addurre alcun argomento nuovo, proclamato al mondo le ragioni per eu! la Germania si considera lesa nel proprio onore essendo sempre ancma trattata come Potenza d! second'ordine privata del pieno diritto della sovranità.

Anche volendo riconoscere giuste le ragioni tedesche rimane !l fatto che questi uomini d! stato una volta di più si dimostmrono tattici Infelici ed una volta di più, volendo esser griindlich a sproposito, agirono come !l toro nel magazzino delle porcellane.

A parte molte altre considerazioni, l'atteggiamento confidenzialmente ed opportunamente comunicato a Ginevra alla Delegazione italiana ed a quella britannica ed americana dall'Ambasciatore giapponese Sato, condannava all'inesecuzione quella qualsiasi convenzione per il disarmo che le Nazioni europee fossero pervenute a concludere.

Ne sarebbe derivata per la Germania una situazione particolarmente favorevole che avrebbe potuto essere sfruttata al propri fini qualora l'abilità politica non fosse per i tedeschi un mito».

«Corrispondentemente a mle opinioni già manifestate per aggiornamento conferenza dica a Simon che concordo su opportunità rinvio riunione 26 corrente e aggiunga che dovrebbe essere fissata data rlconvocazlone dopo Natale e cioè nella prima decade di gennaio».

(l) Mussolinl rispose con t. 1842/373 R. del 20 ottobre quanto segue:

300

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI

T. 1834/179 R. Roma, 19 ottobre 1933, ore 24.

V. S. conosce dal comunicato di lunedì alla stampa e dai commenti dei giornali, particolarmente del Giornale d'Italia, del 18 corrente, l'atteggiamento italiano dinanzi all'improvviso ritiro della Germania dalla conferenza del disarmo e dalla S.d.N. (Osservo incidentalmente che la Germania fino a ieri non aveva notificato ufficialmente alla Società delle Nazioni il suo ritiro). La mossa tedesca non appare giustificata dalle circostanze e rende più difficile il raggiungimento di una soluzione. La firma del patto a quattro aveva avuto per effetto una «détente » generale in EurOtpa, di cui anche codesto paese si avvantaggiava nei suoi raworti con gU Stati vicini. L'•iniziativa presa dal Reich ha aumentato le diffidenze che (più o meno spiegabil) esistono in ogni parte verso la Germania e rende gli altri Stati meno inclini a fare alla Germania le concessioni che sono necessarie perché sia possibi!le un rtccordo sulla questione del disarmo. Per quanto il patto a quattro dimostri nella situazione attuale più che mai la sua ragione d'essere e le sue possibilità, non è mia intenzione di farmi iniziare in ogni caso in questo momento della sua applicazione. Sarà bene che nelle conversazioni che ella possa avere costi, faccia rilevare come neanche l'Ungheria potrà avvantaggiarsi dell'iniziativa tedesca in quanto che la diffidenza conseguente a tale iniziativa non potrà non ripercuotersi anche nei rispetti ungheresi da parte di suoi vicini. Questa legazione d'Ungheria ha informato (l) che Governo ungherese non intende in ogni caso per ora di seguire l'esempio tedesco. Trovo la decisione molto saggia e non posso non incoraggiare codesto Governo a persistervi. Esso farebbe un grave errore accodandosi al Reich. Contemporaneamente questa legazione d'Ungheria ha fatto pure sapere che Governo ungherese respingerebbe progetto Simon. Non esiste un progetto Simon: ma solo l'annunc·io da.to da Simon della necessità di rivedere il progetto MacDona1d (a suo tempo accettato a Ginevra come base di discussione) per tener conto delle osservazioni, conversazioni ecc. che nel frattempo avevano avuto luogo al riguardo. È essenziale di continuare a considerare con calma la situazione. Tale atteggiamento è l'unico ragionevole; è il solo che, in definitiva, permetterà di giungere ad una soluzione di buon senso della questione, quale quella che su una valutazione realistica dei fatti e delle possibilità esistenti io avevo preconizzata e mi ero adoperato a far accettare alle diverse parti interessate.

(l) Cfr. n. 288

301

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4221/190 R. Vienna, 19 ottobre 1933 (per. il 21).

Cancelliere, nel parlarmi dell'atteggiamento assunto dalla Germania verso Ginevra, mi ha detto che, a suo avviso, il perno de'lla si,tuazione trovasi più che mai nelle mani di V. E.

Egli si è poscia dilungato ad esaminare la nuova situazione prodottasi in Germania, prospettandola sovratutto in rapporto alle attuali relazioni austrotedesche ed alle possibilità o meno che essa offrirebbe per il conseguimento di una détente f,ra i due paesi.

Al riguardo, il cancelliere ha notato che Hitler non dovrebbe nascondersi il grande effetto che susciterebbe un simile avvenimento nonché il grande beneficio che ne proverrebbe alla Germania ed al suo attuale Governo: e ciò tanto più in quanto le dichiarazioni con cui egli ha accompagnato le prese decisioni sono ispirate ad una cosi accentuata moderazione da lasciar intravvedere il suo attuale vivo desiderio di calmare il più possibile le apprensioni dell'opinione pubblica internazionale.

E sviluppando tale concetto ha rilevato che solo V. E. può in realtà valutare le possibilità della nuova situazione e decidere quell'azione che potesse apparirle atta al fine suindicato.

302

IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4212/183 R. Ginevra, 20 ottobre 1933, ore 19,25 (per. ore 21).

Riferendosi alle note dichiarazioni da lui fatte alla stampa, circa applicazione patto a quattro, Henderson ha detto a Pilotti che egli era stato ispirato nel farle dal convincimento che Francia trovasi vincolata dai suoi alleati i quali le creerebbero forti difficoltà per ogni sorta di negoziato da cui fossero esclusi; che a suo avviso un colloquio fra i soli firmatari del patto a quattro, senza neppure l'America, non potrebbe che constatare l'irrigidimento delle rispettive posizioni del Reich da una parte e della Francia ed Inghilterra dall'altra.

303

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI

T. 1846 R. Roma, 20 ottobre 1933, ore 23.

(Solo per Berlino e Budapest) Ho telegrafato a Vienna quanto segue:

(Per tutti) Suo telegramma 421 (1). Resto in attesa di avere notizie sul colloquio Benes-DoJlfuss. Per quanto riguarda Ungheria ella può dire al cancelliere che Governo ungherese ha fatto conoscere qui (2) che in ogni caso pel momento non ha intenzione di seguire l'esempio tedesco e di ritirarsi dalla

S.d.N. o dalla conferenza. Per parte nostra gli sono stati dati consigli di moderazione (3) e gli si è fatto rilevare come passo tedesco aumentando dHfidenza verso Germania non potrà non ritardare e non rendere più difficili le concessioni che la Germania desidera. Anche l'Ungheria non avrà da rallegrarsi della iniziativa di Berlino in quanto che è solo in una atmosfera di maggiore tranquillità che anche Budapest potrà ottenere le soddisfazioni volute.

Quanto al progetto Simon, esso non esiste. Simon ha solo annunciato che dopo il noto giro di Henderson e dopo le conversazioni che avevano avuto luogo fra i diversi Governi, si rendeva necessario un rimaneggiamento del progetto Ma:cDonald a suo tempo accettato come base di discussione a Ginevra.

304

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 20 ottobre 1933.

Ho consegnato all'Ambasciatore von Hassell il memorandum relativo all'acquisto di 500.000 tonnellate di carbone e alle richieste da noi formulate in tale occasione.

In relazione alla situazione determinata dall'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni, l'Ambasciatore richiama la mia attenzione su alcuni articoli di giornali tedeschi che, secondo la sua impressione, mettono la situazione nei suoi veri termini, lasciando aperte tutte le possibilità per i futuri negoziati.

L'Ambasciatore rileva anche con soddisfazione il tono moderato della stampa inglese che pare rendersi conto delle ragioni dell'atto tedesco. L'Ambasciatore mi chiede anche se si sia manifestata qualche tendenza a chiarire la situazione.

Gli rispondo che non c'è nulla di nuovo. D'altra parte non si vede neanche la possibilità per un mutamento. In quanto alla Germania con l'avere indetto il plebiscito è per il momento imbottigliata. Se in Germania si calcola sulla

nostra buona volontà per fare ora dei passi in base al Patto a Quattro, bisogna che si tolgano questa illusione. La Germania col passo recente ha precluso la via alla collaborazione non solo nella Conferenza del Disarmo e nella Società delle Nazioni, ma anche nel Patto a Quattro. Noi non vogliamo metterei nella situazione di trovarci di fronte ad un rifiuto, che almeno da un punto di vista formale sarebbe perfettamente giustificato.

L'Ambasciatore mi ribatte che in Germania non si è mai chiesto questo passo dall'Italia; lo si aspetta anzi da parte delle altre Potenze.

Io gli osservo che se tale passo verrà da parte delle altre Potenze noi evidentemente non potremo che accoglierlo favorevolmente, ma non prendiamo noi l'iniziativa. Questo nostro atteggiamento che è perfettamente logico, pare aver suscitato in Germania un certo stupore. Devo anzi rilevargli che è un contegno curioso questo della Germania di considerare sempre come acquisito il nostro consenso a quanto essa fa -anche quando noi non ne siamo avvertiti in tempo come nel caso attuale; come ciò poi sia giudicato all'estero, risulta dall'articolo di oggi del [Matin]. Noi non riteniamo che Ja nostra missione sia quella di riparare i cocci fatti dalla Germania; noi siamo perfettamente liberi di fronte alla Germania, come di fronte alla Francia, all'Inghilterra e a qualunque altro paese e l'aiuto che abbiamo dato alla Germania l'abbiamo dato per una ragione di principio rispondente ad una visione di ricostruzione mondiale, senza chiedere dei compensi.

Posso dire all'Ambasciatore che il recente atteggiamento della Germania ha irritato fortemente il Capo del Governo e che le osservazioni che gli ho fatte, rispondono precisamente al punto di vista del Capo.

L'Ambasciatore mi dice di dover ammettere che il risentimento del Capo del Governo è giustificato, sebbene la Germania si sia trovata in una situazione di necessità dalla quale non poteva uscire altrimenti. L'Ambasciatore riconosce anche che in Italia si possa qualche volta avere l'impressione che la Germania considera il nostro Paese come legato alla politica tedesca. Egli avverte però che ciò non è né nello spirito né nelle direttive degli uomini di Governo, ma proprio nell'opinione popolare. Egli ha sempre insistito perché la politica del suo Paese verso l'Italia si basasse su dei criteri realisti ci; si riconoscesse cioè che noi abbiamo determinati interessi in comune, oltre i quaJ.i non conviene andare; bisogna !imitarci a valorizzare al massimo nel vantaggio delle relazioni fra i due Popoli tali comuni interessi. Nell'animo popolare invece le relazioni fra i nostri due Paesi vengono giudicate da un punto di vista sentimentale. Si pensa che l'amicizia italiana debba estendersi a tutti i campi e quando ci si accorge che in qualche punto ci sono delle diversità di vedute, allora si hanno dei movimenti di malumore. Si dice allora che gli italiani sono molto larghi nelle promesse ma poi al momento opportuno non si trova il loro aiuto.

Osservo all'Ambasciatore che evidentemente noi non possiamo tollerare tali

apprezzamenti, anche se partono da un punto di vista sentimentale, che a parte

tutto il resto sono assolutamente ingiustificati.

L'ambasciatore mi dà perfettamente ragione: ha voluto spiegare soltanto

come rimane intesa l'amicizia itala-tedesca nelle sfere popolari del suo Paese.

Ritornando al passo tedesco l'Ambasciatore mi dice di essere straordinaria

mente spiacente per l'impressione che ne ha ritratto il Capo del Governo. Pur

avendone riconosciuto il giusto fondamento egli vorrebbe fare qualche cosa per dissiparlo. Gli rispondo che in altro momento gli avrei potuto consigliare di chiedere

udienza al Capo del Governo; oggi invece gli consiglio di non farlo.

L'Ambasciatore si atterrà al mio consiglio.

Venendo a parlare delle prospettive che avrà la situazione attuale, egli lamenta che la buona volontà della Germania sia misconosciuta. Il Governo tedesco non sa veramente più che cosa fare per far comprendere agli altri Paesi che le sue intenzioni sono pacifiche.

Gli osservo che, un mezzo opportuno per dimostrare questa buona intenzione tedesca sarebbe stato quello di non rompere le trattative. La mia impressione è che l'ultima fase delle trattative si svolgeva in modo non contrario agli interessi tedeschi. C'era ad esempio un punto fondamentale per la Germania -quello del controllo -che per il nostro intervento non era avviato male. Io penso che la Germania abbia un grande interesse ad evitare il controllo dello stato attuale degli armamenti che potrebbe per avventura metterla in contrasto con gli obblighi a lei incombenti per il Trattato di Versailles. Ora a Ginevra si stava lavorando per mettere questo controllo alle nuove costruzioni (nuove costruzioni che farebbe la Germania e che avremmo fatto anche noi per ìl rinnovamento del materia,le); quindi un principio di assoluta parità fra i due gruppi di Stati. D'altra parte le ,idee es,poste da Simon nel suo discorso al Bureau sono le stesse sulle quali si era discusso anche con Neurath durante tutte le ultime trattative.

L'AIID.bascia;tore chiede se si terrà la riunione del 26.

Gli rispondo che noi siamo di opinione che convenga rinviarla per dar tempo alla situazione di chiarirsi, altrimenti la riunione del 26 potrebbe portare veramente a quel fronte unico contro la Germania che era stato già tentato e che per opera nostra era stato sventato.

L'Ambasciatore osserva che potrebbe essere un metodo anche quello di redigere il testo di un accordo fra le altre Potenze e poi presentarlo alla Germania per vedere se lo accetta.

Mi meravigilio che egli ritenga possibile un tale metodo; è chiaro che la Germania quando ciò avvenisse sosterrebbe che questo è un nuovo diktat. L'Ambasciatore spera che si troverà modo di riprendere le conversazioni.

(l) -Cfr. n. 293. (2) -Cfr. n. 288. (3) -Cfr. n. 300.
305

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 20 ottobre 1933.

Questo Ministro di Bulgaria è venuto a fornire alcune notizie sugli ultimi avvenimenti nei riguardi del suo Paese.

Incominciando dalla visita del Signor Titulescu a Sofia, ha detto «che nessuno degli argomenti trattati aveva avuto una vera e propria portata politica». Si era trattato di quistioni non di primo piano: ponte sul Danubio, stato delle scuole bulgare in Romania, insegnamento della lingua romena in Bulgaria, beni bulgari in Romania ecc., ma anche per queste quistioni nessuna decisione era stata presa. Forse una decisione potrà essere presa in occasione del prossimo incontro di Re Boris con Re Caro! che avrà luogo alla fine del mese.

Il Signor Volkoff ha aggiunto che Titulescu ha basato tutte le sue conversazioni sul rispetto integrale dei Trattati.

Passando ai rapporti bulgaro-turchi, il Signor Volkoff ha ripetuto le cose già note circa le circostanze che avevano impedito un allargamento del trattato esistente tra la Bulgaria e la Turchia e condotto al semplice rinnovo del trattato esistente. Tali circostanze sono, come si sa, specialmente quella del Patto turco-greco per le ripercussioni che esso ha sulle aspirazioni bulgare verso l'Egeo.

Quanto ai rapporti con la Jugoslavia, il Ministro bulgaro ha detto che esiste effettivamente un miglioramento senza però che esso abbia in ogni caso preso delle forme precise. Ha citato tra l'altro il fatto che la restituzione della visita qei vescovi bulgari in Jugoslavia è temporaneamente sospesa. La causa ufficiale è la malattia del Patriarca jugoslavo. Se gli Jugoslavi si decidessero a fare un migliore trattamento alle minoranze bulgare in Macedonia, ha però aggiunto il Signor Volkofif, è evidente che i rapporti tra i due Paesi si migliorerebbero assai; ma egli dubita che tale possibHità si verifichi. Il Ministro di Bulgaria ha anche accennato alla possibilità di un incontro a Belgrado dd. Re Boris con Re Carol e Re Alessandro, ma è una notizia che non è ancora confermata.

Per quanto riguarda la Greda, tra Grecia e Bulgaria si inizieranno presto delle trattative, però limitatamente al campo economico e specie per un trattato economico. L'ho incoraggiato ad allargare quanto più possibile queste trattative secondo le note direttive; ma è chiaro che le distanze tra i due Paesi nel campo politico sono ancora e sempre notevoli.

306

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, BAISTROCCHI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

PROMEMORIA S. 22410. Roma, 20 ottobre 1933.

Nel promemoria 20559 trasmesso a V. E. in data 2 ottobre (1), veniva riferito come le autorità militari ungheresi stessero studiando la possibilità di estendere all'Austria la collaborazione esistente nel campo degli armamenti tra Ungheria ed Italia e veniva, anzi, comunicato come tale estensione fosse vista di buon occhio da parte dell'Ungheria la quale, preoccupata sopratutto del problema del rifornimento delle munizioni, avrebbe potuto guardare con maggiore serenità l'avvenire.

Sulla questione, S. E. il generale Roder, capo dello stato maggiore ungherese, ha intrattenuto nuovamente (in data 6 ottobre) il nostro addetto militare e

gli ha dichiarato che egli vede ormai possibile la realizzazione di una collaborazione austro-ungherese, sia perché la situazione interna dell'Austria è sensibilmente migliorata e lo stato è quindi in grado di resistere alle pressioni socialnazionaliste, sia per la cordialità dei rapporti e la comunanza di interessi oggi esistenti fra Austria e Ungheria.

Come fu segnalato, esiste già uniformità nell'armamento della fanteria: si tratterebbe ora di iniziare, in un primo tempo, l'unificazione del munizionamento per l'artiglieria leggera e precisamente pei calibri 75-13, 77-28 e 100-17.

Tale unificazione potrebbe realizzarsi mettendo a disposizione dell'esercito federale austriaco i risultati degli studi concretati tra tecnici italiani e ungheresi.

S. E. Roder ha dichiarato che nessun passo ufficiale è stato fatto al riguardo tra Austria e Ungheria e che la progettata unificazione non potrebbe essere attuata che dietro consenso italiano. Egli ritiene però che le autorità austriache sarebbero liete di accogliere la proposta.

Questo ministero esprime il parere che una estensione della collaborazione italo-ungherese all'Austria sarebbe vantaggiosa anche a noi pei seguenti motivi:

1°) dal punto di vista politico, essa ci collegherebbe maggiormente coll'Ungheria e ci legherebbe l'Austria sopratutto in questo momento di grande lavorio francese nei Balcani e tanto più che la Francia starebbe cercando di rivendicare alla sua esclusiva influenza le concessioni fatte all'Austria nei riguardi degli effettivi;

2°) dal punto di vista economico, essa costringerebbe probabilmente l'Austria ad attingere alla nostra produzione di materiale bellico, con conseguente miglioramento del nostro mercato;

3°) dal punto di vista militare, essa permetterebbe, in caso di bisogno, lo sfruttamento sia delle magnifiche tradizioni tecniche sia dei grandi impianti industriali esistenti ancora oggi in Austria.

Naturalmente sarebbe necessario che l'Austria garantisse la maggiore segretezza: dovrebbero, poi, essere svolte direttamente tra autorità ungheresi e austriache le pratiche riguardanti l'unificazione, con la esclusione di ogni intervento italiano.

Si gradirebbe conoscere al riguardo H parer della E. V. (1).

(l) Non pubblicato. La prima notizia su questa questione era stata trasmessa da Colonna 11 20 settembre con t. posta 8772/1501, non pubblicato.

307

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 3558/1274. Londra, 20 ottobre 1933.

Il Gabinetto ha esaminato nella seduta di ieri la situazione che si è venuta a determinare in seguito alla uscita della Germania dalla S.d.N. Ho già esami

«Questo Ministero non può che vedere con favore tale iniziativa anche per quanto concerne la parte politica, naturalmente con le cautele del caso in relazione alla delicata situazione austriaca».

nato a parte, con mio fonogramma odie,rno n. 513 (1), le informazioni ufficiose che i giornali hanno pubblicato stamane. Esse sembrano destinate sopratutto a mettere in rilievo che il Gabinetto ha approvato l'azione svolta da Sir John Simon, e ad indicare che il Governo Britannico è pronto a offrire alla Germania «ogni opportunità -come dice il Times -per riprendere, se e quando essa lo desideri, le discussioni).

Questa manifestazione di solidarietà con Sir John Simon è sembrata tanto più necessaria in quanto l'opera svolta dal Segretario di Stato a Ginevra è stato oggetto nel paese di vivaci critiche; e, per quanto tali critiche abbiano trovato una eco in seno allo stesso Gabinetto, era evidente che il Gabinetto doveva formalmente assumersi la responsabilità della sua politica. Quello che si è rimproverato e si rimprovera a SLr John Simon è di aver tenuto verso la Germania un atteggiamento troppo intransigente. Senza far risalire al suo discorso la responsabilità della secessione tedesca, è tuttavia opinione assai diffusa -anche nei circoli più vicini al Governo -che, se egli avesse mostrato un maggior senso di comprensione della situazione tedesca, non si sarebbe giunti alla crisi odierna. Tali critiche sembrano tanto più fondate in quanto il Foreign Office in questi ultimi tempi ha costantemente mostrato di credere che, esercitando una pressione decisa e costante sulla Germania, questa avrebbe finito col cedere.

È naturale quindi che il ritiro della Germania dalla S.d.N. venga considerato non meno che un precipitoso colpo di testa del Governo del Reich anche un insuccesso della teoria della forza che il Foreign Office ha mostrato di professare.

Si aggiunga a ciò che la reazione dell'opinione pubblica al gesto tedesco non è stata né così unanime né così decisamente ostile alla Germania come il Foreign Office si attendeva. Il gesto tedesco è stato deplorato e criticato in tutti gli ambienti e da uomini di tutti i partiti, ma sono state in gran parte critiche più dirette al metodo brusco adottato dal Governo del Reich che alla tesi fondamentale da esso sostenuta. Si è potuto constatare che, nonostante la violenta campagna antinazista che ha infierito in questi tempi nel paese, questa tesi trova sempre in Inghilterra molte adesioni, sopratutto negli ambienti liberali e laburisti. Sono stati infatti i liberali e i laburisti -da Lloyd George a Lansbury -che hanno sostenuto che la situazione presente è stata determinata dal fatto che gli Alleati sono venuti meno agli impegni del disarmo che essi ebbero ad assumere nel 1919.

Altre critiche, e delle più preoccupanti, sono venute al Governo dalla City. La City ha trovato che sarebbe stato forse possibile evitare la crisi presente facendo a tempo delle concessioni alla Germania, e che bisogna -ora che la crisi si è verificata -compiere tutti gli sforzi possibili per riprendere i negoziati. Essa ha mostrato chiaramente di essere contraria ad una politica che possa portare l'Inghilterra ad assumersi responsabilità dirette in Europa in caso di un conflitto europeo.

Tale punto di vista è stato anche espresso da una parte dei conservatori, i quali hanno iniziato nell'opinione pubblica un'azione diretta a criticare e sva

lutare gli impegni assunti dall'Inghilterra nel Trattato di Locarno. Tra questi sono Lord Lloyd e Lord Beaverbrook, il quale ultimo sta conducendo nei suoi giornali un'attiva campagna per il disinteressamento dell'Inghilterra dagli affari d'Europa, e ha finanche aperto un referendum popolare per dimostrare che l'opinione pubblica inglese è ormai contraria al mantenimento del Trattato di Locarno, recentemente riaffermato da Baldwin. Senza volerne sopravalutare la portata e gli effetti è indubbio che questa campagna trova dei consensi nel popolo inglese, il quale comincia ad apparire stanco dei tentativi compiuti per superare il conflitto, che da molti si ritiene ormai insolubile, tra Francia e Germania, ed è indotto a credere che una politica di più strette relazioni interimperiali possa portare, a poco a poco, l'Impero Britannico a disinteressarsi dall'Europa. Queste tendenze vengono poi utilizzate dagli ultra-protezionisti per sostenere un aumento della protezione imperiale, e dai navalisti che sostengono -come Lord Beatty -la necessità di un aumento di armamenti navali. È interessante, a questo proposito, notare che in questi ultimi tempi, la campagna per l'aumento degli armamenti navali si è andata intensificando, e si direbbe ispirata e sostenuta dallo stesso Ammiragliato, come prova il fatto che lo stesso Capo di Stato Maggiore, Sir Ernle Chatfield ha di recente pronunciato un discorso in favore di una più attiva politica di costruzioni navali.

In complesso il Governo si è trovato, in questa occasione, di fronte a una opinione pubblica che rivela delle tendenze diverse da quelle che esso si attendeva. È risultato infatti:

l) -che la campagna anti-nazi rappresenta un movimento superficiale e che -nonostante gli errori commessi dalla Germania -essa non si realizza in una tendenza politica definita;

2) -che l'opinione pubblica inglese è ostile all'idea di un fronte unico anglo-francese contro la Germania, perché essa teme che una tale politica porterebbe ad un aumento delle responsabilità internazionali dell'Inghilterra;

3) -che la soluzione della crisi presente deve cercarsi con metodi che corrispondono a un alleggerimento non a un inasprimento della pressione politica esercitata sulla Germania.

Nella seduta di ieri il Gabinetto ha anche esaminato la convenienza di procedere alla pubblicazione di un Libro Bianco contenente gli ultimi documenti scambiatisi tra le Potenze relativamente al problema degli armamenti tedeschi. Tale pubblicazione era desiderata da Sir John Simon, il quale tiene a scolparsi dalle accuse di inesattezza che gli ha rivolto il Barone Neurath. Il Gabinetto si è pronunciato contrario al proseguimento della polemica. Il Libro Bianco conterrà solamente il processo verbale della seduta della Commissione Generale del 14 corrente, preceduto da una breve nota di carattere puramente narrativo. Sono state poi date istruzioni ai giornali di lasciar cadere ogni d.iscussione; e di sostenere che è necessario un periodo di riserbo e di attesa, per poter riprendere ,con calma le conversazioni ora interrotte. Il Gabinetto ha anche deciso di fare uno sforzo per evitare, se possibile, la riunione dell'ufficio di presidenza e della Commissione Generale della Conferenza del Disarmo fissata per il 26 ottobre, e Sir John Simon mi ha oggi spiegato le ragioni per le quali il Primo Ministro ed egli stesso erano stati indotti a prospettare a V. E. l'utilità di un

26 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

rinvio (vedi mio telegramma odierno n. 816) (1). Vi è non solo il desiderio di favorire il ristabilimento di una situazione più morale, ma anche di mostrare (e il Primo Ministro pare che si proponga di farlo al momento opportuno) che tra la posizione assunta dalla Germania e quella assunta dall'Inghilterra non vi è un dissidio insanabile, e che se il gesto precipitoso compiuto dalla Germania è ingiustificato, sarebbe anche ingiustificabile ogni rinunzia a riprendere i negoziati.

Sir John Simon mi ha parlato di questa ripresa in termini assai vaghi, dicendomi che il Gabinetto non aveva alcuna idea circa gli sviluppi futuri del problema del disarmo, ma mi ha accennato anche alla necessità di un periodo forse lungo di conversazioni fra le Potenze. Egli non mi ha fatto cenno del Patto a Quattro, ma, come ho avuto occasione di riferire a V. E., nell'opinione pubblica inglese vi è una decisa tendenza a considerare la procedura del Patto a Quattro come la più pratica e la più immediata per uscire dalla situazione attuale, e anzi l'unica vera speranza di riprendere, al momento opportuno, e con metodi diversi, il lavoro interrotto a Ginevra.

(l) Suvich rispose con telespr. confidenziale 236013/413 del 2 dicembre:

(l) Non pubblicato.

308

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 8062/2664. Belgrado, 20 ottobre 1933.

Nella intervista data alla stampa il 12 corrente, (Vreme di quel giorno) Jeftic pronunciò la seguente frase: «Noi stessi abbiamo anche l'Adriatico (sottinteso: da considerare) ~

Non avendo da allora visto Jeftic stamane soltanto glli ho potuto porre una mia più che legittima domanda sul significato e portata di tale frase.

La sua intervista era stata la più notevole fra quelle da lui date in altre precedenti occasioni, sia per l'importante viaggio di Re Alessandro che la aveva preceduta, sia perché ivi si precisavano con fermezza e chiarezza i tre aspetti della politica jugoslava. Con la frase riportata dalla stampa io non pensavo che egli volesse fare soltanto una semplice lezione di geografia.

Che dunque voleva egli significare?

Contro il suo costume Jeftic mi ha risposto lungamente. Le sue parole sono state sempre pesate e caute. Le frasi sue che qui ripeto sono le più riassuntive ed espressive del suo pensiero:

«Avevo dinanzi a me uno dei maggiori aspetti della nostra politica. Esso è il suo volto adriatico, cioè i rapporti con voi, ed il mio pensiero mirava a qualche cosa di concreto e di sicuro cioè i nostri rapporti per i quali dovrebbesi trovare un componimento. Certamente si è perduto fin qui molto, anzi troppo tempo.

E la situazione intanto si è modificata. Ma le evoluzioni e le modificazioni non sono ancora tali da opporre una barriera insormontabile ad un nostro accordo. Si tratta soltanto di volerlo o no. Dal canto mio ho la coscienza tranquilla, nel senso che ho fatto e faccio ogni sforzo per impedire possa sorgere domani un ostacolo insupe'rabHe. Cerco anzi per quanto sta in me, di migliorare l'atmosfera fra i due paesi e quando tale risultato sarà ottenuto, certamente o prima o poi una utile occasione si presenterà per esaminare la nostra rispettiva situazione.

In fondo che cosa ci divide? i nostri interminabili colloqui di una volta giravano intorno al vuoto?».

Ho replicato vagamente a Jeftic, essendo per me sufficiente egli rispondesse alla domanda di spiegazione che gli avevo rivolto. Gli ho sovratutto fatto notare che anche da noi l'atmosfera era migliore, e non potevo che augurarmi che tale miglioramento si aumentasse sempre più.

Ricordo ora a V. E. il discorso tenutomi da Purich (mio rapporto 2615 del 13 ottobre scorso) come anche le parole dette da Re Alessandro e che mi sono state di poi ripetute (1).

Aggiungo che da fonte confidenziale, ma serissima, mi è stato detto che Lazic (Ministro delil'Intecr:no) ha ripetuto poche sere fa, in una casa amica, che erano stati dati recentemente ordini a tutte le autorità di evitare qualsiasi incidente con noi, trattare anzi ogni questione relativa a cittadini italiani con pronta benevolenza.

Aggiungo infine che il Signor Pilja, delegato jugoslavo che verrà nei prossimi giorni a Roma per le trattative commerciali si è espresso con un mio collaboratore nel modo seguente:

«Se l'Italia in occasione delle prossime trattative vorrà venirci incontro in qualche modo, essa potrà acquistare qui una posizione economica preponderante e preponderante anche sulla costellazione politica attualmente esistente attorno e con la Jugoslavia,,

Ciò premesso mi permetto ricordare:

a) che ho segnalato dal 14 febbraio in poi come il progetto di unione economica della Piccola Intesa avrebbe certamente avuto sia pur difficile e stentato, un risultato progressivo. Qualsiasi percentuale di risultato sarebbe però andata a scapito di analoga percentuale favorevole al nostro paese. Ho pure

jugoslave, aggiungendo però di avere fiducia che esse non durerebbero più così molto tempo, ma che dovrebbero risolversi nella maniera più favorevole ».

costantemente affermato che, a mio giudizio, una sola cosa era da farsi contro la Piccola Intesa politica cioè approfittare della contrapposizione degli interessi economici della Piccola Intesa per metterli sempre più fra loro quanto più possibile in contrasto. Solo un risultato in questa direzione avrebbe potuto avere una qualche influenza nei rapporti politici;

b) ho pure tempestivamente segnalato, e poi seguito, il complesso movimento balcanico che tende ad un componimento dei vari e divisi interessi partendo dai due poli di Angora e Belgrado. Tale movimento che si svolge al di fuori della nostra influenza, potrà anche essere domani contro i nostri interessi. In ogni caso la unione politica della Piccola Intesa si collega ora con patti collettivi o bilaterali la Turchia ed altri progressi potranno essere fatti in prossimo avvenire.

Concludo perciò, con ogni possibile subordinazione, ma con la precisa convinzione di essere certamente in quel tanto di vero che si può vedere da Belgrado:

l) se le prossime trattative commerciali condurranno (e le notizie ufficiali e private in mio possesso fanno appunto dubitare che ciò possa accadere) ad una contrazione degli scambi itala-jugoslavi, specie ad un'ulteriore diminuzione delle importazioni jugoslave in Italia, ciò non farà che rafforzare gli sforzi per la attuazione della autarchia economica della Piccola Intesa, e renderà meno difficile la attuazione pratica di simile programma.

Il) nel campo politico stimo che ad evitare che l'attuale tendenza generale degli stati balcanici si risolva in danno per i nostri interessi noi non possiamo agire con efficacia che sulla Turchia e sulla Jugoslavia. Mentre per la Turchia nulla ho da dire salvo rammentare che colà abbiamo terreno propenso ad una rafforzamento dehla nostra posizione, nei rispetti della Jugoslavia e restando l'attuale generale situazione europea e balcanica, il tempo non parrebbe essere con noi.

(l) Cfr. n. 299, in realtà del 19 ottobre.

(l) T. posta 6930/2615, di cui si pubblicano 1 brani seguenti: <<Vedete l'altra frase d! Jeftic: "Siamo entrati nel periodo delle responsabll!tà e delle decisioni serle ". E penso che quello che non potemmo trovare nella situazione di amicizia che durò dal 24 al 28, e neppure nelle successive discussioni troncate nell'anno scorso, cioè un vero e sicuro e durevole accordo, sarà un terzo elemento che ci forzerà a cercarlo trovarlo e mantenerlo. Questo è !l pericolo germanico che ci minaccia tutti. Penso che sarebbe ut!le che tale accordo intervenisse prima del manifestarsi concreto e preciso del pericolo, non sotto la Imminenza di esso. Come sarebbe anche necessario che quello dei due paesi che prenderà primo le Iniziative di una difesa lo facesse d'intesa con l'altro pe,r evitare dannose interpretazioni e pericolose nel vicino. Quanto al modo di riprendere le conversazioni bastava volerlo... Aggiungo per notizia che qualche giorno fa !l Re Alessandro parlando con persona, che non posso con sicurezz;a stabilire se me lo abbia ripetuto per istruzione ricevuta o soltanto per pura personale informazione, ha espresso del rammarico per le attuali relazioni italo

309

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. s. 110. Belgrado, 20 ottobre 1933 (per. il 23).

L'E. V. con telegramma n. 97 del 18 agosto (l) mi autorizzò ad incoraggiare a titolo puramente personale, la iniziativa di alcuni deputati croati di invitare il Ministero degli Esteri, a mezzo di una interpellanza, a esaminare la possibilità di un concreto miglioramento dei rapporti itala-jugoslavi.

Mi sono costantemente tenuto in contatto con i promotori di tale iniziativa. In un primo tempo essi volevano presentare una interpellanza, poi a seguito di accessione alla loro iniziativa anche di altri deputati e senatori croati, compresi quelli come Svrljuga, Mazuranich e Franges che si sono posti alla opposizione del Governo dittatoriale dopo avervi partecipato, fu ritenuto più opportuno in una riunione di tutti i deputati di non dirigere una interpellanza, ma parlare in sede di Bilancio del Ministero degli Afifari Esteri. ]l deputato zega avrebbe preso la parola esponendo i rapporti con la Germania con la Russia e con l'Italia, per giungere a formulare una domanda precisa nei riguardi del desiderato miglioramento delle relazioni italo-jugoslave.

Unisco al presente ,rapporto la tra·~~ia del discorso (l) che l'On. zega, dO!po approvazione dei suoi colleghi, si propone pronunciare.

Ivi manca soltanto la formulazione della domanda conclusiva, che lo zega si propone suggerire così: «Il viaggio di Re Alessandro ha avuto una eco in tutta l'Europa dimostrando la raggiunta tranquillità interna e la volontà di pace del nostro Sovrano. Il suo gesto è stato pertanto simbolicamente storico. I patriotti jugoslavi hanno seguito con a,nsia e con ammirazione le tappe del viaggio. Essi avrebbero sperato che non si arrestasse a Cattaro, ma compisse il suo ciclo toccando un porto italiano, Ancona, Venezia o Trieste. SoJo quando il viaggio sarà in tal modo completato solo allora la Jugoslavia potrà dire di avere voluta e raggiunta la sua vera pace che è quella col suo grande vicino. È l'augurio di tutti i patrioti jugoslavi. E' il Ministro degli Affari Esteri disposto a prendere in serio esame i rapporti ita>lo-jugoslavi per giungere al miglioramento che tutti si auspicano?»

L'On. zega è stato il 18 ·corrente da Jeftic gli ha esposto in modo generico le sue intenzioni. Jef.tic lo ha approvato, assicurandolo che egli avrebbe risposto. Jef1ttc non saprebbe dei miei contatti con Io zega.

Il bilancio del Ministero degli Affari Esteri non verrà per altro tanto presto in discussione, e perciò a meno di inattese circostanze il discorso dello zega non potrà essere tenuto che nella seconda metà di novembre.

Delle molte cose dettemi ieri dallo Zega vale la pena che io ripeta a V. E. soltanto quanto segue:

a) vi è un movimento unanime in tutti i deputati croati per il riavvicìnamento all'Italia, anche in quelli che fino a ieri vi sembravano meno propensi. Del resto la Croazia vive del commercio italiano, non vi è motivo che non ne desideri l'aumento, e non voglia in pari tempo che anche i rapporti politici con l'Italia possano migliorare.

b) glri emigrati allogeni sono e saranno un grave inciampo. Essi si rugitano e si intrometteranno per ritardare qualsiasi intesa. Anche perché sono faccendieri e speculatori politici che ormai hanno trovato il loro pane in tale agitazione e se lo vedrebbero mancare se dovessero cessarla. Specialmente sono accaniti in tale propaganda i francescani allontanati da Cherso e stabilitisi ora a Zagabria. Essi hanno riempita tutta la Croazia dei loro lamenti e seguitano ancora.

Per il punto b) ho risposto allo zega che tutta questa agitazione si spegnerebbe mirabilmente il giorno in cui intervenisse un accordo fra i due paesi.

Superfluo assicurare V. E. che di fronte allo Zega ed ai suoi colleghi io agisco solo ed unicamente per mia personale iniziativa, e sotto la mia personale responsabilità.

Ad utile fine aggiungo che Io zega conosce perfettamente il nostro Paese ed è stato anche in Tripolitania, dalla quale è tornato ammirato. I figli hanno per qualche tempo studiato in Italia e parlano correntemente l'Italiano.

(l) Cfr. n. 91, nota 2

(l) Non pubblicato.

310

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A BUENOS AIRES, ARLOTTA, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A RIO DE JANEIRO, CANTALUPO, A SANTIAGO, PEDRAZZI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI AD ATENE, DE ROSSI, A L'AJA, TALIANI, A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A COPENAGHEN, CAPASSO, A KAUNAS, AMADORI, A LISBONA, TUOZZI, A OSLO, DE MARSANICH, A PRAGA, ROCCO, A RIGA, MAMELI, A SOFIA, CORA, A STOCCOLMA, PATERNO', A TALLINN, TOSTI, A TIRANA, KOCH, E A VIENNA, PREZIOSI

T. 1847/c. R. Roma, ... ottobre 1933 Cl).

Per sua norma di linguaggio nell'eventualità di conversazioni con codesto Governo su situazione relativa ritiro della Germania dalla Società delle Nazioni

V. E. (S.V.) potrà tenere presente e opportunamente sviluppare punti messi in rilievo nel comunicato Stefani del 15 corrente.

L'E V. (S. V.) potrà mettere in evidenza opera conciliativa svolta dall'Italia nell'uUima fase della conferenza del disarmo anche nel senso di ottenere qualche altra concessione a Germania appunto per evitare situazione che si è poi verificata.

Potrà aggiungere che in Italia si considera momento attuale con la maggiore serenità, tuttavia si ritiene che per il momento non vi è molto da fare perché Germania sino alle elezioni non sarà in grado di modificare attitudine presa.

Più specialmente per quanto riguarda problema disarmo nostra delegazione a Ginevra, si è attenuta, nei contatti con altri delegati e nelle discussioni nell'ufficio di presidenza e nella conunissione generale !lllle seguenti istruzioni:

l) -deplorare sirtuazione che ha portato ad allontanamento Germania dalle discussioni internazionali; 2) -far presente inutilità continuare discussioni plenarie in assenza Germania pure ammettendo possibilità proseguire studi tecnici;

3) -adoperarsi per un aggiornamento della conferenza con la fiducia che nel frattempo si trovi la maniera di riprendere la collaborazione tra le varie nazioni.

Qualora le venga accennata possibilità di applicazione del patto a quattro ella potrà osservare che per quanto il patto a quattro dimostri nella situazione attuale più che mai la sua ragione di essere e le sue possibilità il R. Governo non ha considerato, nell'attuale momento, alcuna iniziativa in tal senso.

(l) Il t. è privo di data, si inserisce qui po!chè è posto fra 11 t. 1846 del 20 ottobre, ore 23 e l! t. 1848 del 21 ottobre, ore 11.

311

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4219/193 R. Budapest, 21 ottobre 1933, ore 14,40 (per. ore 17 ).

Ho intrattenuto questo vice ministro esteri nel senso e nel tono segnatimi dalla E. V. con telegramma n. 179 di ieri (1).

Pur con la prudenza consueta, accresciuta ora per l'assenza del ministro affari esteri e del presidente del consiglio, conte Kuen ha mostrato concordare in quanto espostogli, confermandomi alla fine esplicitamente che considerava situazione con calma e serenità. Nel corso della conversazione ho dovuto però rilevare e ribattere opinione secondo cui iniziativa germanica doveva in ultima analisi ritenersi vantaggiosa per l'Ungheria, la quale, senza compiere mossa analoga che non le conveniva, benefioiava ora a parere suo «della chiarificazione provocata dall'iniziativa tedesca~.

Circa discorso Simon conte Kuen ha osservato che parola « progetto ~ comunicata costì era dovuta ad inesattezza di redazione; se però revisione progetto MacDona'1d della quale Simon ha annunziato necessità, voleva essere, come qui ritenevasi, in peius, questo Governo -ha affermato -non poteva non esservi ostile.

Vice ministro mi ha detto infine aver suggerito al signor de Kanya abbreviare suo viaggio balcanico, affinché prima della scadenza aggiornamento conferenza disarmo generale questo ministro affari esteri prenda qui personalmente decisioni necessarie in relazione a quelli che saranno ultimi sviluppi questione. Appena ritornati non mancherò intrattenere signor de Kanya che è atteso per mercoledì e sopratutto generale Goemboes, che dovrebbe rientrare due giorni dopo.

312

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 1854/376 R. Roma, 21 ottobre 1933, ore 20,45.

Far sapere a MacDonald che suo messaggio in occasione parte ambasciatore Drummond ha suscitato migliore impressione in Italia e che gli sono tenuto per quanto ha detto circa il valore dell'amicizia itala-inglese.

(l) Cfr. n. 300.

313

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA. CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 21 ottobre 1933.

Sembrandogli che nel momento attuale qualche cosa debba esser fatta, mi è venuto ad esporre alcune sue idee personali al riguardo:

a) La Francia -mi ha annunziato -ha lasciato cadere le sollecitazioni tedesche a trattative dirette. Conseguentemente questo qualche cosa, se deve esser fatto, non può per ora esser tentato che fra gli altri, a esclusione della Germania. L'occasione -secondo lui -potrebbe essere data dalla prossima riunione della Conferenza del Disarmo del 26 corrente. In tale sede le Potenze dovrebbero procedere a una dimostrazione di solidarietà su qualche punto qualsiasi della questione che egli ancora non sa precisare.

Gli ho dimostrato i pericoli non solo di una tale iniziativa, ma anzi addirittura della stessa riunione della Conferenza a così breve scadenza, per cui mi sembrava non vi potesse esser dubbio sulla necessità di un ulteriore rinvio a una scadenza magari fissa, ma assai più lontana.

Mi è sembrato convinto di tale necessità.

b) Perché non profittare -mi ha detto -della rara occasione di una perfetta concordia di atteggiamento, quale è quella che la stampa italiana e quella francese hanno offerto in questi giorni, per cercare di dissipare il sospetto, che si sta diffondendo fra gran parte dell'opinione pubblica francese, che in .questo episodio l'Italia voglia starsene in disparte, facendo tutta sola un g'iuoco suo? Secondo Chambrun, basterebbe ingaggiare immediatamente un esame delle questioni seconda·rie pendenti fra i due Paesi per dissipare il sospetto.

Gli ho risposto che, a mio avviso, la discussione di tali questioni secondarie non potrà essere affrontata con speranza di successo se non quando sarà rdsolta almeno una delle due maggiori questioni internazionali attualmente pendenti: la questione del disarmo e quella dell'Europa danubiana.

Si è congedado confidandomi la sua opinione che, in definitiva, di questa arruffata matassa del disarmo il bandolo non potrà essere trovato se non nell'ambito del Patto a quattro, malgrado il colpo che questo abbia ricevuto dagli ultimi avvenimenti.

314

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. R. P. Belgrado, 21 ottobre 1933.

Ella sa che con i fondi riservati, messi mensilmente a mia disposizione, invio a mia volta importi vari ai Consolati dipendenti in Jugoslavia per i loro servizi.

Quindi anche a Zagabria. Ma ivi le ne,cessità sono sempre in aumento, e da vari, anzi da molti mesi la quota mensile che mi è richiesta, è salita a dinari 20 mila.

Ma purtroppo le informazioni che sono venute da quel R. Ufficio sono le più sballate che si possano immaginare. Né vale a difesa premettere o far seguire parole di riserva. Se taluno con riserva comunichi che un asino vola, l'asino è certamente il taluno. Ella non sa cosa arrivò a me ed al colonnello Franceschini nel febbraio marzo scorso. Fortunatamente le informazioni militari non arrivano direttamente mai a Roma, ma solo per il tramite di Belgrado (e così fosse anche per le politiche ...). Fortuna per le militari, che tanto io quanto il Colonnello abbiamo i nervi a posto, se no v'era di che gettare lo scompiglio da noi.

Oltre a ciò la situazione generale jugoslava e la particolare croata indicano che i denari che gettiamo in quel pentolone sono i peggio spesi. E del resto se i Croati abbiano da sollevarsi e buttare all'aria questo paese ciò sarà perché avranno una loro propria interna forza per farlo, non per qualche migliaio di dinari che riceveranno.

A conclusione è mia intenzione tagliare il fondo mensile che mando a Zagabria (notisi che Zagabria ne riceve direttamente anche da Roma -credo 7 od 8 mila dinari mensili) e tornare alle proporzioni di Rochira e se possibile anche meno. Ma è inutile che io decida tale economia se debba poi ricevere ordine di ripristinare i versamenti maggiori, o se questi poi siano con altra mano ridati a Zagabria.

La prego quindi di prendere, o far prendere in esame cui spetti, tale mia lettera e farmi sapere se io possa o no ridurre il fondo mensile richiestomi da Zagabria.

315

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 4248/426 R. Vienna, 23 ottobre 1933, ore 22

(per.

ore

7 del 2

4).

Telegramma di V. E. n. 225 (1).

Cancelliere, cui ho riferito consigli dati da V. E. a Governo ungherese, li ha definiti «parole di Vangelo~.

Ha avuto poscia espressioni di profonda ammirazione e devozione per V. E.

Ha aggiunto che nella questione dei rapporti con l'Ungheria la valutazione che V. E. fa della politica estera e militare colà praticata è da lui considerata come un elemento di massima importanza.

Da parte mia segnalo che in questi ultimi giorni ho potuto precisare che i dubbi e le apprensioni del cancelliere nei riguardi dell'Ungheria derivano prevalentemente dalla sua irriducibile diffidenza verso signor de Kanya.

Circa questione accaparramento stampa ungherese ... (2) riferisco per corriere.

(l) -Protocollo partlcolare per Vlenna del n. 303. (2) -Gruppo lndeclfrato.
316

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4260/193 R. Vienna, 23 ottobre 1933 (per. il 25).

Mio telegramma n. 422 e mio telegramma per corriere n. 191 (1). Ho chiesto oggi al cancelliere che impressione gli avesse lasciata la visita di Benes ed a quali motivi egli la attribuisce.

Cancelliere mi ha prontamente risposto non ritenere che visita abbia obbedito a reconditi scopi: parergli invece che Benes abbia voluto sopratutto uscire dalla specie di isolamento in cui si troverebbe, dando appunto l'impressione di poter essere ben ricevuto anche in capitali diverse da quelle della Piccola Intesa e da Parigi.

La conversazione con Benes era stata una specie di monologo, avendo Benes parlato incessantemente, sovratutto sul nazismo, sulla questione del disarmo, sulle possibili conseguenze delle recenti decisioni di Berlino, sulla conferenza della Piccola Intesa a Sinaja. Circa questa riunione egli aveva voluto fornire ogni possibile particolare, insistendo sul punto che tutti i riguardi erano stati presi nei confronti dell'Austria, la Cecoslovacchia non essendo affatto animata dal disegno o dal desiderio di esercitare un monopolio industriale sui paesi dell'Europa danubiana. Cancelliere ha aggiunto che Benes era andato tanto diffondendosi su questa conferenza, che egli aveva creduto di richiamarlo senz'altro al nostro memorandum danubiano (2), esponendoglielo punto per punto, e richiedendo esatte risposte (mio telegramma n. 422).

L'opposizione di Benes a che l'Austria potesse usufruire di preferenze per la sua industria sui mercati di Romania e Jugoslavia aveva poi suscitato la viva reazione del cancelliere: difatti questi aveva replicato che il Governo cecoslovacco doveva ormai ben rendersi conto che la situazione creatasi nei riguardi del memorandum italiano, stante l'atteggiamento assunto dalle grandi Potenze verso di esso, era del tutto favorevole; e che pertanto un eventuale ostile atteggiamento di Praga non solo sarebbe stato esiziale per la Cecoslovacchia e per la Piccola Intesa, ma «avrebbe avuto una grande influenza sull'atteggiamento dell'Austria:..

Cancelliere ha rilevato che queste sue parole avevano prodotto viva impressione su Benes, tanto che questi, nel momento di prender commiato, aveva creduto di mostrargli un contegno più conciliante. Ad ogni modo Dollfuss mi ha detto sperare che Benes finirà col prendere un «atteggiamento più positivo~.

Cancelliere mi ha infine fatto presente che Benes, nel corso del colloquio, aveva accennato con evidente compiacimento ad una sua possibile visita a V. E., chiedendogli anzi qualche notizia sulle impressioni e sulle disposizioni della

E. V. circa la Piccola Intesa.

Per concessione dell'argomento desidero poi riferire:

l) che nella mia penultima visita al cancelliere, alla vigilia della venuta di Benes, essendo caduto il discorso sul tempo in cui io fui ministro a Praga, credetti opportuno di accennare che in quell'epoca Benes ad altro non pensava che a piani di stretta collaborazione fra la Cecoslovacchia, l'Austria e l'Ungheria (così intendevo controllare in qualche maniera la ripercussione qui avuta dalle aperture di Masaryk al signor Marek di cui al telespresso di V.E.

n. 230385) (1). Al 'che tl cancelliere mi interruppe, dicendo che se Benes gli avesse accennato a simili combinazioni, egli lo avrebbe senz'altro invitato a passare ad altro argomento.

2) Che avant'ieri sera il vice-cancelliere Fey, parlandomi dell'atteggiamento di Dollfuss circa la socialdemocrazia e di eventuali, ma non verificatesi, intromissioni di Benes, aggiunse di aver chiesto al cancelliere se la visita del ministro cecoslovacco avesse avuto anche lo scopo di un'offerta all'Austria di collaborare piuttosto con la Francia e la Piccola Intesa. Al che il cancelliere aveva risposto nel modo più reciso «che l'Austria era e rimaneva legata all'Italia :..

(l) -T. 4209/422 R. e t. per corriere 4223/191 R. del 19 ottobre, non pubbllcatl. (2) -Cfr. n. 232.
317

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 ottobre 1933.

Colloquio con l'Ambasciatore di Francia.

Gli ho chiesto se aveva notizie da Parigi relative alla prossima riunione del disarmo del 26 corrente. Nulla ha saputo, eccetto che Boncour, che ha accettato ma non proposto l'aggiornamento al 26, sarebbe favorevole a un nuovo rinvio che fosse però limitato nel tempo.

Gli ho detto che, essendo inammissibile tanto la ripresa delle discussioni senza la Germania, quanto l'aggiornamento della Conferenza sine die, per mio conto, non vedevo altra soluzione che quella del rinvio all'inizio dell'anno nuovo, anche per ragioni di decoro, ritenendo essere a tutto scapito della Conferenza una serie successiva di brevi rinvii.

Ho ben sottolineato trattarsi di opinioni mie personalli. Il Governo italiano, per conto suo, in questo momento non intende assumere alcuna iniziativa, continuando nel suo atteggiamento di attesa deciso l'indomani dell'uscita della Germania.

Congedandosi, mi ha ripetuto di comprendere perfettamente l'attitudine del Governo italiano. Questa sera mi invierà una lettera coi desiderata del Governo francese su questo argomento.

P. S. -Mi onoro accludere la lettera promessa.

(ll Non pubbUcato.

ALLEGATO

CHAMBRUN A ALOISI

L. P. Roma, 23 ottobre 1933.

Voici, d'après les derniers renseignements que j'ai reçus, la position exacte du Gouvernement français quant à l'ajournement éventuel de la Conférence du Désarmement.

On craint, d'une part, que l'opinion européenne ne se méprenne sur le sens de cet ajournement et n'en conçoive des inquiétudes sur le règlement futur de la question. D'autre part, ainsi que vous le savez. le Président du Conseil français a déclaré récemment à la Chambre que notre délégation se trouverait à Genève à la date convenue du 26 octobre. Il s'ensuit que nous pouvons difficilement prendre l'lnitiative du nouvel ajournement envisagé. Mais, si le Président de la Conférence décidait de proposer une date ultérieure, nous serions disposés à accepter une telle suggestion sous reserve que le délai qu'elle comporterait n'excède pas deux à trotis semaines. La date du 1er janvier 1934 que je viens d'indiquer à Paris y est consldérée comme trop éloignée (1).

318

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, QUARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 23 ottobre 1933.

Il Consigliere dell'Ambasciata Sovietica è venuto a comunicarmi che il suo Ambasciatore penserebbe di profittare del viaggio di Litvinoff a Washington per combinare una sua visita a Roma.

È probabile che Litvinoff da Ankara si rechi direttamente in America. In questo caso egli potrebbe imbarcarsi su di un piroscafo italiano e fermarsi a Roma per via. Mi ha chiesto le date di partenza dei nostri transatlantici.

Qualora tale sua idea fosse di gradimento del Governo italiano, l'Ambasciatore Potemkin si metterebbe in contatto con Litvinoff e, in caso affermativo, il Governo italiano gli potrebbe far pervenire il suo invito formale per il tramite del suo Ambasciatore ad Ankara.

319

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Ginevra, 23 ottobre 1933.

La lettera di Jouvenel, di cui ti accludo copia, mi è giunta qui soltanto ier sera perché respintami da Sambuci. Questa mane egli mi ha telefonato da Parigi per sapere se l'avevo ricevuta ed esprimendomi il desiderio di conferire meco.

24 ot. 33 ».

Gli ho spiegato per telefono le ragioni del mio silenzio promettendo di rispondergli con calma.

Ti prego perciò, caro Suvich, di farmi sapere come devo regolarmi in una questione così delicata, e spero che mi metterai in condizione di rispondere al nostro amico Jouvenel nel più breve tempo possibile.

Credo mio dovere portare alla tua conoscenza che l'opinione da lui espressa circa una possibile preventiva intesa tra Mussolini ed Hitler per l'uscita della Germania dalla S.D.N. pare trovi largo credito qui ed altrove.

ALLEGATO

JOUVENEL A THEODOLI

L. P. Parigi, 16 ottobre 1933.

Il y a longtemps que j'aurais diì vous écrire, mais dans la solitude où j'étais à Castel-Nove!, loin de renseignements et de la politique, j'ai eu peur que ma con·espondance vous pariìt par trop dénuée d'intéret.

Au moins l'Allemagne vient-elle de rendre du mouvement à la politique. Mais, tout en justifiant le Pacte à Quatre qui reste maintenant le seui pont entre elle et l'Europe, elle me parait avoir bien compliqué la tàche de l'Italie.

Il est inévitable que le premier mouvement des politiques les porte à soupçonner l'Italie d'avoir porté un coup au Pacte de la S.D.N. pour mettre en valeur à sa piace le Pacte Mussolini. L'absence de Genève du Baron Aloisi au moment décisif doit sembler justifier ce soupçcon. J'imagine qu'il est tout à fait injustifié, mais je voudrais en etre sur, car je perdrais tout crédit sur l'opinion de mon pays si j'émettais une affirmation qui serait démontrée fausse.

Aussi n'ai-je, par prudence, à peu près rien dit de l'Italie dans un article que je viens d'écrire pour Excelsior et où, bien entendu, je montre le Pacte à Quatre comme la seule issue ouverte.

Je viens donc vous demander avec confiance la vérité, sachant que vous pouvez la demander à M. Mussolini et à M. Suvich. Je croirai ce que vous me direz de leur part. Si l'Italie a une responsabilité dans le geste d'Hitler, je considérerai qu'elle a commis une faute, mais je me garderai de la publier parce qu'il faut couvrir les fautes de ses amis après s'en etre expliqué avec eux. Mais si, comme je l'espère et le crois, l'Italie n'est pour rien dans la folie commise par Hitler, il est très important de le faire savoir par tous les moyens, car l'impartialité de M. Mussolini se trouvant démontrée, son autorité s'en trouvera grandie pour les débats ultérieurs.

J'avais encore beaucoup de choses à vous dire, mais je ne veux pas vous fatiguer pour aujourd'hui. Vous devez etre déjà à Genève en proie aux mandataires, mandants et mandatés (1).

(l) Annotazione a margine di Alolsl: «Chambrun mi ha detto oggi che questa lettera mi è stata scritta dopo una conversazione telefonica che eg!l ha avuto Iersera con Parigi

320

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4278/222 R. Praga, 24 ottobre 1933 (per. il 26).

(Faccio seguito al precedente mio telegramma per corriere n. 221) (2).

Ho chiesto a Benes se fosse esatta la mia impressione che il memorandum italiano, accolto da prima con allarme e diffidenza dalla pubblica opinione cecoslovacca, fosse stato in seguito oggetto di apprezzamenti più sereni, per poi

«Ho letto la lettera di De Jouvenel -mi pare curioso che possa pensare che noi fossimo ;l'accordo con la Germania. Puoi tranqullUzzarlo. Evidentemente noi non faremo a tale rtguardo nessuna altra dichiarazione ».

essere nuovamente considerato, dai commenti di stampa, con diffidenza e ostilità (vedi miei telegramma Stefani 381/7 e telegramma per corriere n. 207 del 3 ottobre; telegramma filo n. 208 del 7 corr. telegrammi per corriere n. 211 del 10 e n. 216 del 17 corrente) (1).

Benes mi ha detto che tale impressione era perfettamente esatta, e che la rilevata fase intermedia di serenità corrispondeva a sue precise direttive tendenti a calmare l'optnione pubblica e ad evitare polemiche capac1 di tagliare i ponti per ulteriori trattative. Alla ripresa di manifestazioni improntate a preoccupazione ed ostilità sarebbe invece del tutto estranea ogni inspirazione governativa sicché tale atteggiamento andrebbe considerato come genuina espressione del sentimento e degli interessi del paese.

In questo sguardo retrospettivo al primo periodo storico del nostro memorandum, Benes non ha tralasciato di esprimere qualche sommessa lagnanza per la procedura con la quale il memorandum è stato presentato, rilevando specialmente come la Polonia sarebbe stata fra le prime delegazioni che ebbero comunicazione del documento, mentre gli Stati della Piccola Intesa non ne ebbero comunicazione ufficiale che tre giorni più tardi. A questo elemento di fatto Benes ha attribuito la prima cattiva accoglienza fatta dalla Cecoslovacchia ma egli non vi ha insistito.

Né ha insistito sulla correlazione fra il nostro memorandum e quello antecedente francese, pur marcando che è stato constatato con compiacimento che il documento italiano era una risposta a quello francese.

Ciò premesso, Benes ha tributato subito decisi elogi al memorandum italiano che ha detto essere «incontestabilmente il progetto meglio elaborato e più costruttivo» di quanti ne siano stati finora presentati sulla materia e che esso costituisce il più notevole passo innanzi che sia stato fin qui fatto per far avanzare il problema danubiano verso reali possibilità di soluzione.

Con le consuete dichiarazioni di franchezza il signor Benes mi ha detto che egli aderisce al progetto italiano sui seguenti 4 punti:

1°) sulla concezione generale di affrontare il problema sul terreno puramente economico escludendone, almeno pel momento ed in quanto ciò sia possibile, gli aspetti e le considerazioni politiche (nel suo francese personalissimo ed inventivo Benes si è spesso servito dell'espressione «dépolitiser les problèmes » che se pure non esiste nel Larousse, rende abbastanza il suo concetto). Ciò non vuol dire che questi aspetti e considerazioni non siano reali ed importanti, forse anche decisivi, ma conviene attenersi a negoziati e metodi di lavoro che rinviino, sgombrandone così il terreno, l'esame degli aspetti politici dei problemi da risolvere.

Anche la procedura degli scambii di vedute fra le grandi Potenze e gli Stati interessati, ad esclusione di riunioni e conferenze inutili, ha la piena adesione del signor Benes, il quale mi ha dichiarato che egli non intende più recarsi ad alcuna conferenza se non ne siano stati preventivamente assicurati risultati tangibili.

Base dei negoziati debbono quindi essere il memorandum francese e quello italiano, restando inteso che quello italiano, più completo e più costruttivo, si

presta meglio ai negoziati. «Naturalmente -ha aggiunto Benes -nel corso delle trattative ciascuno potrebbe apportare propri elementi integrativi alla discussione ed al progetto. Io stesso avrò forse da presentare, non dico un progetto ma... alcune osservazioni:..

2") sul principio degli accordi bilaterali (paragrafo II del memorandum, lettera a), Benes non ha preconcetti né preferenze al riguardo. Mi ha ripetuto ancora una volta che l'errore di Tardieu era stato di non accordarsi con l'Italia prima di lanciare il suo progetto, che conteneva la lacuna insanabile di non tener conto dei diritti e delle necessità dell'Italia nella regione danubianobalcanica. Il signor Benes aveva pensato ad un complesso di accordi, e bilaterali e generali; ma se l'Italia e gli altri desiderano un sistema di accordi bilaterali, egli aderisce a questa concezione. Se mai si potrà vedere in seguito se qualche clausola generale non si appalesi desiderabile e come potrebbe essere attuata.

3°) sul trattamento preferenziale agricolo (paragrafo II, lettera b), che Benes mi ha detto di accettare senza riserve, ripromettendosi di venire a capo dell'opposizione degli agrarii cecoslovacchi, in primo luogo nel campo della collaborazione economica della Piccola Intesa.

4°) sul principio del trattamento preferenziale per la produzione industriale austriaca. Su questo punto però bisogna intendersi. Qui Benes ha insistito sulla crisi industriale cecoslovacca, per far presente come non sarebbe giusto che la preferenza industriale all'Austria si facesse completamente a spese della Cecoslovacchia. L'Austria non può pretendere di espellere interamente l'industria cecoslovacca dai mercati danubiano-balcanici e sostituirsi ad essa. A ragioni di giustizia si aggiungono interessi comuni, fino a quando l'Austria vor,rà opporsi a;1l'Anschluss. La preferenza industriale consentita daLla Germania a favore dell'Austria contro la Cecoslovacchia riproduce gli elementi essenziali del piano Schober-Curtius per realizzare l'Anschluss attraverso l'unione doganale. Né l'Austria può pretendere di soppiantare l'esportazione industriale della Cecoslovacchia presso i suoi due alleati della Piccola Intesa. Invece Austria e Cecoslovacchia possono intendersi per difendere le loro esportazioni industriali contro la concorrenza germanica nella zona balcanLco-danubiana. Pre,ferenze industriali all'Austria, dunque, ma non in misura tale da rovinare la Cecoslovacchia.

Benes ha detto che se è giusto e desiderabile aiutare l'Austria nell'interesse generale, non sarebbe giusto far pagare tutte le spese della ricostruzione danubiana alla Cecoslovacchia, la quale non crede che ciò possa essere nelle intenzioni di nessuno, ma che però deve difendersi e si difenderà contro un tale pericolo. Egli crede, del resto, che la Cecoslovacchia non sarebbe sola ad opporsi ad un eccessivo favoreggiamento dell'Austria, perché Inghilterra e Francia si troveranno su tale linea in posizioni forse ancora più avanzate della Cecoslovacchia.

Senza poi volerne fare oggetto di un 5° punto di adesione (sia pure con le riserve espresse pel precedente punto 4°) Benés ha aggiunto che egli riconosce anche il fondamento della proposta italiana di riservare alla sua esportazlone una parte equa dei mercati danubiani al quali l'Italia accorda il trattamento preferenziale agricolo. Anche qui però egli fa presente che questo non dovrebbe signif1care, dn pratica, l'espulsione delle importazioni cecoslovacche dai detti mercati.

Sicché, per precisare gli aspetti negativi del suo atteggiamento, quelli, cioè, in cui la Cecoslovacchia non può aderi~e al ·progetto italiano, Benès me li ha designati nei seguenti due punti:

1°) La Cecoslovacchia non può consentire all'Austria preferenze industriali tali da equivalere ad una espulsione dell'industria cecoslovacca dai mercati danubiano-balcanici;

2°) La Cecoslovacchia non può consentire ad una applicazione del principio di cui al paragrafo II, lettera b) del memorandum italiano tale da equivalere praticamente ad una sostituzione quasi comple,ta del.lle esportazioni industriali italiane a quelle cecoslovacche sui mercati danubiano-balcanici.

A questo proposito il signor Benes mi ha sviluppato una sua teoria secondo la quale l'industria italiana e quella cecoslovacca non sarebbero concorrenti irreconciliabili sui mercati di cui trattasi, sibbene esse avrebbero bisogno di sostenersi reciprocamente contro il comune concorrente -la Germania -con la quale non vi sarebbero possibilità di intese e di divisioni del volume globale delle transazioni commerciali, né per l'Italia, né per la Cecoslovacchia. In altri termini nel mercato danubiano vi sarebbe capienza per gli interessi della esportazione italiana e di quella cecoslovacca (e austriaca, beninteso): non vi sarebbe capienza né per le esportazioni concorrenti dell'Italia e della Germania né per quelle della Germania e della Cecoslovacchia.

La concezione del Benes, del resto, non può condurre ad altre conclusioni in quanto essa, nonostante le sue premesse di apoliticità degli obbiettivi da raggiungere dei metodi da seguire, è tutta dominata dalla pregiudiziale politica antigermanica che è la direttiva della sua politica europea anche se egli proclama volentieri che la Cecoslovacchia vuoi vivere in pace e in amicizia con la Germania.

Quanto questa direttiva generale della politica cecoslovacca sia inconciliabile, nel campo della ricostruzione danubiana, con gli obbiettivi di vaste collaborazioni e di giusto riconoscimento dei valori nazionali dell'Europa perseguiti dall'Italia, giudicherà V. E. e si dimostrerà attraverso gli sviluppi della situazione.

Su questi fondamentali aspetti del problema, che non affiorano in conversazioni informative come quella sulla quale riferisco, io non ho creduto di entrare in discussioni, ritenendo opportuno riservare a più alti fattori la trattazione di essi, almeno fino a quando le mie istruzioni rimarranno nei limiti della funzione di puro osservatore assegnatami da V. E.

La concezione del Benes e della politica da lui imposta a questo paese nel dominio specifico del problema danubiano trae del resto altri elementi di luce da quanto egli mi ha detto intormo alla Piccola Intesa ed al ritiro della Germania da Ginevra, argomenti che fanno oggetto dei successivi telegrammi

n. 223 e 224 (1).

«E qui Benes mi ha rivelato... che la funzione antimagiara della Piccola Intesa non è che un pretesto, mentre la sua vera funzione è molto più alta, essendo al tempo stesso antigermanica e antirussa.

(l) Suvich rispose con la seguente lettera del 27 ottobre:

(2) T. per corriere 4277/221 R., pari data, non pubbllcato: visita di Benes a Vienna.

(l) Non pubbllcatt.

(l) T. per corriere 4279/223 R., non pubblicato e t. per corriere 4280/224 R. entrambi del 24 ottobre di cui si pubblicano solo i seguenti brani:

321

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DI UNGHERIA A ROMA, HORY

APPUNTO. Roma, 24 ottobre 1933.

Di ritorno dal congedo, mi ha pregato di metterlo corrente della situazione politica generale e della questione del disarmo. Da tutto quanto m'ha detto è trasparsa la costante preoccupazione dell'Ungheria per tutto ciò che si riferisce al principio della eguaglianza dei diritti.

322

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4274/205 R. Bucarest, 25 ottobre 1933, ore 21,05 (per. ore 7,30 del 26).

Telegramma di V. E. n. 155 (1).

Piano italiano continua qui a formare oggetto di esame da parte organi

tecnici inclini a conclusioni improntate a severità di giudi:m. Ho fatto presente

che prossime trattative commerciali dovranno essere impostate su basi !lor

mali; non potendo essere da noi concesso in tale occasione un qualsiasi trat

tamento preferenziale. Non trascuro peraltro nessuna opportunità pe·r spiegare

che Romania può aspettarsi dall'applicazione del nostro piano larghi vantaggi

di decisiva influenza sulla sua economia.

Un atteggiamento più definito non sa·rà preso da questo Governo se non

d'accordo con gli altri due membri della Piccola Intesa. Si aspetta ritorno in

sede del signor Titulescu che intratterrò secondo le direttive impartitemi da

V. E

La Piccola Intesa deve, secondo Bene§, arginare !n Europa l due per!col! che la minac

ciano da nord-est, cioè !l pangermanesimo e Il panslavlsmo. Per questo la Piccola Intesa

deve necessariamente finire per collaborare con la Francia e con l'Italia che sono le due

Potenze aventi interesse e capacità di contrastare questi due predomini.

A Bene§ non interessa quello che faranno l'Austria e l'Ungheria se non !n funzione dell'obbiettivo che esse costituiscono per la Germania. Escluso Il pericolo che esse possanovenire da questa assorbita, la Piccola Intesa, nella concezione d! Benes, dovrebbe finire per Intendersi facilmente e con l'Austria e con l'Ungheria...

Per parte mia considero questa franchezza oltremodo spinta del Bene§ come elemento

della decisa linea antigerman!ca da lui assunta, quale ho avuto l'onore d! rilevare anche

nel precedenti telegrammi, ed In vista della quale esso Benes accentua con ogni mezzo l

tentativi per avvicinare la Piccola Intesa all'Italia cercando d! assicurarle l massimi benefici

del r!avv!c!namento tra l'Italia e la Francia».

(l) Cfr. n. 282.

2 7 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

323

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 25 ottobre 1933.

Dopo la riunione del 26 ottobre a Ginevra, anche se, come è probabile, la situazione non si mostrerà ancura matura per una nostra eventuale azione conciliativa, avranno luogo contatti e scambi di vedute tra le principali Potenze interessate. Tale azione diplomatica si svolgerà per forza di cose fra le Potenze firmatarie del Patto a Quattro.

Sembrerebbe però opportuno per quanto ci riguarda di mantenerci in contatto anche con altre Potenze, almeno là dove ci è possibile di farlo, e particolarmente coll'URSS, colla Turchia, colla Polonia e col Belgio. (Cogli Stati Uniti siamo già in rapporto, quantunque Washington assuma sempre più un'attitudine di cautela).

Con la conclusione del Patto a Quattro la posizione politica dell'Italia ha palesemente acquistato nuova forza e prestigio; si è allargato il suo campo di azione. E' nostro interesse, nonché opportunità di politica generale, di intensificare i nostri rapporti con altri Stati, quali quelli indicati di sopra. URSS, Polonia, Turchia e Belgio, per differenti ragioni, non hanno fatto mistero, sia pure in forma e misura differente, della loro diffidenza e delle loro riserve nei riguardi del Patto a Quattro. Il Trattato di recente concluso con l'URSS, la visita del Conte di Broqueville a Roma, le conversazioni avute col Colonnello Beck a Ginevra ecc., se non hanno del tutto eliminati tali riserve e dubbi, li hanno però in generale ridotti. Sarebbe opportuno profittarne. Tale politica, mentre da una parte costituirebbe la migliore conferma dell'interpretazione da noi data, fin dal primo momento, dei criteri direttivi del Patto a Quattro, riuscirebbe dall'altra tanto più opportuna ed efficace in quanto proveniente dall'Italia che è stata la ideatrice del Patto ed è, naturalmente, considerata come l'elemento principale se non unico del suo possibile funzionamento.

Si è parlato sopratutto di contatti. Non si tratterebbe infatti di introdurre direttamente questi Stati nei futuri eventuali negoziati, né di prendere per il momento iniziative; ma piuttosto di tenerli al corrente, nella misura in cui ciò sia possibile ed opportuno, dei nostri apprezzamenti della situazione, eventualmente dei nostri propositi, della nostra azione; mostrar loro che prendiamo in cons,iderazione i loro desiderwta e il loro punto di vista: dar loro la sensazione che l'Italia apprezza la loro importanza nella politica europea. In ogni caso si raggiungerà così lo scopo di neutralizzare le loro possibili opposizioni; ciò è tanto più importante in un momento così delicato, in cui ben poco può bastare per intralciare il negoziato più abilmente condotto. Da questa azione, in ogni modo, non può venire all'Italia che un aumento di prestigio che potrà anche riuscire utile ai fini degli ulteriori sviluppi della nostra politica generale.

Qualora v. E. concordi, si potrebbero inviare più precise istruzioni in tal senso ai R. Ambasciatori a Mosca, Ankara, Varsavia e Bruxelles e fornir loro periodicamente quel materiale informativo di cui potranno aver bisogno ai fini della loro azione (l).

324

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 10142/663 P.R. Berlino, 26 ottobre 1933 (per. il 29).

Telegramma di V. E. n. 410 (2).

Essendomi stamane recato dal presidente del consiglio prussiano e mlmstro del Reich per l'aeronautica Goering per altro motivo gli ho comunicato. nel corso della conversazione, che avevo ricevuto l'istruzione di chiedere il gradimento del Governo tedesco per la nomina del maggiore pilota Giuseppe Teucci a R. addetto aeronautico presso l'ambasciata di Berlino in sostituzione del tenente colonnello Raffaele Senzadenari che deve rimpatriare per assumere altro incarico.

Goering è rimasto molto impressionato dalla notizia datagli. Egli ha osservato che nella primavera scorsa aveva ricevuto assicurazioni non soltanto da

S. E. il maresciallo Balbo ma dallo stesso capo del Governo che il tenente colonnello Senzadenari, persona di sua fiducia, non sarebbe stato mosso da Berlino. Aveva creduto, dati i rapporti che riteneva esistessero fra S. E. il maresciallo Balbo e sua persona, che il provvedimento suddetto, ancorché, come non dubitava, motivato da imprescindibili ragioni di servizio, avrebbe dovuto formrure oggetto di una previa comunicazione confidenziale e non giungergli all'improvviso. Egli, almeno fino ad oggi, avrebbe agito in tal modo qualora si fosse trattato di mutare l'addetto aeronautico tedesco a Roma. Si proponeva anzi di farlo in brevissimo tempo perché, per ragioni di servizio, doveva sostituire il proprio addetto aeronautico e contava far conoscere a S. E. il maresciallo Balbo che la sua scelta era caduta sopra una persona che egli stesso conosceva ed apprezzava, persona che non nominò meco. Tale linea di condotta sarebbe stata da lui seguita tenendo conto dell'identità delle finalità dei Governi fascista e nazional-socialista e dell'intimità dei rapporti che riteneva esistesse fra Berlino e Roma.

Ciò che era accaduto in occasione della designazione del maggiore Teucci dimostrava che la situazione era mutata.

Mantenendo il massimo riserbo mi limitai a dichiarare a S. E. Goering che non dubitavo che ragioni di servizio avessero reso necessario il cambiamento di addetto aeronautico a Berlino e gli feci l'elogio del mio nuovo colla

boratore dicendogli di averlo conosciuto in Brasile in occasione della prima trasvolata atlantica, che egli ha ora al suo brillante attivo di pilota anche la seconda trasvolata nord-oceanica e che sapevo che era tenllito in gran conto da

S. E. il ministro dell'aeronautica, come lo dimostrava del resto la sua destinazione a Berlino.

(l) -Annotazione a margine di Mussollni: «Si»: Altra annotazione di Aloisi: «Ho giàcomunicato in questi giorni con gli Ambasciatori di Polonia, Belgio e Turchia relativamente al disarmo ». (2) -T. 11271/410 P. R. del 24 ottobre, non pubblicato: Inviava Istruzioni di chiedere 11 gradimento del Governo tedesco per la nomina di Teucci ad addetto aeronautico.
325

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 26 ottobre 1933.

L'Ambasciatore di Germania è venuto a dirmi che ha ricevuto comunicazioni dal Ministro degli Esteri di Berlino sU!l prossimo invio di una lettera diretta dal Cancelliere a[ Capo del Governo (1). Tale lettera sarà consegnata da un corriere speciale, che egli non sa chi sia, ma che sarà certamente qualcuno dell'entourage di Hitler, forse un Ministro.

Egli ha avuto l'incarico di recarsi personalmente dal Capo del Governo per riferirgli quanto sopra e per dare anche notizia di una conversazione (comunicata a lui con telegramma odierno) che ha avuto luogo fra il Cancelliere e l'Ambasciatore di Gran Bretagna a Berlino.

Il Signor von Hassell mi dà lettura del telegramma. L'Ambasciatore inglese ha chiesto al Cancelliere quali erano le sue idee per riprendere le trattative. Il Cancelliere ha risposto che bisogna partire dalla premessa che gli Stati oggi armati non vogliono disarmare. Bisogna allora fare delle concessioni alla Germania.

Ora egli -il Cancelliere -pensa che si potrebbe stabilire un periodo transitorio di otto anni durante il quale gli altri Stati non disarmerebbero ma non aumenterebbero neanche i loro armamenti. Alla Germania si potrebbe concedere un esercito di 300 mila uomini con la ferma di un anno e con le armi corrispondenti a questi effettivi. La Germania rinuncerebbe alle armi pesanti (cannoni superiori ai 15 centimetri, tanks, aeroplani di grande portata ecc.). Bisognerebbe fare una convenzione subito per l'abolizione della guerra chimica e batteriologica.

Ho fatto presente all'Ambasciatore che, a parte la questione dei 300 mila uomini, che sposta l'equilibrio di forza del piano britannico, mi parrebbe del resto che le proposte che si discutevano a Ginevra non fossero più sfavorevoli per la Germania del nuovo piano di cui fa cenno il Cancelliere.

L'Ambasciatore mi dice poi che gli è rimasto il dubbio che nella recente conversazione avuta con me qualche giorno addietro (2), ci fosse stato un equivoco. Questo dubbio gli è venuto per il fatto che io avevo protestato molto vivacemente quando egli ha accennato ad un certo stato d'animo tedesco che riteneva che l'Italia facesse delle promesse, ma che po'i non desse gli aiuti corrispondenti.

L'Ambasciatore insiste sul fatto che in questa sua affermazione egli si era riferito ad uno stato d'animo diffuso in certi ambienti popolari e basato su delle ragioni sentimentali che egli aveva fin da principio qualificato per uno stato d'animo falso e sbagliato, e contrario alle direttive del Governo.

Gli ho risposto che avevo capito la cosa perfettamente in questo senso.

Il Signor von Hassell continua dicendo che egli confida che da parte nostra ci sia il dovuto Verstiindnis per la sua posizione difficile e per gli sforzi che fa per i buoni rapporti fra i nostri Paesi.

L'ho assicurato che l'opera sua è da noi apprezzata.

Ritornando all'incarico avuto da Berlino, l'Ambasciatore mi chiede di poter essere ll"icevuto dal Ca;po del Governo, possibilmente nelle giornate di og,gi o di domani. l

Mi riservo di fa11gU avere una riposta (1).

(l) -Cfr. n. 332. (2) -Cfr. n. 295.
326

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. LXXXV. Vienna, 26 ottobre 1933.

Diversi segni mi fanno comprendere che i nazional-socialisti d'Austria ed a queste direttive non dovrebbe essere estranea la legazione di Germania a Vienna -siano dispo'Sti a tentare tutte [e vie possibiLi dell'accomodamento e del compromesso pur di ritornare alla luce. Mi è stato detto che il capo del nazisti viennesi Frauenfeld avrebbe in questi ultimi giorni tentato negoziati con il cancelliere Dollfuss ed il vicecancelliere Fey. Non sono in grado di confermare né di smentire tale voce; sta di fatto che il Frauenfeld, sebbene sorvegliato dalla polizia è sempre rimasto a piede libero e può continuare a svolgere una certa attività, quasi che si veda in lui una possibile riserva per l'avvenire.

Un amico dei Frauenfe1d, il signor Schattenfroh già redattore capo dell'organo nazista viennese Deutsche-oesterreichische Tageszeitung, o·ra soppresso, è venuto a trovarmi giorni or sono. Non lo avevo più v'isto dai primi del marzo scorso, da quando cioè il suo giornale aveva pubblicato i noti attacchi contro di me. Si è giustificato affermando che all'epoca di quegli attacchi era assente da Vienna ed è entrato in argomento: i nazi austriaci sono sicuri che finiranno coll'aver ragione delle attuali difficoltà: in loro favore è in media il 50 per cento della popolazione austriaca (il 70 per cento in Stiria, Carinzia e nelle provincie presso il confine austriaco, il 30 per cento a Vienna e nella Bassa Austria) ma non comprendono tuttora l'atteggiamento dell'Italia nei loro riguardi. Essi non aspirano ad altro che a portare l'Austria fuori dell'attuale incerta politica partigiana ed a sottrarla alle influenze della Francia

e della Cecoslovacchia, aspirazione quest'ultima che dovrebbe altresì trovare l'appoggio italiano. Hanno sbagliato nei mesi scorsi attaccando a fondo la propaganda per l'annessione né all'annessione, come punto programmatico, possono rinunziare; ma Hitler è convinto che l'Austria debba conservare la propria indipendenza né intende che essa, date le circostanze internazionali e le pre::;crizioni dei trattati, venga menomata. Alla parola di Hitler si può prestare fede, né è esatto affermare che i sottocapi siena essi a fare la pioggia e il bel tempo in Germania. Hitler promise a Mussolini la cessazione della propaganda per mezzo degli aeroplani e la promessa è stata eseguita. Nei riguardi della propaganda contro l'Austria a mezzo della radio aveva promesso soltanto che l'intensità di essa sarebbe diminuita né è colpa di Hitler se l'ambasciatore d'Italia a Berlino ha parlato anche a tal riguardo di cessazione completa (il mio interlocutore mi ha detto a questo punto di aver letto egli stesso presso la legazione di Germania a Vienna il resoconto del colloquio in merito tra Hitler e l'ambasciatore Cerruti). Conclusione: perché l'Italia ci osteggia in Austria mentre, essendo sicura la nostra vittoria e meritevoli di fiducia i nostri affidamenti, sarebbe interesse dell'Italia favorire il nazional-socialismo anche in Austria?

Ho risposto allo Schattenfroh contestandogli l'esattezza delle informazioni circa la forza del nazional-socialismo in Austria: mancando la possibilità di un controllo è possibile inventare le cifre secondo che faccia più comodo. Da fonte antinazista si dice invece che mai il movimento è stato tanto forte quanto essi vantano e si afferma che esso ora è in notevole fase di regresso. Il successo del prestito interno austriaco conferma questa seconda maniera di vedere le cose. Il programma di restaurazione interna dell'Austria su basi fasciste è ora caldeggiato da Starhemberg e dai suoi uomini, non si capisce perciò il motivo di uno sdoppiamento. Le assicurazioni dei nazisti austriaci circa l'avvenire, dopo l'esperienza fatta in passato, sono anche esse da accettarsi con molte riserve perché è chiaro che i nazi mirano ora alla realizzazione di un'annessione «de

facto~

Poiché mi interessa non perdere di vista i capi del nazismo locale, dato che essi stessi hanno cercato l'avvicinamento, non ho rotto i ponti collo Schattenfroh e l'ho lasciato dicendogli che avremmo potuto riprendere appresso la conversazione.

D'altro canto il Dott. Riehl, altro capo del nazismo austriaco, espulso un paio di mesi or sono dal movimento ufficiale (ma non so se soltanto per fuorviare l'altrui attenzione) ha parlato nello stesso tono con un mio amico di qui, aggiungendo però che la sua intenzione sarebbe quella di staccare assolutamente il nazismo austriaco da quello tedesco. Ha promesso all'intermediario di consegnargli un memoriale per me.

Questi tentativi di riavvicinamento non mancano di interesse. Delle due una: o i nazisti austriaci temono la Germania, affaccendata in ben più importanti faccende e costretta, per uscire dal suo isolamento politico a prestare orecchio sempre più attento all'Italia, li pianti in asso e cercano quindi di creare un ponte diretto; o pensano che Dollfuss sarà costretto dalle resistenze dei socialisti e dei cristiano-sociali, anch'essi «duri a morire,, a cercare i contatti con loro e si preparano a facilitare tale ripresa.

Per conto mio, ritengo quanto mai pericoloso avventurarsi in simili trattative. L'indipendenza dell'Austria non è affatto consolidata né l'impegno personale di Hitler a rispettarla varrebbe più nulla il giorno in cui i nazi austriaci ritornati alla vita e ripreso il sopravvenuto creassero la base plebiscitaria per l'unione alla Germania. Hitler mostrerebbe allora di inchinarsi alla volontà di quest'atto di «autodecisione :..

(l) Di questo colloquio venne data notizia alle ambasciate a Berlino, Londra e Parigi con t. per corriere 1887 R. del 28 ottobre.

327

COLLOQUIO FRA IL SOTI'OSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'URSS A ROMA, POTEMKIN

APPUNTO. Roma, 27 ottobre 1933.

Il Signor Potemkin è venuto a riferirmi sui passi fatti a Mosca in relazione alla progettata visita di Litvinoff.

L'Ambasciatore pensava che Litvinoff avrebbe potuto trattenersi a Roma nel ritorno da Ankara prima di andare a Washington. Viceversa il Presidente Roosevelt ha fatto delle nuove sollecitazioni a Litvinoff, di modo che questi ha rinunciato alla sua visita a Ankara ed è partito direttamente per Washington per la via più breve. C'è anche una ragione psicologica per la quale Litvinoff ha dovuto rinunciare a venire in questo momento a Roma. Infatti era stabilito che a Ankara sarebbe andato Molotoff (che ha la carica corrispondente a quella di Capo del Governo) e Litvinoff, Commissario del Popolo per gli Esteri. Ora Litvinoff non ci va per le ragioni sopradette e Molotoff perché in assenza di Litvinoff non vuole abbandonare la Russia nel momento attuale mentre la tensione dei rapporti col Giappone e con la Germania è arrivata a un punto di estrema delicatezza.

È andato a Ankara invece Voroschiloff che sarebbe il commissario del popolo per la guerra, ma tutto ciò ha un po' offeso i turchi che sono oltremodo suscettibili. Se ora Litvinoff si fosse recato in visita a Roma, il malumore' turco sarebbe certamente aumentato.

L'Ambasciatore mi assicura però che la visita a Roma è entrata nei piani del governo russo, di maniera che Litvinoff appena di ritorno a Mosca, dove spera per le ragioni sopradette di poter essere al più presto, si occuperà per tale visita.

Ho detto all'Ambasciatore che le ragioni da lui addotte per spiegare il rinvio, erano assolutamente plausibili e che il governo italiano avrebbe accolto sempre con piacere una visita di Litvinoff.

A proposito delle ragioni che hanno determinato la sospensione della visita di Molotoff a Ankara, chiedo all'Ambasciatore se veramente i rapporti con la Germania siano tali da destare delle serie preoccupazioni

Il signor Potemkin mi risponde che le diffidenze in Russia contro la Germania aumentano sempre più.

I colloqui fra esponenti giapponesi e Rosenberg non sono stati smentiti e in Russia si ha l'opinione che la Germania tenda veramente a conchiudere degli accordi col Giappone a spese della Russia. La Germania considera il Mar Baltico come una specie di suo dominio e considera la Lettonia e la Estonia come suoi strumenti per l'affermazione di tale dominio. Evidentemente questa concezione non può essere accettata dalla Russia.

Per quanto riguarda l'Estremo Oriente l'Ambasciatore mi riferisce di un discorso avuto con de Jouvenel ancora prima della sua partenza. De Jouvenel allora gli aveva parlato della convenienza che ci sarebbe a conchiudere un patto fra Francia, Italia, Russia e Stati Uniti per difendere la Cina contro il Giappone.

Chiedo all'Ambasciatore quale posizione verrebbe ad avere la Gran Bretagna.

Mi risponde che in Russia si diffida molto dell'Inghilterra nei riguardi dell'Estremo Oriente. Si crede che l'Inghilterra faccia il doppio giuoco in modo da essere pronta se il Giappone dovesse definitivamente prevalere, a dividersi con lui le spoglde de~la Cina. Questo atteggiamento dell'Inghilterra sarebbe determinato anche dalla sua preoccupazione nei riguardi dell'India. Il predominio assoluto di uno stato asiatico nel Pacifico, scuotendo il prestigio delle Potenze Occidentali e in particolare modo dell'Inghilterra, non potrebbe non avere ripercussioni sullo spirito di indipendenza del popolo indiano. Quindi una combinazione seria anti-giapponese in Estremo Oriente dovrebbe prescindere dalla situazione dell'Inghilterra.

328

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4378/196 R. Vienna, 28 ottobre 1933 (per. il 5 novembre).

Mio telegramma per corriere n. 193 del 23 ottobre (1).

L'accentuato rilievo che il cancelliere ha dato alla circostanza che il signor Benes si sarebbe qui dilungato a prospettare gli accordi presi dalla Piccola Intesa in Sinaja, indicandoli come immuni d'ogni ostilità e d'ogni prevenzione nei riguardi dell'Austria, e l'accenno dello stesso cancelliere che solo un suo vivace richiamo al nostro piano danubiano (2) valse a richiamare il ministro cecoslovacco alla discussione di tale progetto lasciano supporre un possibile tentativo d'adescamento, da parte del Benes. E che egli abbia rappresentato la Piccola Intesa come incamminantesi verso la costituzione d'un completo ed assoluto blocco economico, sordo ad ogni proposta -anche se vantaggiosa che non fosse collettivamente approvata dai componenti l'alleanza, e solidamente disposto ad addivenLre a liberali pattuizioni con l'Austria, mi pare altresì fuor di dubbio. E tutto ciò, naturalmente, sotto il prestigio delle avvenute ed imminenti visite romene e jugoslave nei Balcani ed in Turchia; visite che pur hanno avuto la loro eco in questa capitale.

D'altra parte non ho elementi sufficienti per escludere che la visita del Benes possa asser dovuta ad una insistenza o ad una vera e propria manovra della Francia, come pure è stato detto. Ad esempio, una rivista ha affermatt:'l che l'Italia ha subito, a causa dell'allontanamento della Germania da Ginevra .. un certo indebolimento nella sua posizione politica in Austria ed in Ungheria, inquantoché la Francia, avendo ora minore necessità di giovarsi dell'opera mediatrice del capo del Governo italiano per agire sulla Germania, non avrebbe più scopo di !asciargli mano libera per l'azione dell'Italia nel bacino danubiano Donde, secondo la Rivista, il desiderio francese di riallacciare a mezzo del Benes, le relazioni fra Parigi e Vienna; relazioni che verrebbero poi maggiormente sviluppate al momento in cui Parigi potesse fare a meno di tener conto dei desideri dell'Italia.

Relativamente poi all'atteggiamento dell'Austria, il concorde resoconto datomi e dal cancelliere e dagli altri dirigenti del Ballplatz, circa le risposte e le dichiarazioni qui fatte al Benes, lascia l'impressione che le conversazioni ufficiali fra il Dollfuss e il Benes siano rimaste nei limiti descrittimi. Inoltre, le dichiarazioni fattemi dal vice canceilliere Fey (mio telegramma per corriere n. 193 del 23 ottobre); il resoconto del colloquio Dollfuss-Benes, fatto dal ministro del commercio Stockinger ad un sicuro mio conoscente, che me lo ha riferito; ed infine nuove dichiarazioni dello stesso cancelliere al principe Starhemberg, che si lagnava della semi-censura con cui il Governo aveva colpito il suo discorso anti-cecos1o·vacco di Gastein (mio teleposta n. 23!18 dei 23 ottobre) (1), concordano tutti nel senso che il cancelliere, oltre all'aver serbato un riservato contegno nei rispetti del Benes, avrebbe sempre dichiarato ai suoi collaboratori nel Governo di volersi mantenere assolutamente fedele all'Italia.

Senonché gli allettamenti operati dal Benes a mezzo dei pretesi vantaggi insiti per l'Austria nel piano di Sinaja; le pretese e possibili manovre della Francia; l'analogia della politica cecoslovacca con quella austriaca per quanto riguarda l'antinazismo e l'antianschlussismo; e le frizioni stesse -politiche ed economiche -fra Vienna e Budapest (mio telegramma n. 421 del 17 ottobre) (2), sono elementi di cui occorre tenere il massimo conto nel valutare la reale portata dell'eventuale resistenza austriaca.

Intanto, il direttore degli affari politici del Ballplatz, ministro Hornbostel, che è un accentuato francofilo e che tende anche, per simpatia, verso la Cecoslovacchia, commentando il rifiuto opposto dal Benes a che l'Austria potesse giovarsi di preferenze industriali in Romania e in Jugoslavia, mi ha accennato alla possibilità che si presentava di distogliere queste ultime dalla loro alleanza, facendo valere su di esse la chiara voce dei loro diretti interessi. Così dicendo, egli forse voleva più ostentare meco una sua reazione al contegno del Benes, che additare una pratica attività. Tuttavia, l'accenno si riferisce ad una possibilità dell'attuale situazione, qualora il Benes intendesse effettivamente sabotare il nostro piano.

E questa situazione richiede invero tutta la nostra attenzione. Giacché, se da un lato il piano danubiano ha voluto indicare una via che, qualora lealmente

seguita, è realmente atta a condurre al consolidamento econoHiico e morale dell'Austria ed al miglioramento delle condizioni economiche dei paesi danubiani, d'altro canto, allorché dovesse prevalere l'accennato sabotaggio, sotto il manto degli accostamenti e degli scambi di idee che il piano suppone -e lealmente ammette -per la sua realizzazione, potrebbero adombrarsi attività contraddicenti ai nostri interessi, e la cui portata è difficilmente precisabile a priori.

Sicché alla rinnovata attività della Piccola Intesa, sia nel campo politico che in quello economico; alla riunione ch'essa ha indetto nel mese prossimo a Praga, onde sviluppare le intese decise a Sinaja; ed alle eventuali manovre francesi, potrebbe parere opportuno contrapporre una riunione dell'Austria e dell'Ungheria in Italia; e ciò tanto più in quanto essa riunione è stata già prevista nel convegno di Riccione.

In tale conferenza potrebbe essere, fra l'altro, riesaminato di nuovo tutto il complesso delle questioni economiche fra i tre Stati; determinata la concorde azione per la realizzazione del piano danubiano; eliminate le esistenti frizioni fra Vienna e Budapest.

Tale mio remissivo modo di vedere non mi è consigliato soltanto dalle circostanze attuali. Ebbi infatti l'onore di prospettarlo a V. E. in relazione all'allora unificata Piccola Intesa, col mio telegramma per corriere n. 24 del 4 marzo u.s. (1).

(l) -Cfr. n. 316. (2) -Cfr. n. 232 (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 293.
329

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA DESTINATO A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 30 ottobre 1933.

Sir Eric Drummond è venuto per una visita di presentazione.

Mi ha detto della sua grande soddisfazione di essere a Roma, aggiungendo che si trova molto imbarazzato e preoccupato perché questa è la sua prima missione all'estero, a parte il suo incarico a Ginevra.

Mi ha detto che ora ha un padrone a cui rispondere, mentre a Ginevra aveva cinquanta padroni e quindi praticamente nessuno. Nella conversazione si è sfiorato qualcuno degli argomenti che interessano i nostri due Paesi, soffermandoci sul disarmo.

Drummond è persuaso che la Germania rientrerà nella Società delle Nazioni perché ha troppi interessi che la spingono verso Ginevra (minoranze, colonie, organizzazione finanziaria internazionale ecc.). Ciò evidentemente non potrà avvenire che fra alcuni mesi. Probabilmente la Germania è uscita dalla Società delle Nazioni senza rendersi bene conto delle conseguenze.

A proposito della riunione del Bureau, progettata per il 3 novembre, io gli ho comunicato che noi siamo contrari.

Sir Eric Drummond, parlando a titolo personale (non ha ancora presentato

le credenziali) è d'accordo con la nostra linea di condotta.

Si congeda dopo avermi detto della sua ammirazione per il Capo del

Governo e avermi espresso la speranza che gli sarà conservata la benevolenza

che il Capo ed il Governo avevano per il suo predecessore.

(l) Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 163.

330

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELL'AERONAUTICA, BALBO (l)

L. P. Roma, 31 ottobre 1933 (2).

Per ragioni di ordine generale e particolare che tu perfettamente comprendi sono venuto nella determinazione di riassumere tutti i Ministeri Militari. Non ho ancora deciso, -oggi -se arrivare al Ministero delle Forze Armate o mantenere i Ministeri divisi. Comunque prima di fonderLi ci vuole un po' di tempo. Poiché il Maresciallo d'Italia Badoglio compie il suo quinquennio di Governo libico, tu lo sostituirai: assumerai la carica di Governatore della Libia. Ciò sarà adeguato al tuo grado, al tuo passato e alle tue imprese, che hanno dato gloria all'ala italiana e prestigio alla Nazione. In questo momento voglio esprimerti la mia soddisfazione e il mio plauso, per l'opera da te compiuta durante gli anni nei quali -colla direzione e coll'esempio -hai dato all'Italia quella forza armata dell'Aria indispensabile per la difesa e per l'offesa.

Ti comunico che Riccardi sarà sostituito da Valle.

331

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4379/674 R. Berlino, 2 novembre 1933 (per. il 5).

Telegramma di V.E. per corriere n. 1887 R. del 28 ottobre 1933-XI (3).

L'ambasciatore d'Inghilterra venuto ieri a vedermi mi ha informato di quanto gli aveva detto il cancelliere Hitler durante l'udienza accordatagli in presenza del barone von Neurath. Sir Eric Phipps non menzionò peraltro meco l'accenno che il canceHiere avrebbe fatto ad un periodo transitorio di otto anni

durante il quale g,U stati a:rnnati non disarmerebbero ma non aumenterebbero neppure i loro armamenti. Insistetti pertanto su questo punto dicendo al mio collega inglese che V. E. era stata informata del suo colloquio con il Cancelliere e che aveva avuto l'impressione che le proposte che si stavano discutendo a Ginevra quando la Germania prese la decisione di abbandonare la conferenza del disarmo e la Società delle Nazioni non erano più sfavorevoli alla German\a del nuovo piano al quale fece allusione Hitler.

Sir Eric Phipps dichiarò che a lui il Cancelliere non aveva parlato di alcun periodo, né di otto, né di numero minore di anni, durante i quali gli Stati armati non disarmerebbero ma non aumenterebbero neanche i loro armamenti. Alle assicurazioni dell'ambasciatore d'Inghilterra che l'opinione pubblica britannica annetteva grande importanza ad un effettivo disarmo, Hitler rispose soltanto che nessuno Stato armato poteva a suo giudizio indursi a disarmare in questo momento e tutt'al più poteva impegnarsi a non aumentare i propri armamenti.

Sir Eric Phipps ~i domandò poi se io credessi che subito dopo le elezioni si potrebbero riprendere le conversazioni con la Germania per la questione del disarmo.

Mantenendomi assai riservato risposi soltanto che non scorgevo in questo momento su quale base si sarebbe potuto discutere, al che il mio collega osservò che questa poteva essere quella delle dichiarazioni fattegli da Hitler.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi informò poi che, nel corso del colloquio col cancelliere, diede integrale lettura a quest'ultimo di un telegramma di sir John Simon nel quale era detto che il Governo britannico non soltanto non sollevava alcuna abbiezione contro trattative dirette fra i Gabinetti di Berlino e Parigi ma le avrebbe considerate anzi con grande favore come atte a creare un ambiente di maggior fiducia.

Mio collega aggiunse risultargli che analoga comunicazione era stata fatta a Parigi.

Da me intell'rogato suH'impresslone l1ipo,rtata di H~tiler, sir Eric Phipps disse che il cancelliere aveva parlato quasi continuamente egli stesso, a voce altissima, talvolta gridando, non rivolto personalmente a lui ma con lo sguardo nel vuoto, come se si dirigesse ad una folla invisibile.

Mio collega aveva creduto di dire sinceramente al cancelliere che probabilmente egli non si rendeva conto dell'impressione che producevano all'estero le varie adunate ed i continui sfilamenti di S.A. e di S.S. che si succedevano in Germania perché egli non avendo mai varcato i confini del suo paese non poteva sapere che in tutti gli altri Stati regnava uno spirito del tutto diverso da quello tedesco e per nulla militarista.

Hitler gli aveva risposto che all'estero si commetteva lo sbaglio di confondere lo «spirito militare~ che ogni tedesco possiede con lo «spirito bellicoso~. Erano due cose distinte. Lo spirito militare era innanzi tutto peculiare della razza germanica ed egli lo aveva poi coltivato con cura poiché lo riteneva indispensabile per combattere il comunismo. Nessun popolo sarebbe però stato meno bellicoso del tedesco il giorno in cui avesse riacquistato la piena parità dei diritti sovrani.

(l) -Da ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, ed. In MussoLINI, Opera omnia, vol. XLII, pp. 68-69 e In ROCHAT, p. 300. (2) -Annotazione a margine: «Scritta da S. E. Il 16 ottobre. recapitata a S. E. Balbo Il 5 nov. 33 (colla data 31.10) ». (3) -Cfr. n. 325, nota l, p. 357.
332

IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

L. P. (2). Berlino, 2 novembre 1933.

Mi rendo interprete dei sentimenti dell'intero popolo tedesco cominciando questa lettera con l'assicurazione di un sincero ringraziamento per le multiformi premure di V. E. nelle quali scorgiamo tanto un pregevole appoggio per il popolo tedesco, quanto un fattivo promuovimento di sincere aspirazioni di pace. Il popolo tedesco non dimenticherà ciò. In me stesso l'ammirazione per l'opera storica di V. E., si unisce al desiderio di una collaborazione piena dello spirito di vera amicizia delle nostre due Nazioni le quali, vicine nel modo di giudicare le cose, possono contribuire moltissimo alla pacificazione dell'Europa, curando opportunamente uguali interessi.

Infatti non ho bisogno di assicurare V. E. che il Governo ed il popolo tedesco sono animati soltanto da un desiderio e precisamente di contribuire -sotto osservanza di una generale parità di diritti e con essa del diritto alla vita del popolo tedesco -a chiudere un periodo della storia degli Stati d'Europa che può forse aver recato ad alcuni popoli apparenti vantaggi ma che, nel complesso, non è stato utile né alla prosperità dei popoli stessi, per la loro futura posizione nel resto del mondo, né alla civiltà umana in genere. Posso inoltre assicurare V. E. che durante una permanenza quadriennale sul fronte occidentale ho imparato a conoscere anche troppo la guerra in tutta la sua cruda realtà per non misurare l'enorme responsabilità che incombe a coloro a cui la provvidenza fa reggere i popoli ma che, come uomo, sono pienamente persuaso di dover difendere non soltanto il diritto, ma anche l'onore della Nazione che mi riconosce come suo portavoce e suo capo. Io ho voluto pertanto sopportare piuttosto qualsiasi vessazione anziché sacrificare, per me o per la Nazione, quei princ1pi che, difesi e conservati col. sangue e cOli sacrificio di numerose generazioni, sono indispensabili all'esistenza di una Nazione ed in tal modo sono stati veramente santificati.

L'E. V. ha la fortuna di essere il duce supremo di un popolo che è uscito vittorioso dalla guerra mondiale. Da ardente patriota, Ella avrà ciò non di meno comprensione per uomini che sono attaccati con amore non meno grande al loro popolo, sconfitto dal destino dopo eroica difesa e sacrifici incommensurabili e che hanno ora il compito storico di ridare a questo popolo l'onore e il diritto alla vita. Da grande italiano, E~la non può pensare diversamente e Lei stessa non agirebbe in modo diverso da que'llo in cui noi nazional-socialisti tedeschi operiamo oggi:

La questione del disarmo è un problema che per altre Nazioni possiede soltanto una importanza obiettiva, mentre per la Germania ha purtroppo anche una importanza morale. Per i Governi degli altri Stati, procedere a diminuzioni

1. ctt.. pp. 62-66.

-o limitazioni delle forze combattenti e degli armamenti, è solo una questione che dipende da considerazioni obiettive di carattere militare. Per la Germania, tale problema è congiunto a quel capitolo del Trattato di Versailles che implica non soltanto la nostra incapacità di difenderci, ma anche una discriminazione morale. Per noi, pertanto, tale questione non può essere risolta solo con considerazioni obiettive, perché è anche una questione che coinvolge il sentimento dell'onore della Nazione e del suo Governo. E' quindi piuttosto ancora possibile cedere sul terreno obiettivo, di quanto non lo sia nel campo delle concessioni morali.

Allorché i governi della Germania sottoscrissero dapprima l'armistizio e più tardi il trattato di pace, essi potettero addurre per il loro operato una sola debole scusa: non la miseria del resto minacciosa, ma soltanto il proposito manifestato nei quattordici punti di Wilson e successivamente nel trattato di pace, che il deporre le armi e la distruzione di esse da parte del popolo tedesco, sarebbero state le premesse per un analogo procedimento degli altri popoli e per il disavvelenamento e la pacificazione del mondo. Io non mi pronunzio sull'ideollogia di tale conce:tto, ma mi fondo puramente sulle assicurazioni contenute nei trattati e sull'adempimento ettettivame,nte avvenuto da parte della Germania.

La Germania ha disarmato.

Che la Germania, richiamandosi al trattato di pace, possegga un diritto di pretendere il disarmo degli altri Stati, non può essere messo in dubbio anche solo per il motivo che la durata senza limiti del disarmo tedesco ovverosia la fissazione degli armamenti tedeschi per il futuro, era soltanto concepibile a condizione di stabilire così una premessa per il disarmo degli altri Stati e contemporaneamente per la misura di esso. E, infatti, se qualcuno contesta l'obbligo di disarmare da parte delle altre Nazioni, allora, tenuto conto della durata illimitata stabilita dal Trattato di Versailles per il disarmo della Germania, e per i limiti di armamento in esso fissati, egli verrebbe a sostenere che, con questo Trattato, l'esito di una guerra dovrebbe essere decisivo per consacrare l'inferiorità giuridica di un popolo per l'eternità e per tutto l'avvenire. È superfluo pronunciarsi su di una simile concezione pazzesca; se si volesse interpretare un trattato di pace in questa maniera, ciò equivarrebbe a voler contemporaneamente riconoscere al vinto ogni diritto morale ad infrangere un tale trattato. Ma con ciò sarebbe già insito nel trattato il germe di una prossima guerra.

Ciò non sarebbe conforme al significato della conclusione della guerra mondiale e non lo fu anche effettivamente. Dal momento che il popolo tedesco ha adempiuto ai suoi obblighi possiede un diritto morale di pretendere e di attendersi dal resto del mondo l'adempimento degli analoghi impegni.

Lo sviluppo pratico di questa questione dà a conoscere in modo chiaro ed inequivocabile che nessuna Potenza pensa seriamente a limitare, comunque sia, il suo armamento e a mantenere in tal modo l'impegno assunto a suo tempo. Non è necessario esaminare particolarmente i motivi di questo comportamento. Voglio però credere che ai governi sembri impossibile addossarsi, davanti ai Parlamenti ed agli Stati maggiori, il peso di un reale disarmo. E infatti, in colloqui confidenziaU ci è stato dichiarato in modo chiaro ed aperto da diversi uomini politici, che i loro governi non pensano minimamente a distruggere anche un solo cannone. Ma allora lo scopo delle trattative ginevrine non poteva essere che questo:

Innanzi tutto, impedire assolutamente un effettivo disarmo e secondariamente, di scaricare la colpa da sé su di un altro!

Già nel mio discorso al Reichstag non ho lasciato adito a dubbio che, in tale eventualità, la Germania avrebbe lasciato tanto la Conferenza del Disarmo quanto la Lega delle Nazioni. Otto giorni prima, in un colloquio con l'Ambasciatore di V. E. (l), ho parimenti accennato che non awei assistito passivamente ad un simile sviluppo degli avvenimenti, ma che in ogni caso e nonostante qualunque pericolo, ne avrei dedotto le relative conseguenze.

Il Barone Neurath che il 14 ottobre alle 10 antimeridiane avrebbe dovuto comunicare all'Ambasciatore di V. E. l'imminente effettuazione del passo tedesco, non poté purtroppo raggiungere l'Ambasciatore. Di fronte alle accennate circostanze io ritenni però necessario, dopo che furono noti i nuovi progetti inglesi, di sciogliere senza ritardo un legame che, in tali condizioni, avrebbe arrecato soltanto confusioni ancora maggiori e acuito la situazione.

Poiché è manifesto il proposito degli Stati fortemente armati, in particolare della Francia, di non disarmare, non credo più ad una possibilità che il Piano MacDonald venga attuato. Al contrario, io temo, considerando la questione da un punto di vista tedesco, che qualsiasi connessione della domanda della parità di diritti con una domanda dl disarmo degli altri Stati, possa soltanto nuocere alla legittima pretesa della Germania.

Credo perciò anche che questo e simili tentativi, non abbiano più alcuna possibilità di effettiva realizzazione. Credo, invece, che per risolvere questo problema si debba procedere con riguardo alle circostanze di fatto. A questo proposito mi sembra importante quanto segue:

l) La Germania ha un diritto incontrovertibile alla parità di diritti; 2) Gli Stati fortemente armati non pensano in alcun modo a sacrificare loro armamenti.

Vedo quindi che, almeno per quanto si riferisce agli Stati fortemente armati, esiste ancora tutto al più una sola possibilità e cioè, rinunciando ad un effettivo disarmo, di fi.ssare e mantenere i loro armamenti all'attuale livello per la durata di una certa convenzione. Posso assicurare V. E. che la Germania è meno interessata a questa soluzione degli stessi Stati fortemente armati. Ogni aumento degli armamenti attuali, non può essere rivolto contro la Germania. La Germania non si sente per questo maggiormente minacciata di quanto effettivamente esso lo sia. Se la Francia aggiunge alla massa dei suoi 20 o 30 mila cannoni qualche altro migliaio ancora di cannoni, se aumenta le tanks ancora di qualche migliaio, e se porta i suoi 3 mila aeroplani a 5 o 10 mila, se raddoppia i suoi sottomarini ecc., per la Germania ciò può, essere piuttosto indifferente. Sono gli stessi Stati fortemente armati che soli potrebbero avere un interesse a fermare questa guerra di reciproci armamenti, che riguarda esclusivamente loro.

Io ritengo più facile evitare questa corsa agli armamenti, che ridurre gli armamenti attuali.

La Germania che non ha altro desiderio che di attendere in tranquillità e in pace al suo sviluppo interno non prenderebbe affatto parte a questa cor~a per l'aumento di armi offensive. Noi parteciperemmo però ad una convenzione che potrebbe venire conclusa per un periodo di anni alquanto lungo,

a) dietro riconoscimento da parte delle altre Potenze di una reale parità di diritti; b) dietro l'impegno volontario e spontaneo della Germania di far di tale parità di diritti soltanto un uso moderato come gli altri Stati e non offensivo.

Il Presidente dei Ministri, Generale Goering, che incarico di recare questa lettera a V. E., ha istruzioni di aggiungere verbali chiarimenti sulla questione orve V. E. lo desideri.

Ritengo inoltre possibile che in una simile convenzione vengano assunti impegni comuni per il rispetto di certi principi umanitari sulla condotta della guerra, specialmente di fronte alla popolazione civile. Mi sembra però essenziale che ogni accordo, per avere probabilità di successo, debba essere concepito nel modo più chiaro e più semplice, ed egualmente essenziale che, mediante una presa di contatto reciproca della Grandi Potenze europee interessate, si cerchi già prima di dissipare per quantlo possibile la diffidenza esistente, sostituendola con un'atmosfera di reciproca fiducia.

Nel sottoporre queste idee a V. E., desidero sottolineare espressamente che non penso di presentarle ad una conferenza qualsiasi né di adoperarmi perché ne venga convocata una a questo scopo. Avendo però sommariamente accennato a queste considerazioni in colloqui con l'Ambasciatore americano ed inglese -in seguito a loro domande circa l'opinione del g·overno tedesco su eventuali possibilità future -desidero non mancare di prospettarle anche a

v. E .. Comunque però si possano sviluppare gli avvenimenti in futuro, una sarà la nostra decisione e volontà immutabile, di non far nulla e di non sottoscrivere alcunché che sia in qualche modo incompatibile con l'onore della Nazione e con le sue esigenze per la parità di diritti.

Neil confermare a V. E. il ringraziamento del Gov&no e del popolo tedesco ...

(l) Si pubbllca la traduzione e non l'originale tedesco che è pubbllcato in Akten, vol. Il,

(2) -Consegnata da Gorlng a Mussollnl 11 6 novembre.

(l) Cfr. n. 265.

333

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA DESTINATO A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 3 novembre 1933.

L'Ambasciatore Drummond è venuto a parlarmi della questione di Malta.

Ha avuto delle istruzioni da Londra che tiene a comunicarci subito, sorpassando sulla mancanza della sua qualifica, non avendo egli ancora presentato le credenziali.

Il suo Governo insiste molto perché noi si voglia renderei conto della speciale situazione che l'Inghilterra ha a Malta, la più importante fortezza del Mediterraneo, nella quale non può tollerare dei movimenti di carattere sedizioso. Tutto ciò, a parere del Governo inglese, non deve turbare per nulla quell'amicizia fra i nostri due paesi che anzi si vuole rafforzare per un'azione comune nelle importanti questioni internazionali che si dibatteranno nei prossimi tempi.

Sir Eric Drummond da parte sua mi aggiunge il suo grav1ss1mo imbarazzo nel dover iniziare la sua missione a Roma con una questione tanto incresciosa come questa di Malta e domanda dalla benevolenza del Governo italiano che si voglia considerare la delicatezza del suo compito.

Venendo alla sostanza della questione, l'Ambasciatore inglese mi dice che il suo Governo non può deflettere dall'attegg.iamento preso nella questione della cittadinanza. C'è una legge generale sulla cittadinanza in tutto l'Impero britannico, che trova applicazione anche a Malta e che non può soffrire eccezioni senza la più vasta ripercussione per gli interessi inglesi. Secondo tale legge, ogni persona nata in territorio britannico, è cittadino inglese.

Egli non contesta che se la nostra legge in questo riguardo è diversa a alcuno dei detti cittadini inglesi possa toccare anche la cittadinanza italiana, ma per norma generale di diritto i soggetti misti devono seguire la legge del paese in cui si trovano.

Per quanto riguarda la Scuola di Casalpaola si era parlato della chiusura della stessa dopo 9 mesi; il Governo inglese rettifica che si tratta naturalmente di !asciarla sussistere per tutto il nuovo anno scolastico. Non dovrà essere riaperta negli anni '34-35.

Non è possibile neanche consentire la Scuola di Arte e Mestieri perché con ciò si eluderebbe la disposizione di chiusura della scuola.

Per quanto concerne l'Istituto « Umberto I ~ il Governo inglese è disposto ad alcune -che l'Ambasciatore qualifica notevoli -concessioni. In primo luogo, sarebbe disposto a lasciare lo stesso numero di scolari inglesi che c'era nel '32. In pratica, mentre con la prima !l"ichiesta inglese non ci sarebbero dovuti essere più inglesi di itaLiani e quindi se g1li italiani sono 30 si sarebb&o avuti 30 inglesi, oggi si concede che il numero di inglesi sia circa quadruplicato.

In secondo luogo, il Governo inglese non ha dif!Lcoltà a che si tengano l corsi serali purché frequentati da persone che abbiano superato «l'age scolal:re ».

Per quanto riguarda l'Istituto di Cultura, il Governo ing.lese ha già espresso il criterio, da noi accetato, che lo stesso debba essere costituito da cittadini italiani.

Sulle partecipazioni alle manifestazioni dell'Istituto anche da parte di cittadini inglesi, il Governo dl Londra non oppone alcuna difficoltà di principio, lasciando che la questione sia regolata localmente.

Sir Eric Drummond crede che ci sarà facilmente modo di metterei d'accordo,

per esempio comunicand:o alle autorità del posto i programmi delle manife

stazioni dell'Istituto di Cultura.

Circa la partecipazione di cittadini inglesi alle organizzazioni fasciste e premilita:ri il Governo inglese deve mantenere per ovvie ragioni la sua linea di opposizione già manifestata e del resto da noi accettata.

Rispondo all'Ambasciatore inglese che mi riservo di esaminare le nuove

proposte oggi fatte, ma che devo fare tutte le riserve per le disposizioni inglesi

28 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

a Malta che tendono a creare delle questioni che non esistevano fin qui. L'Inghilterra sa che in Italia non si è mai fatto dell'irredentismo per Malta, ma evidentemente la nazione italiana non può rimanere insensibile alle ragioni di cultura reclamate dagli abitanti stessi di Malta.

Non spetta a noi di criticare l'atteggiamento del Governo inglese; nell'interesse però delle buone relazioni esistenti fra i due paesi, è dovere del Governo italiano di far presente l'inopportunità di esacerbare gli animi, il che non può mancare di suscitare delle reazioni.

L'Ambasciatore Drummond riconosce che sarebbe stato bene non suscitare la questione (a titolo personale mi dice che Lord Strickland ha combinato i peggiori guai dappertutto dove è stato) ma oggi per il Governo inglese si tratta di salvaguardare il proprio prestigio, ciò che rende difficile almeno nel momento attuale di fare delle concessioni maggiori.

L'Ambasciatore chiede di voler considerare le concessioni odierne come una

prova di buona volontà del Governo inglese. E' a disposizione nostra per ulte

riori informazioni e prega di dargli al più presto una risposta.

Chiede anche di poter vedere il Capo del Governo prima di avere presentato le credenziali a Sua Maestà.

334

IL MAGGIORE RENZETI'I AL CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE DEL CAPO DEL GOVERNO, CHIAVOLINI

L. P. Berlino, 5 novembre 1933.

Nelle conversazioni avute nei giorni scorsi con varie personalità tedesche,

ho notato che esiste, nei circoli politici, una non lieve preoccupazione nei ri

guardi dell'Italia. Si rileva ad esempio, che la stampa italiana si occupa poco e

con ostentata freddezza degli avvenimenti tedeschi, la asprezza di alcuni scritti

apparsi a proposito degli scambi commerciali fra i due Paesi e si ritiene che in

Italia esista del malcontento verso la Germania.

Da parte di molti si ritiene che la questione austriaca ha diviso l'Italia

dalla Germania e che per rimediare occorrerebbe trovare una soluzione la quale

potesse salvare il prestigio tedesco e nello stesso tempo essere ben accetta al

l'Italia. Alcuni poi opinano che sia stato un atto poco abile quello di uscire

dalla Società delle Nazioni senza prima avvertirne Mussolini: non pochi infine

si rendono conto della ostilità del mondo intero verso le esagerazioni razziste

e la lotta contro gli ebrei.

Gli è per riannodare i rapporti con l'Italia che Goring si recherà a Roma.

Per sondare poi le altre Nazioni verranno inviate all'estero delle personalità

tedesche (in Polonia ad es. è stato inviato un noto scrittore e giornalista, il

Sieburg).

Nelle predette conversazioni io mi sono limitato a ripetere quanto ho di

chiarato in passato, criticando la azione svolta in Austria, i discorsi dei dema

goghi nelle questioni di razza ed ebrea e via di seguito. Mi è stato obbiettato

che Hitler, montato da alcuni scalmanati, sarebbe intrattabile proprio su tali

punti (io non ho più visto né Hitler, né Goring in ossequio alle disposizioni impartitemi e non posso quindi che riferire quanto mi viene detto da altri) e che -e questo è sintomatico -, io dovrei parlarne ai due!

In questi ultimi giorni però si parla molto meno di tali due problemi. E' sperabile che essi vengano messi da parte anche dopo le prossime elezioni.

Il Capo del fronte del lavoro, Dott. Ley, è fermamente deciso a creare il «dopolavoro~: dalle dichiarazioni che egli ha fatto, il Feierabend corrisponderebbe alla istituzione nostra (a parte invio un estratto di tali dichiarazioni).

Dei notevoli incidenti si sono prodotti tra nazionalsocialisti ed associazioni cattoliche. Gli in<'aricati di trovare una formula di accomodamento, sulle basi del concordato testè concluso, sono venuti da me per avere del materiale illustrativo su quanto è stato compiuto in Italia a questo riguardo.

La questione non è di facile risoluzione anche perché i cattolici qui temono sempre di venire soppiantati dall'elemento protestante: pe.rché il centro, attraverso la sua organizzazione «religiosa~. è ancora in funzione e non consente ai suoi ex politici amministrati, di gettarsi definitivamente e completamente al nazionalsocialismo.

335

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S S. A ROMA, POTEMKIN

APPUNTO. Roma, 6 novembre 1!133.

Ho visto l'Ambasciatore dei Soviet e gli ho parlato della possibilità di qualche manifestazione da farsi in occasione della ratifica del Patto a quattro (l) che mette in luce i buoni rapporti politici esistenti tra l'Italia e la Russia.

L'idea gli pareva buona e mi ha detto che ne avrebbe informato Mosca.

336

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 4530/2443. Vienna, 6 novembre 1933.

Mio Rapporto riservato, dall'oggetto «attività del Signor Winkler ~. dal

n. 2190, del 4 ottobre scorso (2).

Come già ebbe a fare col pubblicista Caputo, il signor Winkler si è pochi giorni fa intrattenuto col Comm. Morreale (3), allo scopo di far giungere

«L'Italia, pur avendo interesse a sostenere le Heimwehren, non può non vedere che l'attuale situazione finirà con lo sboccare fatalmente in un aumento delle forze nazionalsocia!Jste. Difatti il governo Dollfuss, appoggiato com'è da masse relativamente es:gue, non potrebbe condurre una guerra su due fronti: cosi che l'unica soluzione sarebbe quella di un governo disposto ad avvalersi del larvato appoggio dei socialisti, anche se non proprio della loro collaborazione. L'Italia nulla avrebbe da temere da una simile combinazione perchél'Austria, pur dovendo mantenere un atteggdamento amichevole verso la Germania, non potrebbe non appoggiarsi prevalentemente sull'Italia e sull'Ungheria; e clò anche perchè ogni soluzione con Parigi e con Praga è recisamente da resp!ngersi ».

di nuovo a questa Legazione la notizia delle sue personali vedute circa la situazione politica interna austriaca, nonché quella delle sue disposizioni verso l'Italia.

Nel suo nuovo colloquio, il Winkler ha ripetuto all'incirca quanto ebbe già a dire al signor Caputo, in succinto egli ha fatto presente: l) la sua disposizione ad intende['S1Ì. con l'Itaiia; 2) la sua convinzione circa la necessità di mantenere in vita la socialdemocrazia, pur controllandola da presso; 3) la sua decisione favorevole alla conservazione dei partiti politici; 4) l'utilità della posizione politica mediana da lui assunta, e che può riassumersi: né coi rossi, né con i nazionalsocialisti; 5) la sua disposizione favorevole al regime corporativo, pur lasciandosi sfuggire, nel corso stesso di tale colloquio, che la realizzazione di tale regime è da lui ritenuta una vera utopia.

Tali idee sono state del resto ieri pubblicamente espresse dal signor Winkler (meno naturalmente quanto riguarda le sue pretese disposizioni di intendersi con noi) in un discorso da lui tenuto in una cittadina della Bassa Austria. In tale discorso egli ha espresso il voto che il paese ritorni quanto prima a condizioni normali, e che abbia rapidamente fine l'attuale eccezionale periodo politico ed economico. Ha aggiunto che a tal fine occorre procedere al più presto alla nuova costituzione, la quale, accanto alla Camera popolare, dovrà prevedere una Camera corporativa elettiva. Ha pure accennato che la promulgazione della nuova costituzione dovrà avvenire, sotto determinate condizioni, per via legale. <A tale riguardo mi risulta che il Winkler pensa ad un Consiglio di Stato formato dai rappresentanti degli attuali partiti e dai Capitani provinciali dei Lander: il che assicurerebbe una maggioranza al Governo).

Il signor Winkler ha poi smentito che il Fronte Nazionale Corporativo sia un'organizzazione nazionalsocialista mascherata, o che esso voglia appoggiarsi ai rossi, dichiarando: «Noi non solo siamo stati avversari dei marxisti in passato, ma lo saremo anche in avvenire. Nostra mèta è un orientamento mediano, essendo d'avviso che soltanto una politica esente da ogni estremismo garantisce la abolizione degli antagonismi.

Noi siamo per la libertà di coscienza e detestiamo ogni imposizione: perciò siamo i nemici storici deHe Heimwehren, che aspi.rano ad un sistema totalitario».

(l) -Stc, anziché «del patto !taio-sovietico». (2) -R. 4104/2190, non pubblicato: riferiva, tra l'altro, circa un colloquio tra Caputo e Winkler nel corso del quale quest'ultimo aveva espresso il seguente punto di vista:

(3) Morreale riferì circa il colloquio con Winkler con la lettera XCI del 9 novembre, non pubblicata.

337

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DELL'AVIAZIONE DEL REICH, GòRING (l)

APPUNTO. Roma, 7 novembre 1933, ore 11.

Il Ministro Goering informa il Capo del Governo di essere incaricato dal Cancelliere Hitler di dare degli ulteriori schiarimenti sui temi che formano oggetto della lettera ieri consegnata (2).

Il Capo del Governo ha letto con molto interesse la lettera. Vorrebbe sapere che cosa intende praticamente la Germania per applicazione del principio della parità di diritti. .

Il Ministro Goering, per rispondere alla richiesta del Capo del Governo, deve esaminare tutta la situazione che si è venuta a creare coi recenti avvenimenti: l'uscita della Germania dagli Istituti Ginevrini non è avvenuta per una improvvisazione dell'ultimo momento, ma è stata il risultato di una profonda discussione avvenuta fra il Cancelliere Hitler e il Ministro Goering, con esclusione di qualsiasi altro ministro o uomo politico.

Si poneva anzitutto la questione della posizione della Germania nella Conferenza del Disarmo. Le cose erano messe in modo che la Germania, se avesse accettato in principio la tesi franco-inglese, si sarebbe poi trovata legata in modo da non sapere come uscirne: da commissione in commissione, da concessione in concessione, la Germania si sarebbe trovata ad un determinato punto nella situazione di dover liberarsi dai nuovi legami che le si sarebbero imposti. Ciò sarebbe avvenuto probabilmente su qualche particolare tecnico: una discussione sul numero degli effettivi o sul calibro dei cannoni. E' chiaro che ciò avrebbe dato pretesto a tutto il mondo di gridare contro la Germania che per una piccola questione di dettaglio comprometteva la sicurezza dei popoli. Meglio quindi uscire subito suìla questione di principio mentre si era ancora in tempo. Il discorso di Simon a Ginevra ne ha offerto opportunamente il destro.

L'uscita dalla Società delle Nazioni è stata una logica conseguenza del primo passo. L'ambiente di Ginevra avrebbe continuato a pesare sulla situazione tedesca; d'altra parte in Germania si ha la sensazione ben precisa che, fino a che ci fosse la possibilità di far ricorso a Ginevra, altre trattative dirette tra le Potenze non avrebbero potuto assumere uno sviluppo determinante. Ciò vale anche per il Patto a quattro.

Con l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni oggi, per i paesi antagonisti alla Germania e particolarmente per la Francia, si presentano le seguenti alternative:

l. la Francia non intende trattare e applica le sanzioni marciando in territorio tedesco: questo vuol dire la guerra. Sarà una guerra disperata per la Germania, ma non sarà per la Francia una passeggiata militare.

2. -la Francia tratta direttamente con la Germania. Ciò non pare probabile. Qualunque Ministero francese che tentasse questo sarebbe probabilmente rovesciato. 3. -la Francia vuol riprendere le trattative nel campo internazionale con l'intervento delle altre maggiori Potenze interessate, e con ciò veniamo automaticamente al funzionamento del patto a quattro.

Per quanto riguarda l'abbiezione sollevata che con l'uscita dalla Germania dalla Società delle Nazioni il Patto a quattro è stato invalidato per il fatto dei richiami alla Società, contenuti nel patto stesso, il Ministro Goering osserva che la Germania per due anni appartiene ancora all'Istituto ginevrino, in quanto per ora ha soltanto fatto la denuncia della sua appartenenza alla Società: quindi tecnicamente c'è modo di far funzionare il Patto.

Ciò premesso, il Ministro Goering tiene a chiarire nel modo pm preciso che la lettera del Cancelliere non -rappresEnta, né apertamente, né velatamente, una richiesta d'intervento dell'Italia: la lettera è semplicemente un atto di doverosa lealtà verso il Governo italiano che, col suo atteggiamento di obbiettività e di comprensione, ha aiutato la Germania nelle difficoltà in cui si trova. Il Cancelliere Hitler ha voluto scrivere al Capo del Governo italiano come all'unico uomo che, per le comuni origini rivoluzionarie, sia in grado di comprenderlo. Evidentemente non avrebbe potuto rivolgersi né al Capo del Governo di Francia, dove in realtà un Governo col quale si possa trattare non esiste, né al Capo del Governo inglese, impastoiato a sua volta nelle combinazioni parlamentari.

Questo chiarimento voluto dal Cancelliere Hitler, se, come è detto, non è una richiesta di intervento, rappresenta però un chiarimento dello stato d'animo e della situazione tedesca per la possibilità di futuri negoziati, perché la Germania, se non può venir meno a determinati principi, non intende d'altra parte opporsi alle trattative per quella che può essere una ragionevole soluzione delle attuali difficoltà.

La Germania non intende però farsi parte diligente per riprendere queste trattative. Venendo all'applicazione pratica del principio della parità dei diritti, il Ministro osserva che la questione ha due aspetti: uno morale e uno materiale.

L'aspetto morale vuole dire il riconoscimento che non c'è nessuna discriminazione a danno della Germania. Il partito nazional-socialista ha fatto da anni una campagna in cui si è fatto della parità di diritti un punto di onore per il popolo tedesco; evidentemente quindi in tale riguardo la Germania deve essere intransigente. D'altra parte, se seguisse un'altra linea, il Regime non potrebbe reggersi.

Per quanto riguarda il lato materiale della questione, si tratta dei provvedimenti concreti per arrivare attraverso un periodo transitorio alla equiparazione di fatto nella questione degli armamenti. A tale riguardo il Ministro premette che la questione va presentata in un duplice modo: uno è destinato ad esser portato a conoscenza di tutti gli Stati interessati, l'altro è destinato soltanto al Capo del Governo italiano in quanto si vuole che per ogni possibilità futura di ripresa di trattative, egH sia informato di quelli che sono gli esatti limiti a cui può giungere la Germania. Si vuole evitare che una eventuale proposta del Capo del Governo domani possa non essere accettata dalla Germania. Le due diverse forme di presentazione non contengono alcuna contraddizione fra loro in quanto la seconda non è che un ampliamento e una specificazione della prima.

Di fronte all'estero il Governo germanico dichiara di esser disposto ad

accettare un periodo transitorio durante il quale egli non richiede che gli altri

Stati disarmino, ma soltanto che non aumentino i loro armamenti. Chiede

per la Germania durante tale periodo di poter portare l'esercito a 300.000 uomini

e di avere l'armamento corrispondente a un tale numero di effettivi; rinunzia

però a tutte le armi più potenti: quelle di carattere particolarmente offensivo.

Questo riarmamento tedesco dovrà procedere per gradi.

Al Capo del Governo dà le seguenti ulteriori specificazionl osservando che la Germania non avrebbe neanche interesse a insistere sul disarmo parziale degli altri, rimanendo essa nella situazione di disarmo totale o quasi in cui oggi si trova. Un riarmo parziale della Germania è anche nell'interesse italiano.

Per quanto riguarda l'esercito:

-il periodo di transizione dovrà essere di sei anni;

-l'esercito di 300.000 uomini (forza media giornaliera) dovrà essere

considerato «netto » cioè senza computarvi le forze aeree di offesa e di difesa,

la difesa costiera, la polizia e le associazioni;

-ferma di un anno. Inoltre numero corrispondente di militari a lunga

ferma -almeno il 40% -(nessuna limitazione della quota di reclute);

-artiglieria (Feldheer) non oltre 15 centimetri di calibro. Carri d'assalto non oltre le sei tonnellate (peso vuoto). Per il resto il materiale in servizio corrispondente all'armamento dell'esercito francese.

Per quanto riguarda l'aviazione:

-trenta per cento del numero degli aeroplani da ricognizione e da caccia dei seguenti Stati confinanti con la Germania: Francia, Belgio, Polonia, Cecoslovacchia;

-divieto generale assoluto del lancio dì gas e di bombe. Sotto tale premessa rinuncia agli apparecchi da bombardamento.

Per quanto riguarda la Marina:

-il Ministro premette che il regime attuale non può avere che carattere provvisorio.

La Germania si riserva di far valere il principio della parità di diritti per mare in occasione delle discussioni che avranno luogo per sostituire il regime attuale (Conferenza di Washington) che andrà a scadere nel '36.

Nel frattempo: nessun aumento delle navi di linea. Per il naviglio leggero la proposta del Piano MacDonald. Per i sottomarini un massimo di 10.000 tonnellate composto di piccole navi per la difesa costiera.

Il Ministro aggiunge che questi dati hanno carattere largamente indicativo e che il Governo tedesco sarà ben lieto di poterli riesaminare nel dettaglio e completarli se vorremo inviare dei nostri tecnici a Berlino.

Il Ministro Goering osserva che queste proposte tedesche sono una conseguenza dell'evidente deliberato proposito di non voler disarmare da parte delle Nazioni armate.

Il Capo del Governo prega il Ministro Goering di ringraziare il Cancelliere per la lettera che espone chiaramente i capisaldi della politica tedesca in materia di disarmo; ha seguito col massimo interesse l'esposizione del Ministro Goering e si riserva di inviare dei tecnici per chiarire i dettagli dei punti indicati dal Ministro. È di opinione che delle tre possibilità indicate dal Ministro Goering relative all'atteggiamento francese, la prima sia esclusa in quanto i francesi non marceranno, esclusa anche la seconda perché praticamente trattative dirette fra Germania e Francia non avranno luogo; rimane la terza possibilità che porterà presumibilmente al funzionamento del Patto a Quattro.

Il Capo del Governo approva il progetto tedesco di non prendere nessuna iniziativa; iniziative però non saranno prese neanche da parte italiana. Crede che fra alcuni mesi -due o tre -sorgerà spontaneo il desiderio anche negli altri Paesi di riprendere dei contatti per trovare una via di uscita.

Il Ministro Goering tratta poi la questione dell'Austria. Ripete che può impegnarsi nella forma più solenne per il Cancelliere, per il Governo e per ìl popolo tedesco che la questione del Sud-Tirol non saTà mai più sollevata dalla Germania.

Per quanto riguarda i rapporti con l'Austria riconferma che la Germania non intende di procedere all'Anschluss né ora né in un prossimo avvenire. È opinione del Governo tedesco che col tempo l'Anschluss avverrà come un fatto naturale determinato dall'unità di razza e di cultura. Il Governo tedesco però si impegna anche ne.Ua eventualità che ci fossero tali premesse per l'Anschluss di non procedere allo stesso se non nel caso e quando il Governo italiano desse la sua adesione. Quello che domanda il Governo tedesco nei riguardi dell'Austria è che sia data libertà al Partito Nazional-socialista austriaco di svolgere la propria attività concedendogli anche quel posto nel Governo che corrisponde alla forza effettiva che il Partito ha nel Paese.

Il Ministro Goering è persuaso che oggi la maggioranza degli austriaci siano di sentimenti social-nazionalisti: se domani ci fossero delle elezioni fatte liberamente lo si vedrebbe con tutta chiarezza. I successi nazional-socialisti in alcune elezioni di carattere sindacale ne sono un indice sicuro. Da parte tedesca non ci sarebbe una opposizione di principio a che Dollfuss possa rimanere a capo di un Governo a cui partecipino i nazionalsocialisti. L'avvento al potere dei nazionalso'CiaJisti (sia in forma totalitar,ia o parziale) staccherà definitivamente l'Austria dalla dipendenza politica verso la Francia e in avvenire la politica austriaca dovrà essere regolata di pieno accordo fra Vienna, Roma, Berlino.

Sotto questa premessa la Germania non ha nessuna difficoltà all'aumento

della influenza italiana in Austria.

Il Capo del Governo prende atto della dichiarazione relativa al «Sud

Tirol:.. Ritiene interessanti le dichiarazioni riguardanti l'Austria ed è di opi

nione che sarebbe molto opportuno che queste dichiarazioni di rinunzia al

l'Anschluss potessero essere fatte pubblicamente. Ciò servirebbe anche a cal

mare le apprensioni mondiali nei riguardi della politica tedesca.

Il Ministro Goering ha l'impressione che si sia già venuti ad una certa

détente nei rapporti fra la Germania e l'Austria. Gli consta che il deputato

Habicht è stato recentemente a Venezia ove avrebbe avuto un incontro con

delle personalità austriache.

Per quanto riguarda la politica nei Balcani il Ministro Goering vede pure

la possibilità di una intesa con l'Italia. Comunque dichiara che la Germania

non intende disturbare in nessun modo gli interessi italiani dove hanno preso

piede nei Balcani.

Il Capo del Governo prende atto anche di tale dichiarazione. Rileva l'uti

lità dell'odierno colloquio che è servito a chiarire molti punti.

Si decide di fare un succinto comunicato da diffondere nella stampa.

(l) -Al colloquio era presente Suv~ch che redasse il presente appunto. Ed. parzialmentein Suvich, Memorie, cit., pp. 237-241. (2) -Cfr. n. 332.
338

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE

L. P. 8698 (1). Roma, 7 novembre 1933.

Mi viene riferito che il Dr. Steidle, durante una conferenza da lui tenuta in Tirolo, avrebbe fra l'altro detto: «Se si dovrà costituire una nuova casa il compito principale del governo dovrà essere quello di appoggiarsi all'elemento autonomo e ai suoi costumi. Non abbiamo bisogno di esempi e di costumi stranieri, basta che ci appoggiamo alle nostre antichissime tradizioni nazionali che unicamente nei paesi alpini sono rimaste intatte. Non abbiamo bisogno di alcun «ismo) né dal nord né dal sud. Ognuno ha da badare ai fatti propri).

Alcuni giornali, come per es. il Neues Wiener Extrablatt trovano molto interessanti tali dichiarazioni, che, secondo il detto giornale, conterebbero una ripulsa del fascismo sia che provenga dal sud che dal nord. Il giornale suddetto intitola la notizia « Steidle contro il fascismo).

La prego di appurare quanto sopra, e se ciò risultasse esatto, voglia attirarvi l'attenzione del Principe Starhemberg facendogli rilevare come l'Italia non possa ammettere tali atteggiamenti da parte di uno degli uomini più rappresentativi della sua Organizzazione.

339

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 7 novembre 1933.

Questo Incaricato d'Affari d'Austria ha informato a titolo riservato e personale che, secondo informazioni pervenute dall'ambiente giornalistico alla Legazione d'Austria, circolerebbe la voce, appunto nell'ambiente giornalistico, che la venuta di Goering potrebbe avere per fine la ricerca, d'accordo fra Italia e Germania, di una soluzione dello stato dei rapporti attuali fra la Germania e l'Austria. Si connetterebbe tale soluzione con la presenza di Rintelen a Roma che potrebbe essere un candidato del Reich alla successione di Dollfu!:s.

Questo Incaricato d'Affari d'Austria ha comunicato quanto precede a semplice titolo informativo e senza attribuire alcuna serietà a queste voci che la Legazione d'Austria considera come frutto di pura fantasia.

Ho pienamente rassicurato l'Incaricato d'Affari d'Austria attirando la sua attenzione sul comunicato che espone la precisa natura dell'incontro e del colloquio fra S. E. il Capo del Governo e Goering.

(l) Un appunto su carta intestata del Gabinetto, allegato alla presente lettera, pari data, dice: «L'unica lettera, chiusa In busta bianca, senza alcuna intestazione, è stata inviata all'Indirizzo del comm. Rochira, R. console generale a Vienna, perchè ne curi personalmentela consegna al dr. E. Morreale ~.

340

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 4419/690 a. Berlino, 8 novembre 1933, ore 20,58 (per. ore 23).

Mi sono recato stamane dal barone von Neurath per degli affari di importanza relativa.

Non ci ero più stato dall'll ottobre.

Egli accennò al viaggio di Goering, dicendomi che Hitler aveva dal primo momento desiderato scrivere a V. E. e spiegare atteggiamento della Germania. Contlnui suoi impegni per campagna elettorale gli avevano però impedito trovare tempo materiale per farlo prima d'ora. Von Neurath accennò al contenuto della lettera, insistendo sul riconoscimento che essa fa dell'opera di V. E. in favore di una intesa. Aggiunse che Hitler aveva poi esposto ragioni del suo atteggiamento. Egli mi disse essere infondate le supposizioni dei giornali francesi che Hitler avesse mandato Goering a Roma per ottenere che V. E. prendesse una iniziativa qualsiasi o facesse funzionare patto a quattro. Ministro degli esteri aggiunse che del resto, e molto prima del viaggio di Goering, egli aveva tenuto a mettere V. E. al corrente delle conversazioni che Hitler aveva avuto con il nuovo ambasciatore d'Inghilterra, desiderando che Italia fosse a giorno del modo di pensare tedesco.

Colsi l'occasione dire a von Neurath che la comunicazione fatta da von Hassell (1), riuscita gradita al R. Governo, aveva però prodotto l'impressione che, non distanziandosi in fondo le richieste tedesche troppo da quanto Francia e Inghilterra erano disposte di concedere, si sarebbe potuto molto utilmente continuare a discorrere, a valersi dell'opera di mediazione dell'Italia sperando di arrivare a un risultato. Mio interlocutore negò tale possibilità data atmosfera di Ginevra e espresse invece speranza anzi fiducia che accordo si possa raggiungere con altri metodi che non preciso.

Evitai di entrare in dettagli dichiarando soltanto che egli poteva certamente contare sull'Italia ogni qualvolta si trattasse di fare opera di collaborazione europea, perché questa era la base politica di V. E. Trovai il modo di appurare se Hitler parlando con mio collega inglese avesse o non accennato a un termine di otto anni. Von Neurath lo confermò, dicendo che Hitler aveva detto che non sarebbe stato alieno di procedere agli armamenti limitati cui aspira Germania in otto anni a condizione che gli altri Stati, pur non parlando più di disarmo, non aumentassero i propri armamenti durante il periodo stesso. Egli aveva osservato a Hitler che forse sarebbe stato meglio non menzionare un termine, ma cancelliere aveva obiettato che egli ne aveva parlato in fondo soltanto a mo' di esempio.

(l) Cfr. n. 325.

341

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A PARIGI, PIGNATTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, PRUNAS, E AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA

T. 1923 R. Roma, 8 novembre 1933, ore 23.

(Per Parigi, Londra, Berlino) Ho telegrafato al nostro rappresentante al Bureau conferenza disarmo che si riunisce domani per quanto segue:

(Per tutti) Confermo e preciso istruzioni date a V. S. per sessione bureau che iniziasi domani, di opporsi a tendenza procedere preparazione plano dlsarmo da presentare poi Germania per eventuale accettazione.

Tale procedimento oltre che contrario nostra politica non potrebbe portare alcun pratico risultato in quanto o Germania non accetterebbe o, aopo aver accettato schema predisposto da altri, avrebbe sempre imoresslone at avere ceduto a pressione e quindi si creerebbe stato d'animo contrario ststemaztone rapporti europei su base pacifica e fiduciosa collaboraztone.

È nostra opinione che occorra attendere elezioni Germanla orlma eu rtorendere qualsiasi forma di negoziati cne non pouanno avvemre senza partecipazione Germania stessa.

Frattempo noi non ci opporremo studio determinati problemi purché natura esclusivamente tecnica in quanto tale studio abbia carattere preparazione per futuri lavori.

Nello stesso tempo sarà da evitare possibilmente anche esame questioni particolari sia pure con carattere di studio tecnico.

342

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4438/716 R. Parigi, 8 novembre 1933 (per. il 10).

Ho fatto oggi la mia prima visita, dopo il ritorno dal congedo, al segretario generale del Quai d'Orsay.

L'ho trovato assai riservato ogni volta che ho tentato di indurlo a esprimere un apprezzamento sulla situazione determinatasi per il ritiro della Germania da Ginevra. Ho condotto perciò il discorso sulla politica interna francese col proposito di ritornare poi all'argomento che m'interessava.

Il signor Leger crede che si va verso un Gabinetto di concentrazione radicacentrista, però non oltre il gruppo Flandin. La destra rimarrebbe esclusa dalla nuova combinazione. Forse ci sarà un altro ministero di transazione dopo quello di Sarraut, non vitale, prima che si faccia luogo alla concentrazione che darà al paese che l'attende, un Governo sufficientemente omogeneo e stabile.

Ho portato in seguito il mio interlocutore a parlare di Daladier e del suo ultimo discorso di politica estera. La Germania secondo Leger si è sentita isolata dopo il gesto di Ginevra. L'invito di Hitler a trattative dirette francotedesche avrebbe avuto anche di mira di calmare l'apprensione manifestatasi nel popolo tedesco, Il segretario generale ha soggiunto di avere l'impressione che il Reich prenderà prossimamente aLtre iniziative per uscire da una situazione che lo disturba. Rispondendo a una mia doinanda, ha detto di non avere conoscenza di fatti precisi, ma di credere probabile che il Reich propÒrrà la stipulazione di patti di non aggressione alla Cecoslovacchia e alla Polonia e forse ad altri Stati.

Ritornato il discorso sull'invito del cancelliere a trattative dirette, Leger mi ha detto non trattarsi, del resto, di cosa nuova. L'ambasciatore di Germania aveva, nel corso del passato inverno, a varie riprese e con insistenza, proposto al Quai d"Orsay un accordo franco-tedesco «che avrebbe permesso alle due Potenze di esercitare un dominio assoluto e incontrastato sull'Europa, all'infuori anche dell'Inghilterra». L'ambasciatore tedesco avrebbe aggiunto che mentre la Germania rifiutava di accettare un controllò internazionale sugli armamenti, ch'essa giudicava umiliante, era disposta di acconsentire a un controllo da parte della Francia a condizioni di reciprocità. Non escludo che questo ambasciatore tedesco abbia realmente parlato nel senso attribuitogli dal segretario generale del Quai d'Orsay. lil signor Ki:ister è amico e parente del signor von Papen il quale, com'è noto, è uno degli apostoli più ferventi dell'intesa franco-tedesca. D'altra parte ricordo di avere segnalato a V. E. la primavera scorsa, le strette relazioni intercedenti fra Ki:ister, l'ex ministro Flandin, l'ex sottosegretario Patenòtre e altri che nell'accordo franco-tedesco troverebbero la sistemazione di loro forti interessi.

Vedrò prossimamente il presidente del consiglio e il ministro degli esteri (1).

343

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 8 novembre 1933.

Chambrun è venuto a chiedermi schiarimenti sulla venuta di Goering.

Gli ho detto che la visita è giustificata dal fatto di essere egli latore della lettera del Cancelliere nella quale questi ha tenuto a far conoscere al Capo del Governo Italiano i motivi che hanno determinato la recente decisione del ritiro della Germania dalla Conferenza del Disarmo e dalla Società delle Nazioni. Gli ho detto che Hitler ha addotto a giustificazione di tali decisioni ragioni di polJtica generale e che il motivo centrale della sua lettera è costituito dalle

ferme dichiarazioni del Governo tedesco di non poter prescindere in nessun caso dal riconoscimnto alla Germania della pratica e reale parità di diritti da parte di tutte le Potenze.

Chambrun ha preso atto e mi ha chiesto se V. E. avesse preso qualche decisione in proposito. Gli ho risposto che il punto di vista di V. E., quale risultava dalla nota pubblicata dalla stampa italiana l'indomani del ritiro tedesco, rimaneva inalterato.

L'Ambasciatore di Francia ha infine espresso il suo vivo desiderio di essere ricevuto da V. E. e chiaramente ha fatto comprendere che egli verrebbe a cercare nelle parole di V. E. il suo orientamento in questo momento di incertezza (1).

(l) Suvich con t. 2011 R. del 18 novembre chiese a Pignattl di controllare presso l'ambasciatore di Germania le notizie riferite da Leger è con t. per corriere 2013 R. del 20 novembre, dopo avecr ritcrasmesso 11 presente telegramma, inviò !Istruzioni a Cerruti di riferire quantorisultasse a Berlino circa le proposte germaniche per un accordo diretto franco-tedesco.

344

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 8 novembre 1933.

Nei colloqui avuti quest'oggi, tanto l'Ambasciatore di Francia quanto quello di Polonia mi hanno chiesto quale sarebbe stato l'atteggiamento italiano alla riunione di domani pel disarmo a Ginevra.

Ho risposto a entrambi che l'Italia riteneva inutile, e anzi seriamente pregiudizievole alla stessa causa del disarmo, una ripresa delle discussioni in assenza della Germania. I due principali argomenti in cui ci si imbatterebbe sarebbero infatti quelli degli effettivi e quello delle sanzioni. Ora, dato che quello degli effettivi è in sostanza un problema di proporzioni, noi riteniamo che sarebbe perfettamente sterile discuterlo nella impossibilità di conoscere l'unità di misura germanica in base alla quale graduare le forze degli altri. E, quanto alle sanzioni, riteniamo che sarebbe oltreché sterile, anche pericoloso riportare alla ribalta questo argomento in un momento in cui in Inghilterra si conduce sulla stampa una violenta campagna per svalutare gli impegni di Locarno.

345

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, PRUNAS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4420/871 R. Londra, 9 novembre 1933, ore 1,27 (per. ore 6,30).

Simon ha chiesto oggi vedermi.

Mi ha detto che da colloqui avuti con S. E. Capo del Governo e S. E. Suvich, Drummond aveva tratto convincimento essere opinione fascista che per questione disarmo convenga procedere senza precipitazione dando tempo al tempo.

Inopportunità di tentativi soluzioni unilaterali e affrettate è condivisa dal Gabinetto britannico.

Suo discorso di ieri alla Camera dei Comuni è orientato in questo senso e lui, Simon, è stato nettamente accusato nel corso del dibattito da sir Austen Chamberlain di non avere direttive politiche positive, in quanto che appunto non poneva innanzi alcun piano immediato e preciso per soluzione crisi attuale. Simon ha soggiunto che anche in considerazione circostanza che Boncour, impegnato lavori parlamentari, non potrà per ora recarsi a Ginevra, ha anche egli rinunziato per il momento recarvisi, contrariamente a quanto era stato prima deciso e annunziato dai giornali.

EgU stesso vi sarà mppresentato da Cadogan.

Simon ha d'altra parte impegni a Londra per tutta prima quindicina novembre. Rendendosi pienamente conto saggezza argomenti prospettati da V. E., Simon ha ad ogni modo ritenuto opportuno richiamare attenzione quest'ambasciatore di Francia (che usciva infatti quando io entrava) sull'opportunità che prossime dichiarazioni Governo francese siano concepite in termini generali e comunque tali da evitare nuovo pericoloso irrigidimento situazione.

Governo britannico, ha concluso Simon, non sa ancora quale possa essere migliore procedimento per uscire da situazione attuale, ma tiene ad ogni modo confermare essere suo proposito tenersi in stretto e costante contatto con V. E. per tutto quanto concerne questioni disarmo.

Istruzioni sono state telegrafate oggi a Drummond in questo senso.

(l) Anche l'ambasciatore di Polonia venne a chiedere schlarlmentl circa la visita di Goring, come risulta da un altro appunto di Alolsl In pari data, non pubblicato.

346

IL MINISTRO IN CINA, BOSCARELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4437/617 R. Shanghai, 9 novembre 1933, ore 13 (per. ore 3 del 10).

T. V. Soong, che ha voluto dimostrarmi estrema cordialità al mio arrivo a Shanghai, mi ha dato impressione che consideri suo ritiro dal Governo come soltanto dettato da ragioni transitorie e che tenga a sottolineare come un suo ritorno al potere oltre a non essere lontano dipenda in gran parte dalla sua volontà. Mi viene riferito, infatti, che Kung incontra molte difficoltà a trovare presso le banche di Shanghai somme di cui Governo cinese abbisogna mentre stesse difficoltà erano più facilmente superate da T. V. Soong il quale continua controllare di fatto, mercato finanziario locale. Tale particolare posizione exnunistro finanze gli ha permesso assicurarmi che, pur non essendo al potere, farà il possibile per seguire da vicino questione che ci riguarda (missione aeronautica, vendita materiale aeronautico ecc.) e dichiararmi che suo ritiro non diminuisce interesse che egli porta alla attività italiana in Cina e incremento nostrt rapporti con cinesi. Nel confermarmi perciò che egli si considera uno dei più sicuri amici che l'Italia conti in Cina, T. V. Soong ha voluto rinnovare sua deferenza e gratitudine verso V. E. per le accoglienze che volle riservargli a Roma.

347

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, E AI MINISTRI A BUDAPEST, COLONNA, E A VIENNA, PREZIOSI

T. 1925 R. Roma, 9 novembre 1933 (1).

(Per Berlino e Budapest) Ho telegrafato a Vienna quanto segue:

(Per tutti) Prego V. S. informare in via riservata cancelliere che ministro presidente Goering durante sua recente visita Roma ha fatto accenni questioni Austria. Ha escluso modo assoluto che Germania pensi Anschluss ora o prossimo avvenire. Germania richiede però libertà per attività e propaganda nazionalsocialisti in Austria di modo che possano partecipare al potere nella proporzione determinata da loro forza relativa. Goering non esclude cancelliere Dollfuss possa rimanere capo Governo anche sopradetta combinazione. A nostra richiesta se Germania avrebbe potuto pubblicare dichiarazioni relative rinuncia Anschluss, ottenuto risposta evasiva.

V. S. vorrà aggiungere -per quanto possa apparire superfluo -che nostra posizione rimane, sia nella questione di massima che nei vari aspetti della questione stessa, quella che da tempo R. Governo ha assunto e che cancelliere ben conosce.

348

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A TOKIO, AURITI, A V ARSA VIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI AD ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, A SOFIA, CORA, E A VIENNA, PREZIOSI

T. 1926/c.R. Roma, 9 novembre 1933, ore 24.

(Per tutti) Informo risultato visita Goering a complemento indicazioni già fornite con comunicato alla stampa. Ministro presidente prussiano ha consegnato Capo Governo lettera cancelliere Hitler in cui si spiegano motivi per cui Germania è uscita conferenza disarmo e ha denunciato sua partecipazione Società Nazioni. In detta lettera insiste particolarmente sulla necessità della Germania per ragioni morali di ottenere riconoscimento parità diritti in tutti i campi.

Per quanto risulta possibilità ripresa contatti Germania parte premessa che risulta evidente paesi ora a,rmaLi non intendono disarmare. Tali condizioni Germania reclama possibilità parziale e graduale riarmo durante periodo transitorio «piuttosto lungo~.

Richieste tedesche si concretano:

-obbligo da parte nazioni armate di non aumentare durante tale periodo loro armamenti;

-nella concessione alla Germania di 300 mila uomini effettivi con materiale corrispondente a quello che in altri paesi esiste per effettivi stessa entità.

Germania rinuncia però detto periodo armi potenzialità e portata maggiore con carattere spiccatamente offensivo.

Ministro Goering ha tenuto chiarire modo molto preciso che non si tratta di una proposta tedesca, ma soltanto di una comunicazione di quello che è il punto di vista tedesco nell'attuale fase della questione del disarmo.

(Per Parigi Londra, Washington) Quanto sopra la E. V. (S. V.) può portare confidenzialmente a conoscenza di codesto Governo.

(Per Brusselle, Varsavia, Madrid, Mosca, Tokio, Ankara, Vienna, Budapest, Praga, Belgrado, Bucarest, Atene e Sofia) Quanto precede per norma confidenziale di linguaggio di V. E. <V. S.).

(Per tutti meno Berlino) Perché Ella ne possa fare poi uso prudente in eventuali conversazioni.

(Per tutti) Aggiungo anche essere risultato che non è intenzione Governo tedesco prendere iniziative per ripresa contatti. Non è neanche nostra intenzione prendere tale iniziativa.

Data nostra contrarietà procedere redazione schema convenzione in assenza Germania, è probabile si ritorni fra qualche tempo a conversazioni dirette fra quattro grandi Potenze europee con partecipazione America.

Eviti tuttavia V. E. (V. S.) dare impressione che noi si insiste per funzionamento patto a quattro, che invece dovrebbe entrare in funzione automaticamente come unico strumento per avviamento alla soluzione della questione mediante ripresa contatti e scambi di vedute tra Potenze maggiormente interessate questione disarmo (l).

(l) Il telegramma è privo di ora di partenza.

349

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 4476/201 R. Vienna, 9 novembre 1933 (per. il 14).

Cancelliere mi ha detto stamani che ministro ungherese Kallay, venuto qui avant'ieri per il regolamento di questioni commerciali, gli aveva insistentemente rappresentato il vivo desiderio del signor Gombtis di riceverlo in visita ufficiale a Budapest.

Il cancelliere aveva replicato rilevando che egli si sarebbe incontrato col presidente del consiglio ungherese fra una diecina di giorni in territorio austriaco,

e precisamente in occasione della già preordinata caccia al camoscio, organizzata appunto in onore del signor GombOs.

A titolo strettamente confidenziale Dollfuss mi ha poscia espresso la sua opinione che, nel sollecitare una sua visita ufficiale a Budapest, il generale Gombos si proponesse sopratutto di disperdere l'inquietudine che pare vada serpeggiando da qualche tempo nel pubblico ungherese, circa la reale cordialità dei rapporti attualmente esistenti fra il Governo del signor Gombos ed i Governi di Roma e di Vienna.

Al mio senso di sorpresa il cancelliere ha confermato la predetta sua impressione, insistendo anche sul punto che la situazione politica del signor Gombos sarebbe attualmente alquanto scossa; ed ha continuato con i soliti suoi attacchi contro il signor de Kanya, verso il quale non mi ha nascosto la sua perdurante diffidenza. Ha quindi precisato che dai colloqui che avrà col Gombos, durante le imminenti cacce, egli potrà tmrre elementi per esaminare se sia

o meno il caso di dar corso alla visita ufficiale; ma che in realtà dell'opportunità o meno di procedere a detta visita, egli intendeva lasciare V. E. unico giudice, desiderando attenersi esclusivamente al suggerimento ed al consiglio di V. E. A meglio precisare il suo pensiero il cancelliere lo ha così riassunto: «Io desidero mantenere le relazioni fra l'Austria e l'Ungheria all'istessa temperatura di quelle intercedenti fra Roma e Budapest; ond'io mi uniformo, e sempre mi uniformerò, a quanto mi sarà indicato dal capo del Governo italiano».

Avendo io cercato di maggiormente indagare sulle disposizioni del cancelliere verso l'Ungheria, H signor Dollfuss mi ha detto che il signor Kallay, onde meglio propiziare la visita ufficiale a Budapest del capo del Governo austriaco, aveva parlato dell'opportunità di giungere ben presto ad una vera e propria unione doganale. A tal proposito, credo dover informare V. E. che nel corso del colloquio il cancelliere si è mostrato meco alquanto tepido verso il concetto dell'unione doganale, mettendo soprattutto in rilievo, che provenendo dal ceto degli agricoltori, egli era forse il meno atto a comprendere un regime che avrebbe finito col risolversi a tutto vantaggio dell'agricoltura ungherese.

Credo pure utile di aggiungere che il direttore degli affari politici ministro Hornbostel, parlandomi della stessa questione, si è mostrato molto più contrario del cancelliere, sostenendo che gli interessi dell'Austria e dell'Ungheria sono troppo divergenti per formare una stretta economia interdipendente. Lo stesso funzionario mi accennò anche a notizie giusta le quali non sarebbe da escludersi un vicino ritorno al potere di Bethlen. Nei riguardi di questi il signor Hornbostel manifestò altresì l'avviso che la campagna revisionista ungherese appare assurda ed intempestiva.

(l) Analogo telegramma venne inviato il 10 novembre a Soragna col numero 1941/98 R.

350

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 9 novembre 1933.

Ho incontrato l'Ambasciatore di Francia e gli ho dato qualche notizia sul colloquio con Goering; naturalmente sulla parte non riservata.

29 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Mi ha detto che come sua impressione la Francia non potrà accettare mai un esercito tedesco di 300 mila uomini.

Bisognerà insistere sui 200 mila uomini del Piano MacDonald.

351

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 9 novembre 1933.

In previsione di alcuni problemi che potranno sorgere con l'apertura, nel prossimo dicembre, dell'Istituto per il Medio ed Estremo Oriente, credo opportuno prospettare a V. E. alcune vedute sulla situazione attuale del continente asiatico in vista di quei provvedimenti che dovrebbero essere presi in prosieguo di tempo per affiancare l'opera dell'Istituto, dargli ampio respiro e permettergli di aspirare ad essere il fulcro di quell'opera di avvicinamento all'Oriente che dovrebbe un giorno non lontano poter fare di Roma il centro morale dell'Asia in Europa.

L'Oriente, in particolare il vicino e il medio, gravitano sempre più verso l'Occidente, nonostante il nazionaJlismo intenso di quei paesi, anzi a ragione di esso, che il nazionalismo, specialmente nell'Islam, non significa altro, in fondo, che la tendenza ad importare e ad adattare liberamente alle proprie condizioni politiche e sociali le idee e le istituzioni dell'Occidente.

Importazione libera, però, con indipendente criterio di scelta e di vaglio da parte degli stessi interessati. Il che rende facilmente comprensibile come quelle Potenze che sono state le prime a penetrare durevolmente in Asia e a introdurvi elementi di civiltà occidentale -prevalentemente Gran Bretagna e Francia -per avere adoperato sistemi di oppressione sfruttamento imperialistico e, soprattutto, incomprensione offensiva per popoli di antichissima civiltà a cui venivano applicati, abbiano finito per fare una propaganda a rovescio ai propri danni, sollevando contro di sé una ondata crescente, e oramai implacabile, di rancori e di odi.

Perciò, mentre la gravitazione orientale verso l'Occidente è continuata ed è divenuta anzi sempre più forte, la Francia e soprattutto la Gran Bretagna si sono trovate e si trovano oggi escluse dalle possibilità di avvantaggiarsi di questo ininterrotto moto di avvicinamento dell'Asia all'Europa. Non potendo cambiare la politica ormai secolare cui hanno informato i loro regimi, oggi esse tentano di rappresentare agli occhi dell'Europa la opposizione dell'Asia contro di loro come un'opposizione essenziale ed indiscriminata di tutta l'Asia contro tutta l'Europa.

Questo isolamento della Francia e della Gran Bretagna in Asia apre a noi la possibilità di assumere, o meglio di riassumere, quella grande funzione di intermediari fra le due massime protagoniste nel mondo, Asia ed Europa, che è stata la base della grandezza di tutte le civiltà mediterranee, e principal· mente delle nostre.

La Germania avrebbe teoricamente anch'essa la possibilità di essere un serio concorrente, malgrado la sua irriducibile incomprensione di mondi spirituali diversi dal suo, ma oggi, con la sua propaganda dell'idea di razza, ben nota in Asia, perde un'occasione che poteva esserle favorevole e suscita contro di sé fortissime e diffuse prevenzioni. Nulla infatti è più odioso e mette più in sospetto gli asiatici di questa idea di razza, che è quella stessa che da due secoli la Gran Bretagna ha messo a base della sua politica asiatica per stabilire una linea insuperabile di demarcazione tra sé e le popolazioni indigene, anche dove queste sono di altissima ed antica cultura. Idea, questa, che é opposta a quella che fu l'idea universale di Roma Imperiale, di Roma cattolica e di tutto il pensiero italiano, dalla scolastica alla Rinascenza ed al Fascismo.

Tutte queste nazioni, cioè Gran Bretagna, Francia ed anche Germania, hanno però oggi un'attrezzatura tecnica e servizio della diffusione della loro cultura presso gli orientali che assicura loro una posizione largamente vantaggiosa nei nostri confronti, dato che noi solo in epoca recentissima abbiamo cominciato ad ampliare la nostra visuale oltre l'Adriatico ed il Mediterraneo per spingerla verso quel continente dove oggi effettivamente si scontrano, e quindi necessariamente dovranno in un futuro non lontano decidere le proprie sorti, tutti i grandi imperialisti: quello russo, quello britannico, quello giapponese e quello americano.

Uno dei mezzi più efficaci di influenza sui paesi orientali è costituito da quel manipolo di studenti asiatici che vengono a frequentare le università europee e che rappresentano il lievito delle grandi correnti-nazionali sociali e religiose asiatiche nonché la classe dirigente di domani.

Oggi questi studenti si avviano esclusivamente verso le Università inglesi, francesi e tedesche. I più numerosi sono gli indiani che sommano a circa 2500, dei quali un numero ogni anno crescente si avvia in Germania (ora circa 500).

Credo opportuno allegare un prospetto dell'« Istituto per l'India) fondato da.lla Deutsche Akademie. Un Istituto dello stesso genere per la Cina è a Francoforte. Organismi analoghi sono stati da tempo creati in Francia a Parigi ed a Montpellier.

È indispensabile riguadagnare il tempo perduto.

Nessun mezzo migliore che quello di costituire anche a Roma un «centro~. un «focolare)} di studenti asiatici. Per le ragioni suesposte Roma costituirebbe un fortissimo centro di attrazione. Ma perché questo « centro )} nasca vivo e vitale, è indispensabile che alla sua costituzione pongano direttamente mano gli stessi studenti orientali, magari aiutati, ma non sostituiti in questa loro opera creatrice degli organi ufficiali della nostra cultura.

Occorre dunque chiamarli a raccolta. Sembrami che il mezzo migliore sia quello di organizzare per l'occasione dell'inaugurazione dell'Istituto per il Medio ed Estremo Oriente una «settimana romana degli studenti orientali l>, invitando tutti i gruppi di studenti orientali presso le varie Università europee ad inviare una loro rappresentanza. Avremo cosi presumibilmente quelli che più contano tra i loro colleghi.

Gli studenti del Guf sarebbero incaricati di prodigare la migliore possibile ospitalità. Allo scopo di chiamare gli ospiti a vivere direttamente la vita della nuova gioventù italiana e a respirarne l'atmosfera, proporrei di accasermarli

in qualche locale adatto insieme con un certo numero di camerati italiani del Guf. In questa occasione gli studenti orientali saranno chiamati a collaborare alla costituzione del loro « centro ~ romano.

Sottopongo questo programma all'approvazione di V. E. e resto in attesa di conoscere quanto Ella si compiacerà decidere sia relativamente all'approvazione di principio, e sia, nel caso affermativo, relativamente al numero degli studenti da invitare e al capitolo su cui inscrivere la spesa che credo si aggirerebbe sulle 250 lire per studente, oltre il viaggio che potrebbe essere eventualmente concesso gratuitamente dal Ministero delle Comunicazioni (1).

352

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 1931/190 R. Roma, 10 novembre 1933, ore 15.

Secondo una notizia Stefani, il Ministro Kanya parlando di politica estera e tracciandone il bilancio annuale ha detto a proposito dell'Austria che la politica magiare continua a seguire il criterio delia non «ìmmistione ». Troppo poco ed è il meno che si potesse dire. Nel momento in cui la pressione nazista si accentua questa singolare laconicità del Kanya non gioverà alla causa di Dollfuss e a quella della indipendenza austriaca che almeno sino a ieri fu nel programma della politica estera magiara. Dati poi i patti di amicizia e le relazioni austro-magiare, sembra ancora più grave la «riserva~ del Kanya. Quanto sopra V. S. farà sapere a Goemboes al quale domanderà anche che cosa pensa dell'attuale situazione austriaca e della posizione di Dollfuss.

353

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 1932/393 R. Roma, 10 novembre 1933, ore 14,30.

Drummond ci ha informato (2) che Gabinetto inglese orieilltasi nel senso di non discutere a Ginevra questione disarmo e sarebbe disposto anche ad un rinvio puro e semplice. Questo coincide col nostro punto di vista che tu conosci e cioè che disarmo deve esulare dalla Lega delle Nazioni almeno sino a quando non siasi raggiunto accordo preiimina·re fra le grandi Potenze. È necessario sostenere quest'ordine di idee presso Foreign Office in modo da paralizzare la eventuale e molto probabile azione contraria della Francia <3).

(l) -Annotazione a margine d! Mussol!n!: «Si-dare corso». (2) -In un colloquio con Suv!ch del 9 novembre. d! eu! non si pubbl!ca !l verbale. (3) -R!trasmesso a Berlino, Parigi e Ginevra con t. 1946 R. del 10 novembre.
354

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA

T. U. 1942/115 R. Roma, 10 novembre 1933 (1).

Converrà che V. S. insista nella riunione di domani su inopportunità discutere momento attuale progetto convenzione disarmo, anziché rinviare discussione anche in commissione generale a dopo primo gennaio. Nel frattempo è opportuno che elementi italiani non siano nominati relatori né facciano parte previsti due comitati.

355

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 10 novembre 1933.

L'ambasciatore Chambrun è venuto a vedermi per la questione del disarmo.

Egli ha l'impressione che i nostri punti di vista divergano sulla valutazione attuale di tale questione e spera sia possibile trovare il punto di accordo. Ad ogni modo egli per dovere di chiarezza e di lealtà vuole esporci il punto di vista francese sul quale tutti gli uomini politici, sia della maggioranza o della opposizione, sono d'accordo.

In primo luogo in Francia si ritiene che la questione del disarmo non possa essere sottratta a Ginevra. In secondo luogo si pensa che delle trattative dirette con la Germania non possono portare ad alcun risultato, perché la Germania evidentemente avrà aumentato le proprie pretese. Ora la Francia ha già dichiarato quale è il massimo delle concessioni che poteva fare e quindi certamente le nuove proposte tedesche non potrebbero essere accolte.

La Francia è sempre di opinione che convenga non farsi impressionare dall'abbandono di Ginevra da parte della Germania e continuare a discutere su quei progetti che in linea di massima avevano raccolto l'adesione delle Potenze che sono rimaste a Ginevra.

L'Ambasciatore mi chiede se la sua impressione che fra i nostri punti di vista ci siano divergenze è esatta. Gli rispondo che per quanto riguarda Ginevra noi non intendiamo dessaisir la Società delle Nazioni per la questione del disarmo. Osserviamo però che la Società delle Nazioni non è in grado di agire: i tedeschi sono fuori; il Delegato americano è partito; gli inglesi discutono sulla validità del Patto di Locarno e noi siamo di opinione che per ora non si possa avere che un atteggiamento di attesa.

Per quanto riguarda la seconda parte del punto di vista francese esposto dall'Ambasciatore Chambrun, gli faccio presente che effettivamente esiste una

divergenza di opinione. Non siamo d'accordo che convenga continuare la discussione di una convenzione per il Disarmo nell'attuale momento. Bisogna dar tempo alla Germania di fare le elezioni per poi esaminare la situazione che ne risulterà. Fare una convenzione senza la Germania porterebbe o al risultato che la Germania la rifiuti e quindi avremmo perduto il nostro tempo o al risultato che la Germania la accetti e fra qualche tempo direbbe di aver subito un nuovo «diktat» e tutto sarebbe da ricominciare. Meglio quindi attendere ancora qualche tempo il che non compromette nessuna delle soluzioni future e su questa soluzione interlocutoria mi pare che potremmo trovarci d'accordo. Ad ogni modo se il suo accenno alle trattative con la Germania si riferisse alla venuta di Goering, non potevo che riconfermargli che con Goering non si è fatta alcuna trattativa.

L'Ambasciatore è persuaso di ciò e mi ringrazia delle informazioni e mi dice se può contare che noi non inizieremo delle trattative con la Germania senza avvertire la Francia. Osservo che quanto mi chiede risponde perfettamente allo spirito del Patto a Quattro.

L'Ambasciatore aggiunge: allo spirito del patto a quattro e allo spirito di amicizia che regola i rapporti dei nostri due Paesi.

L'Ambasciatore spera di avere nel frattempo altre informazioni da Parigi per poter farne una esposizione più completa al Capo del Governo quando avrà l'onore di essere da Lui ricevuto la prossima settimana. Vuole intrattenere il Capo del Governo anche su un'altra questione di minore rilievo a cui egli però molto tiene. Si tratta di fare una esposizione di arte italiana a Parigi nella prossima primavera, per cui viene messo a disposizione tutto il Petit Palais. Gli chiedo se si tratta solo di arte antica o di arte moderna.

Mi dice che si vuole fare anche una sezione di arte moderna.

(l) Il telegramma è privo dell'ora d! partenza.

356

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. ss. 4647/2524. Vienna, 10 novembre 1933.

Mio odierno telegramma Gabinetto segreto n. 438 (1).

II Cancelliere mi ha detto stamani volermi confidare, in modo del tutto segreto, e con la preghiera che la sua conversazione venisse pure a tale titolo considerata da V. E., alcunché che si era passato in questi ultimi giorni con la Germania. II Cancelliere ha aggiunto che di quanto mi avrebbe detto egli non aveva tenuto parola alcuna al suo Gabinetto: sicché doveva pure insistere che fosse costà tenuto il maggior segreto sulla cosa, negli stessi riguardi di codesto Ministro d'Austria.

In data del 30 o 31 ottobre una personalità bavarese, conosciuta da lungo tempo dal Cancelliere, e colla quale il signor Dollfuss è stato nel passato in rapporti di carattere politico -avendo con essa fatto parte del cosiddetto Fronte Verde, organizzato anni fa fra gli elementi agrari della Baviera e dell'Austria

allo scopo di preservare le masse rurali dall'allora minacciante socialismo chiese con insistenza di vedere il Cancelliere. Dati i passati amichevoli rapporti, il Cancelliere non ebbe nulla in contrario di riceverla senz'altro.

Il personaggio bavarese, che giungeva direttamente da Berlino, intrattenne il Cancelliere sulla situazione in Germania, insistendo in particolar modo sul punto che, per quanto concerneva la questione dell'Austria, essa situazione appariva ormai matura per una distensione dei rapporti fra i due paesi.

Il Cancelliere, cui erano già pervenute insistenti voci nello stesso senso (mio telegramma 427 del 23 ottobre) (1), credeUe di dover rispondere che da parte sua non aveva difficoltà a prendere in esame tale possibilità, ma che prima condizione di uno scambio di vedute in proposito non poteva essere che la designazione, da parte delle autorità tedesche, d'una personalità particolarmente autorizzata allo scopo.

Il personaggio ripartì, ritornando due giorni dopo per assicurare il Cancelliere che la personalità tedesca in questione era il Segretario Generale del partito signor Hess, che trovavasi a Monaco. In detta città avrebbe dunque dovuto recarsi l'emissario austriaco.

Il Cancelliere, vista l'urgenza della richiesta, tenuto conto della personalità del suo interlocutore, e data la necessità del segreto, credette conveniente non prender consiglio né dai suoi colleghi del Gabinetto né dal Segretario Generale Peter, e pregò senza altro il Ministro Schuschnigg, in cui egli ripone particolare fiducia, di recarsi in aeroplano a Monaco.

Appena giunto colà, il Ministro Schuschnigg ebbe ad avvedersi che il personaggio bavarese, stante le difficoltà che incontrò per procurargli un appuntamento dell'Hess, aveva rappresentato al Cancelliere disposizioni non corrispondenti alla realtà. Tuttavia il Capo della Sicurezza di Monaco, signor Himmler che ricopre anche la carica di Capo delle SS. di detta città, finì col recarsi al suo albergo per condurlo nel villino del signor Hess.

Questi, in presenza del signor Himmler -che assistette a tutto il colloquio -cominciò col dichiarare di non aver ricevuto alcuna istruzione da parte del Cancelliere Hitler, e che pertanto la conversazione non avrebbe potuto essere che «ad referendum~. Proseguì sostenendo che i primi attacchi, che avevano provocato l'attuale tensione austro-tedesca, erano venuti da parte del Governo austriaco, e che di conseguenza questo doveva ritenersi responsabile dell'attuale stato di cose. Tale affermazione venne recisamente ribattuta e respinta dallo Schuschnigg: di guisa che l'argomento venne messo da parte.

Il signor Hess toccò allora -lamentandosene vivamente -l'argomento che il Governo Dollfuss aveva avuto il torto di asserire e di patrocinare una teoria rigidamente antianschlussista. In appoggio alla sua tesi, egli evocò il fatto che la costituzione austriaca del 18 afferma la volontà dell'Austria di unirsi alla patria tedesca. Al che lo Schuschnigg replicò categoricamente che come la Germania aveva, col nazionalsocialismo, messo in disparte tutta l'ideologia sviluppatasi colà nel dopoguerra, cosi l'Austria del sig. Dollfuss aveva messo da parte tutto quanto era stato detto e dichiarato nell'immediato dopoguerra. Egli

quindi asserì nel modo più reciso che ogni discussione sarebbe stata vana se il Reich non avesse l'intenzione di prendere atto dei due punti capitali, procla~ mati dal Cancelliere Dollfuss nel suo discorso di Grossmugl (mio teleposta

n. 2455 del 6 novembre) (l) e cioè: i!l riconoscimento delil'assoluta indipendenza dell'Austria e la definitiva rinuncia del Reich ad ogni intromissione nella politica interna del paese.

Il signor Hess accennò a questo punto ad alcune condizioni cui avrebbe dovuto restare subordinato ogni eventuale tentativo di «détente:. fra i due paesi. Lo Schuschnigg ha così riassunto al Cancelliere dette condizioni:

l) Repressione del marxismo, in guisa da evitare che l'Austria divenga un asilo per i fuorusciti rossi germanici. In replica, lo Schuschnigg dichiarò ritenere, pur non avendo avuto alcuna istruzione dal Cancelliere, che l'attuale Governo austriaco non avrebbe, in massima, nulla in contrario all'adozione di tale linea politica.

2) Accordo fra i due Governi circa la reciproca rinuncia ad ogni iniziativa, propaganda o sobillazione, intesi a provocare perturbamenti nelle relazioni austro-germaniche. Lo Schuschnigg annui.

3) Cessazione di ogni campagna di stampa da ambo le parti. Al che lo Schuschnigg replicò che anche oggi, come del resto in passato, la stampa austriaca vicina al Governo si astiene da ogni attacco diretto contro la Germania ed il Governo nazionalsocialista: ragione per la quale egli non aveva difficoltà ad ammettere tale presupposto.

4) Riammissione ad una normale attività del partito nazionalsocialista austriaco. Questo punto fu aspramente respinto dallo Schuschinigg, il quale dichiarò nel modo più preciso che tanto il Cancelliere Dollfuss, quanto il suo Governo, se sono non alieni dall'accogliere nel Fronte Patriottico gli elementi «nazionali~ trovantisi attualmente nei partiti pangermanista e nazionalsocialista austriaci -ossia quegli elementi che siano disposti a riconoscere senz'altro il principio dell'assoluta indipendenza dell'Austria -, non mai potrebbero ammettere la ricostituzione di un partito nazionalsocialista, del tutto antistatale, giacché per principio contrario al mantenimento dell'indipendenza del paese.

In seguito a quest'ultima dichiarazione, il signor Hess credette riconfermare di non aver avuto alcun mandato per trattare la questione. Agg1unse che avrebbe tuttavia informato dell'avvenuto colloquio le sfere dirigenti, ed eventualmente lo stesso Cancelliere Hitler; ma non promise alcuna risposta, né prese alcun impegno. Fu poi convenuto che sarebbe stato serbato il più assoluto segreto sull'abboccamento (del quale è però già risultato abbia avuto notizia 11 signor Habicht); che l'abboccamento stesso non sarebbe stato sfruttato né per attaccare il signor Dollfuss, né a scopi di polemiche o propaganda; e che anzi ad eventuali indiscrezioni sarebbe stato ·risposto da ambo le parti con una recisa smentita o con la dichiarazione che lo Schuschnigg si era recato a Monaco unicamente per. visitarvi suoi parenti colà dimoranti.

Intanto, dal mio colloquio col Cancelliere e dalle domande da me rivoltegli al fine di precisare la portata dell'azione da lui illitrapresa, ho tratto le seguenti impressioni:

l) che il Cancelliere sia stato sorpreso neHa sua buona fede dalle esagerate affermazioni del suo amico bavarese;

2) ch'egli sia stato indotto all'affrettato colloquio anche dal suo ansioso desiderio -da me rilevato e sègnalato ripetutamente a V. E. -di giungere ad una qualche « détente, con la Germania: e ciò sia per i motivi d'indole interna già esposti a V. E., e sia per le molteplici informazioni pervenutegU tn queste due ultime settimane, circa un miglioramento dell'atteggiamento tedesco nei riguardi della questione dei rapporti con l'Austria;

3) ch'egli sia dolente, per non dire pentito, della precipitazione con la quale ha accolto le pressioni dell'amico bavarese.

Ad ogni modo, nei suoi commenti, il Cancelliere mi ha dichiarato:

l) ch'egli resta più che fermo sul principio dell'assoluta inammissibilità di un partito nazionalsocialista in Austria; e che pertanto in nessun caso consentirà alla richiesta avanzata dal signor Hess;

2) ch'egli esige innanzitutto un'esplicita rinuncia del Reich ad ogni intromissione nelle faccende interne dell'Austria;

3) ch'egli è fermo sul punto che l'abboccamento di Monaco debba restare lettera morta, qualora, com'egli è più che persuaso, il Cancelliere Hitler, o persona da lui autorizzata, non fa,ccia pervenire una risposta in merito alle dichiarazioni dello Schuschnigg, o non rappresenti qui una quale precisa iniziativa del Reich per in raggiungimento di una « détente ~

Il Cancelliere ha concluso il suo dire col dichiarare che non avrebbe mancato di tenermi al corrente d'ogni eventuale azione del Reich, nel senso suindicato.

Desidero per ultimo aggiungere che se il Cancelliere ha mostrato esser compreso dell'intempestività del surriferito abboccamento, non ha fatto alcun cenno nel senso che una distensione dei rapporti con la Germania potrebbe utilmente avvenire solo quando in Austria, con l'avvenuta riforma della costituzione, con la realizzazione di un sistema corporativo, e con la sparizione dei partiti, si fosse formato un baluardo di forze patriottiche tale da poter efficacemente contrastare quegli attacchi al programma ed agli ideali patriottici che immancabilmente seguirebbero ad una prematura « détente » col Reich.

(l) T. 4442/438 R., non pubblicato: preannunc!ava 11 presente rapporto circa l'!niz!o di una distensione nelle relaz!on! austro-tedesche.

(l) T. 4246/427 R. del 23 ottobre, non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

357

IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTERO DEGLI ESTERJ JUGOSLAVO, AVAKUMOVIé, AL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI

L. P. Belgrado, 10 novembre 1933.

V'bus comprendrez aisément que le retard apporté à cette lettre tient à des ratsons que je crois inutile de vous expliquer longuement. L'absence de Belgrade des dirigeants de notre politique, les événements qui se sont déroulés depuis notre dernière conversation (l) tout cela rendait impossible à ce que la réponse à laquelle vous vous attendiez vous parvienne plus tòt. D'ailleurs, lorsqu'il s'agit d'un sujet aussi important et aussi sérieux, de pareils retards sont à prévoir.

A présent, mon cher ami, je suis à mème de continuer notre si intéressante conversation. Je le fais en vous informant que j'ai transmis, il va sans dire, aussi fidèlement que possible, sa teneur et je m'empresse de vous fàire connaitre qu'eHe a été accueillie avec le plus vif et le plus grand intérèt.

Je ne crois pas devoir particulièrement vous souligner que cette conversation a fait l'objet d'une étude approfondie qui a permis de constater avec plaisir la sérieuse amélioratlon intervenue dans la façon de conçevoir et d'envisager les possibilités qui se dessinent favorablement réalisables.

Je ne vous cacherai cependant point que certaines idées que vous m'avez exposées ont provoqué quelques objections sérieuses qui se rapportent en premier lieu à uné différente conception d'un certain nombre d'intérets à sauvegarder. D'autre part j'ai l'impression que la nature de ces difficultés est telle qu'elles pourraient etre surmontées dans les conversations à poursuivre dans un proche avenir.

Avant de terminer cette lettre il me parait encore trés utile de souligner la nécessité absolue d'observer à l'avenir les modalités d'ordre technique dont nous nous sommes servis jusqu'à présent et qu'on nous en avons [sic] convenues lorsque de mon passage à Rome.

358

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, BERARDIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4458/153 R. Mosca, 11 novembre 1933, ore 22,08 (per. ore 4,15 del 12).

Telespresso di V. E. n. 185 del 23 ottobre u.s. (2).

Capo sezione Oc!!idente Narkomindiel mi ha stamane comunicato che, in seguito colloquio avuto da V.E. con ambasciatore dell'U.R.S.S., Commissariato del popolo per gli affari esteri aveva preso disposizioni per procedere allo scambio delle ratifiche al Patto itala-sovietico. Egli ha proposto di effettuare tale scambio di ratifiche il giorno 13. Nel ricordagli che in ottemperanza alle istruzioni di V.E. lo avevo già a suo tempo interessato in merito, ho peraltro rilevato che sarebbe stato naturalmente impossibile aderire alla data proposta, mancandomi tuttora documenti per la pratica, che codesto ministro avrebbe probabilmente rimessi a S.E. Attolico atteso qui tra breve. Comunque ne avrei subito riferito a V.E.; il che faccio con preghiera d'istruzioni.

(l) -Cfr. nn. 217 e 228 (2) -Non rinvenuto, ma cfr. n. 335.
359

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4461/203 R. Budapest, 11 novembre 1933, ore 22,35 (per. ore 4,15 d'el 12).

Ho fatto al presidente del consiglio Gombos comunicazioni prescrittemi da

V. E. con il telegramma n. 190 giuntomi iersera (1). Presidente del consiglio mi ha risposto:

«1.) Dichiarazioni lette da Kanya alla commissione esteri camera dei deputati sono identiche a quelle da lui fatte alla commissione esteri senato. Estratto pubblicato ier l'altro (mia Stetani n. 10269) (2) era indipendente e arbitrario; quello che fa testo è comunicato integrale diramato ieri (mia Stejani

n. 10327) (2}, che alla conclusione dice: nell'elenco nostri amici sta al primo posto l'Italia, siamo legati da amicizia calda e sincera con Austria e manteniamo buoni rapporti con Germania.

2.) Appoggio oggi come ieri, al 100 per 100 e coi fatti, Dollfuss e sue aspirazioni, in quanto ritengo che, nonostante tutti suoi gravi difetti, Dollfuss sia il solo che ci convenga vedere al potere in Austria. Governo magiaro non ritiene però, abbandonando atteggiamento riservato che si confà modesta situazione Ungheria, potersi esporre pubblicamente in favore di Dollfuss finché questi non mostri attuare sul serio programma antimarxista segnatogli a Riccione e desistere definitivamente da civettamenti con la Piccola Intesa.

3.) Governo magiaro sarebbe ancora pronto concludere unione doganale con Austria con successiva partecipazione Italia -unione rifiutata da Dollfuss purché fosse realizzata con giusti riguardi Germania, con la quale Ungheria deve e vuole conservare suoi buoni rapporti.

4.) Ho mandato ieri ministro agricoltura a Vienna; ho fatto pure sapere a Dollfuss che, se riterrà possibile restituire a Budapest mia visita, gli preparerò accoglienze, rispondenti sentimenti due Paesi».

Presidente del consiglio ha concluso: «Sebbene offensiva nazista abbia ripreso dopo recente interruzione, posizione Dollfuss appare tuttora rinforzata, per quanto assai lontana dall'essere radicata nel Paese».

Ho avuto impressione che anche questa volta G6mb6s fosse sincero.

Sfrondate da quanto nella forma possa avergli fatto aggiungere desiderio rassicurare pienamente V. E., sue dichiarazioni mi sembrano comunque corrispondere, nella sostanza, all'atteggiamento che queste classi dirigenti mostrano l'Ungheria debba osservare nella questione austriaca, in relazione a quelli che esse considerano interessi generali e problemi fondamentali nazione.

(l) -Cfr. n. 352. (2) -Non si pubblica.
360

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. XCII. Vienna, 11 novembre 1933.

La lettera n. 8698 del 7 c.m. di S. E. Suvich (l) si è incrociata colla mia LXXXVII del 3 c.m. (2) nella quale mi occupavo dello stesso argomento.

Ho visto ieri l'altro lo Steidle e gli ho fatto rilevare quanto il suo linguaggio dovesse apparire sorprendente a tutti coloro che fino ad ora lo hanno ritenuto nettamente orientato verso il fascismo. Egli ha cercato di giustificarsi ripetendomi la frase incriminata con una intonazione che senza essere malevola per nessuno avrebbe dovuto suonare lusinghiera per gli ascoltatori: dover cioè la popolazione trarre delle tradizioni del passato le indicazioni per l'avvenire. La sostanza tuttavia restava la stessa e lo Steidle si è affrettato ad aggiungere che tra una diecina di giorni, non appena sistemato il suo commissariato per la propaganda, avrebbe organizzato una conferenza per la stampa locale e ne avrebbe approfittato per fare un'ampia professione di fede fascista. Ho risposto che prendevo atto della sua promessa; in considerazione però della simpatia che sempre gli abbiamo d1mostrata e degli ruppoggi datigU (lo stesso Steidle ha mostrato di essere stato informato da Dollfuss che da parte nostra si era patrocinata la sua nomina a commissario della propaganda) avevamo ragione di chiedere di essere direttamente orientati sul di lui pensiero: riflettesse quindi se non fosse il caso di indirizzarmi una lettera dalla quale risultasse ben precisato il di lui programma politico, sì da tranquillizzarmi anche per l'avvenire. Ha mostrato di accogliere anche questa richiesta, ma poiché era sulle mosse di partire per Innsbruck, mi ha detto che se ne sarebbe riparlato al suo ritorno a Vienna. E così ho rinviato anche io la consegna della consueta testimonianza menstle del nostro appoggio, !asciandolo un tantino disilluso.

Penso che, dato il suo carattere da lenone, lo Steidle farà ampia riparazione. Ciò non mi impedirà di lavorare lentamente e d'accordo con Starhemberg, che comincia ad averne abbastanza, al di lui esautoramento in Tirolo in modo che sentendo indebolire la propria base in provincia si decida ad una maggiore disciplina.

Della faccenda del discorso tornerò a parlare con Starhemberg nel senso prescri t tomi.

361

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 1955/191 R. Roma, 12 novembre 1933, ore 17,15.

Nel Bureau a Ginevra rappresentante italiano ha dichiarato che essendo noi momento attuale contrari trattare questione disarmo assenza Germania

nostri delegati comitati avranno un atteggiamento più che altro di osservatori. Voglia V. S. portare quanto precede a conoscenza codesto Governo perché se crede possa dare analoghe istruzioni proprio rappresentante comitato effettivi che si riunisce domattina.

(l) -Cfr. n. 338. (2) -Non pubblicata: dn essa MorJ:eale si proponeva di parlare non appena possiblle con Steidle circa l'atteggiamento polltico recentemente assunto da quest'ultimo.
362

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO IN CINA, BOSCARELLI

T. R. 1956/277 R. Roma, 12 novembre 1933, ore 22.

In relazione rapporto n. 406 dell'll settembre u.s. (l) rimango in attesa piano più concreto relativo progetto collaborazione italo-cinese che T.V. Soong aveva promesso elaborare in modo tale da poter essere esaminato dal ,lato tecnico.

Appena V. S. giudicherà momento opportuno, pregola accertare se e quali conseguenze dimissioni T.V. Soon e nomina Kung possano avere su progetto anzidetto.

Interesserebbe anche conoscere eventuale infuenza recente mutamento ministeriale su progetti collaborazione tra ~ina ed altri paesi cioè in generale su attività facenti capo a signor Monnet (2); nonché su opera che è stato incaricato svolgere costà dott. Rajchman quale delegato tecnico S.d.N., opera che come è noto a V. S. interessa l'Italia in quanto che Rajchman ha dato affidamenti far chiamare esperti italiani.

363

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 1967/192 R. Roma, 13 novembre 1933, ore 19,30.

Considero esaurienti spiegazioni Gi:imbos circa discorso Kanya (3) su situazione austriaca e glielo comunichi.

«La parte che, a mio subordinato avviso, potrebbe maggiormente interessare il R. Governo nel prendere in esame il progetto di T. V. Soong è quella più specialmente politica.Non vi è dubbio, difatti, che il trasferire in Cina un capitale così notevole e una somma di attività come quelle richieste dal Ministro delle Finanze cinese, significherebbe per il nostro Paese l'acquistare, di colpo, una situazione economica privilegiata come le altre Grandi Potenze hanno raggiunto soltanto attraverso un assiduo lavoro di numerosi decenni. Una situazione simile, potrebbe in avvenire, come V. E. ha osse,rvato nel telespresso n. 222385/C[Cfr. n. 37, nota 21 diretto ai R. R. Ministeri competenti, «dar luogo a sviluppi tali da portare l'Italia in prima linea tra i Paesi direttamente interessati ai problemi orientali ».

(l) R. rr. 1958/406, di cui si pubblica solo il brano seguente:

(2) -Esperto finanziarlo del Governo cinese. (3) -Cfr. n. 359.
364

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE CIUTIIS

T. 1968/140 R. Roma, 13 novembre 1933, ore 19,30.

Si rechi al ministero degli esteri ed elevi protesta contro il comizio antiitaliano tenutosi a Belgrado nell'anniversario del trattato di Rapallo. Tale comizio tollerato e autorizzato dal Governo rivela che Governo di Belgrado non vuole seguire una politica di buon vicinato coll'Italia. Quando la cronaca del comizio sarà conosciuta in Italia l'impressione generale sarà negativa circa i rapporti Roma-Belg,rado e la possibilità di migliorarli.

365

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 1969/430 R. Roma, 13 novembre 1933, ore 20,30.

Avendone occasione faccia sapere a Neurath che discorso Habicht del 30 ottobre, coi suoi accenni ai fascisti mescolati cogli ebrei e gli altri nemici della Germania e col rimprovero a Dollfuss di voler seguire il modello romano, è sommamente deplorevole. Se ne avessi avuto il testo avrei manifestato il mio malcontento allo stesso Goring (1).

366

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, ASTUTO, AL MINISTRO DELLE COLONIE DE BONO (2)

R. R. P. 962. Asmara, 13 novembre 1933.

1° -Ritengo mio dovere esporre subordinatamente a V. E. alcune considerazioni sui nostri attuali rapporti con l'Abissinia, sugli sviluppi che da tali rapporti e dalla generale situazione abissina possono prevedersi e sulle conseguenze che da tutto ciò può derivare al nostro programma coloniale nell'Africa Orientale.

Questo mio rapporto viene così a collegarsi con alcune considerazioni, che ebbi l'onore di esporre verbalmente a V. E., durante la mia ultima permanenza a Roma.

2° -Come è noto a V. E., il problema generale di cui qui mi interesso fu impostato dal Principe Lanza di Scalea, allora Ministro delle Colonie, con una

nota in data 7 luglio 1925 n. 1540 C<< Sulla questione etiopica,) diretta al Ministro degli Affari Esteri; e fu messa dal Muce nei termini, che a tutt'oggi non sono stati modificati, con la Sua lettera di risposta del 10 successivo,

n. 2685.

Credo opportuno di ricordare i due principali capisaldi, posti in quella lettera:

«Prepararsi militarmente e diplomaticamente ad approfittare di un eventuale sfasciamento dell'impero etiopico. Nell'attesa, lavorare in silenzio -sin dove sia possibile in collaborazione agli inglesi -e cloroformizzare il mondo ufficiale abissino ,,

3° -Nulla ho da dire a V. E. sulla preparazione militare, che da Lei fermamente voluta e saldamente diretta, si è iniziata e prosegue in questa Colonia con la massima intensità consentita dai mezzi finanziari disponibili.

Come preparazione diplomatica, ricordo lo scambio di lettere MussoliniGraham del 14-20 dicembre 1926 per il lago Tsana, lettere che per noi avevano lo scopo principale di affermare che le stipulazioni dell'Accordo di Londra del 13 dicembre 1906 erano ancora in vigore. Non mi occorre infatti di porre in chiaro che ti nostro programma coloniatl.e in Abissinia deve basarsi sopratutto su quell'Accordo e sui nostri diritti a compensi coloniali in conseguenza della guerra europea.

Di un ulteriore ed iniziale lavoro diplomatico non ho notizie ufficiali.

Per cercare poi di «cloroformizzare il mondo ufficiale abissino, si è stipulato il noto Trattato e si è indirizzata in un determinato modo l'attività della R. Legazione in Addis Abeba.

4° -Senonché questo ultimo obiettivo non è probabilmente raggiungibile, e certo non è stato finora raggiunto, in quanto tutti gli elementi in nostro possesso ci debbono portare a concludere che i dirigenti etiopici, e il Negus per primo, sono persuasi che noi abbiamo intenzioni ostili verso l'Abissinia. E non vedo, Signor Ministro, che cosa noi potremmo fare per persuaderli del contra;rio senza nuocere ai nostri interessi; in quanto condizione indispensabile (ma non so se sufficiente) per raggiungere questo risultato sarebbe la immediata e completa sospensione del nostro programma di preparazione militare. Ciò che è impossibile.

5° -Va quindi messo in chiaro e non dimenticato che alla nostra preparazione militare e diplomatica corrisponde un'altra analoga da parte dell'Abissinia. Dell'una e dell'altra V. E. è bene al corrente.

Ritengo che la prima non debba preoccupare! troppo. Per una buona ed efficace preparazione militare occorrono vasti mezzi finanziari, che l'Abissinia non possiede e che non creao -a1meno nella attuale situazione -potrebbero esserle forniti da altri. Ciò non toglie però che con il decorrere del tempo l'organizzazione politica (centralizzazione) e militare dello Stato etiopico viene migliorando, ciò che per noi rappresenta sempre un danno, che va tenuto presente.

Ma sopratutto deve ritenersi preoccupante e pericolosa una azione diplomatica che, creando in Abissinia notevoli interessi di Potenze estranee al Tripartito del 1906 (sopratutto Stati Uniti e Giappone) complichi ed allarghi il problema etiopico con nuovi elementi, che ne renderebbero la soluzione a nostro vantaggio assai più difficile. Ignoro quale fondamento e quale portata abbiano quegli accordi per una colonizzazione -anche demografica -giapponese, affermati in primo tempo, poi smentiti, poi riaffermati; ma non ho bisogno di spiegare quale gravissimo ostacolo essi costituirebbero per il nostro programma, ove effettivamente venissero attuati.

In ogni modo, anche se queste notizie di accordi con il Giappone non avessero alcun fondamento, un fatto di tal genere è sempre possibile. Ci troviamo così di fronte ad una eventualità che non so come potrebbe essere scongiurata, fino a che la situazione politica dell'Abissinia restasse quale è attualmente.

6° -È quindi ovvio, e non mi sembra richieda ulteriori dimostrazioni:

a) che ogni nostra azione politica diretta o indiretta verso l'Abissinia a nulla può giovare, se non a salvare la forma (non certo a modificare la sostanza) dei nostri rapporti con quello Stato;

b) che il decorrere del tempo costituisce un danno (effettivo o potenziale) per lo svolgimento del nostro programma.

Detto questo, null'altro posso aggiungere che non esca dalle mie attribuzioni e dalla mia competenza, perché so bene che tale programma non può attuarsi se non in base e in virtù di intese internazionali e non mi dissimulo perciò che la sua attuazione è subordinata a una generale situazione di politica estera, che sfugge aHatto ad ogni mio giudizio.

Restando però nel mio campo di Governatore dell'Eritrea, credo vada studiata fin d'ora -nelle sue grandi linee -la via da segutre per l'attuazione del programma abissino, dopo, s'intende, che la preliminare situazione diplomatica sarà stata chiarita.

La preparazione militare dell'Eritrea e quella della Somalia non hanno soltanto scopo e finalità difensive; ma prevedono anche -con determinati aiuti dalla Madre Patria o da altre Colonie -una azione offensiva. E ciò è bene, in quanto una risoluzione puramente o predominantemente militare del problema abissino non può essere a priori esclusa, ma va anzi costantemente tenuta presente.

Essa però comporta -a mio giudizio -una notevole difficoltà.

Non intendo parlare di una difficoltà militare, in primo luogo perché in tal modo uscirei dal campo in cui intendo contenere questo rapporto; in secondo luogo perché -come ho avuto occasione di affermare altra volta -non ritengo che tale difficoltà sarebbe grave. È ovvio in ogni modo che una soluzione puramente o predominantemente militare costerebbe pur sempre sangue e denaro in misura non trascurabile, e dovrebbe, io penso, e,ssere adottata soltanto ove si presentasse indispensabile.

Intendo invece parlare di una dififcoltà poUtica.

Non vi ha dubbio che nell'attuale clima internazionale il ricorso ad una guerra non potrebbe non creare sfavorevoli ripercussioni. Ora, poiché noi non potremmo affrontare la risoluzione del problema abissino se non di pieno accordo con la Francia e con l'Inghilterra, sarebbe per lo meno dubbio se da tale accordo potrebbe derivare il loro consenso ad operazioni militari da parte nostra.

7° -Si pensi invero che un nostro accordo con quelle due Potenze, se segretamente dovrebbe rappresentare la concessione a noi di occupare l'Abiss1ma, palesemente dovrebbe basarsi sugli stessi presupposti del Tripartito del

1906 ed essere giustificato dalla permanente barbarie dell'Impero etiopico, bar

barie che l'esperienza ha oramai dimostrato non correggibile se non con l'in

tervento di una Potenza civile.

Prima conseguenza di questo accordo dovrebbe essere l'esclusione dell'Abissinia della Società delle Nazioni, ciò che non dovrebbe presentare dif.ficoltà.

Ne deriverebbe allora il diritto e l'obbligo delle tre Potenze confinanti di assicurare un minimo di ordine civile in Abissinia. Ma ciò non potrebbe avvenire con la forza, se non come ultima ratio. Dovrebbe in primo luogo sperimentarsi un'opera pacifica e persuasiva.

Sembrami che ciò potrebbe avvenire con il chiedere all'Abissinia l'istituzione di un regime di protettorato, di cui potrebbe, per conto di tutte e tre le Potenze, essere incaricata l'Italia.

Nelle condizioni attuali gli interessi di altre Potenze in Abissinia sono minimi. Sarebbe in ogni modo facile dimostrare che tali interessi avrebbero -da un nostro regime di protettorato -tutela assai più valida ed efficace di quella che adesso non abbiamo.

Naturalmente, ove col tempo maggiori interessi si costituissero in Abissinia, l'istituzione di un protettorato presenterebbe difficoltà assai maggiori. E mi riporto a quello che ho scritto prima.

8° -Ritengo che di fronte a un passo franco-anglo-italiano, l'Abissmia -nelle condizioni attuali -cederebbe.

Cederebbe senza alcun dubbio in malafede, e con il deliberato proposito di ostacolare in tutti i modi l'esercizio del protettorato. Ma questo farebbe il nostro gioco.

Perché, Signor Ministro, io propongo il protettorato come inizio e come mezzo di una nostra azione per risolvere il problema abissino; non come fine a se stesso.

In vero in via generale il re.gime dei!. protettorato è col tempo pericoloso e può divenire inefficace. Esso rappresenta una soluzione elegante; ma precaria.

In secondo luogo il popolo abissino, che è facile governare direttamente, è troppo infantilmente presuntuoso per essere governato indirettamente a mezzo di un protettorato.

In terzo .luogo noi in Abissinia dobbiamo avere le mani libere per una lM"ga immigrazione italiana.

Quindi occorrerebbe passare nel più breve tempo possibile dal regime del protettorato a quello del dominio diretto. La sicura ostilità ostruzionistica abissina ce ne darebbe ampiamente ogni ragione.

go -Ecco le linee generali su cui dovrebbe essere stabilito il protettorato:

a) Cessazione del diritto di legazione attiva e passiva da parte del Governo Etiopico.

b) Invio ad Addis Abeba di un Residente Generale.

c) Invio ad Addis Abeba di un nostro Corpo di Occupazione. Truppe di colore, ma libiche, non eritree; eventualmente qualche reparto italiano (carri armati; mitragliatrici). Queste truppe dovrebbero darci il dominio assoluto di Addis Abeba e delle immediate vicinanze. Oltre, naturalmente, notevoli forze aviatorie con numerosi campi.

30 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

d) Nomina di un ufficiale italiano a comandante dell'Esercito abissino. e) Nomina di un ufficiale dei Carabinieri a comandante della Polizia abissina. f) Sostituzione della missione militare belga con una missione militare italiana.

g) Nomina di consiglieri italiani presso i vari Ministeri abissini.

h) Nomina di consiglieri italiani presso i vari Governatori abissini, ecce

zione fatta per le provincie non abissine, dove i Governatori dovrebbero essere italiani. Ragione principale: si tratta di territori di confine e di territori in cui è notorio che si esercita ancora la tratta degli schiavi.

i) Istituzione di Tribunali italiani per giudicare con le leggi italiane in via civile e penale -tutti i bianchi. Con che cadrebbero da sé le statuizioni del trattato Klobukowsky.

10° -V. E. comprende che con questa organizzazione (ho indicato le linee schematiche e principalissime) l'Abissinia sarebbe completamente in mano nostra. Ad ogni atto di resistenza ostruzionistica si potrebbero stringere maggiormente i freni, in modo da giungere gradualmente al dominio diretto, dichiarando decaduta la dinastia di Tafari.

(l) Minuta autografa di Mussol!ni. Per la risposta cfr. n. 369.

(2) Da ASMA!.

367

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE CIUTIIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4482/191 R. Belgrado, 14 novembre 1933, ore 19,20 (per. ore 22,45).

Telegramma di V. E. 140 (1). Ho intrattenuto stamane Purich, ministro affari esteri aggiunto, nel senso istruzioni impartitemi da V. E.

Ho protestato per la manifestazione del pomeriggio di domenica segnalandogli principali frasi offensive per l'Italia e persona di V. E. pronunciate da oratori, e specialmente dal noto Ciok, senza che autorità di polizia avessero fatto nulla per impedirle.

Purich ne ha preso nota ed ha definito «idiozia~ le affermazioni oratorie che ha trattato da esaltati.

Mi ha detto che Governo jugoslavo, non potendo impedire manifestazioni elementi nazionalisti, cerca ridurle portata minima, permettendo che abbiano luogo in locali chiusi, ma impedendo ogni manifestazione nelle strade e ripercussioni nella stampa.

La stampa effettivamente, nei riguardi manifestazioni domenica a Belgrado, si è limitata a dire che alcuni oratori avevano criticato trattato di Rapallo. Mi ha aggiunto che domenica anche a Zagabria aveva avuto luogo una commemorazione anniversario Rapallo permessa soltanto nell'interno dell'università

e che un tentativo partecipanti di dimostrare per le strade e davanti consolato italiano era stato respinto dalla polizia.

Ho replicato che noi non potevamo comunque ammettere che in tali riunioni, anche in locali chiusi (chiusi per cosi dire perché, per esempio, per la riunione nell'università Belgrado vi era stato un invito apparso nella stampa alla cittadinanza di concorrere in gran numero) fosse lecito ad oratori più o meno esaltati di scagliarsi con frasi ingiuriose contro l'Italia. Che se questi osavano parlare in tal modo era perché sapevano di poterlo fare.

Gli ho aggiunto che manifestazione di domenica cadeva in un momento invero poco opportuno, quando a Roma erano in corso trattative commerciali fra i due paesi e quando :poi da temP<> non si era verificata in Italia alcuna manifestazione di carattere irredentista.

Purich sostanzialmente ne ha convenuto ed ha cercato in tutti i modi di svalutare importanza manifestazioni del genere che ha ripetutamente qualificato opera di esaltati e di giovani.

A conclusione del lungo colloquio svoltosi del resto serenamente, Purich a nome del suo Governo mi ha pregato di portare a conoscenza di V. E.:

1° -Che il Governo Jugoslavo era «desolato~ per le ingiurie profferite nel corso della manifestazione;

2° -Che il Ciok e gli altri oratori sarebbero stati richiamati per le loro insulse affermazioni;

3° -Che manifestazioni del genere non infirmavano affatto tutta la buona volontà del Governo di Belgrado di addivenire ad un miglioramento dei rapporti dei due paesi.

4° -Che codesto ministro di Jugoslavia avrebbe ricevuto istruzioni di fare personalmente a V. E. identiche dichiarazioni.

Purich infine mi ha pregato di segnalare a V. E. la raccomandazione che venga contenuta ogni reazione sulla stampa e nella opinione pubblica italiana. Mi permetto di appoggiare presso V. E. tale raccomandazione.

(l) Cfr. n. 364.

368

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO

T. 1979/461 R. Roma, 14 novembre 1933, ore 23,30.

Pagamento che Inghilterra disponesi fare 15 dicembre contro suo debito verso Stati Uniti ammonta a 7 milioni e mezzo di dollari. Rate inglesi scadenti 15 dicembre sono: Interessi dollari 75.950.000 capitale dollari 32.000.000; rata per moratoria Hoover dollari 9.720.765, totale dollari 117.670.765.

Risulta quindi che pagamento offerto dall'Inghilterra ammonta al 10 per cento della sola rata interessi, senza alcun versamento in conto ammortamento, né in conto quota moratoria Hoover.

Rate italiane scadenti 15 dicembre ammontano: interessi dollari 1.237.750; rata moratoria Hoover dollari 896.155, totale dollari 2.133.905.

Nessuna rata di ammortamento scade il 15 dicembre.

Italia mantiene sua impostazione relativa ai debiti di guerra con Stati Uniti, e cioè: che interessa al nostro Paese di distinguersi nettamente dagli altri debitori Inghilterra e Francia perché:

a) -tale distinzione fu fatta ed accettata in occasione del primo accordo; b) -perché la progressione delle rate di pagamento italiane è sostanzialmente differente da quella inglese e francese.

Le nostre rate crescono con un ritmo progressivo fortissimo, cosa che non avviene, specialmente per l'Inghilterra, che ha rate costanti. Ciò impone a noi di valutare le soluzioni anche contingenti in vista di quella che sarà la nostra situazione avvenire.

Tenuto conto di ciò, sembra opportuno:

l) conservare come principio basilare la capacità di pagamento dell'Italia così come essa risulta definita in occasione dell'accordo 1926, e cioè insistere sul fatto che tale capacità di pagamento, per comune consenso, poggiava esclusivamente sugli introiti che l'Italia avrebbe fatto a titolo di riparazione, in quanto che fino da allora era stato amesso che, ove tali introiti mancassero, non sussistevano margini per pagamenti da parte dell'Italia;

2) ammettere che ciò malgrado l'Italia, per venire incontro alla presente attitudine dell'opinione pubblica americana in fatto di debiti di guerra, è disposta a continuare dei pagamenti nominali che testimonino del suo riconoscimento del debito e ciò fino a che un riesame complessivo della questione renda possibile il riconoscimento del punto di vista italiano;

3) naturalmente per quanto riguarda l'ammontare di tali pagamenti nominali occorrerà tener conto di quanto detto al numero l.

Nel caso pratico l'Italia sarebbe disposta ad un pagamento di 1.000.000 dollari alla scadenza del 15 dicembre 1933. È ben chiaro che l'Italia tiene a non stabilire del pagamenti in misura percentuale. È chiaro del pari che come per l'Inghilterra si tratterà di pagamento in carta e non in argento.

Quanto precede rappresenta punto di vista R. Governo e massimo di ciò che siamo disposti a fare. Tale atteggiamento risulta dettagliatamente dal memorandum consegnato ufficiosamente dal ministro Jung al presidente Roosevelt nel maggio di quest'anno e di cui l'E. V. ha copia come allegato al n. 10 della relazione Jung, nonché dalla lettera del ministro Jung alla S. V. in data 14 febbraio.

Resta da vedere quale sia la migliore forma per giungere al pagamento indicato. Prego telegrafarmi suo motivato parere e ogni altra osservazione che Ella credesse del caso (1).

(l) Per la risposta cfr. n. 375.

369

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4549/702 R. Berlino, 14 novembre 1933 (per. il 18).

Telegramma di V. E. n. 430 (1). Ho fatto testé al barone von Neurath la comunicazione di V. E. relativa al discorso Habicht del 30 ottobre.

Egli ha osservato di non averne avuto conoscenza ed ha aggiunto che dal suo lato deplorava il molto parlare che Habicht faceva, tanto più ch'esso era sovente inopportuno e dava quindi luogo a rimostranze.

Il barone von Neurath mi ha poi pregato di far sapere a V. E. che non si doveva attribuire soverchia importanza a quanto diceva Habicht.

Ho risposto al barone von Neurath che un conto era non supervalutare i discorsi di Habicht ed un altro non rilevare le sue affermazioni offensive per il fascismo. Il ministro degli affari esteri sapeva da un pezzo come la pensasse

V. E. nei riguardi di Habicht. Mi risultava -e lo aveva riferito a V. E. -che l'Auswartiges Amt si era sforzato di indurlo alla moderazione, senza però riuscirvi dato che Habicht contava sempre ancora sulla fiducia del cancelliere.

Qui stava la ragione del malcontento di V. E. Ella non riusciva infatti a comprendere come Hitler tollerasse l'azione di Habicht la quale era in contrasto con assicurazioni datesi a suo tempo e rendevano più difficile la soluzione del dissidio fra Germania e Austria.

Il barone von Neurath osservò che realmente i ripetuti tentativi da lui compiuti per indurre Habicht a mutare metodo non avevano sortito alcun risultato tangibile e mi assicurò che avrebbe parlato al cancelliere di quanto gli avevo detto in nome dell'E. V.

370

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4550/703 R. Berlino, 14 novembre 1933 (per. il 18).

Barone von Neurath mi ha detto che S. E. Goering era rimasto molto soddisfatto dell'accoglienza fattagli dall'E. V. ed aveva riportato da Roma l'impressione che la sua visita e le sue dichiarazioni erano valse a dissipare del tutto una certa freddezza riscontrata durante le ultime settimane da parte del Governo italiano. A Roma si era sembrato prendere in mala parte il fatto di non essere stati presentiti dalla Germania circa il suo ritiro dalla conferenza del disarmo e dalla Società delle Nazioni. Ragioni tecniche, data la celerità con cul le decisioni suddette erano state prese, si erano opposte ad una comunicazione

qualsiasi al riguardo. Ma era stato lungi dal pensiero del Governo tedesco di far cosa sgradita al Governo italiano. Ormai peraltro ogni malinteso era completamente dissipato ed a ciò aveva assai bene servito la nuova presa di contatto diretta di S. E. Goering con l'E. V.

Mi astenni dall'interloquire. Mi sarebbe stato facile osservare che essendovi un R. ambasciatore a Berlino le spiegazioni suddette avrebbero potuto essere fornite sino dal primo giorno e servire, se non altro, a mostrare il desiderio della Germania di essere riguardosa verso l'Italia.

Comunque il riserbo che ho assunto, giusta le istruzioni impartitemi dall'E. V., ha sortito il voluto risultato. L'opinione generale di questi circoli diplomatici è infatti che il viaggio a Roma del ministro Goering fu deciso perché il cancelliere si rese conto della necessità di mostrare all'E. V. il desiderio di chiarire una situazione intorbidatasi per opera sua e parare al pericolo di perdere l'appoggio dell'unico Stato amico che rimane alla Germania.

(l) Cfr. n. 365.

371

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 14 novembre 1933.

L'Ambasciatore di Francia vorrebbe sapere come noi vediamo la situazione dopo il plebiscito tedesco, e se vediamo qualche via di soluzione.

Gli rispondo che la prima cosa da fare è quella di sospendere le conversazioni a Ginevra perché queste non possono portare che al fallimento completo della conferenza.

Il signor de Chambrun osserva che noi tutti siamo impegnati a discutere la cosa a Ginevra.

Gli rispondo che il fatto di essere a Ginevra non impedisce per niente di avere anche delle conversazioni fuori di quella sede. Ciò d'altronde è indispensabile se si vuoi parlare con la Germania che certamente a Ginevra, nelle attuali condizioni, non ci può venire. D'altra parte gli osservo che molti giornali francesi di questa sera sostengono la tesi delle conversazioni a due (FranciaGermania) il che rappresenta un metodo diverso da quello di Ginevra. Noi vediamo la necessità che si venga a delle conversazioni fra le maggiori potenze se si vuole trovare la via di uscire dall'attuale «impasse,_

L'Ambasciatore si riserva di persuadere il proprio Governo a seguire questo metodo, sempre inteso che la soluzione finale non potrà avvenire che a Ginevra in concorso con tutti gli altri Paesi interessati.

Il signor de Chambrun osserva che se si può superare questo punto di metodo, ci sono tutte le ragioni perché l'Italia e la Francia vadano d'accordo: difatti ambedue sono decise a non disarmare; ambedue hanno interesse ad evitare un forte riarmamento della Germania. In questi loro punti di vista si trovano solidali contro i Paesi anglo-sassoni i quali voglio il disarmo ma soltanto quello terrestre.

Degli altri Paesi quello che ha più interessi comuni con la Francia e con l'Italia è la Germania con la quale egli spera si potrà venire ad un accomodamento.

L'Ambasciatore rinnova la richiesta di potere avere una conversazione col Capo del Governo per poi informare Parigi delle nostre idee cercando di esercitare un'opera di persuasione.

372

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE CIUTIIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. u. 4495/192 R. Belgrado, 15 novembre 1933, ore 20,30 (per. ore 1,15 del 16).

Mio telegramma n. 191 (1).

Purich mi ha convocato d'urgenza stamane e con atteggiamento e tono assolutamente contrastami con queilli di led, mi ha mostrato quello che a suo dire era resoconto stenografico discorso Ciok. Mi ha detto che da tale testo non risultava alcuna delle frasi offensive per l'Italia e persona di V. E. le quali lo avevano subito indotto ad esprimere rincrescimento del Governo jugoslavo.

Purich, al corrente della presenza di questo corrispondente agenzia Stefani dottor Solari alla manifestazione, ha affermato che Solari aveva falsato verità e che protesta italiana basata su tali testimonianze, lo aveva messo nella spiacevole situazione di esprimere a nome del suo Governo delle scuse per ingiurie inesistenti.

Ha qualificato Solari di malintenzionato ed intorbidatore dei buoni rapporti tra i due paesi e ne ha chiaramente minacciato allontanamento alla prima occasione.

Ho protestato per tono e contenuto tali dichiarazioni riaffermando che frasi offensive risultavano effettivamente pronunciate, malgrado preteso resoconto stenografico del discorso del signor Ciok.

Circa allontanamento Solari ho fatto presente Purich opportunità ponderare gravità provvedimento.

Purich ha insistito che nessuna delle frasi erano state pronunciate e che tutto era parto fantasia Solari e mi ha pregato portare a conoscenza di V. E. le sue dichiarazioni.

Gli ho detto che lo avrei fatto, ma che vi avrei aggiunto le mie personali considerazioni.

Breve colloquio svoltosi in tono secco e sgradevole.

Dalle dichiarazioni odierne di Purich, che rappresentano un passo indietro di fronte a quello fattomi ieri e che anche Ducich avrebbe incaricato di fare a V. E., ho tratto impressione:

l) che scuse presentate ieri da Purich rappresentavano spontaneo gesto, ma che tale gesto e la quasi sconfessione degli agitatori sloveni non ha però incontrato approvazione superiore.

(11 Cfr. n. 367.

Di qui odierno tentativo di svalutazione delle scuse fatte e odierni attacchi all'attività del Solari, la cui presenza alla manifestazione mi fu accennata anche ieri dallo stesso Purtch senza alcuna doglianza;

2) che odierno mutamento sia anche dovuto alla constatazione da parte del Governo jugoslavo della campagna di stampa sui giornali italiani qui giunti stamane.

373

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4499/889 R. Londra, 16 novembre 1933, ore 0,30 (per. ore 7,30).

Ho parla,to oggi a lungo con Simon il quale mi ha info.rmato che, salvo decisioni contrarie del Gabinetto nella seduta venerdì, egli collega Eden si recherebbero a Parigi alla fine della settimana per scambio di vedute con ministri francesi sulla questione del disarmo. Simon ha aggiunto che non è da escludere che egli oppure Eden debbano recarsi Ginevra prossimamente, sebbene egli sia riluttante a questo viaggio al quale farà il possibile per sottrarsi. Pur confermandomi .notizie comunicate da Drummond a V. E. sul generico orientamento Gabinetto inglese in favore rinvio discussioni Ginevra, Simon ha cercato spiega,rmi ragioni (sopratutto di politica interna) che inducono questo Governo considerare opportunità di prendere qualche iniziativa che faccia superare alla conferenza disarmo punto morto attuale. Simon mi ha chiesto ripetutamente quali notizie portavo da Roma e se potevo dirgli quale è esattamente pensiero di V. E. sulla situazione.

Attenendomi alle istruzioni verbali e telegrafiche di V. E. ho insistito con Simon sul danno che al fini di una prossima concreta intesa europea arreca il prolungamento delle discussioni di Ginevra, e sulla necessità di un rinvio puro e semplice della conferenza sino a che non sia raggiunto un accordo preliminare tra le quattro grandi Potenze. Simon mi ha dichiarato che è personalmente convinto che questa è la sola strada da battere se si vuole uscire da presenti difficoltà, e che è nelle sue intenzioni sostenere questo ordine di idee nelle prossime conversazioni francesi, tanto più che, se Governo inglese si avvicinò sensibirlmente a,l punto di vista francese, (durante ultima fase del negoziato disarmo che precedette uscita Germania da Ginevra) ciò fu sopratutto perché in quel momento i punti di vista italiano e francese non apparivano molto dissimili. Oggi, ha continuato Simon, la situazione è di nuovo mutata specie dopo ultime dichiarazioni delegazione italiana Ginevra.

Ho detto a Simon che l'a·tteggiamento italiano è molto fermo su questo

punto e le istruzioni del Capo del Governo nette e precise. D'lliltra parte il

Governo francese deve ben capire che è anche nell'interesse di Ginevra dl

non spingere le cose troppo oltre. Simon non mi ha nascosto, con un certo

imbarazzo, che la posizione del Governo britannico è un po' delicata dato che

nella prossima settimana sarà ripresa alla Camera dei Comuni la discussione

sull'azione Gran Bretagna a Ginevra e Henderson rientrerà a Londra apposi

tamente per capeggiare l'opposizione.

Simon mi ha domandato a questo punto se date le buone relazioni personali tra Henderson ed il sottoscritto, io avessi alcuna difficoltà, ove si presentasse occasione favorevole, di spiegare a Henderson le mille ragioni che consigliano un rinvio della conferenza nell'interesse finale della conferenza medesima.

Ho risposto a Simon che personalmente non ho nessuna difficoltà ma che desidera v o pensarvi su. Incontrare Henderson è per me cosa facile ma desidero avere a riguardo autorizzazione ed eventuali istruzioni da parte di V. E. Simon mi ha infine pregato di stare in personale contatto con lui desiderando oggi più che mai agire in stretto accordo con V. E. (1).

374

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4513/537 R. Washington, 16 novembre 1933, ore 12,09 (per. ore 21,30).

Ho fatto sapere Litvinoff quanto V. E. mi ha comunicato col suo telegramma n. 462 (2) e gli ho fornito indicazioni circa partenze dei piroscafi italiani da New York.

Litvinoff mi ha ringraziato osservando che non conoscendo quanto durerà ancora suo soggiorno negli Stati Uniti d'America non è in grado di prendere subito una decisione. Egili non vede possibilità imbarcarsi sul piroscafo Roma Ln partenza 18 corrente mentre non esclude di poter approfittare del Conte di Savoia che lascia New York 25 corrente arrivando Napoli 2 dicembre. In tal caso egli mi ha detto «sarà lieto della opportunità di incontrarsi col Capo del Governo).

Litvinoff si è riservato di farmi conoscere appena possibile decisione definitiva.

375

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4517/539 R. Washington, 16 novembre 1933, ore 19,35 (per. ore 4,15 del 17).

Rispondo a~ telegramma di V. E. n. 461 (3), sottoponendo seguenti considerazioni:

l. Per ragioni di politica interna questo Governo non può ancora affrontal1e in pieno problema della sistemazione definitiva del debiti di guerra.

Ritengo però che necessità di giungere ad una liquidazione vada guadagnando terreno anche nell'opinione pubblica americana e che tale necessità finirà per imporsi come inevitabile.

2. -Non è possibile prevedere quanto tempo occorrerà perché questione diventi matura per soluzione. Sarà comunque nell'inte.resse generale di aiutare processo di evoluzione già in corso evitando di sollevail"e dibattito sulla questione di principio e risolvendo difficoltà delle prossime scadenze con criteri pratici e con la minore pubblicità possibile. 3. -Ripetizione di successivi pagamenti nominali sembra essere a priori migliore per preparare liquidazione definitiva. 4. -Soluzione prospettata dal telegramma di V. E. tiene conto delle considerazioni sopra esposte ed esprimo quindi avviso concorde. 5. -Circa modus procedendi sottopongo opportunità che V. E. mi autorizzi a comunicare nostra intenzione al dipartimento di stato in via ufficiosa salvo confermare formalmente offerta di pagamenti di un milione di dollari carta dopo che avrò potuto assicurarmi di una accoglienza favorevole.

Non mi sento in grado di anticipare previsioni al riguardo ma nutro fiducia di poter raggiungere accordo sulla somma indicata nonché sullo scambio di comunicazioni formali che dovranno essere effettuate fra questa ambasciata ed il dipartimento di stato. Bene inteso tutte le modalità saranno da me sottoposte a mezzo preventiva approvazione di V. E.

Prego .pertanto V. E. telegrafarmi autorizzazione procedere ad uno scambio di vedute preliminari e non impegnative che condurrò verbalmente ed in forma ufficiosa tenendo presente direttive contenute nel telegramma di V. E. (1).

(l) -Suvich rispose con t. 1994/400 R., pari data, quanto segue: «Autorizzo V. E. vedere Henderson secondo suggerimento Slmon e prof!ttarne per chiarire, anche in relazione ad accenni fatti da Henderson su atteggiamento delegazione Italiana Ginevra, nostro puntodi vista contrarlo ad ogni procedura che tenda a mettere Germania di fronte a testi redatti senza sua partecipazione ,., (2) -Con t. 1982/462 R. Suvich aveva inviato le seguenti Istruzioni: «Ella può dire a Litvlnof! che suo viaggio su piroscafo ltal1ano cl sarebbe gradito anche perché ciò potrebbe fornirgli occasione di un Incontro con Il capo del Governo. Mi telegrafi » Suvlch rispondeva a quanto comunicato da Rosso con t. 4444/526 R. del 10 novembre: Lltvlnoff mi ha detto che sarebbe volentieri tornato in Europa con un piroscafo ital1ano se partenze da New York avessero combinato con suo programma di viaggio l>. (3) -Cfr. n. 366.
376

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4519/S.N. R. Parigi, 16 novembre 1933, ore 21 (per. ore 0,30 del 17).

Il presente telegramma continua col n. di protocoUo successivo (2).

Ho ripetuto a:l segretario generale quello che avevo detto al presidente del consiglio dei ministri (3).

È inutile pascersi di illusioni. n Duce ha detto il vero e tutti sentono che egli ha detto coraggiosamente il vero definendo progressivo decadimento Società delle Nazioni.

Quanto al patto a quattro, prendevo atto della sua dichiarazione che il Governo francese desidera preparare ratifiche. Ho chiesto sapere da Leger se Quai d'Orsay avesse predisposto linea di condotta o quanto meno una procedura per le [trattative] con la Germania. Mi ha detto che Governo francese

attende proposta tedesca, in ogni caso nulla sarà concluso all'infuori di Ginevra. Mentre presidente del consig'lio dei ministri, come ho telegrafato stamane, ha marcata intenzione di tenere informati dell'argomento conversazione paesi amici, segretario generale ha detto e ribattuto che tutto deve essere concluso nell'ambito della Lega delle Nazioni. È lecito arguire che non è ancora intervenuto accordo fra i diversi esponenti creatori della politica estera francese sulla via da seguire.

Alla fine de.Ua conversazione che ho riassunta, segretario generale mi ha manifestato quello che credo che sia suo vero sentimento. Ha detto che non crede alle proposte di Hitler. Cancelliere ge.rmanico maschera il suo giuoco. Dopo aver piombato paese nell'isolamento, egli manovra per farlo uscire dall'incresciosa situazione, offerte alla Francia, invio Goermg a Roma, approoci con la Polonia e Cecoslovacchia... (l) in pieno sviluppo. Leger ha concluso vivacemente: Hitler vuole guer.ra ma occorrono tre anni per prepararsi.

Se ben ricordo Herriot si è espresso autunno scorso in termini analoghi poco dopo sua visita a Mosca, giustificando così sua avversione inconciliabile al patto a quattro.

Nella giornata di ieri ho incontrato il signor de Jouvenel. Egli mi ha detto che se la Francia fosse posta in condizione di scegliere fra la Società delle Nazioni e il patto a quattro, darebbe indubbiamente preferenza alla Lega delle Nazioni. Questo, secondo de Jouvenel, è anche li pensiero di Berenger e di altri senatori che patrocinano patto a quattro.

(l) Suvich rispose con t. 2023/467 del 19 novembre: «Autorizzala~.

(2) -C!r. n. 380. (3) -Pignatti aveva riferito sul colloquio col presidente del Consigllo con i t. 4509/727 R. e 4514/728 R. dello stesso 16 novembre, non pubbllcatl. Il presidente del Consigllo g!l aveva detto che la ratifica francese del patto a quattro inperniato sulla Società delle Nazioni si presentava d!ff!c!le.
377

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO IN CINA, BOSCARELLI

T. 1990/281 R. Roma, 16 novembre 1933, ore 23.

Telegramma di V. S. n. 617 <2).

Prendo atto con compiacimento delle dichiarazioni fattele da T. V. Soong circa interessamento che egli intende continuare a portare alle attività italiane in Cina e aU'incremento rapporti italo-cinesi.

Prego V. S. ringrazlarlo.

378

IL MINISTRO A L' AJA, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2257/573. L'Aja, 16 novembre 1933 (per. il 22).

Questa stampa ha scarsi e cauti commenti sul plebiscito tedesco, forse pe.rché, informati come si è qui in modo preciso e diretto sulle cose di Ger

mania, il risultato era in gran parte scontato. n paese sembra avere accolto in silenzio la grande affermazione hitleriana. Quei guizzi di malcontento e di timore che si rilevano presso le masse operaie e presso la piccola borghesia non giungono a mutare il sentimento generale dei Paesi Bassi che è di attesa serena e di fiducia nella sua forza di resistenza ad ogni influenza straniera.

Oserei dire che la manif,estazione spettacolosa della nuova Germania e la conseguente maggiore pressione che ne deriverà sull'Olanda, aumenterà la coesione di questa e ne rafforzerà la decisione di seguire una politica interna ed estera di indipendenza assoluta.

*I rapporti tedesco-olandesi da qualche mese non hanno fatto che peggiorare * (l).

Gli ultimi propagandisti hitleriani rastrellati nel Limburgo furono espuJsi la settimana scorsa nonostante le vive proteste di questo Ministro di Germania.

Al conte Zech, il Ministro degli Esteri prima e poi questo Presidente del Consiglio dichiararono formalmente che era la Germania e soltanto la Germania a distruggere con le sue mani la tradizionale profonda amicizia tra i due Paesi. Gli venne fatto presente che gli agenti nazionalsocialisti avevano agito in Olanda come in un paese di conquista non peritandosi di fare pubbliche affermazioni che offendevano profondamente lo spirito della nazione nee11landese e il suo attaccamento alla Casa d'Orange.

*Era facile constatare come la Germania in pochi mesi fosse riuscita ad inimicarsi tutte le classi olandesi, dai socialisti ai conservatori, senza contare l'elemento israelita che sta oggi sabotando con ogni mezzo il commercio tedesco •.

A me il Presidente del Consiglio Dr. Colijn diceva in amichevole conver..: sazione che mai come in questi ultimi giorni aveva sentito il paese così decisamente pronto a reagire alla pressione tedesca. Pressione che si era manifestata più forte nel campo economico sugH agrari, nel campo spirituale sui luterani. II dr. Colijn aggiungeva che non poteva enumerarmi tutti gU errori e le provocazioni commesse dal g,rande Stato vicino, che avevano motivato una viva e decisa ostilità dell'opinione pubblica, un latente senso di sospetto dovunque, la decisione ferma del Governo di non toilerare più alcuna indebita ingerenza. Con una qualche amarezza il Primo Ministro citava l'atteggiamento timoroso nei riguardi deUa Germania di molti piccoli Stati, tra i quali la Svizzera, il Belgio e la Danimarca. Quanto all'Olanda egli affermava che mai, per quanto g,ravi potessero esserne le conseguenze, essa avrebbe rinunziato alla sua indipendenza in ogni campo, al suo diritto di esser trattata dalla Germania da uguale.

Avendogli io fatto osservare come in alcuni suoi discorsi alle Camere v'erano frasi che potevano essere interpretate come ostili al Fascismo, il dr. Colijn mi disse: *«Sappiate che esse si riferivano per intero al nazional-socialismo ch'io considero completamente diverso dal Fascismo e nella sua essenza e nei suoi futuri sviluppi. Ammiro il Duce e il Fascismo per la larghezza di vedute, per il rispetto di ogni religione e di ogni razza, per la politica estera realistlca

e al tempo stesso sapiente che di tut~o tien conto, che permette aJl'Italia di mantenere le stesse relazioni cordiali con gli Stati Uniti e con l'U.R.S.S. Invece il tedesco è « weltfremd l> e lo rimarrà sempre e pertanto commetterà sempre gU stessi errori. Da questo lato è un malato inguaribile ~ *.

Il Primo Ministro, esprimendomi una opinione che era anche quella dei suoi colleghi al Governo, non vedeva un pedcolo grave nella recentissima affermazione tedesca. Pensava anzi che più unita e più forte la Germania avrebbe saputo rimediare ad alcuni suoi errori e appreso a guardare l'avvenire con maggior senso della realtà. Certo l'idea della revisione dei trattati aveva fatto ancora un passo in avanti.

La conferenza del Disarmo, a suo avviso, poteva considerarsi fallita; sull'orlo del fa;llimento la Lega delle Nazioni. Per quanto i convegni di Ginevra gli apparissero utili sopratutti peci' gli scambi di idee che essi provocano tra gli uomini di stato, non poteva ll'ammaricarsi del colpo portato ad essa dall'uscita della Germania. Non si nascondeva la portata del gesto tedesco e Le sue conseguenze. Ma sperava esso avrebbe finalmente spezzato quella rete di ipocrisie e di vane parole in cui nella Lega s'impigliavano tutti perdendo di vista i problemi che premono sul mondo, per risolvere i quali occorre quella chiarezza di idee e quel coraggio dei quali dà prova in Europa il Governo di Roma.

(l) -Gruppo indeclfrato. (2) -Cfr. n. 346.

(l) l bl'anl tra asterischi sono stati sottolineati da MuBBOllnl.

379

IL MINISTRO IN CINA, BOSCARELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 4532/726 R. Shanghai, 17 novembre 1933, ore 13 (per. ore 1,30 del 14).

Suo 277 riservato (1).

Dimissioni T. V. Soong e nomina Kung non sembra debbano avere conseguenze né a progetto di coJlaborazione italo-cinese né a progetto collaborazione fra Gina e altre Potenze facenti capo signor Monnet.

T. V. Soong anche dopo sue dimissioni da ministro delle finanze è rimasto capo del comitato economico naziona,le al quale è devoluto studio ed esecuzione tali progetti, non solo ma ha subito chiamato a far parte di tale comitato nuovo ministro delle finanze Kung. Dimissioni T. V. Soong sono state motivate oltre che da dissensi politici su rapporti cino-giapponesi, da rivalità personali tra lui e Chiang-Kai-Schek. Circa progetto collaborazione italo-cinese ho chiesto stamane a T. V. Soong se e quando egli ritiene comunicare proposte pratiche già pcl'omesse ad Anfuso. Ha risposto avrebbe cercato comunicarle verso 15 dicembre ed ha spontaneamente aggiunto accenno parte essenziale tale collaborazione avrebbe dovuto vertere su Javori bonifica giacché egli è rimasto profondamente impressionato da quanto aveva visto sua visita a Littoria. Circa progetto collaborazione Gina ed altre Potenze Rajchman crede che dimissioni T. V. Soong non avranno serie conseguenze.

Ho avuto giorni or sono lunga conversazione Raichman ricordando suo affidamento chiamare esperti italiani, insistendo specialmente su nome ingegnere Omodeo. Egli mi assicurò che era suo desiderio fare [assegnamento] grande esperienza ingegnere Omodeo.

Per ovvie difficoltà sorte circa retribuzione ingegnere Omodeo è stato deciso che differenza tra somma da lui richiesta e quella pagatagli Società deUe Nazioni sarà pagata su fondi comitato economico nazionale cinese. Comunicazione sarà fatta dott. Haas-GineVJ:a. Rajchman spera che ingegnere Omodeo possa presto arrivare in quanto Monnet resta in Cina soltanto prossima settimana (1).

(l) Cfr. n. 362.

380

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 45?0/729 R. Parigi, 17 novembre 1933, ore 22 (per. ore 3,40 del 18).

Mi riferisco al mio telegramma n. 728 (2).

Segretario generale Qual d'Orsay Leger ha espresso desiderio di vederml iersera. Sono andato da lui dopo di essere stato dal presidente del consiglio, ma Leger non sapeva della mia visita precedente.

Segretario generale mi ha detto che aveva determinato informarmi della sensazione prodotta al Qual d'Orsay e negU ambienti parlamentari da alcuni punti del discorso di V. E.

Leger ha precisato che la auspicata riparazione delle grandi ingiustizie avrebbe incoraggiato la ripresa di un movimento revisionista.

Ho interrotto mio interlocutore col dirgli che come ambasciatore d'Italia mi attenevo alle parole del mio capo, che se potessi manifestare mio pensie;ro senza 1a circospezione di linguaggio impostami dalla mia veste ufficiale, avrei aggiunto qualche altra precisione circa organizzazione dell'Europa uscita dai trattati di ,pace. Leger ha tralasciato argomento e mi ha parlato dell'accenno di V. E. alla Società delle Nazioni. Segretario generale Quai d'Orsay mi ha ripetuto che Governo, Parlamento e popolo francese sono più che mai risoluti a mantenersi strettamente attaccati alla Società delle Nazioni e a volere che i lavori della conferenza siano condotti innanzi fino a conclusione di una convenzione. Francia, ha soggiunto Leger, deve dare al mondo una prova tangibile de'Ila sua volontà di disarmare per non essere accusata dalla Germania di resistenza al disarmo. Ho replicato al mio interlocutore che argomento calzava fino ad un certo punto perché la Francia sa sin da ora che la convenzione elaborata a Ginevra in assenza della Germania non ha praticamente valore.

Segretario generale Qual d'Orsay ha parlato poi del patta a quattro del quale così mi ha detto il suo Governo desidera preparare la ratifica. Questa

incontra ineluttabilmente un ostacolo insormontabile se Italia assumesse un atteggiamento antisocietario. Accentuando poi ancora evidente proposito di lusinga, Leger ha osservato che in considerazione della politica francese tenacemente orientata verso Ginevra, riuscirebbe difficile al Governo francese di ricorrere eventualmente nel corso delle conversazioni f,ranco-tedesche all'azione moderatrice e mediatrice di V. E. se le parole deil discorso delle corporazioni dovessero essere il pre·ludio di atti di maggiore importanza politica.

(l) -Con rapporto 555/97 del 12 marzo 1934 Boscarelll Informò che, In seguito all'lndebol!mento della posizione pol!tica dt Soong, 11 progetto di collaborazione economica italo-clnese non aveva fatto sostanziali progressi. (2) -Cfr. n. 376, nota 3.
381

L'AMBASCIATORE A PARIGI PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4527/733 R. Parigi, 17 novembre 1933, ore 18,55 (per. ore 1,30 del 18).

Non so se miei telegrammi abbiano potuto rendere con evidenza ritmo accelerato assunto dagli avvenimenti in Francia. Forti correnti agitano opinione pubblica che il Governo, debole e privo di autorità, non dà garanzia di essere in grado di dirigere nè eventualmente dominare.

Offerta conversazione alla Germania è stata fatta dal Governo f,rancese a f[or di labbra e senza sincerità. È consenziente il mondo degli antesignani e la frazione giovane radicaJe. Certo le disposizioni favorevoli del comitato des forges avranno infine gran peso. Ma bisogna tener conto che in questa speciale circostanza farà difetto agli affaristi l'appoggio della falange e, quello che più conta, dell'alto comando militare. Notizie che raccolgo in proposito constatano non dubbi segni di grave eccitazione nell'ambiente deHo Stato Maggiore il quale patrocina, per la salvezza deUa Francia, una azione immediata contro la Germania per i suoi mancamenti ai trattati.

Se un Governo di unione nazionale comprendente non solo il centro (concentrazione), ma anche la destra nazionale, prendesse il posto del Governo radicale, si dovrebbe temere per la pace. La Francia è convinta di riuscire presentemente a domare la Germania, ma sa che fra due o tre anni la partita sarà ben altrimenti dura e che la Germania sarà in grado tenerle testa.

Se, come penso, fermamente, e ho ripetutamente telegrafato in tal senso all'E. V., supremo interesse de'Ll'Italia esige la guerra sia per ora evitata, bisogna far d:i tutto per sostenere Governo radicale.

Il viaggio a Ginevcra del ministro britannico .risponde pcrobabilmente a questo concetto. Partito radicale socialista, e il Governo che ne è l'emanazione, hanno puntato .tutto su Ginev.ra e il paese l'ha seguito. Ccrollo definitivo della speranza ginevrina rappresenterebbe probabilmente la fine del Governo di sinistra in Francia, il'avvento al potere di un Governo centro-destra che raccoglierà certamente suffragi della maggior parte dei deputati rad:icali.· Ci sarà finalmente in Francia Governo con una maggioranza fedele in grad.o di agire che non lasce.rebbe sfuggiJ:si favorevole occasione di agire.

382

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4534/357 R. Atene, 17 novembre 1933, ore 21,30 (per. ore 23).

Mio telegramma 356 (1).

Successive informazioni avendomi confe,rmato che ad onta smentite stampa sarebbero corse fra Atene e Belgrado trattative per addivenire ad accordo per mutua garanzia frontiere pel tratto comune ai due paesi, ho creduto opportuno chiedere subito chiarimenti ministro degli affari este11i.

Ministro degli affari esteri mi ha dichiarato che effettivamente sono in corso scambi di idee con Jugoslavia per addivenire a patto suindicato, per quanto ancora non siano stati concretati i termini precisi. Ho osservato a ministro degli affari esteri, come ebbi a fargli presente pochi giorni fa (mio telegramma 337) (2) che un simile accordo veniva sicuramente a fare giuoco Jugoslavia e Stati ad essa legati e che conseguentemente tale linea di condotta altera posizione internazionale greca e equilibrio finora esistente nei Balcani.

Ministro degli affari estero mi dichiarò che nel seguire tale iniziativa, che egli vorrebbe completare anche per quello che concerne Bulgaria, non ha voluto che assicurare tranquillità frontiere e pace balcanica, con esclusione completa di qualsiasi partecipazione greca anche indiretta ad altri raggruppamenti politici, ai quali egli desiderava assolutamente restare estraneo. Per tale ragione egli era d'avviso che accordo progettato non foses in antitesi, nè in alcun modo diminuisse valore accordo italo-greco, che considerava come una delle basi politica ellenica. Poichè accordo progettato, ad onta tali spiegazioni, parmi tale da poter alterare posizione Grecia nei suoi rapporti con altri Stati balcanici e rispetto all'accordo preso con noi, mi sono riservato possibUità ritornare su tale argomento qualora vi fossero nuovi e,lementi o particolari direttive di v. E.

Prego V. E. farmi conoscere in quali termini crede opportuno debba ritornare su questo argomento (3).

383

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, V ANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, E A VIENNA, PREZIOSI, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. PER CORRIERE 2004/C. R. Roma, 18 novembre 1933.

L'ambasciatore d'Inghilterra è venuto a parlarmi il 14 novembre della cessione di aeroplani alla Germania, argomento che aveva formato oggetto di conversazioni precedenti.

I Governi di Gran Bretagna, Francia, Belgio, Polonia e Cecoslovacchia sarebbero d'accordo di non cedere materiale aeronautico alla Germania (controHando anche le proprie industrie private) se la Germania non si impegni in forma scritta di non fare di tale materiale uso contrario all'accordo di Parigi. Il Governo italiano si era, con nota verbale precedente, dichiarato di massima favorevole a tale procedura purchè anche gli altri Stati fossero d'accordo. Oggi il Governo di Gran Bretagna chiede se vogliamo confermare la nostra

adesione che verrebbe tradotta in una convenzione coi paesi sopraindicati.

Gli Stati Uniti interpellati, hanno risposto che essi distinguono fra materiale per aviazione civile e materiale per aviazione militll!re. Quest'ultimo essi non possono fornire alla Germania essendo legato come noi da trattati.

Poichè recentemente un agente del Governo germanico si era rivolto a delle case americane ·per avere del materiale per scopi di polizia, il Governo americano ha fatto sapere che avrebbe proibito queste forniture con la massima severità (1).

Venendo a parlare del disarmo l'ambasciatore Drummond mi dice di avere appreso che Phipps avrebbe avuto una ulteriore conversazione col Governo tedesco dalla quale sarebbe risultato che i tedeschi in via di principio non si oppongono al controllo.

Egli sa che in Inghilterra si trovano le proposte tedesche molto interessanti e si sono sottoposte ad uno studio dal punto di vista tecnico.

Nel discutere dei mezzi per uscire dall'attuale situazione, faccio presente all'ambasciatore, la necessità di persuadere i francesi che bisogna trovare una soluzione fuori di Ginevra: coll'irrigidimento della tesi francese per Ginevra si rischia di compromettere definitivamente ogni possibilità di soluzione. Sarebbe opportuno che il Governo inglese agisse a Parigi in questo senso.

Drumond è d'accordo. Ritiene però che convenga attendere che si chiarisca un pò la situazione parlamentare in Francia in seguito all'attuale discussione sulla politica estera.

(l) -T. 4522/356 R. del 17 novembre. non pubbllca.to. (2) -T. per corriere 4389/337 R. del 30 ottobre, non pubbl!cato. (3) -Per la risposta cfr. n. 388.
384

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A LONDRA, GRANDI, A PARIGI, PIGNATTI, E A VARSAVIA, BASTIANINI, AI MINISTRI A BUDAPEST, COLONNA, E A VIENNA, PREZIOSI, E ALLA DELEGAZIONE ITALIANA A GINEVRA

T. 2007/C. R. Roma, 18 novembre 1933 (2).

Questa ambasciata britannica, nell'informarmi che Simon e Eden avevano deciso di partire per Ginevra, ha fatto sapere a nome di Simon che quest'ultimo

«Atteggiamento assunto dal Governo americano sembra al R. Governo estremamente pratico ed opportuno. Evidentemente Governo americano non ritiene sia 11 caso d! firmare apposita convenzione che costituirebbe gesto poco opportuno nei riguardi della Germania specie !n questo momento.

Sarebbe intenzione del Governo !tal!ano d! dare al Governo britannico risposta analoga a quella data dal Governo degli Stati Un!t! •·

31 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

avrebbe molto gradito che Aloisi o un altro rappresentante del Governo italiano si fossero trovati a Ginevra per uno scambio di vedute ctrca il futuro corso dei lavori della conferenza del disarmo. Ho risposto a questa ambasciata che Aloisi non partirà per Ginevra. A Ginevra si troverà Soragna il quale si era assentato per qualche giorno ed è già in viaggio di ritorno. Ove Simon lo creda, potrà dvo,lgersi a Soragna che si terrà voientieri a sua disposizione (1).

Per norma di V. E. (V. S.) aggiungo che atteggiamento italiano resta immutato. Siamo pronti e desiderosi di fare e contribuire a fare tutto quanto possa servi,re ad uscire dalla situazione che si è venuta creando; ma riteniamo che deHe conve,rsazioni che si svolgano in assenza dei rappresentanti tedeschi sono naturalmente destinate, ad un esito negativo e possano peggiorare, non migliorare la situazione. Ricorrere nuovamente a Ginevra mentre la Germania è assente e senza aver prima raggiunto un accordo di massima tra i maggiori interessati non è rendere un servizio né alla Società Nazioni né alla conferenza disarmo, ma esporre deliberatamente l'una e l'altra all'insuccesso ed aumentare non diminuire le preoccupazioni e le inquietudini esistenti.

(l) Con t. 2025/471 R. del 19 novembre Mussolin! comunicò a Rosso:

(2) n telegramma è privo dell'ora d! partenza.

385

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 18 novembre 1933.

CHAMBRUN -Dal nostro ultimo co:lloquio molte cose sono avvenute: l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni, il plebiscito tedesco, il viaggio di Goering, il discorso alle Corporazioni. Il Quai d'Orsay e il Parlamento francese sono rimasti turbati da quanto avete detto. Non entrerò nella politica interna e corporativa; non me ne intendo e mi sono fatto commentare il discorso da LagardeUe. Ma mi è permesso di chiedervi che cosa intendevate per « grandi ingiustizie» e per quali motivi avete attaccato la Società delle Nazioni che è il « substratum » della politica estera francese? Sarei veramente lieto di rassicurare il mio Governo.

MussOLINI -Con le parole «grandi ingiustizie» alludevo soprattutto al Trattato del Trianon che per creare la Piccola Intesa ha mutilato l'Ungheria, alla

{l) Cfr. 11 seguente brano di un appunto di Aloisi sul suo colloquio con Drummond del 17 novembre: «mi ha subito obiettato che la decisione di far trovare Soragna a Ginevra In vece mia, non potrà non produrre una certa impressione specialmente sull'opinione pubblicainglese che guarda con vivo interesse all'imminente riunione ginevrina.

Gli ho risposto che !"invio di Soragna a Ginevra deve essere considerato un atto di deferenza d! S. E. il Capo del Governo verso Sir John S!mon il quale aveva espresso il desiderio d! inc.ontrare me o qualchedun'altro.

Drummond, passando sopra a queste m!e osservazioni, ha replicato che gli risultava che lo scopo principale dell'andata d! Simon a Ginevra era quello d! poter arrivare ad una decisione d! carattere generale che potrà avere una grande Influenza sul corso futuro de! lavori della Conferenza del Disarmo e precisamente d! concordare la riunione delle quattro grandiPotenze !n Italia.

non àncora risolta questione dei debiti di guerra e al trattamento che è stato fatto all'Italia in materia coloniale.

Quanto alla Lega delle Nazioni, io non l'ho mai amata perché parte da principi << falsi)) e cioè il suo universalismo e il suo egualitarismo. Io ad esempio vedrei volentieri una intesa europea, una Società delle Nazioni europee. Siccome noi consideriamo la democrazia falsa, così. ..

CHAMBRUN -(ridendo) Non continuate vi rprego, perché non potrei riferire questo a Parigi. Un Governo democratico mi domanderebbe che cosa vi ho risposto ed io dovrei dire che non vi ho risposto nulla. Pensate che a gran fatica sono riuscito a convertire il vostro «assurdo )) italiano in un francese « impuissant ». L'allarme in Francia è dovuto anche all'assenza di Aloisi da Ginevra, mentre vi sono andati Simon e Paul-Boncour.

MussOLINI -Simon si è precipitato a Ginevra per ragioni di ordine interno, cioè per sventare il ricatto delle dimissioni minacciate da Henderson e per evitare il ritorno a Londra di un Henderson dimissionario da Ginevra, che avrebbe difficoltato la vita al Governo di MacDonald.

CHAMBRUN -Goering vi ha portato delle previsioni?

MussOLINI -Niente di più di quanto è stato detto a Phipps a Berlino. Quanto all'aviazione la Germania domanda limitatamente alla caccia e alla ricognizione il 30 % dell'insieme deUe aviazioni francese, polacca, cecoslovacca.

CHAMBRUN -Voi credete che a Ginevra non si farà nulla?

MussoLINI -Nulla. Io credo che per il modus procedenti debba essere il se

guente: l) conversazioni diplomatiche per le normali vie fra i quattro; 2) convegno fra i quattro; 3) conclusione a Ginevra, magari con la presenza di una Germania riconciliata.

CHAMBRUN -Quanto al<la questione del riarmo tedesco voi non avete modificato il vostro punto di vista?

MussoLINI-No. La Germania deve riavere una riarmamento graduale e controllato.

CHAMBRUN -Et parsimonieux au plus possible... Bene. Posso, dunque, dire che tutta la questione del disarmo, una volta raggiunto un accordo, troverebbe il suo epilogo a Ginevra?

MussoLINI -Non può essere altrimenti, dato che la Convenzione deve essere accettata da tutti gli Stati rappresentanti nella Lega.

Il Chambrun se ne è andato di ottimo umore (1).

(l) Secondo 11 resoconto dl Chambrun di questo colloquio Mussollnl avrebbe detto: «Je suls pret à conclure dès malntenant avec vous une conventlon navale sur !es données étab!les par le commandant Deleuze » (DDF, vol. V, clt., p. 50 e anche Il rapporto dell'addetto navale a Roma, ibid. pp. 63-64). Deleuze aveva esposto una proposta di accordo In due conversazioni del 9 e 10 ottobre con Ralnerl Biscia e Ruspoll. Cfr. una relazione del Ministero della Marina datata Roma 17 marzo 1934, che non si pubblica, sulle trattative per un accordo navale Italafrancese svoltesl dall'ottobre 1933 al gennaio 1934. Sulla proposta Deleuze cfr. DDF, vol. IV, clt., pp. 667-668.

386

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4553/738 R. Parigi, 19 dicembre 1933, ore 13,25 (per. ore 16,40).

Telegramma di V. E. n. 549 (1). Ho già iniziato controllo di cui al suo telegramma indicato.

Nel colloquio che ho avuto col mio collega tedesco egli mi ha detto aver proposto in passato alla Francia intese dirette con la Germania. Non sono però riuscito ad aver altri particolari.

Ho fatto vaghissimo accenno alle proposte tedesche alla Francia con questo ministro d'Ungheria che è legato d'amicizia con ambasciatore di Germania. Non mi ha risposto ma ho avuto impressione che in argomento esiti a parlare. Ritenterò.

V. E. vedrà se sia il caso far controllare con cautela a Budapest nel caso ministro Ungheria abbia informato il suo Governo (2).

387

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO

T. 2024/470 R. Roma, 19 novembre 1933, ore 21,45.

Questo ambasciatore sovietico ha informato che, secondo una comunicazione avuta da Krestinski, viaggio di Litvinoff a Roma potrebbe essere facilitato ove intervenisse da parte nostro un ulteriore chiarimento oltre smentita già fatta agli apprezzamenti attribuiti a S. E. Capo Governo nella nota intervista del giornalista Massis. È stato risposto a Potemkin che non vedevamo la ragione di ritornare su una cosa ormai superata e che non ci sembrava fosse possibile collegare il viaggio con le ulteriori dichiarazioni richieste. R. Governo intende tuttavia che scambio ratifiche trattato itala-sovietico assuma carattere di atto amichevole verso U.R.S.S. dandovi opportuno rilievo. Ove Litvinoff rientrasse a Mosca via Roma scambio ratifiche potrebbe essere all'uopo ritardato facendolo coincidere con sua presenza qui. Inoltre riconoscimento dell'U.R.S.S. da parte

«Anche Massigll stamane, sotto forma di chiara minaccia, mi aveva lasciato capire che se l'Italla, col suo atteggiamento, avesse fatto naufragare la conferenza, la Francia avrebbe tentato la via degJ.l accordi diretti con la Germania.

Ho impressione che si tratti in gran parte di assaggi e d! bluff, che non cl è da parte francese alcun programma o decisione definitiva in merito, che si vedono bene tutte le difficoltà, le illogicità ed ! pericoll della cosa. Ma che c! s! pensa molto sopra e che c! sia dalle due parti chi lavora !n tal senso mi pare sicuro».

Stati Uniti costituendo ragione di normalizzazione dei rapporti tra stati e trovando .pertanto eco simpatica nella opinione pubblica, stampa italiana ha commentato molto favorevolmente riconoscimento stesso.

V. E. potrà parlare in tal senso a Litvinoff in relazione suo telegramma 537 (1).

(l) -T. 2011/549 R. del 18 novembre, non pubblicato: ricMesta di controllo delle notizie riferite da Léger di proposte per un accordo diretto franco-tedesco. Cfr. n. 376. (2) -Cfr. quanto comunicò Soragna con t. 4555/211 R. del 20 novembre:
388

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI

T. 2027/205 R. Roma, 20 novembre 1933, ore 16,30.

Suo telegramma 357 (2).

Conclusione di m\ patto di mutua ga.ranzia frontiere comuni fra Grecia e Jugoslavia può anche corrispondere ad una preoccupazione ed interesse ellenico e per riflesso italiano di salvaguardia verso la pressione serba ed in genere slava che dalla Macedonia gravita tendenzialmente su Salonicco e l'Egeo.

Sotto questo aspetto la conclusione di un simile accordo potrebbe essere da noi considerata non sfavorevolmente salvo a vederne meglio contenuto, e funzionamento. La nostra amicizia per la Grecia non ha escluso mai, come rLpetutamente detto e fatto sapere costì, buone ed amichevoli relazioni con altri paesi.

Quello che oggi può maggiormente dar motivo di riflettere sulla utilità della conclusione di un accordo nel senso da lei prospettato, è forse il significato che può assumere nei riguardi generali della posizione ellenica ed in particolare verso la Bulgaria e la Turchia.

L'attività inquieta svolta da'lla Turchia nella conclusione del patto grecoturco, nella mancata conclusione di analogo patto con la Bulgaria, nei contatti stabiliti con la Jugoslavia e la Romania può avere la pericolosa conseguenza di spingere la Bulgaria verso la Jugoslavia e facilitare nei Balcani un blocco slavo che fu già fatale alla Turchia ed oggi sarebbe ancora fatale alla Turchia ma insieme alla Grecia.

L'accordo quindi che oggi cl si appresterebbe a negoziare ed eventualmente concludere deve essere, a nostro avviso, esaminato oltre che nei riguardi diretti della Jugoslavia, anche e principalmente nelle sue ripercussioni generali nei riguardi della Bulgaria e della politica balcanica nel suo complesso.

Anche se oggi i rapporti con la Bulgaria non sono soddisfacenti. non è interesse ellenico peggiorarli nè contribuire ad una sensazione di isolamento bulgaro.

Le considerazioni che precedono potranno essere fatte cautamente e discretamente valere da V. S. presso codesto presidente del consiglio e ministro degli esteri per indirizzare le attuali tendenze e comunque per valorizzare l'interesse che portiamo costantemente alla politica ellenica nel quadro degli accordi esistenti.

Aggiungo per sua norma che analoghe considerazioni vengono svolte anche ad Ankara.

(l) -Cfr. n. 374. (2) -Ctr. n. 382.
389

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. PER CORRIERE 2029 R. Roma, 20 novembre 1933.

Risulta che questo incaricato d'affari d'Albania ha tempo fa prospettato a Re Zog opportunità risolvere questione apertura scuole cattoliche mediante stipulazione concordato ciò che permetterebbe Governo albanese aderire nostre richieste salvando suo prestigio perché riapertura scuole apparirebbe concessione fatta Vaticano. Egli però non avrebbe insistito sulla sua proposta perché la sua qualità di cattolico scutarino lo metteva in situazione imbru-azzante.

Vedrà la S. V. se non convenga riprendere tale idea facendo suggerire al Sovrano la soluzione di cui si tratta da peJ"sona di Sua fiducia la quale dovrebbe anche far comprendere che momento sarebbe propizio perché Vaticano, irremovibile su questione scuole, risulterebbe disposto a fare concessioni in altri campi. Detta persona, del tutto estranea a codesta legazione, dovrà poi accuratamente evitare che in tale suggerimento appaia nostra ispirazione.

390

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. P. 2032/143 R. Roma, 20 novembre 1933, ore 23.

Questo ministro di Jugoslavia insiste nel sostenere che versione fatti riferita dal R. incaricato d'affari su informazioni attribuite a Solari e telegramma Stefani da questo inviato non corrispondono al vero ed ha anzi svisato ed esagerato portata dei fatti. Per tale motivo Governo jugoslavo ha chiesto che dottor Solari venga richiamato. In caso contrarlo ha fatto capire che Governo jugoslavo penserebbe ad espellerlo.

È stato risposto che fino a prova in contrario dobbiamo ritenere esatta nostra versione e ci siamo riservati una risposta anche per Solari dopo compiuti i necessari accertamenti.

Prego, pertanto, V. S. di voler compiere una accurata indagine di quanto abbia veramente visto e sentito il dott. Solari ed in base a quali informazioni ed elementi abbia riferito n R. incaricato d'affari con il suo primo telegramma (l) e poi succesivamente svolta la sua protesta presso il signor Purich.

(l) Cfr. n. 367.

391

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4591/204 R. Vienna, 20 novembre 1933 (per. il 22).

204 -Mio telegramma n. 440 (l) e mio teleposta n. 2557 (2).

Parlandomi della polemica Starhemberg-Winkler, il cancelliere ha sotto

lineato che il primo; col suo discorso di Graz, aveva il'imesso in circolazione il

nome del Winkler, su cui già si andava stendendo un velo d'oblio (3).

Per quanto riguardava ill fronte corporativo non v'era dubbio che esso minacciava di divenire un ricettacolo degli elementi dissidenti; ma d'altra parte doveva tenersi presente lo scarsissimo seguito che in realtà detto fronte ha incontrato. A conferma, il cancelliere mi ha citato il caso del capo dell'associa: zione degli impiegati, il quale, nell'iscriversi al fronte corporativo, aveva dichiarato di lasciar liberi gli associati di conformarsi o meno al suo esempio; ma il fatto era che due soli lo avevano seguito. Altro aderente era stato un deputato ex heimwehrista; ma questi erano stati, a sua notizia, gli unici successi conseguiti finora dal fronte corporativo, il quale è pertanto da considerarsi esclusivamente formato dall'esiguo numero degli agrari.

Senonchè egli si rendeva ben conto che la polemica suscitata dallo Starhembe.rg non poteva ormai cadere senza conseguenze. Sicchè egli si riprometteva di conferire domani con i due rappresentanti del fronte corporativo nell'attuale gabinetto, e cioè i ministri Kerber e Glass: chiarire con essi la situazione e dichiarare loro nel modo più formale che il fronte corporativo non può nè deve essere il rifugio dei socialisti e dei nazisti.

Il cancelliere mi ha poi detto, mettendo bene in chiaro che le sue confidenz.e erano del tutto personali, che il principe Starhemberg pecca talvolta per intempestività e inopportunità, sia col riaccendere piccoli fuochi che altrimenti si spegnerebbero completamente da sè; sia col suscitare polemiche e frizioni, che finiscono col richiamare l'attenzione pubblica su cose di secondaria importanza, provocando l'impressione di inesistenti divergenze; e sia con lo stabilire troppo sovente «le minute dei pasti settimanali, ch'egli dovrebbe poi cucinare giorno

liere Hitler ».

«Ma argomento ancor più spiacevole è quello degll impegni presi da Dollfuss e per iscritto con Winkler, all'atto in cui questi lasciò l! cancelllerato circa il trattamento che sarebbe stato fatto al fronte corporativo-nazionale. Dell'esistenza di questi impegni Starhemberg aveva avuto notizia ma Dollfuss, interrogato sull'argomento, aveva risposto di aver dato soltanto al vicecancelllere uscente delle vaghe assicurazioni. A bella posta, dunque, eg!l, nel discorso tenuto a Graz domenica passata ha affrontato la questione negando, in forma brusca e poco rlguardosa per Winkler, che Dollfuss abbia mai preso impegni col capo del fronte nazionale cor-. porativo. Poiché da questa parte si è re,agito, come vi era da attendersi, confermando l'esistenza della lettera, nel colloquio che domani spera di avere con Dollfuss, Staheremberg si propone di fargll le sue rimostranze per la poca lealtà dell'agire e di chiedergll, dato un tal modo di procedere, perché mal egll non debba dubitare che altri impegni del genere non corrano tra il cancelliere e, putacaso, l! borgomastro Seitz ».

4B

per giorno 1>. Con ciò egli non voleva in alcun modo disconoscere i buoni intendimenti dello Starhemberg, nonchè il fondamento delle sue richieste; ma tuttavia non poteva nascondersi il suo disappunto per il metodo sopra descritto, giacché suscettibile di fare apparire il capo del Governo come l'esecutore dei dettami del Bundesftihrer.

Avendogli io fatto rilevare che lo Starhemberg, sia pel fatto di non appartenere al gabinetto, e sia per la natura stessa del movimento che egli dirige, è più di ogni altro in grado di spianare la via al Governo, agitando previamente davanti all'opinione pubblica determinati problemi ed esigenze, il cancelliere ha risposto che di ciò si rendeva conto ma che doveva rilevare che l'azione dello StaJrhemberg potrebbe con vantaggio generale essere di volta in volta preceduta da opportuni scambi di idee.

II cancelliere ha quindi osservato che questi eccessi di temperamento dello Starhemberg non valevano a nascondergli la bontà delle intenzioni del Bundesfiihrer, col quale -egli desiderava ripetermi -si trovava nei migliori rapporti di amicizia.

(l) T. r. 4472/440 R. del 13 novembre, non pubblicato: riferiva che Starhemberg nel suo discorso di Graz aveva «pronunziato parole assai vivaci verso l socclaldemocratlcl e l! cancel

(2) -Non pubbllcato. (3) -Nella lettera XCIV del 15 novembre, Morreale aveva riferito, tra l'altro, quanto segue:
392

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T PER CORRIERE 4592/205 R. Vienna, 20 novembre 1933 (per. il 22).

Il segretario generale Peter mi ha stamani detto in confidenza che il canceUiere e il Ballplatz avevano prestato particolare attenzione alle voci, prevalenti a Ginevra e a Londra, e giusta le quali la Germania, in un'eventuale conferenza tra i firmatari del patto a quattro, porterebbe in discussione Ja questione austriaca, facendo intravvedere che, subordinatamente all'Anschluss, essa sarebbe pronta a disinteressarsi completamente d'ogni altra questione relativa alle sue frontiere occidentali ed orientali.

Peter ha rilevato che l'Austria era a questo modo minacciata di diventare il capro espiatorio della situazione europea; e pertanto egli aveva sostenuto presso il cancelliere l'opportunità di scongiurare il pericolo di un eventuale consenso da parte della Francia, facendo presente senz'altro a Roma, a Londra e a Parigi che il Governo federale si attendeva che, nel caso di detta conferenza, la questione austriaca fosse da esse messa all'ordine de~ giorno, in guisa che i tre Governi potessero trame occasione per concordemente riaffermare l'indipendenza dell'Austria. Questo parere era stato accettato.

Senonchè nel pomeriggio, avendo avuto occasione di vedere il direttore degli affa,ri politici, questi mi ha detto che la proposta del Peter era caduta, essendo prevalsa l'idea che l'indipendenza dell'Austria è stata tante volte affermata dalle predette potenze, e gli interessi che essa questione involve sono così profondi e potenti per ciascuna delle suindicate potenze, che il passo austriaco avrebbe potuto apparire del tutto superf:luo.

393

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4593/206 R. Vienna, 20 novembre 1933 (per. il 22).

Ho volutamente preso occasione dal discorso (mio teleposta n. 2583) ( l) pronunziato dal nuovo capo del partito cristiano-sociale, signor Czermak, e particolarmente da una frase in esso contenuta ( « in Austria non vi sarà alcun Fascismo ») per attirare l'attenzione del cancelliere su tale dichiarazione e per procedere ad opportuni rìlievi, anche nei rispetti· della situazione generale.

Il cancelliere ha cominciato col dirmi che egli aveva favorito la nomina del Czermak anzichè quella del signor Krasser in ragione dell'insignificante personalità del primo e quindi della possibilità di facilmente dirigerlo. Il discorso pronunziato daù Czermak, ed a cui io facevo allusione, non gli era ancor noto; ma in ogni caso poteva assicurarmi che esso avrebbe rappresentato «la prima ed ultima sua sciocchezza».

Il cancelliere mi ha quindi confermato che il suo programma poUtico resta quello da lui specificato nei suoi vari discorsi, e doè la costituzione di uno Stato cristiano, sociale, tedesco, autoritario, non basato sui partiti, a regime corporativo. Al riguardo il signor Dollfuss ha tra l'altro osservato che anche nei colloqui di Riccione egli aveva fatto presente a V.E. l'opportunità di non fermarsi troppo, per quanto riguarda l'Austria sulla terminologia, ma di ispirarsi invece quanto più possibile ai concetti fascisti, applicandoli però sempre secondo le esigenze della locale situazione e la peculiare mentalità del popolo austriaco.

Il cancelliere ha poi ricordato il suo discorso di Tulln (mio telegramma

n. 444) (l) contenente alcune precise dichiarazioni circa la socialdemocrazia; ed ha continuato insistendo sulla coerente progressiva attuazione del suo programma, accennandomi anche che il partito cristiano-sociale, a malgrado 1a nota resistenza di alcuni vecchi elementi -con i quali egli doveva ripetermi non poter in alcun modo intendersi -si evolve di fatto gradatamente, e sia pure lentamente, verso il concetto che il partito stesso debba finire con lo sboccare nel suo scioglimento. A tale riguardo mi ha ricordato quanto io ho avuto già a riferire oralmente a V. E. nel settembre scorso; e cioè che fin da quel mese nella direzione del partito cristiano-sociale sono state spontaneamente affacciate idee del genere di cui innanzi: idee del resto pubblicamente sostenute anche ier l'altro dal noto leader Aigner (mlo telespresso 2585) (1).

Ho creduto allora chiedere al cancelliere qualche indicazione circa la riforma costituzionale.

Egli mi ha .risposto che il signor Ender gli deve sottoporre nella prossima settimana il primo schema di quanto ha finora elaborato, Cosicchè, anzichè darmi ora delle notizie imprecise e sommarie, egli preferiva farmene una chiara esposizione non appena sarà per essere da lui presa in seria considerazione un qualche concreto principio. In proposito, il signor Dollfuss ha deriso le

formule che i socialisti da una parte e gli agrari d!!ill'altra, vanno insinuando circa la formalità da seguirsi per l'approvazione della nuova costituzione, facendomi comprendere che anche su questo punto egli non ha ancora idee concrete, pur riservandosi di scegliere egli stesso, al momento opportuno, il modo migliore di affrontare questo problema.

Il cancelliere si è mostrato infine ottimista sulla situazione, rilevando che la sua principale cura è attualmente quella di attrarre a sé i migliori elementi del partito cristiano-sociale lasciando cadere quelli che, per una ragione o per l'altra, appaiono ormai sorpassati. Con ciò egli ha voluto sottolinearmi di esser sempre, nei rispetti del predetto partito, il padrone della situazione, e che pertanto non avrebbero alcun fondamento le voci contrarie che gli interessati a non essere liquidati possano mettere in giro per tentare di scongiurare il loro destino.

(l) Non pubblicato.

394

IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, AL CAPO DELL'UFFICW ITALIA DEL MINISTEiRO DEGLI ES~RI JUGOSLAVO, AVAKUMOVIé

L. P. Roma, 20 novembre 1933.

Si Vous croyez que une nouvel.le rencontre pourrait étre utile, et il me semble que Vous le pensiez, je suis de ma part à votre disposition, d'après les modalités sur lesquelles nous sommes tombés d'accord, à partir du 27 courant.

Comme lieu de rencontre Vous aviez mentionné quelques petites villes de l'Italie centrale, mais après tout j'estime qu'il conviendrait mieux de nous voir dans une grande vi:lle avec des moyens de communication comodes et rapides par exemple Venise, Bologne ou Florence. A Vous de choisir. Pour la date, je Vous prierais de bien vouloir la fixe·r avec une certaine avance.

395

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4587/546 R. washington, 21 novembre 1933, ore 14,35 (per. ore 23).

Te>legramma di V. E. n. 467 (1).

Ho avuto stamane conversazione con signor Phillips, che regge dipartimento di stato durante l'assenza di Hull, e gli ho fatto conoscere intenzioni del R. Governo circa scadenza del 15 dicembre.

Gli ho detto che mia comunicazione non rappresentava ancora offerta ufficiale perchè mio Governo desiderava procedere in questa materia in pieno accordo con Governo degli Stati Uniti ed evitare qualsiasi possibilità di contrasto anche di semplice forma.

Valendomi degli argomenti contenuti nel tele,gramma di V. E. n. 461 (1) ho però fatto rilevare ragionevolezza del>la nostra offerta facendogli comprendere che somma di un milione di dollari era H massimo che nelle circostanze potevamo o.ffrire.

Sottosegretario di Stato mi disse subito che personalmente considerava nostra offerta come accettabile perché rappresentava quasi 50 % della somma dovuta e che riteneva sarebbe stata accolta con favore anche dall'opinione pubblica.

Non poteva darmi assicurazione formale perché doveva prima riferire al presidente ma si proponeva di raccomandarne l'accettazione.

Presidente si trova attualmente neUo stato di Georgia per breve periodo di riposo e sottosegretario di stato gli riferirà telegraficamente circa mia comunicazione.

Calcola di ricevere una risposta entro due o tre giorni e si riserva di riprendere convexsazioni sull'argomento appena sarà in possesso delle istruzioni del presidente.

Egli confida che tutto potrà essere regolato quanto prima in modo soddisfacente.

(l) Cfr. n. 375, nota l, pag. 410.

396

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4590/197 R. Belgrado, 21 novembre 1933, ore 22 (per. ore 1,30 del 22).

Telegramma di V. E. n. 143 (2). Appena tornato mi sono preoccupato accertare esatto svolgersi incidenti del 12 corrente.

Manifestazione di tal genere non era nuova. Con analoghe frasi si erano ripetute precedentemente in differenti occasioni sempre segnalate a V. E. Perciò De Ciuti:is la telegrafò con termini tranquilli che l'inquadravano nell'attività irredentista abituale accentuatasi in senso revisionista dalla primavera in poi. Dettagli maggiori sarebbero risultati con successivi rapporti. Poiché comizio indetto università doveva ritenersi pubblico in quanto giornali vi invitavano da più giorni cittadini, Solari credette opportuno assistervi. Egli oramai conosce perfettamente il serbo ed è perciò in grado di affermare solennemente che frasi riferite sono state effettivamente pronunciate. Ne ho suo rapporto dettagliato e sottoscritto con giuramento. Oltre che ripetere oltraggiosi concetti, già altre volte espressi da Ciok, la def.initiva riprova delle parole da lui pronunciate anche in questa occasione la si ha nel numero 46 del 17 corrente del periodico irredentista Istra di Cedric che col resoconto della riunione riporta discorso Ciok esattamente come lo ha riferito Solari. Contrariamente quindi a quanto era mia impressione costà, Solari ha solamente adempiuto alla sua

funzione di giornalista recandosi al comizio ed ha mancato neH'inviare fonogramma ad agenzia Stefani senza preventivo controllo di de Ciutiis, calcando quindi il colore e ciò "per la spiegabile eccitazione in cui si trovava. Ma sostanza dei fatti devesi ormai ritenere esatta. La protesta di de Ciutiis fu fatta a seguito delle istruzioni di V. E. (1), ed in base al rapporto di Solari. Purich nel secondo colloquio con de Ciutiis (2) ha usato termini inusitati. Diversi alla prudenza di questi se colloquio non si è interrotto malamente. Purich è passato all'eccesso opposto per rimediare alla onesta ammissione fatta immediatamente alla prima protesta del nostro incaricato d'affari (3), ammissione evidentemente non approvata dal Governo jugoslavo sia per le resistenze dell'irredentismo giuliano, sia per la reazione della nostra stampa che qui non si attendeva tanto violenta o per altri motivi che fino ad ora mi sfuggono. Ma poiché realmente fatti sono avvenuti e l'asserito resoconto giornalistico è smentito da pubblicazione dell'Istra che coincide esattamente col resoconto di Solari, siamo evidentemente di fronte ad una miserabile bugiarda manovra che a mio avviso non dovremmo accettare. V. E. conosce inoltre le manifestazioni svoltesi a Lubiana. Vi è anche stata una conferenza di protesta contro Rapallo tenuta la sera del 12 alle tre stazioni radiofoniche jugoslave (ne ho il testo). Vi sono state manifestazioni secondarie anche a Serajevo, Ragusa e Zagabria ecc.

Stasera o domani mattina al più tardi saranno pronte tutte le riproduzioni fotografiche del materiale di prove dirette e indirette. E chiederò poi di essere ricevuto da Jeftic. Ma desidererei avere tempestive dettagliate istruzioni sui limiti del mio passo. È mia opinione che non solo Governo jugoslavo debba rinnovare nel modo più ampio scuse già espresse spontaneamente da Purich, ma aggiungervi altresì quelle che ora sono ancora più necessarie per la manovra imbastita.

Il presente telegramma continua col numero successivo <4).

(l) -Cfr. n. 368. (2) -Cfr. n. 390.
397

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, LOJACONO

T. PER CORRIERE 2033 R. Roma, 21 novembre 1933.

Suo rapporto 827 del 27 ottobre u.s. (5).

Iniziativa presa da V. E. di procedere con il signor Rustu bey ad un esame complessivo della politica turca nei riguardi deU'Italia e dello stato dei rapporti italo-turchi è stata certamente assai opportuna.

(-2) Cfr. n. 372.

«È però in ogni caso indispensabile far partire Solari. A parte che non garantirei sua incolumità personale, sua presenza qui diviene insostenibile e sopra tutto inutile. Occorrerebbe però un visibile premio e consenso alla sua azione della quale del resto, salvo poche recenti mende, non ho che da lodarml •·

Come Ella ricorda l'iniziativa del ministro degli esteri turco per più stretti accordi con la Grecia e la Bulgaria rimonta alla primavera scorsa e trovò in un primo tempo la nostra piena approvazione. L'idea di una triplice turco-bulgaro-greca risale ancora aHa così detta politica di Milano e corrisponde certamente ad un interesse italiano come pure del resto turco e greco; mira sostanzialmente ad arginare il pericolo jugoslavo nonché quello anche più grave di un blocco balcanico-slavo.

In verità la situazione e lo stato dei rapporti intercorrénti a quell'epoca fra Grecia e Bulgaria, nonché certe preoccupazioni anti bulgare fin d'allora affioranti nella politica turca, non davano soverchio affidamento sulla possibilità di realizzare una intesa a tre ed è per questo che da parte nostra senza scoraggiare Rustu bey su quella via si preferì lasciare alla sua sola e singola responsabilità il compito di svolgere e di portare in porto quella sua azione. L'idea primitiva però del Ministro turco si complicò per via di altre preoccupazioni e più grosse inquietudini ispirate e motivate sopratutto dall'inizativa italiana del patto a quattro.

V. E. conosce perfettamente quale fu in quella occasione l'attitudine del Governo turco e l'attività ulteriore di Rustu bey con le sue visite ad Atene, a Roma e a Ginevra. Malgrado le spiegazioni ~e più ampie dategli in materia di patto a quattro, le assicurazioni da lui fatteci direttamente e pel tramite di V. E. la sua attività si svolse su una linea irrequieta e torbida che evidentemente correva dietro alla speranza di trovare altre garanzie alla sicurezza turca al di fuori della garanzia italiana, con visione e valutazione allarmistica ed errata di tutti i pericoli che a giudizio turco il patto a quattro poteva rappresentare per la Turchia, per i suoi effettivi interessi, oltre che per il suo prestigio.

Tale fu l'inquietudine turca che malgrado ogni prudenza si iniziò allora un periodo di agitata attività verso le direzioni le più varie, verso la Grecia e verso la Bulgaria, e tentando le nuove vie della Piccola Intesa, verso la Romania e la Jugoslavia. Si può dire che i risultati ottenuti sono in complesso negativi in confronto a quelli che Rustu bey si prometteva di raggiungere.

Il bilancio finale dell'inquieta attività da lui svolta è stato bensì il rafforzamento dei legami con la Grecia ma un indebolimento di quelli con la Bulgaria. Ed è invece precisamente il pericolo bulgaro e in genere il pericolo slavo che sono di primaria importanza per la Turchia.

Il giuoco svolto dai turchi a Sofia e poi a Belgrado è a nostro giudizio estremam2nte pericoloso.

E tale giudizio è assolutamente indipendente da quello che possa essere lo stato, del resto in complesso migliore, dei nostri rapporti con Belgrado. Mentre da un lato si chiede alla Bulgaria un rafforzamento dei vincoli con garanzia di frontiera che può significare rinuncia definitiva alla Turchia e riconoscimento dello statu quo, dall'altra si cerca di stringere accordi con la Grecia e sopratutto la Jugoslavia che acquistino necessariamente significato e valer~ intimidatorio nei riguardi di Sofia.

Tutto ciò per ottenere quella garanzia della frontiera trace con un atto che quaato a valore effettivo vale quanto può va:lere ogni atto internazionale del genere, mentre invece prende senz'altro un significato di umiliazione che si vuole infliggere alla Bulgaria: comunque ne infirma il prestigio. La questione della Tracia non è evidentemente una questione attuale né un pericolo imminente. Non ha l'importanza di una questione in atto tra la Turchia e la Bulgaria. Può essere soltanto una questione storica ma nessuna garanzia migliore, può oggi sussistere per la Turchia quanto buoni e sinceri rapporti di amicizia con la Bulgaria.

Questa è oggi in tali condizioni da non poter pensare a nessuna rivendicazione su nessùn settore. Il duplice giuoco condotto da Rustu bey tentando accordi con la Bulgaria e in difetto concludendo accordi con la Jugoslavia per dare a Sofia la sensazione dell'isolamento e quindi costringere Sofia ad una capitolazione, può pericolosamente condurre piuttosto ad un riavvicinamento jugoslavo-bulgaro. Senza voler trarre conclusioni troppo pess!mistiche da alcuni avvenimenti intervenuti in questi ultimi tempi nei Balcani, sta però di fatto che un riavvicinamento di Sofia a Belgrado, facilitato dal senso di abbandonare da parte della Turchia, rappresenta a nostro giudizio alla lunga il pericolo più grave che possa veramente minacciare la frontiera della Tracia. L'esperienza del passato e la considerazione della situazione presente persuadono a ritenere il blocco slavo dei Balcani come il solo veramente grave pericolo per la Turchia e per la Grecia.

v. -E. ha Jucidamente esposto, oltre che alcuni dei motivi e pensieri che hanno mosso l'attività della politica estera turca di questo ultimo anno, anche quale sia e possa essere la posizione della Turchia nei riguardi dell'Italia e come sia comprensibile una sostanziale diffidenza de1la Turchia verso di noi (1). Certamente i ricordi del passato hanno reso i turchi sospettosi e diffidenti. Essi sembrano avere la sensazione che risponda ad una necessità e fatalità storica che ad un cer:to punto l'Ita:lia debba svolgere i propri sguardi sull'Anatolia. Lo stato quindi del,le relazioni fra l'Italia e Turchia non può non risentire anche in futuro, come è stato in passato, di questa fondamentale ed insopprimibile sensazione. Ma ciò non dimostra che al di fuori di questa possibile posizione storica di contrasto non corrisponda pure, finché quella situazione di conflitto non si maturi e si realizzi, ad altrettanti reali, attivi e vitali interessi turchi l'intrattenere buone e cordiali relazioni di amicizia con l'Italia. Ciò avviene oltre che in funzione mediterranea e per la questione degli Stretti, sopratutto in funzione balcanica. Vi è su questo punto una solidarietà d'interessi fra noi e la Turchia. n blocco balcanico slavo se è un pericolo per noi è però un pericolo che può essere mortale per le ultime posizioni europee della Turchia. v. -E. ha anche accennato alla posizione statica che insita nella politica attuale turca sarebbe in contrasto a quella dinamica italiana: cosi pure nel

sistema quasi di neutralità adottato tra Atene, Ankara e Mosca (1). In realtà da parte nostra non ci attendiamo dalla Turchia nessuna partecipazione attiva ad una nostra politica, ma puramente uno statu quo di buone e pacifiche relazioni, nel suo largo senso. La posizione statica turca trova quindi da noi piena comprensione e apprezzamento e quadra completamente con Ja funzione che assegnamo alla Turchia neH'insieme della nostra politica, in particolare mediterranea orientale. È una coincidenza di interessi e di fini da fare eventualmente rilevare.

In complesso gli avvenimenti degli ultimi mesi e i risultati piuttosto negativi ottenuti dalla Turchia offrono forse una opportuna occasione, perché, come già sopra detto, V. E. possa riprendere costì a nome del R. Governo una azione di fiduciosa e sincera persuasione verso i dirigenti turchi in una ravvivata atmosfera di cordiatlità sulla base dei patti e degli accordi esistenti fra i due paesi. Vi sono molti motivi ed argomenti che possono essere opportunamente esposti, ripetuti, valorizzati costì come Ella del resto ha già fatto.

Per la questione prestito, mi riservo ulteriori comunicazioni.

(l) -Cfr. n. 364. (3) -Cfr. n. 367. (4) -T. n. 4589/198 R., pari data di cui si pubbl!ca solo 11 brano finale:

(5) Il R. 1987/827 riferiva una lunga conversazione con Tewflk Ruchdl by circa i rapporti ltalo-turchl nel corso della quale il ministro degl! Esteil"i turco aveva fra l'altro dichiarato che la Turchia non sarebbe mal entrata a far parte della Piccola Intesa e che non sarebbe mai stata conclusa una Locarno balcanica. Se ne pubbl!cano alcuni brani nelle note seguenti.

(l) Cfr. 1 seguenti brani del citato rapporto 1987/827: «Invece, per quello che riguarda l'Italia, alle premesse logiche divergenti, alle tradizioni storiche raramente parallele, alla antitesi formidabile tra la costruzione Imperiale romana e il nomadlsmo distruttore asiatico, si aggiunge l'idea che Il primo nostro moto espansivo avrà per oggetto l'Anatolia. Siamo dunque degli amici sui-generis per la Turchia; amici che, per esser tali, dobbiamo risalire contro corrente 11 filo del sospetti ed Il filo della logica. Mettiamoci dunque nello stato di serenità che ci vuole per sapere che la nostra amicizia con la Turchia sarà difficile nella vita quotidiana e incapace di produrre una collaborazione attiva Il giorno In cui questa ci occorresse; e che dovremo contentarci del principio della neutralità turca ed anzi stimolarlo per ottenere che la Turchia non prenda mal partito con l nostri avversari, le cui premesse statlche si accostano più delle nostre alle vedute turche, e cl lasci sempre aperta, attraverso la neutralità stessa, la via degli Stretti... ~.

398

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, QUARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 21 novembre 1933.

Il Consigliere dell'Ambasciata sovietica è venuto a comunicarmi che il Governo sovietico è rimasto soddisfatto «al di là di ogni sua aspettativa'> dell'atteggiamento della stampa italiana in occasione del riconoscimento de~l'U.R.S.S. da parte degli Stati Uniti.

Mi ha aggiunto che hanno ricevuto un telegramma da Litvinoff in cui egli li informa che partirà dall'America il 25 corrente sul Cornte di Savoia e che potrebbè fermarsi a Roma tre giorni. È suo desiderio che nel suo viaggio a Roma non sia e non appaia un viaggio di «transito '> ma una visita ufficiale.

Litvinoff ha chiesto di conoscere all'incirca quale sarà il programma della sua visita a Roma ed in particolare:

l) se egli sarà ospite del Governo italiano (l'Ambasciata non ha la possibilità di alloggiarlo);

2) se dovrà· presentarsi a S. M. il Re;

3) se sarà intervistato dalla stampa italiana.

(l) Nel rapporto 1987/827 Lojacono aveva scritto: « ... Vuole basare la sua politica sulla collaborazione con Mosca e Roma, ma sempre nei limiti del principio di neutralità che verso Roma sarebbe spinto alla gradazione più intima di «neutl'alità benevola» tra Mosca e Roma, tuttavia, Tzwflk Rustu distingue la posizione passiva della prima e quella attiva della seconda a cui attribuisce giustamente una presa di posizione, attuale o potenziale, nella formazione di aggruppamenti la cui natura potrà essere incompatibile col sistema di neutralltà adottato tra Atene, Ankara e Mosca. Da ciò la differenza tra il senso di collaborazione che lega questi tre governi e che non si riscontra in eguale misura nel rapporti di ciascuno di essi con Roma... ».

399

IL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA, AL CAPO DEL GOVERNO

E MINISTRO DELGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4595/212 R. Ginevra, 22 novembre 1933, ore 22 (per. ore 0,20 del 23).

A seguito mie comunicazioni telefoniche informo che durante conve·rsazioni condotte ieri, nostra tesi aggiornamento comitato ha continuato opporsi alla tesi francese che voleva affermare la continuazione, finché a sera si è faticosamente ritornati sulla posizione conciliativa già accettata dai francesi e poscia da loro respinta dopo la partenza di Simon: cioè che il presidente, preso l'avviso dai suoi collaboratori diretti, avrebbe deciso sulla durata dei comitati stessi.

Nel separarsi, Boncour aveva però dichiarato che molto difficilmente avrebbe potuto astenersi dall'esprime.re nel bureau il proprio pensiero [sulla] proroga, giacché la formula per se stessa indicava troppo chiaramente che la sorte dei comitati era decisa e ciò equivaleva ad una dichiarazione indiretta che la conferenza cessava da ogni attiv1tà.

Per quanto mi riguarda ho concluso invece che, se nessuno avesse parlato, mi sarei astenuto dal prendere la parola, giacché la nostra posizione era stata già nettamente precisata e i nostri esperti non partecipavano di fatto ai lavori. D'altronde Henderson aveva già dichiarato che per conto proprio egli stimava che i comitati dovessero aggiornarsi al più presto sicché nu!Ja mi impediva dal rimettere alla sua saggezza ed aol suo senso politico La decisione.

La faticosa discussione sulla questione dei comitati ha nel frattempo permesso di distrarre l'attenzione da altri punti assai più importanti e che sono quindi passati con relativa facilità, e in primo luogo la forma del rapporto presidenziale al Bureau che assume l'aspetto vero e proprio di un programma imposto dalle quattro principali potenze. In secondo luogo J.'esclusione di ogni organo ginevrino dai negoziati diplomatici, mentre nel giugno scorso il compito dei negoziati era stato affidato al presidente. Questa volta sembrava affermarsi l'idea di una formula mista, cioè le potenze e il presidente insieme; ma Avenol mi ha ottimamente servito nel persuadere il presidente a togUersi di mezzo. Ciò viene a significare che Ginevra e conferenza rinunziano al compito e lo

affidano totalmente aone potenze. Quanto all'aggiornamento della commissione generale la necessità se ne è imposta con tale evidenza che può darsi un successo del semplice buon senso piuttosto che nostro.

Prima delLa riunione del Bureau sintomi di ribellione si sono manifestati fra qualche delegazione specie per la parte riguardante i poted del presidente sulla sorta delle commissioni e per esempio ambasciatore Dowgalewski è venuto parlarmene con insolita vivacità.

Ma la forma veramente dittatoriale con cui presidente dopo il suo esposto si è valso della naturale esitazione dei delegati a chiedere la parola pe.r i primf, ha stroncato ogni velleità d'osservazione e di contrasto. Il silenzio è stato interpretato come approvazione unanime e in sette minuti la seduta del Bureau era fi.nita.

Boncour aveva rinunziato a parlare.

Mi riservo di conferire ancora con i presidenti dei comitati nonché Henderson, Eden e Wilson e riferirò.

400

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 4628/208 R. Vienna, 22 novembre 1933 (per. il 26).

Mio telegramma per corriere n. 204 (l).

Ho rivisto il cancelliere. Mi ha detto che egli, come mi aveva preannunziato, si era ieri lungamente intrattenuto con i rappresentanti del Landbund, e che la conversazione, protr.attasi per più ore, sa.rebbe stata r.ipresa stamane.

AHe mie indagini, si è limitato a ripetermi che non si può consentire al fronte corporativo di divenire un covo di socialisti e di nazisti, e che egli si oppor.rà a che ciò si verifichi. Ho però rilevato un'accentuata sua preoccupazione. La ascrivo alle seguenti principali cause:

-la determinazione delle Heimwehren a voler mettere definitivamente da parte il Landbund;

-la sempre crescente opposizione sia del partito agrario che di numerosi esponenti dei cristiano-sociali all'eventualità d'un prossimo o lontano scioglimento dei rispettivi partiti; ed al riguardo è da segnalare un riavvicinamento fra i predetti due gruppi politici, per quanto concerne la questione della neonvocazione del Parlamento;

-il subdolo atteggiamento dei socialisti che, nella loro opposizione al signor Dollfuss (specie dopo il discorso di Tulln: mio telespresso 2538 del 16 corrente) (2), evidentemente mirano a favorire, direttamente ed indirettamente, ogni corrente che possa compromettere le sorti dell'attuale Governo, e che meno ripudi gli ideali democratici;

-infine, l'incessante attività nazionalsocialista.

Ho poi visto Starhemberg e Fey. Mentre quest'ultimo si è limitato a riassumermi la situazione nei senso che è ormai giunta l'ora che il cancelliere scelga fra le Heimwehren ed il Landbund, il Principe Starhemberg mi ha fatto un quadro assai oscuro della situazione.

A suo dire, l'atteggiamento del cancelliere nella questione del preteso accordo scritto contratto col signor Winkler (3) sarebbe tutt'altro che soddisfacente. Se da una parte il signor Dollfuss aveva negato di avere concluso con il Land

32 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

bund speciali impegni ai danni delle Heimwehren o pregiudicanti il progJ:'amma del Governo, dall'altra egli continuava ad intrattenersi col signor Winkler, la cui attività politica risultava così tutt'altro che determinata con l'allontanamento dal Governo. Questo stato di cose era allarmante anche pel fatto che poteva preludere alla formazione di un Governo democratico -che secondo lo Starhemberg avrebbe potuto far capo al Ramek -ed in cui le guardie armate del Landbund, le Bauernwehren, potrebbero prendere il posto delle Heimwehren. Ora, di tale eventualità il cancelliere non si rendeva debito conto. Egli era sempre animato dalle migliori intenzioni, ma, pavido di fronte all'azione, continuava a mostrarsi condiscendente verso gruppi ed elementi politici, impopolari per la loro corruzione, o per la loro incomprensione delle necessità dell'ora, o per la loro opposizione a riforme imprescindibili.

Tutto ciò non era compatibHe con gli ideali e con i principi del movimento delle Heimwehren, le quali non avrebbero potuto ulteriormente sopportare la partecipazione di loro esponenti ad un Governo che non fosse riuscito a tagliare al più presto ogni legame con partiti come il Landbund e con uomini come il Winkler; ad un Governo che troppo indulgeva verso inqualificabili reti di interessi, pregiudizievoli fo.rmazioni politiche, oltrepassati principi. Questa situazione avrebbe potuto spinger..: il movimento delle Heimwehren verso il nazionalsocialismo, giacché questo, malgrado il suo principale obbiettivo politico, sarebbe pur sempre pervenuto ad un ben alto risultato, cioè all'annientamento del vecchio e corrotto mondo politico austriaco.

A tale riguardo devo notare che l'ultimo accenno del principe Starhemberg non è nuovo. Esso mi fu da lui fatto, sebbene in modo meno preciso, due mesi fa, allorché prevalse la situazione che sboccò nell'ultimo rimpasto ministeriale; ed io ne feci oralmente cenno a V. E. in occasione della mia venuta a Roma, alla fine di settembre.

In proposito devo segnalare che una personalità mi ha riferito nel più stretto segreto che il cancelliere or sono due mesi (e cioè proprio all'epoca dell'ultima crisi ministeriale) si era lasciato sfuggire che in quel momento la sua più grande preoccupazione era che il principe Starhemberg passasse al nazionalsocialismo.

Inoltr.e l'ex ministro Jakoncig, venutomi a vedere stamane, di ritorno da Berlino, ha insinuato risultargli da precisa fonte «alcunché di non grande importanza, ma che era sempre opportuno ch'io sapessi: ossia di contatti diretti interceduti fra lo Starhemberg e lo stesso Fey con autorità naziste tedesche».

Aggiungo infine che il ministro Schuschnigg, con cui ho creduto opportuno di intrattenermi sulla situazione generale, mi ha detto non nutrire alcuna preoccupazione, essendo sicuro che H canceLliere riuscirà a sormontare le attuali difficoltà che, a suo parere, sono inerenti allo sviluppo stesso della situazione politica (1).

(l) -Cfr. n. 391. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 391, nota 3.

(l) Nella lettera IC del 27 novembre Morreale riferì, tra l'altro, quanto segue: «Sabato scorso ho chiesto a Starhemberg se nel suo colloquio con Dollfuss avesse tratto l'impressione che questi dia oggt più valore ad altri appoggi stranieri che non a quello italiano. Mi ha risposto che Dollfuss ha avuto occasione invece di dirgli che l'Austria deve a Mussollni la propria indipendenza e che ciò resterà consacrato nella storia».

401

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4633 S.N. R. Bucarest, 22 novembre 1933 (per. il 26).

Ho trovato conferma, in molteplici elementi raccolti in questi ultimi giorni, delle informazioni che ebbi occasione di comunicare a V. E. con il mio telegramma per corrieTe dell'8 corrente n. 219 (1), circa il tentativo abbozzato dai signor Titulescu d'accordo, devesi ri·tenere, con il sLgnor Tewfik Rushdi bey, per indurre la Bulgaria ad accedere ad un patto balcanico a cinque, facendole balenare .la minaccia della conclusione di un patto a quattro all'infuori di essa, che suonerebbe un vero e proprio accerchiamento.

Non mi è possibile controllare se la Grecia aderisce in pieno alla tattica del signor Titulescu. In quanto alla Jugoslavia, mi risulta che Re Alessandro confida tuttora di poter, con la blandizia, più che con il metodo forte, avviare i rapporti bulgaro-jugoslavi su un cammino meno aspro: il Re, insomma, non condividerebbe appieno il metodo oggi auspicato dal signor Titulescu.

La realtà è che ciascuno dei quattro preferirebbe concludere con la Bulgaria un accordo a due: ma dinanzi alla riluttanza di Sofia, che non intende di decampare in nessun settore delle sue pretese, i quattro sono portati a forzare la situazione con la politica dell'accerchiamento.

Ho già riferito a V. E. che parlando con il signor Titulescu mi espressi in modo molto preciso: nello stesso senso parlerò tutte le volte che se ne presenterà l'occasione.

A questo ministro di Turchia, per quanto la sua voce non possa avere che una risonanza molto relativa, ho fatto tuttavia rilevare, in una conversazione di carattere generale, che se la Turchia continua ad insistere per la conclusione di un patto a cinque, rischia di lavorare «pour le Roi de Prusse ). Perché se la Bulgaria è veramente spinta dalle circostanze ad entrare in una simile combinazione e ad avvicinarsi quindi alla Jugoslavia, non si sa dove l'evoluzione potrebbe finire. Mentre se il patto a cinque non riuscisse, la Turchia anziché contribuire alla pacificazione nei Balcani, avrebbe lavorato ad acuire le diffidenze e i contrasti.

Il ministro di Turchia mi ha detto essere convinto che il suo Governo, pur desiderando il patto a cinque, aspetterà ancora con pazienza prima di dare la sua adesione ad un eventuale patto a quattro; ma non aspetterà indetfnitamente.

Da tutti gli elementi raccolti traggo l'impressione che i quattro paesi balcanici esitano a precipitare ile cose rendendosi conto della gravità del passo che compirebbero. Prevale però presso tutte le cancellerie balcaniche, ivi compresa quella di Belgrado (l'opinione di Re Alessandro, però, divergerebbe alquanto, come ho già detto) un senso di profonda irritazione verso l'atteggiamento della Bulgaria.

(l) T. per corriere 4453/328/219 R., non pubblicato.

402

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4634/716 R. Berlino, 22 novembre 1933 (per. il 26).

Da informazioni di buona fonte risulta quanto segue:

Nella prima metà di novembre ebbero luogo a Berlino conversazioni fra un messo di Dollfuss e Habicht. A quanto mi fu assicurato l'iniziativa partì da Vienna. Habicht fece conoscere i postulati tedeschi che sono: riconoscimento del partito nazionalsocialista austriaco, libertà di stampa per i gio~nali del partito stesso, amnistia ai profughi politici, partecipazione al Governo di Dollfuss dei nazionalsocialisti nella proporzione di una metà dei portafogli e coll'assegnazione ad essi di quelli della sicurezza, guerra e propaganda, esclusione dal Governo di Steidle e del principe Sta,rhemberg i quali si resero colp.evoli di avere gravemento offeso Hitler.

Le conversazioni non raggiunsero alcun risultato. Secondo le mie notizie a Berlino non si intenderebbe muovere alcun passo per riannodarle e si attenderebbe che lo facesse Vienna.

Mi è stato pure riferito che il cancelliere Hitler avrebbe recentemente riconfermato ad Habicht tutta ~a sua fiducia e lo avrebbe investito di pieni poteri per trattare la questione austriaca, con esclusione degli altri elementi che ad essa si sono interessati o avrebbero intenzione di farlo, e cioè di von Papen, Seldte, Hanfstangl, ecc.

403

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 22 novembre 1933.

Ieri ho avuto una conversazione con Drummond sul disarmo e la Società delle Nazioni.

A proposito del primo, egli riconosceva che, intervenendo ora un accordo a Ginevra sulla procedura da seguirsi, la migliore cosa da fare era di iniziare subito delle conversazioni ua i Gabinetti di Londra e di Roma per J'esame delle ultime proposte tedesche, facendo intervenire in un secondo tempo nella discussione Francia e Germania. Tutto questo per preparare la via ad una incontro dei Quattro, che dovrebbe avvenire soltanto quando si fosse sicuri di arriva.re ad un successo.

Ho suggerito a Drummond un metodo di lavoro che mi sembrerebbe ottimo: cioè che dopo la presa di contatto tra l'Inghilterra e noi, i tre Governi interessati diano ai loro ambasciatori a Roma le opportune istruzioni per discutere tutta la questione onde preparare il terreno per un incontro dei quattro.

Drummond ha trovato l'idea interessante.

Ho aggiunto, a proposito della decisione che dovrà esser presa in questi giorni a Ginevra, a titolo personale e come frutto della mia esperienza ginevrina, che se, come mi auguro, la discussione dovrà essere spostata da Ginevra, occorreva che le piccole Potenze restassero fuori dalle future conversazioni sul disarmo. Altrimenti si sarebbero rinnovati altrove tutti gli inconvenienti di Ginevra, mentre ormai appariva assolutamente necessario aNivare, e presto, ad una soluzione del problema.

Abbiamo poi discusso a lungo sull'articolo di Gayda contro la Società delle Nazioni, apparso iersera sul Giornale d'Italia che lo aveva fortemente impressionato.

Ho cercato di dimostrare a Drummond come l'organizzazione attuale della Società delle Nazioni non risponda in alcun modo alle responsabilità che i Governi delle Grandi Potenze dovevano assumere in questo momento.

Mi è parso che Drummond, per quanto egli sia un esponente dell'organizzazione attuale della Società delle Nazioni a cui ha contribuito non poco egU stesso, sia favorevole a entrare in questo ordine di idee.

404

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSEL

APPUNTO. Roma, 23 novembre 1933.

Il signor von Hassell è venuto a trovarmi per comunicarmi che parte stasera per Berlino ove si tratterrà soltanto pochi giorni contando di essere di ritorno a Roma per venerdì della prossima settimana.

Scopo precipuo del suo viaggio è quello di discutere la situazione attuale col suo Governo e di avere qualche informazione sulle intenzioni dello stesso con riguardo all'attuale fase della questione del disarmo.

Mi dà notizia di un telegramma pervenutogli da Berlino in cui si afferma la volontà del Governo tedesco di risolvere la questione del disarmo in via di accordo. Si vuole però trattare su una nuova base riattaccandosi al progetto MacDonald (non alle ultime proposte Simon).

Nel telegramma si riportano i punti di vista della Germania (già noti per il colloquio di Berlino tra Hitler e l'ambasciatore inglese e per le dichiarazioni di Goering).

L'ambasciatore osserva però che la soluzione preferita dalla Germania sarebbe sempre quella di ottenere il disarmo degli altri Paesi. Per quanto riguarda la procedura, la Germania conferma di non volere in questo momento prendere l'iniziativa per fare delle proposte. Il signor von HasseJI mi chiede poi se io posso dargli qualche notizia e se c'è questa qulache presa di contatto fra noi, i francesi e gli inglesi. Gli ho risposto che fino a questo momento non c'è nulla di nuovo perché appena ieri abbiamo avuto ~a decisione di Ginevra. Mi chiede se l'Italia intende uscire dalla Società delle Nazioni.

Gli rispondo che non è stata presa alcuna decisione al riguairdo, che comunque per ora Ginevra è accantonata dopo le decisioni di ieri e che quindi la questione non pare di attualità.

L'ambasciatore mi osserva che l'atteggiamento tedesco ha avuto successo in quanto la posizione della Germania e secondo lui anche quella dell'Italia è certamente migliorata. Chiede la mia opinione al riguardo.

Gli rispondo che posso anche condividere questa sua ultima impressione, ma gli faccio presente che tale migliorata situazione è una conseguenza della speranza oggi riposta nelle grandi Potenze e in modo particolare nell'Italia, che si possa raggiungere un accordo, e ciò dipende sopratutto dalla buona volontà della Germania. Se l'accordo non si raggiungesse, domani la Germania si troverebbe in una situazione che potrebbe diventare anche pericolosa e noi non avremo guadagnato nulla perché nella migliore ipotesi ci troveremo di fronte a una nuova corsa agli armamenti, che è appunto quello che si vuole ev.itare.

L'ambasciatore mi risponde che in coscienza non può darmi torto.

Gli faccio presente che quindi tanto più è necessario che la Gèrmania ora faccia uno sforzo veramente serio per poter raggiungere l'accordo. Non sono molto persuaso che i punti di vista recentemente esposti dalla Germania rispondano a tale necessità.

L'ambasciatore deve confessare che neanche a lui le condizioni esposte pare formino una base di negoziato. È appunto per ciò che va a Berlino.

405

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, AVENOL

APPUNTO. Roma, 23 novembre 1933.

Il Segretario Generale della Società delle Nazioni è venuto a visitarmi.

L'ho ringraziato per la parte presa per la morte del senatore Scialoja.

Si è parlato poi della situazione a Ginevra.

Il signor Avenol mi conferma di esser stato fin da principio dell'avviso

che convenisse arrivare alla soluzione che ieri è stata adottata: aveva dato

in questo senso istruzioni al Segretariato.

In modo particolare Avenol riteneva inopportuna la discussione di una

convenzione da fare in assenza della Germania.

Essendo stata portata poi la discussione sulla situazione attuale della So

cietà delle Nazioni e sulle sue recenti disavventure ho chiesto al Segretario

Generale se aveva qualche fondamento la notizia riportata da molti giornali

eh egli starebbe pensando ad una riforma della Società delle Nazioni e che a

tale riguardo fosse in rapporti col belga Bourquin.

Avenol mi ha risposto che la notizia non aveva alcun fondamento. Tuttavia

eg1i crede che dopo 15 anni dalla costituzione della Società delle Nazioni con

viene fare il bilancio e l'inventario delle realizzazioni ottenute. Egli è d'opinione che una delle ragioni della diminuita efficienza della Società e della mancanza di fiducia in essa, sia quella che si è voluta trovare nella Società delle Nazioni la panacea di tutti i mali. Pareva che ogni problema potesse essere risolto e ogni difficoltà, anche la più ardua, superata se le questioni relative venivano deferite alla Società delle Nazioni. Questa tendenza ha avuto il suo sviluppo specialmente nel periodo dal 1926 al 1928 e non solo nella Società stessa ma anche nelle manifestazioni ad essa collaterali. Briand ha la sua parte di responsabilità in tutto ciò. È questa l'epoca in cui si credeva di risolvere i problemi con le parule: «guerra alla guerra» oppure «la guerra fuori della legge». Poi sono venute le delusioni. Oggi perciò può essere opportuno un riesame del: a situazione (l).

406

IL DIRETTORE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 23 novembre 1933.

Dalle conversazioni che hanno avuto luogo a Roma ed a Londra si è potuto rilevare che il Governo britannico è particolarmente preoccupato dell'azione che svolgiamo a Malta, perché esso teme:

l) che con la nostra organizzazione scolastica e con le formazioni giovanili noi inquadriamo un movimento irredentista nell'isola; 2) che noi manteniamo a Malta un servizio seg•reto di informazioni militari.

A Malta, com'è noto, è concentrata la flotta del Mediterraneo, che dopo la Home Fleet, è il più importante organismo dell'armata inglese. L'Ammiragliato è perciò assai sensibile ed attento ad ogni nostra iniziativa.

Esso è stato particolarmente impressionato dal fatto che noi abbiamo aperto una scuola a Casalpaola, in una località che domina l'arsenale. Per quanto nessuna delle nost.re attività, almeno per quel che risulta al Ministero degli Esteri, si sia potuta prestare ad alcun sospetto, l'Ammiragliato pare che non sia sicuro che noi abbiamo aperto una scuola a fini puramente didattici, e forse pensa che il nost.ro programma sia di stabilire dei contatti fra i nostri maestri e gli arsenalotti, tanto più che il qualt'tiere di Casalpaola è abitato in massima parte da essi. Per quanto tali sospetti possano essere infondati, essi esercitano evidentemente un'influenza notevole sulle decisioni delle. autorità coloniali inglesi.

Queste si preoccupano anche dei nostri contatti con i nazionalisti maltesi, ed il Colonia! Office sa quali aiuti morali e finanziari essi ricevano da noi. Al nostro incaricato d'affari a Londra è stato più volte ripetuto al Fo.reign Office che l'Italia «spende a Malta troppi denari».

Le nostre attività scolastiche e culturali sono attualmente le seguenti:

a) Istituto Umberto I

Numero studenti italiani 109, maltesi 194 = Totale 303.

a) Asilo: italiani 45, maltesi 47 = Totale 92.

Numero insegnanti: 2/3 italiani, 1/3 maltesi.

c) Scuola di S. Francesco a Casalpaola: 162 (tutti maltesi).

c) Istituto di cultura.

Le richieste fatte dal Governo britannico per quel che riguarda le scuole sono dirette:

l) a sopprimere la scuola di Casalpaola al lo luglio 1934; 2) a ridurre le attività dell'Istituto Umberto I a quelle che erano al 1o gennaio 1932; 3) a stabilire una proporzione del 25% di insegnanti sudditi inglesi nel numero totale degli insegnanti dell'Istituto;

4) a proibire l'apertura di nuove scuole.

5) a limitare le scuole serali a persone che abbiano superato l'età dell'insegnamento scolastico.

Nelle condizioni presenti non pare che vi sia nulla da fare per salvare la scuola di Casalpaola, ed oggi insistere da parte nostra su questo punto è giudicato inutile. Noi abbiamo un contratto per lo stabile, contratto che scade al 1942. Si può perciò chiedere al Governo britannico se ci vuoi permettere di trasformare la scuola in ospedale. Nel caso di rifiuto potremo chiedere la rescissione del contratto.

Per l'Istituto Umberto I nella ultima conversazione avuta da V. E. con Sir Eric Drummond (1), questi ha proposto che l'Istituto venga mantenuto nelle proporzioni che esso aveva nel 1932. Con questa proposta viene praticamente scartata la questione se i figli di sudditi italiani nati a Malta debbano essere considerati sudditi italiani o sudditi britannici.

Le nostre controproposte al Governo inglese potrebbero essere le seguenti:

l) fissare il numero totale degli studenti dell'Istituto Umberto I a 295 più 55 per l'asilo (350) (cifra totale al l o gennaio 1932); 2) dare la precedenza nelle iscrizioni ai cittadini italiani, poi ai figli di cittadini italiani, finalmente ai maltesi.

Ques,to sistema permetterebbe di mantenere l'Istituto Umberto I almeno sopra di un certo piano di attività, ed allo stesso tempo verrebbe almeno in parte ad essere esaudito il desiderio inglese.

Per le scuole serali la proposta presentata da Drummond è invece accettabile. Noi non iscriveremo alle scuole che giovani che abbiano passata l'età dell'insegnamento scolastico.

Con questo sistema la questione deHa distinzione tra cittadini britannici e cittadini italiani non si porrebbe nemmeno.

Essa resta invece per quanto conc2rne le organizzazioni giovanili. Queste, secondo il Governo britannico, debbono essere limitate a sudditi italiani, e .cioè riconsciuti da esso come tali.

Noi potremmo tentare di spostare la questione, e chiedere che delle organizzazioni giovanili possano far parte tutti gli studenti delle scuole. Questa soluzione, che probabilmente non verrà accettata dal Governo britannico, ci permetterebbe tuttavia di continuare il negoziato e di trarne una soluzione transazionale e pratica come è stato fatto per le scuole.

Le concessioni da noi chieste per le scuole sembrano il minimun che noi possiamo accettare. Esse ci permetterebbero in ogni caso di guadagnare del tempo e di ristabilire un ambiente di maggiore fiducia e comprensione.

A questo scopo bisogna lavorare tanto a Malta che a Londra. I R. Rappresentanti a Londra e a Malta dovrebbero iniziare un'azione di propaganda a mezzo di inglesi e nell'ambiente inglese, per una maggiore e più serena comprensione del problema della lingua italiana, dell'importanza che esso ha per i suoi rapporti tra l'Inghilterra e l'Italia, della necessità di esaminare questo problema fuori dalle controversie dei partiti locali e in uno spirito di collaborazione e di amicizia fra i due Governi. Naturalmente dovranno essere forniti all'Ambasciata a Londra i fondi necessari.

La R. Ambasciata a Londra dovrebbe inoltre riprendere la questione del «Malta Cronicle >>, segnalando regola.rmente al Foreign Office le pubblicazioni di questo giornale che nuocciono alla causa del buon intendimento tra i due Governi nella questione di Malta.

(l) Comunicato a Londra, Parigi, Berlino, Varsavla, Bruxelles, Ankara, Mosca, Vienna, Praga, Bucarest, Budapest, Belgrado e alla delegazione a Ginevra con t. 2065/C.R. del 26 novembre.

(l) Cfr. n. 333

407

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 5944/2118. Berlino, 23 novembre 1933.

Con il rapporto riservatissimo n. 2116 in data del 22 corrente (l) ho avuto l'onore di riferire a V. E. una conversazione non priva d'interesse avuta con persona intima del Cancelliere Hitler a proposito dei suoi attuali sentimenti verso l'Italia.

Credo mio dovere informare pure l'E. V. che alla fine della conversazione, la persona che parlava meco mi domandò se io fossi sicuro che nessuno intrigasse contl'o di me a Berlino. Risposi che ogni uomo che riveste una carica pubblica è esposto a simili pericoli. Chieste le ragioni della domanda rivoltami mi fu risposto che il Cancelliere aveva detto un giorno di avere appreso che io riferivo a V. E. cose inesatte sullo svolgimento delle cose tedesche e che contemporaneamente gli era stato riferito che non ero affatto fascista cosicchè non potevo avere nè simpatia nè comprensione per il nazionalsocialismo.

Hl

Due giorni innanzi il Maggiore Renzetti, presentatosi a me, mi aveva chiesto se io fossi sicuro che non ci fossero fughe a Berlino o a Roma sopra quanto io riferivo. Chiestogli U perché della sua domanda egli mi disse constargli che aveva prodotto non buona impressione sul Cancelliere la lettura di un mio rapporto in cui riferivo a V. E. che Hitler era contrario alla formazione dello stato corporativo in Germania. Risposi al Maggiore Renzetti che non avevo mai scritto nulla di simile, cosicché escludevo che Hitler avesse potuto leggere quanto egli mi aveva riferito.

Le cose dettemi dalla persona che ha continui rapporti col CanceHiere mi hanno fatto ripensare aHa frase del Maggiore Renzetti.

Da molto tempo sono convinto che quest'ultimo, le cui aspirazioni sono note all'E.V., non tralascia occasione nè mezzo per mettere in cattiva luce presso il Cancelliere, Goering ed altri nazionalsocialisti la mia pers,ona, come farebbe domani con quella di un mio successore.

V. E. giudicherà se tale stato di cose sia tollerabile ulteriormente e se non sia giunto invece il momento di porvi termine con un provvedimento radicale che allontani il Maggiore Renzetti da Berlino.

Osservo che chi ha l'onore di rappresentare :il Governo fascista a Berlino deve avere la sicurezza che, almeno da parte italiana, non vengono frapposti intralci alia sua non facile missione, poiché ciò gli è indispensabile per adempiere con serenità il proprio compito.

(l) Non rinvenuto.

408

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4663/717 R. Berlino, U novembre 1933 (per. il 28).

Dopo la colazione in onore di S. E. Rocco offerta oggi dal ministro Goebbels alla quale partecipò pure il cancelliere del Reich, chiesi a quest'ultimo se mi consentiva di fargli una domanda che speravo non fosse giudicata indiscreta. Avutane autorizzazione gli posi il quesito seguente: Se in una prossima riunione di quattro o più potenze, in città diversa di Ginevra e in un ambiente non societario, si fosse potuto raggiungere un accordo circa la questione del disarmo, accordo conforme alle vedute della Germania e quindi da essa approvato, avrebbe il cancelliere consentito che l'accordo stesso fosse poi portato a Ginevra per avere colà puramente e semplicemente la sanzione della Società delle Nazioni?

Mi interessava chiarire questo punto perché occorreva che V. E. fosse sin d'ora esattamente informata degli intendimenti tedeschi.

Hitler mi rispose senza esitazione in senso negativo. Egli disse che la Società delle Nazioni era una istituzione in cui contavano solo quegli Stati che vi avevano fatto entrare i loro satelliti, in cui maggiori problemi erano alla mercé di Stati privi di importanza ed in cui per di più i problemi europei dovevano essere esaminati da Stati sud americani ed asiatici. La Germania aveva abbandonato la Società delle Nazioni dopo avere tutto ben considerato ed avendo la convinzione che non fosse più compatibile colla sua dignità di fame parte.

Hitler disse di avere compreso esattamente il significato della mia domanda, che egli stesso desiderava che V. E. conoscesse quale sarebbe stata la sua linea di condotta. Dato e non concesso che in una riunione di quattro o rpiù Stati in cui la Germania fosse ammessa, previo il pieno riconoscimento della sua parità di diritto. si fosse potuto raggiungere un accordo circa la questione del disarmo, la Germania non avrebbe potuto opporsi a che l'accordo stesso fosse portato a Ginevra per ricevere colà l'approvazione degli altri Stati minori, ma essa stessa non sarebbe stata presente a quest'ultima fase.

Alla mia osservazione che tale assenza avrebbe potuto pregiudicare l'accordo, Hitler rispose che egli non scorgeva tale pericolo. Ove l'accordo, nei precisi termini in cui fosse stato concluso pr,ecedentemente, fosse accettato a Ginevra, !a Germania avrebbe sempre potuto accedere aHa convenzione firmata dagli altri Stati nella sede della Società delle Nazioni. Ma essa non intendeva esporsi al pericolo, dopo di avere raggiunto un accordo con le potenze che contano in Europa e nel mondo, di assistere ad obbiezioni e critiche da parte di un qualche satellite della Francia o di uno Stato d'importanza infima. Per la Germania -dichiarò Hitler -Ginevra non esiste più.

409

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4618/718 R. Berlino, 24 novembre 1933, ore 21,05 (per. ore 23).

Ho incontrato Hitler ad una colazione offerta dal ministro Goebbels in onore di S. E. Rocco.

Cancelliere mi ha parlato dell'incidente occorso stamane al confine austrobavarese, dove pattuglia austriaca sparò cinque colpi di fucile contro alcuni uomini della Reichswehr in borghese sul territorio tedesco a duecento metri dal confine.

Hitler manifestò sua irritazione, dichiarò che avrebbe atteso ulteriori ragguag~i e non nascose che sua pazienza era giunta al termine. Disse pure che secondo notizie esattissime e obiettive di cui dispone, Dollfuss dispone oggi sopra appoggio del 15 per cento della popolazione al massimo, cifra ridicola per un uomo che posa a dittatore.

Hitler preconizzò una ribellione contro il Governo attuale e mi disse che essa potrebbe essere molto sanguinosa perchè tedeschi mentre sono tranquilli in tempi normali diventano feroci quando si sollevano.

Non escludo che Hitler prepari qualche fatto in Austria.

Riferisco più esattamente per corriere (1).

(l) Cfr. n. 410.

410

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4664/720 R. Berlino, 24 novembre 1933 (per. il 28).

Faccio seguito e completo il mio telegramma filo odierno n. 718 (1).

Il cancelliere insistette meco sulla gravità dell'incidente al confine austrotedesco, occorso questa mattina, dicendomi che gli uomini della Reichswehr, per prudenza, si trovavano presso la linea di demarcazione non in divisa, ma in borghese. Gli austriaci si erano dunque divertiti a sparare contro pacifici cittadini. Essi avrebbe,ro potuto allo stesso modo che uccisero, sparando ben cinque colpi di fucile, un povero soldato, ferire od uccidere il presidente del consiglio di Prussia che si reca sovente sui monti in quella regione, Mi lasciava immaginare che cosa sarebbe accaduto in un caso simile. Del resto egli credeva che la sua pazienza fosse giunta al termine. Dollfuss contava sopra il consenso di un 15 % della popolazione al massimo. Lo sapeva e perciò irifiutava di fare le elezioni che avrebbero mostrato al mondo intiero la sua debolezza. Se egli Hitler avesse un giorno la sensazione di non avere dietro di sé che una così infima minoranza e di doversi quindi appogiare unicamente sulla Reichswehr e la Polizia, andrebbe senza un minuto di indugio a comprerare ·la corda per impiccarsi.

Egli vedeva molto brutta la situazione in Austria, perché l'esasperazione era giunta ad un punto tale che una l'ivolta avrebbe avuto conseguenze fatali. Egli conosceva bene il carattere degli austriaci, suoi conterrani, simile in tutto in ciò a quello dei tedeschi. Ad una naturale tranquillità subentrava in certi casi una rabbia cieca che si esplicava nel modo più violento. A suo avviso nel caso di una rivoluzione Dollfuss e gli altri ministri non ne sarebbero usciti vivi.

Per cercare di richiamare Hitler alla moderazione, perché vedevo che si andava esaltando, gli domandai se a Roma il ministro Goering non avesse parlato del problema austriaco con V. E.

Il cancelliere rispose affermativamente senza entrare in dettagli. E dopo un istante di riflessione mi disse. «Il problema dell'Austria potrebbe essere risolto in pochi minuti nel corso di una conversazione con l'Italia se da voi si prestasse fede alla mia assicurazione di non volere l'Anschluss. Io non posso volerlo per molte ragioni, prima di tutte perché la Germania è un paese che non e in grado di pagare all'Austria una sovvenzione a fondo perduto di 400 o 500 milioni di marchi all'anno. Perché è di tanto che l'Austria ha bisogno ed ancorché essa riesca -coll'aiuto della Francia --a far credere al mondo che si tratti di denaro preso a prestito, si tratta in realtà di sovvenzioni ch'essa non potrà mai restituire. Di indipendenza dell'Austria non si può parlare. L'Austria dipende dallo Stato che gli dà il denaro che le occor,re. In primavera gli austriaci mi domandarono 200 milioni di marchi ed a tal prezzo sarebbero stati disposti ad intendersi con me. Non volli mettermi per una strada da cui non vi sarebbe più stata via di uscita. Si parla molto di un triangolo Italia-Ungheria-Germania e

sta bene. In esso naturalmente entrerebbe anche l'Austria. Occorrerebbe però che Germania e Italia si mettessero d'accordo fra di loro e decidessero di assistere finanziaramente l'Austria di comune accordo, ciò che darebbe loro anche la reciproca garanzia dell'indipendenza di quello Stato, dato che esso non potrebbe dipendere da tutti e due contemporaneamente».

Chiesi a Hitler se egli avesse fatto anteriormente aperture in questo senso a Roma, ricevendone risposta negativa. Egli aggiunse che era però convinto che sarebbe molto facile intendersi sopra una simile base.

(l) Cfr. n. 409.

411

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4632/212 R. Vienna, 24 novembre 1933 (per. il 26).

Mio telegramma per corriere 205 del 20 novembre (1).

Mi risulta che i miei colleghi della Piccola Intesa -e quello di Romania me lo ha detto direttamente -sono allarmati e preoccupati per le incessanti voci di una probabile diretta intesa fra Parigi e Berlino, e per le conseguenze che essa potrebbe avere per il centro Europa, qualora la Francia, pur di raggiungere la propra sicurezza, lasciasse libera la Germania di agire sulla sua frontiera orientale.

Inoltre, la distensione dei rapporti di recente avvenuta fra Berlino e Varsavia, è stata prevalentemente interpretata dai miei predetti colleghi come pregiudizievole alla politica di blocchi divisata dalla loro alleanza e .comunque come un argomento di non lieto presagio per l'avvenire. Donde son tornati in circolazione i voti che l'Italia possa decidersi ad assumere la dtrezione della Piccola Intesa.

Anche il cancelliere, che ho visto iersera, mi ha fatto cenno alle predette preoccupazioni della Piccola Intesa, aggiungendo che esse provocavano intanto improvvisi ritorni d'amore verso l'Italia.

412

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, AVENOL (2)

APPUNTO. Roma, 24 novembre 1933.

Il Signor Avenol dice di essere venuto in Italia per compiere un dovere verso la memoria del Senatore Scialoja a nome di quanti lo hanno apprezzato durante la sua lunga e proficua attività alla Società delle Nazioni. Ha voluto in questa

occasione compiere un altro dovere gradito, quello di rendere omaggio al Capo del Governo.

Ricorda che è stato già ricevuto dal Capo del Governo un anno fa quando era stato appena eletto alla Società delle Nazioni. Le parole che allora gli ha detto il Capo del Governo riconfermando il discorso di Torino gli hanno dato la possibilità di accingersi con tranquillità al proprio compito. Ora sono alcuni mesi che egli è in funzione e non si può dire che la sua attività si sia svolta in circostan2ie favorevoli.

La difficoltà del momento non è solo per l aS.d.N. ma è una di:fficoltà generale. Oggi si impone ai Governi la necessità di scegLiere la loro strada.

Il Capo del Governo è d'accordo che la difficoltà del momento oltrepassa la sfera della S.d.N., tuttavia egli non crede che tale difficoltà possa portare allo scoppio di una gueua. La Germania non farà certamente la gueua. Come succede dopo una rivoluzione il regime arrivato al potere è per forza pacifista perchè ha dei grandi compiti da realizzare all'interno. Se è attaccato pea.-ò dal di fuori, si difende con doppio accanimento perchè difende la Patria e le conquiste della rivoluzione. Così è avvenuto nella storia della rivoluzione francese.

Il Signor Avenol ha pure l'impressione che non ci sia per il momento il pericolo di guerra.

Il Capo del Governo prosegue osservando che tuttavia è indispensabile risolvere la questione del disarmo. Egli ritiene che ora bisogna discutere la cosa fra le Potenze maggiormente interessate, il che del resto è riconosciuto dalla stessa Conferenza del Disarmo e dalle dichiarazioni di Henderson.

Quando il lavoro preparatorio fra le Cancellerie fosse arrivato ad un punto soddisfacente si potrà indire una riunione fra le quattro Potenze occidentali europee alle quali in un secondo tempo potrebbero aggiungersi gli Stati Uniti. la Russia, la Polonia e forse -a seconda delle circostanze del momento -anche la Piccola Intesa.

Stabilito uno schema di accordo si potrà poi portare la cosa a Ginevra per la consacrazione finale. Ciò vuol dire che l'Italia non uscirà dalla S.d.N. se le cose si svolgeranno in modo soddisfacente secondo questo prog,ramma.

Per quanto riguarda la sostanza della questione occorre dare qualche soddisfazione al mondo: ciò si potrà ottenere con l'abolizione del bombardamento aereo sulle popolazioni civili, con l'impegno a non aumentare gli armamenti mantenendo anche lo statu quo navale fino al 1936 e con l'impegno di abolire successivamente le armi offensive. Bisogna dare qualche soddisfazione alla Germania. Si è riconosciuta la parità di diritto: bisogna darvi un contenuto. Questo potrà essere trovato con l'accordare alla Germania un armamento con quelle armi che oggi le sono proibite ma che tuttavia non appartengono alla categoria delle armi offensive. La Francia potrà avere la propria soddisfazione -e la propria sicurezza -nel margine costituito dal possesso delle armi di grande potenza alle quali la Germania rinunzia. La Francia deve ricordare anche la garanzia di Locarno per cui se domani fosse aggredita dalla Germania, InghLlterra e Italia dovranno correre in sua difesa. Anche per quanto riguarda il controllo richiesto dalla Francia il Capo del Governo non ha alcuna difficoltà purchè questo si applichi a tutti i partecipanti alla Convenzione. D'altra parte il Capo del Governo non si rende conto come il popolo francese continui a dimostrare una paura che in realtà non ha, dato il suo valore e la superiorità dei suoi armamenti. La Germania avrà commesso qualche infrazione al Trattato di Versailles ma certamente non ha degli armamenti potenti.

Il Signor Avenol osserva che la paura non l'ha il popolo, ma l'hanno i gove·rnanti francesi. Il Capo del Governo a sua volta osserva che però il popolo dovrebbe tuttavia rendersi ragione di queste realtà.

Il Signor Avenol fa presente che perché ciò avvenga bisognerebbe che qualcuno dicesse al popolo francese le cose ora dette dal Cavo del Governo; ma in Francia non c'è nessuno che Io farà.

Il Capo del Governo prosegue dicendo che d'altra parte Hitler non attaccherà la Francia. Hitler è probabilmente meno antifrancese di quanto si creda in Francia. Il Capo del Governo non potrebbe dire altrettanto per quanto riguarda la Polonia sebbene ora i rapporti fra la Germania e la Polonia siano avviati verso un notevole mlguoramento. Sta anche il fatto che l'idea nazionale di Hitler è diversa da quella e1e1 pangermamsti ante-guerra. Se egli potesse esprimere in sintesi l'essenza della «Weltanschauung ~ nazista, egli dovrebbe dire che il concetto di Hibler è ,piuttosto qualitativo che quantitativo. Ciò sopratutto con riferimento all'idea razzlSr.a. Mentre 1 pangermanisti di una volta volevano estendere le loro conqmste per pruss1anizzare tutto il mondo, Hitler afferma che non vuole territori abitati aa gente cne sarebbe contraria alle sue concezioni nazionali e cne potreooe tnqumare la purità della razza.

E Capo del Governo aggiunge che d'altra parte egli vuoi dare un certo armamento alla Ge·rmania, ma non vuole far scomparire i margini di superiorità che oggi hanno la Francia ed anche l'Italia e ciò fino a che non si veda chiaramente che l'indirizzo della nuova politica tedesca è scevro di pericoli per il resto di Europa.

Il Signor Avenol ringrazia il Capo del Governo per avergli cosi chiaramente indicato le linee della sua azione futura. Egli non ha da dolersi dell'atteggiamento preso in questi giorni dalla Conferenza del Disarmo perché è da tempo che lo riteneva inevitabile. Ci sono delle realtà che bisogna riconoscere se si vuole fare opera utile. Egli s irende conto che bisognava in questo momento sottrarre le discussioni del disarmo a Ginevra. Ora è il momento delle discussioni fra le Potenze. Bisognerà forse attendere qualche settimana ancora perché in Francia si possa avere un Gover<10 con carattere di stabilità.

Il Cop del Governo chiede quando avranno luogo le elezioni francesi. Il Signor Avenol risponde nel 1936. Il Capo del Governo chiede se sia nella pratica costituzionale francese di sciogliere la Camera prima della scadenza del mandato.

Il Signor Avenol risponde di no. Ciò non è avvenuto più in Francia dopo il 1877 quando MacMahon ha sciolto la Camera. Ciò, secondo la pratica francese, è considerato un colpo di Stato. D'altra parte è proprio questa mancanza di facoltà del Capo dello Stato di far cessare a un determinato momento i mandati parlamentari che rende instabili i Governi francesi. Il curioso è che la Francia è un Paese che ha una stabilità nella linea poli:tica mentre non ha stabilità nel Governo. Proprio l'inverso avviene invece in Inghilterra.

Il Capo del Governo dice di voler ritornare ancora sull'argomento Società Nazioni. Egli ha ,riflettuto al problema e ritiene che l'universalità della S.d.N. sia un errore. Le questioni politiche vitali, dove la S.d.N. può intervenire efficacemente, sono quelle europee e difatti in Europa si registrano quei pochi successi che la S.d.N. ha avuto. Ma quando si tratta di intervenire in Estremo Oriente o nel Gran Chaco, la S.d N. è impotente. Se la Società potesse essere limitata all'Europa, probabilmente essa avrebbe quella vitalità che oggi le manca.

Il Signor Avenol si rende conto dell'esattezza dell'osservazione del Capo del Governo, tuttavia ritiene che non si possa più cambiare il carattere della

S.d.N. che è a base universale, ma che bisogna trovare il modo di dare un particolare rilievo a quelli, che come il Capo del Governo ha osservato, sono gli elementi vitali della Società delle Nazioni. Evidentemente oggi non si possono escludere dalla Società paesi che vi hanno aderito fino dalle origini.

D'altra parte l'Impero Britannico non potrebe aderire alla Società delle Nazioni se non vi appartenessero anche i Dominions il che vuol dire portare la Società delle Nazioni sul piano mondiale. Avviene anzi di più: che i rapporti fra la Gran Bretagna ed i Dominions si svolgono principalmente per il canale della Società delle Nazioni. Certo che l'Europa rappresenta la somma d'interessi più vivi che si dibattono alla Società delle Nazioni, ma ci sono anche altri punti particolarmente sensibili all'infuori d'Europa dove la Società delle Nazioni ha una funzione importante.

Nel Pacifico la Società delle Nazioni è l'unico mezzo per portare nel conflitto che si svolge in quel mare il peso dell'Europa. È un peso che ha certamente importanza piuttosto diplomatica che di altra natura, ma tuttavia è l'unica maniera di agire dato che non pare che la Russia, la Cina e l'America possano coalizzarsi per agire con le armi.

La Società delle Nazioni ha per ora fallito al suo compito iniziale -forse anche la cosa è stata impostata male in rapporto ai metodi ed ai mezzi della Società -ma siamo appena all'inizio perché il Giappone ha delle ambizioni -forse troppo ardite ma estesissime -: pensa di estendere il proprio controllo su tutta la Cina e suHa parte della Russia verso il Pacifico. Una prova dell'importanza dell'opera della Società delle Nazioni in Estremo Oriente è data dall'interesse col quale l'America segue ogni passo fatto in quel settore dalla Società stessa.

Altro punto .importante e sensibile è quello dell'America Meridionale dove la Società delle Nazioni comincia a controbilanciare l'influenza del nord-America che una volta -basandosi sulla dottrina di Monroe -era esclusiva. Oggi abbiamo una Commissione della Società deLle Nazioni che amministra il territorio di Letizia contestato fra la Colombia ed il PErù; poi un'altra Commissione che deve decidere la controversia fra la Bolivia ed il Paraguay.

Un altro piccolo fatto: il Salvador ha chiesto un esperto finanziario a Ginevra; in altri tempi l'avrebbe chiesto certamente a Washington. Oggi l'influenza degli Stati Uniti in rapporto ~pa loro crisi ed ana loro diminuzione di potenza, è grandemente contrastata in tutta l'America meridionale.

Premesso ciò il signor Avenol ritiene che bisognerà discriminare nella Società delle Nazioni quello che è nebbia, costituita da vane fraseologie e dalle ideologie senm base di :realtà, da quelli che sono i nuclei vitali di interessi positivi. C'è già questo processo in embrione: questioni importanti come quella dell'Austria si sono trattate soltanto dalle maggiori Potenze interessate. E ciò con spirito assolutamente pratico senza fare nessun chiasso.

Il Consiglio della Società delle Nazioni è il vero organo dove si trattano le questioni importanti. È costituito male. È troppo numeroso, ma non pare facile dopo tutte le discussioni che hanno avuto luogo ridurlo. Ma ciò non toglie che si possa creare la pratica di affidare le tmttative di questioni delicate e importanti a degli organi più r-istretti, emanazione del Consiglio stesso dove agiscano in modo prevalente le maggiori Po·tenze interessate.

Il Capo del Governo è di opinione che la prima cosa per poter arrivare a un risultato in questo campo è quella di rendersi conto della realtà. Altrimenti non si potrà ottenere nessun risultato se si parte da una base sbagliata.

Il Signor Avenol è d'accordo che appunto un'opera di chiarificazione in questo senso egli ritiene indispensabile. Il Signor Avenol conclude dicendo che egli per questo problema si mantiene a disposizione del Capo del Governo (1).

(l) -Cfr. n. 388. (2) -Al colloquio era presente Suvlch che redasse l'appunto.
413

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA S. RR. 116. Belgrado, 24 novembre 1933.

Ho dovuto vedere Puric per affari secondari in corso. La conversazione si è poi diretta sui rapporti itala-jugoslavi. Premetto anzitutto che nessuna più vaga allusione diretta od indire.tta è stata fatta da me o da lui alla missione Avakoumovich.

Ho detto a Puric che avevo visto il 15 corrente S. E. il Capo del Governo e mi sono espresso secondo le istruzioni impartitemi, che cioè S. E. Mussolini era più che mai disposto a riesaminare i rapporti itala-jugoslavi e giungere ad una sistemazione di essi su una base durevole e sicura. Occorreva solo attendere che il terreno internazionale fosse sgomberato dalla questione del disarmo.

Puric mi ha chiesto: Quale credereste potrebbe essere una base durevole?

«Egll suggerisce che, per le eventuali trattative che dovranno svolgersi in primo luogo a Roma, sia evitata ogni pubblicità e qualsiasi invito formale .Questo per non urtare le suscettibilità degli Stati minori che non prenderanno parte alle trattative.

In quest'ordine di idee Avena! mi ha detto di aver trovato assolutamente inopportuno l'invito che Simon ha rivolto ieri ufficialmente alla Francia di intavolare trattative dirette con la Germania, invito di cui La Francia -m! ha detto -non aveva alcun bisogno.

Avena! considera invece la politica seguita da V. E. come l'unica maniera di risolvere il problema del disarmo ».

33 -Documenti Diplomatici -serle VII -Vol. XIV

Io: Non ho alcuna istruzione in proposito, e di questo dettaglio non è stato fatto cenno nella ultima conversazione con S. E. Mussolini che è stata unicamente di carattere generale. Ma a riferirmi alle passate conversazioni debbo rammentare che allora S. E. il Capo del Governo si era mostrato propenso a giungere anche alla alleanza. Soltanto che da allora molte cose erano mutate in Jugoslavia dal punto di vista diplomatico. Vi erano nuovi legami nella Piccola Intesa, vi era in formazione una nuova sistemazione balcanica. Se potevo fino ad un certo punto supporre che fosse ancora possibile che S. E. il Capo del Governo potesse essere nelle medesime disposizioni di allora quanto alla eventuale forma da darsi ai nuovi rapporti, mi chiedevo se la Jugoslavia era ancora nella situazione di libertà diplomatica che le permettevano di trattare con noi ed accordarsi con noi.

Furie: -dopo un momento di riflessione -Si lo siamo. Del resto nella Piccola Intesa il maggiore interesse verso l'Italia lo abbiamo noi. Gli altri non possono avere obiezioni a che i nostri rapporti si regolino nel modo più certo e duraturo. Ma nei riguardi della Francia cosa ci chiedereste?

Io: Mi è difficile rispondere, è un problema arduo e grave. I vostri rapporti con la Francia sono noti, hanno aspetti politici, militari, diplomatici, finanziari, industriali, culturali, sentimentali. Se voi mi offriste una voltafaccia completo non vi crederei, non vi stimerei sinceri. D'altro canto non vedo quale motivo avremmo di farvi prendere un'attitudine antifrancese. Però esaminando tutte le possibili ipotesi, e partendo da un momento in cui vi fosse la coesistenza della vostra amicizia francese con la vostra alleanza italiana, pur essendo sicuro nel modo più assoluto che mai i rapporti franco-italiani giungeranno alla crisi estrema, possono tuttavia esservi, come vi sono, stati, dei momenti transitori di difficoltà e di opposizione in singole questioni contingenti. È chiaro che a quel momento i vostri interessi dovrebbero piuttosto coordinarsi coi nostri che con i francesi. Del resto debbo ricordare che in passato quando a Ginevra furono presentati i progetti Briand prima e poi H progetto Tardieu Jeftic mi disse: Vedete, se fossimo già d'accordo non andremmo neanche a questa Accademia cui non crediamo ed alla quale dobbiamo fare buon viso. Eguale cosa mi aveva ripetuto in materia di disarmo rispetto ai progetti francesi in ispecie, oltreché alla conferenza in generale. Badate bene che quanto vi dico non ha alcun carattere ufficiale, sono soltanto pensieri e considerazioni personali che mi vengono alle labbra perché voi mi avete condotto in questo argomento.

Furie: La difficoltà è di persuadere Roma. Perché Roma non crede ancora a questa massima utilità di accordarsi con noi, senza troppo attendere. Perché attendere il disarmo? Disarmiamo intanto e subito fra noi.

Io: Mio caro, ma vi ho detto le parole dettemi da S. E. il Capo del Governo!! Non ve ne possono essere di maggiori. Roma è persuasa.

Puric: Allora cominciamo.

Io: Credo che volete correre troppo. Intanto occupiamoci di sbarazzare l'aria da questi fumi asfissianti che vengono sparsi da vostri vari Ciok.

E così, con amichevoli espressioni, ci siamo separati.

(l) Cfr. il seguente brano dl un appunto dl Aloisl per Mussollnl su un colloquio con Avena! del 25 novembre:

414

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Roma, 24 novembre 1933.

Dal mio ritorno in Italia ho avuto due volte l'occasione di accennarti a voce come il problema della Palestina si affacci sull'orizzonte mediterraneo in forma sempre più acuta e con soluzione sempre più difficile. Ora io sono chiamato in veste ufficiosa dagli Arabi e dai Sionisti a studiare con Weizmann e con i delegati del Comitato arabo-palestinese un sistema che permetta la convivenza delle due razze e che possa avere qualche probabilità di essere accettato dalla C.P.M. nonché dalla Potenza Mandataria.

Dal momento che non si è potuto o voluto in 12 anni di regime di Mandato costituire nemmeno una parvenza di governo autonomo e che la creazione del Focolare Nazionale ebraico non fa che aumentare la crisi tra Arabi ed Ebrei e tra Arabi e Governo mandatario, crisi aggravata e resa permanente anche dalla prospettiva di un'immigrazione in massa di ebrei tedeschi in Palestina, io son d'avviso e con me tutta la C.P.M. che il perdurare di un focolare d'incendio nel vicino Oriente costituisce una grave responsabilità ed un serio pericolo per le Potenze che hanno sudditi mussulmani.

Il 18 settembre u.s. S. E. il Capo del Governo mi lasciò intendere che col Mandato quale è attualmente e coi sistemi di governo applicati dall'Inghilterra in Palestina l'interesse dell'Italia è di favorir.e su larga scala l'immigrazione ebraica per giungere rapidamente alla costituzione di uno Stato sionista unitario ed indipendente (1).

Seguendo perciò le direttive di S. E. il Capo del Governo, ho creduto di regolarmi a Ginevra come qui sotto ti riferisco.

Scoppiati gli ultimi disordini in Palestina, durante la sessione della C.P.M. non sono mancate le petizioni, i telegrammi, le proteste indirizzate direttamente od indirettamente al Presidente della Commissione stessa che ha dovuto ricevere delegazioni e rappresentanti sia degli Arabi sia degli Ebrei.

Penosa ed umiliante era in quei giorni la situazione della Commissione, impotente (perché legata dalla procedura fissata dal Consiglio) ad agire ed intervenire nei fatti di Palestina.

D'accordo con i miei colleghi decisi di non convocare una sessione straordinaria della Commissione destinata a procedere ad un'inchiesta come nel 1925 sui fatti della Siria o nel 1929 per la Palestina.

Io ritenni inopportuno, inefficace e pericoloso urtare le suscettibilità della Potenza mandataria chiamandola al «redde rationem » quando le operazioni di polizia erano in corso e quando gli animi non accennavano a calmarsi.

Feci presente al Segretario Generale M. Avenol come la carenza della S.d.N., che poteva sembrare indifferenza od impotenza, avesse dovuto essere da me

sfruttata presso la Potenza mandataria a favore delle due razze in contrasto, dimostrando all'Inghilterra il segnalato servizio che io le rendevo non convocando straordinariamente la mia Commissione per giudicare la sua politica e l'operato dei suoi rappresentanti.

Mi affvettai a far conosceve questa mia decisione sia al Governo inglese sia al rappresentante del Sionismo come a quello del Comitato arabo-palestinese. Sir Eric Drummond, qui, ed il Signor Walters (Sottosegretario della S.d.N.), a Ginevra, mi hanno ringraziato di quanto feei in seno alla C.P.M. Gli Arabi e gli Ebrei, come era da prevedersi, hanno insistito nelle loro proteste e nelle loro petizioni. D'accordo col Signor Avenol, tenni presso a poco l'identico discorso al Signor Jakobson per l'Esecutivo Sionista ed al Signor El Djabri per il Comitato Arabo.

« Se si vuole ottenere qualche cosa dall'Inghilterra -dissi loro -è necessario evitare di urtarla od inasprirla», e mentre il Presidente della C.P.M. non intendeva convocare la C.P.M. in sessione straordinaria, il Marchese A. Theodoli, quale amico imparziale dei due elementi in contrasto in Palestina, potrebbe studiare, promuovere ed armonizzare nuove direttive tendenti a cercare una soluzione compatibile cogli interessi imperiali britannici.

Troppo lungo sarebbe riferirti qui, caro Suvich, tutti gli argomenti, lamentele ed accuse, che ho dovuto sentire o leggere, degli Ebrei e degli Arabi contro la Potenza ma:ndataria, e dei Sionist.i contro gli Arabi e viceversa.

L'Inghilterra è accusata di favorire questo malessere politico, questa agitazione permanente, per giustificare la sua presenza a Gerusalemme ed il prolungamento del Mandato.

Mi sono state annunciate nuove esplosioni della collera araba che si ripetono, del resto, per.iodicamente ogni qualvolta i Mussulmani hanno la sensazione della progressiva preponderanza ebraica in tutti i campi della vita della Palestina.

I delegati arabi mi hanno pure chiaramente fatto intendere che colla solidarietà e l'aiuto dei paesi arabi circonvicini verrà il momento che essi andranno ad una «soluzione d.i forza per sbarazzarsi del Mandato od almeno dei metodi attuali di governo della Potenza mandataria. D'altra parte il Dr. Jakobson mi ha detto che l'Esecutivo Sionista non si contenta più della formula fissata dalla C.P.M. per la quota d'immigrazione ebraica in Palestina, ma vuole arrivare rapidamente all'assoluta maggioranza per controllare tutto il paese.

È da rilevare che questa polemica a tre, a cui la C.P.M. ha assistito da

12 anni controllando e guidando alla meglio le parti, non presenta alcuna pro

spettiva di cessare poiché ognuna delle due razze si ostina a sostenere che esi

ste una contraddizione in termini tra lo « Stabilimento del focolare nazionale

del popolo ebraico » con la relativa tutela dei diritti civili e religiosi delle Comu

nità non israelite e lo «sviluppo di istituzioni di libero governo».

La Potenza mandataria e per necessità di cose la C.P.M., la quale è legata

dalla lettera del Mandato, negano tale inconciliabilità. Confidenzialmente tut

tavia credo mio dovere farti presente che sin dal 1919 a Londra e successiva

mente a Ginevra con Lord Balfour non mancai di sostenere che se in teoria

la dichiarazione Balfour r!spondeva a criteri di opportunità politica e ad un

principio di giustizia a favore del popolo di Israele, praticamente si saxebbe venuto a provocare nuovi conflitti tra le due razze. I fatti, purtroppo, del '26, del '29 ed i recentissimi avvenimenti mi hanno dato ragione.

Tuttavia, nella necessità di non lasciare intentata alcuna possibilità di creare una situazione migliore, ho creduto, nella mia qualità di Presidente permanente della C.P.M. e tenendo conto sopratutto delle direttive impartitemi dal Duce, di chiedere al Weizmann ed al El DjabrJ di indicarm.i quale soluzione essi potessero presentare per pacificare gli animi, ricordando loro che la C.P.M. non può mutare lo spirito e la lettera della Carta del Mandato.

Con mia grande meraviglia le llisposte da me separatamente ricevute, se variano nelle premesse, concordano nella conclusione. Ambedue mi hanno dichiarato cioè che, data l'impossibilità di fermare l'afflusso ebreo e svanita ogni speranza di conciliare i due elementi etruci, l'unica soluzione possibile sarebbe quella «territoriale» nel senso di separare geograficamente e politicamente le due razze.

Non ho mancato di attirare l'attenzione dei rappresentanti arabi ed ebrei sulle difficoltà di esecuzione di un tale progetto che comporta il raggruppamento a nord e ad est della Palestina degli Arabi se gli Ebrei troveranno le somme necessarie al trasferimento delle loro Colonie al sud. Ciò piacerebbe forse all'Inghilterra che così guarnirebbe la frontiera egiziana con elementi non mussulmani.

Dato che l'art. 22 del Patto, che tratta delle funzioni della C.P.M., le attribuisce, oltre il controllo, anche il diritto ed il dovere di dare al Consiglio il suo parer.e su tutte le questioni relative al Mandato, ho chiesto tanto ad Eldjabri quanto a Jakobson complete documentazioni specialmente per quanto riguarda l'attuale distribuzione dei nuclei sionisti in Palestina, ed ho promesso loro di avvicinare il governo della Potenza mandataria, nonché Roma e Parigi, dopo aver intervistato anche il Barone de Rotschild.

Caro Suvich, questo problema mondiale interessa in modo particolare la nostra politica mediterranea. Esso ha due aspetti assai delicati:

a) La questione dei Luoghi Santi da trattarsi con la Santa Sede; b) la suscettibilità dell'Inghilterra, la cui politica tende a prolungare il dissidio per giustificare la sua permanenza nel territorio di mandato dove da 12 anni ha curato unicamente i suoi interessi, se non contrari ce,I'Ito non consoni a quelli del paese. La Palestina si è indebitata per la costruzione dell'« oleodotto » dell'Irak e del porto di Oaiffa a scopi mnitari, imperiali britannici, mentre Giaffa, che è il vero porto della Palestina, è stato negletto ed i traffici ne sono congestionati al punto da costituire uno scandalo internazionale.

Come ti ho annunziato, il Weizmann conta venire a Roma verso la metà di Dicembre. Siccome il Capo del Sionismo chiederà di essere ricevuto da S. E. Mussolini (1), mi tengo a disposizione del Duce per fornirGli ulteriori e più dettagliati elementi. In tuti i casi sarei lieto di avere istruzioni e consigli sul modo come regolarmi al Vaticano, a Parigi ed a Londra dove conterei recarmi dopo Natale insieme al Comm. Catastini all'uopo designato dal Signor Avenol.

(l) Non si è rinvenuta documentazione su questa udienza.

(l) Cfr. n. 712.

415

IL MAGGIORE RENZETTI AL CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE DEL CAPO DEL GOVERNO, CHIAVOLINI

L. P. Berlino, 25 novembre 1933.

Il governo nazi cerca di ottenere dei successi in materia di politica es.tera. Raggiunto un certo accordo con la Polonia, preparato dai colloqui tra rappresentanti tedeschi e polacchi a Ginevra, accordo che però lascia insolute le questioni del corridoio e dell'Alta Slesia, (Hitler mi diceva in passato che tali territori avrebbero potuto riaversi solo in seguito ad una guerra che per alcuni anni la Germania non poteva fare e che quindi era inutile ostinarsi a condurre delle trattative diplomatiche al riguardo), gli sforzi dei dirigenti tedeschi sono ora tesi a raggiungere un accordo decoroso con la Francia.

Ricordo che il Cancelliere più volte in passato mi ha dichiarato che se riteneva impossibile la amicizia franco-tedesca, riteneva invece possibile la stipulazione di un accordo limitato. Aggiungeva allora che credeva opportuno si agisse così da parte italiana come da parte tedesca per arrivarvi: ogni nazione per proprio conto nello stesso tempo tenendosi privatamente o ufficialmente a contatto allo scopo di ottenere i migliori risultati per ,i due Paesi. Hitler allora mi pregò di tenermi in relazione con il Conte Reventlow, incaricato di condurre delle trattative con elementi francesi.

Negli ultimi tempi dei personaggi privati francesi hanno avuto varie conversazioni con i dirigenti tedeschi, Hitler compreso. Mi risulta ancora che la Germania invia ovunque delle personalità private per sondare, acquistare delle relazioni, illustrare le reali condizioni della Germania (pochi giorni fa è andato in Ungheria il sottosegretario agli interni in Prussia, Dott. Grauert). È mia impressione che Hitler cerchi di ottenere l'accordo contentandosi di poco. Il Cancelliere mi diceva alcuni mesi fa che se gli fossero state concesse due o tre divisioni, qualche gruppo di batterie, qualche aeroplano, i suoi generali avrebbero provveduto a prepararne quanto forse avrebbe bastato alla Germania, per ora, s'intende.

La stipulazione di un accordo con la Francia, io credo verrebbe accolto favorevolmente in Germania. Le masse ormai sono convinte che occorra la pace, che la Germania non è armata e quindi trangugierebbero la pillola. Esse sanno che il loro Paese ha bisogno di tranquillità: i cittadini tedeschi poi amano la «gemtitlichkeit ».

Ciò non significa però che il tedesco dimenticherebbe gli anni trascorsi, le umiliazioni ecc. Esso, dotato di una enorme forza di sopportazione, farebbe buon viso all'accordo, salvo poi a rimettere fuori tutto il suo odio al momento opportuno.

È stato detto da qualcuno che Hitler non comanda. A me sembra che ciò non corrisponda affatto a realtà. Se è vero che Hitler non ancora pratico delle funzioni di comando, della macchina govenativa, ha lasciato agire con troppa libertà alcuni dei suoi sottoposti, è anche vero che egli man mano stringe i freni. Oggi non vi è alcuno che non obbedisca: la distanza fra il Capo, rimasto sempre cordiale, e i suoi subordinati si è ingrandita: man mano i ras perdono di importanza e Hitler è già in grado di liquidare quelli che tentassero di fare una politica diversa dalla sua.

I dissidi nelle chiese protestante che fino a qualche settimana fa minacciavano di diventare gravissimi a causa dei «Deutschen Christen » (che stavano trasformandosi in una setta seg11eta), sono in parte composti. Mi diceva von Base, che è l'alter ego di von Papen che l'opera comune di Hitler e di von Papen è riuscita a scongiurare il pericolo. Sintomatico è che il movimento aveva la sua base nella Germania settentrionale, là dove si annida l'elemento più antilatino, più antiromano, fautore della teoria della razza nordica perfetta ecc. ecc., il movimento però aveva trovato la opposizione in tutto il resto della Germania. E il von Base che è protestante, conveniva con me nel fatto di ·ritenere indispensabile in Germania la sintesi dei tedeschi e non già la predominanza dell'elemento nordico: mi diceva che le relazioni fra cattolici e nazionalsocialismo stanno migliorando, che alcuni cardinali e vescovi son diventati ferventi ammiratori di Hitler e del nazionalsocialismo.

416

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4644/362 R. Atene, 26 novembre 1933, ore 12,10 (per. ore 18).

Telegramma di V. E. n. 205 (1).

In ordinaria udienza diplomatica ministro affari esteri mi ha detto che scambio di idee su futuro patto balcanico continua regolarmente fra cancellerie interessate per quanto ancora non si sia addivenuto ad alcuna precisazione e formulazione del medesimo e si sia ancora molto lontani da sua conclusione.

A Patto aderirebbe anche Romania e si fa possibile affichè vi acceda anche Bulgaria, per quanto si reputi molto difficile po.ter superare riluttanza Bulgaria addivenire subito a tale accordo. Mi ha aggiunto però che non accessione Bulgaria non avrebbe impedito conclusione patto. Poichè sino ad ora si era parlato patto mutua garanzia frontiere comuni stati contraenti, chiesi ministro degli affari esteri come si po.tesse conciliare tale concetto con accessione Romania che con G!.'ecia e Turchia non ha frontiere comuni, tanto più che aveva sentito dire che .in alcuni ambienti greci s'i era ventilata idea dare maggiore estensione patto balcanico dandogli carattere mutua garanzia frontiere comuni e non comuni Stati contraenti.

Ministro affari esteri mi disse che non essendosi ancora addivenuti alcuna formulazione patto gli era difficile precisarmi adesso obblighi e relazioni stati contraenti, ma che accessione romena era parsa ormai necessaria dato che accordo doveva intercedere fra tutti gli Stati balcanici allo scopo di conciliare buone relazioni in vista mantenimento pace.

Cl) Cfr. n. 388.

Mi aggiunse che se anche si era parlato fra altri argomenti di una possibile estensione patto garanzia a frontiere comuni e non comuni stati contraenti, tale questione non aveva avuto seguito.

Sulla base delle istruzioni contenute telegramma di V. E. n. 205 feci presente ministro affari esteri che fosse fatto il possibile per impedire che patto potesse maggiormente isolare Bulgaria e porla in posizione tale da spingerla ad assumere atteggiamenti che avrebbero potuto divenire pericolosi sopratutto per Grecia, aggiungendogli inoltre che per quanto si fosse ben lieti degli accordi che Grecia andava preparando con paesi balcanici nell'interesse della pace . e per tutelare suoi confini e sua integrità territoriale, era altresì necessario che sin da ora fossero prese misure per impedire che futuro patto balcanico non assumesse carattere, proporzioni che pur non recando alcun vantaggio a Grecia potevano invece trascinarla ad assume,re obblighi e responsabilità completamente aliene da finalità che andava adesso cercando e che poteva interferire su interessi Stati non contraenti e anche essere eventualmente in contrasto con nostri interessi e con divettive politiche sino ad ora seguite con Grecia, come potrebbe accadere se si accogliesse principio mutua garanzia frontiere comuni e non comuni.

Ministro affari esteri mi assicurò avrebbe tenuto conto tali osservazioni e che niente sarebbe stato intrapreso che potesse in alcun modo ferire interessi italiani o menomare ed alterare relazioni greco-italiane, promettendomi altresì tenermi al corrente trattative in corso.

417

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI A BUDAPEST, COLONNA, E A VIENNA, PREZIOSI

T. 2071 R. Roma, 27 novembre 1933, ore 24.

(Per Budapest): Ho telegrafato Vienna quanto segue:

(Per tutti): Suo telegramma corriere 4476 (1).

V. S. ha riferito che occasione incontro Dollfuss GombOs questi proporrebbesi parlargli eventuale unione doganale austro-ungherese e che Dollfuss si è mostrato con V. S. assai tiepido circa tale progetto.

Al riguardo stimo opportuno rammentare che idea tale unione è stata da noi ripetutamente suggerita sia Austria che Ungheria quale primo passo atto facilitare eventuale unione doganale a tre con Italia. Aggiungo per sua precisazione che unione doganale austro-ungherese sarebbe da noi ben vista anche perché rafforzerebbe possibilità resistenza detti paesi verso ogni tentativo assorbimento da parte Germania nonché da parte Piccola Intesa.

Ciò stante reputo conveniente V. S. occasione far comprendere Dollfuss che se realmente Gombos avanzasse proposte atte ragg,iungere unione doganale gradirei che egli le prendesse seria considerazione (2).

(l) -Cfr. n. 349. (2) -Questo telegramma è stato preparato In base ad un appunto per Suvlch dall'ufficio III della Direzione Generale Affari Economici su cui MussoUni ha annotato: «SI:..
418

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 2072/300 R. Roma, 27 novembre 1933, ore 23.

Suo telegramma 524 (1).

Questo R. ministro concorda con la S. V. nel ritenere non (dico non) conveniente portare alla Società delle Nazioni questione relativa interpretazione clausole trattato Kloboukowsky. Ciò, oltre che per le giuste considerazioni esposte da V. S., anche per ragioni politiche di carattere generale che non sfuggono alla S. V.

Questo R. ministro resta in attesa di conoscere i suggerimenti di indole pratica circa la forma più efficace che azione comune prospettata da V. S. potrebbe assumere, onde evitare danno che ella giustamente rileva delle continue violazioni trattato anzidetto.

419

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND (2)

APPUNTO. Roma, 27 novembre 1933.

L'Ambasciatore Drummond dopo ave:r fe:licitato il Capo del Governo per il discorso al Consigilo Nazionale delle Corporazioni osserva che a Ginevra le cose sono andate a seconda dei desideri italiani ed è convinto perciò che il Capo del Governo ne sia rimasto soddisfatto.

A Londra si pensa che ora convenga iniziare delle trattative in via diplomatica e che il miglior,e metodo sia quello di presa di contatti bilaterali.

La prima cosa da fare sarebbe quella di sapere con la maggiore possibile esattezza quale sia la vera portata delle proposte tedesche. La Gran Bretagna non ha saputo nulla dopo le comunicazioni fatte dal Cancelliere all'Ambasciatore inglese a Berlino Phipps. Il detto Ambasciatore è stato incaricato di recarsi nuovamente da Hitler per avere qualche spiegazione in merito alle proposte tedesche.

La Gran Bretagna ci comunicherà tutte le informazioni che avrà potuto avere e ci prega di fare a nostra volta altrettanto. A Londra si dà una grande importanza alla continuazione di contatti fra i nostri due paesi.

(2} Al colloquio era presente Suvlch.

L'Ambasciatore deve aggiungere che in Inghilterra si è piuttosto preoccupati delle proposte tedesche che partono da un effettivo di 300 mila uomini, il che vorrà dire non solo non disarmare, ma aumentare gli armamenti per tutti.

Il Capo del Governo approva la procedura proposta. Sa che l'Ambasciatore von Hassell è andato a Berlino per avere qualche informazione; non mancheremo di comunicare al Governo inglese quanto ci risulti.

Sta il fatto che i tedeschi si schermiscono dal dare delle precisioni; lo stesso Capo del Governo ha chiesto più volte di avere delle dichiarazioni esatte sul punto di vista tedesco ma non ha avuto che delle risposte vaghe. Noi oggi dopo le comunicazioni di Goering che rispondono presso a poco a quelle che anche gli altri paesi sanno, non abbiamo altre notizie.

Per quanto riguarda le proposte tedesche di portare gli effettivi germanici a 300 mila uomini, il Capo del Governo ha anche l'impressione che questa mossa, portata alle sue conseguenze anche nel campo del materiale, rappresenti un riarmamento notevole; è evidente che se i tedeschi domandano 300 mila uomini, noi e gli altri non potremo accontentarci di meno e ciò sarà il principio della corsa agli armamenti.

Per quanto concerne le conversazioni Ingaggiate o almeno la presa di contatti già avvenuta fra tedeschi e francesi, il Capo del Governo dichiara di vedere la cosa con favore. Se per questa via si arrivasse ad un accordo e questo non contrastasse con gli interessi nostri e con quelli inglesi, noi potremo aderirvi. L'accordo non gli pare però facile (1).

L'Ambasciatore Drummond osserva che forse una via per arrivare all'accordo sarebbe qualche concessione da parte dei francesi nella questione della Saar, ma la cosa gli pare delicata e non gli sembra il caso di dare dei suggerimenti In questo senso.

Drummond passa poi a parlare della questione di Malta. Il Governo Inglese vorrebbe avere da noi una risposta definitiva perchè deve emanare la licenza per le scuole.

Il Capo del Governo osserva che la questione di Malta è stata sbagliata nella sua impostazione da parte del Governo della Gran Bretagna; se ne è fatta una questione che non aveva ragione di esistere e alla quale gli italiani non avevano mai pensato. Oggi col creare una situazione artificiale, dando la posizione di lingua al maltese, che è un dialetto, a scapito dell'italiano, si crea una situazione che non potrà durare. Bisognerà che H Governo inglese torni sui propri passi e così avverrà certamente. D'altra parte non si può domandare sempre che gli errori fatti vengano riparati subito. Ci sono determinate esigenze di cui ci rendiamo conto.

Drummond osserva che però la lingua italiana è Insegnata nelle scuole secondarie.

Il Capo del Governo risponde che le scuole secondarie sono frequentate soltanto da una parte della popolazione scolastica, di modo che, praticamente, gli altri non hanno l'Insegnamento dell'Italiano.

«Parlando poi del disarmo Drummond mi dice avere l'impressione che nelle conversazioni fra Hitler e Françols Poncet non si sia fatto alcun passo avanti, dato l'atteggiamento intransigente e nello stesso tempo impreciso del Cancelliere tedesco ».

Suvich dice che potrà esporre all'Ambasciatore Drummond il nostro punto di vista sui singoli punti sollevati dall'Inghilterra. Avverte che intendiamo ottenere alcune modificazioni non di sola forma.

Drummond ,teme che il proprio Governo non sia in grado di accettare modificazioni di sostanza su quelle che sono state le sue proposte. Suvich osserva che le modifdcazioni rimangono nelle linee delle conversazioni in corso. Il Capo del Governo raccomanda che questi chiarimenti avvengano il più presto possibile.

(l) T. 4446/524 R. del 9 novembre, non pubblicato, con Il quale Vinci esprimeva il proprio punto di vista contrario alla proposta degli incaricati d'aff,ar,i di Funcia e Gran Bretagna di ricorrere agli articoli 12 e 13 del patto della Società delle Nazioni e cioè, in pratica, di portare dinanzi al Consiglio la questione dell'interpretazione delle clausole del trattato Klobukovsky, ritenendo che in tal modo si sarebbe solo dato vita ad una serie di intrighi.

(l) Cfr. 11 seguente brano di un appunto di Suvich su un suo colloquio con Drummond del 28 novembre:

420

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. uu. 49203/49240. Roma, 27 novembre 1933.

Trasmetto gli uniti telegrammi di S. E. Astuto, relativi alla situazdone che si è venuta determinando alla frontiera dell'Assir (1).

Per quanto mi concerne, io concordo col parere espresso dal Governatore dell'Eritrea e cioè di valorizzare nei riguardi ~drissiti gli aiuti che possiamo dare per la resistenza ad Ibn Saud.

In ogni modo le disposizioni da dare al riguardo hanno carattere di wgenza e perciò prego cotesto R. Ministero volermi far conoscere il suo punto di vista in merito perchè a mia volta io possa dare a S. E. Astuto le necessarie istruzioni.

421

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4671/836 R. Londra, 28 novembre 1933, ore 2,50 (per. ore 11,45).

Simon, con cui ho avuto colloquio stamane, mi ha detto di avere inviato sabato scorso istruzioni a Drummond di tenersi in istretto contatto con V. E. e mi ha domandato se potevo dirgli nulla di quello che è il pensiero di V. E. sulla situazione dopo gli avvenimenti di questi ultimi giorni.

Gli ho tradotto, illustrandoglielo opportunamente, n comunicato Stefani del 23 corrente. Simon mi ha informato di avere spedito un dispaccio a Berlino ed un altro a Parigi, l'uno per far presente a Hitler opportunità precisare e possibilmente

formulare con qualche cosa di più concreto idee espresse nella sua intervista al Matin, che ha avuto ovunque così favorevole accoglienza.

Il secondo dispaccio per far presente al Governo francese necessità di andare incotro senza il consueto abito di riserva mentale alle buone intenzioni espresse da Hitler.

Simon pensa così di aver messo in moto la macchina delle conversazioni diplomatiche. Dall'esito di questi primi sondaggi a Berlino e Parigi e da quello che V. E. vorrà comunicargli, Foreign Office trarrà gli elementi necessari per dare alla sua ulteriore azione un contenuto più preciso.

Ho domandato a Simon se egli ritiene che trattative dirette fra Parigi e Berlino siano effettivamente suscettibili di qualche positivo risultato.

Simon mi ha risposto che nel pensdero del Governo britannico trattative non debbono venire limita'te a scambio di idee tra Parigi e Be·rlino, ma debbono sin dall'inizio assumere una base più comprensiva e più larga: quella di congiungimento tra le quattro grandi Potenze.

Simon mi ha detto a questo punto che a Ginevra francesi si sono fortemente opposti all'idea di fare di Roma il centro del negoziato, ma che egli Simon è sempre dell'avviso che conversazioni diplomatiche debbano costituire una fase preliminare, e che al momento opportuno, qualche cosa di impegnativo dovrà essere fatto direttamente dagli uomini di Stato responsabili delle quattro grandi Potenze.

Simon ritiene anche ·che sarebbe utile associare ad un certo tempo e in qualche modo persona di Henderson alle trattative diplomatiche fra Governi, e ciò per fare assumere a Henderson dovuta parte di responsabilità, mentre iSmon mi ha informato a titolo confidenziale che sta considerando possdbilità di una sua visita a Hitler.

Egli mi ha pregato della più assoluta discrezione al riguardo.

Ho domandato in che cosa po.trebbe consistere una maggiore precisazione da parte di Hitler della volontà pacifica deHa Germania, Simon mi ha risposto piuttosto imbarazzato che è difficile dare suggerimenti a Hitler su questo argomento, anche perchè non si sa che cosa francesi vogliano di preciso. Sotto questo riguardo, caduta di Daladier è stata perdita per tutti, non fosse altro perchè egli dava impressione sapere ciò che volesse. Forse tedeschi potrebbero, ha continuato Simon, escogitare a contro partita di un atto che desse loro soddisfazione, qualche cosa da concedere ai francesi in materia di sicurezza della frontiera franco-tedesca. Ho risposto che vi è già Locarno. Simon si è stretto nelle spalle.

Per concludere, siamo nella fase del tentativo preliminare ed empirico. Governo [britannico] afferma che bisogna fare presto, ma in sostanza è convinto che situazione è tutt'altro che facile. Bisogna dar tempo al tempo e intanto seguire attentamente, anche per garantirsi da relative sorprese, possibili sviluppi che fin da questo momento passi franco-tedeschi possano avere.

Simon mi ha assicurato che terrà al corrente V. E. di tutte le notizie che avrà su intenzioni e atteggiamento francese e prega V. E. volerlo informare su quanto risulterà a V. E. sulle intenzioni e attegg·iamenti tedeschi.

(l) Gli allegati non si pubblicano.

422

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4675/839 R. Londra, 28 novembre 1933, ore 21,57 (per. ore 6 del 29).

Discorso Baldwin ieri a Camera dei Comuni (riassunto mio fonogramma stampa odierno 838) (1) va attentamente considerato.

Esso costituisce, dopo quelli MacDonald e Simon delle scorse settimane, nuovo ulteriore passo ne1l'orierntamento e atteggiamento Governo britarnrnico.

Baldwin ha posto tre alternative:

l) Disarmo di tutti i paesi a1 livello della Germania; 2) disarmo pa.rziale di tutti i paesi o conseguernte riarmo parziale della Germarnia ad un livello di eguagliarnza; 3) Corsa agli armamenti.

Baldwin ha ammesso sernza sottintesi che seconda soluziorne è unica possibile. È prima volta che Governo britarnrnico accetta con pubblica dichiaraziorne possibilità riarmo Germania.

È parimenti prima volta che Camera dei Comurni non solo non si dimostra contrariata di fronte questa everntualità, ma sottolinea con applausi dichiarazione Baldwin quando questi afferma che popolo inglese è convinto dell'ingiustizia di mantenere Germania ad un livello di inferiorità negli armamenti.

Le posizioni sono dunque capovolte da quene di soltanto due mesi or sono, ed è sperabile che tedeschi sappiano profittare con intelligenza, questa volta, dell'ondata favorevole.

Baldwin non ha potuto fare a meno nel suo discorso di proclamare con enfasi la sua simpatia e la sua solidarietà con la Francia, in nome comune civiltà democratica.

Il vecchio leader della democrazia conservatrice inglese si è assunto, da qualche tempo in qua, il compito di dimostra•re che una rivoluzione fascista è impossibile in Inghilterra.

Ma anche per questo le sue inattese dichiarazioni odierne in favore della Germania assumono un significato particolare.

423

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCIÉ

APPUNTO. Roma, 28 novembre 1933.

Ho convocato il Signor Ducic in relazione ai fatti avvenuti a Belgrado in occasione dell'anniversario del Trattato di Rapallo.

Gli ho detto che era in grado di sciogliere la riserva fattagli quando nella seconda sua visita era venuto a comunicarmi che le frasi riportate dal Solari non erano esatte.

Abbiamo fatto un'inchiesta e ci è risultato che il Solari aveva riferito esattamente e coscienziosamente. A prova, gli presento l'articolo dell'Istra in cui risultano confermate quasi parola per parola le frasi che hanno formato oggetto della nostra protesta.

Gli .rtpeto, che noi in genere a queste manifestazi<mi di fuorusciti anche in passato non abbiamo dato eccessiva importanza; che in questo caso però si è trattato di una manifestazione spe.cialmente solenne all'Università di Belgrado alla presenza di numerose personalità con invito al pubblico e libero accesso al pubblico stesso.

Quello che poi ci era particolarmente dispiaciuto nell'episodio attuale era stato il contegno del Governo di Belgrado nella seconda fase della questione quando cioè aveva smentito in forma vivace le informazioni -risultate poi perfettamente esatte -date dalla nostra Legazione.

In tali condizioni noi dovevamo insistere perché fosse mantenuta la deplorazione espressaci fin da principio dal Governo jugoslavo per gli episodi del 12 novembre.

Dovevo pod richiamare l'attenzione del Ministro sul fatto della intensificata campagna irredentista antiitaliana e antifascista che si sta svolgendo in Jugoslavia.

Lascio da parte le intemperanze della stampa tanto da una parte che dall'altra, ma mi riferisco a tutta un'altra serie di fatti di cui la documentazione è fornita dalla nostra Legazione a Belgrado. n Ministro stesso dovrà riconoscere che in Italia non consentiamo manifestazioni del genere contro la Jugoslavia. Se il desiderio del Governo jugoslavo di migliorare o anzi mettere su nuova base i rapporti fra i nostri due Paesi è sincero, noi ci auguriamo che cominci col mettere fine a queste manifestazioni che -vogliamo ammettere siano di irresponsabili.

Il Ministro Ducic dinanzi alle prove presentate nei riguardi del discorso Ciok non ha nulla da dire. Si riserva di riferire a Belgrado per chiarire l'episodio.

Mi chiede copia dei documenti.

Gli rispondo che potrò dargli una copia o fotografia del giornale ma che del resto il nostro Ministro a Belgrado presenterà tutta la documentazione necessaria a quel Ministero degli Esteri.

Il Ministro mi fa anche un accenno al caso Solari. Gli rispondo che in questo momento noi non possiamo prendere alcun provvedimento nei riguardi del Solari che ci risulta aver fatto coscienziosamente il suo dove.re.

Per quanto riguarda gli altri episodi il Ministro personalmente non può che deplorarli. Intende intervenire a Belgrado per fare cessare queste manifestazioni; ci andrà anzi per Natale e in tale occasione vuol parlare chiaramente. Fa presente però che anche la stampa itaUana dovrebbe essere moderata. Rileva che nella stampa italiana si attacca il Re, la Nazione, i sentimenti più sacri del popolo jugoslavo, mentre nella stampa jugoslava la polemica è limitata al campo politico.

Rispondo al Ministro che non posso condivide~re questo suo apprezzamento, e che l'atteggiamento della stampa italiana non è che una reazione a quello della stampa del suo Paese.

Il Ministro di Jugoslavia spera comunque che presto si possa schiarire l'orizzonte e si possano discutere problemi veramente vitali pei nostri due Paesi. Nella sua andata a Belgrado egli intende intrattenere anche il Re su tale argomento.

Chiederà prima della sua partenza un'udienza a S. E. il Capo del Governo.

Rispondo al Ministro che noi siamo sempre pronti ad esaminare i problemi di cui parla. Sarà bene tuttavia dare la precedenza ai grossi problemi mondiali che ora sono entrati, per la questione del disarmo, in una fase critica. Il Ministro Duc,ic si rende conto di questa necessità (1).

(l) Non pubblicato.

424

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. RR. 1820. Roma, 28 novembre 1933.

Mando per conoscenza copia del telegramma (2) ricevuto dal Governatore dell'Eritrea. Indubbiamente, come dice S. E. Astuto, la questione è gravissima, né so, né credo vi siano mezzi politici e diplomatici adatti per ovviarlo. Unico mezzo sarebbe quello di poter fare altrettanto, battendo la concorrenza giapponese, ma questo non lo ritengo certo per ora possibile. Credo però fermamente che se riusciremo ad avere i milioni richiesti da prende,rsi dagli utili di Kosseir, che stiamo aspettando tra promesse più o meno vaghe da quasi un triennio, qualche cosa si potrà riuscire a fare anche in Etiopia. Finora abbiamo lasciato cadere tutto, cominciando dalla Società Coloniale, e contentandoci di stare alla finestra a guardare.

Ella potrà anche far sapere che quanto a manifestazioni irredentiste In Italia da tempo non ne avvengono e che esse sono per quanto possibile contenute e represse».

<<Dalle informazioni In mio possesso e con quelle dei miei colleghi, mi risulta che importanti trattative fra Giappone e Governo etiopico sono tuttora in corso benché nulla sia deciso, anche per una certa opposizione che progetti incontrano in alcuni membri di questo governo... Programma seguito da Governo etiopico è assai abile perché mentre nessuna preoccupazione territoriale può derivare da penetrazione commerciale, industriale, agricola e culturale giapponese, tale penetrazione costituirebbe efficacissima difesa contro attuazione noto programma che deve basarsi su Tripartito. Se problema abissino uscisse da questo ristretto campo politico,sorgerebbero difficoltà non certo lnsormontabili perché tale parola non deve esistere nel vocabolario fascista, ma Indubbiamente gravissime. Ritengo mio assoluto dovere segnalare ciò a v. E.».

(l) Suvich comunicò a Belgrado il contenuto di tale colloquio con Il t. 2080/153-154 R. del 29 novembre con le seguenti istruzioni: «Pregola recarsi a codesto ministero esteri e fare una comunicazione in eguale senso presentando la opportuna documentazione. Per Solari cl riserviamo eventuali succeSSilve decisioni. Insista in modo particolare sulla inammissibilità delle manifestazioni irredentiste in Jugoslavia intenslflcatesi nell'ultimo anno.

(2) T. r. p. s. 6194 del 27 novembre, del quale si pubblicano i brani seguenti:

425

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U. 4686/564 R. Washington, 29 novembre 1933, ore 15,09 (per. ore 23).

Telegramma di V. E. N. 467 (1).

Facente funzioni segretario di stato mi ha fatto conoscere stamane che presidente considera nostra offerta come accettabile. Mi ha fatto però presente che nelle comunicazioni formali che saranno scambiate al riguardo dipartimento di stato non userà la parola «accetta» ma si servirà della parola « riceve».

Signor Phillips mi ha chiesto di recarmi da lui venerdì prossimo primo corrente per confrontare rispettive note. Sottopongo a V. E. seguente progge,tto di comunicazione al dipartimento di stato: «Con la mia nota del 14 giugno scorso ho avuto l'onore di trasmettere a V. E. richiesta del mio Governo di entrare in negoziati col Governo americano in vista di un regolamento finale dell'intera questione del debito di guena.

Rispondendo alla mia nota V. E. mi ha fatto conoscere in data 17 giugno scorso che il Governo degli Stati Uniti aderiva alla nota richiesta.

Poiché negoziati contemplati da tale scambio di note non hanno ancora potuto avere luogo, il mio Governo mi incarica di portare alla Vostra conoscenza che esso si propone di fare alla scadenza del 15 dicembre prossimo un ulteriore pagamento di un milione di dollari come riconoscimento proprio debito mentre confida che un regolamento finale possa venire raggiunto in un prossimo avvenire».

Prego V. E. farmi conoscere se approva progetto di cui sopra ed eventualmente telegrafarmi altro testo. Sarà molto utile se istruzioni di V. E. potranno pervenirmi prima del mio colloquio con sottosegretario di stato fissato per dopodomani mattina (2).

426

IL CAPO DELL'UFFICIO V DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, TORTORA BRAYDA, A ... (l)

PROMEMORIA. Roma, 29 novembre 1933.

Con telegramma in data 2 corr. il R. Ambasciatore a Buenos Ayres comunicava l'invito che il Governo argentino, a nome anche del Governo brasiliano, rivolgeva all'Italia perché aderisse al Patto antibellico tra Stati Sud-americani, Patto di cui si era fatto promotore il Ministro degli Affari Esteri argentino. All'invito verbale faceva seguito una lettera del Signor Saavedra Lamas a S. E. Arlotta, nella quale era formulato l'invito stesso, accompagnato da espressioni di grande ammirazione e fervida amicizia per il nostro Paese ed il suo Governo

ed in particolare era detto che « ... l'Italia sarebbe così chiamata ad assumere in Europa la effettiva rappresentanza morale (procura) di tutta l'America La

tina~.

In risposta a tali comunicazioni fu incaricato il R. Ambasciatore a Buenos Ayres di far presente al Signor Saavedra Lamas come la iniziativa da lui presa a favore della pace nonché lo spirito amichevole delle dichiarazioni fatte nei riguardi dell'Italia avessero trovato la più completa rispondenza da parte italiana e di chiedere in pari tempo chiarimenti sulla frase della lettera sopra trascritta. Essendo d'altra parte questo R. Ministero, venuto a conoscenza che analogo invito e.ra stato rivolto anche agli Stati Uniti d'America, si pregava

S. E. Arlotta di far conoscere cosa g1i risuLtasse circa i proposHi del Governo argentino verso altri Stati e in particolare gli Stati europei.

Il R. Ambasciatorè a Buenos Ayres confermava che effettivamente era stato rivolto invito ad aderire al Patto in parola agli Stlliti Uniti d'America i quali avevano dichiarato di non rifiutarsi ma di esser disposti a discutere la questione nella imminente Conferenza panamericana di Montevideo, e faceva conoscere che quanto agli Stati europei non era nelle intenzioni del Signor Saavedra Lamas di rivolgere invito alla Francia, all'Inghilterra e alla Germania; era stata presentita soltanto la Spagna, la quale, pur avendo mostrato in massima simpatia per la iniziativa, aveva dichiarato non poter prendere alcuna decisione prima di conosce·re il testo del Trattato ed in ogni caso prima di conos.cere il nuovo sistema governativo che potesse derivare dall'esito delle elezioni generali. Il Signor Saavedra Lamas confermava infine a S. E. Arlotta di avere con l'espressione «assumere la rappresentanza~ inteso porre in rilievo come (nella auspicata eventualità di una nostra adesione al Patto) «l'Italia di oggi con l'essere in ogni caso la prima e quasi certamente la sola tra le quattro maggiori Potenze europee a partecipare a questo atto di origine e di spirito eminentemente sud-americano, sarebbe venuta in forza del suo indiscusso prestigio attuale, nonchè in forza ded propri intimi legami coi vari Paesi dell'America del Sud, non solo ad assumere quasi implicitamente l'assoluta rappresentanza morale dell'America Latina, ma sarebbe altresì venuta a trovarsi gradualmente ed automaticamente per logico svolgimento di cose in situazione privilegiata con H maggior peso della proria influenza anche nel campo materiale e politico, fungendo come da aita guida direttrice o tutrice morale dell'insieme di tutti i principali Paesi di quel Continente nelle loro relazioni coi vari consessi internazionali europei (sic) ~.

Si è in attesa di comunicaziond sull'argomento, preannunciate con telegramma di ieri, da parte del R. Ambasciatore a Rio de Janeiro.

È intanto in corso l'esame del documento, in cui è consacrata l'iniziativa del Signor Saavedra Lamas, per conoscere la portata, i riflessi e le conseguenze che l'eventuale nostra adesione al Patto potrebbero avere nei confronti dei Patti e Trattati del genere già da noi firmati, nonchè la portata del nuovo impegno rispetto agli impegni già da noi assunti <1).

s. -E. Cantalupo che n suo Governo sarebbe stato ben lieto demadesione del R. Governo al patto antibelllco ed accompagna tale comunicazione con gli stessi argomenti sviluppati dal signor Saavedra Lamas a S. E. Arlotta ».

34 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

(l) -Cfr. n. 375, nota l, p. 410. (2) -Per la risposta cfr. n. 433. (3) -Il destinatario del promemoria non è indicato. (l) -In un successivo promemoria del 2 dicembre è segnalato tl"a l'altro quanto segue: «... n Ministro degli Affar! Ester! brasiliano, prima di partire pe,r Montevideo, comunicava a
427

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4701/732 R. Berlino, 30 novembre 1933, ore 13 (per. ore 15,45).

Ambasciatore von Hassell venuto vedermi prima di ripartire per Roma mi ha detto avere constatato con piacere che momentanea freddezza nei rapporti italo-<tedeschi è terminata e che esiste nuovamente piena fiducia reciproca. A riprova egli mi ha detto che cancelliere che l'aveva ricevuto ieri mattina lo aveva incaricato di riferire a V. E. essere sua intenzione tenerlo esattamente mformato delle conversazioni franco-tedesche e ciò per evitare qualsiasi apprensione da parte nostra che la Germania potesse nelle trattative con la Francia arrecare nocumento agli interessi italiani. Von Hassell mi ha poi riferito quanto fu detto neLle recenti conversazioni fra Hit!ler e François Poncet. TUtto collima esattamente con quanto V. E. già conosce (l).

428

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE .DELL'U.R.S.S. A ROMA, POTEMKIN

APPUNTO. Roma, 30 novembre 1933.

Il Signor Potemkin è venuto a vedermi in merito al prossimo arrivo di Litvinoff.

[Ha avuto stamattina un colloquio telefonico col CommissaJtio del popolo per gli Esteri ed a questo proposito ti~ne ad esprimere la sua ammirazione per il perfetto funzionamento dei nostri impianti].

Litvinoff gli ha chiesto se c'era qualche cosa di vero nelle notizie divulgate dai giornali stranieri sugli argomenti che formerebbero oggetto dei suoi colloqui col Capo del Governo specialmente sull'allargamento del Patto a quattro.

L'Ambasciatore aggiunge che se noi avessimo qualche argomento specifico che ci interessi in modo particolare da trattare col Commissario del popolo per gli Affari Esteri, egli ci sarebbe grato se volessimo comunicarglielo per poter far venire le necessarie informazioni da Mosca.

Gli rispondo che le notizie date dai giornali esteri sono infondate; non si è considerata la eventualità di un allargamento del Patto a quattro. È mia impressione che oggetto dej, colloqui di Utvinoff a Roma dovranno formare i grandi problemi internazionali e quelli che interessano i nostri due Paesi direttamente, ciò che potrà dar luogo ad un utile chiarimento dei reciproci punti di vista, ma che non vedevo per il momento alcun problema specifico sul quale in modo particola.re dovessimo fermare la nostra attenzione.

t. -per corriere 4699/726 R. del 27 novembre.

Nella rassegna di alcuni dei problemi, essendosi accenn3ito anche a quello del Patto Balcanico, l'Ambasciatore dei Sovieti mi ha detto che secondo sue informazioni la cosa non è seria. Si tratta di un «bluff ~ che lase&à il tempo che trova.

(l) -Cerrutl ·aveva Informato Mussollnl circa 11 colloquio tra Hitler e Françols-Poncet con
429

IL CAPO GABINE'ITO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 30 novembre 1933.

È venuto stamani a farmi visita l'Incaricato d'Affari di Albania ritornato recentemente da Tirana dove mi risulta aver svoLto presso Re Zog efficace opera di persuasione per indurlo a venire incontro alle nostre richieste. Gli ho perciò mostrato di essere al corrente di questa sua opera e me ne sono con lui compiaciuto.

Egli mi ha detto di aver trovato a Tirana un'atmosfera rasserenata e ha tenuto a mettere lin rilievo le buone disposlizoni di cui starebbe dando prova il suo Sovrano in numerose questioni pendenti tra i due Governi, e tra il Governo albanese ed Enti o privati cittadini italiani. Mi ha inoltre soggiunto che il Re lo aveva incaricato di farmi sapere che da parte della Piccola Intesa e di alcuni Stati balcanici gli erano statli r:ivolti inviti ad aderire alle loro combinazioni politiche ma che Egli aveva declinato tali inviti convinto come solamente l'alleanza ed un'intima collaborazione con l'Italia potessero garantire l'indipendenza e lo sviluppo del suo Paese.

Ha concluso esprimendo l'augurio che, eliminata la questione della riapertura delle scuole confessionali, la quaJe poteva più facilmente trovare la sua soluzione in un accordo col Vaticano (1), le traUative tra ti Governi Italiano e albanese per la definizione delle più importanti questioni pendenti tra i due Paesi avrebbero potuto iniziarsli al più presto.

È quasi superfluo che !io metta in rilievo come almeno pe1r quanto riguarda Turchia e Grecia anzichè declinare inviti Re Zog abbia profferta invano la sua adesione a eventuali accordi il.nte,rbalcanici. Mi consta invece che effettivamente su alcune questioni, sia pur di secondaria importanza il Governo albanese sta dimostrando buona volontà e che in linea generale si va facendo strada a Tirana la convinzione della necessità di un ristabilimento di buone relazioni con l'Italia. Ho rperò ritenuto opportuno dimostrare che queste buone disposà.zioni non sono sufficienti a farci deflettere da quella linea di calma fermezza sinora seguita e ho risposto al Signor Kodheli che non si poteva parla·re di trattative sinchè la questione delle scuole confessionali non fosse risolta nel senso da noi richiesto, aggiungendo però che non si voleva che la riapertura delle scuole dovesse necessariamente apparire come una concessione fatta al Governo italiano e che saremmo stati ben lieti qualora la questione avesse trovato la sua soluzione nel quadro di un Concord3ito col Vaticano. Ho detto anzi a questo

proposito che ci saremmo volentieri adoperati per facilitare la conclusione di un accordo, che io avevo già parlato della cosa con S. E. il Cardinale Pacelli e che mi pareva di averlo trovato ben disposto.

Il Signor Kodheli mi ha detto dd nutrir fiducia nei risutati di trattative col Vabicano ma che esse avrebbero potuto durare a lungo e che non gli pareva perciò necessario attenderne la fine per iniziare le trattative con l'Italia.

Gli ho replicato che un accordo col Vaticano poteva costituire una onorevole via d'uscita per il Governo albanese dalla ddfficile situazione in cui si era messo chiudendo, malgrado i nostri avvertimenti, le scuole confessionali, ma che se tale via sembrava a Re Zog troppo lunga avrebbe potuto trovarne un'altra.

Il Governo italiano poteva attendere, ma non ;rinunciare a quanto aveva richiesto, come condizione preliminare per l'inizio di trattative.

(1) Cfr. n. 389.

430

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO

TELESPR. UU. 235787/736. Roma, 30 novembre 1933.

Telegramma di codesto Ministero 49203/49240 del 27 corrente (1).

Ringrazio l'E. V. per la Sua comunicazione e, in relazione alla richiesta rivolta, riassumo nel seguente schema di telegramma le idee di questo Ministro al riguardo:

Situazione attuale è evidentemente del tutto diversa da quella dell'ultima rivolta idr.issita. Questa volta è Imam che è direttamente in causa ed è Imam che sostiene Idrissiti rivoltosi. Sono quindi perfettamente d'accordo che in relazione azione che -nonostante i nostri tentatiVli. di pacificazione -Ibn Saud svolge contro Imam, noi dobbiamo aiutare azione yemenita, e in tale senso

R. Governo sta già adoperandosi. Sono parimenti d'avviso che non convenga pel momento andare al di là di un'azione di aiuto all'Imam. Ritengo infine che solo in un secondo tempo sarà da esaminare quella qualunque azione che apparisse conveniente di svolgere direttamente a favore degli Idrissiti e a questo proposito conviene tenere presente scarsa consistenza politica e militare Assir. Non possiamo dimenticare che le sole due forze in Arabia sono quelle di Ibn Saud e dell'Imam. Noi desideriamo mantenere i migliori rapporti con Ibn Saud, ma il suo atteggiamento è tale che la nostra azione, almeno per ora, non si risolve in suo favore. Occorre evitare, in ogni caso .per ora, e probabilmente per l'avvenire, di destare dubbi e preoccupaziond nell'Imam per non alienarci definitivamente anche il suo animo già diffri.dente e quindi votare a sicuro insuccesso la nostra azione. Comunque anche per averne utile futuro elemento di giudizio interesserà sempre ogni informazione e apprezzamento su possibilità indipendenza e vitalità Assir.

(l) Cfr. n. 420.

431

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. U. RR. 4880/2668. Vienna, 30 novembre 1933 (per. il 9 dicembre).

Questo Ministro di Francia, signor Puaux, è venuto stamani a vedermi.

Mi ha detto che un giornalista tedesco, ex corrlispondente dell'Ullstein, signor Hentzell, si è rivolto più di un mese fa al Quai d'Orsay, prospettando l'opportunità d'un segreto aiuto finanziario per la fondazione di un nuovo giornale a Vienna, quale personale organo del signor Dollfuss, che non ne ha attualmente alcuno, la Reichspost essendo il foglio del partito cristiano-sociale. Egli era stato quindi incaricato dal Quai d'Orsay di sondare il terreno presso il Ballplatz. Il che aveva fatto.

Senonché mentre in un prtmo tempo gli era stato fatto comprendere che la cosa poteva essere rimessa, in un secondo tempo il Vice Cancelliere Fey lo aveva sollecitato ad attuare l'iniZJiativa.

In proposito, il signor Puaux mi ha precisato che avendo egli chiesto al Fey se nulla ostasse a che il nuovo giornale, diretto organo del signor Dollfuss e quindi del Fronte Patriottico, fosse sovvenzionato non solo dalla Francia, ma anche dall'Italia e dall'Inghilterra, il Vice-Cancelliere aveva pienamente aderito. Cosicché egLi chiedeva il mio avviso, così come aveva chiesto stamani quello del collega inglese, che aveva incontrato al Bal1platz, e che gli aveva risposto accettando in principio, ma segnalando che una simile azione presupporrebbe una completa e precisa ~ntesa fra le tre potenze circa la questione dell'Austria: cosa che non aveva avuto finora luogo.

Il mio collega ha quindi desiderato conoscere il mio personale parere. Ho creduto rispondere in modo evasivo, osservando che l'iniziativa andava ben ponderata agli stessi effetti interni, gdacché essa, qualora trapelasse, non mancherebbe fornire un argomento per nuovi attacchi contro il governo DoUfuss, pe.ggiorandone la situazione. Al che il signor Puaux ha annuito, !asciandomi anzi comprendere che la prima risposta dila2lionatrice del Ballplatz era stata ispirata probabilmente dallo stesso motivo. Ha poi concluso pregandomi di riflettere sulla questione, circa la quale avremmo dovuto presto riparlare; intanto, poteva precisarmi che il capitale occorrente sommerebbe a 500.000 scellini di cui 200.000 sarebbero dati dalla grande industria austriaca, ed eventualmente cento da ciascuna delle tre potenze.

Poiché il signm Puaux non mancheirà di tornare meco sull'argomento, sarò grato a V. E. di farmi conoscere al più presto quale più preciso atteggiamento io debba prendere con lui.

Devo aggiungere che il predetto giornalista tedesco si è rivolto giorni fa direttamente a questo capo dell'ufficio stampa comm. Morreale, il quale credette rispondergli che proposte del genere avrebbero dovuto essere fatte per il tramite ufficiale, e cioè da'l Ministro di Francia a me personalmente (1).

(l) Annotazione a margine d! Suvlch: «Per evidenti ragioni di opportunità no. PreparareIl telegramma».

432

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4718/454 R. Vienna, 1° dicembre 1933, ore 1,10 (per. ore 7 ).

Cancelliere austriaco mi ha detto che recente visita Gombos è valsa dissipare l'ombra lasciata nelle loro relazioni personali dall'improvviso viaggio dell'estate scorsa del presidente del consiglio ungherese a Berlino.

Cancelliere austriaco ha soggiunto aver avuto altresi impressione del lealismo di Gombos nei riguardi dell'Italia e dell'effettivo orientamento della sua politica verso Roma.

Circa questioni economiche austro ungariche, cancelliere austriaco, riferendosi alle mie recenti esortazioni e raccomandazioni ha rilevato grande progresso che va realizzandosi nei traffki con l'Ungheria, nonchè perfetto accordo con Budapest per applicazione e graduale sviluppi esistente accordo.

Ha insistito poscia sul punto che soltanto per gradi sarà possibile giungere alla progettata più completa intesa.

433

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO

T. 2087/485 R. Roma, 1° dicembre 1933, ore 23.

Ho esaminato telegramma V. E. n. 564 {i) e tenuto presente anche suo contenuto ritengo necessario che nota di V. E. mantenga chiaramente in essere quanto ha formato oggetto della nota precedente quattordici giugno u.s. in cui veniva specificatamente riportato deliberato Gran Consiglio e richiamate dichiarazioni verbali fatte da ministro Jung riguardo capacità di pagamento. Salvo indicazioni contra;rie che V. E. mi fornisca ,ritengo siano da evita:re modifiche. Pregola pertanto farmi conoscere sue eventuali osservazioni su redazione seguente che altrimenti V. E. è autorizza;ta ad adottare: «Ho l'onore di informare l'E. V. d'incarico del mio Governo che richiamandosi a quanto ha fatto oggetto della nota diretta da questa ambasciata al Governo degli Stati Uniti il quattordici giugno u.s. relativamente al debito di guerra, il Governo italiano si propone di fare alla scadenza del quindici dicembre p.v. al Governo degli Stati Uniti un ulteriore pagamento di un milione di dollari~.

Prego farmi conoscere schema testo che d[partimento di stato proporrebbe inviare in risposta.

È naturalmente inteso che schemi di note devono restare pel momento segreti. Aggiungo per sua personale informazione che anche dopo loro definizione, scambio note non potrà avvenire che successivamente riunione Gran Consiglio cinque dicembre (1).

(l) Cfr. n. 425.

434

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 4723/213 R. Belgrado, 2 dicembre 1933, ore 22,30 (per. ore 1 del 3).

Telegrammi di V. E. nn. 153 e 154 (2).

Mi sono .espresso stasera con Jef,tic conformemente istruzioni di V. E. ed ho rimesso dossier documenti. Jeftic mi ha risposto che se le frasi incriminate erano state effettivamente pronunciate da Ciok egli rinnovava suo rammarico e scuse. Dov.eva però nuovamente verificare poiché C[ok aveva rimesso un testo del suo discorso dove tali frasi non figuravano. Se egli aveva ingannato il Governo, pagherebbe caro.

Circa agitazioni irredentiste mi ha detto prenderebbe misure per vietarle non volendo che le relazioni litalo-jugloslave fossero in dipendenza delle agitazioni di irresponsabili; pregava V. E. mettere un fermo alla nostra stampa e mi ha citato recenti notizie infondate del Popolo di Trieste su vendette asseritamente commesse da serbi in Macedonia.

Seconda parte colloquio, durato oltre due ore, Sii è svolta unicamente sui rapporti italo-jugoslavi, concludendo con concreto invito a ripresa trattative. Spedirò rapporto con corriere ma,rtedi (3).

435

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PRR CORRIERE 4770/11062/1876 R. Budapest, 2 dicembre 1933 (per. il 6).

Onoromi far seguito al mio telegramma odierno n. 213 (4).

l. Premesso che ill viruggio in Austria aveva avuto -sovratutto per espresso desiderio di Dolltuss (mio telegramma per corriere n. 1801 del 14 nov. u.s.) (5)

«Approvo osservazioni da farsi circa schema d! nota al Dipartimento d! Stato. Suggeriscosoltanto d! sostituire parole "al Governo degl! Stati Un!td" con parole "a codesto Dipartimentod! Stato'' ».

soltanto carattere sportivo, e che perciò nessun piano di conversazioni erasi p11estabilito fra il Governo ungherese e quello austrdaco, il presidente Goemboes mi ha detto che egli, partendo, pensava di profittare dell'occasione per accertare fino a che punto i recenti allettamenti di Benes fossero riusdti a far presa sul cancelliere austriaco. Ne riportava !il convincimento che, anche se Dollfuss non aveva saputo o potuto nettamente respingerli fin da principio, niente di positivo era stato concluso. La posizione dell'Austria nei confronti della Piccola Intesa giri risultava quindi immutata. Il che non significa che sia sodisfacente: la tattica da «cunctator :~> -l'espressione è dello stesso Goemboes -, che Dollfuss sembra avere adottato come norma di Governo, nella politica estera come in quella interna, fa cadere og.ni concreta speranza per l'Ungheria.

2. Ne era così persuaso che aveva stimato rinutile riparlare di unione doganale col cancelliere austriaco. Glìi era bastato qualche accenno con qualucuno dei suoi collaboratori, specie con Stockinger, per confermarsi nell'idea che, pur essendovi qualche corrente favorevole a tale soluzione, Dollfuss non è ancora disposto ad avviarsi per una strada cosi decisa. Del resto anche su questo problema si ripercuotono le preoccupazioni derivanti dalla situazione interna: il cancelliere austriaco teme di provocare i malumori degli agrari, che da una unione doganale con l'Ungheria vedrebbero seriamente compromessi i loro interessi.

Il presidente Goemboes, che mi è parso al corrente delle istruzioni a tale proposito impartite da V. E. al R. ministro a Vienna, prevede che anche un ulteriore approfondimento delle relazioni commerciali fra i due paesi incontrerà serie resistenze da parte austriaca. I due Governi trattano ora -ed una delegazione austriaca è venuta in questi giorni a Budapest a tale scopo -per il perfezionamento degli accordi esistenti e la definizione delle difficoltà sorte nell'applicazione degli accordi stessi.

3. Di più non è possibile fare, perdurando l'attuale situazione ìinterna austriaca sulla quale il presidente Goemboes mi ha lungamente intrattenuto, premettendo e concludendo che, dalle informazioni ed impressioni riportate dall'Austria, la situazione gli appare incerta.

Per quanto la posizione personale di Dollfuss sembri essersi rafforzata, essendo egli riuscito a guadagnarsi maggiore popolarità, pure occorre tener conto che a questo risultato egli è pervenuto destreggiandosi, manovrando troppo e non sempre bene, rinviando decisioni urgenti, girando posiz,ioni che poi si è ritrovato alle spalle: in una parola logorando la sua autorità. Fatto

sta che, mentre Dollfuss temporeggia, il nazismo prog11edisce tutti i giorni, ed ha già acquistato il 60 per cento della popolazione austriaca. Non tanto il presente, quanto l'avvenire preoccupa il Presidente Goemboes.

Dollfuss, che pur è l'unico uomo attualmente capace di tenere la situazione, non sembra saper dare al suo programma un nuovo contenuto sociale e politico, senza di che non si costruisce durevolmente in nessun paese, e meno ancora in Austria. Dollfuss il «cunctator :~> si aliena La gioventù che perciò si volge ad altre vie.

Il generale Goemboes mi ha infine detto di aver notato un sensibile miglioramento nei rapporti dell'Austria con la Germania.

4. Da qui non mi sarebbe possibile di discernere se e fino a che punto, nell'osservare o nell'espormi la situazione dnterna ed estera dell'Austria, abbiano fatto velo agli occhi del presidente Goemboes certi disappunti incontrati nei colloqui col cancelliere austriaco è uomo che non ha nessuna visione storica dei problemi. Ho toccato il tasto de1la revisione ungherese: è insensibile. Gli ho parlato dei miei viaggi in Tur,chia ed in Bulgaria: non ha mostrato interessarsene); o abbia pesato il desiderio che da parte di V. E. vadano al cencelliere austriaco nuovi incitamenti alla decisione e all'energia («Unico punto fermo deHa politica di DoUfuss è l'amicizia per l'Italia. Egli è sinceramente devoto alla persona del Duce~) od infine abbia influito l'idea di pot.er giustificare nei nostri confronti la cautela di forma con cui il Governo ungherese tiene posizione nella questione austriaca (mio telegramma n. 203 dell'H novembre u.s.) (1).

(l) Rosso rispose con t. 4726/570 R. del 2 dicembre quanto segue:

(2) -Cfr. n. 423, nota l, p. 463. (3) -Cfr. n. 441. (4) -T. 4721/213 R., pari data, non pubblicato. (5) -T. per corriere 4536/10476/1801 R., non pubbl!cato.
436

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 2 dicembre 1933.

L'Ambasciatore von Hassell è venuto a trovarmi di ritorno dalla Germania.

Ha avuto questa volta ottime impressioni sui progressi del regime e in particolare sulla personalità del Cancellire che è chiaro, autol'itanio e di larghe vedute.

Riconferma l'invito da parte del Ca;ncelliere pel'chè io vada in Germania. li Cancelliere preferirebbe che la visita potesse avvenire subito. Rispondo che potrò andare dopo il 10 dicembre in modo da essere di ritorno prlma di Natale.

Riguardo al disarmo ha parlato un pò con tutti: Cancelliere, von Blomberg, Neurath. Ha chiesto espressamente se c'è l'interesse da parte tedesca ad un accordo o se il fine è di rendersi liberi da ogni legame. La risposta che gli è stata data è che si vuole arrivare ad un accordo.

In merito alle condizioni di questo possibile accordo. l'Ambasciatore non può dire nulla di più di quanto già sappiamo; ha chiarito ad ogni modo che durante il periodo transitorio le altre Potenze potrebbero mantenere le armi offensive a cui invece la Germania rinuncia. Anzi potrebbero anche sostituire le dette armi in quanto antiquate.

Sulle conversazioni di François Poncet col Cancellietl"e, egli. non può dirci niente che non sappiamo, avendo controllato le sue informazioni con quelle che ha avuto l'Ambasciatore Cenuti da François Poncet stesso. Si è trattato nel detto colloquio di disarmo, del Patto di Locarno e della questione della Sarre.

Il Signor von Hassell ha l'impressione che le conversazioni per ora siano molto geneniche. D'altra parte l'Ambasciatore francese si trova in una difficile situazione per la mancanza di un Governo stabile nel suo Paese.

L'Ambasciatore von Hassell sa che Franço1s Poncet è bene impressionato dalle dichiarazioni di Hitler, soprattutto dalla leale dichiarazione dello stesso di non voler toccare il conf<ine occidentale della Germania e quindi non solo di volere mantenere Locarno, ma di esse,re disposto al riguardo a dare tutte le altre garanzie che gli si chiedessero.

L'Ambasciatore mi chiede se nel frattempo le nostre conversazioni sono avanzate. Gli rispondo che la situazione del mome,nto è piuttosto quella di attesa per conoscere con maggiori dettagli il punto di vista tedesco. Il signor von Hassel!l ritiene che, andando io a Berlino, potrò cercare di avere delle precisioni al riguardo.

(l) Cfr. n. 359.

437

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL COMMISSARIO DEL POPOLO PER GLI AFFARI ESTERI DELL'U.R.S.S., LITVINOV (l)

APPUNTO R. Roma, 3 dicembre 1933.

Il Capo del Governo si dice lieto di ospitare a Roma il Commissario del Popolo per gli Affari Esteri, ciò gli dà occasione di passare in rassegna i problemi della politica mondiale per esaminare quali sono i nostri punti di vista in .riguardo agli stessi.

Litvinoff è grato per l'invUo e per le accoglienze avute in Italia e ritiene anche del massimo valore questo scambio di idee.

Il Capo del Governo, passando alla esposizione del punto di vista ital~ano, premette che le intenzioni dell'Italia sono pacifiche. L'Italia non provocherà mai una guerra nè prenderà ma.i delle iniziative che possano portare ad una guerra. A questo spirito di pace risponde anche l'iniziativa del Patto a Quattro. Litvinoff ricorderà che nella primavera scorsa i mo1iivi di turbamento erano profondi e che si poteva temere anche il peggio. Il Patto a quattro è valso a portare una «détente » negli spiriti e a superare il momento pericoloso. Non occorre insistere sul fatto che il Patto a quattro non ha nessuna punta contro la Russia. Ciò è stato dichiarato e spiegato esaurientemente. Ad ogni modo basta il fatto che è stato proprio lui, il Capo del Governo, a prenderne l'iniziativa, per dimostrare che non può avere nessun carattere anti-russo. Per togliere però anche l'ultima ombra di ogni sospetto, il Capo del Governo ha voluto il Patto di amicizia che si è conchiuso un paio di mesi addietro e che

ha chiarito defintivamente l'atmosfera -se mai ce ne fosse stato bisogno fra i nostri due Paesi. D'altra parte l'Italia non ha nessun motivo di disaccordo con la Russia e quindi il Patto risponde ad una situazione che ha base nella realtà.

Per quanto riguarda il disarmo la questione è messa molto male: tanto male che si deve cambiare il nome stesso della conferenza che, anziché Conferenza del disarmo, dovrà chiamarsi Conferenza del riarmo.

Le idee del Capo del Governo sono molto semplici e precise m tale riguardo (anche Baldwin nel suo recente discorso ha visto chiaramente la situazione). In primo luogo bisogna riconoscere che nessuno degli Stati ora armati vuole rinunciare ai propri armamenti. In secondo luogo va tenuto conto che si è promesso alla Germania la parità degli armamenti. Non volendo quindi gli altri disarmare, la conclusione è che bisogna riarmare la Germania, il che è una cosa grave.

Ora Litvinoff potrebbe chiedere al Capo del Governo quale è il suo punto di vista preciso sulla soluzione della questione del disarmo. Il punto di vista del Capo del Governo è che non si possa fare a meno

d:i riarmare la Germania, ma bisogna .riarmarla in misura limitata con gradualità e sotto controllo, controllo che del resto tutti gli altri Stati accetterebbero anche per proprio conto, compresi noi italiani.

Il Capo del Governo intende di dichiarare in modo esplicito al Commissario pe·r gli Affari Esteri che fra noi e la Germania non c'è nulla se non l'accordo del '26 che ha il carattere abituale di questo genere di convenzioni.

Noi non siamo stati preavvertiti in nessun modo della uscita della Germania dalla Società delle Nazioni. Se i tedeschi avessero domandato consiglio al Capo del Governo egli li avrebbe sconsigliati da questo passo che doveva necessariamente metterli in una situazione difficile dalla quale non si vede una via di uscita.

Non c'è quindi nessun impegno politico.

Anche per quanto riguarda i possibili avvicinamenti per la questione del regime, va tenuto conto che il Fascismo e 11 Nazional-socialismo si differenziano in punti essenziali: è molto diversa nell'uno e nell'altro la «Weltans~hauung "'; sono considerazioni ovvie e non pare il caso di insistere.

C'è poi la questione dell'Austria, nella quale il nostro atteggiamento è esplicito e generalmente noto. Noi sosteniamo lo stato di cose esistenti anche se gli uomini rappresentativi di questa situazione non sono alle volte all'altezza della situazione e anziché seguire una linea diritta fanno una politica di opportunità. Se non fosse stato per noi, a quest'ora dell'indipendenza dell'Austria non se ne parlerebbe più. Si noti che è incerto se i Nazi non abbiano la maggioranza in Austria. Litvinoff è persuaso che l'indipendenza austriaca è stata salvata dall'Italia. La Francia si è messa in seconda linea e la Cecoslovacchia in pratica non è disposta a far nulla, mentre la Polonia spinge la Germania verso l' Anschluss. Il Capo del Governo informa che noi nel settoo.-e danubiano abbiamo dovuto mettere un freno alla spinta tedesca. Ciò è anche nell'interesse della Russia che deve evitare che ricominci il Drang nach Osten. Litvinoff è perfettamente d'accordo.

Veniamo all'argomento della Società delle Nazioni. Il Capo del Gove·rno non ama la Società delle Nazioni. Essa non è che una pura espressione di quel parlamentarismo che in Italia non piace. D'altra parte, la Società delle Nazioni, dopo l'esperienza fattane, così com'è, non può continuare. Il problema dell'Estremo Oriente ne ha dimostrato l'inefficienza. Si è nomtnata la solita Commissione che è andata sul posto ed ha fatto la solita relazione, ma la situazione è rimasta quella che il Giappone contro la volontà di tutti ha saputo creare. Non è neanche pensabile una Società delle Nazioni a carattere universale, dalla quale siano assenti la Russia e gli Stati Uniti oltre la Germania e il Giappone che ne sono usciti.

Si impone la riforma dell'istituto ginevrino. Se tale riforma sarà eseguita almeno nelle grandi linee, noi potremo rimanervi, altrimenti dovremo uscirne.

Litvinoff chiede in che cosa potrebbe consistere la riforma.

Il Capo del Governo risponde che la riforma dovrebbe riguardare la costituzione, i metodi e i fini. Ammesso pure l'universalismo che sta a base della Società delle Nazioni, bisogna che la stessa dia la possibilità di parteciparvi a tutti gli Stati più importanti del mondo. I metodi devono essere basati su criteri realistici abbandonando le vie e le forme parlamentari. I fini devono tendere a raggruppare gli interessi secondo le necessità vive e sentite. Anche l'organo centrale deUa Società delle Nazioni dovrà subire una corrispondente riforma.

Un altro argomento fondamentale oggi nella politica mondiale è quello dell'Estremo Oriente. L'Italia lo segue col massimo interesse. Essa non può rimanere indifferente di fronte alla invadenza commerciale del Giappone, che ormai viene a portare in pieno la concorrenza anche nel Bacino del Mediterraneo.

Oltre l'aspetto commerciale c'è anche un aspetto politico-economico. L'invadenza giapponese viene a turbare importanti sfere di interessi.

Risulta ora in modo positivo che i giapponesi abbiano ottenuto in Etiopia delle larghe concessioni per piantagioni di cotone e quello che già conta anche per avviarvi la propria emigrazione.

Fino a che il Giappone si limitava alla propria espansione demograficocommerciale sulle coste della California e nell'Oceano indiano la cosa poteva !asciarci più o meno indifferenti, ma ora dobbiamo esaminare il problema sotto un altro aspetto. È perciò che il Capo del Governo può dichiarare in modo preciso al Signor Litvinoff che noi eviteremo in qualunque modo di incoraggiare la politica espansionistica giapponese e che combatteremo tutte le 1niziative che tendano a favorire tale politica.

Nel vicino Oriente, nei Balcani e nell'Europa danubiana, l'Italia manifesta anche la propria volontà di pace. Abbiamo un accordo molto intimo con la Grecia e con la Turchia, che è base della stabilità politica dei Balcani.

Abbiamo potuto opporci fino ad ora alla Piccola Intesa perché questa faceva una politica che entrava nel gioco francese. Ora i rapporti itala-francesi sono migliorati e tutto ciò ha avuto una notevole ripercussione nei nostri rapporti con la Jugoslavia e con gli altri Paesi della Piccola Intesa.

Nei riguardi dell'Austria si è già detto qual'è stata la nostra azione.

Il Capo del Governo vorrebbe poi sapere che cosa pensa Litvinoff di una eventuale ripresa di rapporti con l'Ungheria. Per quanto rigua.rda le relazioni economiche fra Italia e Russia, il Capo del Gov,erno è d'accordo di svilupparle al massimo grado.

Il Capo del Governo deve osservare infine che egli ha seguito col massimo interesse la missione di Litvinoff 1n America ed ha appreso con soddisfazione il risultato raggiunto, che garantisce ai sovieti il riconoscimento politico e diplomatico da parte della Confederazione americana.

Litvinoff ringrazia vivamente il Capo del Governo per la chiara e fresca esposizione fattagli del punto di vista italiano sui maggiori problemi mondiali. Apprezza tanto più queste dichiarazioni in quanto vengono da chi è stato il primo a dare un riconoscimento nel mondo inte,rnazionale alla Unione dei Sovieti. Egli tiene subito ad affermare che anche la Russia persegue nel modo più assoluto una politica di pace. È lieto di constatare l'originalità della politica dell'Italia che, pur appartenendo al gruppo delle nazioni vincitrici, fa una politica diversa da quella francese che si attacca dispemtamente ad ogni clausola dei trattati di pace e pur aiutando la Getrmania non segue la linea politica della stessa. Questa sua indipendenza politica fa molto apprezzare in Russia la buona intesa con l'Italia. D'altronde fra l'Italia e la Russia non ci sono motivi di dissidio né divergenze. L'unione dei Sovieti ha abbandonato definitivamente Ja politica panslavista. La penisola Balcanica per la Russia è abitata non da slavi, ma da popoli balcanici. La Russia non ha in detta penisola interessi particolari e quindi è disposta ad appoggiare la politica italiana. Ciò le riesce particolarmente agevole pe,r il fatto che l'Italia è in perfetta intesa con la Turchia con la quale la Russia ha a sua volta una stretta alleanza e che vuole sostenere con tutti i mezzi morali e altri.

Litvinoff ha inteso che nei riguardi della politica balcanica la Turchia tende verso un accordo turco-greco-bulgaro e che tale è anche l'opinione dell'Italia.

Per quanto riguarda la Società delle Nazioni Litvinoff deve dichiarare anche da parte sua che il suo Paese non ama l'Istituto ginevrino e quindi in ciò siamo d'accordo sebbene la situazione dei nostri due Paesi sia diversa

in quanto l'Italia bene o male è uno dei Paesi della società ginevrina, mentre la Russia ne è completamente fuori. La Russia ha partecipato alla Conferenza del disarmo e dichiara di avere interesse soltanto al disarmo. Se o,ra la conferenza dovesse abbandonare il principio del disarmo per stabilire H riarmo della Germania, l'Unione dei Sovieti dichiara di disinteressarsi della questione. Essa non è legata al Trattato di Versailles; la Germania non ha nessun obbligo verso di lei e quindi la Russia non intende intervenire. Certamente da un punto di vista generale sarebbe bene evitare che la Germania riarmasse, portando tutti gli altri paesi a una corsa agli armamenti.

Secondo Litvinoff, Ginevra per quanto riguarda il disarmo è finita, e ciò non per il fatto che la Germania ne sia uscita, ma perché il Giappone non accetterà mai nessuna forma di disarmo né il controllo.

Il Capo del Governo rileva che il Giappone ha già dichiarato apertamente

tale suo atteggiamento.

Litvinoff deve dichiarare però che in Russia non si ama nemmeno il Patto a quattro. Egli non dubita che il Patto a quattro non sia diretto contro la Russia; gli basta come garanzia il fatto che il Capo del Governo italiano ne è l'autore. Ma il Patto a quattro non prevede solo le discussioni di questioril attinenti al disarmo, ma va molto più in la. Può essere che doonani fra le quattro Potenze si discutano, in assenza della Russia, problemi che interessino molto da vicino il suo Paese.

Il Capo del Governo ribatte che in tal caso la Russia non sarebbe assente ma parteciperebbe alle discussioni.

Litvinoff mette fuori questione le buone disposiZiioni del Capo del Gove,rno a tale riguardo, ma teme che in pratica le cose potrebbero svolgersi anche in modo diverso.

La Russia, perseguendo la propria politica di pace, tende a stabilire delle relazioni -e possibilmente delle buone relazioni -con tutti i Paesi del mondo senza fare delle discrimtnazioni. Naturalmente ciò si riferisce anche all'Ungheria. E con ciò risponde alla domanda del Capo del Governo. Anzi aggiunge che qualche anno fa, quando Kanya era Ministro di Ungheria a Berlino, si era già arrivati a preparare un accordo fra i due Paesi, che poi non divenne effe,ttivo per opposizione dell'Ungheria. Anche oggi è disposto a riprendere in qualunque momento le trattative.

Litvinoff ha ascoltato con viva soddisfazione le dichiarazioni fatte dal Capo del Governo nei riguardi del Giappone. La Russia è molto preoccupata pe,r la situazione dell'Estremo Oriente. Il Giappone è oramai padrone del Manciukuo. L'amministrazione autonoma non è che una mascheratura -e si è fatto particolarmente provocatore anche nei riguardi della Russia. La Russia è disposta a rinunciare ai suoi diritti sulla Ferrovia Est-Cinese, ma vorrebbe qualche compenso per il rilevante numero di milioni da essa spesi per tale Ferrovia.

Se ora il Giappone è in un momento di tranquillità, ciò non è che una fase di attesa determinata forse dagli armamenti della Russia in Estremo Oriente, nel quale settore oggi le forze russe sono superiori alle forze giapponesi. Se non fosse così il Giappone avrebbe forse già attaccato.

Litvinoff spera anche molto sull'effetto morale del recente accordo negli Stati Uniti. In tale riguardo egli può dire che nella valutazione del problema dell'Estremo Oriente, si è trovato perfettamente d'accordo con Roosevelt.

Il Capo del Gov,erno chiede se gli Stati Uniti considerino con reale preoccupazione l'evoluzione della polltlca g1appones~.

Litvinoff risponde affermativamente. A parte l'influenza esclusiva che 11 Giappone vuole avere nei territori dell'Estremo Oriente, gli americani sono vivamente seccati della necessità di riprendere la corsa agli armamenti, non potendo rimanere in una situazione di inferiorità dl fronte ad un vicino così turbolento e prepotente come il Giappone.

Il Capo del Governo chiede se col Manciukuo le aspirazioni giapponesi in Cina siano esaurite.

Litvinoff risponde che ciò è ben !ungi dalle aspirazioni giapponesi. Essi vogliono controllare tutta la Cina o almeno la Cina fino al Yang-tse-Kiang, e perciò ricorreranno a qualunque mezzo. Il Giappone non ha nessun vincolo morale nel campo internazionale.

Il Capo del Governo chiede se la Cina potrà opporre qualche resistenza.

Litvinoff non lo crede. Certamente non da sola. Ci vorrebbe un appor.to morale con la costituzione di un frante unico di solidarietà delle altre Potenze. Oggi più o meno tutti si sentono minacciati da ques.ta nuova applicazione della dottrina di Monroe all'Asia. Certamente se le Potenze avessero potuto prevedere quello che oggi avviene e fossero state più energiche all'inizio della vertenza cino-giapponese, il Giappo.ne non avrebbe avuto il coraggio di andare tanto avanti. Ma allora pareva che la Gran Bretagna favorisse il Giappone; la Francia a Ginevra era anche molto tenera per iil Giappone e l'Italia stessa non ha fatto nessuna resistenza. Oggi questi Paesi si sono ricreduti. In Gran Bretagna anche i conservatori che sono i più filo-giapponesi, hanno cambiato idea dinanzi alla invadenza del Giappone in India.

Il Capo del Governo chiede se oramai secondo llitvinoff tutte le grandi Potenze siano sulla stessa linea di fronte all'atteggiamento giapponese.

Litvinoff risponde di sì, salvo la Germania.

Il Capo del Governo chiede se Litvinoff non ritenga possibile un miglioramento dei rapporti <tra il Governo dì Hitler e l'Uniooe dei Sovieti.

Litvinoff risponde che la cosa gli pare difficile perché la tendenza nazista anti-russa è troppo manifesta. Basta avere letto il libro di Hitler «Mein Kampf) per él.'endersene conto; oltre i discorsi di Rosenberg e le proposte di von Papen.

A quest'ultimo riguardo il Capo del Governo osserva che voo Papen ha spiegato direttamente a lui la cosa: insistendo una volta Herriot particolarmente sulla questione della sicurezza, von Papen ha osservato -in forma quasi paradossale -che la miglior sicurezza sarebbe l'alleanza militare con la Germania.

Litvinoff ribatte che però gli consta in modo preciso che von Papen abbia fatto delle proposte per una alleanza franco-tedesca che sarebbe evidentemente diretta contro la Russia e che del resto non dovrebbe piacere neanche all'Italia.

La politica nazista è anti-.russa. Ci potranno essere dei momenti in cui questo loro sentimento sarà mascherato, ma poi fatalmente ritornerà a galla.

Il Capo del Governo è d'accordo nel valutare i pericoli di una alleanza franco-tedesca. È persuaso però che la Francia non vi accederà: essa sarebbe, anche per la .inferiorità numerica della sua popolazione, al seguito della Germania.

Litvinoff pensa che per ora ques.to non avverrà ma la questione potrà ripresentarsi quando la Germania fosse riarmata. Allora la Francia potrà trovarsi di fronte al dilemma: o un'alleanza con la Germania o una guerra contro la Germania. Non è escluso che per guadagnare qualche anno di pace la Francia aderisca all'alleanza. Naturalmente la Germania sfrutterà l'alleanza francese per le sue aspirazioni territoriali: il corridoio, l'Anschluss, territori abitati da tedeschi in altri Stati ecc. Dopo di che ·risorgerà in pieno la questione dell'Alsazia Lorena.

n Capo del Governo ritiene però che la Francia ci penserà bene prima di mettersi per una tale strada. Oltre al resto la Francia in tal caso rinuncerebbe al suo sistema di alleanze Piccola Intesa, Polonia ecc.

Litvinoff osserva che Hitler è riuscito a spingere la Russia verso la Francia. La Russia deve precedere la Germania nella conclusione di accordi con la Francia. Egli lo ha fatto sapere anche a Berlino. Non può però escludere il caso che un giorno la Francia si presenti alla Unione dei Sovieti proponendole un'alleanza sotto la minaccia, in caso diverso, di fare una alleanza con la Germania.

II Capo del Governo chiede che impressione abbia Litvinoff degli accordi tedesco-polacchi.

Litvinoff risponde che sono effimeri. I tedeschi ed i polacchi saranno sempre divisi pe,r la questione del corridoio. Né la Germania né la Polonia vi possono rinunciare.

A conclusione dell'odierno colloquio Litvinoff esprime la propria soddisfazione per il chiarimento che ne è risultato. Rimane la questione dello scambio delle ratifiche del recente accordo che potrà aver luogo quanto prima a Mosca. C'è poi ancora la questione rela.tiva all'accordo commerciale che egli sarebbe disposto a prolungare per un altro anno. II Capo del Governo non ha nulla in contrario, e dà incarico all'On. Suvich di occuparsene.

II capo del Governo esprime a sua volta la soddisfazione per questo colloquio che è riuscito di grande utiìità. Si è dimostrato l'assenza di contrasti fra i due Paesi e l'identità di vedute su molte delle questioni principali.

Halia e Russia possono svolgere una buona opera in comune e a questo fLne sarà bene che i due Governi si tengano in stretto contatto.

(l) Al colloquio era presente Suvlch. Non si pubblica un lungo appunto sulla politica estera dell'U.R.S.S. redatto in preparazione di questo colloquio.

438

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4753/572 R. Washington, 4 dicembre 1933, ore 14 (per. ore 22,50).

Telegramma di V. E. n. 485 e telegramma n. 570 (1).

Facente funzioni segretario di stato mi ha detto che progetto di nota da me sottopostogli poteva essere considerato soddisfacente purché dopo parole « ulteriori pagamenti di l milione di dollari » vengano aggiunte parole seguenti: «come riconoscimento debito in attesa di un regolamento finale-,.

Ho osservato che riferimento alla nota italiana del 14 giugno conteneva già implicitamente stesso concetto.

A ciò signor Phillips ha ribattuto che ragioni di opportunità riguardante presentazione della corrispondenza al pubblico americano esigevano che menzione del riconoscimento debito venisse ripetuta esplicitamente. Stessa frase è del resto contenuta nella nota recente con Inghilterra. Sottosegretario di stato

mi ha sottoposto a sua volta progetto di risposta che trasmetto a V. E. con telegramma a pa·rte (1).

Osservo che seconda parte schema americano non è che la ripetizione letterale delle considerazioni contenute nella risposta ameil'icana alla nota inglese del giugno scorso nonché della dichiarazione fatta dal presidente il 7 novembre in occasione scambio di note anglo americane.

Mi permetto esprimere avviso che aggiunta desiderata da dipartimento di stato e prog.etto americano sono entrambe accettabili. Resto in attesa comunque autorizzazione di V. E. per procedere scambio di note.

(l) Cfr. n. 433 e nota l allo stesso, p. 471.

439

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRU XELLES, VANNUTELLI REY, A BUENOS AIRES, ARLOTTA, A LONDRA, GRANDI, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A RIO DE JANEIRO, CANTALUPO, A SANTIAGO, PEDRAZZI, A TOKIO, AURITI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI A L'AJA, TALIANI, AD ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, AL CAIRO, PAGLIANO, A COPENAGHEN, CAPASSO, AD HELSINKI TAMARO, A KAUNAS, AMADORI, A LISBONA, TUOZZI, AD OSLO, DE MARSANICH, A PRAGA, ROCCO, A RIGA, MAMELI, A A SOFIA, CORA, A STOCCOLMA, PATERNò, A TALLINN, TOSTI, E A VIENNA, PREZIOSI

T. R. 2107/C.R. Roma, 4 dicembre 1933, ore 20.

In occasione visita Litvinoff da parte stampa estera si è insistito su possibilità allargamento patto a quattro. Si continua pure a pubblicare che Governo italiano intenderebbe proporre nuovo piano per conferenza disarmo.

Per sua opportuna e personale informazione e per norma faccio presente:

l) che il Governo italiano non ha alcuna intenzione di procedere ad allargamenti del patto a quattro. Patto a quattro per la sua stessa economia prevede già collaborazione con tutte le Potenze interessate. Non si vede quindi necessità di toccare la sua costituzione;

2) che Governo italiano non ha in ogni caso per il momento intenzione di prendere alcuna iniziativa per quanto concerne conferenza del disarmo né di proporre nuovi piani, se anche per la quistione disarmo esso sia in rapporto coi maggiori Governi, specialmente con quello inglese.

Quanto a Società Nazioni aggiungo che ordine del giorno del Gran Consiglio, convocato per 5 dicembre prossimo, porta al n. 3 indicazione: «L'Italia e la Società delle Nazioni».

35 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

(l) T. 4755/573 R., parl data, non pubbllcato.

440

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARLOTTA

T. 2109/199 R. Dicembre, 4 dicembre 1933, ore 23.

Telegramma di V. E. n. 275 e precedenti (l).

È evidente che nostra adesione non potrebbe avere largo significato nel senso indicato da codesto ministro esteri altro che se invito ad aderie fosse stato limitato, quanto all'Europa, a noi soltanto e tutt'al più alla Spagna, e quanto agli altri paesi fuori dell'America meridionale, agli Stati Uniti. Pare invece che tale invito sia stato rivolto anche ad altri stati europei quantunque per ora non sieno che stati minori. Mi rendo conto tuttavia che adesione italiana possa non essere priva di interesse specie se sia data tempestivamente e quindi prima di altri stati. V. E. è pertanto autorizzato a comunicare a codesto Governo (preferibilmente a voce) che R. G. è pronto a dare sua adesione di massima al patto antibellico sud-americano in conformità criteri pacifici e ricostruttivi a cui esso si ispira e in armonia coi rapporti di amicizia che tntratteniamo con codesto e con altri Governi sud-americani: che si riserva tuttavia di stabilire e comunicare in p:rosieguo di tempo la precisa formula di ades.ione.

Rio de Janeiro informato (2).

441

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 353/215. Belgrado, 4 dicembre 1933.

Verso la fine del mio colloquio di cui mio telespresso odierno N. 9676/2907 <3), ho fatto rilevare a Jeftic quanto V. E. aveva detto a Ducic, che cioè se si volevano Inigliorare, anzi mettere su nuova base i rapporti itala-jugoslavi era necessario sbarazzare il terreno da tali non desiderati pericolosi inciampi. Gli

«Le osservazioni sin qui fatte portano a concludere che 11 nuovo patto presenta un certo interesse per gli Stati latino-americani, sop,ra tutto qualora se ne ottenga l'adesione da parte degli Stati Uniti o di Stati europei importanti; mentre nulla o negativa sarebbe perquesti ultimi l'utilità di parteciparvi, massime se si consideri che 11 Patto ha ricevuto ormai una forma definitiva, certo non felice, a cui non è più dato apportare miglioramenti o anche semplici ritocchi ».

ho pure aggiunto (avendomi egli chiesto se avessi visto a Roma S. E. il Capo del Governo) (l) che effettivamente e-ro stato lungamente ricevuto da S. E. il Capo del Governo il quale mi aveva confermato il suo costante pensiero incline oggi più che mai aN'accordo con la Jugoslavia (2).

Jeftic ha subito preso la ;parola e, senza che io lo abbia mai interrotto si è espresso lungamente così: « L'incidente di cui ci occupiamo è sgradevole, ma è cosa in sostanza secondaria. Troveremo rimedio perché questa agitazione, che voi mi dite intensificata dalla primavera in poi, abbia a cessare. Vi è invece qualche cosa di più importante che deve occuparci. Le ragioni che ci spingevano anche l'anno scorso a cercare la base sicura di un durevole accordo, sono oggi più evidenti che mai, e non abbisognano di giustificazioni. La nostra situazione diplomatica vi è nota, non vi è nulla di segreto nei nostri impegni. Come d'altro canto non vi è nulla in essi che ci impedisca di giungere con voi a quel massimo legame che sarà possibile. Credo anzi che o dovremo giungere ad una vera e propria alleanza od attende,re ancora. In ogni caso non dobbiamo cessare dal tentare ancora di comporre i nostrd interessi. Vi sono questioni realmente gravi e serie fra noi, certamente non facili a risolvere. Ma io sono fermamente convinto che riusciremo a superarle purché ci mettiamo con buona volontà e vero desiderio di conclusione. Vi è la questione albanese. Essa fu lo scoglio maggiore dei nostri colloqui passati. Noi vogliamo soltanto che l'Albania non sia una base militare contro di noi, tutto il resto è indifferente. Noi vogliamo che l'Albania non sia un elemento di discordia e di diffidenza fra noi; vogliamo che l'Albania cessi di speculare sui nostri dissensi. Chiarito questo, la vostra posizione in Albania non ci disturba.

Oggi voi stesso vedete una evoluzione nel campo balcanico. Essa vuole condurre alla pace ed alla sicurezza effettiva. Ciò che giova anche a voi, perché nella pace e nella sicurezza balcanica potrete sviluppare i vostri commerci e le vostre attività.

Qualche settimana fa il Ministro d'Inghilterra ha detto al Re: «Maestà, ho ammirato il vostro viaggio balcanico e ne sento tutta la importanza storica. Ma esso non è completo. La tappa maggiore è mancata; la tappa italiana. Senza questa la vostra pace vera non sarà fatta » (Sir Neville mi aveva già narrato di essersi così espresso con Re Alessandro).

Ebbene, noi siamo dello stesso avviso. E siamo pronti ad intraprendere delle trattative concrete quando S. E. Mussolini lo vorrà. Egli vi ha detto essere sempre più con\"into della necessità di una intesa con noi. Ve lo ripeto io pure. Fategli sapere che noi non attendiamo che di ricominciare le trattative.

Debbo però avvertire che S. M. il Re non è più tanto fiducioso come lo era. Egli ha la convinzione di essersi aperto col vostro Capo del Governo con ogni spontaneità, con la maggiore fiducia e sincerità come ad un grande e sicuro amico. Forse l'intermediario era mal scelto (allusione a Malagola), ma era il destino che lo aveva posto fra i due uomini. Comunque la disillusione nel Re è stata grande. *Tuttavia egli mi ha lasciato piena autorità e libertà di trattare se l'occasione si ripresenterà. Ed io sono ottimista. Chiedete a Roma cosa si vuole.

Fra pochi giorni verrà a Belgrado Ducich. Dirò a lui la stessa cosa. Ma se intanto voi avrete una rispostta fatemelo sapere (l) *.

Ripeto che rta1e dichiarazione di cui ho fissato i punti fondamentali non è stata mai da me interrotta. Solo alla fine ho detto che condividevo il suo pensiero di massima; che, personalmete, pensavo che per l'Albania vi potesse essere un terreno di conciliazione dei due punti di vista. Non potevo che essere dolente del mutato pensiero del Re il quale e.ra in torto e riacquisterebbe presto ogni perduta fiducia.

Jeftich, riconfermato ancora il suo desiderio di sapere quale potesse essere una risposta di V. E., ha aggiunto che nessuno dei problemi che sono fra noi dovrebbe essere lasciato nell'oscuro ed all'avvenire. Ma tutti avrebbero dovuto essere ben chiariti e formulati. L'edificio nuovo da costruire doveva essere solidissimo fin dal primo inizio.

Resto ora ·in attesa di quelle istruzioni che V. E. crederà dì darmi. Debbo aggiungere ad ogni buon fine che delle conversazioni Avakoumovich-Cosmelli non è stato fatto da J.eftich neanche il più vago e lontano accenno.

Come si innestano esse dunque sulle nuove che ora dovrebbero aprirsi? Od Avakoumovich è andato più oltre delle istruz,ioni avute e si vuole mettere un freno a qualche sua iniziativa non del tutto approvata (intendiamoci bene che io non faccio che ipotesi), oppure si giudica che gli incontri Cosmelli-Avakoumovich av.endo data qui la sicurezza che V. E. vuole effettivamente giungere all'accordo, esso sia possibile (malgrado qualche difficile richiesta) sulle basi già accennate, e si voglia quindi adesso, accelerando i tempi, fissare con maggior chiarezza temi, argomenti punti?

In ogni coso e per ogni opportuna chiarezza debbo rammentare che già il 13 ottobre Purich mi tenne un discorso che poteva essere interpretato come una apertura, e che Jef.tiJc me la fece ancora più esplicita il 20 ottobre (2). A prescindere dalla comunicazione di Nincich (3), è quindi, la terza volta che in forma sempre più definita ed esplicita si fa per mio mezzo un invito a riprendere le trattative.

È mia subordinata opinione che io non possa restare troppo senza dare

una risposta concreta.

Richiamo infine mio telespresso del 24 nov·embre scorso n. 116 (7).

(-4) Cfr. n. 413.
(l) -T. 4573/274-275 R. del 20 novembre, non pubblicato: riferiva circa un colloquio con il ministro degli esteri argentino sull'eventuale adesione dell'Italia al patto antibellico. I telegrammi precedenti sono riassunti nel n. 426. (2) -Si pubblica qui il seguente brano di un promemoria di Pilotti del 7 dicembre contenente una serie di osservazioni circa 11 carattere e il valore del patto antibelUco sudamericano:

(3) Non pubblicato.

(l) -A questo proposito debbo narrare che subito dopo il mio ritorno da Roma mi incontrai con questo Ministro d'Inghilterra il quale mi disse: «So che siete stato a Roma e che siete stato lungamente ricevuto da Mussolini ». Ed io a lui: «E come lo sapete 1>? «Forse penso che lo indovinate, il che è facile perché essendo stato a Roma ed il Capo del Governo essendo anche Ministro degli Affari Esteri, è più che probabile che io mi incontri con lui». Henderson di rimando: <<No, lo so». Ed io: «E da chi e come»? Henderson: «Ieri dal Re». Questi mi ha detto: «Galli è stato a Roma, so che ha visto Mussolini, sapete voi cosa gli sia stato detto»? Ma Henderson non avendomi ancora veduto non aveva nulla da dire. Allora ad Henderson ho sommariamente accennato quello che V. E. mi aveva autorizzato a dire qui. Noto che questa informazione pervenuta al Re è singolare, come significativa la sua curiosità di sapere quale fosse stato il risultato del collouio con S. E. il Capo del Governo. [Nota del documento]. (2) -Sul colloquio Mussolin1-Gall1 non è stata trovata documentazione. (l) -Il brano fra asterischi è stato sottolineato da Mussolini. (2) -Cfr. n. 308 e nota l, p. 339. (3) -Su questa comunicazione di Nincié, avvenuta alla fine di ottobre (cfr. n. 452) non si è trovata documentazione.
442

IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSO LINI

APPUNTO. Roma, 4 dicembre 1933.

Con la lettera pervenutami ieri (l) e vista da V. E., il signor A vakumovic partecipa di trovarsi domani a Venezia e che sarebbe Ueto di vedermi.

Giusta le istruzioni di V. E., mi troverei domani a Venezia.

Secondo le ultime intese e conversazioni di Roma della fine di ottobre (2), il Signor Avakumovic dovrebbe essere latore della risposta jugoslava ai chiarimenti, alle risposte da noi date ai quesiti che allora ci furono posti da parte jugoslava, nonché latolle della risposta jugoslava alle richieste che da parte nostra furono fatte.

Le conversazioni dell'ottobre scorso si svolsero sui seguenti punti:

l) -Richiesta del nostro punto di vista su questioni di carattere di politica generale, in particolare: a) -revisione; b) -Asburgo; c) -Anschluss; d) -Albania; e) -Rapporti con Bulgaria e Ungheria; f) -Piccola Intesa.

Su tali questioni demmo chiarimenti sufficienti per una prima conversazione tra elementi non responsabili.

2) -Espresso da parte jugoslava il desiderio di procedere oltre per una modifica di rapporti con noi, ci v,eniva chiesto di far conoscere quali le condizioni da noi poste per un miglioramento di rapporti.

Fu allora che venni autorizzato a dare chiarimenti sui punti di politica generale di cui al n. l, aggiungendo che prendevamo nota anche del desiderio jugoslavo di offrirei una larga contropartita economica, ponevamo delle questioni da discutere quali consorzio portuale per Fiume, minoranze italiane in Dalmazia; ci dichiaravamo propensi ad offrire un trattato politico della durata anche di quindici anni e che potrebbe assumere il valore anche di un'alleanza e con relativo accordo di carattere militare. Contropartita al trattato politico dovrebbe essere la cessione delle due isole di Veglia ed Ugliano.

V. E. ricorda che il signor Avakumovic fece le più vive riserve e resistenze sulle eventuali cessioni territoriali e su istruzioni di V. E., senza ritirare in nessun modo la richiesta di tali cessioni, gli lasciai intendere che egli poteva partire e che nel nostro pensiero ritenevamo che egli sarebbe anche potuto ritornare.

A rigore quindi egli dovrebbe oggi portare una risposta jugoslava. Intenderei quindi prima di tutto ascoltarlo e dipenderà. naturalmente dall'interesse che potrà presentare la sua risposta, in quanto questa rappresenti un progresso verso le nostre posizioni, per !imitarmi ad una semplice ascoltazione o a dargli qualche ulteriore precisazione. Di massima mi manterrò in termini generali, accentuando la difficoltà di impegni nell'attuale fase di situazione internazionale,

facendo però intendere che l'intera cosa ci interessa e che può essere utile non perdere il contatto. Farò anche accenno, in modo che cadrà opportuno, ai recenti incidenti e a certi noti atteggiamenti jugoslavi.

La ulteriore permanenza a Venezia del signor Avakumovic dipenderà dall'interesse di quanto egli sarà per dire e cercherò di Hssare un nuovo incontro tra due o tre settimane.

(l) -Non pubblicata. (2) -Stc, ma della fine di settembre, cfr. nn. 217, 218 e 228.
443

PROGETTO DI DELIBERAZIONE DEL GRAN CONSIGLIO (l)

[Roma, 5 dicembre 1933].

Il Gran Consigilo del Fascismo, dopo aver discusso la situazione della Società delle Nazioni, è venuto nella decisione di condizionare la ulteriore permanenza dell'Italia a una profonda riforma di quell'organismo, da effettuarsi nel più breve termine di tempo e che deve investire la Società delle Nazioni, neiJ.la sua costituzione, nel suo funzionamento, nel suoi obiettivi *nella sua costituzione poiché l'attuale partendo dal presuppos·to democratico, ma antistorico dell'uguaglianza lineare di tutti gli Stati è falsa; nel funzionamento poiché ha tutti gli inconvenienti delle tramontanti Assemblee parlamentari in piena decadenza ovunque: negli scopi che devono essere nettamente stabiliti, limitati e rispettati.

n Gran Consiglio ritiene che la Società delle Nazioni se vuole vivere deve aggiornarsi e adeguare le sue forme e il suo spirito alla nuova realtà politica europea* (2).

444

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 2828/1316. Varsavia, 5 dicembre 1933 (per. Z'11).

Ho rif·erito con precedenti rapporti circa il valore e la povtata del riavvicinamento polacco-tedesco che iniziatosi il maggio scorso ha compiuto la prima tappa con la mutua dichiarazione di non concorso alla forza e di conversazioni dirette. Faccio seguire oggi talune considerazioni sulla situazione attuale della Polonia nei confronti dell'Italia e sul piano europeo.

Comincio col rilevare che se la Polonia per la sua posizione eccentrica e per la sua limitata libertà di azione ha potuto fino a ieri rappresentare un re-lativamente modesto fattore rispetto all'entità dei problemi che i trattati di pace hanno imposto all'Europa, oggi per un insieme di circostanze che hanno favorito l'ambizione -o la necessità? -polacca di valorizzare il proprio apporto e mi

gllorare la propria posizione nel concerto europeo, sarebbe un errore non riconoscere che Varsavia ha raccorciato per così dire le distanze con l'Europa e, -dando prova di volere agire in piena libertà senza cioè considerarsi legata oltre lo spirito dei patti alle sue alleanze -allargato la sua sfera di azione e conquistato fuori dell'ombra di Parigi, un proprio posto al sole.

Quando Mosca e Berlino le erano entrambe ostili, gli sforzi -modesti e debitamente autorizzati dal Qual d'Orsay -della diplomazia p()lacca erano diretti a conquistare una posizione nella basse cour dei nuovi Stati baltici che temeva allo stesso modo l'orso russo e il lupo tedesco. Era quella l'epoca delle illusioni sui trattati intangibili che Ia Francia dispensava generosamente ai suoi alleati guadagnando sorrisi consensi e simpatie in tutti quei Paesi che dalla revisione non possono aspettarsi che un danno. La Polonia pensava seriamente allora ad una combinazione baltica che potesse nascere sotto le ali dell'aquila bianca e le servisse a quel raccorciamento di ddstanza che le era e le è indispensabHe di realizzare fra essa e l'Europa occidentale per entrare a far parte del concerto europeo ed in seno a quello trovare un più sicuro coordinamento dei suoi inter·essi.

Non è da meravigliarsi se, ·tardando a stabilizzarsi lo statu quo e guadagnando invece rapidamente terreno in Europa la corrente capeggiata da Roma, favorevole ad un riesame della situazione internazionale, apparendo sempre meno solide ed eseguibili quelle clausole dei trattati per le quali lo spirito della guerra si era voluto trasportare nella pace, la Polonia abbia compreso che le convenisse di accantonare i progetti di dubbio rendimento per volgersi a più concreti disegni, affrontando prima di tutto i problemi storici della sua .esistenza, i quali sono tre: quello della convivenza con Ja Russia, quello della convivenza con la Germania e quello del suo concatenamento all'Europa.

Le complicazioni in estremo oriente che richiamarono la Russia a considerare con attenzione e senza preconcetti la sua posizione in Europa, facilitarono alla Polonia il compito di cercare con i Sovieti una base di intesa e di realizzare un fatto di grande effetto morale: l'amicizia con la Russia e la garanzia della propria frontiera orientale.

Sarebbe certo esagerato considerare la cosa come un avvenimento storico, si potrebbe anche e con ragione, domandare quale sia il valore effettivo di quel patto di non aggressione concluso con un Paese che è notoriamente nell'impossibilità di fare una guerr·a fuori dai suoi confini, ma tutto questo non significa che non siasi modiHoata una situazione sostituendo un'amicizia ad un'avversione e sbarrando una delle strade dell'invasione straniera.

Né si potrebbe negare che innestando 8e stessa nella politica della Russia verso l'Europa, Varsavia non abbia in qualche modo avvicinato se stessa a quel sistema di cui i Sovieti, prima combattuti e poi boicottati, sono sempre più chiamati a far parte come fattore indispensabile di collaborazione europea.

Sfruttando non senza qualche abilità il nuovo stato di fatto e profittando delle mig1iorate reciproche disposizioni della Russia e della Rumania, la diplomazia polacca ha potuto avere poco dopo la soddisfazione di svolgere per la prima volta un'azione da Grande Potenza, riuscendo a ricondurre su una buona via i due vicini.

In tal modo, quando Litvinoff a Londra ha voluto garantire la frontiera occidentale dei Sovte1Ji con un accordo generale che andasse dal Baltico al Mar Nero, egli ha potuto realizzare il suo piano senza alcuna soluzione di continuità ottenendo l'adesione di tutti gli Stati confinanti.

Non si può negare che la Polonia non abbia in tale occasione riaffermato un certo pr:estigio nei piccoli Stati baltici ed anche in Rumania. Da ultimo è giunto -logico e starei per dire assai naturale dato il momento -il fatto nuovo con la Germania.

La Polonia lavora nell'oriente continentale mirando a quello scopo che la Turchia persegue da tempo con la sua azione nell'oriente mediterraneo e balcanico. E cioè conquistare tanto prestigio e tale posizione da non poter essere considerata come « quantité négligeable » il giorno che sembra avvicinarsi fatalmente, della revisione dei valori degli Stati Europei e del loro ordinamento gerarchico.

La Polonia mostra di avere più metodo e maggiori possibilità. Beck è meno confusionario di Tewfik Ruschdi ed è più freddo calcolatore.

Si direbbe è vero che nel loro sogno di far conquistare al proprio Paese una posizione in Europa, i dirigenti polacchi trascurino gli elementi negativi che sono propri della razza e non vanno perduti di vista, ma se a quelli positivi che indubbiamente esistono nel Paese, *si aggiunge una natalità in continua crescenza ed un esercito modernissimo, disciplinato e di alto spirito mili:tare * (1), si comprende com'essi -nella febbre dell'ora che sembra non consenta peJ:"dite di tempo -accampino dei diritti e vogliano prima di ogni altJ:"a cosa assicurarsi di essere pronti a ghermire l'attimo fuggente che passa una volta sola a portata di mano dei popoli.

.Conquistata per la prima volta nella storia ed in un momento internazionale così incerto, la certezza della tranquillità con i temibili vicini dell'Est e dell'Ovest, la diplomazia polacca si volgerà con rinnovato ardore ad ottene·re con qualsiasi mezzo l'ultimo posto nel ristretto cerchio delle Grandi Potenze, e per raggiungere queso scopo non nasconde di essere pronta a fare dei sacrifici.

Con la diligente obbedienza alla Francia durata fino ad ieri, non lo è riuscito. E del resto è forse ancora la Francia in tale posizione di predominio e di prestigio che le consenta di dirigere la politica europea, o non appare già essa condannata a lasciare ad aUri ogni iniziativa per badare a difendere quel che possiede?

Nella sua politica che Beck ha definito «d'indipendenza», si avrebbe torto a non vedere ch'essa è inspirata dalla realtà più che da qualche risentimento verso l'alleata. In ogni caso essa si mostra abile e realizzatrice perché mentre riesce a togliere dal piede della Polonia i grossi pesi dai quali era immobilizzata, non compr:omette quel tanto d'interesse che il Paese può avere a mantenere legami che potrebbero essergli utili in speciali circostanze.

Ed è su questo che mi permetto di attirare l'attenzione dell'E. V. sembrandomi che non solo nel nostro interess,e, ma anche da un punto di vista generale sarebbe desiderabile che la Polonia venisse invece a trovarsi sempre più nena

necessità di considerare lo scarso valore che i suoi legami con la Francia rappresentano per l'avvenire.

La mossa tedesca che ha creato prima Ja détente e poi la nuova situazione, è importante anche in quel senso, così come ha utilmente servito a dare la prova che Varsavia non è Praga, e che quando si tratta di suoi interessi vitali, Parigi non può impedirle di agire in tutta libertà.

Oggi la situazione è più chiara. Anche Poncet è andato a vedere Hitler ed anche il Quai d'Orsay si accinge a denti stretti a fare delle conversazioni con Hitler, ma ~a Polonia ha preceduto la Francia su questa via, ed un principio di accordo .fra Germania e Polonia è in atto su una intesa tacita, od espressa non so, di non toccare le questioni territoriali. Già da tempo segnalai a V. E. che la base di un principio di accordo polacco-tedesco non poteva essere che quella e mi permisi di aggiungere che sarebbe stata da parte nostra desiderabile perché si sarebbe così messa da parte per il momento una grossa questione che data l'ostilità fra i due Paesi avrebbe potuto mettere in pericolo la pace il giorno stesso che altri avessero dovuto occuparsene.

Il fatto che la Germania abbia così di sua iniziativa messo in secondo piano una delle questioni che più la interessavano -o come si ripeteva spesso, la offendevano -e che abbia trasportato aUrove il fronte principale deUa sua battaglia, consente anche all'Italia una maggiore libertà nei confronti della Polonia e permette di prendere in esame con qualche attenzione il nuovo indirizzo della politica estera di questa.

La Polonia si è spostata sensibilmente e deliberatamente dal terreno tattico francese: a) abbandonando preconcetti e riserve nei confronti tedeschi b) svalutando la Società delle Nazioni ed ora anche attaccandola nei giornali ed in una conferenza alla Radio dello stesso Ministro degli Esteri, c) rifiutando tenacemente di servire gli interessi francesi sia in senso negativo nei confronti della Germania, come in senso positivo in quelli della Piccola Intesa.

Di altrettanto ed anche più, essa è venuta a mettersi sulla linea ita'llana: a) col suo atteggiamento nei confronti dell'Ungheria e la sistematica svalutazione della Piccola Intesa, b) con l'accoglimento immediato del progetto italiano per l'Europa danubiana, c) con la nuova politica nei confronti della Germania, d) con la moderazione in tema di disa.Tmo e l'accettazione del punto di vista di V. E. di procedere a piccole tappe, e) con l'offerta di collaborazione fattaci a Ginevra, nei giorni stessi del colloquio Beck-Goebbels e von Neurath che fu il preludio dell'1ntesa con la Germania.

Sarebbe dHficile non riconoscere che si tratta di un nuovo indirizzo fattosi più concreto in questi ultimi mesi, dopo cioè le iniziative dell'E. V. che se in un primo tempo hanno sgomentato i di·rig·enti polacchi, hanno poi avuto l'effetto di richiamarli alla realtà.

A quell'offerta di collaborazione si attendeva forse Varsavia che sarebbe seguita da parte nostra una frettolosa conclusione? Ritengo qualcosa di simile. Non ho mancato infatti di segnalare di tono più cordiale di Beck del quale si è avuta conferma quando egli ha dato istruzioni a Wjsocki di comunicare a V. E., subito dopo la conv·ersazione Lipski-Hitler, i termini integrali di essa. Nel darmi notizia di questo, Beck mi aveva detto di aver voluto mettere V. E. al corrente anche di quello che nel comunicato ufficiale non appariva.

Si sono attesi con impazienza i commenti italiani che negli ambienti della stampa ufficiosa si voleva contrapporre ai commenti francesi alquanto agri, e qando si è constatato il nostro disinteressamento non si è nascosto un certo dispiace11e.

Da allora risorgono i sospetti verso di noi e rispuntano accenni ostili all'Italia su quella stessa stampa che il mese scorso aveva pubblicato articoli ammirativi per l'opera di V E. rigeneratri:ce del Paese, e per il Fascismo.

Due giorni fa a Poznan, in occasione della celebrazione ariostesca le persone che mi hanno avvicinato, Generali, Prelati, Professori di Università, Membri dell'Aristocrazia, mi hanno parlato di una pretesa avversione italiana alla Polonia di cui i giornali ricominciano a scrivere, spiegandola a loro modo.

Così oggi L'Ilustrowany Kurjer CodZienny afferma che l'Italia volendo farsi intermediaria fra Russia e Germania penserebbe di offrire a Berlino il Corridoio polacco, e ieri il Kurjer Warszawski rilevando un articolo di Gravellì scopriva in esso l'intenzione dell'Italia di scambiare il Corridoio contro la rinuncia dì Hitler all'« Anschluss ~.

Ricomincia dunque a formarsi un'atmosfera pesante nei nostri confronti che sarebbe opportuno, a mio avviso, dissipare in qualche modo. Tanto ho ritenuto di dover sottoporre al.l'E. V ...

(l) -Da ACS (Segreteria particolare del Duce, Gran Consiglio), autografo di Mussolinl. (2) -n brano fra asterischi venne soppresso nel testo della dichiarazione definitiva ed. sul giornali del 6 dicembre.

(l) Il passo tra asterischi è stato sottolineato da Mussolln!.

445

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4773/744 R. Berlino, 6 dicembre 1933, ore 14,59 (per. ore 17,30).

Mio telegramma 739 (l). Riassumo quanto mi riferì questo ambasciatore d'Inghilterra circa il suo colloquio di ieri col cancelliere Hitler alla presenza di Neurath.

Phipps cominciò conversazione dicendo che sarebbe apparso necessario al Governo britannico che Hitler precisasse quali sono le garanzie di pace che egli intende dare alla Francia affinchè questa Potenza si induca ad assumere atteggiamento più conciliante verso 1a Germania nella questione degli armamenti.

Hitler rispose che da vari mesi si domanda che cosa intende Francia per «sicurezza ».

Menzionò armamenti e sistema difensivo della vicina occidentale, disse che egli sarebbe un pazzo se pensasse ad attaccare Francia e domandò che cosa potesse dire oltre a quanto già dichiarò per provare sue intenzioni pacifiche.

Hitler aggiunse che se Francia nutriva ciononostante timori, avrebbe potuto concludere una alleanza difensiva con Inghilterra che Germania avrebbe salutato come garanzia di pace.

Phipps obiettò che timori della Francia concernono non eventualità di un attacco tedesco ad occidente ma quello di una aggressione della Germania contro Polonia Cecoslovacchia, sue alleate. (Continua col N. successivo) (2).

(1) -T. per corriere 4790/739 R. del 5 dicembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 447.
446

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO

T. 2120/494 R. Roma, 6 dicembre 1933, ore 18.

Telegrammi di V. E. nn. 572 e 573 circa debiti (1).

V. E. è autorizzato a procedere scambio note di cui ai due suddetti telegrammi.

Per opportuna informazione e norma le vengono telegrafate a parte deliberazioni Gran Consigilo del 5 corrente relative allo stesso argomento (2).

447

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4781/745 R. Berlino, 6 dicembre 1933, ore 19,27 (per. ore 23).

Il seguente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente (3).

Hitler rispose che egli è disposto e anzi desideroso di concludere con tutti gli Stati confinanti, da ogni parte, patti di non aggressione aventi la durata di 10 anni, in modo che l'Europa avesse dinanzi a sé un periodo lungo di pace e che lo Stato che contravvenisse a tali patti si attirasse inimicizia e ostilità di tutto il mondo.

Entrando in materia di disarmo, Hitler, interrogato da ambasciatore d'Inghilterra circa ragione della sua richiesta di una milizia di 300.000 uomini che appariva eccessiva, dichiarò che egli aveva chiesto tale cifra commisurandola al 25 % delle forze complessive degli eserciti degli Stati che circondano la Germania e che allo stesso quantitativo sarebbero state commisurate le richieste tedesche in materiale di aviazione. (Osservo che a me fu sino ad ora parlato del 20, quanto riguarda gli aeroplani).

Hitler concluse accennando alle difficoltà di giungere a un accordo con la Francia data l'instabilità e la debolezza dell'attuale come del precedente Governo francese.

Cancelliere dichiarò che egli riponeva ogni fiducia nel [Governo inglese] in quello italiano, sperando che essi, agendo di comune fl!ccordo, riuscissero a esercitare la necessaria influenza sul Governo francese per indurlo a trattare con Berlino e a far,e concessioni in materia di armamenti alla Germania. Hitler aggiunse che in ta:l caso sue proposte avrebbero potuto servire come una «base» per trattare.

Ambasciatore d'Inghilterra traeva da questa frase conclusione che Hitler stesso si rende conto che dovrà accontentarsi di meno di quanto richiede in fatto di armamenti.

A titolo strettamente confidenziale mio collega inglese mi informò che ambasciatore di Francia aveva iersera manifestato dal suo lato speranza che Gabinetti di Londra e Roma riuscissero mediante una azione concordata ed energica ad indurre Parigi a discorrere con Berlino e a raggiunge~e un accordo.

(l) -Cfr. n. 438 e nota l, p. 481. (2) -Con t. 2119/493 R., pari data, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 445.
448

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4778/747 R. Berlino, 6 dicembre 1933, ore 21,19 (per. ore 24).

Mio telegramma n. 744 (1).

Mio Collega d'Inghilterra si mostrò meco assai soddisfatto del colloquio avuto ieri con canceLliere Hitler; mi informò di aver trasmesso Drummond copia del telegramma con cui riferì a riguardo al Foreign Offi.ce e mi domandò se io non credessi che fosse giunto momento che Italia e Inghilterra, previa una approfondita consultazione, esercitassero forte pressione a Parigi non soltanto per indurre Governo francese ad un esame realistico della situazione, ma sopratutto per dargli la forza che gli manca e che non gli permette di affrontare la opposizione da parte dell'opinione pubblica.

Tenendo presente direttive impartitemi da V. E., mantenni opportune riserve con mio collega inglese pur riconoscendo che dichiarazioni fattegli dal cancelliere tedesco erano importanti e meritavano essere attentamente esaminate dai nostri due Governi, i quali entrambi sono animati da spirito conciliativo e dal desiderio di favorire un accordo in materia di armamenti e che del resto mi risulta stavano già procedendo a scambio di vedute confidenziali al riguardo.

449

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. PER CORRIERE R. 2122 R. Roma, 6 dicembre 1933.

Suo telegramma 213 del 2 corrente (2).

Riassumo di seguito quan,to è venuto a dire ieri in via del tutto riservata questo ministro d'Ungheria (3). Il Governo ungherese si preoccupa che l'URSS

possa trovare una ragione di soddisfazione ne1la attività che sta svolgendo il Governo turco e particolarmente Ruschdy bey in quanto i risultati a cui la politica turca potesse giungere possano dare la tranquillità all'URSS in Eumpa e di cui l'URSS può avere bisogno se venisse a trovarsi impegnata in Estremo Oriente. Al contrario rafforzare, oome inevita,bilmente viene a fa:re la politica del signor Ruschdy bey, la posizione degli Stati della Piccola Intesa, specie della Romania e della Jugoslavia, non può avere, secondo l'avviso del Governo ungherese, che risultati negativi, anzi dannosi, per l'URSS, specie nell'ipotesi sopra considerata in cui l'URSS fosse impegnata in Estremo Oriente. Il Governo ungherese vede il beninteso interesse dell'URSS in un'azione per cui Mosca eserciti una specle di contrappeso alla politica di Ruschdy bey appoggiando la politica italiana nei Balcani e in Europa centrale. Se le conversazioni con il signor Litvinov dovessero dare la fondata impressione che egli entri in tale ordine di idee e che solo il non riconoscimento del Governo sovietico da parte ungherese costituisca un ostacolo a tal fine, il Governo ungherese cercherebbe di eliminare 1e difficoltà di ordine anterno che hanno impedito finora la ripresa di r.elazioni diplomatiche con Mosca.

È stato intrattenuto il stgnor Litvinov al riguardo (1). Litvinov ritiene che la Turchia non abbia le intenzioni che le attribuiscono gli ungheresi ed esclude sopratutto che la Russia possa in ciò aiutarla. La Russia tiene a un accordo con la Turchia, con l'Italia e se possibile runche con la Germania. La Piccola Intesa non entra in questo gioco. Litvinov pensa invec·e che un riconoscimento della Russia da parte dell'Ungheria potrà avvicinare maggiormente l'Unghema alla Turchia, quindi neutralizzare la eventuale influenza della Piccola Intesa.

V. S. potrà aggiungere che nell'attuale situazione internazionale ritengo che sarebbe veramente inter,esse dell'Ungheria di riconoscere al più presto (a meno che non esistano insormontabili difficoltà di politica (interna) il Governo dell'URSS.

Tutti gli Stati maggiori e pa:r.e·cchi degli Stati minori hanno glà riconosciuto l'URSS e alla lunga tutti g:l.i stati indistintamente finiranno per riconoscerla. Risulta in modo preclso che la questione del riconoscimento dell'URSS da parte degli Stati della Piccola Intesa è seriamente discussa in senso favorevole. La Cecoslovacchia ha già a Mosca una rappresentanza commer,ciale come l'URSS ne ha una a Praga. Si dovrebbe dedurre che è solo questione di tempo perché intervenga il riconoscimento diplomatico. Non mi pare che Ll'Ungheria avrebbe niente da guadagnare nel riconoscere l'URSS dopo gli Stati della Piccola Intesa: che al contrario il 11iconoscimento ungherese che precedesse quello della Piccola Intesa potrebbe avvantaggiare l'Ungheria nei rapporti con l'URSS in confronto degli Stati della Piccola Intesa. La considerazione fatta in proposito da Litvinov e riportata di sopra mi pare risponda a verità.

Per quanto riguarda la propaganda comunist·a non è certo il riconoscimento che deve preoccupare. V. S. potrà citare l'esperienza italiana (2).

(l) -Cfr. n. 445. (2) -T. 4721/213 R., non pubblicato. (3) -Il colloquio fra Buti e il ministro d'Ungheria aveva avuto luogo in realtà !l 4 dicembre. (l) -Cfr. un appunto di Suvlch del 5 dicembre sul suo colloquio in proposito con Litvinov e Potemkin. (2) -Per la risposta di Colonna cfr. n. t. 4901 del 9.
450

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4842/341/224 R. Bucarest, 6 dicembre 1933 (per. il 9).

Ho intrattenuto nuovamente il signor Titulescu sul memorandum italiano per la riorganizzazione economica dell'Europa danubiana (1).

Avendo eg.li detto che teneva a confermare ancora una volta le sue favorevoli impressioni, gli ho fatto presente che a V. E. ciò era perfettamente noto, ma che a mio avviso egli aveva assunto nei confronti del memorandum italiano un atteggiamento simpatico ma passivo, mentre sarebbe stato interesse della Romania che egli fosse diventato un convinto ed attivo sostenitore dei concetti fondamentali del memorandum italiano.

La parola «passivo» non è riuscita di gusto del signor Titulescu che ha tenuto a proclamar.e essere stato invece attivissimo nel sostenere il memorandum italiano. Invitato a precisare, non solo non ha saputo dirmi nulla ma il suo discorso si è addentrato in particolari stantii e meschini circa un preteso ritardo da parte nostra nella consegna del documento di cui, a suo dire, egli aveva avuto notizia, per prima, dai giornali. Mi è stato facile rispondergli che Benes si era invece lamentato che il memorandum fosse stato consegnato primo a lui Titulescu e poi a Benes stesso. Titulescu ha replicato che nei confronti della Polonia noi avevamo seguito una procedu:m diversa perché a Beck il documento era stato consegnato prima che ad ogni altro?

Superata questa fase della conversazione che confermava in sostanza che Titulescu aveva dato peso a meschine questioni formali, piuttosto che soffermarsi sui principi sostanziali del nostro documento, e farne base come avrebbe dovuto delle direttive del suo Governo, il signor Titulescu ha continuato a parlare a lungo, e da tutto l'insieme del suo discorso ho rilevato quanto qui di seguito espongo in punti staccati, ma che inquadrano in modo preciso iil suo pensiero :

l) -Finché esiste una campagna revisionistica, che è di natura politica, è difficile che si possa discutere seriamente intorno ad un riassetto economico dell'Europa danubiana, anche se vi siano sul tappeto verde proposte seriissime, come quelle italiane. L'Ungheria, nello scatenare attraverso l'azione di Bethlen a Londra, la nuova campagna revisionistica aveva reso un pessimo servigio all'iniziativa mussoliniana per la pacificazione economica del bacino danubiano.

2) -La Cecoslovacchia non accetterà mai le preferenze industriruli a favore dell'Austria. Invitato ad esporre quale era il suo pe.nsiero circa l'atteggiamento cecoslovacco, Titulescu mi ha detto che:

3) -Si rendeva conto dell'atteggiamento cecoslovacco; ma che da parte sua si era adoperato affinché Benes si accontentasse di un trattamento di parità con l'Austria sui mercati della Romania e della Jugoslavia.

Titulescu ha aggiunto aver ripor-tato dai coHoqui con la nostra delegazione l'impressione che tale «parità» per la Cecoslovacchia poteva forse essere ammessa da nostra parte.

Ho replicato che nello spirito del memorandum italia-no le preferenze industriali dovevano essere riservate soltanto all'Austria, e che a mio avviso, se la Cecoslovacchia opponeva un « non possumus » di principio, ciò poteva rendere i negoziati molto più difficili; mentre se la Cecoslovacchia si fosse limitato a chiedere soltanto qualche «favore» fuori però del campo delle preferenze (che avrebbero ferito gli interessi industriali di tutte le grandi e piccole Potenze europee ed extraeuropee) forse essa poteva trovare orecchio pdù disposto ad ascoltare le sue domande.

Il signor Titulescu ha obbiettato che si chiedeva in sostanza alla Cecoslovacchia di rinunzial'e ai suoi mercati sicuri, Jugoslavia e Romania; in cambio di che?

Ho replicato che i merc.ati della Romania e della Jugoslavia non erano ancora e difficilmente potevano diventarlo (per le riserve ed opposizioni dei terzi) un campo «esclusivo» per la Cecoslovacchia, e che questa avrebbe trovato un compenso decisivo nella risoluzione del problema aus,triaco, perché se non si dava all'Austria un punto di appoggio economtÌco, era fatale per quel paese seguire la strada che mena a Berlino.

Il signor Titulescu mi ha detto che si rendeva conto dell'importanza che il memorandum italiano aveva per la soluzione, attraverso una sistemazione economica del problema politico dell'Al.lstria, ma che a suo avviso Benes non avrebbe rinunciato al suo concetto se non fossero stati assicurati alla Cecoslovacchia vantaggi nel campo industriale.

Ho risposto che era un dovere delle Potenze più interessate, e cioè della Jugoslavia e della Romania, di far pressione su Benes affinché questi si rendesse conto degli enormi vantaggi politici derivanti alla Cecoslovacchia dalla soLuzione del problema politico austriaco, e moderasse in conseguenza le sue pretese nel campo puramente industriale.

Titulescu ha promesso di agire in tal senso su Benes nel prossimo incontro con lui, però mi ha dato chiaramente ad intendere che egli, Titulescu, rimane tuttora di avviso che la situazione internazionale è tale che la Piccola Intesa non può trascurare di cercare nel suo seno l'alìeviamento, sia pure per un solo anno, di una parte delle difficoltà del,ivanti dal difficile piazzamento dei prodotti rispettivi, salvo ad affrontare il problema di una sistemazione economica in un campo più vasto quando la situazione generale fosse tale da consentire ciò con un maggiore spirito di serenità.

Finché insomma la minaccia revisionistica peserà sull'orizzonte della Piccola Intesa questa non cesserà di cercare la soluzione del problema economico piuttosto nel suo seno( anche se questa soluzione è praticamente impossibile a raggiungersi) anziché guardare ad un più vasto cerchio, anche perché si è qui ed a Praga convinti che ogni soluzione economica del problema danubiano che non tenesse conto della «pretesa» unità deilla Piccola Intesa avrebbe per effetto di 3lllentare i vincoli politici che legano i tre Stati danubiani, proprio in un momento come l'attuale in cui la rinnovata campagna revisionistica, il fallimento della conferenza del disarmo, ed il progressivo indebolirsi della compagine ginev11ina, rendono più che mai necessario ai «tre » di tenersi strettamente per mano e di opporre, ai pericoli che li sovrastano da ogni lato, un fronte comune.

(l) Cfr.n . 232.

451

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL (l)

APPUNTO. Roma, 6 dicembre 1933.

V. H. -Torno da Berlino e vi porto i saluti di Hitler, Goering, Goebbels, NeUTath e del Presidente che si è molto interessato della politica italiana. Egli è ancora mentalmente fresco, ma un po' declinante come fisico. Il Neurath mi ha inca.ricato di dirvi che il Governo tedesco pur non facendosi molte illusioni è disposto a continuare le trattative coBa Francia, ma desidera tenervi informato dell'andamento delle conversazioni. Lo stesso Neurath mi ha incaricato di farvi leggere il resoconto della prima.

n von Hassell mi passa tre cartelle in tedesco. La conversazione si è svolta tra Poncet, Hitler e Neurath. n Poncet ha cominciato col dire che l'idea di un riavvicinamento franco-germanico aveva cominciato a farsi strada in Francia. Neurath gli ha obiettato che le pubblicazioni del Petit Parisien potevano far ritenere il contrario, Poncet le ha deplorate. Quanto al disarmo, Hitler ha dichiarato che non aveva nulla da modificare a quanto aveva comunicato all'Ambasciatore Phipps (2). Il Poncet ha quindi parlato della Saar, di una possibile collaborazione franco-tedesca in quella zona, ma il CanceLliere ha risposto che tale collaborazione presuppone il ritorno della Saar alla Germania. Circa l'Austria, il Cancelliere ad analoga domanda di Poncet, ha risposto che la Germania non pensa all'Anschluss, poiché non ha bisogno di aggiungere altri grattacapi a quelli che ha nell'interno, desidera soltanto nuove elezioni. In tema di controllo, Neurath ha risposto che «si omnes » la Germania è disposta ad accettare il controllo. Quanto aLla Società delle Nazioni, il Neurath ha detto che la Germania potl'ebbe tornarvi solo se la Società delle Nazioni sarà radicalmente riformata.

Questo il contenuto della conversazione Poncet-Neurath-Hitler.

Ho detto a v. H. che il Governo Italiano non seguiva con occhio sospettoso l'inizio e l'eventuale sviluppo di queste conversazioni. Il v. H. si è manifestato scettico circa ~ risultati perché «La Francia è sempre la stessa».

Il v. H. mi ha poi domandato se il Governo Italiano aveva già elaborato un piano di riforma della Società delle Nazioni. Gli ho risposto di no, ma gli ho letto i punti di partenza illustrati al Gran ConsigHo e che riguardano la Società delle Nazioni nella sua costituzione, nel suo funzionamento, nei suoi obiettivi. Il resto verrà poi. Il v. H. mi ha domandato qualche notizia sui col

loqui con Litvinoff nei riguardi della Germania. Gli ho detto di avere riportato

l'impressione che la Russia sia desiderosa di migliorare i suoi rapporti colla

Germania, poiché teme il Giappone e diffida del riavvicinamento germano

polacco. La polittca francofila della Russia pur essendo come mi aveva affer

mato Potemkine, « en pure perte » si spiegava col timore della Germania. Allora,

mi ha interrotto v. H., è un «chantage ».

Passando all'Austria il v. H. mi ha detto di avere notato a Berlino una situa

zione migliorata e tale gli risultava anche a Vienna. Ci sono già le basi per

un accordo ma «nessuno vuole dire la prima parola». A questo punto il v. H.

mi ha fatto un significativo elogio di Rintelen, uomo calmo, testa <<di profes

sore e di banchiere». Ho detto a v. H. che se intervenisse un «accordo» austro

germanico, sulla base del rispetto della indipendenza dell'Austria, il Governo

fascista non avrebbe motivi per rammaricrursene.

Tornando alla questione del disarmo il v. H. mi dice di avere formalmente domandato a von Blomberg, se il Governo tedesco desiderava effettivamente un accordo o se preferiva invece guadagnare semplicemente del tempo. Von Blomberg avrebbe confermato la volontà di giungere ad un accordo. Ho detto a v. H. che le conversazioni bilaterali non potevano avanzare, se non si sapeva qual'era effettivamente il volume delle domande germaniche. A questo proposito poteva la visita di Suvich a Berlino in compagnia di un esperto militare italiano, darre impulso alla questione. Una volta in possesso delle domande germaniche, si sarebbe potuto consultare Londra, la quale attraverso il discorso di Baldwin U), era già entrata neLl'ordine di idee di un parziale riarmamento della Germania.

Solo in un secondo tempo, realizzato un accordo attraverso conversazioni bilaterali, si poteva effettuare una riunione dei quattro. Coll'intervento della Russia? -mi ha interrotto v. H. -gli ho rJsposto quanto mi aveva detto Litvtinov e cioè, che, la Russia era per il disarmo concreto, ma che non essendo legata alle clausole del Trattato di Versaglia, non aveva nulla da obiettare al riarmo della Germania, pur considerandolo pe,ricoloso ai fini della pace. Il von Hassell mi ha detto che la Germania è pronta ad aderire al piano danubiano dell'Italia.

(l) -Originale autografo di Mussolinl; ed., con qualche modifica formale, In Suvlch, Memorie, clt., pp. 243-245. (2) -Cfr. nn. 445 e 447.
452

COLLOQUI FRA IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, E IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTERO DEGLI ESTERI JUGOSLAVO, AVAKUMOVIÉ

APPUNTO. Venezia, 5-6 dicembre 1933.

Il Signor Avakumovic mi ha fatto sapere che mi avrebbe atteso dopo le 9 in albergo. Gli ho spiegato le ragioni che avevano reso necessario di affrettare l'incontro.

36 --Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Ha detto che era lieto comunque di vedermi, che però preferiva comunicarmi il messaggio di cui era lato·re, a mente più raccolta e riposata l'indomani mattina.

Senza troppo anticipare però su quanto mi avrebbe detto l'indomani teneva a farmi subito sapere due cose

l) -Che il Signor Jeftic lo aveva espressamente incaricato di dire che da parte jugoslava si deside,rava non vi fossero intermediari nelle conversazioni che consideravano fatte di:rettamente con S. E. il Capo del Governo senza l'intervento di terzi.

Ha anche adombrato una domanda circa il modo di come avvenivano le comunicazioni a S. E. il Capo.

Gli ho risposto che potevo garantire nel modo più assoluto che da noi vi era unicità la più completa di pensiero e di azione e che quanto gli avevo detto proveniva sempre da fonti autorizzate e responsabili; che non comprendevo neppure a che si pensasse ne•l parlrure di intermediari o di interventi perturbatori; che egualmente autorizzate pensavamo fossero le ape·rture jugoslave.

2) -Come forse sapevo, il Ministro Galli aveva avuto un colloquio col Signor Jeftic (1). Non sapevano che cosa egli avesse riferito ma il Signor Jeftic teneva a frur sapere che di fronte alle molte offerte fattegli dal Ministro Galli, aveva conservato la riserva più completa e non gai aveva dato nessuna risposta.

Gli ho risposto che sapevo dell'incontro di Jeftic-Galli ma che non sapevo che cosa il Ministro Galli avesse riferito. Dopo queste brevi premesse siamo rimasti d'accordo di vederci l'indomani mattina alle ore 11.

6 dicembre 1933.

n Signor Avakumovic riprendendo i concetti espressi ieri sera sulla utilità di rapporti diretti senza intermediari terzi, dice che il signor Jef.tic era rimasto sorpreso ed interdetto quando nella conversazione uJtima, sembra di venerdì scorso, insieme a molte promesse il Ministro Galli gli aveva parlato di un accordo di 15 anni e anzi di una alleanza, come pure di un accordo militare. Il Signor Jeftic è rimasto in dubbio se accogliere o meno tali profferte ma poi si era completamente astenuto dal farlo; teneva a che noi subito lo sapessimo e la sua lettera (di Avakoumovic) era stata anche un poco anticipata per questo.

n Signor Galli aveva detto di essere stato ricevuto da S. E. il Capo, il che avvalorava l'impressione che le profferte fossero autorizzate.

Gli ho risposto che non ero in grado di dire nulla circa quanto il Ministro Galli avesse potuto dire al Signor Jeftic, se fosse autorizzato o meno, come pure sul contenuto delle sue dichirurazioni.

Circa la questione degli intermediari a cui aveva fin dalla sera prima alluso e che mi sembrava di dover connettere con le aperture del Ministro Galli, dovevo dLre esplLcitamente e indipendentemente da ciò che questi avesse potuto

fa;re o dire, che non potevamo accettare in nessun modo osservazio di avere introdotto nelle conversazioni una nuova persona oltre quelle in numero ristretto che fin da principio e necessariamente dovevano essere a giorno della cosa. Vi era invece stato da parte jugoslava un intervento presso 11 Ministro Galli che certamente non avevamo compreso. Credevo che non avevano nulla da obbiettare su un ca;mbiamento di metodo o di persone, ma occorreva intendersi. Gli ho così pal'llato della visita del Signor Nincic al Ministro Galli alla fine di ottobre, pare a nome di Re Alessandro e della conseguente venuta a Roma del Ministro Galli stesso (l).

Il Signor Avakumovic se ne è mostrato sorpreso: ha detto di ignorare (non sono però completamente sicuro che ciò fosse) e ha convenuto che questo intervento non era nella linea delle intese concordate a Roma.

Il Signor Avakumovic, con dinanzi a sé un testo dattilografato in serbo ha cominciato la comunicazione del messaggio di cui era stato incaricato dal Signor Jeftic.

Due le considerazioni jugoslave di carattere generale sulla utilità di un reciproco cambiamento di attitudine:

0 ) If riconoscimento della situazione e della forza effettiva dell'Italia per opera del Duce e del Fascismo. « Solo oggi l'Italia è grande Potenza non solo di diritto ma di fatto>>. La Jugoslavia si rende conto di questa situazione e ne trae le conseguenze.

2°) Sarebbe insincero affermare che la Jugoslavia abbia visto con piacere il Patto a quattro. Non che sia entusiasta di Ginevra, ma bene o ma;le Ginevra è una tribuna da cui si può far sentire la voce dei Paesi minori. Vi sono ragioni di prestigio e di amor proprio perché la Jugoslavia veda con indulgenza il sistema ginevrino. Di qui la sua attitudine sfavorevole al Patto a quattro. Volere

o no, il Patto a quattro è però una realtà politica e su quell'asse si va orientando la politica europea. Il Patto a quattro è opera del Duce e la Jugoslavia anche da questo fatto è tratta a fare le sue considerazioni.

Poi è cominciata più propriamente la comunicazione sulla scorta dei detti appunti. L'ho riassunta sommariamente, ma nei punti comprendenti dichiarazioni, testualmente sulla scorta di brevi note. Ho sottolineato queste frasi.

l) n Signor Jeftic si dichiara felice che si sia potuto stabilire un contatto :m basi serie, e si dichiara pure molto felice di avere patuto constatare una identità di vedute su molti importanti problemi.

n Signor Avakumovic commenta che il Signor Je.ftic è un fedeie esecuto·re di chi solo ha la responsabilità della politica jugoslava, e che quanto mi aveva detto e mi sarebbe venuto dicendo era stato oggetto di lunghe e meditate decisioni.

n Signor Jeftic teneva che anche in avvenire si continuasse l'attuale metodo «tecnico» di trattazione, come dice il Signor Avakumovic: che certamente si aveva qualche preoccupazione che da pa;rte nostra, come già altre volte in

passato, si portassero in lungo le cose, più per guadagnare tempo che per positiva volontà di concludere; che le passate conversazioni erano fallite per ragioni varie che era inutile indicare ma avevano certamente lasciato degli strascichi di amor proprii offesi e di suscettibiUtà eccitate. Un accordo con noi era concepito come accordo generale e politico con liquidazione totale di tutti i problemi. Non sarebbe stato utile fare, come era accaduto nel 1920 e nel 1924 di risolvere alcuni problemi per rinviare la soluzione degli altri demandandoli all'opera di esperti che, appunto in quanto esperti, non vedono che il campo ristretto della loro competenza.

2) Piccola Intesa. -L'accordo con l'Italia non si può interpretare nel pensiero jugoslavo contro la Piccola Intesa. In pratica, naturalmente non in senso legale, e si prega di non fraintendere su questo punto, l'accordo con la Jugoslavia equivale ad un accordo anche con la Piccola Intesa. La politica della Piccola Intesa verso l'Italia si fa a Belgrado.

3) Ungheria e Piccola Intesa. -La Jugoslavia e così gli altri membri della Piccola Intesa desiderano una Ungheria economicamente forte e stabile. La Piccoda Intesa è pronta a collaborare sul terreno economico accettando in principio i principii noti del Governo italiano in materia di ricostruzione economicodanubiana. Considerano questo come una concessione.

Dichiara formalmente che né la Jugoslavia né la Piccola Intesa hanno alcuna mira territoriale verso l'Ungheria.

4) Austria. -Anche per questa si può ripetere la dichiarazione fatta per l'Ungheria.

5) Revisione. -La Jugoslavia, come pure gli altri componenti della Piccola Intesa, sono paesi saturi. Non hanno nessuna velleità ma con questo non intendono neppure a nulla rinunciare. Quanto precede concerne le questioni di ordine più generale.

Il Signor Avakumovic, sempre sulla scorta dei suoi appunti, passa alle questioni che concernono più particolarmente le relazioni itala-jugoslave:

l) Veglia e U gliano.

A Belgrado sono stati lieti deUa risposta da lui data fin dal principio. Ora rispondono più precisamente e ufficiosamente che cessioni territoriali 1°) non corrispondono a loro avviso ai buoni il'ap;porti e allo spirito che deve presiedere ad un accordo. 2) Sarebbero fonti di nuove difficoJtà di caratte,re minoritario e irredentista mentre invece si parla per eliminare le difficoltà già esistenti. 3) Proverebbero per alcuni strati di opinione pubblica jugoslava che effettivamente l'Italia, come essi hanno sempre affermato, ha mire territoriali sulla Jugoslavia. 4) Non sono necessari dal punto di vista militare perché una volta ottenuto una supremazia assoluta mercé l'accordo politico, perché prendere delle assicurazioni? 5) Supposta una intesa e una intesa realmente applicata, la questione del «Nasce more» (Mare nostro Jugoslavo) cessa. Noi comprendiamo l'accordo con l'Italia come il riconoscimento della preponderanza economica e marittima dell'Italia in Adriatico. L'attuale situazione dovrebbe modificarsi in tal senso. In caso di mancato accordo si continuerà con la situazione attuale, con tutti i suoi danni per entrambi.

2) Austria e in corrispondenza Germania. -La situazione è difficile ed è resa più difficile perché non è chiaro che cosa faranno le altre Potenze. Il Signor Dollfuss è al potere molto mercé l'azione di S. E. il Capo del Governo, ma cadrebbe al primo cenno di abbandono.

Ripete che l'Anschluss è minaccioso per la Jugoslavia ma anche più per l'Italia, mentre la Jugoslavia è per lo << statu quo » nella Europa Centrale e in Austria e per garantire questo << statu quo » è anche pronta a marciare. Un accordo con noi presuppone d!n questa materia, come del resto in tutto U concetto jugoslavo, una consultazione con Roma. Anche se non vi vuole pronunciare la parola alleanza che per usi prevalsi con la mentaJità societaria è bandita dall'attuale gergo politico, essi intendono che la po·rtata delJ'accoii'do con noi sia maggiore del significato consueto che si dà alla parola accordo.

La Jugoslavia chiede e dà la garanzia formale dello << statu quo » in Europa Centrale e danubiana non solo per le frontiere ma anche per le attuali situazioni e spiega: se per caso si pensasse a creare o aumentare diritti minoritari, ciò sarebbe contro lo « statu quo >>.

<<Naturalmente la garanzia di << statu quo » è obbligatoria per l'attuale frontiera itala-jugoslava, ma la garanzia comprende la frontiera itala-austriaca, in quanto si possa dire e sia ammissibile dire che la Jugoslavia garantisce una frontiera italiana.

6) Albania.

La Jugoslavia non ha obiezioni a che noi conserviamo le concessioni e che ce la vediamo con gli albanesi, salva però la rerum substantia. Concerne tanto lo sfruttamento quanto il recupero dei capitali impiegati, ma non potrà comportare una << atteinte » all'indipendenza albanese e l'economia non deve servire come sotterfugio.

La Jugoslavia non ha nessuna velleità politica in Albania e ne vuole l'indipendenza. Si potrà meglio esaminare tra Italia e Jugoslavia o con altrt quello che si potrà dire lo statuto dell'Albania.

La Jugoslavia ha visto con soddisfazione il modificarsi del nostro atteggiamento in Albania negli ultimi mesi e ne prende atto. -Non ha da esprimere nessuna richiesta precisa suHa forma da dare a quella che si è chiamata la nostra smobilitazione militare in Albania. Però essa vorrebbe che non fosse portata alle calende greche, questo quanto a spaziarla nel tempo; e quanto al modo ed al metodo, essa desidera che ferma restando la completa salvaguardia del nostro prestigio a cui è essa stessa interessata, la smobilitazione avvenga in modo che si veda. L'attenzione di Belgrado si è fermata con qualche inquietudine su Velona il cui nome avevo pronunciato nelle ultime conversazioni di Roma. Gli ho subito detto che avevo menzionato Valona di mia iniziativa e più a titolo di esempio dei complessi problemi insiti nella questione albanese. Di qui la necessità di esaminare e prospettare tutti i molteplici lati. «Per la Jugoslavia -dice il signor Avakumovic -è difficile compll'endere la questione di Valona staccata dal problema albanese». Avendogli ricordato Saseno e la situazione della baia di Valona, si è venuti ad esaminare, e per quanto ci concerneva a titolo puramente personale ed esemplificativo, varie ipotesi in cui Valona potrebbe essere a noi utile e necessruria.

Tra le varie ipotesi egli si è soffermato su quella di un conflitto italafrancese .con Jugoslavia neutrale, dichiarando che un accordo con l'Ita;lia non deve significare ostilità verso la Francia, né annullamento degli accordi, finché durano, che la Jugoslavia ha con la Francia. Queste obbligazioni sono pubbliche e cognite dichiara che non sono dirette contro l'Italia.

La Jugoslavia considera l'ipotesi che in caso di guerra noi si sia trascinati per la forza del1e cose ad intervenire in Albania. Una volta a Valona si potr,ebbe passare a Durazzo e così via. Si conviene che sono questioni che occorre bene chiarire.

7) Balcani.

La Jugoslavia è il paese più forte, economicamente politicamente, militarmente. Ha il vantaggio e lo svantaggio di essere metà in Europa Centrale e metà nei Balcani con doveri e diritti che ne provengono. Dichiara in modo formale che non ha nessuna velleità territoriale nei Balcani, come pure fa dichiarazioni formali che è satura e non ha nessun interesse a mutare lo statu quo. Sotto questi aspetti ripete quanto ha già detto per quanto concerne l'Europa Oentrale e danubiana. In più dichiara che non ha alcuna velleità a perseguire una politica tendente a mettere nei Paesi balcanici confinanti, e si intende in particolare la Bulgaria, ma va-le anche per altri, dei Governi del tipo degli agrari bulgari supposti o realmente ligi e nell'orbita politica di Belgrado. Questa duplice attitudine permette alla Jugoslavia di esigere la difesa deHe proprie frontiere e domanda che queste frontiere nonché lo statu quo delle attuali popolazioni jugoslave non siano cambiati. Essi rispetteranno scrupolosamente lo stato attuale nei Balbani, rispettano le frontiere degli altri, ne esigono che gli altri rispettino le loro, decisi e pronti ad usare tutti i mezzi per farle :rispettare. Intendiamo che l'accordo con l'Italia dovrebbe comportare l'aiuto e ollaborazione eHettiva e disinteressata alla realizzazione di questa politica.

8) Economia.

Si richiama a quanto ha detto sul terreno prettamente politico nei riguardi della Piccola Intesa e dei Balcani, per ricordare quella che è la situazione e la posizione da fare all'Italia, secondo il pensiero jugoslavo, tanto nell'Europa danubiana, quanto nei Balcani e, mercé anche i buoni rapporti con la Turchia, nel Levante. -Si tratta di tutti Paesi ag:ricol'i, salvo la Cecoslovacchia, la quale si dovrà adattrure alla parte preponderante dell'Italia. Egli è incaricato di attirare la nostra attenzione sul vantaggio di prender piede e posto preponderante in questi Paesi, pronti essi a favorire il nostro sviluppo in tale senso. Dipenderà dalle nostre capacità commerciali di dare maggiore o minore realizzazione a queste possibilità.

Per quanto concerne in particolare la Jugoslavia, Belgrado tenendo conto della nostra difficoltà ad assorbire prodotti agricoli, ripete l'offerta già fatta di una larga pa.rtecipazione italiana a lavori pubblici in Jugoslavia.

Alle generalità dell'ultima conversazione, il signor Jeftic precisa ora tali offerte nelle seguenti: a) costru~ione di circa mille chilometri di strade ordinarie; b) costruzione di un ponte sul Danrub1o; c) costruzione di centrali idro-elettriche; d) costruzione di una linea ferrovia~ia.

Ripetendo quanto ebbe già a dire a Roma, essi intendono con questo interessarci maggiormente alla stessa situazione jugoslava e ci comunicano questa offerta non come delle promesse da realizzarsi dopo l'accordo politico, ma prima ed insieme a questo. Ricordando pure quanto ebbe a dire al principio della presente comunicazione circa il metodo di trattative e di negoziazioni di un eventuale accordo politico, aggiunge che tutta questa materia economica non dovrebbe essere abbandonata a puri esperti economici, ma realizzarsi sotto egida politica. -Come già detto, occorre da parte dei costrutotri e fornitori italiani probità ed onestà tecnica ed economica. Non far paga,re due quello che correntemente vale uno. Precisa anche che occorrerà non esc'ludere gli operai jugoslavi che tra parentesi costano molto meno, come pure sarebbe desiderio jugoslavo che venissero utilizzate per quanto possibile materie prime jugoslave per es. ferro e minerali in genere.

9) Minoranze.

È una questione «chatouilleuse ». Egli dà l'assicurazione formale che Belgrado non ha alcuna velleità su territori italiani. Si desidera che da parte nostra non si fraintenda in nessun modo 'la intenzione jugoslava nel parlare di questo problema. Nessuna ,recriminazione, nessuna più lontana protesta, nessuna richiesta di diritti minoritari. Si ha però la sensazione precisa che la situazione attuale è causa di certe difficoltà e di certi «désagréments » e che può rendere difficile una collaborazione su base sana. Egli non è incaricato di precisare delle domande. La minoranza slava è destinata fatalmente a italianizzarsi. Desidera che nel frattempo non pesi sullo stato delle relazioni italajugoslave. A noi la libertà più completa di fare qualche cosa, quello che crediamo compatibile coi nostri inte,ressi. Aggiunge che tutto questo non è una condizione che pone.

A titolo privato, avendogli io detto che vedevo molte difficoltà in argomento e che d'altra parte -la responsabilità di fatti e situazioni risaliva quasi esclusivamente alle autorità jugoslave sia in Italia sia all'interno della Jugoslavia, egli accenna alla possibilità di una politica formalmente differente dall'attuale, e sopratutto di funzionari di più -larga comprensione.

Non parla neppure di scuole né di chiese, ma che le istituzioni slave non vengano uccise, ma lasciate mo,rire in pace come ce11tamente morilranno. Si sta per esempio ora applicando la legge sulla mo~rosità in materia di imposte in forma che equivale alla spogliazione degli slavi. Pensa piuttosto ad un'abile opera di assimilazione che ad una politica come l'attuale che accentua la estraneità all'amministrazione italiana delle popolazioni slave. La stessa religione cattolica romana dovrebbe facilitare l'opera.

Mi chiede a nome di Belgrado che si desidererebbe avere qualche precisazione sulla proposta di accordi o meglio sull'alleanza di 15 anni e sopratutto sulla convenzione militare che vi dovrebbe essere annessa.

Circa le risposte ulteriori che ha detto di attendersi e che da Belgrado si attendevano, ho cercato senza riuscirvi a farlo partire fissando fin d'ora un nuovo appuntamento dopo Natale. Anche per non accentuare la loro diffidenza, pur pretestando la ristrettezza del tempo ed il disagio anche mio personale di un altro viaggio tra due gioil'ni, mi sono riservato, intesa Roma, qua,lche risposta per venerdì o sabato a Firenze, o eventualmente anche in località più vicina a Roma, come per esempio Orte, dove il Signor Avakumovic è pronto a venire per una risposta da portare a Belgrado. Egli ha a più ripi!ese accentuato che si desidera che la risposta abbia il carattere di risposta di S. E. il Capo del Governo.

Durante la lunga esposizione mi sono limitato ad ascoltare e a prendere qualche breve nota. Solo in fine, conformemente alle istruzioni ricevute, e ne ho tenuto conto anche in altri momenti di conver3azione di carattere corrente che ho avuto necessariamente co:l signor Avakumovic a pranzo e nel congedo, gli ho detto che pur non potendo dare nessuna risposta tenevo a riattivare la sua attenzione sulle cessioni territoil.'iali. La sua risposta per Veglia e Ugliano non era nuova anche se era autorizzata. Gli stessi argomenti da Belgrado usati per respingere la nostra richiesta mi davano l'impressione, e parlavo a titolo puramente personale, che non si fosse completamente compreso lo spirito della richiesta. Potevo momentaneamente anche lasciare da parte il problema di Veglia e Ugliano e allargare la domanda: cosa si sa,rebbe pensato a Belgrado di cessioni territoriali su altri settori e magari da altri Stati quale sacrificio meditato per la pacificazione generale? Aveva la Jugoslavia alcune revisioni da chiedere sia pure formali?

Prescindendo da molti dettagli il signor Avakumovic -pur riservandosi una risposta -è stato esplicitamente negativo. Nessuna rivendicazione da parte jugoslava, ma nessuna cessione su nessuna frontiera. «Ancor meno probabile per altri Paesi -chè a favore dell'Italia almeno vi è la contropartita di una Grande Potenza » -ha detto, riprendendo un concetto già espresso l'ultima volta a Roma il signor Avakumovic:

«Voi non proponete per esempio uno scambio di villaggi ungheresi contro villaggi slavi». E, senza chiarire megHo il suo pensiero ha insistito su ragioni di principio e poi di assoluta inutilità ai fini di pacificazione di qualsiasi cessione territoriaLe. Sarebbe il principio di un generale rimaneggiamento di frontiere.

Circa le risposte che attendeva gli ho a più riprese accentuato che pur dando la più seria attenzione a queste conversazioni officiose itala-jugoslave, considerandole fin d'ora anche noi, come Belgrado ha detto di considerarle, un grande progresso sulla situazione prevalente negli ultimi anni, tanto è vero che sono stati toccati argomenti molto delicati quali non abbiamo toccati con altrt Paesi coi quali abbiamo tuttavia rapporti regolari, ma politicamente indifferenti, non potevamo che procedere con estrema cautela e peif tappe.

Occorreva contentarsi di il'isultati anche parziali e graduali. L'Italia, grande Potenza, ad interessi nettamente generali, a v eva molti altri settori oltre quello jugoslavo; in particolare i rapporti con le altre grandi Potenze e la grande responsabilità che tali rapporti comportano, soprattutto nell'attuale fase di battuta di aspetto nel grave problema del disarmo.

Ho poi amche attirato la sua attenzione sui molti fatti di cui il Ministro Galli doveva aver fornito la documentazione e la cui ultima manifestazione era stata quella del 13 novembre (1).

Il signor Avakumovich ha risposto che era una disgraziata faccenda e che diceva nettamente che non ci sarebbe stato altro da fare che mettere punto e basta dopo le scuse del Signor Purich e del signor Ducic. Gli ho detto che tuttavia erano fatti che ci rendevano pensosi specialmente in un momento in cui da parte jugoslava si manifestavano intenzioni che ritenevamo incompatibili che quelle manifestazioni. Ha ripetuto che era una disgraziata faccenda e che pre.fer.iva tacere tutti i retroscena poco edificanti che l'avevano accompagnata, e che toccavano persone e situazioni ministeriali interne. Gli ho ancora aggiunto che anche astraendo dai discorsi Ciok e dalle scuse, era il modo come la questione era stata trattata a Belgrado che ci aveva reso perplessi e ci era dispiaciuto.

Il Signor Avakumovich pregava di non insiste·re e di rimettersi a quanto mi aveva già detto. Poi ha soggiunto che tuttavia il signor Jeftic lo aveva espressamente incaricato di menzionare il caso Solari Bozzi richiamando la benevola nostra attenzione sull'argomento, soprattutto in relazione a;lla sua partenza da Belgrado. Gli ho risposto che non potevo che richiama;rmi a quanto era stato comunicato dal Ministro jugoslavo a Roma da S. E. Suvich e a Belgrado dal Ministro Galli e che non ero in grado di dire nulla in proposito. Mi sarei forse potuto informare, ma a titolo puramente personale ritenevo che non ci fosse nulla di mutato.

Il Signor Avakumovich ha detto che il dr. Solari aveva già avuto più volte in passato delle disavventure con le autorità jugoslave. Espulso em stato trattenuto a Belgrado su decisione del signor Marinkovich a vive istanze del Ministro Galli, ma il suo atteggiamento non si era sostanzialmente mutato. Ciò che aveva dato il colpo di grazia a;lla sua situazione era un articolo pubblicato mesi addietro dal Solari su una rivista italiana che non mi ha saputo precisare sulla « Mano Bianca » ritenuto offensivo per la persona di Re Alessandro, e vivamente dispiaciuto a Corte.

L'attuale richiesta di allontana;mento si rifer.iva a questo episodio. Gli ho risposto che la cosa mi riusciva completamente nuova e che sembrava strano che si fosse scelto un momento ed un'occasione così poco propizi e particoiarmente un pretesto in cui Solari era dalla parte della ragione. A titolo personale avevo vagamente l'impressione che di massima potevamo considerare come finita la missione giornalistica del Solari in Jugoslavia su riserva della partenza in tempo opportuno. Se il richiamo fosse stato chiesto in forme consuete ed in un momento di calma, avremmo su espressione di «non gradimento» acceduto senza troppe difficoltà ad una richiesta del genere; ma nelle condizioni in cui la richiesta era avvenuta era pienamente giustificata la nostra insistenza e la nostra protesta. Ad ogni modo avrei riferito a Roma il desiderio espresso dal signor Jeftic.

(l) Cfr. n. 422.

(l) Cfr. n. 441.

(l) Cfr. n. 441, note 2, p. 483 e 3, p. 484.

(l) Cfr. nn. 364, 367, 372. 390, 396, 423 e 434.

453

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4852/749 R. Berlino, 7 dicembre 1933 (per. il 10).

Mio telegramma filo n. 725 (l).

Sono andato oggi dal mio collega francese per annunciargli il prossimo M"rivo a Berlino di S. E. Suvich, in conformità dell'intesa intercorsa fra noi di tenemi mutuamente al corrente delle cose che possano interessare i nostri paesi.

François-Poncet mi disse ch'egli era già al corrente di tale visita da due giorni perché gliene era stato parlato all'Auswartiges Amt, dove gli era stato detto che S. E. Suvich veniva per restituire le frequenti visite dei ministri del Reich a Roma, che sarebbe giunto a Berlino 1'11 e che avrebbe poi fatto un giro in Germania, recandosi ad Amburgo, Colonia e Monaco, con rapidi spostamenti grazie ad un appa;recchio d'aviazione che sarebbe stato posto a sua disposizione.

Osservai scherzando al mio collega che egli mi apprendeva cose interessanti ed a me ignote a proposito de'l mezzo di locomozione posto a disposizione di S. E. Suvich, ma che io rettificavo la sua data di arrivo, dato che H sottosegretario di stato agli esteri sarebbe giunto a Berlino solamente il 12 mattina.

François-Poncet osservò a1lora che i giornalisti avrebbero avuto campo di sbizzarrirsi in congetture a proposito di tale visita e lo avrebbero ad ogni modo lasciato tranquillo per qualche giorno. EgH iniziò quindi un lungo esame della situazione, i cui punti principali furono i seguenti:

A Parigi si è troppo occupati in questioni inte·rne e finanziarie per avere sinora avuto il tempo di esaminare quanto gli disse Hitler.

Egli ad ogni modo nei giorni prossimi vedrà nuovamente il cancelliere desiderando dargli l'impressione che a Parigi ci si sta occupando delle sue proposte ed udire quello che Hitler avesse ancora da dirgli.

François-Poncet considera che la strada per la quale si è messo Hitler potrà essere ottima per la Germania, ma esporrà il mondo ai maggiori pericoli, perché il giorno in cui i tedeschi avranno completa libertà di azione si ad'llleranno fino ai denti ed imporranno poi a tutti quanti dei «diktat>> ben più duri di quello di cui tanto si lagnano.

Egli stesso, che pure non è mai stato né è ostile ad una politica d'intesa con la Germania e per questa ragione è così aspramente combattuto in Francia, è presentemente assai preoccupato di quanto potrà riservare l'avveni·re. L'inquadramento nel Governo del partito nazionalsocialista e delle organizzazioni S.A.,

S.S. ed elmi d'acciaio era un avvenimento che non poteva lasciare indifferente il Governo francese, il quale sM"ebbe certamente stato obbligato a presentare una protesta. Si trattava infatti di oltre due mHioni di uomini perfettamente inquadrati e, checché se ne dica, armati di fucili, mitragliatrici ed anche cannoni leggeri, che disponendo di nume,rosi mez:lli di trasporto celed potevano da un momento all'altro essere spostati e buttati in questo o in quel punto del

confine. Una simile massa di uomini giungendo di sorpresa in un punto qualsiasi poteva riportare successi militari importanti. Pertanto egli vedeva nero e riteneva che l'Europa fra qualche anno si troverà nuovamente dinanzi al pericolo germanico.

Hitler aveva ragione di agire siccome faceva, visto che i fatti parlavano in suo favore. Egli aveva saputo agire tn modo da persuadere l'Inghilterra ed anche la Francia che la Germania aveva in fondo ragione a pretendere la parità dei diritti, cioè il diritto di rtarma.re; era uscito brutalmente dalla Società delle Nazioni e la conseguenza ne era stata che ora l'Italia aveva posto a sua volta un ultimatum al consesso ginevrino. Questo era un passo arrischiato che poteva avere conseguenze spiacevoH perché se era vero -come io avevo obbiettato -che la Società delle Nazioni non era servita a nulla di serio, era, a suo avviso, altrettanto vero che dopo la sua morte se ne vanteranno i meriti, non riconosciuti, ma esistenti.

In Francia stavano succedendo le cose più strane. In questo momento erano gli ebrei od i socialisti che facevano professione di nazionalismo e che incitavano alla resistenza contro la Germania e sinanco alla guerm preventiva, perché per essi si sarebbe trattato di una guerra santa, contro i nemici degli ebrei e contro i nemici del marxismo. Viceversa i nazionalisti di ieri si mostravano favorevoli ad una intesa con la Germania.

Ho chiesto a François-Poncet se avesse già fatto qualche passo a proposito dell'inquadramento degli S.A., S.S. ed elmi d'acciaio nel Governo. Egli mi rispose negativamente aggiungendo però subito che non dubitava che gli perverrebbero istruzioni al riguardo.

François-Poncet riprendendo il suo esame disse che qualche cosa avrebbe pur dovuto essere fatto daLla Francia per difendersi contro il riarmamento della Germania. Forse si sarebbe dovuto ricorrere nuovamente ad una ferma a lunghissima data, di dieci anni. Osservai che il provvedimento a cui accennava non sarebbe certo stato popolare ed avrebbe servito a rovesciare chissà quanti ministeri francesi. Il mio collega mi disse che non molto più popolari in Francia né ben viste aLl'estero sarebbero state le sanzioni a cui la Francia fosse stata costretta di ricorrere, ma che egli non escludeva che vi si potesse pensare se.riamente il giorno in cui il pericolo tedesco apparisse in tutta la sua estensione. Quel giorno forse anche l'Italia si renderebbe conto dell'el"rore commesso spingendo la Germania sulla strada delle r·ivendicazioni pericolose. Essa forse realizzerà l'errore compiuto già assai presto perché, ad avviso di François-Poncet, la questione dell'Anschluss sta avviandosi a grandi passi verso la soluzione voluta da Hitler e non passeranno sei mesi che in Austria vi sarà stato dapprima un Governo misto n quale darà poi luogo ad un intiero ministero di nazionalsocialisti, segnando una nuova vittnria per il Fiihrer.

Oggi dunque l'ambasciatore di Francia si trovava in una giornata in cui vedeva nero. Contribuisce a ciò indubbiamente la mancanza di direttive in cui egli si trova, dato che a Parigi i Governi che si succedono al potere non sanno quale linea di condotta tenere. Viceversa da una parte Londra si stacca da Parigi, fa chiaramente capi•re che non potrebbe accedere ad una politica di sanr.ioni e dimostra di voler tenere piuttosto conto delle realtà politiche attuali.

L'Italia, con la decisione adottata dal Gran Consiglio il 5 corrente, ha messo la Francia in una situazione gravissima, giacché quale che sia il suo atteggiamento, esso nuocerà al suo prestigio e le farà perdere l'amicizia degli stati satelliti.

Nonostante vari tentativi da me fatti per indurre il mio collega francese a dirmi se avesse parlato della questione delle S.A., ed S.S., con il segretario di stato von Btilow, non riusdi ad apprendere sinora nulla. Egli mi disse soltanto che queste organizzazioni milita.rizzate erano assai diverse in Ge·rmania dalla milizia fascista italiana dato che questa aveva, a suo parere, sostituito da noi le antiche fazioni ed i partiti politici, mentre in Germania le varie organizzazioni erano vere e proprie ,riserve militari. Chiarii la confussione esistente nel cervello di F,ranço.is-Poncet, spiegando che altro era partito ed altro milizia, pur non avendo difficoltà di riconoscere con lui che lo spirito militare delle S.A., S.S. e degl1 elmi d'acciaio era ben diverso e quind1 più pericoloso che quello delle nostre camicie nere della milizia.

(l) T. 4655/725 R. del 27 novembre, non pubblicato.

454

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, DE ANGELIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 2696/612. Gerusalemme, 7 dicembre 1933 (per. il 18).

Mio telespresso n. 768/156, in data del 4 maggio scorso (1). Il Muf:ti di Gerusalemme, che era tornato da una ventina di giorni dal suo viaggio in India, è venuto a farmi visita ieri.

Egli mi ha detto che la sua assenza era durata assai più di quanto egli stesso non avesse preveduto, a causa della favorevole accogJienza che la sua missione aveva trovato tra le popolazioni musulmane, ciò che gU aveva data la possibilità di esplicare un buon lavoro per stabilire una vasta organizzazione a carattere permanente per la raccolta di fondi a beneficio dell'Unive.rsità «Al Aksa » di Gerusalemme. DaLle sue parole ho potuto desumere che denari non deve averne riportati molti, ma che molti frutti, per contro, egli si attende dai semi gettati durante il suo lungo viaggio.

Egli appariva assai soddisfatto; non saprei dire se dei risultati concreti della sua propaganda oppure piuttosto delle accoglienze lusinghiere e degli onori ricevuti, che devono avergli data la sensazione di un accresciuto prestigio personale.

Il suo programma per l'Università verrebbe attuato gradualmente: comincerebbe intanto col costituire il patrimonio fondiario le cui rendite dovrebbero sostenere l'istituzione. È quello stesso piano da me segnalato col mio telespresso n. 936/199 del 28 maggio scorso (2).

Abbiamo parlato, naturalmente, anche dell'attuale momento politico in Palestina. Egli ha mostrato, in massima, lo stesso atteggiamento dei nazionalisti arabi, che il R. Ministero conosce. Non sarebbe, però, ancora convinto dell'oppor

tunità dell'invio di una delegazione in Europa, per le cattive esperienze che simili delegazioni arabe avrebbero fatte nel passato; egli penserebbe, piuttosto, che gli arabi dovrebbero persistere localmente nella propria opposizione al governo mandatario, fino a giungere all'aperta rivolta, sempre che occorra. Mi è sembrato, però, che egli non sia ancora bene orientato nell'attuale situazione della Palestina, forse per non avere ancora ripreso affiatamento coi vari esponenti del nazionalismo ambo. Ho preferito, quindi, mantenere la conversazione su un tono generico, ripromettendomi di riprenderla più utilmente ai nostri fini quando il mio interlocutore, meglio orientato, fosse in condizione di venire eventualmente influenzato verso atteggiamenti precisi.

Il Mufti, che era venuto accompagnato da due suoi fedeli amici coi quali io avevo sempre mantenuto ottimi rapporti, è stato con me di una cortesia cordiale e marcata. Nel congedarsi, mi ha espresso il desiderio di potersi intrattenere meco frequentemente, ed ha so.ggiunto che contava sulle mie buone disposizioni per avere da me quei consigli (sic) che egli si riprometteva di chiedermi all'occorrenza!

Con questo secondo incontro posso dire di aver stabilito i miei rapporti con questo notevole personaggio della scena arabo-ord.entale ed islamica. Sarà mia cura di mantenerli vivi e renderli il più possibile proficui.

(l) -Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 526. (2) -Non pubblicato.
455

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4828/958 R. Londra, 9 dicembre 1933, ore 0,40 (per. ore 6).

Ho avuto lungo [colloquio] con Simon che mi ha messo al corx;ente istruzioni inviate dal Fore,ign Office a Drummond circa ultima proposta tedesca, perché egli ne riferisca dettagliatamente a V. E., ciò che ritengo abbia già fatto (1).

Simon mi ha detto che desiderava avere con me scambio di idee intorno tale proposta della quale presumeva fossi al corrente. Ho dovuto dirgli che non ne ero informato. Ambasciatore d'Inghilterra a BerUno ha avuto incarico di comunicare a Hitler che Governo britannico pur non rispondendo con un « fin de non recevoir » alle domande di riarmo, ritiene tuttavia che cifre da Hitler [proposte] siano difficilmente accettabili. Ambasciatore d'Inghilterra dovrà insistere amichevolmente presso Hitler onde persuaderlo convenienza abbassare livello tali richieste allo scopo di facilitare ricerca di un punto di incontro che tenga conto delle esigenze di tutti.

D'altra parte Governo britannico incoraggia senza esitazione proposte avanzate da Hitler per la conclusione di patti bilaterali di non aggressione tra la Germania e gli Stati confinanti, Francia prima, poi, possibilmente, Polonia. rali patti dovrebbero, secondo Simon, costituire solenne impegno reciproco di non violazione attuali frontiere. Vi è naturalmente anche questione frontiere fra Belgio e Germania. A tale proposito Simon mi ha informato che questo amba

sciatore del Belgio gli ha recentemente comunicato a nome suo Governo amichevoli assicurazioni che V. E. av.rebbe dato al presidente del consiglio belga durante sua visita a Roma. Simon sarebbe desideroso conoscere parere di V. E. su questo punto che, a suo avviso, non può essere trascurato nell'esame situazione generale. Ho domandato a Simon:

l) quale gli risulti essere atteggiamento francese verso le proposte tedesche; 2) che cosa Governo britannico si ripromette raggiungere con presente comunicazione a Berlino; 3) il Governo britannico ritiene che questione Sarre debba oppure no essere compresa nell'attuale negoziato.

Circa atteggiamento francese Simon mi ha detto che comunicazione inglese a Berlino (della quale Governo francese è stato soltanto ieri informato) sarebbe stata accolta a Parigi, come di consueto, con ansietà e ingiustificata apprensione.

I f.rancesi non vogliono ancora decidersi guardare in faccia realtà.

Governo britannico non si ripromette granché da questo passo a Berlino, ma esso vuole mantenere vivo i:l negoziato diplomatico con la Germania. Può darsi che Hi:tler abbia interesse a una rapida soluzione. Può darsi il contrario. Simon non sa per il momento ma occorre che contatto sia mantenuto e che si continui a trattare. Poi si vedrà. Simon non mi ha nascosto che Governo britannico non può prescindere anche da considerazioni di politica interna; esso deve in~atti dimostrare a questa opinione pubblica che fa quanto è suo potere perché recenti decisioni prese a Ginevra abbiano svolgimento dovuto. Simon non (dico non) mi ha dato tuttavia impressione di ritenere possibile conseguire risultati soddisfacenti in un tempo relativamente breve. Circa questione della Sarre questo segretario di Stato è persuaso che migliore cosa sarebbe liquidare questione adesso una volta per sempre. «Non so ancora-ha concluso Simon quando, e non so ancora come, ma è certo che un giorno o l'altro dovremo metterei tutti assieme intorno allo stesso tavolo e qualche cosa dovrà essere da tutti so·lennemente firmato».

(l) Cfr. n. 459.

456

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4855/964 R. Londra, 9 dicembre 1933, ore 19,52 (per. ore 1 del 10).

Dato particolare ·interesse con cui è stata qui seguita visita Litvinoff, ho creduto avvalermi, nella conversazione avuta con Simon, degli elementi pervenutimi con telegramma 2107/C del 5 corrente (l) e precisamente:

l) Governo fascista non ha intenzione procedere allargamento patto a quattro;

2) Governo fascista non ha intenzione prendere alcuna nuova iniziativa per quanto concerne conferenza disarmo.

Simon ha molto apprezzato comunicazioni e mi ha chiesto se potevo dargli qualche notizia sul contenuto e sui risultati dell'incontro di Litvinoff con V. E. (1). Gli ho risposto che probabiJmente a quest'ora Drummond avrà già avuto costà ogni utile informazione, ma che ad ogni modo ne avrei fatto cenno a V. E.

(l) Cfr. n. 439.

457

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5000/221 R. Budapest, 9 dicembre 1933, ore 20,52 (per. ore 23).

Mio telegramma per corriere n. 1906 del 9 corrente (2).

Ministro degli affari esteri Kanya ha tenuto a comunicarmi stamane, subito dopo lungo colloquio avuto col reggente Horty, che questi, rendendosi conto importanza considerazioni di V. E., ed in ossequio consiglio dell'E. V. dato al Governo ungherese, non avrebbe insistito nella sua opposizione alla ripresa rapporti diplomatici con l'U.R.S.S.

Signor Kanya ha aggiunto che avrebbe proposto al presidente del consiglio Gombos, cui doveva ancora dare notizia decisione del reggente Horty, il sollecito invio a Roma del signor Arnothy Jungert (oggetto del mio telegrammaposta 1934 del 15 corrente) (3) per i primi confidenziali contatti con codesto ambasciatore dell'U.R.S.S.

Ritengo quindi che il Governo ungherese abbia definitivamente rinunziato all'idea di servirsi del tramite turco e voglia invece valersi dell'assistenza del

R. Governo anche nel corso trattative col Governo sovietico.

458

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4859/228 R. Bucarest, 9 dicembre 1933, ore 21,25 (per. ore 24).

Signor Titulesco mi ha chiesto nel corso di una conversazione che cosa si poteva fare per ricondurre Italia e Romania ad un riavvicinamento.

«Il generale Goemboes mi ha dichiarato essere convinto che un sollecito riconoscimento del Governo dell'URSS risponderebbe veramente agli interessi ungheresi, sovratutto In considerazione dell'opportunità di precedere quello della Piccola Intesa. Non mi ha nascosto tuttavia la difficoltà di persuadere Il reggente Horthy ad un passo del genere».

Gli ho risposto:

l) Meno gesti rumorosi (allusione al prossimo incontro di Kosice dal quale chi sa cosa uscirà fuor.i) (1).

2) Dimostrazione da parte romena di voler sinceramente collaborare nel campo economico sulla base del memorandum italiano. Gli ho fatto cioè intendere che non è sul terreno di incontro formale, o nel campo puramente astratto della politica che la Romania può trovare una base di riavvicinamento che invece può derivare soltanto come conseguenza naturale di una leale e volonterosa collaborazione in quello che è il problema più grave dell'Europa orientale, e cioè la sistemazione dell'economia danubiana. (Mi riferisco in proposito al mio telegramma per posta 224 (2) in arrivo costi domani).

Signor Titulesco mi ha fatto poi premure per conoscere avviso del R. Governo sul rinnovo del patto amicizia che riteneva scadesse a metà dicembre. Egli aveva interpellato al riguardo legazione di Romania a Roma ma non aveva avuto risposta (3).

Gli ho ricordato che la proroga del patto amicizia scade a metà gennaio e non a metà dicembre che quindi aveva tutto il tempo di pensarci. Egli mi ha pregato però di comunicare fin da ora a V. E. che il Governo romeno è disposto a prolungare patto per quel qualsiasi lasso di tempo che a

V. E. piacesse indicare.

(l) -Cfr. n. 437. (2) -Con t. per corriere 4901!11330/906 R., Colonna aveva comunicato:

(3) Non pubblicato.

459

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 9 dicembre 1933.

Sir Eric Drummond mi riferisce sul colloquio avuto dall'Ambasciatore di Gran Bretagna a Berlino Phipps col Cancelliere. Questo colloquio risulta in modo esatto -come egli ha potuto constatare -dalla relazione fattaci da Cerruti (4).

Dall'esposizione di Sir Eric Drummond risulterebbe che il Cancelliere ha detto che la Germania richiede come aeroplani il quarto di quelli posseduti dalla Francia, Polonia e Cecoslovacchia.

Pare a Sir Eric Drummond che la stessa proporzione sia mantenuta anche per il resto del materiale.

<<In quanto all'Italia, Benes e Titulescu non l'hanno menzionata, né nei comunicati ufficiali, né nei discorsi, né nelle interviste. Ma la loro presa di posizione, sempre più intransigente contro ogni revisione del trattati, ed ora anche contro ogni riforma della Società delle Nazioni, è orientata pienamente contro la politica perseguita dall'Italia in tali problemi».

Al Governo inglese è parso interessante quanto il Cancelliere ha detto al rigua,rdo del Patto di non aggressione con la Francia e alla possibilità di estendere tale patto agli altri Paesi vicini alla Germania.

A proposito di tali patti il Cancelliere ha detto: « Si tratta di garantire dieci anni di pace ~. L'avviso del Governo inglese a proposito delle dichiarazioni tedesche è il seguente: l) -conviene che gli accordi bilaterali di non aggressione non siano in opposizione con i principi della Società delle Nazioni;

2) -È opportuno che questo patto di non aggressione sia fatto dalla Germania con tutti i propri vicini (pare che il Cancelliere non escluda neanche l'Austria);

3) -Alla Gran Bretagna pare eccessiva la richiesta tedesca di effettivi (300 mila uomini) e la richiesta di materiale: ciò potrà rendere difficili le trattative;

4) -Ad ogni modo occorrerebbe che nei 300.000 uomini siano comprese tutte le milizie e tutte le formazioni di carattere milita,re SS. e SA.

L'Ambasciatore Drummond ha concluso, come sua idea personale, che le proposte tedesche gli appaiono una base possibile di negoziati.

Venendo a parlare della S.d.N. l'Ambasciatore Drummond si dice lieto che la questione della riforma sia stata posta; ritiene però -per l'esperienza che egli ha della S.d.N. -che non sia facile ottenere delle riforme radicali.

Egli pensa che sarebbe molto opportuno che noi facessimo conoscere il nostro punto di vista che potrebbe esser preso a base delle discussioni.

Sulla questione di Malta Sir Eric Drummond mi dà le seguenti informazioni: il Governo tnglese non è favorevole a creare aJ posto delle scuole di Casalpaola un altro istituto italiano (sempre la nota opposizione dell'Ammiragliato, come mi dice l'ambasciattore a titolo confidenziale). n Governo inglese è disposto ad aiutare il Governo italiano per rescindere il contratto d'affitto pe'r l'edificio adibito a scuola.

Per quanto ,riguarda l'istituto Umberto I, la cifra data dal Governo inglese e quella data da noi non corrispondono. Il Governo inglese è d'avviso che la cifra sia fissata per 330 alunni.

Per la questione del Circolo di Cultura da parte del Governo inglese non vi è nessuna opposizione di massima alle nostre ultime proposte ed i particolari potranno essere regolati sul posto.

Per la questione delle organizzazioni giovanili il Governo inglese deve insistere perché ne siano esclusi quelli che secondo la legge del luogo sono considerati cittadini inglesi.

Sulla base delle comunicazioni odierne il Governatore darà le Hcenze per l'apertura gelle scuole dato che la cosa non poteva essere ulteriormente protratta.

Sir Eric Drummond richiama infine l'attenzione sulla stampa italiana dicendo che egli si rendeva ben conto come si potesse attaccare la politica del Governo inglese per Malta ma chiede che sieno risparmiati alcuni attacchi

37 -Do~umenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

infondati e molto gravi all'amministrazione inglese, come quello che egli ha letto in un giornale cioè che la detta amministrazione avrebbe portato nell'isola di Malta la lebbra.

Rispondo all'Ambasciatore: che dovevo fare tutte le riserve per le sue comunicazioni relative alle scuole ed agli istituti italiani di Malta; che per quanto riguarda la stampa era evidente nrritazione italiana per la soppressione della lingua italiana; che ritenevo che la cosa si sarebbe potuta accomodare più facilmente se a Malta non ci fossero due persone deleterie per i buoni rapporti dei due Paesi: una Lord Strickland, l'altro il Vice Governatore Luke.

L'Ambasciatore mi fa presente che lo Strickland si mantiene in questo tempo abbastanza tranquillo. In quanto al Luke egli crede di poter escludere che egli abbia delle prevenzioni contro l'Italia e la cultura italiana.

(l) Sull'incontro di Kosice fra Bene~ e Titulescu riferì Rocco con t. per corriere 4917/267 R del 12 dicembre di cui si pubblica solo il seguente brano:

(2) -Cfr. n. 450. (3) -Il 7 dicembre il ministro di Romania a Roma aveva espresso a Buti il desiderio del suo Governo di conoscere le intenzioni italiane circa il rinnovo del patto di amicizia. (4) -Cfr. nn. 445 e 447.
460

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

T. PER CORRIERE S. 363/222. Belgrado, 9 dicembre 1933.

Dopo mio telegramma segreto per corriere n. 353/215 del 4 corrente (l) ho appreso che Avakoumovich era partito e non sarebbe tornato a Belgrado che fra otto dieci giorni. Non posso per ora affermare con sicurezza che egli sia venuto costà, poiché questa volta non ha richiesto alla legazione il solito lasciapassare. Ma finirò comunque per saperlo.

Dovrei però supporre in relazione aUa di lui ultima lettera che mi fu mostrata a Roma, che egli possa essersi recato all'appuntamento fissatogli da Cosmelli.

Confido che questa volta io sarò tenuto al corrente di quello che sarà detto.

Se effettivamente l'Avakoumovich sia venuto costà non riesco però a mettere insieme il non equivoco discorso e la non dubbia richiesta fatta a me da Jeftic. Occorre avere sempre presente che la scaltrezza e la doppiezza serba è finissima, che Avakoumovich è il più abile ed intrigante balcanico che conosca e di una sbaJ.orditivamente facile bugiarderia. Quale giuoco quindi si vuole cOtiJ.durre? Che si voglia l'accordo con noi non ho nessun dubbio, ma l'odierno agire che appare certo a me assai tortuoso, vuole anche forse arrivare a pagare tale accordo il meno possibile.

Avrei molte cose da dire in proposito, ma mi riservo farle conoscere se e quando sarò messo al corrente dell'eventuale seguito dei colloqui di Roma, sempreché davvero Avakoumovich sia venuto costà.

Attiro peraltro tutta l'attenzione sugli attuali negoziati jugoslavi-albanesi di cui l'ultimo mio rapporto n. 9689/2911 del 5 corrente (2). Essi tendono a scalzare al massimo ,la nostra influenza offrendo l'acquisto di prodotti albanesi

quanao uno dei lagni ordinari maggiori di Tirana contro di noi è l'essere da noi strozzata e sacrificata nel commercio di esportazione. Tende infine, con la creazione della zona di confine di 25 km. ad annullM"e qualsiasi efficienza militare di quella zona nei riguardi difensivi od offensivi jugoslavi. Né vale ritenere la reciproca, e soprattutto la possibilità di propaganda nazionale sugli albanesi della Macedonia, poiché la Jugoslavia ed i suoi metodi se,rbi sono troppo abili e risoluti per credere ad una efficacia di tale attività. In ogni caso nella situazione presente l'Albania, e per la diminuita nostra attività in quel settore e la evoluzione dei rapporti itala-albanesi e per il possibile accrescimento di influenza che deriverà dall'eventuale conclusione dei progettati accordi fra la Albania e la Jugoslavia, finisce con diveni,re sempre meno materia negoziabile in nostre mani.

Narro, per la cronaca, che due giorni dopo aver parlato con Jeftic la mattina del 4 corrente, vidi Puric. Questi, mostratosi informato di quanto dettomi da Jeftic, ha aggiunto queste testuali parole, che sono di un significato estremamente interessante e singolare.

«Mentre Jeftic mi diceva il colloquio avuto con voi, ridevo dentro di me nel pensare la faccia che Benes e Titulescu faranno quando un giorno verranno a sapere che abbiamo stretto un'alleanza!! ».

(l) -Cfr. n. 441. (2) -Non pubblicato.
461

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 9 dicembre 1933.

Sir Eric Drummond è venuto a darmi notizia del colloquio avvenuto ieri fra il Cancelliere e l'Ambasciatore di Gran Bretagna a Berlino Phipps. In tale colloquio il Cancelliere ha confe,rmato di essere disposto a fare del trattati di non aggressione con tutti gli Stati vicini.

Egli ha de,tto che da principio pensava soltanto a dei trattati con la Francia, la Polonia, la Cecoslovacchia, l'Italia e l'Inghilterra. Ora però, come è detto, non fa difficoltà per estenderli a tutti gli altri.

Richiesto di spiegazioni sulla cifra di 300 mila uomini di effettivi, egli risponde che la nuova proposta è motivata dal fatto che gli altri paeS:i secondo le ultime proposte mantel'rebbero gli attuali armamenti e quindi anche gli attuali effettivi. Nello schema MacDonald si parlava bensì di 200 mila uomini per la Germania, ma anche gli altri Paesi, la Francia compresa, avrebbero dovuto ridurre i loro armamenti alla stessa cifra.

La Reichswehr sa<Ià trasformata in circa 4 anni. Non si è potuto sapere quale proporzione di permanenti sarebbe inclusa nell'esercito a breve ferma. Riguardo alla questione della inclusione neUa detta cifra dei reparti di

S.S. e S.A., il Cancelliere ha cominciato con obiettare che questi rep:uti non hanno carattere militare e li ha confrontati con la « Salvation Army » (il che all'Ambasciatore di Inghilterra pare un po' forte). Ha detto poi che questi reparti non sono armati che in piccolissima parte. Sarebbero armati in tutta la Germania mille S.S. e 600 S.A. In più il Cancelliere ha detto per dimostrare le sue intenzioni pacifiche, di avere licenziato negli ultimi tempi 6000 gendarmi. Ha soggiunto che, poiché egli è disposto ad accettare il controllo automatico e periodico, si potrà con questo mezzo garantirsi che le formazioni S.S. e S.A. rimangano disarmate.

L'Ambasciatore Phipps ha domandato al Cancelliere se sarebbe disposto ad aderire ad un accordo generale che regolasse la questione dei reparti a tipo militare in tutti i paesi. Il Cancelliere ha risposto che non aveva nulla in contrario.

Il Cancelliere ha chiesto all'Ambasciatore Phipps di dargli in iscritto le obiezioni inglesi ai punti esposti dal Cancelliere in questi recenti colloqui. L'Ambasciatore ha aderito. Darà seguito a questa richiesta con l'inviare una lettera privata al Ministro von Neurath. Il Cancelliere risponderà pure in forma privata.

Sir Eric Drummond vedrebbe la possibilità di discus.isoni conclusive sulla base dei punti esposti da Hitler: teme però per l'intransigenza francese. Secondo « L'Echo de Paris » che è bene informato, François Poncet avrebbe ricevuto istruzioni di far sapere a Berlino che la Francia non ammette un riarmamento della Germania, né è disposta a trattare per la Saare.

462

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CAPO DELLA SEZIONE ACCORDI COMMERCIALI AL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRIACO, SCHU'LLER

APPUNTO. Roma, 9 dicembre 1933.

Il Ministro Schu1ler mi dice di avere avuto dal Cancelliere l'incarico di riferire sui seguenti punti:

Rapporti con la Germania. Il Cancelliere Dollfuss è sempre disposto a trattare con la Germania ma esige due condizioni: l) -di trattare direttamente con il Governo di Berlino e non con i vari Signori Habicht; 2) -che la Germania si disinteressi della situazione interna austriaca. Il trattamento fatto ai Nazi in Austria e la possibilità o meno di fare le elezioni, sono questioni che riguardano l'Austria e nelle quali la Germania non deve immischiarsi.

Lo Schuller mi avverte poi che il Cancelliere è deciso a sciogliere il fronte nazionale corporativo facendolo entrare nel fronte patriottico e vuole liquidare definitivamente i signori W!i.nkler e Schumy. Perciò prenderà nel Governo Bachtngecl' che è un onesto uomo, un agricoltore lontano dagli intrighi politici dei due anzidetti. Il Cancelliere ha trattato con Géimbéis la questione dei rapporti economici fra i due Paesi. A questo riguardo deve pa.rlare molto chiaramente. Una unione doganale fra Austria e Ungheria soltanto, egli non la vede possibile. L'Austria dovrebbe sobbarcarsi buona parte della produzione agricola ungherese, e siccome non potrebbe assorbirla tutta i prezzi bassi ungheresi si estenderebbero all'Austria provocando un disastro in tutta l'economia agricola austriaca. Ne soffrirebbe ugualmente l'industria austriaca che, essendo costretta a comperare i cereali dal.l'Unghe.ria, perderebbe gli altri mercati che ha oggi e che sono molto più redditizi. Viceversa il Cancelliere dichiara che ha il massimo interesse per la unione doganale con l'ItaHa; è disposto a farla quando le condizioni internazionali lo consentissero. Per giudicare sulla opportunità del momento egli si rimette in quello che a questo rigua.rdo pensa il Governo italiano.

463

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. PER CORRIERE 2140 R. Roma, 10 dicembre 1933, ore 10.

Nei colloqui' che S. E. il capo dei Governo ha avuto con Litvinoff (l) e con l'ambasciatore dei Sovieti a Roma ha ritratto la netta impressione che entrambi siano desiderosi di un riavvicinamento con la Germania. Il ristabilimento di almeno un minimo di buone relazioni fra l'U.R.S.S. e la Germania se è desiderio di Mosca è evidentemente anche interesse nostro in quanto esso costituisce il solo mezzo efficace di impedire che i rapporti franco-sovietici si sviluppino fino ad assumere forme non molto lontane da una alleanza politicomilitare. Come è noto l'U.R.S.S. è molto riluttante ad assumere impegni precisi con questa o quella delle potenze europee; il timore pe·rò di sviluppi aggressivi della politica tedesca, timore che il riavvicinamento tedesco PO<lacco non contribuisce certo a dissipare, può ad un certo momento ed in determinate circostanze divenire cosi forte da vincere questa naturale riluttanza.

È evidente che evitare un simile orientamento deJla Russia sov.ietica dovrebbe, nelle circostanze attuali essere anche un interesse tedesco.

Prego v. E. di volere, nella forma che riterJ:à opportuna, far pervenire a Neurath le impressioni riportate da S. E. il capo del Governo nei colloqui di Roma (2).

464

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 2143/207 R. Rloma, 10 dicembre 1933, ore 19.

Prego V. E. informare presidente Goemboes che mio viaggio a Berlino è stato deciso in seguito ripetuto invito Governo germanico per ricambiare numerose visite ufficiali tedesche a Roma.

Al mio ritorno se avrò qualche informazione importante ne darò comunicazione codesto Governo (3).

(l) -Cfr. n. 437. (2) -Un appunto di Suvich redatto a Berlino il 17 dicembre dice: «Nel corso delle conversazioni ha detto al cancelliere delle buone intenzioni espresse da Litvinoff nei riguardi di un avvicinamento alla GermEtnia. Il cancelliere non ha reagito in alcun modo». (3) -Analogo telegramma fu inviato da Suvich anche a Parigi, Londra, Mosca, Ankara, Bruxelles, Madrid, Vorsavia, Washington, Praga, Atene, Bucarest e Belgrado (t. 2144/C R. pari data), con l'aggiunta, al posto dell'ultimo capoverso, delle seguenti istruzioni: «Potrò aggiungere che é naturale si discorra in questa occasione di tutti i maggiori problemi ma che non ho incarico di trattare alcun problema specifico ».
465

COLLOQUIO FRA IL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI, E IL CAPO DELL'UFFICIO ITALIA DEL MINISTERO DEGLI ESTERI JUGOSLAVO, AVAKUMOVIÉ

APPUNTO. Roma, 10 dicembre 1933.

Giusta le istruzioni ricevute (l) ho fatto al signor Avakumovic, in risposta ed in relazione a quanto egli mi ha comunicato a Venezia (2), una comunicazione verbale sulle seguenti basi:

Per quanto non contenente elementi nettamente nuovi su quanto aveva formato oggetto delle comunicazioni precedenti, l'ultimo «messaggio» del signor Jeftic è stato da no! conosciuto con interesse, anche per l'estensione e profondità di svolgimento di alcuni punti e concetti precedentemente espressi.

a) Per quanto riguarda l'accenno alla Piccola Intesa sul significato da dare ad un accordo con la Jugoslavia, vorremmo sapere in quale situazione un tale accordo ci metterebbe di f,ronte alla Cecoslovacchia e alla Romania (3).

b) Vorremmo sapere fino a dove arriva il concetto di Europa centrale e di statu quo relativo. c) Notiamo che non vi è nessuna risposta per la nostra richiesta circa il consorzio Fiume Sussak. d) Per l'Albania vorremmo qualche precisazione su quello che a Belgrado si chiama lo «statuto» dell'Albania.

e) Per i lavori menzionati dal signor Jeftic, sarebbe necessario precisare quale sia il presumibile importo e se il funzionamento dovrebbe avvenire totalmente con mezzi italiani oppure in buona parte con mezzi interni jugoslavi.

f) Vorremmo anche sapere come armonizzare l'atteggiamento jugoslavo a quello italiano nelle grandi questioni del disarmo e della Società delle Nazioni.

g) Teniamo ad ogni modo presente quanto è stato detto e reciprocamente comunicato che riteniamo molto interessante. Conviene che nel frattempo non si faccia nulla nè da una parte né dall'altra, che alteri la situazione attuale.

La nostra impressione è però che un accordo sulle basi prospettate significa fermezza jugoslava su ogni sua tes·i e posizione originaria, mentre pe·r l'Italia un accordo non sarebbe subito facilmente comprensibile, con ripercussioni di carattere generale sulla nostra politica di cui non possiamo non preoccupare!.

h) Sarebbe conveniente continuare il contatto come finora; nel frattempo la Jugoslavia può anche consuUarci e farci sapere i suoi eventuali punti di vista.

(-2) Cfr. n. 452.

«Per quanto riguarda la Piccola Intesa, vorremmo chiarice meglio l'estensione del concetto di Europa Centrale fino a dove arriva -e in questo in relazione al concetto di statu quo. come pure in riferimento al cosidetto problema revisionistico in quanto possa concernere altre frontiere».

Ho svolto con ogni possibile argomento e illustrato i concetti sopra esposti, mettendo in evidenza l'opportunità di non interrompere il contatto e l'assoluta nostra convenienza che se un accordo si potrà fare questo sia nell'epoca della conclusione subordinato a tutte le nostre complesse esigenze di politica generale di cui la Jugoslavia non è che un modesto settore.

Il Signor Avakumovic, ai vari quesiti postigli e chiarimenti richiesti ha ripetuto molti noti concetti jugoslavi ma ha riconosciuto che molte delle nostre domande e richieste erano g.iustificate e in particolare quelle pel disarmo e la Società delle Nazioni, tanto previste che ne aveva fatto appunto fin da iecri. Egli anzi poteva dirmi in proposito che nello stato presente delle cose, la Jugoslavia non poteva essere che contro ogni riforma dell'Istituto ginevrino come sola garanzia dello « statu quo ». L'atteggiamento però verso Ginevra non è astrattamente favorevole; il giorno che vi fossero altre garanzie e più solide come quelle date da un accordo con l'Italia, l'atteggiamento jugoslavo verso Ginevra potrebbe facilmente mutare.

Nel corso della mia esposizione e poi, il Signor Avakumovic ha manifestato una sua impressione piuttosto pessimista sul significato che doveva dare a quanto gli andavo dicendo o gli avevo detto. Invece di risposte gli venivano poste nuove domande. Gli si era parlato di una quasi alleanza e di un accordo milita.re e ora mancava in p:roposito ogni ulteriore precisazione. Mi ha anche chiesto se il presente incontro doveva considera·rsi come l'ultimo e come un modo di chiudere le conversazioni.

Sulla scorta di quanto avevo istruzioni di dire sono riuscito, credo abbastanza efficacemente, a persuadere in senso meno pessimista il Signor Avakumovic e fargli intravedere la possibilità e utilità di un ulteriore incontro in gennaio, di cui mi riservavo di fargli sapere la data.

(1) -Del 9 dicembre, non pubbllcato. (3) -In una prima redazione delle istruzioni questo punto era così formulato:
466

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI DElLA SOCIETA DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Roma, 10 dicembre 1933.

Come ti avevo preannunciato nella mia ultima lettera del 6 corrente (l), ieri è venuto a vedermi il Conte de Chambrun. Nel nostro colloquio egli ha toccato più o meno tutti i var·i argomenti accennati nella suddetta lettera. Ti riferisco quanto ho creduto di capire daUe cose dettemi.

Secondo l'Ambasciatore, e.gli ha rinunciato a partire oggi per Pa,rigi perché così gU è stato consigliato dal Quai d'Orsay, non trovando ragione di assentarsi da Roma dato che gli scambi di vedute per un accocrdo navale tra Italia e Francia sono per iniziarsi e che a Parigi si desidera avere un pò di tempo per riflettere sulla fase attuale.

Mi ha poi domandato a proposito del disarmo, S.d.N. ecc. se non sarebbe utile, prima di pensare o di proporre una riunione a quattro, di tenere a Roma una riunione a tre, senza cioè la Germania per poi invitare la Germania stessa quando le idee fossero qui chiarite, e ci fosse la possibilità di un principio di intesa onde non dare alla Germania lo spettacolo di un disaccordo tra Italia, F1rancia e Inghilterra, tra i Paesi cioè armati di fronte alla Germania che è disarmata per Trattato.

Avendogli io riferito le notizie datemi dall'ex Ministro Fould (che fu Ministro nei Gabinetti Laval e Ta,rdieu) e che è attualmente qui di passaggio, ossia di una prossima e molto probabile combinazione mi:nisteriale Tardieu-LavalDaladier, Chambrun ha riconosciuto essere questo il desiderio delle destre ma di difficile, forse molto difficile, attuazione, dato che Tardieu si è fatto dei nemici anche tra i suoi cosiddetti amici politici. Viceversa Chambrun ha riconosciuto che Laval-Daladier è un binomio che certo non mancherà di partecipare al tanto auspicato Ministero di unione nazionale.

Ritornando sul concetto, già diverse volte esposto ai Francesi, della necessità di una cordiale fiducia verso l'Italia e della impressione per lo meno strana prodotta nel pubblico italiano nel constatare che nel 1933, mentre tutti gli uomini più rappresentativi e più responsabili europei sono venuti a Roma, solo la Francia non ha creduto di inviare un uomo politico di primo piano; Chambrun mi ha detto essere difficile per lui indicare un nome. Ha ad ogni modo fatto quello di Daladier come quello che potrebbe forse riunire tutti i requisiti utili e proficui per una visita a S. E. il Duce. Ha aggiunto sorridendo: «Puisqu'il s'agit de désarmement, le Ministre de la Guerre est, peut-etre, Je plus indiqué ».

Due volte l'Ambasciatore mi ha domandato se potevo indicargli la vera ragione del tuo viaggio a Berlino. Mi sono sempre Hmitato a rispondere che non credevo che fosse altro che una questione di politesse dato che le visite dei Ministri tedeschi erano state molto più numerose di quelle di Ministri di altri Stati.

Caro Suvich, ho creduto di riferirti tutto ciò prima della tua partenza per Berlino, e augurandoti buon viaggio (1)...

«La mia visita a Parigi ha seguito immediatamente la tua a Berlino e quella di Benes sulla Senna. Circa il tuo viaggio Poncet ha telegrafato, nel suo interesse, che esso aveva reso le sue trattative più difficili e delicate, senza specificare però in che consistessero l tuoi discorsi con l tedeschi...

Monzie e Pietri mi hanno detto che è nell'Intenzione di Daladier di parlare direttamente con Hitler e d! non trascurare qualunque mezzo per Intendersi colla Germania, perché, secondo lui, "!l n'y a pas (eccettuata la Saar) de problèmes franco-allemands, mais !l y a en Europe le problème allemand, beaucoup plus dangereux pour ntalie qui a à sauvegarder l'indépendance de l'Autrlche, l'Alto Adige, et le port de Trieste avec son hinterland".

Monzie, che è la lancia spezzata di Daladier, in rotta completa con Herriot, mi ha ripetuto la teoria d! Daladier sulla missione del Duce in Europa.

"Il faut que l'Italie essaye de mettre en laisse cet éléphant fou: Mussolini doit essayer de prendre des garanties pour la paix de l'Europe et pour sa sécurité future. Aujourd'hui le 'werden' allemand menace tout le monde. Si l'Italie s'en rend compte, Mussolini doit étre dans l'état d'esprit où !es anglais étaient entre 1902 et 1904. Dans ces conditions l'entente doit exister fatalement et virtuellement dans l'esprit de Mussolini. Elle parait plus importante que certains intérets pour lesquels il faudrait faire des compromis. Et alors Mussolini doit désirer faire non pas une entente militaire, mais du déblayage...

L'éléphant fou doit inquiéter l'Italie aujourd'hui plus que hier, car le danger 'Anschluss' augmente...". Io l'ho pregato [Léger] di dirmi se era vero che il Qual d'Orsay rimproverava a Mussolini: 1) una mancanza di promesse che egli avrebbe fatto a de Jouvenel al momento della

(l) Non pubblicata.

(1) S! pubblicano qui alcuni brani ·di una lettera di Theodoli a Suvich del 25 dicembre:

467

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4886/460 R. Vienna, 11 dicembre 1933, ore 22,10 (per. ore 7 del 12).

Mi riferisco al mio telegramma 458 (l).

Segretario generale mi ha detto che cancelliere è sempre più preoccupato del contraccolpo che potrà avere su questa opinione pubblica, già impressionata per l'aumentata offensiva nazista, il viaggio di S. E. Suvich a Berlino, nonchè dello sfruttamento che la stampa tedesca potrà fare di detta visita ufficiale per insinuazione che la stessa Italia assegna scarsa importanza all'attuale Governo federale.

Ho facilmente dimostrato infondatezza siffatta preoccupazione. Mio interlocutore ha insistito tuttavia sull'opportunità di una sollecita venuta a Vienna di S. E. Suvich. Al riguardo mi ha confidato che cancelliere ha inca.ricato signor Schuller di esprimersi nel predetto senso con V. E. e di rappresentare allo stesso tempo la disposizione del cancelliere a recarsi a Roma subito dopo la visita a Vienna di S. E. Suvich.

Aggiungo, a titolo riservato, che a segretario gene.rale, malgrado le sue generali espressioni predette, non sfugge che una visita S. E. Suvich a Vienna, immediatamente susseguente a quella di Ber.Iino, potrebbe dare luogo ad inopportune interpretazioni e speculazioni.

firma del Patto a quattro (ciò che io sapevo essere assolutamente inesatto) e 2) il tono comminatorio della dichiarazione del Gran Consiglio fascista circa la riforma radicale della S.d.N.

Léger mi disse che: "l'impression de l'homme de la rue en France en veut à Mussol!ni qui en se détachant à Genève, après le 14 Octobre, de la France, de l'Angleterre et des Etats Unis, a une fois de plus augmenté !es chances de désordre en Europe en méme temps que le préstige de Hitler en Allcmagne, dont le Fascisme italien a l'air de se mettre à la

remorque".

Io gli ho risposto che l'Italia non appoggia la Germania per il piacere di appoggiarla.

Prima di considerare la Germani'a come un pericolo per l'Europa, Mussolini desidera in

coscienza esaurire tutte le possibilità di portare la Germania a collaborare. La vera sicurezza, la Francia la può trovare stendendo lealmente la mano all'Italia.

Léger ritornando sul discorso al Gran Consiglio, aggiunse:

"Il faudrait que Mussolini se rende compte que le ton et la forme de sa déclaration au Grand Conseil et surtout l'allusion au caractère radica! des réformes à envisager pour la S.d.N., ont produit dans l'opinion publique française la plus vive émotion. Au Quai d'Orsay, on se dit que tandis qu'à Londres on ne sait pas toujours exactement ce que l'on veut, Mussolini, au contraire, l'orqu'il décide une chose, connait très bien le but à atteindre. C'est vrai que le Qual d'Orsay, au courant des déclarations faites par Mussolini à Avena!, n'est pasaussi préoccupé que le gros publique qui, dans l'espace de quelques semaines, a vu le départ des Allemands de Genève suiv! des différentes menaces de Mussolini à la S.d.N.

Il serait utile pour rassurer l'opinion française, de pouvoir fournir une !nd!cation, méme vague, sur la portée des réformes envisagées qui seraient certainement acceptées partout, si elles ne concernaient que la procédure ou l'organisation générale de la S.d.N.

On pourra!t revenir, à la synthèse politique de Briand: l'Europe constituant un groupement dans le sein meme de la S.d.N; ce qui revient à ce que Mussolini a dit dans un de ses derniers discours. Par contre la cenception d'une hiérarchie, méme théorique, des Puissances répugne en France.

Une réforme constructive oui, d'accord; mais une réforme destructive, non. Briand sur son lit de mort, m'a encore parlé de son rève de synthèse politique et de l'organisat!on de l'Europe sur la base d'une coopération entre Puissances geographiquement

voisines.

Mussolini poursuit le mème but bien que par d'autres méthodes".

Léger mi ha ripetuto: "Pour réaliser l'idéal de Briand il faut beaucoup de prestige; le seui qui en ait, c'est Mussolini et j'espère que, tout amour propre national à part, l'oeuvre pourra étre réa!isée et pour cela le rapprochement étroit franco-italien est indlspensable" ».

(l) T. 4860/458 R del 9 dicembre, non pubblicato: riferiva circa le preoccupazioni di Dollfuss per i riflessi politici del viaggio di Suvich a Berlino.

468

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4898/221 R. Vienna, 11 dicembre 1933 (per. il 13).

Segretario g.enecrale mi ha detto che da qualche giorno è innegabile un peggioramento dell'atteggiamento di Berlino nei riguardi dell'Austria. In appoggio alla sua affermazione mi ha dichiarato risultargli in modo indubbio che il signor Hitler vuole che l'Habicht rimanga padrone assoluto dell'azione nazista in Austria e che ogni conversazione circa i rapporti austro-tedeschi debba avvenire per il tramite dello stesso Habicht. Altro segno della più vivace offensiva nazista, il mio interlocutore ravvisava nella sempre crescente attività dell'Hab~cht in favore del «Kampfring » che a suo dire finirà col raccogliere tutti gH austriaci che vivono in Germania contro l'attuale Austria ed in favore dell'Anschluss.

A mia richiesta, il signor Peter, ha dichiarato inoltre che il Gove·rno del Reich ha lasciato cadere le aperture di cui al mio rapporto segreto n. 2524 del 10 novembre scorso 0).

469

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

APPUNTO. Roma, 11 dicembre 1933.

Nel corso di una conversazione con questo Ministro di Bulgaria, questi mi ha detto che a Sof;ia non si attende gran che dalla visita di Re Boris a Belgrado. Perchè i rapporti tra la Bulgaria e la Jugoslavia migliorino bisogne.rebbe che (a prescindere dalle quistioni territoriali) almeno quella delle minoranze in Macedonia trovasse una soluzione soddisfacente per i bulgari; ma il Governo di Sofia è scettico circa le dispos~zioni jugoslave a venire incontro ai desiderata di Sofia. Il Governo di Sofia si rende conto che, perdurando l'attuale stato nei rapporti bulgari, .l'attività di Ruschdi bey e l'atteggiamento che assumono tanto la Jugoslavia quanto la Romania possano portare ad un isolamento della Bulga.ria, ma la Bulgaria è decisa ad accettare tale stato d.i isolamento piuttosto che rinunciare alla quistione delle minoranze in Macedonia. Migliore, per quanto lungi dall'esser ideale, è il trattamento che la Romania fa alle minoranze bulgare in quanto Bucarest riconosce alle minoranze bulgare un minimo di diritti.

Il Ministro di Bulgaria si è riservato di venirmi a vedere e di fornirmi ulteriori notizie dopo finita la visita di Re Boris.

(l) Cfr. n. 356.

470

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, LOJACONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4978/176 R. Ankara, 12 dcembre 1933 (per. il 18).

Questo ministro degli esteri mi ha detto del desiderio che avrebbe di intensificare .i suoi rapporti con Roma aggiungendo che ogni volta che viene in Occidente egli sarebbe felice di passare dalla nostra capitale se non desse troppo nell'occhio il fatto di queste visite f,requenti ed unilaterali delle quali lo stesso Governo italiano finirebbe con stancarsi. Mi ha detto che in una occasione futura, oggi non determinabile, se S. E. il sottogretario on. Suvich volésse fare al Governo turco il piacere di una sua visita personale, ciò riusc.irebbe qui sommamente gradito. Gli ho detto che ciò potrebbe avvenire a seguito di qualche atto od avvenimento di cui convemsse mettere in rilievo il significato di ra.fforzamento dei vincoli di amiciza itala-turchi.

Il discorso è rimasto così ed io lo riferisco a V. E. per dovere di informazione. Oggi il ministro degli esteri., facendomi allusione al precedente accenno sulla opportunità di intensificare i rapporti con Roma, mi ha detto che, non potendo farlo personalmente, ha c.reduto di dovere suggerire al ministro degli esteri greco di passare da Roma, allorchè si recherà in gennaio a Parigi per la questione del debiti, e precisamente durante il viaggio di ritorno in modo da potere avere col Governo italiano uno scambio di idee nel quale egli, Maximos, parlerebbe quasi secondo il concetto di Tewfik Rustu, in veste di esponente della comune politica turco-greca (1).

471

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 12 dicembre 1933.

Ho convocato l'Ambasciatore di Polonia e gli ho detto che, come eravamo rimasti intesi con il Ministro degli Esteri Beck a Ginevra, gli avrei comunicato le direttive della politica estera italiana sulle questioni più interessanti del momento.

l) Si pubblica qui la conclusione del R. 2152/861 del 28 novembre da Ankara:

«Russi e Turchi temono l'Europa come fenomeno esplosivo, e, osservati i sintomi, si affannano a precludere le vie di irruzione delle masse incandescenti, cosi come agirebbe a difesa del proprio campo innanzi alla colata di lava il contadino vesuviano. Questo e no.n altro dovrebbe essere il significato degll apprestamenti difensivi russo-turchi in funzione di un pericolo europeo ancora privo di contorni precisi, di cui non si conosce né l'origine né la direzione né le forze componenti ma che non cessa pe.r questo di gravare con un senso di oppressione su coloro che stanno al margini di questa via di irruzione europea rappresentata dagll Stretti. Indirettamente se ne dovrebbe ricavare che tanto Mosca quanto Ankara vedrebbero, nel loro recondito animo, la situazione in Europa oscurarsi sino al punto da richiedere l'inizio di precauzioni comuni per evitare di essere travolte in un conflitto generale; o per meglio fronteggiarlo, qualora travolte».

Il Signor Wisocki, dopo avermi vivamente ringraziato, mi ha chiesto delle delucidazioni sulla deliberazione del Gran Consiglio nei riguardi della Società delle Nazioni e qualche notizia sulle trattative per il disarmo e la visita di LiLvinoff.

Sulle tre differenti questioni ho dato all'Ambasciatore delle informazioni di carattere generale delle quali egll è rimasto soddisfatto.

Quindi mi ha chiesto che scopi aveva la visita di S. E. Suvich a Berlino, e anche su tale argomento l'ho rassicurato, dandogli opportuni ragguagli. Il Signor Wisocki mi ha espresso tutta la sua gratitudine per le informazioni fornitegli, aggiungendo che la franca esposizione da me fattagli gli riusciva particolarmente utile in questo momento, perchè gli avrebbe servito a sventare una subdola campagna da lui rilevata in questi ultimi tempi, diretta, con la diffusione di voci false e tendenziose, a turbare i buoni rapporti tra la Polonia e l'Italia.

A titolo di esempio mi ha citato la notizia diffusa ultimamente da alcune agenzie di informazione, secondo la quale V. E. avrebbe dichiarato all'Ambasciatore d'Inghilterra che, nelle conversazioni con Litvinoff, si era parlato anche della questione del corridoio polacco. Il signor Wysocki si era affrettato a chiederne conferma a Sir Eric Drummond che l'aveva smentita nel modo più assoluto.

Dopo avermi accennato ad altre voci del genere, mi ha chiesto se conoscevo le fonti di tali intrighi.

Gli ho risposto che non ci erano sfuggite tali notizie diffuse per lo più da Agenzie radio, in parte inventate di sana pianta, in parte dirette, con la deformazione dei nostri comunicati ufficiali, non interamente trasmessi, a travisare le lince della politica estera italiana.

Ho colto l'occasione per mettere in guardia il Signor Wisocki contro tali manovre alle quali forse si doveva ascrivere un certo raffreddamento nei nostri confronti da noi notato nella stampa polacca, in questi ultimi tempi.

Ho aggiunto che, appunto per tali motivi, ero ben lieto di aver potuto, seguendo le istruzioni di V. E., metterlo al corrente di quello che era il reale pensiero dell'E. V. nei riguardi dei maggiori problemi del giorno. Su tale base -gli ho detto -gli sarebbe stato facile ristabilire la verità.

Iil Signor Wisocki dopo avermi ripetuto ancora una volta la sua gratitudine per così amichevoli disposizioni di V. E. nei riguardi del suo Paese, mi ha dichiarato che delle notizie da me fornitegli avrebbe immediatamente informato il suo Governo.

Colgo l'occasione per far presente a V. E. come effettivamente, in questi ultimi tempi, è stata notata una diffusione di notizie tendenziose a Roma che rivelano l'esistenza di intrighi diretti a creare nell'opinione pubblica mondiale false inte<rpretazioni delle direttive di V. E. in politica estera (l).

«Da quanto Wisocki ha detto a S. E. Aloisi risulta confermato quello che riferii essermi stato detto da Beck un mese fa e cioè dell'esistenza di tentativi e manovre per creare fra l'Italia e la Polonia dei malintesi.

Tempestiva è dunque stata la convocazione di Wisocki ed opportunissime le dichiarazioni a lui fatte da S. E. AloisL Prima ancora di ricevere il telespresso a cui mi riferisco, dalla speciale cortesia dei modi che da alcuni giorni il Ministero degli Esteri usava nei confronti di questa Ambasciata, deducevo che a Roma doveva essere avvenuto qualcosa di gradito per questi ambienti».

(l) In riferimento al presente appunto, trasmessogli con telespr. 237551/109 del 16 dicembre Bastianini comunicò con telespr. r. 3013/1397 del 26 dicembre quanto segue:

472

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 12 dicembre 1933.

Questo Ministro d'Austria d'ordine deJ. suo Governo, mi ha fatto una comunicazione di cui segue Ll riassunto !asciatomi dal Ministro stesso:

«Le Chancelier Fédéral serait très content si S. E. Suvich pouvait Lnsérer dans le programme de son voyage de retour une visite, soit meme de brève durée, à Vienne et s'il voulait accepter l'invitation du ChanceJier Fédéral d'y étre son hòte. Le Chancelier Fédéral a le vif désir d'avoir une conversation avec

M. Suvich. Si Vienne était laissée de còté, le public autrichien serait amené à croire qu'on voulait éviter exprès une visite au Chancelier Fédéral dont les visites en Italie ainsi que celle de ses prédécesseurs reste.raient sans une réponse. Des commentaires trés défavorables en suivraient. Le fait que M. SuvLch visitera d'autres vilLes en Allemagne et la durée de sa visite en Allemagne renforcerait encore cette impression. Une visite de M. Suvich à Vienne rendrait possible au Chancelier Fédéral, si on le désirait, de faire encore dans cette année (après Noél) une visite d'Etat officielle au Gouvernement Italien ».

Il Signor Rintelen ha chiarito inoltre che l'insistenza del Cancelliere per una visita possibilmente immediata non rawresenta una questione di etichetta. Essa avrebbe ripercussioni favorevoli sui rapporti itala-austriaci e sulla posizione del Cancelliere specie di fronte ai socialisti, come la mancata visita o anche il rinvio creerebbe un senso di delusione e di disorientamento.

473

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL CAPO DI GABINETTO, ALOISI

APPUNTO. Roma, 12 dicembre 1933.

Questo Ministro di Romania, in continuazione ed a complemento del.la comunicazione fattami l'altro giorno (1), è venuto a dire che, secondo un telegramma ricevuto da Bucarest, il Signor Titulescu ha veduto il Ministro d'Italia a Bucarest (2) e lo ha pregato di informare il R. Governo che il Governo romeno si augurava la proroga del Trattato di amicizia e di collaborazione cordiale italo-romeno che scade il 18 gennaio 1934, oppure l'inizio di negoziati per la conclusione di un nuovo Trattato. A titolo personale, ha continuato il Signor Lugosianu, il Ministro d'Italia a Bucarest ha risposto al Signor Titulescu che per la conclusione del nuovo Trattato sarebbe stato necessario di iniziare dei

negoziati non con la Romania soltanto, ma con la Piccola Intesa: che comunque sarebbe intervenuto a Roma perché si fosse addivenuti alla proroga pura e semplice. Il Signor Lugosianu ha aggiunto che le istruzioni, che egli ha ricevuto, sono nel senso che egli pure intervenga per la proroga del Trattato.

Il Ministro di Romania ha spiegato come, ove si volessero avviare negoziati per la conclusione del nuovo Trattato, non sarebbe con la Piccola Intesa che si dovrebbe trattare, ma con la Romania. Per quanto lo concerne, il Signor Lugosianu stima che, o ve si voglia in avvenire, come egli spera, modificare e modernizzare il Trattato esistente nell'interesse dei migliori rapporti fra i due Paesi, converrebbe in ogni caso nel momento attuale procedere ad una proroga, non fosse che pel tempo necessario (6 mesi come precedentemente o più) perché 1 futuri negoziati possano svolgersi utilmente e convenientemente.

(l) -Cfr. n. 458, nota 3, p. 512. (2) -Per la versione italiana del colloquio Sola-Titulescu. cfr. n. 450.
474

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 2164/420 R. Roma, 13 dicembre 1933, ore 24.

Telegrammi di V. E. 969/972 (1).

Dai citati telegrammi e dai commenti dei giornali che V. E. mi ha comunicato appare chiaro che la necessità rilevata dal Gran Consiglio di una sostanziale riforma della Lega delle Nazioni è largamente condivisa da codesti circoli e da codesta stampa. Stabilito questiO punto, interesserebbe individuare quali riforme precisamente codesti ambienti riterrebbero utili e necessarie ad un buon funzionamento della Lega. Prego V. E. indagare nel modo che crederà migliore e riferire con cortese sohlecitudine (2).

475

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, A BERLINO

T. 2166/459 R. Roma, 13 dicembre 1933, ore 22.

Nella conversazione che ho avuta il 6 dicembre C'on l'ambasciatore di Germania (3) questi ha riferito, come V. E. ben sa, avergli Neurath detto che la Germania potrebbe tornare nella S.d.N. solo se questa sarà radicalmente riformata. Non dubito che V. E. avrà modo nei suoi colloqui costì di appurare se l'opinione di Neurath è interamente condivisa dal cancelliere. In caso affermativo interesserebbe conoscere quali precisamente dovrebbero essere le riforme radicali che indurrebbero la Germania a ritornare nella Lega (4).

(-3) Cfr. n. 451.
(l) -T. 4891/969 R. e t. 4894/972 R. del 12 dicembre non pubblicati: lnterpellazionl alla Camera del Comun! circa la dichiarazione del Gran Consiglio sulla riforma della Società delle Nazioni. (2) -Per la risposta d! Grandi cfr. n. 486. (4) -Per la risposta d! Suvich cfr. n. 485.
476

COLLOQUIO FRA IL SO'ITOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CANCELLIERE TEDESCO HITLER (l)

APPUNTO Berlino, 13 dicembre 1933.

Il colloquio è durato nella mattina dalle 11 alle 13,30 ed è stato ripreso nel pomeriggio dalle 4 e mezzo alle 8.

Nella prima parte del colloquio sono stato solo col Cancelliere, poi, dopo un'ora è entrato il Ministro Neurath il quale ha assistito anche al colloquio del pomeriggio.

Nei colloqui ha parlato prevalentemente il Cancelliere, facendo dei disco.rsl senza interruzione di un'ora e più. Neurath non ha parlato quasi affatto a pa·rte qualche singoia parola durante i discorsi del Cancelliere.

Ho risposto alle argomentazioni del Cancemere in forma breve.

Il tempo in cui eravamo soli il Cancelliere ha parlato sempre rivolgendosi a me in forma molto pacata e suadente. In presenza del Barone von Neurath ha parlato un pò più agitato specialmente nel pomeriggio trattando della questione dell'Austr.ia, senza guardarmi quasi mai in faccia. Ogni tanto faceva un evidente sforzo padroneggiandosi per non lasciarsi trascinare dalla sua passione.

Parla in tono leggermente cattedratico dando alla sua esposizione quasi sempre una forma dogmatica. Annunzia ogni tanto di vole.re uscire dalle cose generali per trattare questioni concrete, ma qualche momento dopo è di già ripartito per le sfere superiori.

Dà l'impressione di un uomo sincero e ogni sua parola porta netta l'impronta di una convinzione profonda e maturata. Ha certamente considerato lungamente e intimamente le teorie e le idee che ogg.i è chiamato a mettere Ln pratica. Dà l'impressione però che egli veda le cose per quello che vorrebbe che fossero piuttosto che per quello che sono in realtà.

È stato a sentire le mie obiezioni con calma e con molta cortesia e ha risposto in forma tranquilla.

Non è certamente un uomo che si lascia facilmente persuadere e se mai cede ane argomentazioni del momento, dà l'impressione che egli poi ritorni sulla sua idea primitiva con la costanza di un'idea fissa.

Mi ha dato l'impressione non di un uomo colto nel senso più enciclopedico della parola, ma bensì di un uomo che si è interessato ed ha probabilmente studiato tutti gli elementi storici, filosofici e sociali che hanno relazioni con la sua dottrina.

La fissità delle sue idee, che lo rende alle volte inaccessibile a dei ragionamenti anche semplici, può farlo apparire meno intelligente di quello che non sia in realtà.

È in complesso un uomo che al primo momento appare interessante per la foga ed efficacia della sua esposizione. Credo però che presentandolo più sovente

l'interesse diminuisce, perchè è un uomo che certamente si ripete fino alla monotonia. È difficile riprodurre con esattezza le dichiarazioni del Cancelliere per le frequenti lunghissime divagazioni. Ne riassumo i punti più salienti.

Prima parte -colloquio a due. Il Cancelliere si dice lieto di salutarmi a Berlino. Ringrazio e rispondo che la mia visita a Berlino appaga il mio vivo desiderio di conoscere da vicino gli uomini e le forme del nazional-socialismo. Porto al Cancelliere i saluti del Capo del Governo che segue l'opera sua con vivo interesse. È desiderio del Capo del Governo di poter scambiare un giorno direttamente le proprie idee col Cancelliere; naturalmente questo avvenimento è di una troppo grande importanza perché non sia vagliato minutamente secondo tutte le opportunità di tempo e di luogo. La mia visita odierna è fatta in restituzione alle numerose e gradite visite di membri del Governo tedesco a Roma. Il Cancelliere preferisce farmi una esposizione generale delle sue ,idee e direi del suo stato d'animo in assenza del Ministro degli Esteri. Egli premette che è nato austriaco come austriaco sono nato io; che siamo stati l'uno e l'altro cattivi cittadini dell'Impero austro-ungarico, e che nel 1914 ciascuno di noi ha preso la strada che rispondeva ai propri sentimenti e alle proprie aspirazioni: lui con la Germania, io con l'Italia. Questa origine ormai superata e dimenticata, gli dà tuttavia motivo di sperare di poter essere da me ben compreso. Egli è stato il primo in Germania a fare una politica di riavvicinamento all'Italia. Fu perciò insultato e deriso. Gli uomini al potere in Germania dopo la guerra consideravano l'Italia sopratutto dal punto di vista della rottura dei trattati alilo scoppio della guerra. Egli ha sostenuto fin d'allora che le aspirazioni di un popolo, quando si tratti effettivamente di ragioni vitali della sua esistenza dovevano prevalere su qualsiasi combinazione o pattuizione fatte dai governanti senza tener conto di queste profonde ragioni. Egli ha abbandonato fin da principio certe romanticherie che per quanto rispettabili non r,ispondono alle necessità della vita dei popoli. Fra queste romanticherie mette anche certe forme di esasperato nazionalismo. Egli ha basato la sua Weltanschauung su dei criteri realistici. Fra le romanticherie egli ha messo da pa,rte anche la sua alleanza con l'Austria. L'Austria è stata sempre nella storia il fomite di infiniti guai per la Germania. Se egli fosse stato al potere nel 1914 non avrebbe fatto la guerra per l'Austria, sacrificando due milioni di uomini, in quanto riteneva questo Stato una combinazione assurda matura per la dissoluzione e la divisione del suo territorio fra i paesi a cui apparteneva nazionalmente: la parte italiana all'Italia, la parte tedesca ai tedeschi, la parte romena a,i romeni. Forse le provincie slave del nord alla Russia, a meno che non avessero preferito rimanere con l'Ungheria. Per quanto riguarda gli slavi del sud, non aveva allora idea di uno stato slavo meridionale.

Fra le romanticherie ha messo da parte anche la questione dell'Alto Adige. Convinto assertore della necessità di una amicizia italo-tedesca, si è sempre reso conto che la questione dell'Alto Adige doveva essere liquidata nel senso voluto dall'Italia.

Così pure va messo da parte tra le romanticherie il Drang dei tedeschi verso hl sud, che nei secoli è costato alla Germania enormi sacrifizi senza alcun risultato. Se tutti gli sforzi impiegati nelle guerre oltre i confini meridionali della Germania fossero stati invece utilizzati per una espansione ve·rso Oriente, la Germania ne avrebbe tratto grandissimi frutti.

Anche le storie del passato avvicinano la Germania all'Italia: paesi divisi e denominati da forze straniere che si sono poi per loro forza iìllterna elevate a nazione. L'Austria ha esercitato la stessa influenza deleteria sia sulla Germania che sull'Italia. La trag.ica dinasti·a degli Asburgo è stata odiata in tutti e due i paesi. Egli si è letto la storia del Risorgimento Italiano e sa come il popolo italiano abbia aspirato alla propria unità e combattuto per la propria libertà.

Ma a parte queste ragioni che hanno stabilito dei vincoli di simpatia fra i due popoli, c'è anche la loro missione comune per l'equilibrio politico di Europa. La Germania ha tutto l'interesse a che l'Italia faccia sentire sempre più il

suo peso nella politica mondiale. Osservo al Cancelliere che noi vediamo U problema dell'equilibrio europeo allo stesso modo con riguardo al peso che deve avere la Germania. Aggiunge il Cancellier,e che l'Italia deve diventare una grande potenza nel Mediterraneo. Prosegue dicendo che i problemi vitali della Germania oggi sono problemi di pace e di difesa.

Il Cance11iere non ha aspirazioni territoriali da realizzare con la forza.

La Germania ha una frontie·ra di 3400 chilometr.i, 3000 chilometri se si lascia da parte la frontiera marittima. La Prussia orientale forma parte a sé e in caso di guerra sarebbe un peso perchè difficilmente difendibile, mentre sottrarrebbe un certo numero di truppe. Di una frontiera così grande, soltanto 400 chilometri sono la frontiera comune franco-tedesca. Egli conside·ra tale frontiera definitiva, e ciò per due considerazioni in primo luogo egli ha rinunciato all'Alsazia-Lorena. L'Alsazia-Lorena è uno di quei paesi misti che pesano sempre sullo stato a cui sono annessi. Quando l'Alsazia-Lorena è stata annessa alla Francia, ha aspirato a passare con la Germania e viceversa: paesi che non sono mai contenti e che ritengono di dover vivere sempre a base di ricatti fatti allo stato a cui appartengono. Se si calcolassero i sacrifici di uomini e di denaro che queste due provincie sono costate nel corso di due secoli alla Francia e alla Germania, ci si renderà facilmente conto che l'Alsazia-Lorena deve rappresentare una pagina chiusa

nella storia.

Seconda considerazione: la frontiera francese è inespugnabile. Le opere di fortificaizone fatte dalla Francia neg1i ultimi anni sono in tale profondità e talmente minute che egli le considem insuperabili coi mezzi bellici attuali. Nè egli all'aviazione può riconoscere la parte determinante di una guerra tale da neutralizzare la resistenza frontale.

38 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

La guerra si vince quando si spezza il fronte e si invade il territorio nemico. Le azioni nelle retrovie possono disturbare ma non possono risolvere i conflitti.

Non c'è che una eventualità che la Francia possa essere battuta e questa è che le truppe non combattano. È una eventualità colla quale non bisogna contare. Egli perciò sinceramente si è rivolto al Governo fmnese per una intesa. Forse i tempi non sono maturi.

Gli faccio osservare che nella situazione politica attuale della Francia è difflcile trovare un Governo che assuma la responsabilità di un atto così importante.

Il Cancelliere si rende conto di tale situazione. Naturalmente la possibilita di buoni rapporti fra la Francia e la Germania non vuoi dire tolleranza di egemonia francese in Europa ed è questo uno dei motivi per cui la Germania ha tutto l'interesse al rafforzamento dell'Italia.

Per quanto riguarda l'Oriente il Cancelliere si ripromette di migliorare la situazione senza rlcorrere a deHe guerre. Bisogna partire dalla constatazione che le nazioni ci sono e non si sopprimono.

La Polonia è esistita come nazione anche quando era divisa fra tre stati.

Sarebbe quindi assurdo non pensare che essa deve esistere anche per il futuro.

D'altra parte la Polonia costituisce un .cuscinetto contro la pressione russa ed

è per questo riguardo nell'interesse tedesco che essa esista. Bisogna calcolare

col fattore russo in Europa che potrà diventare molto attivo il giorno in cui

la Russia fosse scacciata dall'Estremo Oriente.

Il Cancelliere crede che se i generali giapponesi fossero bene avvisati do

vrebbero attaccare la Russia al più presto prima che si rinforzi, né si può pen

save che essa offra in estremo oriente una seria resistenza. È certo che la Rus

sia cercherà dopo Ja sconfitta dell'Estremo Oriente un diversivo in Europa.

È un pericolo che bisogna tenell' presente perché la Russia non è un paese che

possa essere definitivamente sconfitto. L'esperienza di Napoieone vale per tutti

i tempi.

Ora se ci fosse un .conflitto fra Germania e Polonia, questo sarebbe pro

babilmente a beneficio della Russia, che intervenendo all'ultimo momento po

tvebbe approfittare dell'esaurimento .dei due avversari. Perciò con la Polonia è

preferibile una politica di intesa di cui oggi si hanno già gli inizi e che una

volta stabilita potrà portare anche alla regolazione pacifica della questione

del Corridoio.

Osservo al Cancelliere che la questione del Corridoio forma oggetto delle

pre·occupazioni del Capo del Governo per la necessità di risolverla nell'interesse

della pace, ma per la dLffìcoltà nel contempo di trovare una soluzione che possa

soddisfare le due parti.

n Cancelliere non esclude che questa soluzione si possa trovare spostando

il Corridoio verso Oriente.

Questi, nelle grandi linee, i problemi che ora si affacciano alla Germania.

Ringrazio il Cancelliere per l'ampia e lucida esposizione che mi rise;rvo di

riportare fedelmente al Capo del Governo.

II Cancelliere fa entrare poi il Barone von Neurath per trattare di questioni

particolari.

Seconda parte: colloquio a tre.

Il Cancelliere vorrebbe trattare due questioni: quella del disarmo e quella dell'Austria. Per quanto riguarda il disarmo il Cancelliere espone il punto di vista germanico.

La Germania non .cr·ede alla possibilità del disarmo. Nessuno Stato rinunzie·rà ad un solo cannone: egli può dido per esp&ienza perché ha saputo cosa è costato alla Germania distruggere le propde armi dopo la guerra.

Dato dunque che non si disarma, non c'è che una soluzione: riarmare la Germania. Con ciò si potrà realizzare la Gleichberechtigung che ormai rappresenta per la Germania un punto di onore. Troppo ha sofferto il suo paese in questi anni di umiliazioni per avm-e accettato la disfatta.

Egli, che non avrebbe fatto la guerra per l'Austria, non avrebbe però ceduto fino a che c'era qualche chilometro quadrato di terreno da difendere. Di questa accettazione della sconfitta egli ne fa una grandissima colpa ai governi dell'epoca. Premette che il criterio a cui si ispirano le sue nuove proposte è quello di avere in mano uno strumento puramente difensivo. Nel rinunciare alle armi offensive egli dimostm di non avere intenzioni aggressive.

Un'altra prova della sua buona volontà è data dal fatto di essere disposto a fare un sistema di trattati bilaterali di non aggressione con tutti gli stati confinanti pe,r dare 10 anni di pace all'Europa. Se egli chiede 300 mila uomini bisogna considerare che le proporzioni si cambiamo a suo svantaggio di fronte a quelle del Piano Mac Donald. Secondo tale piano tutti avrebbero dovuto portare la loro a.rmata di 200 mila uomini mentre in base alle sue proposte i francesi potranno mantenere i 650 mila uomini che hanno oggi in territorio metropolitano.

Gli S. S. e S. A. non sono militari: sono gente che ha imparato a marciare ma nulla più. Il so,ldato tedesco non si improvvisa. Le improvvisazioni sono buone per i paesi latini ma non per i paesi germanici dove tutto è metodo e sistema e dove le evoluzioni sono lentissime. L'o,rganizzazione S. S. e S. A. gli daranno modo di smobilitar·e in parte la polizia, che è uno strumento costosissimo.

Ad ogni modo egli, come è disposto ad accettare il controllo sulle altre condizioni della eventuale convenzione, accetta a.11che il controllo sul mantenimento delle S. S. e S. A. come organismo non militare.

Il Cancelliere mi chiede che cosa io ne pensi di questo piano e in genere quali siano le opinioni italiane in questione di disarmo. Premetto che le nostre buone disposizioni nei riguardi della Gecrmania non possono essere messe in dubbio.

n Capo del Governo ha sollevato la questione della Gleichberechtigung quando in Germania amcora non si aveva il coraggio di parlarne ed ha sostenuto la sua tesi con costanza e con forza attraverso tutte le fasi delle trattative.

Noi abbiamo per molto tempo fatto uno sforzo sincero per ottenere un reale disarmo al duplice scopo di pmtare un elemento di pace e di tranquillità nel mondo e di sollev·are i bilanci dal peso degli armamenti. Si può anche ritenere che sotto determinate condizioni il disarmo parziale sia una cosa fattibile ma certo ci vuole della buona volontà da parte di tutti.

Recentemente il Capo del Governo si è persuaso che nelle condizioni attuali il disarmo da alcuni paesi -particolarmente dalla Francia -non sarebbe stato accettato e quindi, senza rinunciare in via definitiva ad ottenere una limitazione degli armamenti, ha voluto porre il problema su altre basi nell'intento di arrivare ad un accordo.

La forma nuova i:n cui il Capo del Governo ha prospettato il problema ancora nell'estate scorsa si basava sui seguenti punti principali: l) Divieto della guerra coi gas e del bombardamento aereo sulle popolazioni civili;

2) impegno da parte degli Stati armati a non aumentare gli armamenti;

3) concessione alla Germania dell'effettiva parità dei diritti mediante un riarmo parziale a tappe; 4) controllo uguale per tutti.

Quindi risulta che le idee che oggi espone il Cancelli~e rientrano nella impostazione che al problema ha dato il Capo del Governo.

Se oggi sorge una questione, è piuttosto una questione di misura che di principio. Per tenere conto sempre di tutta la realtà bisogna considerare la situazione della Francia. Oggi i francesi sono sotto l'impressione di una ripresa militare intensa della Germania. Essi pensano che la Germania fabbrichi febbrilmente del materiale bellico e che tutte le organizzazioni del partito non siano altro che un addestramento degli uomini a fine militare. Non è che in Francia si diffida delle assicurazioni date dal Cancelliere, ma si pensa che il pericolo sia costituito dal semplice fatto di creare uno strumento di guerra.

Ora se il Cancelliere mi consente di esaminare quello che può essere il punto di vista tedesco nella questione degli armamenti come i:n tutte le altre questioni connesse coi trattati, mi pare che ci siano due punti di vista:

O non tener conto delle disposizioni dei trattati, calcolando che gli altri non siano in grado di muoversi;

O cercare un accordo per l'applicazione o per le modificaziooi dei trattati.

La prima eventualità naturalmente creerebbe una situazione nuova e dovrebbe essere esaminata; ma poiché alle nostre ripetute richieste è stato sempre risposto che la Germania preferisce un accordo, abbandoniamo la prima eventualità e teniamo conto soltanto della seconda.

Ora per raggiungere un accordo bisogna tener conto di tutti gli elementi, dello stato d'animo proprio come di quello degli altri e quindi anche di quello stato d'animo francese a cui mi sono sopra riferito.

Se oggi la Germania viene fuori improvvisamente con delle richieste molto importanti e immediate, le preoccupazioni francesi non potranno che aumentare. Si potrà ottenere lo stesso risultato facendo un programma sulla base di una graduazione e di uno scaglionamento del riarmo nel periodo transito,rio considerato che, se ho bene interpretato il pensiero del Cancellie,re, potrà essere anche di dieci anni. Invece, da quanto ho appreso dal Ministro degli Esteri, confermato a quanto mi pare dalle dichiM'azioni odierne del Cancelliere, si vorrebbero chiedere l'aumento di effettivi e il riarmo in misura definitiva fino da ora senza nessun piano di gradualità. Temo che ciò possa molto pregiudicare la buona riuscita del problema che ci preoccupa.

Il Cancelliere osserva che è bensì vero che egli domanderebbe fin da questo momento il diritto all'aumento degli effettivi ed al riarmo nella misura totale che egli vorrà raggiungere alla fine del periodo ma osserva chP già per ragioni tecniche queste misure non potranno essere effettuate immediatamente. I tecnici lo sanno e non dovranno essere preoccupati.

Osservo che in tal caso se per necessità tecniche si dovrà graduare questo riarmo, tanto varrebbe fare un piano che potrebbe cominciare da poco per aumentare più rapidamente verso gli uLtimi anni.

Il Cancelliere, ,per ragioni tecniche, finanziarie e di prestigio non può aderire a tale criterio. Egli sarebbe ben disposto a fare una dichiarazione non in forma scritta né da includersi nella convenzione, ma basata soltanto sulla buona fede con cui si impegnerebbe a seguire nella questione degli armamenti una certa gradualità. Quando egli ha dato una volta la sua parola, nessuno può dubitare che la manterrà a qualunque costo; ma egli dovrà sempre mantenere una certa elasticità per esempio per il caso che la Russia, battuta in Estremo Oriente, diventasse più attiva in Europa. In tal caso egli dovrà sollecitare i suoi armamenti.

Osservo al Cancelliere che, a parte la questione della gradualità anche la misura degli armamenti, pur tenendo conto di tutte le ragioni da lui addotte, può essere eccessiva. L'esperienza ci insegna -come nella questione delle riparazioni -che fatta una concessione non si torna più indietro ma che i tempi anzi vengono ad accelerarsi. Perciò Ia Germania non dovrebbe avere soverchia preoccupazione di cominciare in forma anche modesta: l'importante è di mettere la macchina in movimento.

Il Cancelliere ritiene che le sue richieste rappresentano il minimo di quelle che sono le necessità vitali della Germania. Si rende conto che bisognerà aspettare qualche tempo perché l'opinione pubblica al riguardo nei vari paesi maturi ed è disposto sempre a trattare.

(Ripresa della conversazione alle 4,30 del pomeriggio). Il cancelliere viene a parlare della questione deH' Austria. Durante la prima parte di questo discorso ha parlato con tono di grandissimo disprezzo manifestato in ogni parola e in ogni gesto. Nella seconda parte invece ha abbandonato questo tono assumendo un atteggiamento normale. Comincia col dire che l'Austria non deve formare una ragione di discordia fra i nostri due paesi uniti dai vincoli di una stessa Weltanschauung. La Germania sente un appoggio nell'Italia, per questa ragione di simpatia dei rispettivi regimi, mentre altrimenti si sentirebbe completamente isola~a. Per ciò egli tiene moltissimo a chiarire con noi la questione dell'Austria. n Cancelliere premette di avere già chiarito di non voler fare la politica dell'Anschluss, a lui l'Austria non interessa né politicamente, perché è un elemento di qualità inferiore di fronte alla Germania, né militarmente perché quel relativo apporto militare che l'Austria può dare sarebbe neutralizzato dalla necessità di difendere una frontiera più lunga, né economicamente perché l'Austria rappresenta un peso.

L'Austria è un paese che non può vivere da sé e che deve sempre ricorrere alla carità degli altri. Anche nel '32 il Cancelliere Dollfuss gli ha chiesto 200 milioni per andare con la Germania.

Egli non li ha dati perché sa meglio come impiegarli. Ci sono delle provincie come la Slesia e la Prussia Orientale che gli stanno più a cuore se deve aiutare qualcuno. D'altra parte con 200 milioni non si fa niente, perché l'Austria ricorrerà ogni anno nuovamente alla borsa degli altri.

EgU però ha un interesse che in Austria, paese tedesco, non si faccia una politica anti-tedesca. Noi italiani in un caso analogo avremmo lo stesso sentimento che ha lui. Afferma che questo suo atteggiamento nei riguardi dell'Austria non è una pazzia ma un atteggiamento ben moderato che risponde ad un profondo suo sentimento.

Ora Dullfuss fa invece una politica anti-tedesca e per il bisogno di quattrini che ha finirà col darsi completamente in mano alla Francia e alla Piccola Intesa, il che non è nell'interesse né della Germania né dell'Italia.

Dal punto di vista dell'idea nazional-socialista egli dov•rebbe dirsi contento della politica di Dollfuss perché con la repressione di un movimento a base ideale si ottiene sempre l'effetto contrario.

Se i passati regimi non avessero tentato di sopprimere il nazional-socialismo (egli stesso ha fatto 14 mesi di prigione) a quest'ora non sarebbe al posto che attualmente occupa. Ciò non toglie però che la politica fatta da Dollfuss è una politica pericolosa perché mantiene questa parte di Eu~opa in un continuo turbamento e minaccia le buone <relazioni fra i nostri due paesi.

Egli pensa che l'Austria doV1rebbe diventare una pedina nel gioco comune italo-tedesco e in tal caso sarebbe disposto a concorrere assieme con noi al mantenimento dell'Austria.

Una chiarificazione della situazione in Austria non si potrà avere che quando Dollfuss si deciderà a lasciare libera espansione a quelle che sono le forze spirituali e materiali del paese e vorrà dare alla tendenza nazional-socialista il posto che le compete.

Ho osservato al Cancelliere che io non vedo perché la questione dell'Austria debba turbare i buoni rapporti fra i nostri paesi. Se esaminiamo oggettivamente la situazione, dobbiamo vedere che ragioni sostanziali di contrasto non ci sono. Noi siamo contrari all'Anschluss e .la Germania dichiara di non voler fare la politica dell'Anschluss. Quindi questo argomento che è il più delicato e scottante può essere messo completamente da parte. Inoltre noi vogliamo che l'Austria faccia una politica anti-marxista e anti-democ•ratica e questo è anche l'interesse della Germania. Ancora noi vogliamo che l'Austria non diventi una pedina nel gioco della Francia e della Piccola Intesa e anche noi siamo perfettamente d'accordo con la Germania.

Per quanto riguarda la politica di Dollfuss, il Cancelliere deve consentirmi di parlargli con molta franchezza.

Io non credo che Dollfuss sia un uomo che vende il suo paese a chi meglio lo paghi. Dollfuss è un uomo che vuole difendere l'indipendenza del proprio paese senza rinunciare alla propria nazionalità, alla propria lingua, alla propria cultura, che sono tedesche. Certamente Dollfuss è profondamente amareggiato per il fatto di trovarsi in contrasto con l'aUro maggiore paese tedesco.

Bisogna però anche rendersi conto della situazione di Dollfuss.

Il Capo del Governo, negli incontri avuti con Dollfuss gli ha sempre raccomandato nel modo più insistente di fare una politica decisa contro il marxismo, la democrazia, il liberalismo, il parlamentarismo. Il Capo del Governo gli ha anche sempre espresso l'opinione che sia necessario trovare una intesa con la Germania.

Bisogna riconoscere che Dollfuss era partito bene e certamente con buone Lntenzioni dando battaglia in pieno contro il marxismo.

Dollfuss è un uomo energico che persegue con coscienza il proprio programma e non c'è dubbio che sarebbe andato fino in fondo. Mentre però stava sferrando questa battaglia in pieno contro gli elementi di sinistra ha subito un attacco violentissimo da parte dei nazi:onal-socialisti.

Ora è evidente nelle condizioni difficili dell'Austria, che il Cancelliere non poteva prendersi il lusso di dare a fondo battaglia su due fronti. Bisogna d'altra parte anche riconoscere che il pe.ricolo maggiore era costituito dai nazionalsocialisti i quali non facevano mistero delle loro intenzioni di finirla addirittura con l'esistenza dello stato austriaco.

Questa era la politica non solo dei nazional-socialisti in Austria ma anche degli esponenti germanici del nazional-socialismo austriaco.

Va anche riconosciuto che in un momento cosi difficile, il Cancelliere Dollfuss non ha del tutto trascurato la campagna contro gli elementi di sinistra perché egli ha preso delle disposizioni che rendono impossibile la vita all'amministrazione socialista del comune di Vienna che prima o poi dovrà cadere come UJna pera matura.

Si è creata questa situazione paradossale che il movimento nazional-socialista nella sua forma violenta all'interno e la propaganda nazional-socialista del signor Habicht e degli altri dall'estero, hanno messo l'Austria contro la Germania nazional-socialista. Oggi la situazione è talmente tesa che Dollfuss non è in grado neanche di offrire qualche posto nel suo Governo ai nazionalsocialisti senza abdicare alla sua situazione politica. Non parliamo poi di elezioni che in questo momento sarebbero un assurdo.

Io ritengo che il mezzo per sortire da questa situazione sia queUo di lasciar passare ancora qualche tempo perché gli animi si calmino. Bisogna che nel frattempo però cessino gli agitamenti da una parte e dall'altra. Bisogna che cessi questa impressione, che non si ha soltanto im Austria ma anche all'estero, che i nazional-socialisti mirino alla liquidazione dell'Austria.

Ll CanceUiere non può riconoscere a Dullfuss, capo del governo in uno stato tedesco, di mettersi contro le aspirazioni tedesche di una parte, probabilmente della maggioranza, dei cittadini del paese.

Quando egli dà l'assicurazione che non sarà fatta una politica anschlussista c'è la maggiore garanzia che in questo campo si possa avere. Perciò appunto basta un accordo fra i nostri due paesi.

Rispondo che nessuno pensa di mettere in dubbio il valore di una promessa

del Cancelliere; sta però il fatto di questa contraddizione che, mentre da una

pa,rte si hanno queste assicurazioni, dall'altra parte gli esponenti della politica tedesca verso l'Austria tengono un tono tale che l'Austria appare già effettivamente soppressa.

Cito al Cancelliere l'esempio della politica italiana rispetto al Canton Ticino che è per ragioni geografiche, linguistiche e culturali una parte d'Italia; è evidente che noi abbiamo interesse a che neJ Canton Ticino ci sia un movimento fascista o analogo al fascismo, ma non perciò noi tocchiamo la sovranità di quel paese.

Il Cancelliere mi dice che il caso è diverso perché il Canton Ticino appartiene ad un altro stato mentre l'Austria è tutta abitata da tedeschi. Gli rispondo che la questione è appunto questa: che anche l'Austria, se non si vuole sopprimerla, è un altro Stato. Il Barone von Neurath mi chiede di voier influire su DoUfuss perché si possa venire all'auspicato accordo. Gli Tispondo che lo farò ben volentieri perché questo rientra nelle linee fissate dal Capo del Governo.

Il Cancelliere nel congedarsi mi prega di ringraziare il Capo del Governo per la visita da me fatta a BerHno e di portargli l'espressione della sua grande ammirazione.

(l) Ed. in F. SuvrcH, Memorie 1932-1936 a cura di G. Bianchi, Milano, Rizzoli, 1984, pp. 246-257.

477

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI ECONOMICI, SEGRE, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

APPUNTO. Roma, 13 dicembre 1933.

Il Signor Schuller è venuto a Roma per concretare alcune modifiche dell'Accordo del Semmering itala-austriaco ed alcuni ampliamenti del medesimo. Tra l'altro il detto Accordo dovrebbe ora anche servire a stabilire un trattamento preferenziale a favore di alcuni prodotti coloniali (caffè, cotone, ecc.) diretti in Austria attraverso i porti di Trieste e di Fiume.

In tale occasione il Signor Schuller è stato ricevuto da S. E. Suvich al quale ha fatto le comunicazioni che risultano dall'Appunto in data 9 corr. (l) di cui si allega copia.

È ora probabile che il Signor Schuller ripeta a S. E. il Capo del Governo quanto ha già detto a S. E. Suvich e perciò la Direzione Generale scrivente crede opportuno notare che, evidentemente tale comunicazione ha diretto riferimento con quanto questo Ministero significò al R. Ministro a Vienna il 27 novembre u.s. col telegramma che qui sotto si trascrive (2).

A proposito di quanto il Signor Schuller ora espone è anche opportuno tener presente ciò che ha riferito il R. Ministro a Budapest con telegramma

per corriere in datta 2 corrente <1), in seguito ad una conversazione avuta col Signor Gombos al ritorno di questi in Ungheria dopo l'incontro col Cancelllere austriaco.

In tale occasione il Signor Gombos ha dichiarato che il Signor Dollfuss gli aveva lasciata l'impressione di non essere disposto a splnge,re oltre lini1ti assai prudenti e circospetti la coLlaborazione con l'Ungheria specialmente sul terreno economico. Egli pensava pertanto che l'Ungheria avrebbe dovuto rinunciaTe ad ogni concreta speranza in tale direzione.

Le principali obiezioni che, a quanto riferisce il Signor Schuller, il Cancelliere austriaco fa all'unione doganale austro-ungherese sono queste:

l) -l'Austria si vedrebbe obbligata a ricevere una parte della produzione agricola ungherese eccedente l suoi bisogni con la conseguenza che i bassi prezzi ungheresi si estenderebbero all'Austria provocando il disagio di tutta l'economia agricola austriaca;

2) -si avrebbe un disagio di tutta l'industria austriaca la quale, costretta a comperare unicamente prodotti agricoli ungheresi, rimarrebbe esclusa dagli altri mercati stranieri che producono gli stessi articoli e che oggi sono suoi buoni clienti.

Tali obiezioni hanno certamente un serio fondamento. È da pensare però che esse tradiscono anche il desiderio austriaco di applicare il suo plano che consiste, come è noto, a profittare del vantaggi che può ottenere dai diversi Paesi dando in corrispettivo il meno possibile e evitando in ogni caso di prendere impegni decisivi.

Dal punto di vista economico sarrebbe difficile sostenere che l'Austria ha torto.

Dal punto di vista politico si deve rilevare che la linea di condotta che l'Austria preferisce seguire lascia immutata e senza rimedio la pericolosa situazione politica attuale forse non tanto nei riguardi degli allettamenti della Piccola Intesa, quanto in riguardo alla minaccia di assorbimento germanica.

A pare:re della Direzione Generale scrivente sembra quindi che converrebbe fare un tentativo per ce·rcare di indurre l'Austria a prendere qualche risoluzione più virile.

A ciò potrebbe forse servire il fare intendere al Signor Schuller che non è giusto considerare gli effetti dell'unione doganale austro-ungherese nei soli rapporti di questi due Paesi, dato che l'Italia farebbe in tal caso il più grande sforzo possibile per cercare di alleviare il disagio economico che l'Austria potrebbe risentire da tale unione, in attesa, beninteso, di potervi aderire senza sollevare troppo g.ravi difficoltà di ordine internazionale.

Parrebbe ad ogni modo conveniente far sentire al Signor Schuller che non potremmo essere soddisfatti di una linea di condotta che, per cercare di fare i propri diretti interessi economici, rischierebbe di pregiudicare in definitiva l'interesse vero e reale dell'Austria stessa.

(l) -Cfr. n. 462. (2) -SI sopprime li testo del telegramma In quanto già edito al n. 417.

(l) Cfr. n. 435.

478

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2908/1347. Varsavia, 13 dicembre 1933.

Ho avuto stamani una conversazione con Beck durante la quale, essendomisi offerta l'occasione, gli ho parlato, secondo le istruzioni di V. E., del significato delle visite di Litvinoff a Roma e di S. E. Suvich a Berlino.

Beck è sempre sensibilissimo ad un tal genere di comunicazioni ed anche stamani mi ha molto ringraziato, venendo poi a parlare della questione del giorno, la riforma della Società delle Nazioni.

Fin dalle prime frasi ch'egli ha pronunciato, ho riscontrato che la vecchia preoccupazione della Polonia di essere tagliata fuori, è sempre più viva e sarà la determinante dell'atteggiamento che questo Governo assumerà dinanzi ad un concreto progetto di riforma (1).

Egli mi ha detto di rendersi conto benissimo del modo di pensare dell'opinione pubblica italiana che non mostra molte simpatie per l'organizzazione ginevrina, ed ammettendo che questa presenta dei difetti anche gravi ha voluto ripetermi -sia pure con minore calore di tre mesi fa -che la Polonia -Governo ed opinione pubblica -non ha alcuna ragione per esaltare l'opera di quell'Istituto. Egli tuttavia sarebbe molto perplesso quando si trattasse di distruggerlo perché lo conside.ra una «riassicurazione » inquantoché serve a mantenere fra i Ministri degli Esteri quei contatti periodici che si sono mostrati indispensabìli ad ogni ravvicinamento e collaborazione.

Gli ho fatto osservare che la pratica dei contatti periodici fra i Ministri degli Esteri è sempre esistita e che questa « riassicurazione » era molto in uso anche prima della guerra quando i Ministri degli Esteri s'incontravano ad Ems, Baden-Baden, Vichy od in altre stazioni di cura. Quanto poi alla proposta di modificare l'Istituto ginevrino per renderlo più aderente alla realtà e farlo capace di un lavoro proficuo, io scorgevo in ciò un sincero desiderio di raf.forzarlo, mentre per distruggerlo sarebbe bastato che l'Italia avesse seguito gli esempi del Giappone e della Germania.

Condivide anche lui questa opinione e dà atto del leale e prudente modo di agire di V. E. IIlel porre la questione senza definire subito ed irrevocabilmente delle condizioni. Quanto ai cambiamenti da apportarvi egli si preoccupa del fatto che questi possano essere tali da creare discriminazioni e permettere che una parte di Stati aderenti possano disporre degli interessi anche più gravi degli altri, senza che questi possano salvaguardarli e difenderli. Il diritto degli Stati a godere moralmente e materialmente della propria sovranità è intangibile.

(l} Si pubblica qui il seguente bl"ano del telespr. di Bastlanini 2909/1348, pari data:

«Apprendo che sabato scorso questo Ambasciatore di Francia si è recato da Beck a fargli

a nome del suo Governo dichiarazioni, sembra assai precise, sul desiderio della Francia di

mantenere il più stretto cont·atto con l suoi alle·atl sopratutto In vista dell'atteggiamento

italiano nei confronti della Società delle Nazioni e del desiderio che viene attribuito a Roma

di procedere ad una riforma dell'Istituzione lntroducendovl una maggiore discriminazione fra

gli Stati che ne fanno parte ».

Premesso che parlavo a puro titolo personale, gli ho fatto allora osservare che questo incontestabile diritto non mi pareva salvaguardato dal principio dell'uguaglianza, più che dal principio in realtà applicato finora a Ginevra dellà disuguaglianza. Infatti quando si ammette che amche lo Stato membro più lontano e meno interessato possa occuparsi di problemi di un altro Stato e pesare tanto col suo voto da riuscire ad imporre a questo un obbligo, magari soltanto morale, si espongono i membri dell'organizzazione internazionale proprio al pericolo di dover sopportare violazioni di quel diritto.

Beck mi ha detto che r-iconosceva questa verità e che appunto per ciò egU studiava la questione senza peraltro avere per il momento delle idee chiare.

Mi ha ripetuto che né lui, né il suo Paese hanno verso Ginevra speciali motivi di riconoscenza o di simpatia, anzi al contrario la Polonia ha constatato come troppo spesso la Società delle Nazioni intromettendosi nelle questioni polacche abbia acuito i dissensi e resa più difficile la loro soluzione, questo a Danzica come in Alta Slesia. Mi ha fatto notare come con due grandi Stati, ambedue fuori della Società delle Nazioni, Russia e Germania, la Polonia abbia stabilito Tapporti che col primo sono cordiali e col secondo lo divengono ogni giorno di più e chiudendo la conversazione m'ha detto che egli ritiene opportuno di precisare presto, anche per informarne il Paese, il pensiero del suo Governo in merito a tale importante questione aggiungendo che si riserva di darne partecipazione a V. E.

479

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, NEURATH, E IL MINISTRO DELL'AVIAZIONE TEDESCO, GORING

APPUNTO. Berlino, 14 dicembre 1933.

Il Ministro Goering ci ha invitati a coilazione in un suo Chalet di caccia regalatogli dallo Stato prussiano, a circa un'ora da Berlino. Dopo colazione il Ministro Goeri>ng ha voluto riparlare della questione dell'Austria. La conversazione, che è durata circa un'ora, non ha portato alcun elemento nuovo. Si è insistito da parte nostra di dare a Dollfuss delle assicurazioni che il partito nazista non persegue degli scopi di annessione.

Alla domanda se il Governo del Reich potrebbe rilasciare qualche dichiarazione scritta in tal senso, da far vedere anche eventualmente al Cancelliere Dollfuss, il Ministro Goering si dimostra non contrario. Fa capire però che la cosa non dipende da lui.

n Ministro Goe,ring vorrebbe che si potesse arrivare ad una soluzione della questione austriaca per poi fare un accordo più vasto fra la Germania e l'Italia su tutti i punti di interesse comune.

Si insiste ancora da parte tedesca perché noi si faccia delle pressioni su Dollfuss nel senso di un secondo.

Faccio presente che potrei avere forse occasione di vedere presto Dollfuss se dovrò restituire le visite fatte da Schober e dallo stesso DoUfuss in Italia.

I Ministri tedeschi riterrebbero questa una buona occasione per spiegare

a Dollfuss il punto di vista tedesco e tranquillizza.rlo al riguardo. Rispondo che se questa occasione si verificherà non mancherò di agire nel senso desiderato.

480

IL CAPO GABINETIO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 13-14 dicembre 1933.

Ho convocato il Ministro d'Austria e gli ho detto che V. E., per motivi di opportunità politica che gli ho 1llustrato, riteneva preferibile che la restituzione della visita, fatta dal Cancelliere austriaco nell'agosto scorso, avesse luogo, da parte di S. E. Suvich, in gennaio anziché adesso al ritorno da Berlino.

Il signor Rintelen mi ha subito obiettato che, nel pensiero del Cancelliere, tale dilazione avrebbe avuto le più serie ripercussioni nell'opinione pubblica austriaca con pregiudizio della sua posizione. Inoltre sembra che il signor Dollfuss abbia urgente necessità di intrattenersi con S. E. Suvich su questioni politiche di una certa gravità.

Ho replicato al Ministro d'Austria che nel prendere una simile decisione

V. E. si era appunto preoccupata di salvaguardare il prestigio del Cancelliere, in quanto che una semplice fermata di S. E. Suvich a Vienna sulla via del ritorno dalla Germania, sarebbe apparsa una visita di ripiego, raggiungendo l'effetto opposto a quello desiderato.

Per rispondere anche alle altre sue obiezioni, ho fatto osservare al signor Rintelen che le visite a V. E. del Primo Ministro inglese e di quello turco non erano state amcora restituite. La visita a Berlino era da considerarsi, non solo come una restituzione delle numerose visite a Roma compiute in questi ultimi tempi dai vari Ministri del Reich, ma anche di quella di Bri.ining e Curtius di due anni fa.

Perciò l'intenzione di inviare S. E. Suvich a Vienna, nel gennaio prossimo, a restituire la visita fatta dal Cancelliere a Riccione (i due precedenti viaggi a Roma del signor Dollfuss avevano per scopo ufficiale le trattative per il concordato e l'acquisto del Giubileo) dimostrava in che conto V. E. teneva l'Austria.

Il signor Rintelen, il quale evidentemente aveva ;ricevuto pressanti istruzioni al riguardo dal suo Governo, ha ancora insistito facendomi notare che il Sottosegretario italiano il quale aveva attrave,rsato il territorio austriaco per andare a Berlino, in tal modo lo avrebbe riattraversato al ritorno senza fermarsi. Questo fatto non avrebbe mancato di avere vaste !l.'ipercussioni nell'opinione pubblica ed avrebbe procurato un grave disappunto al Cancelliere. Il Ministro d'Austria mi ha pregato perciò di sottomettere a V. E. la seguente pro

posta: che tornando da Monaco S. E. Suvich sosti qualche ora a Vienna per avere una breve conversazione con il signor Dollfuss annunziandogli la successiva visita ufficiale di gennaio.

14 dicembre.

Il Ministro d'Austria è tornato a vedermi stamane per dirmi che il suo Governo, al quale aveva telegrafato in nottata, H colloquio avuto con me ieri, gli aveva comunicato poche ore fa che il Cancelliere si era convinto della giustezza degli argomenti da me addotti e pertanto rinunziava ad insistere perché

S. E. Suvich si fermasse a Vienna durante il suo viaggio di ritorno. Il signor Dollfuss chiede però che un comunicato ufficiale italiano annunzi fin da ora l'intenzione di V. E. di mviare S. E. Suvich a Vienna in gennaio.

Infine il Cancelliere ha incaricato il signor Rintelen di chiedere quando una sua visita a Roma sarà gradita a V. E.

481

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 14 dicembre 1933.

Nel corso del colloquio che ho avuto con il Signor von Hassell egli ha voluto mettermi al corrente delle ultime conversazioni che si sono svolte a BerJino tra Hitler e l'Ambasciatore di Francia (l) ed a Parigi tra Paul Boncour e l'Ambasciatore di Germania.

Tali conversazioni hanno riguardato specialmente la Saar ed il disarmo.

Circa la prima questione, François-Ponçet ha dichiarato al Cancelliere del Reich che la Francia non può rinunciare al Plebiscito. Hitler ha risposto che questo era indifferente alla Germania. La proposta tedesca di un accordo prima della data fissata per il plebiscito, mirava soltanto a preparare un'atmosfera di collaborazione. Avendo Frrunçois-Ponçet accennato alle questioni economiche della Saar, il Cancelliere gli ha risposto che, se si doveva attendere il plebiscito, non era più il caso di parlarne. Sullo stesso argomento Paul Boncour ha detto al signor Koester che per la Saar la Francia non può decidere da sola, essendo la Società delle Nazioni, la sede competente.

Circa il disarmo François-Ponçet ha rivolto a Hitler domande specifiche su questioni di dettaglio circa i desiderata tedeschi. Il Cancelliere ha risposto che prima di tutto occorreva conoscere se la Francia era veramente disposta a giungere ad un accordo. Circa le questioni di dettaglio ha invitato François-Ponçet a rivolgergli domande per iscritto.

Sullo stesso argomento Paul Boncour si è lamentato con Koester che la questione del disarmo abbia abbandonato Ginevra. Ha aggiunto che nelle con

ve~sazioni ginevrine con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, la Francia aveva fatto notevoli concessioni alla Germania per quanto rigu~dava il secondo periodo. Evidentemente queste concessioni non erano state portate a conoscenza del Governo tedesco che aveva preso l'improvvisa decisione di abbandonare Ginevra. Paul Boncour tuttavia, pur deplorando quello che e~a accaduto, ha detto che, in via di ~"rincipio, trovava buono il sistema deHe trattative diplomatiche. La più grande difficoltà, secondo lui, è nel desiderio tedesco di riarmare, ciò che mal si accorda con il disarmo.

Il signor Koester ha replicato richiamandosi alle prime due delle ue alternative di Baldwin (l) e oioè:

l) -disarmo sulla base deUe clausole del tmttato di Ve~sailles.

Paul Boncour ha subito obiettato che questo non è possibile per la Francia.

2) -Un certo disarmo degli Stati maggiormente armati e un certo ritorno della Germania sino al raggiungimento del medesimo livello.

Paul Boncour ha fatto osservaa:-e che la domanda tedesca di aumento degli effettivi è eccessiva. Se è spiegabile nella forma, è inaccettabile nella cifra di 300 mila uomini. Nulla ha detto circa la domanda per l'aumento del materiale.

Il Ministro degli Esteri francese ha continuato accennando alle S. A. che egli considera una riserva disciplinata dell'eser'Cito tedesco. Allora l'Ambasciatore Koester ha avanzato l'idea di una convenzione inte•rnazionale che fissi alla predetta organizzazione un c~atere non militare (idea che per 11 primo aveva avuto François Ponçet che ne aveva parlato a von Bi.ilow. Questi aveva risposto che la cosa era da studiarsi).

Paul Boncour, continuando, ha detto che l'essenziale a suo giudizio, era di arrivare ad un'intesa sulla durata del periodo in cui la Germania avrebbe potuto riarm~e. Ha aggiunto che per la Francia lo statu quo equivale al disarmo. Al che Koester ha replicato che in tal caso •i desiderati tedeschi non possono considerarsi un riarmo. Paul Boncour ha terminato sottolineando l'utilità delle conversazioni dirette.

Von Hassell mi ha pure messo al corrente delle conversazioni avute dai tedeschi con gli inglesi che egli ha definito «non sostanziali». Infatti, quanto egli mi ha riferito non contiene nulla di nuovo ed è a noi già noto attraverso le comunicazioni del R. Ambasciatore a Berlino.

(l) Su tali convers,azioni aveva riferito Cerruti con t. per corriere 4934/758 R. del 13 dicembre, non pubblicato.

482

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4927/7 R. Berlino, 15 dicembre 1933, ore 2,06 (per. ore 7,30).

Ricevuto appunto relativo conversazione ministro d'Austria Buti (2).

Permettomi prospettare a V. E. inoppo.rtunità mia andata direttamente a Vienna ritorno da visita germanica.

Se V. E. ritiene di dover dare soddisfazione a Dollfuss si potrebbe comunicare restituzione della visita per epoca prossima che V. E. vorrà determinare.

In tal modo avrò anche opportunità riferire a V. E. su quanto mi è stato qui detto nei riguardi Austria. Approf1ttando del fatto che qui mi era statto raccomandato di rendere edotto Dollfuss su punto di vista germanico nei riguardi Austria, ho detto che forse ne avrei avuta prossimamente occasione se, cedendo insistenze cancelliere, V. E. avesse deciso restituzione visite (1).

(l) -Cfr. n. 422. (2) -Cfr. n. 472.
483

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH (2), AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI E A V ARSA VIA, BASTIANINI, AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PiRAGA, ROCCO, E A VIENNA, PREZIOSI, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA.

T. PER CORRIERE 2174/C.R. Roma, 15 dicembre 1933.

Il signor de Chambrun è venuto a vedermi il 9 dicembre e mi ha chiesto se la mia andata in Germania era in relazione con Ja discussione di problemi

specifici.

Gli ho risposto di no. Si trattava di una visita di cortesia, fatta del resto su esplicito e ripetuto invito da parte del Goven1o tedesco. Era naturale che vedendo il cancelliere e gli altri ministri del Reich si sarebbe parlato dei problemi principali che interessano l'opinione pubblica mondiale.

L'ambasciatore mi ha osservato che quindi fra i primi problemi sarebbe stato quello del disarmo.

Gli ho risposto che così sa.rà probabile.

L'ambasciatore vorrebbe saper,e se noi siamo sempre fermi alle conclusioni del 14 ottobre in cui si era raggiunto fra noi un accordo.

Gli ho fatto presente che oggi si discute su una base diversa e non è detto che su questa non si possa raggiungere lo stesso accordo non solo fra noi ma anche con la Germania. Vorrei sapere piuttosto quale è la reazione francese alle ultime proposte comunicate fra l'altro anche all'ambasciato,re François Poncet dal cancelliere.

L'ambasciatore non è in grado di dare una ,risposta precisa; François Poncet non ha risposto nulla per non fare credere a Hitler che egli avesse istruzioni di discutere le sue proposte. Osserva che l'opinione pubblica francese è molto lenta ad evolversi. A proposito dei 300.000 uomini egli ha parlato oggi con von Hassell e ne ha avuto l'impressione che si tratti di un «ballon d'essai», e che la cifra sia negoziabile.

(l) -Cfr. n. 479. (2) -Questo e il telegramma seguente recano la firma di Suvich che però si trovava in Germania.
484

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, E A PARIGI, PIGNATTI, E A VARSAVIA, BASTIANINI, AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, E A VIENNA, PREZIOSI, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. PER CORRIERE 2175/C.R. Roma, 15 dicembre 1933.

Questo ambasciatore di Francia che è venuto a vedermi il 9 corrente, parlandomi della recente decisione del Gran Consiglio nei riguardi della S.d.N. (1), si è dimostrato oltremodo preoccupato della piega che può prendere la cosa. È un punto sul quale la Francia ha delle posizioni tradizornali che non può abbandonare pure essendo disposta a discutere ogni proposta ragionevole. Osserva che il patto stesso offre delle possibilità di revisione senza sconvolgerne tutta la base. D'altra parte il contegno della Germania che con l'uscita della

S.d.N. -vuole esercitare una pressione sugli altri, rende più difficile in questo momento qualunque concessione da parte francese. Sarebbe troppo comodo se chi denuncia un accordo, per questo semplice fatto potesse pretendere che tutti gli altri gli corrano dietro per trovare una nuova base secondo le sue esigenze. - S.d.N. -è indipendente dall'uscita della Germania dalla stessa. L'uscita della Germania non può essere considerata che un nuovo elemento che sta a dimostrare il disagio determinato dalle condizioni attuali dell'Istituto ginevrino. L'atteggiamento italiano è indipendente da fatti specifici e contingenti: esso prende in esame una situazione che ha una più larga portata e che è venuta determinandosi un pò alla volta e aggravandosi negli ultimi tempi. Io non vedo perchè tale questione debba dividerci dalla Francia, la quale pure deve rendersi conto della necessità di apportare delle riforme alla S.d.N.

Il signor de Chambrun pensa che conver,rà per lo meno dare il passo all'esame della questione del disarmo nella speranza di determinarla entro il prossimo mese, per poi occuparsi della S.d.N. Discutere contemporaneamente tali questioni potrebbe portare un tale stato di incertezza gene,rale e di turbamento che ne potrebbero derivare dei seri pericoli.

Rispondo all'ambasciatore che c'è una parte di studio del problema della

S.d.N. che può essere esaminata senza indugio. Tuttavia l'ambasciatore osserva che la situazione gli pare moito incerta e che questa mia dichiarazione non lo lascia per niente tranquillo. Prega ancora nell'interesse delle intese fra i nostri paesi di procedere con la massima circospezione nella questione della S.d.N. che rappresenta un punto tanto delicato per la Francia.

(l) Cfr. n. 443.

485

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. 4961/10 R. Monaco di Baviera, 16 dicembre 1933, ore 15 (per. ore 19,45).

Dopo aver ricevuto telegramma di V. E. n. 459 (2) ho chiesto a Neurath di riassumermi forma definitiva opinione cancelliere e del Governo tedesco in questione riforma Società delle Nazioni su cui avevo raccolto corso colloqui giorni precedenti varie osservazioni ed impressioni: Neurath segue esposto situazione termini seguenti garantendomi ciò corrisponde vedute cancelliere.

Germania è fermamente decisa non rientrare Ginevra se Istituto non subirà così radicali modificazioni da escludere predominio oggi esistente Francia e suo sistema alleanze dirette sopratutto contro Germania. Ciò a prescindere da deliberazioni di massima del Governo germanico di non partecipare ad alcun consesso internazionale fino a che non sia riconosciuta senza riserve e praticata parità di diritti.

Governo germanico non ha ancora idee precise quali potranno essere riforme. Ha incaricato studiare questione relativa uffici ministero degli affari esteri ed appena giunti qualche risultato ci sarà comunicato.

In genere dovrebbe prevalere principio di dare peso determinante decisioni grandi Potenze nel gruppo delle quali Germania ritiene [dover] avere posizione migliore. È opinione di Neurath condivisa da altri suoi colleghi del Gabinetto che è molto conveniente questo aiuto permanenza Italia nel consesso ginevrino dato che in tal modo Italia potrà lavorare vie interne mentre Germania dall'esterno.

486

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4963/987 R. Londra, 16 dicembre 1933, ore 22,30 (3).

Telegramma di V. E. 420 (4).

Problema riforme Società delle Nazioni è stato ieri esaminato dal Gabinetto. Trasmetto con telegramma a parte informazioni ufficiose che sono state date ai giornali alla fine seduta (5).

39 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Come V. E. potrà rilevare esse riflettono il movimento di opmwne pubblica che si è manifestato in favore di una riforma della Lega delle Nazioni, ma anche le incertezze del Governo britannico che non crede di poter uscire ancora da quell'atteggiamento di prudenza che ho avuto occasione di segnalare a V. E.

Tale atteggiamento è dettato da complicati calcoli di politica interna e imperiale oltre che dal desiderio di impegnare oggi tutte le attività della politica inglese a ottenere che la Francia faccia le concessioni necessarie permettere raggiungimento di un accordo generale per il disarmo. Questo è considerato oggi dal Governo inglese lo scopo immediato da raggiungere.

Simon che ho visto poco prima della riunione del Gabinetto, ed al quale ho chiesto se era in grado dirmi nulla su quella che sarà attitudine Governo britannico di fronte problema riforma Società delle Nazioni, mi ha chiesto a sua volta se da parte nostra vi sia un progetto concreto di riforma oltre le dichiarazioni di principio contenute nel deliberato del Gran Consiglio. Egli mi ha detto che per il momento Governo britannico non pensa poter fare suggerimenti, ma che esso è pronto a esaminare con V. E. quelle proposte che Governo fascista ritenga di avanzare.

Simon riserva naturalmente all'incontro che avrà con V. E. un approfondito esame della situazione.

Intanto continuo a mantenere vivo nelle mie conversazioni con uomini politici il problema della riforma della Società delle Nazioni convinto che il Governo britannico piegherà in definitiva nel senso dell'opinione pubblica, ed è su questa che bisogna adesso agire.

Avenol è venuto ieri a trovarmi. So che V. E. conosce le idee che Avenol ha espresso nella riunione dell'll dicembre alla Camera dei Comuni, perché egli mi ha dato copia della lettera che egli ha diretto a V. E.

Nel colloquio che ho avuto con lui, Avenol mi ha francamente ammesso che la Società delle Nazioni ha ricevuto un gravissimo colpo dal fallimento della conferenza del disarmo, e che delle riforme nel meccanismo della Società delle Nazioni non solo appaiono utili ma forse necessarie.

Secondo Avenol potrebbe essere per ora possibile:

l) Rendere patto Società delle Nazioni indipendente dai trattati di pace per mezzo di una dichiarazione formale in tal senso;

2) Creare «di fatto» un comitato delle sette Potenze (Italia Francia Gran Bretagna Russia Giappone Stati Uniti di America) pur lasciando inalterato funzionamento attuale del Consiglio e dell'Assemblea;

3) Sviluppare l'idea di un comitato europeo delle GrJ:tndi Potenze per il quale esiste già la base concreta nel Patto a quattro.

Il presente telegramma continua col n. 991 (1).

«Secondo ·il pensiero di Avenol è molto difficile giungere ad una riforma della Lega delle Nazioni per mezzo di una trasformazione formale de'i suoi Istituti mentre sarebbe possibile adottare misure che nella realtà ne modifichino funzionamento e sopra tutto ne Indeboliscano carattere parlamentarlstico >>.

(l) -Trasmesso tiramlte il consolato generale a Monaco. (2) -Cfr. n. 475. (3) -Non risultano 11 giorno e l'ora di arrivo. (4) -Cfr. n. 474. (5) -Non pubblicato.

(l) T. 4964/991 R., pari data, di cui si pubblica solo il brano seguente:

487

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 17 dicembre 1933.

Nel colloquio che ho avuto ieri con Potemkin, mi ha detto che Vassif bey era partito per la Turchia allo scopo di orientarsi sulla situazione e sulle tendenze politiche del Governo di Ankara che Vassif bey mostrava di non dividere interamente.

Ho approfittato dell'occasione per dire a Potemkin che V. E. parlando con Litvinov aveva fatto accenno all'attività balcanica del Ministro degli Esteri turco. Potevo in confidenza aggiungergli e precisargli che questa attività non appariva troppo consona alle linee che col consenso della Russia l'Italia e la Turchia avevano stabilito di condurre nei Balcani. Dato l'enorme prestigio di Mosca su Ankara, un elemento chiarificatore dell'azione del Governo turco potrebbe forse venire dal signor Litvinov.

488

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5016/763 R. Berlino, 18 dicembre 1933 (per. il 21).

Il ministro d'Austria venne a vedermi l'indomani della partenza da Berlino di S. E. Suvich. Mi espressi con lui nel senso delle istruzioni impartitemi dal sottosegretario di Stato agli esteri, procurando di mettere in valore la difesa del cancelliere federale Dollfuss fatta da S. E. Suvich nei suoi colloqui nonché la fermezza con cui fu mantenuto da parte italiana il principio dell'inviolabilità della indipendenza dell'Austria. Ho aggiunto che essendo stata da parte tedesca prospettata l'utilità di un'azione da svolgersi dall'Italia sul Gabinetto di Vienna per fargli conoscere le idee di Berlino e contribuire in tal modo ad una «détente » fra la Germania e l'Austria, S. E. Suvich aveva informato gli uomini di Stato germanici della sua intenzione di recarsi prossimamente a Vienna, per restituire le varie visite di Dollfuss ed aveva detto che in tale occasione avrebbe potuto esprimersi nel senso desiderato (1).

Il ministro d'Austria mi ha ringraziato assai per tali informazioni e mi ha chiesto se, durante le conversazioni, fosse stato fatto il nome di Habicht. Egli aveva saputo che Habicht era stato invitato al pranzo offerto a S. E. Suvich dal presidente del consiglio prussiano, Goering. Ho creduto rispondere che effettivamente il nome di Habicht era stato fatto essendo il sottosegretario di stato agli esteri stato informato che Dollfuss avrebbe dovuto trattare con Habicht per un eventuale accordo e che all'obiezione mossa da parte italiana

non essere Habicht un nazionalsocialista austriaco era stato risposto che non appena il partito nazionalsocialista fosse stato riconosciuto in Austria, Habicht avrebbe acquistato la nazionalità austriaca.

Il ministro d'Austria osservò che prima di tutto Habicht è sempre stato tedesco e che non si comprendeva quindi perché mai egli dovesse pretendere di acquistare ora la nazionalità austriaca. Se il Governo di Vienna gliela avesse rifiutata, come era suo diritto, la cosa sarebbe stata considerata come un affronto verso il Governo di Berlino. Se gliel'avesse accordata avrebbe consentito a che i tedeschi si ingerissero nelle cose interne dell'Austria non solo, ma si sarebbe visto Habicht ministro austriaco a breve scadenza, il che avrebbe significato la perdita dell'indipendenza dell'Austria. Era per tale ragione che Dollfuss aveva finora posto la pregiudiziale di non trattare con Habicht, pregiudiziale dalla quale gli sembrava pericoloso dipartirsi.

Il ministro d'Austria mi disse che aveva avuto occasione di conversare la vigilia col ministro dell'interno del Reich, Frick, il quale gli aveva dichiarato che la politica nazionalsocialista rifugge da qualsiasi compromesso. Hitler aveva deciso che l'Austria dovesse diventare nazionalsocialista e costituire un blocco unico con la Germania ed a nessun costo si sarebbe dipartito da questa linea di condotta, deciso com'era ad ottenere vittoria. Il mio interlocutore non poteva pertanto nascondermi le sue preoccupazioni aggravate dalle notizie che gli pervenivano da Vienna, dalle quali risultava che l'opposizione di Starhemberg contro Dollfuss si faceva ogni giorno più forte perché il cancelliere non credeva adottare i provvedimenti energici desiderati dal Capo delle Heimwehren nei riguardi dei marxisti tuttora imperanti nel municipio di Vienna.

Ho detto al ministro d'Austria che S. E. Suvich non aveva mancato di far rilevare qui come l'atteggiamento di Dollfuss verso il marxismo avrebbe potuto essere molto più energico se egli non fosse stato costretto ad usargli certi riguardi, non potendo certo mettersi contro allo stesso tempo socialisti e nazionalsocialisti.

Il ministro d'Austria, prima di congedarsi, mi chiese di dirgli francamente se poteva comunicare a Vienna che l'Austria poteva continuare a contare sull'appoggio dell'Italia e se la visita di S. E. Suvich non avesse modificato in qualche modo la politica italiana verso il suo paese. Gli risposi che poteva farlo in tutta sicurezza.

(l) Cfr. n. 479. 1

489

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5061/228 R. Vienna, 19 dicembre 1933 (per. il 24).

Mio telegramma n. 463 (l). Il principe Starhemberg mi ha confermato innanzi tutto la sua buona intesa col cancelliere. Mi ha quindi riferito le fasi che aveva attraversate la

recente riunione viennese di tutti i capi e sottocapi heimwehristi delle provincie (mio telerposta n. 2776) (1), soffermandosi su due punti: quello della completa devozione che detti capi gli hanno concordemente manifestata, e quello della necessità in cui egli si trova di enunciare nel modo più chiaro e categorico i fini ultimi che il suo movimento si ripromette di raggiungere, ogni reticenza ed ogni indugio divenendo pericolosi, giacché il movimento heimwehrista, impaziente ormai di realizzazioni prettamente fasciste, darebbe sempre maggiori segni di disdegnare il suo accodamento ad un Governo che ha avuto cedevolezze e condiscendenze verso vecchie m::::-ttalità o verso esponenti della peggiore democrazia, ed anche segni di poter passare, in mancanza di un radicale mutamento da parte del Governo Dollfuss, al nazionalsocialismo. Ed a ta;le riguardo ancora una volta egli mi ha accennato che il nazionalsocialismo, qualora si metta da parte la sua premessa anschlussista, ha programma ed intenti del tutto analoghi al movimento da lui capeggiato; donde la possibilità di esodi e la sua grande difficoltà a tener serrate le file.

Ora, la riunione viennese dei capi provinciali delle Heimwehren aveva provato quanto fosse ardente la determinazione del movimento di conseguire una profonda rinnovazione dello Stato; ed egli era lieto che, malgrado avesse raccomandato ed ottenuto che essi capi, nella speciale udienza accordata loro dal cancelliere, non formulassero al signor Dollfuss alcuna richiesta sotto forma di ultimatum, pure alcuni elerq.enti, semplici montanari, avevano saputo dare al cancelliere, con le loro schiette osservazioni, il senso esatto dei desideri e dell'aspettazione dell'intero movimento.

Da parte sua il cancelliere aveva mostrato di rendersi conto della situazione, e pur non prendendo alcun preciso impegno, egli aveva tuttavia tenuto a sottolineare che il Governo avrebbe dato loro ben presto prove concrete dell'attuazione del suo programma.

Il cancelliere gli aveva poi manifestato, in via personale, le sue intenzioni, ripetendo ad un di pr~esso quanto ho già segnalato a V. E. con il mio telegramma per corriere n. 216 (2). Fermandosi sull'eventuale nomina dell'agrario Bachinger a ministro il principe Starhemberg mi ha confidato che ormai il signor Winkler ed il signor Schumy sanno di dover restare ben tranquilli, giacché egli ha, specie contro il primo, prove concrete di sue gravi malefatte. Ciò era noto al cancelliere, che sapeva altresì che egli -Starhemberg -è deciso a non fare uso di dette prove documentarie qualora i predetti due uomini politici sapranno astenersi da ogni attività politica.

Il principe Starhemberg mi ha poi parlato dell'avvenuto affiancamento delle Heimwehren con le Sturmscharen del ministro Schuschnigg. Mi ha riferito le basi dell'accordo -e che ho già specificate a V. E. col mio telegramma

n. 463 -diffondendosi lungamente sull'importanza di tale intesa. Egli ritiene che essa rappresenti la formale adesione della parte migliore dei cristianosociali al programma heimwehrista-fascista, e ciò anche se lo Schuschnigg abbia tenuto a mettere bene in chiaro che egli, pur condividendo il programma heimwehrista, desidera scegliere il «nome » di maggiore sua convenienza per

definire detto programma. Il principe Starhemberg ha aggiunto che, per quanto riguardava invece le Heimwehren, esse avrebbero sempre designato la loro azione ed i loro intenti come di natura prettamente fascista, tal nome indicando un preciso contenuto politico, inconciliabile con qualsiasi restrizione o contingente adattamento.

Il principe Starhemberg spera infine che l'atteggiamento del signor Schuschnigg verso le Heimwehren, la nomina del signor Dollfuss a capo delle Sturmscharen, i vivi desiderata manifestati dalle Heimwehren, non mancheranno di influire non solo sull'atteggiamento del Governo, ma anche su quello del partito cristiano-sociale; sicehé egli, edotto anche delle intenzioni dei cancelliere, circa l'amministrazione socialista di Vienna ed il fronte corporativo, guarda alla situazione, malgrado le ovvie difficoltà, con più serenità e con maggior fiducia.

(l) T. r. 5006/463 R., non pubblicato, pari data; riferiva circa i buoni rapporti intercorrenti tra Dollfuss e Starhemberg.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. per corriere 4732/216 R. del 1° dicembre, non pubblicato, con il quale Preziosi aveva riferito, tra l'altro, circa l'intenzione di Dollfuss di tenere da parte sia il Winkler che lo Schumy.
490

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A ANKARA, LOJACONO, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, E A VIENNA, PREZIOSI

T. CONFIDENZIALE 2202/C.R. {1), Roma, 20 dicembre 1933 (2).

(Per tutti meno Vienna) Ho telegrafato R. legazione Vienna quanto segue:

(Per tutti compresa Vienna) «Pregola comunicare cancelliere che in conver

sazioni on. Suvich Berlino è stato fatto cenno questione Austria e ciò tanto

con cancelliere Hitler quanto con ministro Neurath e con ministro Goering (3).

Cancelliere dichiarando non voler fare politica dell'Anschluss è disposto a trat

tare questione rapporti con Austria se cessano provvedimenti contro nazional

socialisti.

On. Suvich ha fatto presente a cancelliere ed alle altre suddette personalità che i nazionalsocialisti in Austria costituivano il più grosso pericolo per l'esistenza stessa dello Stato e che quindi prima condizione miglioramento rapporti fra i due paesi, era quella che cessasse l'attuale campagna nazionalsocialista anti-governativa come pure la propaganda dall'estero di cui esponente principale è il signor Habicht. Barone Neurath ha chiesto on. Suvich in presenza Hitler e successivamente in presenza Goering voler intrattenere cancelliere Dollfuss su buone disposizioni germaniche sempre sotto premessa cessazione provvedimenti contro nazi. On. Suvich facendo presente che avrebbe quanto prima restituito visita cancelliere Dollfuss ha detto che avrebbe avuto occasione di intrattenersi con quest'ultimo».

(Per tutti meno Vienna e Budapest) Quanto precede per sua riservata informazione.

Nei riguardi di codesto Governo per quanto riguarda i rapporti austrotedeschi, pare preferibile V. E. (V. S.) si limiti eventualmente a qualche accenno sulla base quanto è detto in argomento in altro telegramma odierno che riassume svolgimento viaggio Suvich (1).

(l) -Il telegramma fu inviato a Vienna e Budapest per filo ed alle altre sedi per corriere. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (3) -Cfr. nn. 476 e 479.
491

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI AD ANkARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A BUENOS AIRES, ARLOTTA, A LONDRA, GRANDI, A MADRID, GUARIGLIA, A PARIGI, PIGNATTI, A RIO DE JANEIRO, CANTALUPO, A SANTIAGO, PEDRAZZI, A TOKIO, AURITI, A V ARSA VIA, BASTIANINI, A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI AD ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BERNA MARCHI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A LISBONA, TUOZZI, A PRAGA, ROCCO, A SOFIA, CORA, E A VIENNA, PREZIOSI

T. CONFIDENZIALE 2203/C.R. (2). Roma, 20 dicembre 1933 (3).

<Per Berlino) Per sua conoscenza le comunico seguente telegramma che ho diretto alle principali R. ambasciate e legazioni:

(Per tutti) «Comunico seguenti notizie circa mio viaggio Berlino:

Viaggio come è stato già fatto noto è avvenuto dietro espresso e ripetuto invito Governo germanico e aveva per scopo restituzione numerose visite fatte nell'ultimo anno da ministri tedeschi a Roma. Nel mio soggiorno in Germania (tre giorni Berlino, un giorno a Colonia, un giorno a Monaco) ho avuto occasione di incontrare le personalità più in vista del Governo e del partito nazionalsocialista, e pur non avendo trattato alcuna questione in modo specifico ho avuto occasione avere scambio idee sui problemi principali del momento.

Per quanto riguarda disarmo ho svolto opera persuasione perché Germania cercasse venire a un accordo con le altre potenze e presentasse richieste moderate. Germania riafferma suoi fini pacifici. Non intende tuttavia allontanarsi dalle note recenti proposte. Insiste sul fatto che se gli altri non disarmano le proporzioni poste a base piano Mac Donald vengono spostate a suo danno.

Nella questione Società delle Nazioni Governo tedesco riafferma che non intende rientrare a farne parte ammenoché Società non sia radicalmente mutata. Non ha ancora studiato particolari del problema e quindi non è in grado suggerire proposte. Aderisce in massima punto di vista italiano circa necessità riforma e capisaldi da noi enunciati.

Nei riguardi Austria governo tedesco afferma che questione Anschluss non è di attualità. Si dichiara desideroso riprendere i buoni rapporti col Governo austriaco ma ritiene che vi osti la persecuzione della quale partito nazionalsocialista è oggetto in Austria. Ho a mia volta sostenuto che è difficile venire a una détente se partito nazional-socialista non muta tattica abbandonando attentati e cessando propaganda per Anschluss.

(Per tutti meno Budapest) Quanto precede per sua informazione.

V. E./(V. S.) è autorizzato farne confidenzialmente con codesto Governo uso che nelle circostanze apparirà migliore colle dovute cautele specialmente per ciò che concerne Austria».

(l) -Cfr. n. 491. (2) -A Berlino e Parigi fu inviato per corriere. (3) -Manca !"indicazione dell'ora di partenza.
492

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 2204/212 R. Roma, 20 dicembre 1933, ore 16,30.

Prego V. S. informare presidente Gombi:is contenuto due telegrammi odierni relativi viaggio Suvich Berlino (l) e, prendendo occasione conversazione che avrà con lui sull'argomento, dirgli che sarebbe mia intenzione incaricare on. Suvich restituire prossimamente visite fatte a Roma da codesto presidente consiglio e ministro esteri.

Corrispondendo vive richieste cancelliere Dollfuss, che avrebbe voluto che on. Suvich facesse breve visita Vienna al ritorno dalla Germania, ho stabilito che egli si rechi a Vienna in gennaio restituire visite Dol<lfuss, consentendo che se ne dia fin d'ora notizia al pubblico.

Visita Budapest, se Gombos d'accordo, potrebbe quindi aver luogo in febbraio. Prego telegrafarmi (2).

493

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 5076/375/230 R. Belgrado, 20 dicembre 1933 (per. il 26).

Mio telegramma filo del 20 dicembre n. 229 (3).

V. E. ha ricevuto dalla Stetani del 18 corrente notizia dell'arresto a Zagabria di tre persone che dopo avere ucciso un agente di polizia, poterono tuttavia essere assicurate alla giustizia.

Stamani Puric, dopo avere premesso che egli non parlava a nome del Governo, ma soltanto a titolo amichevole e personale, mi ha detto che dai primi rapporti della polizia si rilevava che le tre persone volevano attentare alla vita del Re, provenivano dall'Italia, via Austria, e che erano in possesso di denaro ricevuto in Italia. Si ricercavano attivamente altr~ cinque individui arrivati in Croazia per il medesimo criminoso obbiettivo e per la stessa via.

Secondo le informazioni jugoslave Pavelic girava da un capo all'altro l'Italia fornito di molto denaro di cui si ignorava l'origine ed egli aveva anche alle sue dipendenze qualche decina di così detti «ustasci ».

Ha aggiunto che con la rig.idità e severità della polizia fascista non era possibile che ciò avvenisse, senza qualche tolleranza delle autorità. In ogni caso la notizia subito conosciuto aveva sollevato molti commenti che potevo facilmente immaginare ed una penosa impressione, come anche richieste di potere nella stampa esprimere liberamente un vivo sdegno.

Egli non intendeva fare di ciò reclamo alcuno. Ma solo rilevare con vero senso di dispiacere come gli sforzi del Governo anche sui proprt gruppi di nazionalisti accesi, finivano col riuscire faticosamente vani, poiché non avrebbero potuto essere trattenuti.

Ho risposto a Puric mettendo in forte dubbio l'affermazione della polizia, negando recisamente e fermamente qualsiasi tolleranza di nostre autorità. Non capivo perché di una situazione e di uno stato d'animo tuttora esistente in Croazia anche se le manifestazioni sono cessate si dovessero sempre ricercare cause ed emissari in Italia. Le accuse erano insussistenti e soltanto frutto o di immaginosi informatori o di mezzi di polizia nei quali non era mio compito entrare.

(l) -Cfr. nn. 490 e 491. (2) -Colonna rispose con t. 5036/223 R. del 22 dicembre che Gombos era assai lieto del proposito di Suvich di recarsi a Budapest e che riteneva preferibile che la visita avesse luogo dopo quelle di Muschanoff e Dollfuss previste per lo stesso mese di febbraio per poterlo intrattenere con maggiori elementi di giudizio sulla situazione danubiano-balcanica. (3) -Non pubblicato.
494

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 20 dicembre 1933.

L'Ambasciatore Von Hassell è venuto a riferirmi che fra il governo germanico e il governo francese c'è stato uno scambio di note a proposito del disarmo. Il governo francese ha precisato i propri punti di vista in tal senso:

l) Il Governo francese non rinuncia alla politica del disarmo. A Ginevra con le sue proposte era andato abbastanza avanti. Non può perciò aderire alla tesi tedesca che parte dal presupposto che nessun disarmo sia possibile. È disposto però a discutere quale proposta sia fatta dal Governo tedesco (1).

Il fatto tuttavia che l'ambasciato,re di Germania mi ha indicato con insistenza la formazione S. A. come il punto per il quale una pressione internazionale su Hitler potrebbeesercitarsi con successo, merita, a mio avviso, seria considerazione.

Il mio collega tedesco mi ha lasciato intendere che Hitler teme formazioni s. A. e che egli potrebbe non essere malcontento di dover cedere ad una pressione internazionale.

2) Nella questione della Saar il Governo francese .non può aderire al punto di vista tedesco per trattative separate su questo punto fra Francia e Germania, perché non ritiene di poter privare gli abitanti della Sarre del loro diritto al plebiscito.

Le due note sono state consegnate all'Ambasciatore Cerruti e ci saranno trasmesse (1). Il signor von Hassell mi chiede quindi le mie impressioni sulla Germania delle quali gli do un breve riassunto.

(l) Pignatti comunicò con t. 5010/800 R. dello stesso 20 dicembre: «questo ambasciatore di Germania mi ba anticipato ieri come idea sua ed in forma di confidenza personale che un controllo internazionale sulle formazioni paramilitari aveva probabilità di essere accettato à Berlino, mentre in realtà egli doveva sapere che il principio del controllo era stato già accettato dal suo Governo.

495

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DI ARGENTINA A ROMA, CANTILO

APPUNTO. Roma, 20 dicembre 1933.

Or è qualche giorno gli avevo chiesto schiarimenti sulla voce corsa che il Governo argentino aveva invitato quello polacco ad aderire al patto di non aggressione (2).

L'Ambasciatore argentino mi ha detto di aver ricevuto sull'argomento un telegramma del suo Governo che egli mi ha così riassunto: l'Argentina riconosce il carattere di priorità all'adesione italiana e poiché ogni futura adesione, in base alle disposizioni del Trattato, dovrà essere registrata a Buenos Aires, è escluso ogni pericolo che un'altra adesione possa essere registrata prima di quella italiana.

Quanto poi all'azione finora esercitata dall'Argentina nei riguardi del Patto di non aggressione, essa finora si è limitata alla semplice comunicazione del testo ad alcune Potenze. Non è però stata esercitata nessuna pressione su alcuna di esse.

L'Ambasciatore ha aggiunto che spiegaztoni in questo senso sono state fornite anche al R. Ambasciatore a Buenos Aires, che presumo ne riferirà quanto prima a questo Ministero.

496

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 21 dicembre 1933.

Il Signor Lugosianu è venuto a parlarmi dei prolungamento del trattato di amicizia. Mi ha detto che egli in un primo tempo aveva preso l'iniziativa

senza sapere le idee del suo Governo; poi è venuta anche la richiesta del Governo romeno. Egli sa che il Ministro Sola è favorevole a tale prolungazione. Egli si permette di insistere perché ancora questa volta sia adottato tale provvedimento in vista della grave ripercussione che una denuncia avrebbe in questo momento: mentre infatti una prolungazione del trattato passerebbe inosservata, una denuncia farebbe sorgere una quantità di commenti e darebbe l'impressione che i rapporti fra i nostri due Paesi siano arrivati ad un punto di grave tensione. Ciò tanto più in quanto una denuncia del trattato politico potrebbe portare alla non conclusione dell'accordo economico.

Sta il fatto che l'accordo negoziato ora e che ha incontrato delle difficoltà (per cui il delegato rumeno è dovuto partire per Bucarest per chiarire alcuni punti che sono essenziali per arrivare a una conclusione) rappresenta piuttosto un vantaggio per l'Italia che per la Romania; le difficoltà possono essere più facilmente superate se tale trattato rientra in un più vasto sistema di accordi fra l'Italia e la Romania.

Rispondo al Ministro Lugosianu che questo trattato politico è ormai superato e praticamente decaduto. Queste prolungazioni sono assolutamente contrarie allo spirito del trattato. Già nel luglio u.s. si è dichiarato in modo formale che non si sarebbe prolungato ulteriormente l'accordo; d'altra parte non vedo che cosa potrebbe mutare nella situazione una ulteriore prolungazione: ci troveremmo fra sei mesi nella situazione di oggi.

Il Ministro Lugosianu osserva che si potrebbe stabilire che durante questi sei mesi si prenderanno dei contatti fra i Governi per stabilire le basi di un nuovo accordo.

Gli rispondono che non credo che nei prossimi mesi le condizioni possano essere favorevoli per negoziare un nuovo Patto.

Il Ministro ha visto la reazione provocata in Italia dall'atteggiamento ostile tenuto dal Ministro degli Esteri Titulescu nella questione della riforma della Società delle Nazioni, atteggiamento che risponde a quello tenuto in occasione della conclusione del Patto a quattro.

Il Ministro Lugosianu si rende conto di queste difficoltà ma ritiene tuttavia che le stesse non debbano durare a lungo.

Si permette di insistere anche per la questione della proroga del Patto pregando di fargli avere una risposta definitiva prima di Capo d'Anno, data l'imminente scadenza del termine.

(l) -Le note furono trasmesse da Cerruti con t. per corriere 5020/766 R. del 18 dicembre. (2) -Il 13 dicembre come risulta da un promemoria dello stesso Aloisi per Mussolini.
497

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, DAMPIERRE

APPUNTO. Roma, 21 dicembre 1933.

Essendo ammalato l'Ambasciatore, è venuto a trovarmi l'Incaricato d'Affari Conte Dampierre per chiedermi se potevo comunicargli qualche cosa riguardo al mio viaggio a Berlino.

Gli ho esposto in forma riassuntiva alcune mie impressioni, principalmente sui seguenti punti:

-stabilità del regime nazional-socialista;

-effettivo comando di Hitler;

-tendenza pacifica del Cancelliere;

-definitività del confine verso la Francia;

-speranza di risolvere con accordi la questione del confine orientale;

-proposte di riarmo della Germania; giustificazione delle stesse da parte del Cancelliere; carattere difensivo delle stesse; -dichiarazione del Cancelliere che non farà la politica dell'Anschluss.

L'Incaricato d'Affari mi ringrazia per le comunicazioni e mi avverte che col prossimo corriere probabilmente arriveranno le proposte del Governo francese riguardo alla parità navale.

498

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 5062/201 R. Mosca, 23 dicembre 1933, ore 18,39 (per. ore 20,35).

Telegramma di V. E. n. 164 (1).

Riassumo situazione rapporti franco-tedesco-sovietici.

Come V. E. ricorderà, Litvinoff nel suo colloquio di Roma aveva accennato ai possibili sviluppi delle relazioni franco-sovietiche in funzione con quelle russo-tedesche.

Una serie di sondaggi compiuti dopo il mio ritorno e di cui l'ultimo conclusivo ieri con lo stesso Litvinoff mi permette di assicurare V. E. che processo prospettato a Roma come una semplice possibilità logica è invece addirittura opera concretamente in atto.

Non è quindi da escludere che la Francia, arrivata ad un punto delle proprie conversazioni con la Germania sufficiente a valorizzare i possibili effetti nei riguardi di terzi, li interrompa per offrire a Mosca l'alternativa di una intesa politica franco-sovietica (sintomatiche al riguardo ultime dichiarazioni Herriot). In questo caso sono in grado assicurare V. E. che U.RS.S. accetterebbe senz'altro avances francesi. Che anzi ho impressione trovarmi quasi dinanzi ad un piano sapientemente preordinato.

Intesa potrebbe almeno in un primo tempo assumere forma adesione Soviet ad un patto regionale (dico regionale) e non generale e contenuto nel quadro Società Nazioni, di mutua assistenza in funzione nettamente antitedesca (2).

«In conclusione, noi ci troviamo ora alla vigilia di un patto che, all'infuori della Conferenza del Disarmo, mira a far entrare in vigore per un determinato gruppo di Potenze, presu

Campo, oltre centro di questa munovra, è Parigi. Soluzione mi risulta studiata in tutti suoi particolari, così nei rispetti del Patto Società delle Nazioni come quello Locarno e viene insinuata dalla Francia con crescente vigore ma anche con crescente successo (per ragioni che rinvio a appositi rapporti) tanto che potrebbe travolgere stessi pregiudizi antisocietari dell'U.R.S.S. persino prima ed indipendentemente da una possibilità di riforma dell'Istituto Ginevra.

Francia riuscirebbe così a fare entrare praticamente U.R.S.S. (con eventuali estensioni baltica e turca) nel sistema delle proprie alleanze. Considero situazione meritevole della più seria attenzione così da parte nostra come da parte Reich.

D'altro canto Berlino dovrebbe finalmente comprendere la necessità, finché ne ha il tempo, di arginare offensiva diplomatica francese con una controoffensiva propria avendo per obiettivo il ristabilimento di buone relazioni con l'Unione Sovietica.

mibilmente Francia, Belgio, Piccola Intesa, Polonia, Turchia, URSS, il piano francese della sicurezza.

La larga manovra francese che ora chiaramente si delinea, ha portata ed obbiettivi europei, tali da non poter lasciare indifferenti né noi né l'Inghilterra, sia da un punto di ,·:sta generale, sia quali firmatari del pat.to di Loca.rno, sia infine dal punto di vista degli interess•i specifici di ognuno.

!VIa come parare 1a manovra, e soprattutto come pnrarla in c,uera che ne appare eà P la mossa principale e cioè l'acquisizione, forse definitiva, della Russia sovietica al sistema francese?

Poiché la possibilità di ·intesa franco sovietica sembra, almeno in questo momento, legata al possibile successo delle conversazioni dirette franco tedesche parrebbe a me, per quanto mi sia dato vedere di qui, che il mezzo più ovvio sarebbe quello di interrompere questi colloqui a due, assorbendoli in più larghe e vaste consultazioni. La posizione presa in proposito •alla CamNa dei Comuni da Sir John Simon mi sembrerebbe fornire per questo Ul1 ottimo addentellato. In sostanza, il momento per far entrare in gioco il Patto a 4 mi sembrerebbe venuto. L'Inghilterra, cui le sue relazioni attuali e prospettive con l'URSS dovrebbero ammonire circa la portata ed i possibili effetti del patto in gestazione, non dovrebbe esitare un sol momento a prenderne l'iniziativa

Che se, per qualsiasi ragione, non apparisse opportuno valersi del Patto a 4, io non vedrei, di qui, altra a!ternativa all'infuori della ripresa delle riunioni ginevrine per il disarmo previste per il 21 Gennaio. È questa, per me, una ipotesi dannata, ma comunque preferibile alla continuazione di un téte à tete franco-germanico fra l'altro evidentemente condotto dalla Francia in mala fede.

La Francia, se potesse arrivare ad una intesa duratura e reale con Berlino, sacrificherebbe certo tutto e tutti, compresa la Russia Sovietica. Ma essa sente di non poterei arrivare. Tenta quindi di spingere i negoziati diretti tanto da valorizzarli agli occhi dell'Inghilterra, pe·r convincerla della sua buona volontà, a quelli dell'URSS per n1.etterne a prezzo la rinuncia. Riuscendo nella sua manovra, essa assicurerebbe, attraverso un sistema di alleanze tenta" colare la sua egemonia in Europa a t·empo indeterminato. Né la situazione rimarrebbe sçnza ripercussioni nell'oriente Mediterraneo, dove la Turchia riuscirebbe finalmente a forzare i propri! blocchi balcanici.

Della interruzione delle trattative dirette franco-tedesche dovrebbe però profittare la Germania, per tentare una buona volta il ristabilimento delle sue relazioni con Mosca. Un minimo di buoni rapporti fra Mosca e Berlino è, lo ripeto ancora una volta, indispensabile ad evitare il connubio franco-sovietico. Nel settembre scorso io dicevo in proposito: «Se la Germania vuole fare qualche cosa per arrestare il processo ora in sviluppo, bisogna che si affretti. Fra sei mesi potrebbe esse·re troppo tardi>>. (Mio telegramma per corriere

n. 159 del 19 settembre).

Non ho che da ripetere quanto dissi allora, riconfermando anzi le date. Nel Febbraio 1934, con la visita di Boncour a Mosca, l'intesa franco sovietica potrebbe essere un fatto compiuto.

Nadolny si trova ora a Berlino. L'incaricato di Affari gli ha telegrafato di non tornare a mani vuocc. Egli dovrebbe riprendere l'idea di Von Dirksen e offrire ai Sovieti un patto nuovo che si prestasse a diminuirne, se non eliminarne le apprensioni ed i timori. Una simile offerta, a parte il merito inerente al suo stesso contenuto, avrebbe anche quello non disprezzabile di offrire agli amici della Germania ancora superstiti al Kremlino una base ed una occasione di intervento. Altrimenti la politica nettamente antitedesca di Litvinov, ora reso più potente dai recenti successi emericani finirà col trionfare in modo definitivo.

Il mondo è ora in preda a vere psicosi. In Europa. ne imperversano tre: quella francese, quella so 'ietica e quella turca. A chi ancora mantiene i nervi ed il cervello a posto ed ha senso di responsabilità storica, spetta di metterle a nudo e di evitare che esse pesino sui destini dei popoli.

Esagerando oltre misura i pericoli, si finisce col crearne. Ed io non vedo, in questo momento, maggior pericolo di quello che, sotto pretesto di parare il pericolo tedesco si verrebbe a creare, attraverso la ricostruzione di un sistema di alleanze fra grandi potenze in Europa. Allora sì che si ritornerebbe al 1914, ed alla guerra.

(l) -T. 13289/164 P. R. del 20 dicembre, non pubblicato: «comunicava l'avvenuto invio dell'appunto relativo al colloquio Mussolini-Litvinov. (2) -Si pubblica qul la parte finale del R. s. 4962/2282 da Mosc,a del 27 dicembre:
499

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 23 dicembre 1933.

Questo Ministro di Bulgaria mi ha dato lettura di un telegramma ricevuto dal Ministro Muscianoff, col quale si chiede a S. E. il Capo del Governo di intervenire presso il Ministro degli Esteri greco in occasione della sua prossima visita a Roma, perché la Grecia dia prova di maggiore «deferenza » verso la Bulgaria, di guisa che fra i due Paesi si possa arrivare ad una più grande reciproca comprensione. Con l'occasione, il Signor Volkoff mi ha detto di non avere notizie ufficiali sui risultati della visita a Belgrado di Re Boris, ma che da notizie private che gli sono pervenute la visita non avrebbe avuto conseguenze importanti, sopratutto di ordine politico: tra l'altro la questione delle minoranze non sarebbe stata nemmeno toccata, ed a Sofia se ne sarebbe avuto piuttosto un senso di delusione. Unici risultati sarebbero di indole economico-amministrativa, ed anche questi sono nel senso di iniziare negoziati in proposito: questione veterinaria, trattato di commercio, regolamento di passaporti e passaggi di frontiera.

500

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 23 dicembre 1933.

Questo Incaricato d'Affari d'Austria è venuto a fare una comunicazione formale a nome del Cancelliere Dollfuss, per ringraziare vivamente S. E. il Capo del Governo per l'annuncio dato della prossima visita a Vienna da parte di S. E. il Sottosegretario. Il Cancelliere Dollfuss propone che la visita avvenga nei giorni 13, 14 e 15 di gennaio, e gradirebbe di avere, quanto prima possibile, una conferma al riguardo, o di venire informato di altra data che fosse eventualmente preferita dal Governo Italiano (1).

501

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO (2)

TELESPR. RR. 238321. Roma, 23 dicembre 1933.

Questo R. Ministero, senza entrare qui nel merito degli aspetti politici che presenta la questione siriana e anche indipendentemente da quelle che potranno

essere le soluzioni della questione stessa, conviene con la S. V., come del resto risulta dall'interesse col quale questo stesso R. Ministero ha sempre seguito gli sviluppi costi delle nostre attività culturali ed economiche, nella opportunità di svolgere adeguata azione per consolidare e anche per migliorare in codesto territorio di mandato le nostre attuali posizioni, mediante una efficace opera di penetrazione e di espansione, secondo il programma di massima, tracciato dalla S. V. (1).

Questo R. Ministero prega pertanto V. S. di volere formulare concrete e dettagliate proposte analogamente a quanto già fatto dalla S. V. per il campo scolastico e culturale con mpporto 1893/585 (2) deJ 21 novembre, anche per quanto riguarda la stampa e propaganda, il campo commerciale e industriale, la navigazione ed il turismo, proposte che verranno da questo Ministero attentamente esaminate, allo scopo di curarne, in quanto possibile, l'attenzione, d'accordo con gli altri Ministeri ed Enti interessati.

(l) -Il Governo italiano indicò i giorni 18, 19 e 20 gennaio, come risulta da un successivo appunto di Buti. (2) -Inviato per conoscenza all'ambasciata a Parigi.
502

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, ALL'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE

L. P. Roma, 23 dicembre 1933.

Rispondo alla Sua lettera del 14 dicembre CVI (3). Mi si dice che non sia il caso di favorire, almeno per ora, il reingresso né dei morti né dei vivi. Mi affretto a comunicarglielo affinché Ella possa tenerne conto nelle Sue conversazioni.

503

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. CVIII. Vienna, 23 dicembre 1933.

Il Principe Starhemberg mi ha chiesto oggi se S. E. l'On. Suvich sarebbe disposto in occasione del suo prossimo viaggio a Vienna ad accettare un invito a pranzo in un ristretto circolo dei capi delle Heimwehren (egli stesso, il vice cancelliere Fey, il segretario di Stato Neustaedter-Sturmer ,ed alcuni altri esponenti del movimento). Poiché si rende conto che l'invito potrebbe essere declinato da S. E. Suvich per considerazioni politiche assolutamente estranee alla simpatia che questi ha dimostrato per il movimento delle Heimwehren, prima di farne parola al Cancelliere Dollfuss, il quale gli ha già espresso il desiderio

di saperlo a Vienna nei giorni della visita di S. E. il Sottosegretario di Stato, gradirebbe sapere se può contare o meno su una favorevole accoglienza della sua aspirazione.

Le sarò molto obbligato se vorrà farmi conoscere la risposta (l).

(l) -Con telespr. rr. 1825/556 deli'B novembre, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicata: riferiva circa un colloquio avuto con Stahremberg relativo all'eventuale abolizione del bando contro gli Asburgo.
504

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 5099/771 R. Berlino, 25 dicembre 1933 (per. il 28).

La decisione del cancelliere Hitler di abbandonare la S.d.N. e la conferenza del disarmo costituì il passo iniziale verso una politica indipendente del Reich, intesa a rompere i legami del trattato di Versailles che tuttora menomano la piena sovranità della Germania.

Lo spirito del patto a quattro non fu mai ben compreso dai tedeschi, perché essi, nella loro forma mentale, considerano contraria ai loro interessi ed alle loro aspirazioni qualsiasi collaborazione sincera fra i maggiori Stati di Europa, ritenendo che in definitiva una simile collaborazione possa significare il prolungarsi del regime creato dal trattato di Versailles.

Invece lo s_r:;irito nuovo del Reich -che è poi il vecchio spirito prussiano mentre si ribella a dover sottostare al diktat di Versailles ambisce a null'altro che alla proclamazione da parte della Germania di una serie di diktaten ai quali debbono sottoporsi gli altri Stati a scanso d'incorrere nell'ira tedesca. Donde l'affermazione che il regime nazionalsocialista non tollera compromessi, che esso, una volta stabilita una linea direttiva, la percorre sino in fondo infragendo quanto incontri su1 suo cammino. Fortunati quegli stati verso i quali la Germania si vuoi mostrare condiscendente, ma sventurati quelli che incorrono nelle sue ire.

Faccio tale premessa perché la ritengo opportuna per spiegare gli avvenimenti politici di quello che ritenne essere un abbandono da parte dell'Italia. Spinto dagli elementi nazionalisti, che avevano sempre frapposto difficoltà durante le trattative del patto a quattro, Hitler volle intraprendere una politica estera autonoma, a base di dichiarazioni atte a convincere il mondo delle intenzioni pacifiche della Germania, dato che soltanto una Germania forte e quindi temuta potrà in determinate circostanze imporre al mondo la propria volontà.

Hitler volle pure dimostrare che egli non aveva bisogno dell'aiuto di alcuno, neppure di quello dell'Italia fascista, per raggiungere il proprio scopo. Iniziò quindi la sua politica con l'offerta di amicizia alla Polonia (offerta subordinata al tacito accordo di non toccare ai problemi territoriali) e con la proposta alla Francia di togliere di mezzo la questione della Sarre impedendo che si giunga al

plebiscito e contemporaneamente di concludere patti di non aggressione con tutti gli stati limitrofi. La mossa verso la Polonia ebbe un effetto immediato, non so se previsto dai tedeschi: quello di irritare fortemente la Francia da un lato e la Cecoslovacchia dall'altro, risentite entrambe, la prima con fondamento, la seconda senza, dell'adesione di Varsavia alle proposte di Hitler senza avere interpellato Parigi e Praga. La seconda proposta era, senza dubbio alcuno, ragionevole e non avrebbe dovuto né potuto essere respinta dalla Francia se non fosse stata presentata contemporaneamente ad un progetto di riarmamento della Germania che andava molto al di là dei piani sui quali si era discusso a Ginevra nel settembre ed ottobre scorso.

Non fu solo la Francia a preoccuparsi per le mire tedesche; l'Inghilterra se ne inquietò pure ancorché vi siano delle differenze nelle avversioni dei due Stati occidentali.

La Francia infatti, pone la pregiudiziale della sua non rinuncia al disarmo che considera tuttora come la base della politica generale facente capo alla

S.d.N.

L'Inghilterra ammette invece, almeno implicitamente che non è il caso di discutere ulteriormente di disarmo dopo il fallimento completo della conferenza apposita. Ed in ciò segue una linea di condotta analoga a quella del Governo fascista.

L'Inghilterra riconosce pure, ed in ciò pure la pensa come l'Italia, che la proposta di Hitler relativamente alla Sarre era saggia ed avrebbe dovuto essere per lo meno studiata attentamente e non venir respinta senz'altro.

Però tanto Parigi che Londra sollevano le più energiche obbiezioni contro le richieste tedesche di riarmare, non ammettono la cifra di 300 mila uomini richiesti da Hitler, temono che la nuova milizia non sostituirà la Reichswehr, ma che la dovrebbe integrare, sollevano obbiezioni contro le formazioni SA, SS ed elmi di acciaio e se non insistono troppo sopra il materiale (cannoni, tanks, aeroplani) ciò accade perché vi sono già sufficienti difficoltà circa la cifra dei quadri della milizia.

L'idea del cancelliere di mettere le idee per iscritto, in modo da aver una base per le ulter·iori discussioni fu indubbiamente pratica, ma rese ancora più manifesta la divergenza fra i vari punti di vista.

Da notizie indirette, provenienti però da fonte seria, mi risulta che all'Auswartiges Amt il 24 corrente, alla vigilia della partenza generale per le ferie natalizie, ci si mostrava soddisfatti delle notizie ricevute dall'ambasciatore Koster da Parigi secondo le quali le spiegazioni fornite dal cancelliere a François-Poncet avrebbero causato favorevole impressione non solo sul Governo francese ma anche sopra Herriot. Non si conosceva invece ancora l'avviso di Tardieu. Koster insisteva peraltro perché Berlino fornisse senza indugio a Parigi maggiori e più soddisfacenti spiegazioni circa il carattere e l'impiego delle S.A., S S. ed elmetti di acciaio, dicendo che l'averle definite necessarie per combattere il comunismo poteva non piacere a quegli uomini politici i quali, come Herriot, annettevano in questo momento una notevole importanza all'amicizia tra la Francia e l'U.R.S.S.

All'Auswartiges Amt i pareri sarebbero stati divisi circa la risposta da darsi a Koster, ma avrebbe finito per prevalere l'opinione di Koepke secondo il

40 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

quale il problema delle formazioni dì S.A., S.S. ed elmi di acciaio era talmente delicato che conveniva non affrontarlo per il momento, dato che il Governo del Reich non avrebbe potuto dare affidamenti soddisfacenti.

Interessante è il riserbo che l'Auswartiges Amt ha mantenuto circa la nota rimessa da sir Phipps al suo ritorno da Londra. Mentre nella Wilhelmstrasse si ostentava soddisfazione per le notizie ricevute da Parigi e ci si mostrava fiduciosi di giungere ad una conclusione nelle trattative dirette con la Francia, dopo aver ostentato indifferenza per l'atteggiamento inglese, ci si lasciò andare a delle amare osservazioni sulla politica inglese, accusandola di voler ostacolare l'accordo diretto franco-germanico e di agire in ciò, probabilmente, d'accordo con l'Italia. Lo si vedrebbe del resto dopo il prossimo incontro fra il capo del Governo italiano e sir John Simon, dal quale la Germania non si attendeva nulla di buono.

n mio informatore mi disse che avendo chiesto quale fosse stato l'atteggiamento dell'Italia nell'ultima fase politica, gli fu risposto all'Auswartiges Amt che il Governo fascista, irritato di constatare che la Germania pur avendo suo malgrado dovuto firmare il patto a quattro era riuscita abilmente ad eludere che esso trovasse applicazione, aveva cercato di farlo ugualmente funzionare offrendo i suoi buoni uffici e la propria mediazione tra Germania e Francia. Anche il sottosegretario di stato Suvich si era espresso in questi termini durante il suo soggiorno a Berlino, senza che la proposta sua fosse stata presa in considerazione.

Siccome l'atteggiamento attribuito all'Italia è destituito di qualsiasi fondamento, le cose suddette valgono soltanto come indizio degli umori prevalenti in questo momento a Berlino nei nostri riguardi e come conferma di un'altra voce assai prossima al cancelliere da me personalmente udita recentemente, secondo la quale l'Italia negli ultimi mesi aveva pensato esclusivamente ai propri interessi e non si era mostrata animata verso la Germania di quei sentimenti di comprensione per le sue aspirazioni le quali costituivano il segno delle vere e profonde amicizie politiche.

François-Poncet, pur non disperando di poter giungere ad un'intesa diretta tra la Francia e la Germania, va predicando la necessità della paziente attesa, dato che l'opinione pubblica del suo paese non si è ancora abituata all'idea di un riarmamento della Germania. Poiché i Governi parlamentari sono molto deboli in Francia e non possono assumersi responsabilità ed anche odiosità cosi come potrebbero farlo il Governo fascista in Italia o quello nazionalsocialista in Germania, certi di avere con sé la maggioranza del rispettivo paese, conviene dar tempo al tempo per ottenere fra sei, otto o dodici mesi quanto sarebbe assurdo sperare per oggi.

Ma il Governo del Reich non sembra intendere tali ragioni. Lo stesso barone von Neurath, elemento calmo e ragionevole mi diceva pochi giorni or sono che la Germania non può più attendere, che la Francia doveva ora dichiarare se e quando avrebbe disarmato e consentire, in caso contrario, senza ulteriore indugio al riarmamento della Germania.

A mio giudizio questo Governo non intende aspettare oltre la primavera prossima perché i vari suoi riarmamenti, inclusi quelli aviatori, non potranno più essere tenuti celati dopo quella epoca. Cannoni, anche di grosso calibro, possono a rigore essere tratti fuori dai depositi, manovrati e sparati ad insaputa degli interessati, ancorché per ciò fare occorrono precauzioni grandissime; ma gli aeroplani, se volano, sono visti da tutti e non serve a nulla costruire dei velivoli per tenerli negli aeroporti.

L'errore che, giudicando da questo osservatorio, è stato commesso dalla Germania fu quello di uscire violentemente dalla S.d.N. e dalla conferenza del disarmo, e pertanto di isolarsi, pretendendo poi di imporre al mondo la propria volontà e di ottenere così molto più di quanto le sarebbe stato concesso se avesse continuato a trattare.

Dopo l'effimero successo dell'intesa con la Polonia, la Francia par,lò a Varsavia il linguaggio dell'alleato principale che non tollera extra-tours da parte dei satelliti e la Polonia non osò continuare le trattative per concludere il patto di non aggressione propostole dalla Germania. La Cecoslovacchia dal suo lato nemmeno raccolse l'invito rivoltole, sia perché non voleva alienarsi la simpatia francese, sia perché era tuttora irritato per il contegno polacco.

Cosicché il cancelliere Hitler si trova in questo momento con nulla in mano dopo di aver messo in tavola tutte le proprie carte e si attacca disperatamente alla speranza di poter nonostante tutto concludere un accordo con la Francia.

L'avvenire ci dirà se questa fiducia sia ben riposta oppure se, rendendosi conto della tattica sbagliata seguita, Hitler non riterrà invece conveniente ripiegare sulla solida posizione troppo leggermente abbandonata del patto a quattro che gli avrebbe permesso di non esporsi personalmente in modo così aperto.

(l) Annotazione a margine di Mussolinl: «No». Altra annotazione di Suvich: «Meglioevitare».

505

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI. AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 5098/772 R. Berlino, 25 dicembre 1933 (per. il 28).

Da informazioni degne di fede e controllate mi risulta che i colloqui avuti da S. E. Suvich con questi uomini politici a riguardo dell'Austria hanno confermato in loro l'impressione che i due punti di vista differiscono notevolmente e che, ancorché non lo ammettiamo apertamente, diffidiamo delle r.ipetute assicurazioni ricevute che la Germania non pensa ad annettersi quello Stato. Essi si rendono chiaramente conto che, nel nostro pensiero, la «Gleichschaltung ) dell'Austria, retta da un Governo nazional-socialista sarebbe fatale cosicché, anche senza «Anschluss » formale, l'Austria verrebbe a perdere la propria personalità politica di Stato indipendente.

Hitler ha stabilito che il problema dell'Austria dovrà costituire uno dei primi, se non il primo, suo successo in politica estera ed è per ciò irriducibile nel giudicare tale questione. S. E. Suvich poté constatare la difficoltà che vi è di far accettare a Hitler punti di vista non conformi alle idee che sono fermamente radicate in lui.

Dal colloquio di S. E. Suvich con il presidente del consiglio prussiano al quale ebbi l'onore di assistere insieme al ministro degli affari esteri trassi l'impressione che S. E. Goering fece bensì ogni possibile sforzo per mostrarci che il problema austriaco non può né deve dividere i nostri due paesi. Da quel diplomatico rudimentale ch'egli è condusse però la conversazione in modo che i due punti più importanti risultarono essere: 1°) la sua dichiarazione che un accordo fra Germania ed Austria deve presupporre trattative dirette fra Dollfuss e Habicht con l'aggiunta -all'osservazione di S. E. Suvich che Habicht non è austriaco ma prussiano -che Habicht diverrà subito austriaco il giorno in cui il nazional-sociali:smo sia riconosciuto come partito politico regolare dal Governo di Vienna; 2") la sua domanda, rivolta con evidente inquietudine, di conoscere quale sarebbe stato l'atteggiamento dell'Italia il giorno in cui i fuorusciti austriaci, stanchi di vivere fuori del loro paese e certi del prevalente spirito nazional-socialista dell'Austria, si inducessero a rientrarvi e ad inscenarvi un movimento per rendersi padroni della situazione. La risposta evasiva del sottosegretario di Stato che non era il caso di pensare ad una cosa che non sembrava avere molte probabilità di realizzarsi dato il piccolo numero dei fuorusciti austriaci non accontentò Goering che volle ripetere la domanda senza nemmeno questa volta ricevere la risposta tranquillizzante ch'egli sperava.

Dalle mie informazioni risulta confermato che Hitler pone come «conditio sine qua non» che le eventuali trattative con il Governo di Vienna siano condotte da Habicht. La sola concessione ch'egli sarebbe disposto a fare è quella che Habicht anziché diventare cancelliere federale, al posto di Dollfuss, potrebbe ora contentarsi di ottenere nel nuovo Governo austriaco il portafoglio dell'interno. Non vi può essere dubbio che Habicht in tale posizione a Vienna sarebbe sinonimo di dipendenza diretta dell'Austria dalla cancelleria del Reich.

Rimane quindi da vedere se Dollfuss sarà disposto ad una pretesa così ingìustificata e pericolosa. Il suo rifiuto di concedere ad Habicht la cittadinanza austriaca potrebbe però essere considerato dal cancelliere Hitler come una personale offesa ed acuire ancor più il dissidio attuale.

506

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 5146/774 R. Berlino, 27 dicembre 1933 (per. il 1° gennaio 1934).

Ambasciatore François-Poncet dal quale mi sono recato per esprimergli il mio cordoglio in seguito al disastro ferrovario di Lagny mi ha trattenuto per parlarmi della situazione. Egli la vede molto oscura perché riceve da Parigi notizie secondo le quali la stragrande maggioranza dei suoi compatrioti non

vuole accedere al riarmamento della Germania. A suo modo di vedere non è

possibile che il Governo francese non risponda, da principio, alle richieste di

Hitler con un categorico rifiuto, perché il giorno in cui la Germania riarmata

costituisca nuovamente una minaccia per il mondo si rinfaccerebbe a quel

Governo di non aver saputo assumere un atteggiamento di ferma repulsa. Il

che non toglie però, secondo il mio collega francese, che l'opinione pubblica

del suo paese si andrà gradatamente abituando all'idea che non si può negare

eternamente alla Germania il diritto di avere un esercito più numeroso e meglio

armato, cosicché concessioni, che siano contenute in limiti ragionevoli potranno

essere accordate fra qualche tempo.

Ho creduto dire a François-Poncet che mi risultava essere l'Auswiirtiges Amt abbastanza soddisfatta delle notizie da Parigi e fiduciosa di poter giungere ad un accordo. Il mio collega rispose che egli non sapeva comprendere il perché di tale ottimismo, a suo giudizio per nulla giustificato.

Cambiando poi argomento François-Poncet mi disse che dai resoconti dei colloqui che l'ambasciatore Chambrun aveva avuti con S. E. il Capo del Governo aveva rilevato come quest'ultimo si fosse espresso nel senso che non tutto quello che Hitler faceva e diceva aveva la sua approvazione, che egli diffidava anzi di parecchie delle persone che stavano intorno al Fiihrer e che mentre riconosceva che la Germania aveva ragione di vedere riconosciuti i suoi diritti considerava che si doveva essere guardinghi nel concederle tutto in una volta sola, soddisfacendo completamente le sue aspirazioni. Una Germania troppo forte sarebbe infatti stata un pericolo per tutto il mondo.

François7Poncet aggiunse che in Francia si apprezzava moltissimo tale modo di vedere di S. E. il Capo del Governo.

Nessuno poteva né doveva infatti illudersi: la Germania segue la politica attuale di pace e di conciliazione verso la Polonia, cerca di mettersi bene con la Cecoslovacchia, propone di risolvere amichevolmente la questione della Sarre con la Francia avendo di mira un obbiettivo politico prossimo: la «Gleichschaltung » dell'Austria. Era saggia la politica che stavano seguendo gli Stati che non possono tollerare che sia attentato alla indipendenza di questo Stato? Essi per ·ora stavano a vedere inerti ed apparentemente increduli. Non sarebbe più saggio che la Francia e l'Italia, cioè le due Potenze più direttamente interessate, procedessero invece a scambi di vedute confidenziali in proposito e stabilissero di comune accordo la linea di condotta da seguire? Le loro decisioni, portate eventualmente ed opportunamente alla conoscenza del Governo di Berlino, avrebbero potuto mostrare a questo ultimo la necessità di evitare passi arrischiati.

François-Poncet credeva di parlarmi in questo modo perché non esisteva in lui dubbio che Hitler pensasse ad ottenere un primo successo di politica estera nel risolvere il problema austriaco a modo suo.

Ho ascoltato il mio collega francese e mi sono limitato a rispondergli che trovavo molto interessanti le cose da lui dettemi (1).

(l) Appunto a margine di Buti: «il Sottosegretario mi ha detto che non è il caso di dar seguito».

507

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5149/777 R. Berlino, 27 dicembre .1933 (per. il 1° gennaio 1934).

Essendomi recato oggi dal direttore ministeriale Koepke per vari piccoli affari urgenti gli ho chiesto se avesse qualche cosa da dirmi circa gli avvenimenti politici.

Koepke mi rispose che tutto era tranquillo, che il solo documento interessante g1unto in questi ultimi giorni all'Auswartiges Amt era un rapporto dell'ambasciatore von Hassell circa un suo colloquio con S. E. Suvich al suo ritorno dalla Germania (l).

Da tale rapporto risultava che S. E. Suvich avrebbe detto all'ambasciatore di Germania di aver constatato molta rigidità da parte degli uomini di stato tedeschi tanto nella questione del disarmo quanto in quella di una eventuale riforma della Società delle Nazioni.

Koepke osservò meco che egli non aveva avuto occasione d'intrattenersi circa questioni politiche con S. E. Suvich, ma che, conoscendo assai bene il segretario di stato von Biilow, si rendeva conto che questi, che per natura è molto rigido ed appare intransigente, potè dare a S. E. Suvich l'impressione di esserlo più di quanto non lo sia in realtà.

Ho risposto a Koepke che aveva assistito alla conversazione alla quale aveva partecipato molto attivamente il segretarlo di stato von Biilow, esponendo il punto di vista germanico circa tali due questioni. Egli era stato molto netto e preciso, come sempre. Certo è che dallo scambio di idee avuto con lui, che tanta influenza esercita sulla politica estera del Reich, non si era da parte nostra tratta l'impressione che la Germania avrebbe dimostrato un particolare interesse alla riforma sostanziale della Società delle Nazioni né che essa sarebbe stata facilmente accessibile ad una politica di compromesso nella questione del disarmo o meglio del suo riarmamento.

Era quindi in questo senso che, a mio avviso, doveva comprendersi la frase detta da S. E. Suvich all'ambasciatore von Hassell.

508

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

L. P. Roma, 27 dicembre 1933.

Voici un texte que je viens d'établir et qui correspond exactement, me semble-t-il, a nos vues réciproques. Le Gouvernement français, à la suite de la cor

respondance que j'ai eue avec lui depuis un mois, se rallie à ce texte. Celu1c1 rencontrera, je l'espère, votre pleine adhésion. Il devra naturellement ètre entendu, sous une forme ou sous une autre, que, pendant la période envisagée par l'a,ccord, la France et l'Italie

-n'adhèreront pas à la partie III du Traité de Londres, puisque l'examen du problème naval est, par entente mutuelle, remis à une date ultérieure;

-ne se rallieront pas à un plan de constructions navals qui serait, en ce qui le concerne, différent du présent aocord.

ALLEGATO

PROJET D'ACCORD NAVAL {l)

Confirmant leur accord de septembre 1933 sur le renvoi à une date ultérieure de l'examen de l'ensemble du problème naval, examen qui exige l'accord d'autres puissances que celles qui sont signataires du traité de Washington, la France et l'Italie décident de n'effectuer jusqu'au 31 décembre 1936 que des mises sur cale nouvelles de remplacement et de les limiter ainsi qu'il sui t:

Article t

a) N avires de ligne

La France et l'Italie limiteront leurs mises sur çale nouvelles à celle d'un navire de ligne de 6.500 tonnes (Washington).

b) Biìtiments légers et sous-marins

La France et l'Italie limiteront leurs constructions à 34.000 tonnes ainsi réparties:

France:

4.000 tonnes de bàtiments légers (reliquant de la tranche 1932: MOGADOR et HARDI).

30.000 tonnes nouvelles de bàtiments légers, dont 4.000 tonnes pourront etre transférées dans la catégorie des sous-marins.

Italie:

4.000 tonnes de bàtiments légers (reliquant de la tranche 1932: Mogador et H ardi).

30.000 tonnes nouvelles de bàtiments légers, dont 4.000 tonnes pourront étre transférées dans la catégorie des sous-marins.

Article 2

Si pendant la durée du présent accord une des Hautes Parties contractantes estime que l'accroissemcnt de la flotte d'une puissance quelconque non signataire du traité de Washington affecte les exigences de sa sécurité nationale, elle pourra se concerter avec l'autre Partie Contractante pour examiner les conditions dans lesquelles l'accord devrait étre révisé.

(l) Cfr. n. 494.

(l) Il progetto fu redatto in base a dati comunicati del ministro francese della marina, Sarraut a Paul-Boncour in data 16 dicembre (DDF, vol. V, cit., pp. 285-287).

509

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, 27 dicembre 1933.

Ieri 26 corrente il signor de Chamtrun mi aveva preannunciato per oggi la consegna del progetto di accordo per le costruzioni navali, ripetendomi che era tracciato in tutto secondo le linee ed i principi concordati ed esposti a V. E.

Il detto progetto mi fu effettivamente rimesso oggi alle 13, con una lettera accompagnatoria dell'Ambasciatore dove egli ripeteva che certamente avremmo trovato il testo di nostro gradimento (l).

Esaminatolo, ho invece riscontrato:

l) -che la formula introduttiva, invece che compromettere in qualche modo il problema della parità a favore nostro, riserva espressamente per una data ulteriore l'esame dell'insieme del problema navale itala-francese, cioè della parità.

2) -che l'articolo concernente la costruzione delle navi di linea, invece che implicare la parità per la Francia e l'Italia nei limiti delle 26.500 tonnellate, sancisce il diritto, tanto alla Francia che all'Italia, di fare una nuova impostazione di una sola nave di linea per ·ciascuno; il che, dato che il «Dunkerque » è già in cantiere, dà alla Francia una proporzione 2 contro l delle nuove unità.

Ho tosto incaricato il Comandante Raineri Biscia di andare oggi dall'Ambasciatore Chambrun a fargli rilevare che la formula introduttiva deve essere riveduta, e che, specialmente, sono completamente svisate le precedenti intese per l'accordo relativo alle grandi navi, al punto che avevo ragione di credere trattarsi di un equivoco di redazione.

Siccome il Comandante Biscia non potrà tornare a farmi il suo rapporto prima della partenza del corriere di oggi, invio intanto queste notizie a V. E., riservandomi ulteriori comunicazioni.

510

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

RELAZIONE. Roma, 27 dicembre 1933.

Compensi coloniali dovutici dalla Francia.

l.) Il Patto di Londra del 1915 stabiliva all'art. 13: «Que dans le cas où la France et la Grande Bretagne augmenteraient leurs domaines coloniaux d'Afrique au dépens de l'Allemagne, ces deux Puissances

reconnaissent en principe que l'Italie pourrait réclamer quelques compensatlons équitables notamment dans le règlement en sa faveur des questions concernant les frontières des colonies italiennes de l'Erythrée, de la Somalie·et de la Lybie et des oolonies voisines de la France et de la Grand Bretagne ».

2.) Durante e posteriormente le trattative per la pace di Versailles, l'Italia trattò con i Governi alleati per dare pratica attuazione agli impegni contenuti in detto articolo.

Le trattative col Governo britannico ebbero esito conclusivo con gli accordi 15 luglio 1924, che cedeva all'Italia il Giubaland, e 6 dicembre 1925, che rettificava a vantaggio della Libia la frontiera fra la Cirenaica e l'Egitto.

3.) I negoziati col Governo francese si presentarono più difficili tanto che nel settembre 1919, constatandosi l'impossibilità di raggiungere in quel momento un accordo su tutti i punti del negoziato, questo venne sospeso, pur consentendo i due Governi a considerare con uno scambio di lettere (lettere Bonin-PLchon del 12 settembre 1919) i punti in cui era stato fino allora raggiunto l'ac·cordo, riservando l'esame degli altri ad una ulteriore trattazione.

I vantaggi territoriali risultanti all'Italia da detto scambio di lettere BoninPichon consistevano nella attribuzione alla Libia di due zone desertiche, formanti due rientranti nell'interno della Tripolitania.

La questione della definitiva attribuzione degli ulteriori compensi coloniali all'Italia rimane così, ed è tuttora aperta.

4.) Nel 1928, in occasione di alcune conversazioni fra V. E. e l'Ambasciatore de Beaumarchais, nelle quali furono esaminate le principali questioni pendenti tra i due Paesi, fu fra l'altro proposto dall'Ambasciatore un progetto di accordo per definire i compensi coloniali dovuti all'Italia in base all'articolo 13 del Patto di Londra.

L'Ambas·ciatore proponeva la cessione all'Italia dell'oasi di Giado (posta a sud di Tummo) con il territorio, compreso fra le piste Anai-Giado e GiadoTummo, intendendosi che le due piste anzidette sarebbero state internazionali ed il loro uso comune alle forze di polizia, carovane e convogli francesi avrebbero potuto far tappa a Giada e rifornirsi ivi di acqua. Inoltre l'Italia avrebbe dovuto fare una dichiarazione di completa soddisfazione per l'esecuzione da parte francese dell'art. 13 del Patto di Londra.

L'offerta francese essendo evidentemente insufficiente, V. E. rispondeva all'Ambasciatore di Francia declinando la cessione dell'oasi di Giado e proponendo «quella che sembrava la soluzione minima della questione stessa» cioè di portare il confine meridionale della Libia fino al 18° parallelo.

Tale proposta non fu accettata a sua volta dal Governo francese; e le note successivamente scambiate fra V. E. e l'Ambasciatore de Beaumarchais non hanno spostato i termini della questione che è ancora aperta.

5.) L'art. 13 del Patto di Londra, con lo stabHire che <<gli equi compensi coloniali da attribuirsi all'Italia dovessero ricercarsi specialmente (notamment) nel regolamento in nostro favore delle questioni concernenti le frontiere delle colonie italiane», implica che detti compensi possano esserci attribuiti, invece che alle frontiere libiche, in altra zona.

Difatti nelle nostre primitive richieste di compensi coloniali alla Francia era compresa la cessione di Gibuti e della Costa francese dei Somali; ma a tale ri·chiesta la Francia oppose allora un netto rifiuto facendo presente che Gibuti costituisce uno scalo indispensabile per le comunicazioni francesi con i possessi dell'Estremo Oriente e del Madagascar.

D'altra parte il R. Ministero delle Colonie nella definizione della questione delle frontiere meridionali libiche, non mira ad ottenere che un confine munito di punti di appoggio (pozzi) per la necessaria sorveglianza; da ciò deriva che la proposta cessione dell'oasi di Giado non avrebbe valore dal punto di vista coloniale, e che potrebbe convenirci non insistere sui compensi a sud della Libia, ma trasportare invece le trattative in altro terreno.

Nelle conversazioni Theodoli-de Caix-Berthelot, svoltesi a titolo privato nel 1932 e 1933, si è dimostrata da parte francese una certa disposizione a !asciarci mano libera in Abissinia, e si è anche parlato della possibile cessione all'Italia in determinate circostanze, di una striscia del territorio della costa francese dei Somali. Si è pure accennato che, in un più ampio, generale regolamento dei rapporti itala-francesi, potrebbe prevedersi una sistemazione definitiva delle questioni coloniali che analogamente a quanto avvenne nel 1904 tra Francia ed Inghilterra (disinteresse inglese in Marocco, disinteresse francese in Egitto), si basi sul disinteresse francese in Etiopia, (abbandono dei diritti che la Francia ha su alcune ragioni etiopiche in base all'accordo Tripartito), e sul disinteresse italiano nel Nord-Africa francese (abbandono dei diritti italiani in Tunisia e nel Marocco francese).

In relazione a tali concetti il Marchese Theodoli, nel rispondere nel giugno scorso ad una domanda dell'Ambasciatore de Jouvenel, gli ha accennato alla possibilità che, onde chiudere la questione dei compensi dovutici dalla Francia, e quale primo passo per giungere eventualmente ad una sistemazione definitiva delle questioni coloniali che soddisfi il bisogno italiano di territori di popolamento e di materie prime, la Francia ceda all'Italia tutta la costa francese dei Somali salvo la città di Gibuti, scalo considerato necessario dalla Repubblica per le sue comunicazioni con l'Estremo Oriente e col Madagascar.

Al riguardo, si osserva che la Costa francese dei Somali è un territorio semidesertico, di per •sé di nessuna importanza economica; ma la sua cessione all'Italia avrebbe notevolissima portata politica in quanto interromperebbe la contiguità territoriale fra l'Etiopia e il possesso francese di Gibuti, e ci darebbe modo di controllare il traffico della ferrovia Gibuti-Addis Abeba, un tratto della quale rimarrebbe in territorio italiano.

Tale cessione costituirebbe inoltre una iniziale dimostrazione del disinteresse francese nei riguardi deH'Etiopia, e ci permetterebbe di procedere più attivamente nel creare nostri interessi economici nell'Impero, !asciandoci d'altra parte liberi di determinare se e quando ci ·converrà di agire in Etiopia.

Sembra quindi, in massima, conveniente prospettare al Governo francese, come una possibile soluzione della questione dei compensi coloniali, la cessione all'Italia di tutto il Somaliland francese, la città di Gibuti esclusa.

Nel caso che tale soluzione trovi in massima favorevole accoglienza al Qual d'Orsay, occorrerebbe studiare aocordi di dettaglio circa la ferrovia di Gibuti

e circa il mantenimento dei diritti francesi su talune regioni etiopiche, in relazione alle disposizioni dell'accordo Tripartito del 1906.

Si potrebbe in un secondo tempo -nella più ampia, eventuale intesa coloniale italo-francese sopra accennata -tentare di ottenere la rinuncia da parte della Francia ai suoi diritti in Etiopia, abbandonando da parte nostra gli speciali diritti di cui godiamo in Tunisia e nel Marocco francese.

(l) Cfr. n. 508.

511

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

RELAZIONE. Roma, 27 dicembre 1933.

Statuto degli italiani in Tunisia.

Lo statuto degli Italiani in Tunisia è regolato da tre convenzioni del 28 novembre 1896 (Convenzione di Commercio e di Navigazione, Convenzione consolare e di stabilimento e protocollo annesso; Convenzione di estradizione e protocollo annesso).

L'idea centrale delle Convenzioni italo-tunisine del 1896: la firma delle quali chiuse un periodo di tensione nei rapporti italo-francesi, può così riassumersi: l'Italia si obbliga a non intralciare la situazione di fatto creata dalla Francia in Tunisia, e la Francia garantisce la tutela degli interessi italiani ivi esistenti.

Le Convenzioni del 1896 rappresentarono il risultato di una transazione; con esse l'Italia rinunciava a molti diritti già posseduti in Tunisia; ma otteneva completa parità di trattamento fra italiani e francesi in materia economica (escluso il trattamento speciale fra Francia e Tunisia in materia commerciale e doganale), come nell'esercizio di qualsiasi professione, industria o mestiere; otteneva la garanzia del mantenimento della cittadinanza italiana per gli italiani della Reggenza, lo statu quo per le scuole italiane in Tunisi e per l'Ospedale italiano.

Non può dirsi che gli obblighi assunti dalla Francia con le Convenzioni del 1896 siano stati scrupolosamente rispettati; poiché vari decreti e disposizioni delle autorità tunisine hanno di fatto violato lo spirito e talvolta anche la lettera delle Convenzioni.

Il 9 settembre 1918 l'Ambasciatore di Francia a Roma Signor Barrère notificava al Ministero degli Esteri la denuncia della prima e della seconda Convenzione tunisina, quella cioè commerciale e quella consolare e di stabilimento. La nota del Signor Barrère specificava che tale denunzia era motivata da motivi di carattere economico e 'Che in essa non interveniva nessuna «arrière-pensée politique »; proponeva che tuttavia le Convenzioni denunciate -decorso il termine di preavviso -fossero ,rinnovate per tacita riconduzione di tre in tre mesi.

Il Barone Sonnino prendeva atto dell'avvenuta denuncia ed accettava la proposta di tacita riconduzione.

La denuncia francese delle due più importanti Convenzioni del 1896, rendendo precaria la situazione degli Italiani in Tunisia ed il mantenimento della loro stessa nazionalità, ha dato origine alla questione, che da allora si dibatte fra noi e la Francia.

È stata da allora costante preoccupazione del Governo italiano di ovviare alla minaccia di una denuncia definitiva da parte francese, delle Convenzioni del 1896.

Nel 1921, in occasione dell'emanazione nel Protettorato di taluni decreti attribuenti, sotto certe condizioni, la cittadinanza francese agli stranieri in Tunisia, si ottenne, pur oralmente, l'affidamento che tali decreti non sarebbero stati applicati -come di fatto non lo sono stati -agli Italiani, in quanto ancora protetti dalle Convenzioni del 1896, ma fu invece sempre dilazionata dal Governo di Parigi la risposta alla nostra domanda di rinnovo puro e semplice delle Convenzioni.

Nel 1928, in occasione di alcune conversazioni fra V. E. e l'Ambasciatore de Beaumarchais, neLle quali furono esaminate le principali questioni pendenti fra i due Paesi, fu fra l'altro proposto dall'Ambasciatore un progetto di accordo per la cittadinanza degli italiani in Tunisia, progetto che importava la perdita della nazionalità italiana alla terza generazione.

Nella nota di risposta V. E. faceva presente che, «nel richiedere il regolamento della questione tunisina il R. Governo intendeva di migliorare le condizioni di vita nazionale degli Italiani stabiliti nella Reggenza, ma non poteva e non può evidentemente contemplare un peggioramento di esse e, tanto meno, accettare ciò che, in sostanza, il Governo francese propone: l'annullamento dopo un periodo di anni più o meno lungo, di ogni diritto riconosciuto agli Italiani da precedenti Convenzioni». Aggiungeva nella stessa Nota che «in tali condizioni, ed anche nell'intento di giungere rapidamente ad un accordo che possa creare una favorevole atmosfera all'ulteriore esame della questione, io ritengo che la migliore soluzione, e la più semplice, è quella già da me ripetutamente proposta, di prorogare cioè le Convenzioni del 1896 per la Tunisia, senza alcuna variante, per un minimo di dieci anni».

Le note successivamente scambiate fra l'Ambasciatore de Beaumarchais e

V. E. non hanno spostato i termini della questione, che è tuttora aperta.

Ove dovessero ora riprendersi le trattative al riguardo, sembra convenga insistere sulla richiesta del rinnovo delle Convenzioni per dieci anni.

512

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 27 dicembre 1933.

Ho comunicato all'ambasciatore di Germania il contenuto del telegramma 201 (l) dell'ambasciatore a Mosca sui rapporti franco tedeschi.

L'ambasciatore von Hassell, dopo avermi pregato di trasmettere a V. E. i suoi vivi ringraziamenti per la comunicazione fattagli, mi ha detto che già nel colloquio da lui avuto a Roma con Litvinov, quest'ultimo ebbe a dichiarargli, a proposito delle relazioni russo-tedesche, che non si sarebbe fermato a Berlino nel suo viaggio di ritorno, perché, dopo il suo ultimo incontro con Neurath, null'altro avrebbe avuto da dire al Ministro degli Esteri del Reich.

Il Signor Litvinov aggiunse che d'altra parte i piccoli incidenti che si erano verificati tra l'URSS e la Germania erano stati sempre risolti dai due Governi di comune accordo e che l'arrivo di Nadolny a Mosca, che egli si augurava, nell'interesse delle buone relazioni russo-tedesche, avvenisse al più presto, gli avrebbe permesso di lavorare più effLcaocemente al riavvicinamento dei due Paesi.

In conseguenza il Signor von Hassell ritiene che i risultati dei sondaggi compiuti da Attolico a Mosca, che indubbiamente sono interessanti, dimostrino che nella politica dell'URSS vi sia una parte di ricatto, in quanto ~l Governo di Mosca (l) cerca di ... contro la Germania e viceversa ... probabilmente la verità è nel mezzo ... verosimile che le impressioni raocolte ... al giuoco di Litvinov, tuttavia [la situazione è abba]stanza seria per richiamare su di .essa !'[attenzione del Go]verno germanico.

L'Ambasciatore tedesco mi ha detto che avrebbe informato tel[egraficamentel il suo Governo (2).

(l) Cfr. n. 498.

513

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5133/230 R. Vienna, 28 dicembre 1933 (per. il 30).

Telespresso di V. E. n. 237713/260. Ho preso visione dell'interessante telegramma per corriere n. 4770 del R. ministro a Budapest (3), trasmessomi da V. E. con il telespresso sopra indicato. Le cose dette dal generale Goemboes al principe Colonna circa la questione dell'unione doganale austro-ungherese richiedono qualche commento.

Che il cancelliere sia alquanto tepido nei riguardi della conclusione di una vera e propria unione doganale austro-ungherese; che vi siano, nelle sfere burocratiche e politiche austriache, personalità, più favorevoli o più riservate di lui nei riguardi dell'idea stessa; e che la preoccupazione di salvaguardare i ere

«Ma riferimento a noi può anche esser visto nella parte generale del discorso Litvinov, laddove si accenna al fascismo ed agli iùeali di «lotta» ora dominanti in taluni paesi, ed alla crociata contro n marxismo da essi intrapresa. Senonché, non solo il discorso stesso contiene qualificazioni (lotta eterna tra popoli, razze, religioni, distruzione reciproca) sufficienti a dare a quei riferimenti un preciso indirizzo (Germania), ma, ad abundatium, l'editoriale interpretativo dell'Isvestia pone i puntini sugli l. chiaramente indicando, come destinatario delle puntate Litvinov, n fascismo germanico e non quello italiano, fra i quali, anzi, istituisce il parallelo seguente: "Ma per quanto differisca il fascismo italiano ideologicamente da quello germanico (esso non poggia sul dogma razzista e non propaga gli ideali di oscurantismo del Medio Evo) -il carattere sociale della politica fascista italiana combacia col carattere sociale del nazional-socialismo. Ma questo non ha impedito di creare strette relazioni politico estere fra noi e l'Italia e non ha impedito a Molotov e a Litvinov di parlare nel modo più amichevole sulle nostre buone relazioni coll'Italia" ».

scenti particolari interessi agrari austriaci, unita alla diffiicoltà di armonizzare praticamente gli interessi economici contrastanti che si son venuti man mano a creare fra i due _paesi per la politica di autarchia da essi seguita, ostacoli qui la formazione di una prevalente corrente nel senso da noi desiderato, è stato da me ripeutamente segnalato a V. E. nell'intero corso di quest'anno.

Senonché, e mettendo ben inteso da parte il grado della sincerità e dell'arrendevolezza ungherese nel propugnare e nell'attivare il progetto in parola, la questione urgente potrebbe essere quella di esaminare qual sia il miglior modo di rinfocolare le 'correnti favorevoli, o meno restie, austriache, e di vincere quelle contrarie o dilazionatrici.

Tale questione si è appalesata da circa sei mesi: mi riferisco in particolare modo al mio telegramma per corriere n. 118 del 30 giugno u.s. dall'oggetto «Progetto unione doganale austro-ungarica» (l) ed al mio telegramma per corriere n. 196 del 28 ottobre (2), dall'oggetto «Visita di Benes ».

La quesì*Jne appare di attualità, in quanto la popolare causa dell'indipendenza dell'Austria dà buon giuoco alla Piccola Intesa di riesumare, in modo diretto od indiretto il piano Tardieu, facendolo apparire come l'unica alternativa aLI'Anschluss; ed anche perché da ormai troppi sintomi (e principalmente i viaggi di Pau! Boncour) appare lo sforzo della Piccola Intesa, e forse della stessa Francia, di usare del piano danubiano italiano per tentare accostamenti e lusinghe verso Vienna, camuffandole sotto la pretesa generica che essi Stati vogliano servirsi di detto piano come una base di discussione, o che siano pronti ad accettarlo in qualche punto, o che siano decisi ad armonizzarlo nel quadro generale della Piccola Intesa, ecc.

Ma intanto le precisioni mancano; la buona volontà affermata in principio, indugia a sboccare in pratiche proposte; e l'asserito desiderio di un chiarimento integrale continua ad esaurirsi in mera profferta.

Cosicché, potrebbe venire considerata l'opportunità, di cui ebbi l'onore di far cenno a V. E. col secondo dei miei precitati telegrammi, di contrapporre alla nuova attività della Piccola Intesa una riunione, in Italia, dei rappresentanti dell'Ungheria e dell'Austria, al fine di riesaminare la situazione nei confronti di quanto è finora trasparito dai singoli atteggiamenti di Praga, Belgrado e Bucarest; di addivenire ad una precisa ed immediata formulazione di un programma d'azione per quanto riguarda Vienna, Budapest e Roma; e di chiarire per quanto possibile, i forse perduranti malintesi fra Budapest e Vienna nei confronti dell'atteggiamento ungherese verso la Germania ed in quelli dell'atteggiamento dell'Austria verso la Piccola Intesa e la questione del revisionismo.

E per un tale convegno, il momento attuale apparirebbe, per quanto concerne l'Austria, propizio. Infatti, il cancelliere, a più riprese mi ha dichiarato:

l) che egli intende seguire esclusivamente la politica di V. E. (mio telegramma n. 421) <3). 2) Che egli intende lasciare V. E. solo giudice dei rapporti austro-ungheresi e quindi anche dell'opportunità o meno di una sua visita ufficiale a Buda

pest, in adesione del vivo desiderio manifestatogli dal presidente del consiglio ungherese (mio telegramma per corriere 201) (1).

3) Che egli desidera mantenere le relazioni tra Austria e Ungheria alla stessa temperatura di quelle intercedenti fra Roma e Budapest; e che pertanto egli si uniforma, e si uniformerà, a quanto gli sarà indicato dal capo del Governo italiano (mio telegramma per corriere sopracitato).

4) Che egli, in occasione della partita di caccia a Neuperg (mio telegramma per corriere n. 214) (2) aveva avuto agio di rendersi conto che le prevenzioni da lui nutrite contro il signor Goemboes, in seguito all'improvviso viaggio effettuato nell'estate scorsa a Berlino dal presidente del consiglio ungherese, non avevano più ragione di essere (mio telegramma n: 454) (3).

5) Che egli è annoiato della «commedia:~> che va facendo Benes, nell'asserire qui e a Parigi le sue buone disposizioni verso l'Austria, allorché altro non fa che allungare la lista delle sue esigenze e dei suoi desiderata verso questo paese (mio telegramma per corriere n. 191 (4) e mio telegramma

n. 462) (5). 6) Che infine egli -ed è ciò che più vale -di fronte ad un rafforzamento della Piccola Intesa, come blocco economico e politico, non vede altro

che un maggiore rafforzamento delle intese tra Roma, Vienna e Budapest (mio telegramma n. 462).

D'altra parte, la resistenza che il Benes oppone alle richieste economiche austriache e di cui al mio teleposta n. 2523 (6), va facendo qui attenuare la tendenza di quelli, come il direttore degli affari politici, signor Hornbostel, che sono proclivi soltanto ad orientamenti che possano riuscire di pieno gradimento soprattutto sfruttare le molteplici simpatie internazionali che convengono attualmente verso l'Austria, quale che sia la parte donde esse vengano ed il loro substrato politico.

Talché il momento attuale potrebbe apparire specialmente favorevole per un tentativo rivolto a consolidare in un accordo preciso e solenne quanto più sia possibile conseguire dalle presenti disposizioni ungheresi e viennesi, ai fini di una maggiore intesa fra i due paesi.

(l) -Le lacune sono dovute al deterioramento del documento. (2) -Si pubblica qui il seguente brano del R. 23/13 del 3 gennaio 1934 da Mosca circa un discorso tenuto da Litvinov il 29 dicembre:

(3) Cfr. n. 435.

(l) -Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 918. (2) -Cfr. n. 328. (3) -Cfr. n. 293.
514

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 5152/382/237 R. Belgrado, 28 dicembre 1933 (per. il 1° gennaio 1934).

Mi riferisco ai miei telegrammi 229 (filo) e 230 (corriere) del 20 dicembre scorso (7).

Questo ministro d'Inghilterra sir Neville Henderson mi ha detto stamani di avere visto ieri sera Jeftic al quale aveva chiesto udienza prima di partire per l'Inghilterra in breve congedo di fin d'anno.

Il discorso, dalla situazione generale estera della Jugoslavia che egli considera nell'anno che ora finisce estremamente soddisfacente, era passato alle relazioni itala-jugoslave. Su questo punto sir Neville, confermando del resto la sua costante direttiva, aveva detto a Jeftic che la Jugoslavia non avrebbe mai potuto costruire un sicuro edificio politico altro che accordandosi con l'Italia con la quale esistevano tanti interessi comuni di ogni genere, mentre reali interessi comuni non esistevano né con le altre Potenze della Piccola Intesa, né con la Francia alla cui affannosa ricerca di un'ipotetica e non raggiungibile sicurezza politica la Jugoslavia sacrificava molte delle sue necessità.

Jeftic ha risposto consentendo pienamente con sir Neville, ed aggiungendo che fino all'anno scorso Re Alessandro era deciso ad andare fino in fondo nei nuovi rapporti con l'Italia che egli aveva cercato e desiderato con serena intima convinzione. E se avesse raggiunto l'intento nulla egli avrebbe lasciato intentato per approfondire quel primo risultato che egli avesse potuto ottenere, poiché tale è la sua decisa e diritta natura in ogni obbiettivo che si proponga. Perciò era rimasto tanto più offeso per il modo nel quale le trattative eransi interrotte. Tuttavia egli, Jeftic, non disperava ancora di poter cogliere qualche occasione per riprendere colloqui e trattative. Senonché il suo compito era reso sempre più dificile dalla azione italiana in favore dei croati ed ora ancora più da quanto era scoperto a Zagabria. lvi si era scoperto un serio e bene immaginato complotto contro la vita del Sovrano jugoslavo. La polizia aveva sicurissime prove che gli attentatori venivano da Trieste, che ivi esisteva un gruppo di fuorusciti croati che si esercitava al lancio di bombe e al tiro di rivoltella. Gli attentatori (erano tre gli arrestati) avevano tutto confessato. Questo fatto aveva prodotto nel Sovrano una impressione delle più profonde, ed una reazione violentissima. L'accento di Jeftic, secondo quanto mi ha detto il ministro d'Inghilterra era estremamente commosso e pieno di sincero dolore.

Sir Neville mi ha detto avere risposto così: «Quanto mi dite è una ragione di più per cercare l'accordo e realizzarlo. Quanto alla possibilità che attentatori siano venuti dall'Italia non la posso escludere. Ma debbo anche pensare che vi sono dovunque pazzi fanatici esaltati e speculatori; che in ogni paese vi sono persone che pensano in senso opposto a quello che pensa e vuole il Governo e sono pronte a dare denaro per azioni politicamente criminose. Anche in Inghilterra vi sono. Vi ricordo il fatto dell'Alabama per cui l'Inghilterra dovette pagare tre milioni di sterline di indennità. E per Princip? Gli attentatori si erano esercitati alla rivoltella a Kosutnjak (una collinetta che oggi fa parte della maggiore passeggiata pubblica di Belgrado). Eppure il Governo serbo era certamente ignaro di quanto si preparava contro l'arciduca. In ogni modo se il Re si lasciasse guidare da questi suoi risentimenti personali per non cogliere quelle occasioni future che gli si potessero presentare, egli agirebbe contro il suo reale interesse. Ritengo io pure che se Mussolini conoscesse quanto accade e ne avesse le prove, indubbiamente prenderebbe misure repressive ».

Ho risposto a Sir Neville, che avevo ascoltato senza la minima interruzione, approvando interamente quanto egli aveva detto a Jeftic. Ho aggiunto con vivace sdegno che era tempo di finirla con queste sedicenti prove di macchinazioni fatte in Italia. L'uno ripeteva all'altro che vi erano prove, ma nessuno le aveva mai viste. Era perché alla polizia era facile e conveniente affermarne l'esistenza. Gli ho narrato il recente caso dell'Essant (impiegato al consolato di Lubiana) che per quanto di ben minore portata poteva farmi pensare alla validità delle prove della polizia jugoslava. Quando ho chiesto mi fossero precisate avevo rilevato che una delle date nelle quali l'Essant aveva compiuto atti spionistici era di quindici giorni precedenti all'epoca nella quale l'Essant era venuto in Jugoslavia, la seconda posteriore di 8 o 10 giorni al suo arrivo a Lubiana, le altre due corrispondevano esattamente al periodo di licenza dell'Essant passato in Italia. Queste erano le prove dello spionaggio fatto da un nostro impiegato!! forse quelle contro i tre arrestati erano della stessa natura e forza probatoria!

Se il Governo jugoslavo aveva delle prove perché non le produceva invece di spargere facili calunnie? Noi quando avevamo avuto prove di illecito agire di funzionari jugoslavi a sostegno degli atti terroristici compiuti nella Venezia Giulia le avevamo prodotte, ed il Governo jugoslavo si era visto nella necessità di prendere delle misure contro i funzionari stessi.

Così è finito il colloquio.

(l) -Cfr. n. 349. (2) -T. per corriere 4722/214 R. del 30 novembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 432. (4) -T. per corriere 4223/191 R. del 19 ottobre, non pubblicato. (5) -T. 5001/462 R. del 19 dicembre, non pubblicato. (6) -Non rinvenuto. (7) -Cfr. n. 493 e nota 3 allo stesso.
515

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, 28 dicembre 1933.

A seguito del mio promemoria di ieri (1), trasmetto a V. E. il rapporto (2) del Comandante Raineri-Biscia sul suo colloquio di ieri con l'Ambasciatore Chambrun e l'addetto navale francese.

Stamane venne da me lo stesso Chambrun, al quale ri:confermai l'impressione non favorevole che avevamo ricevuto dalla lettura del testo francese il quale svisa completamente lo spirito e le formule delle intese prese sin qui e segnatamente gli feci rilevare i seguenti punti:

l) La dicitura del preambolo tende ad infirmare i risultati di Washington e quindi il diritto alla parità del grosso naviglio fra noi e la Francia che è sancito in quel Trattato, e in più vi si aggiunge che al prossimo esame del problema navale debbono concorrere anche altre Potenze oltre le firmatarie di Washington. Ciò non è in armonia con l'articolo 21 di Washington (art. 23 di Londra) che impegna soltanto le Grandi Potenze firmatarie a riunirsi nella prossima conferenza (N.B. È chiaro che la Francia mira così a spianare la via ad una partecipazione delle Piccole Potenze sue vassalle. A parte tale considerazione, per noi gravissima, non sembra possibile entrare in una simile compromissione all'insaputa dell'America e dell'Inghilterra).

41 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

2) Sempre secondo il preambolo, le nuove impostazioni francesi ed italiane non potrebbero essere che di c remplacement :t di unità da radiare. Perché introdurre tale specificazione? È noto che noi abbiamo radiato senza rimpiazzo 6 navi di linea su 10, mentre la Francia non lo ha fatto. (N.B. Secondo Washington noi abbiamo diritto di costruire ex novo appunto in considerazione che il nostro vecchio naviglio era stato precedentemente radiato. La frase del testo francese giustifica il dubbio che, in caso di impostazione di una nostra nuova nave di linea, ci si chieda la radiazione di una delle quattro navi di linea ora in servizio. È probabile trattisi di un altro tentativo per condurci a indebolire di nostra mano i principii di Washington per noi essenziali).

3) All'articolo l, navi di linea. È incredibile che ci si chieda di sancire ufficialmente una inferiorità di costruzioni del 50%. quando le conversazoni per l'accordo si sono basate anzitutto sul principio della parità. Al Signor di Chambrun era stato detto da me e da V. E., in linea confidenziale, che, fatto l'accordo con la completa parità, in pratica ci saremmo limitati probabilmente a costruire una sola nave, e specie nel caso che la Francia ne avesse impostata una seconda. Trovavo molto strano che questa confidenza, la quale nulla aveva a che vedere con l'accordo giuridico, fosse ora stata assunta come principio da sancire in un trattato.

4) Gli feci anche obiezioni sulla parte riguardante i sottomarini, adombrandogli gli inconvenienti per noi di avallare apertamente un ulteriore aumento del tonnellaggio di sottomarini francesi, dopo i risultati di Londra che ne assegnavano soltanto 52.700 tonnellate a ciascuna Grande Potenza (la Francia ne ha 97.000 tonnellate). (N.B. Tutti gli sforzi dell'America e dell'Inghilterra sono diretti a diminuire al possibile il tonnellaggio subacqueo francese. Noi stessi, e per ultimo a Ginevra, abbiamo sempre appoggiato il concetto della parità per tutti a 52.700 tonnellate).

5) Faccio pure rilevare a V. E. che, nella lettera privata con la quale l'Ambasciatore Chambrun accompagnava il testo del progetto d'accordo, è detto che bisogna anche intendersi, sotto qualche forma, su altri due principii:

a) che durante il periodo dell'accordo, la Francia e l'Italia non aderiranno alla parte III del Trattato di Londra; b) che non potranno aderire a nessun altro piano di costruzioni navali differente da questo.

Osservo al riguardo che i due impegni sono diretti precisamente contro l'Inghilterra. Invero, il primo esclude proprio l'eventualità di adesione italiana e francese agli accordi di Londra riguardanti la limitazione del naviglio leggero e subacqueo, adesione che invece l'Inghilterra e l'America hanno sempre mostrato di attendere come risultato dello sperato accordo italo-francese.

Il secondo poi vuole definitivamente infirmare, e col nostro concorso, il Piano MacDonald per la parte navale del disarmo, mentre noi l'abbiamo solennemente accettato.

6) Il Signor di Chambrun si difese come poté. Finii col proporgli di sottomettergli un nuovo testo di nostra soddisfazione, il che accettò. Siccome su questo nuovo testo è necessario che io abbia il previo parere della Marina mi riservo di trasmetterlo a V. E. valendomi del prossimo corriere.

(l) -Cfr. n. 509. (2) -Non si pubblica in quanto il suo contenuto è riportato nel testo.
516

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 28 dicembre 1933.

Si fa riferimento ai due appunti del 27 corrente (l):

il primo sulla quistione dei compensi coloniali dovutici dalla Francia in relazione all'art. 13 del Patto di Londra del 1915; l'altro, relativo alla quistione sorta dalla denuncia fatta dal Governo francese il 9 settembre 1918 delle Convenzioni tunisine di stabilimento e di commercio e navigazione.

Si osserva che le due quistioni sono nettamente distinte fra di loro, oltre che per la loro natura, anche per la loro origine: la prima deriva infatti, come detto di sopra, dal Patto di Londra; l'altra dall'atto di denuncia delle Convenzioni medesime da parte del Governo francese.

Il Governo francese ha tentato di abbinare le due quistioni per modo che l'una valesse a compensare l'altra; ma il Governo italiano non vi si è prestato, e la loro posizione diplomatica è restata distinta.

Occorre appena osservare che nella valutazione di dette quistioni, -sia ai fini di una nuova possibile fase di negoziati, sia ai fini della loro liquidazione esiste un duplice aspetto quello del merito delle quistioni stesse e quella che deriva dal fatto che esse sono parte del complesso delle quistioni che esistono fra i due Paesi. Un loro eventuale regolamento dovrebbe pertanto aver riguardo, oltre che ai vantaggi che di per sé ne deriverebbero, anche alle ripercussioni che il regolamento stesso avrebbe sull'atteggiamento adottato datl'Italia per quanto riguarda in merito alla sistemazione raggiunta a Versailles.

517

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI TURCHIA A ROMA, VASSIF BEY

APPUNTO. Roma, 29 dicembre 1933.

Vassif bey, di ritorno da Ankara, è venuto a trovarmi per informarmi sulle questioni di interesse politico che ha potuto apprendere durante la sua visita in patria, Ha avuto occasione di parlare col Gazi, con Ismet, con Tewfik Ruschdi bey, con Lojacono.

La questione del ·giorno è il Patto balcanico che si sta concretando. Si tratta di un Patto a cinque-Jugoslavia, Romania, Turchia, Grecia, Bulgaria

o a quattro se la Bulgaria non aderisce.

L'idea originale del Patto è dello stesso Gazi che ne ha tenuto parola in occasione di una delle conferenze balcaniche riunite a Istambul. La questione è

<<Gli uniti due appunti sono stati Inviati a S. E. il Capo del Governo In seguito a Sua richiesta telefonica ».

diventata per la Turchia di attualità il giorno in cui si è delineato un principio di serio avvicinamento fra la Bulgaria e la Jugoslavia. Un accordo isolato fra 1 due Paesi è una eventualità che la Turchia deve a qualunque costo impedire: si costituirebbe una potenza slava nei Balcani che mirerebbe verso la Tracia e gli Stretti. Falliti tutti i tentativi di accaparrarsi la Bulgaria, la Turchia ha dovuto scegliere il meno peggio, che è quello di un Patto collettivo pel mantenimento della pace nei Balcani. Questo Patto ,contemplerebbe soltanto la sicurezza per le frontiere balcaniche; la Turchia si è rifiutata al desiderio della Jugoslavia e della Romania di estendere il Patto anche alle altre frontiere dei suddetti Paesi verso l'Italia e verso l'Ungheria.

La Jugoslavia avrebbe voluto anche aderire al Patto greco-turco, ma neanche questa proposta è stata accettata.

Osservo a Vassif bey che se la Bulgaria non aderisce al Patto di cui mi parla, questo acquista necessariamente un carattere anti-bulgaro; la Bulgaria accerchiata si troverà in uno stato di ostilità contro tutti i suoi vicini mettendo nello stesso piano la Jugoslavia, la Romania e la Turchia.

Oggi invece, sebbene la Bulgaria non si sia decisa ad aderire ad un accordo preciso con la Turchia, tuttavia è chiaro che essa tende piuttosto verso questa che verso gli altri Paesi; forse non può fare dichiarazioni esplicite di garanzia di frontiere o altro per non creare un precedente; anche i rapporti della Bulgaria con la Grecia possono offrire forse meno difficoltà per una regolazione, in quanto le questioni economico-finanziarie non sono di grande entità e la questione dello sbocco all'Egeo ha un fondamento nei trattati di pace e quindi in un modo o nell'altro dovrà essere regolata.

Col Patto di cui Vassif bey mi parla si viene quindi a neutralizzare questa migliore disposizione della Turchia verso il gruppo turco-greco.

Vassif bey è d'accordo con le mie osservazioni, con le quali concorda del resto anche il Governo di Ankara. Sta soltanto il fatto che la Turchia non può aspettare oltre, temendo che si concretino gli approcci bulgaro-jugoslavi. Avverte anche Vassif bey che la Turchia non potrebbe aderire ad un accordo con la Bulgaria se questa mantenesse delle aspirazioni sul territorio greco; ciò in modo preciso dopo il recente Patto di garanzia delle frontiere.

Chiedo a Vassif bey quando dovrebbe decidersi la questione se fare il Patto a quattro o il Patto a cinque. Mi risponde che si attende l'adesione della Bulgaria fino alla fine del gennaio prossimo. Se per tale epoca non sarà avvenuta, allora probabilmente si passerà alla stipulazione del Patto a quattro.

Vassif bey crede che però la Bulgaria aderirà; c'è già una mezza promessa di Re Boris. Nel Patto sarà evitato ogni accenno che possa rappresentare per la Bulgaria una rinuncia alle sue aspirazioni. Mette in rilievo che in occasione della visita di Maximos a Roma si potrà parlargli per cercare di facilitare l'accordo fra Grecia e Bulgaria e che potrà costituire un elemento nuovo per una diversa valutazione della situazione nei Balcani.

Vassif bey avverte che anche il suo Governo intende fare ancora dei tentativi, ritenendo però molto difficile l'accordo sulla questione dello sbocco nell'Egeo.

(l) Cfr. n. 510 e 511. Allegato al presente documento è la seguente annotazione, redatta su carta intestata del Gabinetto:

518

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Belgrado, 30 dicembre 1933.

Ho tante tante volte ripetuto la medesima cosa che è di sommo fastidio a me e certo più ancora a chi mi legge, riuertela. Tuttavia non passione di sostenere una tesi, non ostinazione di difendere una opinione, ma una evidente provata realtà mi costringe all'imperioso dovere di riparlarne ancora. Imperioso dovere verso il paese e verso il Duce. E chi sostenga e dica al Duce od a te il contrario è o cieco o stolido o fanatico o traditore, se non obbrobrioso speculatore; occorre fare piazza pulita di ogni agitatore croato. A nulla menano se non a gettare sospetti che ormai sono in tutte le cancellerie europee. Ti dirò di più, se non si fosse avuta quà. la costante sensazione che l'agitazione croata è da noi sostenuta (la sera del 27 ho sentito alle 8.40 ripetere quasi testualmente gli ultimi rapporti del buon Umiltà) sono convinto che essa avrebbe ottenuto di più.

Poiché anche questa è una realtà, e non è in potere mio modificarla se il sostegno ai croati venga dall'Inghilterra produce costernazione, se dalla Francia dispetto, se da noi reazione e difesa finora certo efficace.

Ecco perché faccio ancora a S. E. il Capo del Governo ed a te nuovo caldissimo appello di rivedere a fondo questa posizione. Credi alla patriottica e fascista fede ...

519

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 31 d'icembre 1933.

In data 23 novembre u.s. (l) veniva rimesso a V. E. un appunto ria<1suntivo della situazione a Malta e delle conversazioni svoltesi al riguardo con il Governo inglese sia a Londra che a Roma. Ad ogni buon fine si acclude copia dell'Appunto suddetto.

In data 28 novembre u.s. V. E. comunicava all'Am}msciatore Britannico (2) la risposta del Governo italiano alle richieste britanniche per la sistemazione delle scuole ed Istituti italiani a Malta e cioè:

l) chiusura della scuola di Casalpaola. Utilizzazione dell'edificio ad esempio per ospedale. 2) Numero totale degli studenti dell'Istituto Umberto I 295, più 55 per l'asilo: in tutto 350, dandosi la precedenza nelle iscrizioni ai cittadini italiani.

3) Iscrizione nelle scuole serali solo di giovani che abbiano superato I'« age scolaire :1>. 4) Iscrizione nelle organizzazioni giovanili ai soli scolari che frequentano le scuole italiane. 5) Costituzione dell'Istituto di cultura fascista con cittadini italiani. Accesso libero a tutti come frequentatori.

In data 9 corrente Sir Eric Drummond comunicava la controproposta inglese su cui V. E. faceva tutte le sue riserve. Si acclude copia dell'appunto relativo al <'Olloquio in questione (1).

In data 21 corrente il R. Console Generale in Malta comunicava che il Governatore dell'Isola lo aveva informato che per l'Istituto di cultura la licenza sarebbe stata rilasciata con la condizione che i soli italiani avrebbero potuto esserne soci, con esclusione non solo di sudditi inglesi, ma anche dei figli di italiani nati a Malta. Il Governatore proponeva inoltre che, una volta al mese, ogni socio italiano potesse invitare con biglietto personale un suddito inglese in occasione di speciali concerti e conferenze.

Con successivo telegramma in data 27 corrente il R. Console Generale a Malta informava che il Governatore Generale, in data 26 corrente, aveva rilasciato licenze per tutte le nostre istituzioni « alle stesse condizioni già comunicate per via diplomatica :1>. Per il Fascio, le organizzazioni giovanili e l'Istituto di cultura, le condizioni imposte decorrono dalla data della licenza e sono esclusi dal farne parte i figli di italiani nati a Malta. Per quanto concerne l'Istituto di cultura la licenza, a differenza da quanto era stato comunicato precedentemente dal Governatore al Console Generale, prevede che sarà notificato al Direttore dell'Istituto il numero dei sudditi britannici che una volta al mese potranno assistere a l"nnfP.rP.n7.P. P. concerti.

Il R. Console Generale a Malta ha inviato per via aerea il testo delle licenze concesse che non è ancora giunto. Non è ancora quindi possibile stabilire se esse corrispondano effettivamente alle condizioni comunicate a V. E. da Sir Eric Drummond. Certo non corrispondono per quanto concerne la questione dell'Istituto di cultura poiché l'Ambasciatore britannico aveva dichiarato di accettare In massima le nostre proposte lasciando alle Autorità locali di regolare sul posto «i particolari:~>. È invece evidente, come rileva il R. Console Generale a Malta che le condizioni imposte dal Governatore equivalgono in pratica ad una chiusura del nostro Istituto.

Occorre pure tener presente che, in ogni modo il Governatore di Malta ha concesso la licenza in parola in base a condizioni sull'accettazione delle quali il Governo italiano si era riservato un giudizio.

Ciò premesso, allo stato attuale delle cose sembra evidente che, per quanto concerne il Fascio e le Istituzioni giovanili, n Governo britannico non sia disposto ad ammettere eccezioni al principio della non ammissione dei sudditi inglesi e dei figli di sudditi italiani nati a Malta.

Per quanto concerne il Fascio non sembra ci sia possibilità di una soluzione transattiva. Per quanto riguarda le organizzazioni giovanili si potrebbe forse

proporre al Governo britannico la loro trasformazione in un Ente puramente ginnastico e sportivo il quale comprendesse tutti gli alunni delle scuole italiane.

Per quanto concerne la Scuola di Casalpaola, risulta pure chiaramente che il Governo britannico non intende accettare nessuna trasformazione: ciò tanto più in quanto, come è noto, sulla scuola di Casalpaola si appuntano i sospetti dell'Ammiragliato Britannico.

Per quanto concerne l'Istituto Umberto I, secondo le comunicazioni fatte da Sir Eric Drummond, gli inglesi ci concederebbero 330 alunni, invece di 350 da noi richiesti. Siccome il Governo britannico giustifica questa sua riduzione con la non concordanza tra le cifre in suo possesso e quelle da noi presentate, si potrebbero forse incaricare le Autorità locali di procedere, di comune accordo ad una revisione delle cifre.

Per quanto concerne l'Istituto di cultura non resta che richiamarci all'assicurazione già data dall'Ambasciatore Britannico.

(l) -Cfr. n. 406. (2) -Non si pubblica un appunto d! Suvich su questo colloquio con Drummond

(l) Cfr. n. 459.

520

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, GUARNASCHELLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH (l)

RELAZIONE. Roma, ... dicembre 1933.

Con lettera diretta a V. E. in data 24 novembre u.s. (2) il Marchese Theodoli, Presidente della Commissione Permanente dei Mandati, premesso che S. E. il Capo del Governo ebbe, in udienza concessagli il 18 settembre u.s., a !asciargli intendere che «col mandato come è attualmente e coi sistemi di Governo applicati dall'Inghilterra in Palestina l'interesse dell'Italia è di favorire su larga scala l'immigrazione ebraica per giungere rapidamente alla costituzione di uno stato sionista unitario e indipendente», espone l'azione da lui svolta a Ginevra per ricercare una base d'intesa fra dirigenti sionisti e arabi, intesa che sembrerebbe potersi raggiungere con una limitazione territoriale della «home» ebraica, con la creazione cioè di uno Stato sionista nella parte meridionale della Palestina.

In relazione al contenuto della suddetta lettera, la Direzione Generale per gli Affari Politici Ufficio III ha l'onore di sottoporre all'E. V. le seguenti considerazioni:

1° -il territorio della Palestina ha per la Gran Bretagna un interesse preminente di carattere politico-strategico, in quanto rappresenta, come il canale di Suez, una via obbligata di transito per le comunicazioni fra la Gran Bretagna e i territori asiatici dell'Impero. Ciò tanto più perché non può prevedersi come in definitiva saranno sistemati i rapporti tra la Gran Bretagna e l'Egitto e quale sarà la futura situazione della Gran Bretagna nella zona del Canale. Caifa, porto che l'Inghilterra ha voluto grandioso e modernamente attrezzato,

non ha soltanto valore di sbocco dei petroli irakiani, ma è anche il punto di partenza sul Mediterraneo della linea aerea imperiale per le Indie, Singapore e l'Australia.

Da ciò può dedursi che alla Palestina, via essenziale di transito per le comunicazioni imperiali, la Gran Bretagna non rinuncerà mai, finché sarà la Gran Bretagna. Potrà certo, nella eventualità della cessazione del Mandato, concedere alla Palestina una lustra di indipendenza e di sovranità, ma sostanzialmente vi rimarrà dominatrice, come è rimasta dominatrice nell'Irak anche dopo la cessazione del mandato Irakiano.

2° -Uno Stato sionista, limitato territorialmente alla zona sud della Palestina, non potrebbe reggersi da sé, circondato da paesi arabi che ne rivendicherebbero il possesso; ma dovrebbe ineluttabilmente appoggiarsi alla Gran Bretagna, la posizione della quale nel Mediterraneo orientale verrebbe così consolidata.

In secondo luogo, con la formazione di uno Stato sionista in Palestina, un nuovo fattore si installerebbe sulle sponde del Mediterraneo, entrando in attiva concorrenza per l'influenza politica ed economica nei paesi d'Oriente, del nord-Africa e dell'Europa meridionale. Se già oggi gli elementi sionisti in Palestina, con quella intraprendenza peculiare alla razza, hanno creato nuove industrie, sviluppato commerci e traffici a danno dell'attività economica di tutti gli altri paesi del Mediterraneo, Italia compresa, non è azzardato supporre che uno Stato ebreo ad organizzazione occidentale, anche se territorialmente limitato e con una popolazione che potrebbe raggiungere, secondo i calcoli sionisti sei o sette milioni di abitanti, politicamente rassodato dal punto di vista interno e protetto nelle sue relazioni con l'estero dalla Gran Bretagna, costituirebbe un potente elemento concorrente, dal punto di vista sia politico che economico, per gli Stati del Mediterraneo, e nei riguardi dell'Italia rappresenterebbe un nuovo ostacolo allo sviluppo della propria influenza politica, e<:onomica e culturale in Levante e nel nord Africa.

L'ipotesi che il costituendo Stato sionista possa appoggiarsi all'Italia ed entrare in certo modo nella nostra orbita politica e culturale non sembra d'altra parte realizzabile. Il sionismo in Palestina è nato col crisma britannico; si è sviluppato per un interesse politico imperiale della Gran Brettagna che ha voluto installare in Palestina un elemento, sia pure di minoranza, capace di contrastare la preva,lenza araba, e costituente insieme i'l pretesto per giustificare la propria presenza in Palestina; esso trova e troverà appoggi politici nel fHosionismo del Governo e dei circoH politici di Londra, ed apporti economici prevalentemente nelle organizzazioni sioniste d'Inghilterra e del nord America.

Se è ammesso, per le ragioni indicate al paragrafo 1) che la Gran Brettagna non rinuncerà mai alla Palestina, è da prevedersi che l'influenza politica, economica e culturale britannica, già oggi prevalente nel territorio sotto Mandato. si rafforzi e consolidi sempre di più in un futuro Stato sionista, non lasciando che scarso margine per le influenze altrui.

3° -Il patrocinare da parte nostra, o soltanto il consentire alla formazione di uno Stato sionista in una parte della Palestina, avrebbe inoltre ripercussioni sulla tesi sinora sostenuta dal R. Governo, nei riguardi della Siria, contraria allo spezzettamento di questo territorio di Mandato in vari Stati, la for

mazione dei quali si vorrebbe giustificata dalla necessità di proteggere le mino

ranze etniche e religiose. Se si ammette che una parte della Palestina sia

costituita in uno Stato sionista, che non è previsto dal Mandato (la costitu

zione del focolare nazionale ebraico, contemplata dal Mandato, non significa

la costituzione di uno Stato sionista), non avremmo più modo di opporci a che

la Francia crei in Siria altri Stati, oltre quelli della Siria e del Libano previsti

dal Mandato, quali lo Stato degli Alauiti, del Gebel Druso ecc.

4° -La costituzione di uno Stato sionista nel sud delia Palestina sembra

sarebbe accettata dai dirigenti nazionalisti arabi alla condizione che si giunga

ad una separazione geografica delle due razze, che si trovi cioè modo di trasfe

rire le colonie e gli interessi sionisti oggi sparsi in tutto il territorio sotto Man

dato nella zona al sud che verrebbe riservata allo Stato sionista.

Ora sembra evidente che un tale raggruppamento territoriale degli interessi sionisti, in una zona determinata, non è praticamente realizzabile. Non si trasportano una città come Tel Aviv e le colonie agricole sioniste del nord della Palestina in una zona diversa. I dirigenti arabi se hanno consentito all'idea sotto condizione, lo hanno fatto perché ritengono tale condizione irrealizzabile. Ciò risulta chiaramente da dichiarazioni recentemente fatte a Roma da Ihsanel-Giabri, col quale il Marchese Theodoli ha avuto contatti a Ginevra, e che ha aggiunto che i dirigenti nazionalisti arabi, pur avendo data una adesione proforma al progetto dello Stato sionista territorialmente limitato, non ritenevano di interessarsi ulteriormente pcr::hé consideravano il progetto stesso irrealizzabile.

5° -Se vi è un elemento che può, se non mettere in pericolo, certo contrastare la posizione dominante della Gran Brettagna in Palestina, è questo il movimento nazionalista arabo, non solo per la sua forza intrinseca in Palestina stessa -forza che viene riconosciuta dai rappresentanti delle stesse organizzazioni sioniste -ma anche per gli stretti legami che mantiene con i movimenti analoghi in tuttti i territtori arabi e mussulmani, sfruttando il fatto che Gerusalemme è considerata dal mondo mussulmano come la seconda città santa dell'Islam. La Gran Brettagna non può non tener conto dei sentimenti del mondo mussulmano: particolarmente per il gioco della sua politica indiana essa ha bisogno di non alienarsi le simpatie dei mussulmani dell'India, elemento di cui si è servita e continuerà a servirsi in opposizione alle aspirazioni di totale indipendenza della popolazione hindù.

Dalle considerazioni che precedono sembra potersi dedurre che non appare conforme all'interesse dell'Italia il patrocinare la costituzione di uno Stato sionista in una parte della Palestina.

Ciò però non risolve il problema: quale altra soluzione potrebbe infatti allora darsi al conflitto arabo-sionista, in vista di avviarsi ad una possibile cessazione del Mandato palestinese?

Come è ampiamente esposto nel rapporto del R. Console Generale a Gerusalemme (l) che qui si allega, sembra che la direttiva politica italiana nei riguardi della Palestina potrebbe mirare a dimostrare l'inconciliabilità dei termini attuali dei Mandato, od almeno a fissarne una interpretazione circa i li

miti del focolare nazionale ebraico, non dal punto di vista territoriale, ma dal punto di vista dell'efficienza sia numerica dei sionisti immigrati, sia economica delle attività sioni:ste in Palestina. Oggi i sionisti possono considerarsi ammontare in Palestina ad un quarto di milione su una popolazione complessiva di poco più di un milione, ma hanno già in· mano almeno 1'80% delle attività economiche del paese.

Fissati i limiti in c~i si potrà considerare raggiunto uno degli scopi voluti dal Mandato, quello cioè della costituzione del focolare nazionale ebraico, e raggiunti tali limiti, può prevedersi una distensione nel conflitto arabo-sionista, e la conseguente possibilità di pacifica convivenza fra i due elementi della popolazione, basata sul comune interesse di sviluppare economicamente il Paese: primo passo per la costituzione di un Governo palestinese che avvii il territorio verso la cessazione del Mandato.

Anche se questa dovesse avvenire in una forma analoga a quella irakiana, che cioè mantenga sostanzialmente la Palestina nell'orbita imperiale britannica, una tale soluzione, lasciando in definitiva aperto il problema della effettiva indipendenza del Paese ad ulteriori sviluppi, come è rimasto aperto il problema dalla effettiva indipendenza dell'Irak, sembrerebbe preferibile allo spezzettamento della Palestina con la costituzione di uno Stato autonomo sionista territorialmente limitato, che per vivere e mantenersi nei confronti del mondo arabo avrebbe bisogno della protezione britannica.

Nella trattazione della questione palestinese sembra inoltre che la politica italiana dovrebbe mirare a valorizzare gli interessi della cristianità in Palestina, e .a risolvere convenientemente la questione dei Luoghi Santi: in un'eventuale revisione dei termini del Mandato, o in genere nella costituzione dl un futuro Governo palestinese, l'elemento cristiano, con una congrua partecipazione in esso dell'elemento cattolico-latino, dovrebbe essere introdotto fra i contrastanti elementi di maggioranza, arabo e sionista, con funzioni di integrazione e di equilibrio, mirando in definitiva a dare a Gerusalemme, città santa per i cristiani, i sionisti ed i mussulmani, una speciale amministrazione municipale, possibilmente a carattere internazionale, ciò che corrisponderebbe anche all'interesse italiano.

La Direzione Generale Affari Politici III, attirando l'attenzione dell'E. V. sull'importanza del problema in questione, resta in attesa di conoscere se le suesposte considerazioni sono da V. E. approvate onde trarne norma nell'azione politica da svolgere.

(l) -Non si pubblica un'altra relazione dello stesso Uff,icio III per Suvich senza data ma probabilmente del novembre 1933 (cfr. S. MrNERBI, Gli ultimi due incontri Weizmann-Mussolini (1933-1934), in «Storia Contemporanea», 1974, n. 3, p. 450. (2) -Cfr. n. 414.

(l) Telespr. r. 2282/498 del 23 ottobre, non pubblicato.

521

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A GEDDA, TONCI, E AL DOTTOR DUBBIOSI, A SANAA (l)

T. 2 R. Roma, 1° gennaio 1934, ore 22,30.

Questa ambasciata britannica ha verbalmente comunicato che secondo notizie fornite da Fuad Hamza a ministro britannico a Gedda, trattative in corso

fra Ibn Saud e l'Imam avrebbero assunto una piega favorevole, tanto da lasciare prevedere prossimo un accordo. Sempre secondo informazioni Fuad Hamza intesa sarebbe raggiunta circa Assir, mentre rimarrebbe in discussione questione Negiran che Ibn Saud avrebbe proposto all'Imam venga considerato come «res nullius ,.

(Solo per Gedda e per conoscenza Colonie): Pregasi telegrafare quanto le risulti al riguardo.

(solo per Sanaa e per conoscernza Colonie): Pregasi telegrafare se informazioni anzidette sono costi confermate ed ~n generale apprezzamenti Governo yemenita sulla possibilità di un accordo. Si gradirà altresì ogni maggior dettaglio sul contenuto eventuale intesa.

(l) Il telegramma venne inviato, per conoscenza, al Ministero delle Colonie.

522

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 57/2 R. Vienna, 1° gennaio 1934 (per. il 7).

Starhemberg mi ha detto che il cancelliere, pochi giorni fa, ebbe a chiedergli d'improvviso se egli vedesse seri inconvenienti, ai lini di una distensione dei rapporti con la Germania, ad una qualche presa di contatto con lo stesso signor Habicht. Starhemberg manifestò meraviglia per il quesito postogli, osservando parergli inverosimile che l'attuale Governo fedemle potesse adattarsi ad intrattenersi, dopo tutte le note gravi vicende, col predetto uomo politico tedesco. Il cancelliere convenne senz'altro su tale modo di vedere, dichiarando che egli aveva voluto soltanto rendersi conto del pensiero del suo interlocutore.

Da parte sua Starhemberg ritiene che il cancelliere è realmente propenso a non avere rapporti diretti con l'Habicht, ma che la sua domanda è tuttavia da interpretarsi come un segno dell'influenza che cercano di avere su di lui alcuni infidi collaboratori, come il direttore degli affari politici Hornbostel.

Per mio conto, non riuscendo a rendermi conto dell'interesse che possa avere, in tale particolare questione il .predetto francofilo -e più ancora cecoslovaccofilo -funzionario, non escludo che il quesito del cancelliere abbia potuto mirare sopratutto a sondare le disposizioni dello stesso Starhemberg, circa la questione di una détente con la Germania.

Nei riguardi poi di quest'ultima questione, il segretario genemle Peter mi ha detto che il ministro tedesco Frik ne ha toccato in questi ultimi giorni col ministro d'Austria a Berlino, facendogli però presente che ogni eventuale negoziato austro-tedesco non potrebbe essere tentato che per il tramite dell'Habicht. Il cancelliere avrebbe ancora una volta respinto tale premessa, permanendo nella sua nota opposizione a qualsiasi diretto contatto col signor Habicht.

Peter ha osservato che circa la questione di una distensione dei rapporti con la Germania si rilevano sintomi oppostA: mentre da una parte le sfere ufficiali e politiche tedesche danno qualche segno di moderazione se non di resipiscenza, dall'altra invece notasi una ripresa dell'attività nazista di propaganda, come ne farebbe prova lo straordinario materiale di propaganda di recente qui sequestrato (mio telespresso n. 2871) (l). Sicché forse, a suo dire, nell'attuale situazione potrebbe scorgersi solo un indice alquanto fondato: cioè quello dell'estrema ritrosia, da entrambe le parti, a fare un primo passo verso un accomodamento: e questo sintomo sarebbe di particolare importanza, lasciando esso intravvedere che la questione sia ormai divenuta una questione di prestigio.

523

PROGETTO DI ACCORDO NAVALE ITALO-FRANCESE

Roma, 2 gennaio 1934.

La Francia e l'Italia, al fine di evitare una competizione di armamenti e procedere alla riduzione di questi ultimi, convengono di completare gli accordi navali vigenti come segue:

Art. l.

Senza pregiudizio di ulteriori accordi per maggiori riduzioni, la Francia e l'Italia si impegnano, fino a quando la Conferenza prevista dall'art. 23 del Trattato di Londra non 'abbia fissato limiti diversi, e comunque non oltre il 3t dicembre 1936:

a) -a non acquistare o impostare navi di linea di dislocamento superiore a 26.500 tonn. inglesi, o armate con cannoni di calibro superiore a 330 mm.

b) -a non acquistare o impostare, in tutte le altre categorie di navi da guerra (esclusione fatta del naviglio e:cnte da limitazioni quale è definito dall'art. 8 del Trattato di Londra, oltre 30.000 tonn. inglesi complessivamente, compresi i residui dei programmi 1932 per la Francia e 1932-33 per l'Italia;

c) -a radiare un tonnellaggio corrispondente di navi antiquate della stessa categoria e sottocategoria al momento della entrata in servizio delle unità di cui al precedente comma b);

Art. 2.

Se mentre vige il presente accordo una delle Alte Parti contraenti ritiene che l'accrescimento della flotta dri una qualsiasi Potenza non firmataria del Trattato di Washington sia tale da compromettere le esigenze della propria sicurezza nazionale, essa potrà concertarsi con l'altra Parte contraente ed esaminare le condizioni secondo le quali J'accordo dovrà essere riveduto (3).

(l) -Non pubblicato. (2) -Rimesso Il 2 gennaio da Alolsl a Chambrun, ed. In francese In DDF, vol. V, clt., p. 390. (3) -Annotazione a margine: «Approvato è~a S. E. Cavagnari e da S. E. il Capo di Stato Maggiore della Marina, Il 30-12-1933 >>.
524

l

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

RELAZIONE. Roma, 2 gennaio 1934.

In relazione all'arrivo a Roma di S. E. Simon, si ha l'onore di accennare qui appresso alcune questioni pendenti fra l'Italia e la Gran Bretagna.

1°) Confini Cirenaica Sudan -Le trattative svoltesi alla fine del novembre scorso per la determinazione della frontiera fra la Cirenaica ed il Sudan non hanno raggiunto un risultato positivo, particolarmente per la pretesa britannica di considerare quale pertinente al Sudan l'oasi di Auenat.

Poiché, come è noto, noi occupiamo detta oasi, dove abbiamo altresì proceduto di recente a presidiare in modo stabile delle sorgenti finora visitate da noi solo saltuariamente, sembra che, col trascorrere del tempo, il nostro diritto sull'oasi anzidetta non possa che rafforzarsi. Conseguentemente non parrebbe il caso che noi prendessimo l'iniziativa di intrattenere Sir John Simon su questa questione.

Ove tuttavia questi avesse a parlarne, sembra si potrebbe confermare la nostra buona disposizione a venire ad un accordo circa la suddetta frontiera, e a riprendere quindi le trattative, nella speranza che da parte inglese si manifesti maggiore spirito di comprensione.

2°) Situazione nel Mar Rosso -In seguito alla missione di S. E. Gasparini a Sanaa, veniva, come è noto, firmato nel 1926 fra l'Italia e lo Yemen un trattato di amicizia, che costituiva da un lato la fine dell'isolamento dello Yemen, entrando questo Stato con la firma del trattato di Sanaa nell'orbita internazionale, dall'altro un efficace sviluppo della politica italiana sulla sponda orientale del Mar Rosso.

È noto altresì che la conclusione di tale trattato preoccupò il Governo Britannico, il quale ·Ci chiese di discutere con noi sulla situazione nel Mar Rosso. Ebbero quindi luogo le Conversazioni di Roma del 1927, le conclusioni delle quali stabiliscono fra l'altro:

a) -che è interesse dei Governi Italiano e Britannico di perseguire in Arabia una politica di pacificazione e di evitare conflitti fra i Capi Arabi;

b) -che l'influenza che i due Governi possono essere in grado di esercitare su Ibn Saud, sull'Iman Yahia e sull'Idriss dell'Assir debba essere diretta ad eliminare cause di conflitto per giungere possibilmente a pacifici accordi fra i Capi stessi;

c) -che, ove malgrado l'azione pacificatrice dei due Governi un conflitto si verificasse in Arabia, i Governi stessi non debbano intervenire in tale conflitto;

d) -che è interesse comune dei due Governi italiano e britannico di esercitare la loro rispettiva influenza sui Capi arabi in modo che i reciproci interessi della Gran Bretagna e dell'Italia siano, il più possibile, salvaguardati; e che è perciò desiderabile che i due Governi si mantengano in contatto in tutte le questioni riguardanti il Mar Rosso e l'Arabia meridionale, onde evitare malintesi fra loro o inesatte impressioni da parte dei Capi arabi nei riguardi della politica dei due Governi.

Attualmente in Arabia la situazione è tesa per i seguenti motivi: a) -l'Lman continua a rivendicare dei diritti sulla regione dell'Assir, la quale, costituita in Stato indipendente fino al 1926, (Stato che -come è accennato di sopra -è altresì nominato nelle conclusioni delle Conversazioni di Roma come uno di quelli sui quali l'Italia e Gran Bretagna possono essere chiamate ad esercitare la loro influenza), è stata gradualmente assorbita dal Regno Saudiano, del quale costituisce oggi una proVlincia. L'Imam ha preso accordi ed arma i ribelli dell'Assir. Ibn Saud rifiuta da parte sua di entrare in discussioni circa l'Assir e procede a minacciosi armamenti verso la frontiera yemenita. b) -l'Iman ha da circa un anno occupato il Negiran, regione interna abitata da tribù che non dipendevano né da Ibn Saud né dall'Imam. Ibn Saud ha chiesto all'Imam di ritirare le sue truppe da detta regione e di ripristinare la precedente situazione. c) -La questione delle frontiere fra lo Yemen e il Protettorato di Aden è sempre aperta. La Gran Bretagna mostra tuttavia fretta di regolarla; ed ha in questi giorni fatto partire per Sanaa il Residente di Aden allo scopo di concludere con l'Imam un trattato .che abbia per principale oggetto la definizione di tale questione. È chiaro che la Gran Bretagna cerca di sfruttare la tensione esistente fra Saudia e Yemen onde premere sull'Imam per costringerlo ad un accordo, cercando così di fare entrare nella propria orbita l'unico Stato che nella Penisola Araba sfugge ancora alla sua influenza. Le ragioni per cui si è giunti a tale situazione sono già state esposte all'E. V. Sembra conveniente regolare la nostra azione politica, mirando, come punto fondamentale nei rispetti degli inglesi, al mantenimento delle conclusioni delle Conversazioni di Roma, e quindi al ripristino della situazione territoriale allora esistente. È perciò che abbiamo proposto al Governo di Londra di riesaminare la situazione in Arabia sulla base di dette conclusioni, avendo particolare riguardo agli avvenimenti verificatisi in detta regione dal 1926 ad oggi. Il Governo di Londra, pur accettando in massima la nostra proposta, ha dichiarato che non potrebbe in ogni caso modificare l'attitudine assunta circa la sovranità di Ibn Saud sull'Assir, territorio che esso considera in fatto di diritto come appartenente al Regno Saudiano. Il Ministero degli Esteri ha già risposto al riguardo all'Ambasciata Britannica, osservando che tale affermazione non sembra compatibile con le conclusioni delle Conversazioni di Roma, e domandando quindi chiarimenti su questo punto prima di iniziare le proposte conversazioni. Le note recenti inviate in proposito all'Ambasciata Britannica sono state accompagnate da una lettera personale dell'E. V. all'Ambasciatore di Gran Bretagna, nella quale è detto quanto segue: «In questo momento, in cui i nostri due Governi nell'interesse della pace sono chiamati a continuare la loro collaborazione per la migll.ore soluzione

di problemi e questioni che concernono l'Europa e si può dire il mondo intero, il Governo italiano desidera di esprimere la fiducia che tale collaborazione e la migliore intesa possano proseguire anche per quanto riguarda i problemi della Penisola Araba, ciò che non può non avere la più favorevole influenza per la pacificazione di detta regione e una ripercussione favorevole in genere su tutta quanta l'opera di collaborazione inglese :P.

Tale concetto potrebbe essere forse opportuno di confermare nel corso delle conversazioni con Sir John Simon, e non solo a proposito della situazione del Mar Rosso ma anche delle altre questioni che vengono di seguito trattate nel presente appunto nonché della situazione che si è venuta determinando a Malta (vedi relazione a parte).

3°) Lago Tzana -È noto come in base agli accordi tripartito del 1906 e itala-britannico del 1925 la Gran Bretagna ha riconosciuto all'Italia speciali diritti in una larga zona dell'Etiopia collegante le due nostre colonie dell'Africa Orientale e passante ad ovest di Addis Abeba.

È noto altresì che recentemente il Governo etiopico ha concesso ad una Società americana, la White Engineering Corporation di procedere in massima ad importanti lavori idraulid nel Lago Tzana, lavori che, regolando il deflusso delle acque del Nilo Azzurro nel Sudan, rappresentano il raggiungimento del principale scopo che la politica britannica ha da decenni perseguito in Etiopia. Per concretare tali lavori è stato formata ad Addis Abeba una commissione tecnica composta da rappresentanti della Società americana nonché dei Governi del Sudan (leggi Gran Bretagna), dell'Egitto e dell'Etiopia.

Con la risoluzione di detta questione verrebbe chiuso in senso favorevole alla Gran Bretagna il più importante problema della politica britannica in Etiopia: ed è quindi da prevedersi che l'interesse britannico sia per l'accordo Tripartito del 1906 sia per il contenuto delle lettere italo-inglesi del 1925 ne risulterebbe di molto diminuito, ciò che è evidentemente contrario ai nostri scopi.

Ad ovviare tale danno ed altresì per avere modo di seguire in dettaglio lo svi:luppo della questione e dare insieme possibilmente motivo a nuove intese italo-britanniche circa l'Etiopia, noi abbiamo richiesto ufficialmente al Governo di Londra, attirandone l'attenzione su tutto il complesso problema, la partecipazione agli studi anzidetti facendo considerare che il Governo Italiano, sulla base degli accordi del 1906 e del 1925 riteneva di non dover essere lasciato fuori dall'esame dei progetti connessi con lo sbarramento del Lago Tzana e con qualsiasi altro lavoro che si avesse a compiere nella zona in questione.

Le pratiche svolte non hanno però avuto successo poiché la risposta avuta sostanzialmente declina -allo stato attuale delle cose -ogni efficace partecipazione italiana agli studi in questione.

Potrebbe essere utile al proseguimento della trattazione di questa questione che, in occasione della visita di Sir John Simon a Roma, fosse attirata la sua particolare attenzione sullo speciale interesse che il Governo Italiano annette alla questione stessa. Anche in Etiopia il Governo Italiano si augura di potere continuare col Governo britannico quella amichevole intesa e collaborazione che, instaurata fin dal 1906, fu confermata e rafforzata con gli accordi italainglesi del 1925 (scambio di lettere Mussolini-Graham). L'atteggiamento negativo che sta assumendo in questa questione nei nostri riguardi il Governo Britannico non può a meno di preoccupare il Governo italiano, che ritiene essenziale di pretendere l'integrale applicazione dei diritti che gli riconoscono gli accordi del 1906 e 1925.

4°) Esercizio del mandato palestinese -Per quanto si riferisce all'esercizio del mandato palestinese sono in corso di trattazione col Governo Britannico, pel tramite della R. Ambasciata a Londra, talune questioni connesse col principio dell'« uguaglianza di trattamento~ in quel territorio di Mandato e interessanti la nostra espansione culturale ed economtca in Palestina: regime scolastico, riconoscimento di titoli accademici conseguiti in Italia da sudditi palestinesi, lavori pubblici, posizione dei rappresentanti consolari in Palestina.

Le prime due di dette questioni sembrano presentemente avviarsi verso possibilità di soluzione soddisfacente, mentre pel regolamento delle due ultime si incontrano ancora da parte del Governo Britannico obiezioni e resistenze.

Potrebbe essere utile al proseguimento della trattazione relativa a dette questioni che, in o,ccasione della prossima visita a Roma di Sir John Simon, fosse confermata a quest'ultimo l'utilità di regolare le questioni stesse circa le quali del resto le nostre richieste si fondano sulla lettera e sullo spirito del testo del mandato e degli accordi relativi all'esercizio del Mandato per la Palestina (l).

525

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

L. P. Roma, 3 gennaio 1934.

Mi onoro trasmetterLe qui uniti due appunti sulle questioni del disarmo e della riforma della Società delle Nazioni, due argomenti sui quali il Capo del Governo desidera intrattenere Sir John Simon.

Le sarò grato se vorrà mostrarli a Sir John Simon prima che Egli si rechi a conferire con S. E. Mussolini.

ALLEGATO I

MEMORANDUM (l)

Roma, 2 gennaio 1934.

l. Il Governo Italiano è persuaso che, esaminato il problema detto del «Disarmo » nei riguardi della posizione della Germania e nei riguardi della situazione generale, il Governo di Sua Maestà Britannica converrà con lui nel ritenere che siamo giunti presso il limite estremo del tempo utile a superare il punto morto in cui ci troviamo dal giugno di quest'anno.

Il Governo Italiano crede inutile dilungarsi su questa premessa. Gli basterà accennare al fatto che esistono segni sicuri e molteplici che, se si ritarda ulteriormente la soluzione, il riarmo tedesco diventa, da questione dibattuta, una questione che può e potrà praticamente venire risolta in modo unilaterale. La gravità di tale fatto è troppo palese in se stessa, e per l'accresciuta difficoltà che ne deriverebbe alla soluzione internazionale giuridica e pacifica del problema della parità, alla détente europea, e alle possibilità di una ragionevole convenzione di un disarmo effettivo più o meno prossimo nel tempo. E' anzi sicuro che ne deriveranno un rinnovato spirito di sospetto reciproco, la divisione dell'Europa in gruppi ostili, e la corsa agli armamenti.

Da questa premessa, il Governo Italiano deduce che ogni Governo deve ora assumere le proprie responsabilità decidendosi ad adottare un atteggiamento definito, preparato anche a renderlo di pubblica ragione, ove e quando se ne manifesti l'opportunità c la necessità.

2. L'esperienza delle discussioni che si sono svolte durante due anm m sede della Conferenza del Disarmo, l'andamento dei negoziati diplomatici, le pubbliche dichiarazioni di uomini di governo hanno condotto il Governo Italiano ben suo malgrado, a nutrire i più fondati dubbi che le Potenze armate vogliano o possano accordarsi su misure tali di disarmo, che permettano di risolvere la presente situazione contenendo la richiesta della Germania entro i limiti modesti che erano stati dapprima presi in considerazione.

Occorre inoltre tener presente che la Germania, escludendo dalle sue domande di parità il materiale potente, e limitandosi a richiedere quello così detto difensivo cioè quello che, pur nelle più ottimistiche previsioni, dovrebbe esser conservato dalle Potenze armate almeno per tutto un primo periodo, o per il periodo di durata della prima convenzione, ha dissociato, in qualche modo. il problema della parità di diritto da quello del disarmo effettivo, che viene ora a presentarsi come un compito esclusivo delle Potenze armate, dalla Germania stessa già completamente da lungo realizzato.

E' chiaro quindi che tanto più difficile diventa l'assunto di agire su di essa, perché receda o moderi le sue pretese al materiale difensivo, anche se le Potenze armate fossero disposte a qualche notevole ed immediata riduzione dei loro armamenti offensivi, perché la posizione tedesca consiste nel negare la correlazione fra i due generi d'armamento, il primo rappresentando la parità, e il secondo il disarmo, a cui essa non è tenuta non essendo armata.

n R. Governo desidera tuttavia affermare che la sua politica è stata, è, ed intende di essere quella del disarmo. Esso continua quindi a considerare una soluzione in questo senso come la più desiderabile. Se quindi, in tempo utile, i negoziati in corso aprissero la via alla fondata speranza che le Potenze armate sono decise unanimamente ad addivenire a notevoli misure di disarmo, l'Italia, conformemente ai suoi stessi interessi, non solo vi aderirebbe, ma non mancherebbe di associarsi e con la migliore buona volontà al tentativo di trame immediato partito per ottenere dalla Germania maggiori llmitazioni al suo riarmo, di quanto, allo stato presente delle cose sembri più possibile conseguire in via di accordi.

42 -Documentl Diplomatict -Serle VII -Vol. XIV

Il Governo di Sua Maestà Britanni~a converrà tuttavia che solo intendimenti preClSl e precisati al più presto, non subordinati a clausole o condizioni che già a priori non sono accettabili da altre Potenze, e di una portata tale da creare una posizione tecnicamente, giuridicamente e moralmente buona per i negoziatori, potrebbero dar qualche speranza di successo. In caso contrario, non si avrà che una rinnovata accademia di dichiarazioni, di controdichiarazioni, di discussioni e di recriminazioni, che, svolgendosi al cospetto di una pubblica opinione sempre più stanca e sfiduciata, non farà né potrà far nulla per e\'itare i deprecabili eventi a cui è stato accennato più sopra.

3. Pur lasciando quindi ancora aperta tale possibilità, ma passando, come lo esige l'urgenza del momento, alla situazione quale essa si presenta, il Governo Italiano si richiama a tre criteri pr~ncipali, cioè ad una condizione di fatto, ad una condizione di diritto e ad un argomento di probabilità che, nel loro insieme, gli sembrano tali da restringere il campo delle soluzioni e delle combinazwni entro limiti altrettanto chiari quanto ristretti e soddisfacenti.

a) *Condizione di .fatto: il pericolo che, se non interviene l'accordo, la Germania si dia da sola ancor più di quello che deve essere oggetto dell'accordo medesimo.

Tale constatazione porta naturalmente con sé il quesito della possibilità, della volontà e della portata delle sanzioni· che potrebbero intervenire ad impedire e reprimere quella iniziativa tedesca.

Il Governo italiano ritiene che il solo toccare di tale quesito basti per distogliere dall'eventualità di doverlo prendere in considerazione * (1).

b) Condizione di diritto. E' innegabile che alla Germania e agli altri Stati disarmati dai Trattati è stata riconosciuta solennemente la parità di diritti. L'impossibilità in cui si trovano le Potenze armate, firmatarie dei Trattati di Pace, di ridurre subito gli armamenti di materiale ad un livello che si avvicini ragionevolmente al livello del disarmo tedesco dà alle pretese tedesche di riarmo una forza giuridico-morale di cui non è facile negare l'evidenza. E se si può dimostrare, come apparirà in seguito, che anche la condizione della sicurezza si trova a essere ragionevolmente risolta, l'argomentazione in favore della Germania viene ad assumere un contenuto difficilmente refutabile.

c) Considerazione di probabilità. Il R. Governo Italiano ritiene di non poter non tenere nel massimo conto le dichiMazioni pacifiche del Presidente Hindenburg e del Cancelliere Hitler. A parte il fatto che non è possibile basMe degli accordi sul sospetto bisogna ammettere che le ripetute, uniformi dichiarazioni del Capo del Governo tedesco, coerenti alla sua « Weltanschaung » apertamente enunciata e chiaramente dimostrata, danno affidamento che gli accordi ben definiti e liberamente accettati, non solo non verrebbero rotti indebitamente, ma neppure, per tutto il tempo della loro durata, compromessi d!plomaticamente da nuove domande di allargamenti e di modifiche, come si è verificato nel passato.

E siccome poi l'esame di quello che sono gli interessi e le possibilità di un contraente conferiscono senza dubbio una certezza maggiore alla sincerità delle sue promesse, il R. Governo esprime il suo proprio fondato convincimento che la Germania di Hitler si stia al presente impegnando in un lavoro profondo di trasformazione e di interno riassetto, col qua1e mal si concilierebbero i disegni di pericolose iniziative oltre i confini. Non si accenna qui della impossibilità materiale di realizzare tali disegni, se esistessero, perché dell'argomento di tale possibilità -per un periodo più lungo ancora di quel che ci occupa -si to::cherà meglio pMlando della sicurezza.

Il) Nella redazione definitiva il brano fra asterischi è sostituito dal seguente: «a) condizione di fatto: !l pericolo che, se non interviene l'accordo, la questione della parità non abbia a risolversi di fatto, al di fuori delle intese tendenti ad ammetterla e regolarne le modalità. Tale constatazione porta naturalmente con s3 !l ques:to della possibilità, della volontà e della portata delle sanzioni atte a impedire e reprimere iniziative che non tengano conto dei trattati, ma la semplice considerazione di tale eventualità dà la misura della gravità della situazione che si determinerebbe in caso di mancato accordo, e conferma, se pure ve ne fosse bisogno, la necessità che ad esso si addivenga in modo sollecito e soddisfacente».

4. Premesso ed ammesso quanto sopra, il R. Governo stima che è ancor possibile addivenire ad una convenzione a condizioni che darebbero una soddisfazione -forse parziale, ma tuttavia positiva, alla coscienza pubblica, specie se questa fosse convenientemente illuminata. E' da rilevare a questo proposito che chiari indizi mostrano come, anche in paesi neutri direttamente interessati, la pubblica opinione si adatti all'idea che la questione capitale e pratica non sia più di impedire il riarmo tedes:::o, ma di evitare che questo si compia al di fuori di ogni regola e di ogni controllo. Costituendo sorgente di nuovi turbamenti e di nuovi immediati pericoli.

* A qual proposito il Governo Italiano non può tuttavia tacere che, se le sue precedenti proposte per dare alla Germania certe g~ustificate soddisfazioni, avessero incontrato subito e ovunque l'approvazione o per lo meno la comprensione di cui ha avuto prove da parte del Governo di Sua Maestà Britannica, le difficoltà dell'accordo sarebbero state allora certamente assai minori. Il fatto che, nei mesi trascorsi, le richieste tedes::ohe appaiono aumentate in linea assoluta e che ora siamo nella necessità di affrontarle nella nuova forma, dimostra, non già il difetto del metodo delle intese diplomatiche fra le principali Potenze interessate che preconizzammo, tensì la verità, che ci è sfuggito, e non per colpa dell'Italia, il momento in cui questo metodo poteva dare un risultato più soddisfacente e completo* tl).

5. Passando a dire più particolarn1ente della convenzione, quale il R. Governo la considera realizzabile e che potrebbe valere fino al 31 dicembre del 1940, essa dovrebbe importare anzitutto:

l) L'abolizione della guerra chimica, con ogni provvidenza di controllo atta a prevenirne la preparazione e l'addestramento, nonché la distruzione del macchinario e delle oflicine per la produzione di gas bellici.

2) Divieto del bombardamento delle popolazioni civili notando che nel campo dell'abolizione del bombardamento aereo si potrà procedere a misure più radicali, ove lo consenta la regola dell'interdipendenza degli armamenti di terra. di mare e di aria. Si noti che questa misura dovrebbe facilitare assai la soluzione del problema della parità aerea tedesca.

3) Limitazione allo standard attuale delle spese militari delle Potenze non vincolate dai Trattati, salvo clausole per le spese di rimpiazw e di completamento di opere difensive.

4) Limitazione allo standard attuale del materiale terrestre delle Poten:::e non vincolate, salvo le sostituzioni del materiale da radiare.

6. Per quanto concerne gli effeti-ivi, è da teneirsi presente che la richiesta germanica di 3CO.OOO uomini di presenza giornaliera è subordinata al fatto che le altre Potenze armate non riducano i loro effettivi alle cifre suggerite dal Piano MacDonald, ma conservino le loro cifre attuali. Ove si preferisse di affrontare il problema della riduzione, la Germania si dichiara pronta anch'essa a ridiscutere la cifra di cui sopra. Così stando le cose, il Governo Italiano, considerando lo standard attuale degli effettivi, per esempio della Francia, della Polonia e della Cecoslovacchia, dubita che si possa sostenere con successo che le proporzioni adombrate nel Piano MacDonald siano, nelle proposte tedesche, alterate in favore della Germania.

Quanto al problema in sé della riduZiione ed uniformazione degli effettivi, il GoVCirllO Italiano crede di dover ricordare ch'esso comporterebbe tali e tanti delicati problemi fra le altre Potenze contraenti, che l'affrontarlo potrebbe proc11astinare dannosamente la conclusione dell'accordo. Per quanto lo concerne, il Governo Italiano deve moltire lealmente prospettare che l'abbandono dei suoi attuali ordinamenti degli effettivi terrestri, nel senso del Piano MacDonald, comporterebbe certamente un aggravio di o>pesa non compensato da economie nel campo del materiale.

Esso è quindi propenso a trattare sulla base dello statu quo e della limitazione, che è offerta dalle proposte germaniche. Quanto alle tappe, in cui la trasformazione

delle forze tedesche e il loro accrescimento si avvererebbe, il Governo Italiano ritiene che le necessità tecniche le impongono di per sé alla Germania, e che quindi vi sia un terreno opportuno per farne oggetto di impegni contrattuali. Esso fa presente anche che l'opera di trasformazione non potrebte avvenire senza quella notevole diminuzione di capacità di azione, non solo offensiva ma anche difensiva, che accompagna di solito i periodi di radicali mutamenti degli ordinamenti bellici.

Mentre poi sembra difficile negare in linea di massima, se si tiene a vederle realizzate in regime di convenzione e di controllo, le richieste tedesche in fatto di armamento difensivo (pezzi fino a 135 mm, o equivalenti, da 6 tonn., aviazione da ricognizione o da caccia), potranno formare oggetto di discussione i limiti e la misura della proporzione tra il volume degli armamenti difensivi e gli effettivi concessi.

7. -Armamenti navali. Salvo l'esame dei chiarimenti precisi che la Germania desse per tale campo, la revisione eventuale dello statuto navale tedesco dovrebbe in massima essere rimandata alla prossima Conferenza Navale. 8. -Alle concessioni previste in accordi tracciati secondo queste linee, la Francia troverebbe una contropartita immediata e formidabile nel mantenimento intatto di tutto il suo armamento *potente, che basta a dare per tutta la durata della Convenzione una schiacciante superiorità anche alla Francia isolatamente considerata. La semplice considerazione di questa superiorità sembrerebbe bastante a concludere che il problema della «sicurezza» è già pienamente risolto. Ma se si aggiunge ancora l'efficienza di un formidabile sistema di difesa permanente delle frontiere e le forze di altre Potenze armate che fanno parte del sistema politico francese, ogni ulteriore esame del problema della sicurezza materiale, cioè basata sulla superiorità delle forze, appare inutile * ( 1). 9. -E' superfluo, passando alla sicurezza basata sui trattati, che il Governo Italiano ricordi il Patto di Roma, il Patto di Locarno ed il significato ed il valore dei loro impegni. Non è solo l'elemento formale o convenzionale di sicurezza che dà valore al Patto a quattro quanto la collaborazione in esso prevista in forma continua e metodica fra le Grandi Potenze occidentali tanto nel campo del disarmo quanto negli altri campi.

Al Patto di Locarno il Governo Italiano si considera lealmente vincolato non meno e non diversamente del Governo di Londra, e, appunto in grazia di questa ferma lealtà, non meno del Governo di Londra trova che ulteriori garanzie non solo eccedono i bisogni, ma, moltiplicandosi, verrebbero a menomare ognor più il proprio valore.

Il Governo tedesco ha inoltre offerto di recente la conclusione di Patti decennali di non aggressione con tutti i suoi vicini.

10. -Un'ultima e fondamentale contropartita all'accettazione delle richieste germaniche, e che costituirebbe insieme un nuovo contributo alla sicurezza, potrebbe essere l'impegno della Germania di ritornare a Ginevra, non solo per firmarvi la Convenzione generale del Disarmo, ma per riprendervi il suo posto nella Società delle Nazioni. Il Governo Italiano richiama vivamente l'attenzione del Governo Britannico sull'interesse di primo piano che presenterebbe un tale fatto. 11. -Il R. Governo non saprebbe da ultimo insistere abbastanza sulla necessità che gli scambi di vedute attualmente in corso possano finalmente condurre ad un progresso sufficiente a far uscire la questione dall'attuale punto morto e giustificare così una riunione di Ministri degli Esteri o di Capi di Governo delle quattro Potenze Occidentali, riunione alla quale potrebbero essere invitati i rappresentati delle altre maggiori Potenze interessate.

ALLEGATO Il

POINTS CONCERNING A REFORM OF THE LEAGUE OF NATIONS

l) The League Covenant will form an Instrument to itseif, and will be detached from the Peace Treaties by a speciai amendment in its Preambie and in Articles 4 and 5 which either explicitly or implicitiy refer to those Treaties.

2) The principai Powers are agreed upon the expediency of a procedure rendering it possibie to commit all or some of the functions assigned to the Council by the Treaties of Peace to another body whenever this shouid be considered necessary.

3) A permanent Committee composed of the permanent members will be created in the Council of the League itself. This Committee will consider beforehand all questions to be submitted to the Council who will if necessary hear any country which is not represented on the Committee but whose interests are directiy invoived.

The Permanent Committee will on each occasion decide as to when a question is to be submitted to the Council.

Every decision of the Permanent Committee of the Council must be unanimous.

4) The Great Powers will of course continue to be permanently represented on the Council, but this will be so constituted as to afford to every member of the League the concrete possibility of being equitably and in turn represented in the Council itseif.

The decisions of the Council will be taken with the consent of the Permanent Members and of two thirds of the other members excepting in those cases in which a speciai rule should otherwise provide.

5) The submission to the Assembiy of any case coming under Article 15 of the Covenant will be made following on a decision of the Council, and this even if the request for submission is made by the parties or by one of the parties concerned.

The functions contempiated in Paragraph 2 of Article 11 will be exciusiveiy reserved to the Council.

6) The decisions of the Assembly will be taken with the approvai of the Permanent Members of the Council and of the majority of the Members of the League excepting in those cases where a speciai ruie shouid otherwise provide.

7) The Permanent Committee will determine the pro::edure of application of those measures with the Council should propose within the frame of the Covenant, with a view to ensuring the maintenance of Peace and the fulfillment of obiigations arising from the Covenant.

With this end in view the Permanent Committee may propose consuitations with States non-members of the League whenever the necessity arises. 8) The Secretary Generai of the League will inform the Permanent Committee on all activities of the Secretariat.

The work which is at present being undertaken with a view to reforming the Secretariat will be continued in order to ensure a better soiution of all probiems requiring attention and a speedier and more efficient procedure in dealing with the singie questions.

(l) Si pubblicano qui alcuni brani di una lettera di Theodoli a Suvich del 27 gennaiorelativi a dichiarazioni di Austen Chamberlain: «I tedeschi fanno del bluff, ma sono furbi e profittano del disaccordo tra Inghilterra, Francia e Italia, mentre se Simon stringesse la mano sicura e forte di Mussolini guardandolo bene negli occhi, potrebbe imporre a Parigi ciò che sarebbe facilmente consigliato a Berlino da chi ha ancora un'influenza su quegli uomini i quali non potranno riuscire su vasta scala nella politica interna ed hanno bisogno di un successo, di politica estera. Come bene ha detto Mussolini, la questione del disarmo o del rLarmo è giunta oggi a un punto mo•·to. Bisogna assolutamente decidersi e presto, perché ogni giorno che passa favorisce il riarmo della Germania e questo può essere un grave pericolo,perché il giorno che i Nazisti si sentiranno forti, oseranno... Ecco perché Theodoli, se andate a Roma, vi prego di ripetere al Capo del vostro Governo che sta a lui, che vede chiaro e che può parlare ed influenzare Berlino, di prendere delle iniziative, di preparare degli accordi senza perder tempo e mettere il Foreign Office colle spalle al muro minacciandolo di far sapereall'opinione pubblica inglese che la piaga europea diventa, o può diventare, cancrenosa perché a Londra si esita, perché il Labour Party fa del sentimentalismo teorico astratto, perché Parigi trema, perché la Piccola Intesa è sopravalutata, perché 1 polacchi fanno un doppio giuoco!!! ».

(l) Questo documento è conservato in ASMAE in una serie diversa da quella in cui si trovano la lettera di Suvich a Drummond e l'allegato II. Si tratta tuttavia certamente dell'allegato I come risulta dall'annotazione a margine: «Da consegnare a Simon ». Esso è edito in inglese in DB, vol. VI, cit., pp. 246-251. Sulla stampa italiana del 1° febbraio è edita la redazione definitiva del memorandum che presenta alcune varianti di cui si riportano In nota le più significative.

(l) Il brano fra asterischi venne soppresso nella redazione definitiva.

(l) Nella redazione definitiva Il brano fra asterischi è sostituito dal seguente: «Non sembra dubb:o che, dal lato tedesco mll!tare, ciò basterebbe a garruntlrle una lndiscutlbile sicurezza per tutta la durata della convenzione, sicché questo problema, dal punto di vista materiale, potrebbe dirsi favorevolmente risolto. Questa osservazione acquista ancor più valore ove si consideri l'efficacia del moderni sistemi di difesa permanente del confini nonché gli aiuti assicurati dai trattati in vigore ».

526

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, SIMON (l)

APPUNTO. Roma, 3 gennaio 1934.

Il Ministro Simon ringrazia per gli appunti che gli sono stati trasmessi (2). Li ha Ietti col massimo interesse; si riserva di esaminarli più a fondo.

Iniziando la discussione sul disarmo, il Capo del Governo osserva che la situazione è tale per cui si impone al più presto di trovare una soluzione.

Il dilemma oggi è: o un riarmo parziale e controllato della Germania, in base ad una Convenzione, od un riarmo della stessa clandestino ed arbitrario.

Il punto di vista italiano parte dalla premessa che le lunghe discussioni sul disarmo hanno dimostrato che in oggi le Potenze armate od alcune di esse (particolarmente la Francia), non sono in grado di procedere a misure radicali di disarmo.

Conviene quindi prendere questa constatazione come elemento di realtà se si vuole veramente venire ad una soluzione.

Un progetto per avere possibilità di essere accolto deve d'altronde tenere conto di queste necessità: dare delle soddisfazioni all'opinione pubblica mondiale; dare delle soddisfazioni alla Francia; dare delle soddisfazioni alla Germania.

Nell'appunto da noi presentato si tiene conto della prima esigenza in quanto si abolisce la guerra chimica, si sopprime il bombardamento sulle popolazioni civili, si stabilisce come massimo il limite attuale degli armamenti.

La Francia trova anche nelle nostre proposte soddisfazione per il proprio punto di vista, in quanto mantiene la superiorità determinata da tutti i suoi armamenti così detti offensivi (essa rimane sempre il paese più armato del mondo), alla propria sicurezza negli accordi esistenti, che noi confermiamo, nei nuovi patti di non aggressione che la Germania è disposta a conchiudere, nel ritorno della Germania in seno alla Società delle Nazioni.

La Germania poi ottiene in pieno il riconoscimento dei diritti alla parità per le armi difensive nella forma da lei chiesta.

Sir John Simon non può dare subito una risposta definitiva (egli pensa

che noi neanche l'attendiamo oggi), dovendo informarne il proprio Governo,

ciò che egli farà immediatamente.

È sicuro di interpretare l'opinione di tutto il Governo inglese dicendo che

esso concorda nella diagnosi fatta dal Capo del Governo italiano sull'attuale

situazione in tema di disarmo. Egli per conto proprio è convinto che bisogna

concedere un parziale riarmo alla Germania.

È stato perciò non bene impressionato dalla presentazione della nota fran

cese che ritorna alla posizione del 14 ottobre, ormai superata, perché sulla

stessa la Germania ha espresso in forma esplicita il proprio dissenso.

Nelle ·Conversazioni avute a Parigi con Chautemps e Boncour egli ha insi

stito sul fatto che bisognava fare un passo avanti e non si poteva mantenerci

sul punto di vista precedente.

D'altronde l'Ambasciatore inglese a Berlino Phipps aveva avuto l'incarico

di chiedere alcune delucidazioni sulle proposte di Hitler e si è in attesa di una

risposta che sarebbe stato opportuno di avere prima che la Francia presentasse

la nuova nota a Berlino.

La risposta si calcola che non potrà giungere che fra una diecina di giorni

perché tanto Hitler quanto Neurath sono ripartiti per il Sud della Germania,

ove rimarranno fino al 10 del mese.

Da informazioni avute dal suo governo, egli può dire tuttavia che l'im

pressione avuta dalla nota francese è che la forma della stessa sia voluta

mente molto conciliante.

Sir John Simon si permette quindi di fare qualche osservazione e di chiedere qualche delucidazione. Egli osserva anzitutto che per l'opinione pubblica inglese fa una grandissima differenza se il progetto (a parte l'abolizione della guerra chimica e il divieto del bombardamento sulle popolazioni civili su cui tutti concordano) contiene qualche misura di disarmo o non ne contiene nessuna. In quest'ultimo caso egli può dire che l'opinione pubblica inglese, e forse non solo l'inglese, ne sarebbe profondamente emozionata.

A proposito del divieto di bombardamento sulle popolazioni civili, egli osserva che secondo i loro tecnici, l'applicazione pratica di questo principio non è facile. Egli si chiede se per esempio Venezia sia da considerare una località «civile». Lo stesso vale per Londra. Naturalmente ogni dubbio sarebbe risolto se si abolisse in massima ogni bombardamento dall'alto.

Il Capo del Governo non avrebbe difficoltà ad ammettere l'abolizione di alcuni grossi calibri che fanno specialmente impressione sul pubblico e delle tanks di maggiore portata. Per quanto riguarda l'abolizione del bombardamento, se la Francia e gli altri fossero d'accordo per sopprimerlo, egli non farebbe difficoltà.

Simon ha capito dal nostro appunto che in caso che noi procedessimo a qualche misura di disarmo, anche gli armamenti germanici dovrebbero essere compressi. Ora egli si chiede come ciò possa avvenire se gli armamenti germanici, di carattere difensivo, sono in stretta relazione con gli effettivi.

Il Capo del Governo risponde che la corrispondenza degli armamenti con gli effettivi può essere risolta con maggiore o minore larghezza. È una materia che è suscettibile di qualche negoziazione.

Sir John Simon dubita che i tedeschi vogliano sottoporsi, per quanto concerne l'armamento difensivo, ad alcuna limitazione.

Suvich fa presente che i tedeschi richiedono l'armamento difensivo anche come misura psicologica in rapporto con gli armamenti oggi esistenti negli altri paesi; quando si ottenesse una riduzione di tali armamenti offensivi da parte degli altri, si potrebbe agire sui tedeschi perché accettino una corrispondente riduzione della loro difesa.

Sir John Simon pensa che sarebbe più facile ridurre gli armamenti difensivi tedeschi riducendo i loro effettivi; la conseguenza ne sarebbe automatica; d'altra parte egli non si rende bene conto come si arrivi alla cifra di 300 mila uomini se i tedeschi dichiarano di voler avere una quarta parte degli effettivi degli Stati che formano parte del sistema francese.

Simon si preoccupa poi, e pensa che debbano preoccuparsi sopratutto i francesi, di quello che avverrà alla fine del periodo della Convenzione. Se allora la Germania più armata potrà costituire una minaccia per la pace, la Francia non vorrà rinunciare agli armamenti offensivi e quindi la Germania pretenderà le stesse armi per proprio conto. È chiaro che potrà in questo caso crearsi una situazione molto pericolosa per la Francia data la superiorità numerica tedesca.

Il Capo del Governo osserva che dopo il periodo transitorio ci riuniremo e ci regoleremo a seconda deHe circostanze. Evidentemente neanche noi abbiamo nessun interesse a che la Germania si armi potentemente, in modo da minacciare la pace d'Europa. D'altra parte il motivo di maggiore sicurezza per la Francia consiste nell'interesse che abbiamo -l'Inghilterra e noi -ad evitare che essa sia battuta e gravemente mutilata e diminuita nella sua efficienza dalla Germania. II giorno che la Germania non dovesse più fare i conti in Europa con la Francia, costituirebbe un serio pericolo per tutti gli altri.

Sir John Simon osserva inoltre che il divieto di aumentare gli armamenti deve essere preso con una certa elasticità. È noto il caso della Gran Bretagna che ha proceduto per proprio conto a una riduzione degli armamenti aerei, di modo che è passata nel campo dell'aviazione militare dal primo o secondo, al quinto o sesto posto. Ora se gli altri non procedono all'applicazione delle misure di disarmo, evidentemente l'Inghilterra dovrà rivedere la propria situazione.

II Capo del Governo è d'accordo che nell'applicazione di questo principio si debba consentire una certa elasticità.

Per quanto riguarda la sicurezza, Sir John Simon chiede se non si potrebbe pensare a far funzionare il Comitato consultivo già considerato dal Piano MacDonald. Questo Comitato consultivo, che entrerebbe in funzione al momento in cui fosse constatata l'infrazione agli obblighi della Convenzione da parte di una delle Potenze aderenti, avrebbe il vantaggio di consentire anche la partecipazione dell'America.

Il Capo del Governo ritiene utile ottenere in qualche forma la partecipazione dell'America e si riserva di esaminare la questione di tale Comitato consultivo.

II Ministro degli Esteri di Gran Bretagna chiede poi che cosa pensa il Capo del Governo nei riguardi del Giappone. Non è probabile che il Giappone aderisca alla Convenzione. Ritiene il Capo del Governo che tale adesione sia indispensabile o che una Convenzione possa essere conchiusa anche in assenza del Giappone?

Il Capo del Governo è di opinione che la questione del Giappone debba

essere considerata a parte e che la stessa non debba impedire la conclusione

di una Convenzione fra gli altri Paesi. Nei riguardi del Giappone si potrà

pensare a qualche disposizione speciale per i Paesi più direttamente interessati

come Stati Uniti, Cina, Russia.

Sir John Simon fa presente che anche la Gran Bretagna, per riguardo ad

alcune sue colonie, è grandemente interessata al problema.

II Ministro inglese osserva che, a suo modo di vedere, un impegno nuovo

firmato da Hitler acquista un valore particolare e può dare una garanzia mag

giore di quanto non rappresentino le antiche Convenzioni nelle quali è inter

venuta la Germania. Egli pensa che Hitler è un uomo sulla cui parola si può

contare. Chiede se da parte italiana si condivida tale sua impressione.

Il Capo del Governo risponde che questa è anche la sua opinione.

Simon osserva poi che non sarà facile ottenere per la Germania l'adesione

al suo reingresso alla Società delle Nazioni. La posizione presa dalla Germania

a questo riguardo è molto intransigente.

Il Capo del Governo osserva che quando si dia alla Germania la parità

e il riarmo difensivo da lei richiesto, le si offre anche la possibilità di ripren

dere il suo posto nella Società delle Nazioni.

Il Capo del Governo farebbe anzi di questo reingresso della Germania una «conditio sine qua non:. per l'applicazione della Convenzione.

Sir John Simon chiede poi come dovrà regolarsi nel caso che da altre parti, e specialmente da parte francese, gli siano chieste informazioni sulle conversazioni di Roma.

Il Capo del Governo dice che sarebbe sua intenzione di consegnare il nostro appunto tanto ai francesi che ai tedeschi.

Simon chiede se, prima di consegnare tale Memorandum alle altre due potenze, il che vorrebbe dire renderlo pubblico, non convenga attendere che dello stesso prenda conoscenza il Gabinetto inglese che si riunirà il 10 corrente. In seguito a tale riunione, potrebbe aver luogo un ulteriore rapidissimo scambio di idee per vedere se sia possibile accordarci su un comune punto di vista.

Il Capo del Governo vede l'utilità di questa procedura. Converrà tuttavia esaminare che cosa si possa dire agli altri due Paesi principalmente interessati. Certo che a un determinato momento bisognerà discutere la cosa a quattro, magari con l'intervento dell'America e per esempio della Polonia.

Sir John Simon ritiene che non sia ancora il momento di tale riunione. Il Capo del Governo è d'accordo; conviene inoltre ancora nella preparazione [sic]. Simon, riassumendo, elenca i seguenti punti che rappresentano il suo punto di vista:

l -Si approva la base su cui si fondano le proposte italiane ed è particolarmente d'accordo sulla necessità di arrivare al più presto ad una intesa. 2 -Per l'opinione pubblica anglo-sassone è importante che venga ottenuta in qualche misura una riduzione del materiale.

3 -È necessario che il progetto di accordo sia presentato in modo da permettere alla Francia di aderirvi senza dovere abbandonare certe posizioni di principio.

4 -Ritiene opportuno che venga tenuta presente la possibiiità di integrare l'accordo sul disarmo col patto consultivo previsto dal Piano MacDonald.

Si decide di riunirei nuovamente domani alle cinque e mezzo.

(l) -Al colloquio era presente Suvich. (2) -Cfr. n. 525, .allegati.
527

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, AL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA

L. R. P. Roma, 3 gennaio 1934.

Ti prego di far sapere a Morreale, in risposta alla sua del 23 dicembre

(n. 108) (1), che S. E. Suvkh, pur apprezzando il pensiero, ritiene preferibile che non abbia luogo il pranzo a cui Starhemberg vorrebbe invitarlo «in un

ristretto circolo di capi delle Heimwehren ~ in occasione della sua visita a Vienna.

Alla cosa potrebbe essere attribuito carattere di manifestazione e potrebbero derivarne commenti e 'Polemiche che, nella attuale situazione interna austriaca, è bene evitare.

S. E. Suvich sarà naturalmente lieto di rivedere a Vienna il Principe Starhemberg.

(l) Cfr. n. 503.

528

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, SIMON (l)

APPUNTO. Roma, 4 gennaio 1934.

Il Capo del Governo riassume la discussione di ieri (2).

Riguardo alla questione sollevata da Sir John Simon di lasciare il tempo perché sia messo al corrente il Gabinetto di Londra e per sentire le sue eventuali osservazioni, prima che il punto di vista italiano sia comunicato al pubblico, il Capo del Governo dice di non avere obiezioni.

Alle richieste che verranno fatte nel frattempo si potrà rispondere oralmente mantenendoci su una linea generica.

Simon ritorna sulla questione della possibile limitazione quantitativa degli armamenti difensivi da concedersi alla Germania; ritiene che il Governo tedesco non accetterà delle limitazioni. Egli pensa però che forse si potrebbe seguire un altro metodo. A quanto gli dice l'Ambasciatore Phipps, Hitler è un uomo col quale non è facile ragionare; che però si può impressionare con argomenti di carattere sentimentale. Dando una prova di fiducia a Hitler col concedergli la parità nell'armamento difensivo da lui richiesta, si potrebbe domandargli di obbligarsi in un protocollo aggiunto a fare un uso moderato di tale diritto.

Chiede che cosa ne pensi il Capo del Governo.

II Capo del Governo condivide questa opinione; se si fa la concessione ai tedeschi della parità negli armamenti difensivi senza «chicaner », è certamente più facile ottenere da Hitler una moderazione nell'applicazione del principio.

Suvioh ha riportato la stessa impressione nei suoi colloqui con Hitler: alle sue insistenze perché i tedeschi si accontentassero di un riarmamento graduale, Hitler rispose che non poteva accettare questo come una clausola della convenzione ma che avrebbe potuto impegnarsi unilateralmente a seguire una determinata gradualità (3).

«Si ha l'impreEsione che Hitler persegue scopi nazionali come li ha perseguiti Stresemann ma con metodi diversi. Hitler tiene sopratutto a ridare fede all'onore tedesco e a non fare

Il Capo del Governo è di opinione che nell'attesa dell'ulteriore corso delle attuali conversazioni debba essere sospesa la riunione del 21 a Ginevra.

Simon consente: ne parlerà a Henderson.

Su un altro argomento, quello dell'Austria~ Simon osserva che l'Inghilterra si è pronunciata nettamente per l'indipendenza austriaca che intende sostenere con tutti i mezzi morali: ne ha fatto il punto principale della sua polit~ca nell'Europa Centrale.

Il Capo del Governo osserva che l'atteggiamento inglese è molto opportuno. Noi naturalmente, come Stato confinante, possiamo andare anche più in là e preoccuparci anche della situazione interna austriaca, in modo che il governo di Dollfuss ne riesca rinforzato. Non c'è dubbio che questo atteggiamento italiano e il metodo seguito si sono dimostrati efficaci nei riguardi dell'Austria, perché se noi non avessimo preso una posizione così decisa a quest'ora forse dell'indipendenza austriaca non si parlerebbe più.

Passando all'argomento riforma della Società delle Nazioni, il Capo del Governo chiede a Simon se ha esaminato il nostro Appunto.

Simon lo ha esaminato con interesse: non è però in grado di commentarlo. Sono questioni troppo complesse e delicate perché si possa dare una risposta senza uno studio profondo.

Il Capo del Governo si rende conto di tale necessità e avverte che la questione potrà essere esaminata con tranquillità.

Sir John Simon, a proposito del punto primo del nostro Appunto, osserva che a lui pare che la nostra idea di dividere il Patto dai Trattati sia molto ragionevole; è forse più che altro una questione di forma, ma che ha una certa portata morale. Chiede al Capo del Governo se, quando egli parla nel primo documento di fare rientrare la Germania nella Società delle Nazioni, egli pensa gìà alla riforma della Società delle Nazioni.

Il Capo del Governo risponde che egli ritiene che la Germania deve entrare senz'altro come contropartita per la parità degli armamenti difensivi che le si vuole concedere. Poi la Germania collaborerà insieme con noi per risolvere la questione della riforma.

Sir John Simon è molto lieto di questa risposta perché altrimenti il reingresso della Germania, anziché costituire una facilità, avrebb~ costituito un'ulteriore difficoltà dal punto di vista di altre Potenze e principalmente della Francia. Egli quindi interpreta che nelle intenzioni del Capo del Governo i due problemi: disarmo e riforma della Società delle Nazioni, sono successivi.

Il Capo del Governo conferma.

Simon non nasconde che l'opinione pubblica inglese è stata profondamente commossa e anche preoccupata per il pericolo che la Società delle Nazioni venisse distrutta. Si diceva in Gran Bretagna che, mentre la Germania vuole la morte violenta della Società delle Nazioni, l'Italia ne vuole la morte lenta.

nulla che svaluti la nazione di fronte a se stessa. Egli appare sincero in questa sua volontà e sembra essere oggi una buona politica quella di non "chicanrr·· ma di dargli una prova d! fiducia che possa Indurre Hitler a tenere fermo su questa sua politica dl dignità che puòridare quell'elemento di sicurezza in Europa, che era venuto a mancare. Il Signor Hitler chiede la parità per le armi difensive. Concedere questa parità sarebbe la prova di fiducia di cui sl parla...

La concessione delle armi difensive dovrà avere come contropartita il ritorno della Germania nella Società delle Nazioni (questa informazione è da dare solo ai tedeschi e al francesi) ».

Tutte le dichiarazioni ufficiali inglesi hanno sempre insistito sull'attaccamento della Gran Bretagna verso la Società delle Nazioni. Evidentemente tutti gli uomini responsabili si preoccupano degli scacchi subiti recentemente dalla

S.d.N. e desiderano di trovarvi un rimedio. II Capo del Governo avverte che i suoi progetti di riforma tendono a rendere più efficiente la Società delle Nazioni anziché a indebolirla. Simon chiede se nel comunicato che si farà in seguito alle attuali conver

sazioni non si potrebbe mettere in rilievo questo concetto.

II Capo del Governo non ha nulla in contrario.

Simon chiede poi come procedura per le eventuali riforme se il Capo del Governo sarebbe contrario a servirsi dell'art. 26 del Patto che prevede già una revisione del Patto stesso.

II Capo del Governo risponde che in massima non è contrario a seguire tale procedura per quanto riguarda l'art. 26; se esso può servire allo scopo non c'è ragione di andare in cerca di altri sistemi. Se domani si constatasse che tale articolo non funzioni, saremo sempre in tempo di prendere delle altre disposizioni.

II Capo del Governo vuole intrattenere ancora Simon su una questione che rappresenta una nube, anzi l'unica nube nei rapporti tra i nostri due Paesi: intende parlare della questione di Malta. Tale questione non esisteva affatto per gli italiani; è stata creata con una serie di provvedimenti determinati da preoccupazioni assolutamente inesistenti. La politica attuale del Governo di Malta non fa che aggravare tale situazione. È assurdo voler elevare al rango di lingua il dialetto maltese che non serve che per i rapporti locali. Tutti questi provvedimenti contro la lingua italiana è chiaro che non possono lasciare indifferente l'opinione pubblica italiana e d'altra parte non corrispondono neanche alla linea seguita dal Governo inglese. Se Simon vorrà prendere diretta visione della questione di Malta, vedrà come sia basata su una enorme montatura.

Sir John Simon dichiara di non essere il meglio qualificato per discutere la questione di Malta. Egli ritiene però che sia poco pratico insegnare ai ragazzi fin dalle classi elementari due lingue straniere.

Suvich osserva che per i maltesi l'italiano non è una lingua straniera: è una lingua che parlano e comprendono comunemente oltre il loro dialetto. Il Capo del Governo conferma, e con riguardo a quello che stanno facendo gli inglesi a Malta che «le jeu ne vaut pas la chandelle ».

Simon osserva che della questione di Malta si è già occupato il Gabinetto inglese: egli ad ogni modo, pur non essendo come ha già detto qualificato, intende occuparsi della questione; spera che questa nube potrà scomparire.

(1) -Al colloquio era presente Suvich che redasse il presente appunto. (2) -Cfr. n. 526. (3) -Cfr. i seguenti brani di un «Appunto riassuntivo sulle qu~stioni del disarmo e della riforma delia Società delle Nazioni dopo i colloqui con Simon » dell'8 gennaio, privo di firma ma probabilmente di Aloisi:
529

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 4 gennaio 1934.

Non sarà possibile di dare un giudizio definitivo sul Memorandum rimesso dal Governo francese a quello tedesco altro che dopo averne esaminato il testo preciso. Le indicazioni riassuntive fornite con l'aide-mémoire del 2 gennaio consegnato da Chambrun (l) consentono tuttavia alcune considerazioni sia dal lato «tecnico» che dal lato «politico».

In linea tecnica il Memorandum del Governo francese sembra marcare un leggero progresso sulla posizione da esso assunta il 14 ottobre a Ginevra, che però sostanzialmente resta immutata. Come si ricorda, la posizione presa dalla Francia il 14 ottobre fu la seguente. Niente inizio di disarmo immediato, secondo era stato proposto dal progetto MacDonald del 16 marzo scorso. Invece disarmo in due tappe, di cui la prima di prova, durante la quale la Francia avrebbe conservato tutti i suoi armamenti e la Germania non avrebbe riarmato. Introduzione del criterio del « controllo » in luogo di quello della «sicurezza »

o quanto meno preliminarmente ad essa ecc. ecc. -Il Governo francese :q.iente innova a tutto questo. Solo per quanto riguarda gli aeroplani parla di una riduzione proporzionale del 50 % a partire dai «primi anni » (che però non dice esattamente quali essi siano) ed introduce anche per il materiale aeronautico il criterio del controllo, rLprendendo però contemporaneamente l'idea della creazione di una forza aerea internazionale quale scopo ultimo da raggiungere.

In linea più precisamente politica il memorandum francese contiene fra l'altro le seguenti affermazioni e cioè che:

-i patti di non aggressione non devono toccare in niente gli accordi di Locarno (questione della zona demilitarizzata)

-nessuna rivendicazione territoriale esistendo tra Francia e Germania secondo la stessa affermazione del Cancelliere Hitler, «la plupart » dei problemi che si presentano tra i due Paesi sono problemi europei di cui la soluzione non può essere considerata all'infuori degli interessati e della S.d.N.

-la cooperazione internazionale alla quale la Francia invita la Germania deve avvenire nel quadro più appropriato a tale politica cioè a dire la S.d.N.

Dopo la firma del Patto a Quattro e nonostante la controassicurazione data alla Piocola Intesa con la nota lettera Boncour interpretativa del Patto stesso, la Francia aveva mostrato di appoggiarsi meno sulla Piccola Intesa e di prendere in maggior considerazione il fattore italiano (maggiore di quello che fosse mai avvenuto) nei suoi rapporti con la Germania. L'attuale Memorandum segna evidentemente un ritorno alla tendenza precedentemente prevalente di una maggiore solidarietà ed unità di intenti e d'azione con la Piccola Intesa e di minor conto dell'elemento italiano. Il Governo francese nell'assumere tale posizione bada evidentemente anche al fatto che i suoi rapporti con la Russia si sono venuti nel frattempo rafforzando sia per l'azione positiva svolta da esso stesso, sia -per la Russia -per l'azione dirò cosi negativa svolta dalla Germania. Il fattore russo entra certo per buona parte nell'atteggiamento francese.

Interessante da ultimo di notare la frase « ... i Patti di non aggressione dovrebbero mettere tutti i firmatari al sicuro da qualsiasi interferenza nei loro affari interni», nella quale l'allusione all'Austria è evidente.

(l) Non pubblicato.

530

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 5 gennaio 1934.

Il Signor Lugosianu mi chiede una risposta definitiva per il Patto di amicizia.

Gli rispondo che oramai noi siamo decisi a !asciarlo decadere.

Mi chiede se sia possibile fare qualche comunicazione che lasci intravedere

la possibilità di iniziare in un tempo futuro dei negoziati per un nuovo

Patto.

Gli

dico

che

mi

pare

difficile.

Egli insiste pregandomi di riconsiderare la cosa per non dare l'impressione della rottura dei buoni rapporti fra l'Italia e la Romania (l).

A proposito delle <<Guardie di ferro » mi dice che si tratta di una organizzazione di spirito assolutamente nazional-socialista e imbevuta di tutte le idee mistiche della dottrina hitleriana. Sono completamente in mano dei gruppi più avanzati del terrorismo social-nazionalista.

531

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 68/3 R. Vienna, 7 gennaio 1934, ore 24 (per. ore 3,35 dell'B).

Con rife·rimento ai miei telegrammi per corriere 228 e 2 (2) ed alla convocazione dei capi delle Heimwehren indetta da Starhemberg per il 9 corrente onde ottenere da Dollfuss (anche sotto la pressione imminente venuta di

S. E. Suvich) speciale assicurazione per una attività di governo in senso prettamente fascista, mi risulta che cancelliere è animato da favorevoli disposizioni e da propositi di positive azioni. In particolare egli pensa a convocare per quattro settimane « Schutzcorps » in vista scioglimento graduale diverse Diete, compresa quella di Vienna, con conseguente nomina commissari speciali.

Da parte sua ministro del commercio (che è intimo amico di Dollfuss), parlando della ... (3) austriaca, ha rilevato «profonda amicizia del cancelliere austriaco per l'Italia e sua volontà procedere con essa a qualsiasi accordo

Il 9 gennaio fu preparato un telegramma che informava la legazione a Bucarest della decisione di non rinnovare il patto di amicizia ma ne venne sospeso l'Invio. Altro telegramma venne spedito 11 14 gennaio (cfr. n. 557).

politico ed economico :.. Detto ministro ha poi ribadito essere intenzione del cancelliere liquidare definitivamente fronte corporativo, specie se Starhemberg · assuma impegno aderire incondizionatamente fronte patriottico; di sciogliere gradualmente partito socialista, agrario e cristiano sociale; e di procedere al più presto riforma corporativa, pur non nascondendo difficoltà che presenti sua attuazione e circostanza che persino in Italia essa è tuttora in evoluzione. Ministro del commercio non ha infine escluso che Dollfuss possa decidersi allargare influenza del vice cancelliere su direzione sicurezza pubblica, ricorrendo tuttavia a temperamenti che escludano ritorno su decisioni prese nell'ultima crisi. Ha accennato al riguardo alla possibilità che il cancelliere deleghi vice cancelliere temporaneamente a sostituirlo nella direzione di detto importante ministero. Aperture del ministro del commercio confermano quanto cancelliere mi è andato dicendo nell'ultima settimana e di cui alla mia precedente corrispondenza. Aggiungo che ispirazioni e richieste Heimwehren faranno og

getto imminenti abboccamenti fra cancelliere e Starhemberg.

(l) Come risulta da un appunto per Suvich del 30 dicembre la direzione generale affari economici riteneva opportuno evitare ogni gesto suscettibile di indurre 11 Governo rumeno a rimandare o rifiutare la firma dell'accordo commerciale che ebbe luogo 11 5 gennaio.

(2) -Cfr. nn. 489 e 522. (3) -Gruppo lndecifrato.
532

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 69/4 R. Vienna, 7 gennaio 1934, ore 21,20 (per. ore 6,30 dell'B).

Mio telegramma n. 3 (l).

Ho visto vice cancelliere.

Egli mi ha esposto stato d'animo Heimwehren insistendo che esso risponde

a stessa necessità in cui travasi paese di incamminarsi su di una via assolutamente fascista, con il più accelerato dei tempi. Cosicché, più che specifica soddisfazione, Heimwehren desidera che il cancelliere si impegni a dare un ritmo nettamente fascista all'azione del Governo.

Nei riguardi attuali disposizioni di Dollfuss vice cancelliere mi ha confermato quanto ho riferito alla fine del mio telegramma n. 3 in merito varie specifiche questioni. Vice cancelliere ritiene che colloqui già in corso fra cancelliere e Starhemberg finiranno col raggiungere favorevole risultato.

533

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 89/6 R. Vienna, 8 gennaio 1934, ore 20,30 (per. ore 23).

Mio telegramma n. 3 (l). Mi risulta che mentre Heimwehren cercano ottenere, con la convocazione dei capi e dei sotto capi indetta per domani a Vienna, e sotto la pressione im

mlnente venuta S. E. Suvich, conseguimenti da me segnalati all'E. V., d'altra parte cancelliere austriaco si propone differire scioglimento municipio di Vienna a subito dopo predetta visita.

Tale propensione del cancelliere austriaco è interpretata da Starhemberg nel senso che Dollfuss voglia poi giustificare tale sua decisione con irresistibili pressioni da parte italiana.

Egli perciò ritiene che scioglimento dovrebbe essere anticipato o alquanto procrastinato.

(l) Cfr. n. 531.

534

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 16/5 R. Roma, 8 gennaio 1934, ore 23.

Prego V. E. prospettare a Henderson opportunità rinviare conferenza disarmo fissata per il 21 corrente in attesa chiarimenti che dovranno risultare da discussioni in corso fra grandi Potenze. Sarà opportuno che V. E. prenda prima contatto con Simon che si è dichiarato disposto a fare passo analogo per conto proprio Governo.

535

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 8 gennaio 1934.

Il Capo del Governo informa l'Ambasciatore de Chambrun di avere espresso nei colloqui con Simon il proprio punto di vista favorevole alla concessione dei 300 mila uomini alla Germania coll'armamento corrispondente però solo di carattere difensivo.

Come contropartita di questa concessione però, rimarrebbe a favore della Francia, a parte tutti i sistemi di sicurezza:

-il controllo; -la conservazione di tutte le armi offensive, e quindi una superiorità di

armamento schiacciante; -il ritorno della Germania in seno alla Società delle Nazioni; -la trasformazione della Reichswehr in un esercito a breve ferma, con

la crisi che ne deriverebbe per un determinato numero di anni.

Tale trasformazione --che potrà durare circa sei anni, cioè il periodo previsto per la convenzione -richiede per ragioni tecniche una determinata gradualità, di modo che perde importanza il fatto se nella convenzione ci sia o non ci sia una clausola relativa alla gradualità del riarmamento della Germania.

Il Capo del Governo aggiunge che se nel corso delle trattative ci sarà la possibilità di indurre la Germania a ridurre la propria richiesta di 300 mila uomini e del corrispondente armamento, egli sarà il primo a rallegrarsi per tale risultato.

La questione della trasformazione di aeroplani civili in aeroplani militari non deve preoccupare perché all'atto pratico questa diventa impossibile o quasi. Non ci sarà mai la convenienza a fare tale trasformazione anziché costruire degli apparecchi nuovi meglio adatti allo scopo.

L'Ambasciatore Chambrun trova molto interessanti queste dichiarazioni de'l Capo del Governo, che si affretterà a trasmettere a Parigi.

L'Ambasciatore di Francia parla poi del progetto di parità navale: prospetta al Capo del Governo la possibilità di fissare le costruzioni fino al 1936 per l'una parte e per l'altra in 60 mila tonnellate di cui 30 mila per naviglio leggero.

H Capo del Governo chiede se nelle 60 mila tonnellate sia compreso anche il Dunkerque ora sullo sca'lo.

L'Ambasciatore Chambrun risponde di no.

Il Capo del Governo ritiene che in queste condizioni la cosa per noi non abbia interesse: il Dunkerque è costruito appena per un terzo e noi dobbiamo considerarlo nel computo delle navi da costruire fino al 1936.

D'altra parte l'Ambasciatore deve rendersi conto che noi, accettando il tonnellaggio massimo di 26.500 tonnellate per le navi di linea facciamo già una concessione alla Francia, ed otteniamo in contropartita la parità nella costruzione del naviglio leggero.

È chiaro che alla Francia potrebbe disturbare molto se noi costruissimo fino al 1936 due navi di linea di 35.000 tonnellate l'una.

L'Ambasciatore Chambrun chiede se la cosa sia possibile tecnicamente.

Il Capo del Governo risponde affermativamente.

L'Ambasciatore ritiene che tuttavia convenga tentare di raggiungere un accordo in questa materia perché il nostro dissenso verte non su cose che si faranno ma su cose che non si faranno.

Il Capo del Governo riconosce la esattezza delle osservazioni dell'Ambasciatore, ma d'altra parte noi non possiamo rinunciare al principio della parità nelle costruzioni.

536

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

N. s. P. 80017. Roma, 8 gennaio 1934.

All'E. V. non sarà certo sfuggito, attraverso ai rapporti del nostro Ministro ad Addis Abeba, come il Governo Abissino cerchi in tutti i modi di farci dei

43 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

dispetti e di dimostrare in ogni occasione di tenerci in poco conto. Non basta: non ci si perita colà di tener desto lo spirito aggressivo verso di noi additandoci (e non a torto) come i principali loro nemici, come coloro che un giorno dovranno provare ancora il peso delle loro armi.

Per l'Abissinia la nostra vittoriosa partecipazione alla grande guerra non vale affatto: né si ha colà menomamente il senso dell'aumentato prestigio dell'Italia dovuto all'opera dell'E. V. e del Fascismo. Noi siamo sempre e soltanto i vinti di Adua.

Nessun conto si fa del patto di amicizia del 1925 (1). A me pare che da che reggo questo Dicastero e che perciò ho diuturne occasioni di occuparmi di questioni etiopiche, le cose vadano man mano peggiorando, ed io non sono pessimista di carattere.

Con la politica morfinizzatrice ordinata da V. E. a me pare che ciò che maggiormente si sia ottenuto fin qui sia stato un crescente sprezzo a nostro riguardo. Né si è potuto dar sviluppo a quella politica periferica cercando d'attirarci i capi, perché l'opera accentratrice del Negus-Neghesti è stata molto abile e la grande maggioranza dei capi non agisce che nella di lui orbita.

D'altra parte, bisogna confessarlo, sarebbe pericoloso per noi e non tempestivo, anche il solo tentativo di sollevare qualche rivolta.

Sono stato indotto a scrivere a V. E. quanto sopra dalla lettura del rapporto qui inviato dal nostro addetto militare in Etiopia, in data 21 novembre u.s.

V. E. può, se crede, richiedere tale rapporto al Ministero della Guerra, o anche a me stesso; ma io credo doveroso sintetizzare qui sotto quanto è detto nel rapporto stesso, facendo rilevare i punti più notevoli di esso.

1°) -Sensibile arrivo in Abissinia di armi e munizioni. Sembra che alle partite già giunte a destinazione altre ne seguiranno a breve scadenza. L'entità accertata degli ultimi arrivi di materiale bellico e dei quantitativi ordinati, è la seguente:

-5 cannoncini mitraglieri Oerlikon da 20 mm. (con 2500 colpi);

-6 lanciabombe Stokes-Brandt (del tipo in servizio presso l'Esercito francese e completi di accessori) ; -24 mitragliatrici (complete anche dei materiali per il someggio); -175 fucili mitragliatrici (del tipo in servizio nell'Esercito belga). Non

risultano ancora giunti a destinazione, ma risultano partiti dall'Europa alla fine di novembre; -5000 fucili o moschetti Mauser. Non risultano ancora giunti a destinazione, ma risultano partiti dall'Europa alla fine di novembre; -9.500.000 cartucce per fucili o moschetti Mauser e Lebel. Ne sono giunte finora 6.000.000;

-È stato inoltre accertato l'arrivo ad Addis Abeba, dal luglio al settembre, di altre 3 partite di armi e munizioni del peso di 150 tonnellate. Non se ne conosce ancora con esattezza la specie;

-Pare anche che siano giunti a Gibuti n. 210 fucili mitragliatrici e sia in corso una fornitura da parte inglese di 5 autocarri armati.

Tali fatti sono sintomatici, ed assumono un particolare rilievo ove si consideri che la provvista, in cosi larga misura, di materiali bellici e moderni, nonché la tendenza (di già in parte messa in atto) di uniformare il tipo di armamento e di munizionamento esistente in Etiopia modificano sensibilmente a nostro danno la proporzione esistente fra i nostri mezzi e quelli del probabile avversario.

2°) -Dal nostro addetto militare è messa in rilievo la particolare attività dei Ministro francese in Addis Abeba e dell'addetto militare francese Ten. Colonnello Guillon: essa lascia intuire la larga partecipazione della Francia al rifornimento delle armi nonché al lavoro di organizzazione militare dell'Impero etiopico. Tale politica, che non è nuova per noi da quando abbiamo messo piede nell'Africa Orientale, si vale dell'opera assai abile del Ministro e dell'addetto militare francese, i quali, per la grande conoscenza dell'ambiente acquistata durante la lunga permanenza in Abissinia, nonché per l'influenza che godono presso il governo e le autorità locali (e pare anche presso lo stesso Imperatore), sono in grado di crearci indirettamente delle difficoltà e di alimentare la diffidenza degli abissini verso di noi, che siamo da loro considerati un pericolo per la indipendenza del loro paese.

È stato accertato che il Ten. Colonnello Guillon partecipa attivamente in Abissinia agli studi e alle predisposizioni di carattere militare che potranno essere attuate in caso di conflitto contro di noi. Egli inoltre mantiene un contegno ambiguo e sospetto verso il nostro addetto militare al quale fornisce notizie false per distrarre la sua attenzione e la sua vigilanza su quanto realmente avviene ai nostri danni.

Il Guillon risulta personalmente interessato, insieme al proprio Ministro, alle forniture di armi.

3°) -Il nostro Addetto Militare esprime l'opinione -che io condivido di non fare passi ufficiali per protestare nei riguardi dell'introduzione di armi e munizioni in violazione della convenzione tripartita, anche nel caso di fatti positivi ed accertati, perché, mentre le armi continuerebbero ad essere ugualmente introdotte in Abissinia clandestinamente, ci verrebbe reso estremamente difficile il controllo.

Come V. E. vede noi continuiamo laggiù ad essere insidiati dai francesi e, in sostanza, anche dai belgi, i quali sostengono il continuo migliore armamento degli Abissini, che non può essere rivolto se non ai nostri danni.

Di fronte a ciò è nostro obbligo dare sempre maggiore incremento e sostanza ai nostri preparativi.

Per quanto riflette uomini e materiali si fa tutto quanto è possibile coi mezzi consentiti dal bilancio. Ma, in attinenza alla memoria che V. E. mi ha dato circa la nostra preparazione militare laggiù, è necessario ed urgente (secondo me) prendere altre provvidenze, sopratutto di ordine logistico, le quali richiedono tempo e denaro per essere effettuate.

In testa a tutto, la costruzione o il miglioramento delle strade adducenti al nostro fronte meridionale di difesa, che è anche quello di partenza per le auspicate operazioni offensive.

A V. E. il decidere.

(l) Da ASMA!.

(l) Sic per 1928.

537

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 102/9 R. Vienna, 9 gennaio 1934, ore 20 (per. ore 23).

Mio telegramma n. 5 (1).

Spontaneamente, non appena iniziata la nostra conversazione, cancelliere austriaco mi ha detto volermi mettere al corrente confidenzialmente di alcuni avvenimenti. Riassumo:

lo -Per molteplici vie gli erano stati fatti in questi ultimi tempi approcci per una détente con la Germania. Il più serio era stato quello compiuto dal ministro Frick, autorizzato da Hitler, presso ministro d'Austria a Berlino (mio telegramma per corriere n. 2 del 1° corrente) (2). La condizione posta era che lo scambio di idee dovesse essere effettuato fra Dollfuss e Habicht ed in condizioni di segreto assoluto.

2° -Cancelliere austriaco, malgrado sua antica e viva opposizione a trattare con Habicht, cominciava tuttavia a propendere per una risposta affermativa, ritenendo non potere ignorare una proposta proveniente stesso cancelliere germanico.

3° -Egli, avendo avantieri constatato non solo un acuirsi dell'offensiva nazista, ma anche la recisa avversione delle Heimwehren ad un siffatto colloquio, aveva deciso declinare offerta incontro ed iniziato invece una seria resistenza contro i nazional-socialisti, che avevano mostrato d'ignorare fin anche ultime misure di clemenza adottate a capo d'anno dal Governo federale verso noti tre agitatori nazisti (mio telespresso n. 26) (3).

4° -Così anche questo nuovo tentativo per una détente col Reich era venuto a cadere e al Governo non rimaneva che il compito di reagire adeguatamente contro l'agitazione nazista.

5° -Cancelliere ha aggiunto che si era riservato informarmi delle trattative su accennate al momento che avesse preso una decisione definitiva, ciò che avrebbe fatto avantieri domenica se non fossero sopravvenuti gli avvenimenti che lo hanno indotto a rinunziare al colloquio in questione.

Cancelliere si è mostrato adirato delle intemperanze dei nazisti e della viva campagna da loro svolta in questi ultimi sette giorni (4).

(l) -T. s. 81/5 R. dell'B gennaio, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 522. (3) -Non pubblicato. (4) -Si pubblicano qui alcc.ni passi della C. CXII di Morreale dell'8 gennaio: «StB!dle ... lamentando l'arretramento della posizione delle Heimwehren verificatosi dopo la soddisfazione da esse ottenuta nel settembre scorso, ha aggiunto che persona in grado di sapere esattamente quel che è avvenuto in occasione del rimaneggiamento del gabinetto che escluse il Winkler, gli ha confidato che quell'arretramento le Heimwehren Io devono per il venti per cento al ministro di Francia Puaux e per l'ottanta per cento al Winkler. AI primo perché egli nel settembre -sebbene a malincuore, aggiungeva lo Steidle, ma per preciso ordine di Pau! Boncour -si era presentato a Dollfuss ad esprimergli nel più cortese dei modi l'esplicito desiderio del governo francese di vedere accentrato nelle mani del cancelliere il potere esecutivo (sicurezza ed esercito), come di fatto avvenne; al secondo perché l'esclusione delle Heimwehren dal dicastero dell'esercito formò e forma oggetto del patto segreto concluso dal
538

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 9 gennaio 1934.

Il Ministro Lugosianu dice che dopo un anno di permanenza a Roma è tratto a fare il bilancio dei risultati ottenuti:

Nel campo economico c'è all'attivo l'accordo commerciale testé concluso; nel campo politico invece al passivo il mancato rinnovamento del patto di amicizia che può dare l'impressione di un cambiamento nei buoni rapporti finora esistiti fra l'Italia e la Romania.

Chiede al Capo del Governo quale significato debba dare a tale mancata rinnovazione del Patto.

Il Capo del Governo risponde che non bisogna drammatizzare la cosa. Era un Patto che aveva perduto O!!ni ragione di attualità, per cui nessuno potrà meravigliarsi che dopo alcuni aggiornamenti di sei mesi in sei mesi si è lasciato cadere. Le ragioni per cui il patto non è stato rinnovato sono di varia indole.

In primo luogo il sistema della Piccola Intesa a cui appartiene la Romania sta serrando sempre più i propri legami, di modo che a noi non è chiaro se facendo un Patto con la Romania non siamo involontariamente tratti ad entrare in rapporti con tutto il consorzio che persegue fini politici diversi.

Secondo. -La Romania sta entrando ora nel ,patto balcanico di cui pare imminente la costituzione, i cui fini sono estranei alla politica italiana. In terzo luogo il Ministro degli Esteri Titulescu ha assunto negli ultimi tempi un atteggiamento che dobbiamo considerare nettamente antitaliano.

Il Ministro Lugosianu osserva che ci sono però altri campi in cui la politica italiana e la politica rumena hanno degli interessi comuni: ad esempio nella questione dell'Anschluss. La Romania è grandemente interessata come l'Italia ad evitare la ripresa del Drang nach Osten della Germania che renderebbe praticamente vassalli i Paesi dell'Europa sud-Orientale; mentre la Romania non ha nessuna ragione di opporsi ad una prevalenza della influenza italiana in questi Paesi.

Dollfuss col partito agrario e quindi col Winkler all'atto della esclusione di quest'ultimo dal ministero...

Starhemberg ha elevato il tono ed ha affermato che al momento stesso in cui Habicht fosse giunto sul territorio austriaco per trattare con Dollfuss, le Heimwehren avrebbero ritirato il loro appoggio al governo attuale non essendovi più alcun dubbio che questo aveva tradito la fiducia di tutti coloro che avevano ad esso affidato la causa austriaca...

Devo aggiungere che negli ultimi giorni sono pervenute direttamente a me e sono giunte anche alle Heimwehren, dalla stessa fonte confidenziale le seguenti informazioni: Alla Wilhelmstrasse e nei circoli industriali di Ber'ino viene diffusa la voce che S. E. Suvich in occasione del Suo soggiorno in Germania avrebbe dichiarato che l'Italia è disposta ad abbandonare tutte le sue idee ed aspirazioni in Austria a favore del Reich, che nulla osterebbe da parte italiana ad una sincronizzazione dell'Austria a condizione che: 1° che non si tratti di un'unione effettiva; 2° che il P.pe Starhemberg non venga incarcerato o comunque molestato...

I Nazi di Germania non intendono abbandonare alcuna pretesa in Austria che è l'unico punto dell'Europa in cui il Reich può ottenere un successo territoriale senza conflitto armato. Un ricorso alle armi dovrà essere evitato ancora per due anni fino a quando cioè la Germania non abbia ripreso la sua antica posizione mllitare. L'agitazione nazista in Austria sarà intensificata e gli austriaci devono convincersi che più presto cederanno, tanto meno gravi saranno le condizioni ».

Il Capo del Governo osserva a sua volta che per evitare l'Anschluss, la Romania non ha fatto e non pare disposta a fare nulla. L'unico paese che ha preso posizione decisa in tale questione è l'Italia. Quindi dalla Romania, in tale riguardo, non ci viene alcun aiuto.

Il Ministro Lugosianu vorrebbe intrattenere il Capo del Governo sulla situazione interna della Romania: il Capo del Governo lo ringrazia ma risponde che gli affari .Interni riguardano soltanto H Paese interessato (1).

539

IL CAPO GABINETIO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 9 gennaio 1934.

Colloquio con l'Ambasciatore di Germania.

Mi ha pregato di dargli ulteriori schiarimenti, oltre quelli fornitigli da S. E. Suvich, circa alcuni punti della riforma della Società delle Nazioni proposta da V.E.

Altre informazioni mi ha chiesto circa il progettato patto a quattro balcanico. Gli ho riferito quanto m'ha esposto ieri Nouman bey. Anche von Hassell è di opinione che la eventuale conclusione di questo accordo non arrecherà soverchio giovamento alla causa della pace in quel settore.

Passato a parlare delle relazioni russo-tedesche, mi si è dimostrato molto preoccupato. Mi ha detto di aver riferito a suo tempo a Berlino le informazioni che gli avevo fornite in base a comunicazione del R. Ambasciatore a Mosca sulle attuali mene franco-russe (mio appunto sul precedente colloquio con l'Ambasciatore di Germania in data 27 dicembre u.s.) (2).

Ha ricevuto ora da Berlino una risposta molto pessimista al riguardo, dato che l'ultima conversazione di Nadolny con Litvinoff, durante la quale questi si è dimostrato riservatissimo e duro, non è approdata ad alcun 'fisultato. Infine mi ha rimesso il qui accluso promemoria (3) trasmessog1i dal suo Ministro sulla questione della Sarre. Era alquanto allarmato della voce raccolta a Ginevra, secondo cui sarebbe stata nominata dal Consiglio una commissione incaricata di seguire gli sviluppi di tale questione.

L'ho rassicurato sulla inesattezza e intempestività di tali voci e l'ho messo al corrente della risposta al riguardo che oggi ha trasmesso al Consiglio (promemoria a V. E. in data di og,gi) (4).

Ho accolto la smentita con soddisfazione. Evidentemente il suo Governo

tiene a che la questione della Sarre non sfugga dalle mani del relatore italiano.

(l) -Sulla situazione interna rumena e sull'assassinio di Duca da parte delle Guardie di Ferro Sola riferì con telespr. 43/17 del 10 gennaio, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 512. (3) -Non si pubblica perché integralmente riportato nella prima parte del n. telespr. 201230 del 13/1. (4) -Non pubblicato.
540

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO (l)

T. R. 22/3 R. Roma, 10 gennaio 1934, ore 16,30.

Questa legazione d'Ungheria, per incarico del suo Governo, ha espresso il desiderio di conoscere se e come procedano le trattative tra Piccola Intesa e codesto Governo per il riconoscimento diplomatico dell'U.R.S.S. da parte Piccola Intesa. Il Governo ungherese vedrebbe serii inconvenienti nella possibilità che Piccola Intesa fosse rappresentata da un unico agente a Mosca, e in tale ordine di idee ritiene anche che sarebbe da evitare che i negoziati per riconoscimento diplomatico vengano condotti collettivamente in quanto in certo senso si potrebbe venire a creare un precedente.

Ritengo che punto di vista ungherese sia ragionevole. Se la Piccola Intesa riuscisse ad avere un rappresentante comune, questo le darebbe pretesto per impostarsi a Grande Potenza ad ogni fine utile ai suoi interessi. Vedrà V. E. se senza farne oggetto di un passo o di una comunicazione particolare le sia possibile di ra.ppresentare opportunamente l'ordine di idee a oui si ispira il Governo ungherese.

541

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI (2)

T. 23/3 R. Roma, 10 gennaio 1934, ore 18.

Faccia sapere a Dollfuss che nei recenti colloqui con Simon si è parlato anche dell'Austria. Ministro inglese ha ribadito che atteggiamento inglese è favorevole indipendenza Austria ma ho compreso che questo atteggiamento sarà tanto più energico quanto più decisa ed energica sarà azione cancelliere. Giorno in cui quest'azione apparisse inorganica e rassegnata Governo inglese abbandonerà Austria. Ora tutto quanto è accaduto durante la cosidetta tregua natalizia dimostra che o Dollfuss vuole fare sul serio e allora non è più tempo di palliativi o Dollfuss non è capace di disincagliarsi e a1lora la sua causa in Inghilterra e altrove è perduta. I mesi passano, Riccione è ormai lontano e l'Austria è quella di prima ed il Governo austriaco appare sempre più irresoluto. I suoi proclami ricordano ormai le grida spagnuole di manzoniana memoria.

(l) -Per la risposta cfr. n. 530. (2) -Minuta autografa di Mussollnl.
542

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 10 gennaio 1934.

Sotto la mia presidenza ha avuto oggi luogo una riunione per esaminare l'attuale fase delle relazioni italo-albanesi e quale linea di condotta ci convenga di adottare.

Erano presenti S. E. Aloisi, i Ministri Plenipotenziari Buti e Koch, i Comm. Faralli e J acomoni.

Il R. Ministro a Tirana ha esposto la situazione creata in Albania dal nostro fermo atteggiamento, particolarmente nel campo finanziario, mettendo in rilievo come le conseguenze di tale atteggiamento si facciano sentire in modo sempre più sensibile sul Governo e sul popolo albanese e come lo stesso Re Zog, visti cadere nel vuoto i suoi tentativi di cercare altrove diversivi e appoggi, si stia ormai convincendo non esservi per l'Albania e per il suo attuale regime altra via di salvezza che un accordo con l'Italia. Ha però soggiunto che il prolungarsi del nostro atteggiamento, sostanzialmente passivo, può presentare alcuni pericoli e cioè:

1°) che Re Zog profitti dell'attuale periodo di tensione per farci perdere posizioni che noi già abbiamo (ad es. Concessioni petrolifere ambite anche da altre nazioni) (l) e alle quali noi aspiriamo (ad es. la gestione del porto di Durazzo che potrebbe essere affidata a società straniere).

2°) che lo stesso Re Zog si valga del diffuso e crescente senso di malessere per inasprire in Albania le già esistenti correnti antitaliane e del suo atteggiamento ultra-nazionalista per guadagnarsi l'animo dei fuorusciti che lo avevano accusato di aver venduto il paese all'Italia.

3°) che quegli elementi contrari al Re, e in prima linea i cattolici, che hanno sinora tenuto lo sguardo su Roma in attesa di un aiuto per rovesciare l'attuale regime, finiscano per abbandonarci temendo che noi si voglia approfittare del loro atteggiamento per premere su Re Zog, ma che il vero scopo della nostra politica sia quello di accordarsi nuovamente con lui.

Ciò promesso il Ministro Koch ha riferito circa un interessante colloquio avuto lo scorso mese di dicembre con Re Zog (2), il quale ha in tale occasione esposto quali dovrebbero essere, a suo avviso, le basi per un regolamento di tutte le questioni pendenti tra l'Italia e l'Albania e per una chiarificazione dell'attuale situazione non scevra di pericoli.

Le questioni di cui si è già parlato in questi ultimi tempi -concernenti le Scuole, l'AGIP, l'AIPA etc. -sarebbero, a detta del Sovrano albanese, tutte

di secondaria importanza e la loro soluzione non potrebbe offrire alcuna difficoltà qualora le questioni più importanti fossero state definite con reciproca soddisfazione.

Tali questioni più importanti sarebbero quella militare e quella economica.

Per quanto concerne la prima, Re Zog si è dichiarato disposto non solo a valorizzare nel modo più ampio l'opera dei nostri organizzatori seguendone consigli e direttive, ma a ridare al nostro addetto militare la posizione e i poteri che aveva il generale Pariani, a rimettersi completamente a noi per quanto concerne la organizzazione della marina, a venire incontro ad ogni nostra richiesta in materia di aviazione.

Per quanto concerne la questione economica Re Zog ha detto che qualora la SVEA non acconsentisse a un profondo rimaneggiamento delle convenzioni originarie con conseguente larga decurtazione del debito, essa dovrebbe almeno concedere una lunga moratoria gratuita. Ha poi dichiarato che intende rinunciare al prestito gratuito che avrebbe dato cattiva prova, preferendo vederlo sostituito con un altro prestito che dovrebbe avere, per non urtare le suscettibilità albanesi, tutte le caratteristiche di un'ordinaria operazione di credito. Tale prestito, che dovrebbe aggirarsi tra i 30 e i 40 milioni di franchi oro, dovrebbe servire sopratutto a potenziare l'agricoltura. Naturalmente per tale opera di potenziamento il Governo albanese si varrebbe dell'ausilio di tecnici italiani e ricorrerebbe esclusivamente a nostre ditte.

Infine Re Zog dopo aver messo bene in chiaro che per il momento non è il caso di parlare di Unione doganale, ha dichiarato di esser pronto a concludere con l'Italia qualsiasi accordo che abbia come pratica conseguenza di convogliare tutte le esportazioni albanesi verso l'Italia e di importare da quest'ultima tutte le merci occorrenti al mercato albanese.

Senza farsi alcuna illusione sulla buona fede del proponente, anzi avendo l'impressione che le di lui proposte siano precipuamente rivolte a far passare in seconda linea alcune questioni che egli non vuoi risolvere secondo i nostri desideri, si è ritenuto che non conven~g !asciarle cadere, perché di un nostro rifiuto egli potrebbe abilmente giovarsi per rivolgere contro di noi l'opinione pubblica albanese. D'altra parte v'è da credere che durante il periodo delle trattative il Governo di Tirana si asterrà dal continuare nell'atteggiamento ostruzionistico da lui adottato ora nei confronti di tutte le imprese italiane consentendo ad esse un certo respiro.

Si è perciò concluso che convenga mostrarci pronti a discutere le proposte di cui si tratta avvertendo però Re Zog che non si può accettare le sue svalorizzazioni di alcune questioni più spinose e ·che anzi dette questioni devono essere trattate e risolte avanti od almeno contemporaneamente alle altre.

È stata esaminata in particolar modo la questione delle scuole confessionali a proposito della quale i'l Ministro Koch ha avanzata la proposta di staccarla dal resto delle trattative e accontentarsi che il Governo albanese concluda comunque un concordato con la Santa Sede allegando a sostegno di tale tesi che qualora il Vaticano, in cambio di altri vantaggi, ritenesse di dover cedere nella questione delle scuole, non potevamo mai mostrarci più intransigenti di esso in una materia che più particolarmente lo concerne.

È però prevalsa l'opinione contraria, avuto riguardo alla nostra posizione di protettori dei cattolici albanesi; posizione ereditata dall'Austria e che. pur non avendo alcun fondamento giuridico, anzi proprio perché manca di un fondamento giuridico, non potrebbe essere abbandonata senza grave danno per il nostro prestigio. Si è anche tenuto conto del fatto che in sostanza si sono voluti colpire da Re Zog i cattolici non per il loro attaccamento alla Santa Sede ma per il loro recente orientamento filo-italiano. (Il desiderio di vendetta cova nell'animo di Re Zog sin da quando i componenti del pellegrinaggio albanese vennero ricevuti da V. E.). Infine è stato tenuto presente che quando il decreto contro le scuole confessionali non era stato ancora sanzionato dal Re quest'ultimo fu avvertito dal R. Ministro a Tirana che tale provvedimento sarebbe stato da noi considerato come un atto poco amichevole.

Si è però ritenuto che, pur mantenendo ferma la nostra richiesta di riapertura delle scuole confessionali, non sia il caso di pretendere il ripristino della situazione preesistente e che nulla poi si possa obiettare a che la questione venga risolta in sede di trattative col Vaticano, che dovrebbero anzi essere da noi -se richiesti -facilitate.

La conclusione del concordato tra Albania e Santa Sede sarebbe così considerata come un mezzo per raggiungere lo scopo che ci prefiggiamo, mezzo che avrebbe il vantaggio di salvare il prestigio di Re Zog.

(l) -Il 30 dicembre, come risulta da un appunto dell'Ufficio Albania, si erano riuniti, in conformità dell'Istruzioni impartite da Mussolini, Ciano, Jung e Suv!ch in Via del Seminario per esaminare la situazione delle concessione petrolifere in Albania e stabilire le direttive da seguire, ed erano giunti alla conclusione, approvato dal Capo del Governo, che convenisse orientarsi verso la concessione di un prestito al Governo albanese per ottenere l'appoggio di que· st'ult!ma. (2) -Il colloquio aveva avuto luogo il 15 dicembre come risulta da un appunto di Koch per Mussolini del 12 gennaio.
543

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 10 gennaio 1934.

Sottopongo all'E. V. l'opportunità di comunicare, oltre che alle tre Ambasciate di Londra, Parigi e Berlino, anche a Mosca, Varsavia, Ankara e Washington il riassunto dei colloqui di S. E. il Capo del Governo con Simon. Per quanto riguarda Mosca mi pare che il Patto firmato di recente con quel Governo e in genere il tono delle conversazioni e dei rapporti che esistono tra i nostri due Paesi lo giustifichino ampiamente. In più è da tener presente l'attività che la Francia svolge in questo momento a Mosca. Questa stessa considerazione vale anche per Varsavia, come pure, in un certo senso, per Ankara (attività della Turchia nei Balcani, ecc.).

Per quanto riguarda Washington le ragioni della comunicazione sono evidenti (1).

Il 12 gennaio venne invece inviato alle ambasciate a Ankara, Bruxelles, Madrid, Mosca, Varsavia e Washington e alle legazioni a Budapest e Vienna il t. pe!l.' corriere 36/C.R. con notizie circa la parte relativa al disarmo degli stessi colloqui.

(l) Con telespr. rr. 200866 dello stesso 10 gennaio le ambasciate ad Ankara, Berlino, Bruxelles, Londra, Mosc,a, Parigi e Varsavia, le legazioni a Belgrado, Bucarest, Budapest, Praga e Vienna, e la delegazione a Ginevra furono Informate della parte relativa alla riforma della Società delle Nazioni del colloqui Mussolini-Simon (cfr. nn. 526 e 528).

544

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 134/4 R. Belgrado, 11 genaio 1934, ore 23,10 (per. ore 6,30 del 12).

Per Lei solo -Decifri ella stessa.

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente (1).

Miei telegrammi per corriere 230 e 237 del 20 e 28 dicembre (2). Jeftic mi ha oggi chiamato per ripetermi «uff1cialmente e per esser comunicato al R. Governo» e con qualche dettaglio in più quanto mi aveva detto Puric circa i:l complotto scoperto a Zagabria. Mi ha rimesso a tale proposito un breve appunto e chiesto provvedimenti decisivi perché fosse posto fine a denunziatami organizzazione terrorista che secondo lui esisterebbe in Italia (la indica come «campo di terroristi all'interno dell'Italia dove questi si esercitavano al maneggio di ordigni necessari per commettere attentati ed atti terroristi in Jugoslavia:~;). Ha aggiunto che ciò non solo troncava ogni possibilità arrivare a conclusione utile nei rapporti dei due paesi ma avrebbe potuto condurre invece ad una opposta gravissima irreparabile situazione.

Ha sollecitato diretto intervento S. E. il Capo del Governo per ogni provvedimento a porre fine a tale serissimo stato di cose.

Ho risposto respingendo sdegnato ogni insinuazione, negando ammissibilità quanto mi si denunziava e che mi sembrava parte della fantasia degli arrestati, (principalmente certo Pietro Oreb) rilevando che, in ogni caso, mancavano nell'appunto i dettagli atti a permettere ogni efficace inchiesta.

Jeftic ha replicato che fra tre, quattro giorni inchiesta finirebbe e che Ducic al suo ritorno a Roma fornirebbe ogni ulteriore dettaglio.

Il colloquio giungerà per esteso a V. E. lunedì mattina. Ma non posso esimermi fin da questo momento, nel ricordare tutto quanto scritto e detto, per molti mesi, marcare che siamo ad una svolta decisiva dei rapporti dei due paesi e che occorrono le decisioni di S. E. il Capo del Governo che invece con ogni piena e ferma coscienza.

545

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 11 gennaio 1934.

L'Ambasciatore von Hassell dà lettura a S. E. il Capo del Governo di una nota ricevuta da Berlino in cui si contiene un riassunto della risposta che sarà data ai francesi.

La risposta sarà tenuta in tono molto cortese e chiederà delle spiegazioni su determinati punti. L'impressione tedesca è che la nota francese non faccia avanzare molto la cosa perché i francesi sono ancora sulle posizioni dell'ottobre u.s. La nota francese tende a mantenere ancora per qualche anno disarmata la Germania.

Nella questione dei rapporti russo-tedeschi, l'Ambasciatore von Hassell ha l'impressione che le cose si mettono piuttosto male; i russi hanno assunto un tono di prepotenza fino ad ora inusitato.

Nell'ultimo colloquio con Nadolvy Litvinov si è mostrato oltremodo duro. L'Ambasciatore von Hassell chiede a S. E. il Capo del Governo se egli ritiene che si possa intervenire per mutare l'indirizzo della politica russa. Il Capo del Governo è di opinione che la questione sia gravemente compromessa.

A proposito dei rapporti cogli stati della Piccola Intesa e della denunzia del nostro trattato con la Romania, il Capo del Governo afferma che se dobbiamo venire ad un accordo con qualcuno di questi Paesi, lo faremo con la Jugoslavia che è il Paese che più ci interessa.

(l) -T. 283/3 P.R.. parl data. non pubbllcato. (2) -Cfr. nn. 493 e 514.
546

AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 11 gennaio 1934.

Sulla base dell'autorizzazione avuta da V. E. dopo la presentazione dell'ultimo pro-memoria relativo alla opportunità di un eventuale accordo con la Jugoslavia, è stato preparato uno schema di accordo che altro non vuol significare per il momento che la enunciaz:one di nostre proposte in risposta a quelle fatte dalla Jugoslavia.

Lo schema si compone di due parti di cui una generica pubblica ed una sostanziale riservata, con possibilità di diversa distribuzione tra parte riservata e parte pubblica.

La economia di tale progetto è basata sui seguenti punti:

l) salvaguardia del principio generale del revisionismo pur accordando alla Jugoslavia il riconoscimento delle sue attuali frontiere;

2) per far ciò l'articolo 3 del Protocollo riservato contiene le riserve «salvo che quegli accordi particolari che intervenissero in qualsiasi momento tra Jugoslavia e terzi Paesi, ecc.», che se accettata inserisce l'Italia nelle possibili revisioni di frontiere nei Balcani sotto la fo,rma già lanciata nel Patto a quattro, consensuale con esclusione di mezzi violenti;

3) ciò permette di svalutare completamente il prossimo patto balcanico a quattro;

4) l'accordo non escluderebbe quindi un atteggiamento revisionistico del centro-Europa e Danubio, al di fuori della Jugoslavia;

5) Per ciò che concerne l'Albania, il progetto non prevede un formale riconoscimento da parte della Jugoslavia della Dichiarazione degli Ambasciatori del 1921. È ormai infatti acquisito che la Jugoslavia è irriducibile nel negoziare una tale adesione. Si è invece escogitata la formula del riconoscimento politico dello statu quo in Adriatico, ciò che corrisponderebbe del resto meglio allo spirito dell'Accordo e che non significherebbe altro che la costituzione di un mare clausum con prevalenza italiana.

Stimo che per portare a compimento l'Accordo, occorra affrontare delle leali spiegazioni sule linee principali di questo per le seguenti ragioni:

l) Perché le trattative finora condotte hanno potuto lasciare un certo dubbio sulla sostanza e sul pensiero del R. Governo.

2) Una volta stabilito che il R. Governo non abbandona il principio revisionistico, pur garantendo come detto nell'Accordo le frontiere della Jugoslavia, qualunque esito avranno le presenti trattative, esse lasceranno anche se negative, una situazione migliorata perché più netta e limpida.

Se l'Accordo venisse portato a compimento, esso avrebbe una influenza enorme sule trattative balcaniche in corso, sugli sviluppi ulteriori della Piccola Intesa e specialmente ai fini della nostra politica generale revisionistica di cui stabilisce nettamente i princ~pi da V. E. perseguiti.

V. E. giudicherà anche se l'Accordo non potrebbe rappresentare un notevole vantaggio nella nostra politica generale con le altre grandi Potenze e specialmente in sede di funzionamento del Patto a Quattro, nel cui spirito rAccordo da concludere sarebbe elaborato.

ALLEGATO I

PROGETTO DI TRATTATO

S. M. il Re d'Italia e

s. M. il Re di Jugoslavia

animati dal desiderio di mantenere e garantire un reciproco stato di pace e di stabilità politica necessari alla prosperità ed al progresso dei due Paesi

fermamente persuasi della opportunità di consolidare e sviluppare le relazioni politiche e economiche esistenti tra i due Paesi

nella convinzione di contribuire con questo loro atto alla riaffermazione nella fiducia della pace in Europa

hanno nominato come loro plenipotenziari

sono convenuti delle disposizioni seguenti:

Articolo l

I due Governi si impegnano reciprocamente ad una politica di pace e di amicizia.

Articolo 2

Le Alte Parti contraenti si accordano reciprocamente la garanzia delle attuali rispettive frontiere comuni.

Articolo 3

Le Alte Parti contraenti si impegnano a risolvere per la via pacifica, giusta la procedura prevista nella convenzione speciale firmata in pari data, tutte le questioni che eventualmente sorgessero tra due Stati e che non avessero potuto essere risolte nella normale via diplomatica.

Articolo 4

I due Governi si impegnano a consultarsi e a esaminare di comune accordo le questioni di reciproco interesse. Articolo 5

Le due Alte Parti contraenti si impegnano ad una politica di collaborazione economica. Un accordo particolare sarà da negoziare in separata sede.

Articolo 6

Le Alte Parti contraenti dichiarano che nessuna stipulazione del presente accordo contrasta con le stipulazioni degli accordi precedentemente conclusi dalle Alte Parti contraenti.

Articolo 'l

Durata di validità.

Articolo 8

Registrazione presso la Società delle Nazioni.

ALLEGATO n PROTOCOLLO RISERVATO

Con riferimento all'accordo di collaborazione e garanzia stlpulato in data odierna nonché in relazione alle conversazioni svoltesi nei giorni . . . . . tra . . . . . è risultata una identità di vedute sui seguenti ulteriori più particolari punti.

Le dichiarazioni che seguono sono da considerarsi ad ogni effetto come punti integranti ed essenziali di detto accordo e ne determinano pure ad ogni effetto la portata nonché i limiti:

1 -Le due parti dichiarano di essere contrarie ovunque e sotto qualsiasi forma ad una restaurazione absburgica.

2 -Le due parti dichiarano che il realizzarsi dell'Anschluss è da loro considerato contrario ai loro reciproci interessi nell'Europa centrale e danubiana. Esse si impegnano ad adoperarsi e a collaborare perché tale evento non si verifichi, concertandosi per tutte le misure di carattere politico e altre che possano reputarsi meglio atte a fronteggiare tale pericolo.

3 -L'Italia riconosce e garantisce lo statu quo territoriale per le frontiere attuali della Jugoslavia e per la situazione minoritaria fatta alle attuali popolazioni jugoslave, salvo quegli accordi particolari che intervenissero in qualsiasi momento tra la Jugoslavia e terzi paesi e che l'Italia potrà facilitare a domanda delle parti.

4 -La Jugoslavia dichiara che ove sorgesse una minaccia in relazione e in conseguenza a quanto previsto al comma 2, le alte parti si concerteranno sulle misure da prendere.

5 -L'Italia e la Jugoslavia riconoscono e garantiscono reciprocamente lo statu quo territoriale e politico esistente attualmente in Adriatico (1).

La Jugoslavia riconosce peraltro la preponderanza economica e marittima italiana in Adriatico, e per quanto riguarda l'Albania la cui indipendenza è un interesse tanto italiano quanto jugoslavo, essa vi riconosce la prevalenza dell'interesse (2) economico italiano *nonché la posizione economica che essa vi ha costituito * (3).

L'Italia da parte sua dichiara che tale posizione e la attività che ne deriva non è né può essere interpretata in nessun modo come diretta contro la Jugoslavia, *e contro la indipendenza dell'Albania* (1).

6 -Si conviene di procedere alla neutralizzazione di tutta la costa da Cerquenizza ad Antivari compresa Zara ed il suo territorio nonché di tutte le isole con modalità e limiti da farsi fissare di mutuo accordo dagli organi tecnici competenti rispettivi.

7 -Consorzio portuale Fiume-Sussak.

8 -Minoranze italiane in Dalmazia -esercizio professionale (2).

9 -Convenzione marittima-aeronautica per libertà di comunicazioni con Zara (3).

10 -Convenzione per la pesca (convenzione di Brioni) (4).

(l) L'appunto è privo di firma.

(l) -Qui aggiunto da Suvich «dichiarandone le acque comuni? ». (2) -suvich ha qui aggiunto «particolarmente». (3) -suvich ha posto fra parentesi quadre le parole fra asterischi.
547

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. CXIII. Vienna, 11 gennaio 1934.

L'ex colonnello Percevich che, come Le è noto, è qui l'organizzatore della propaganda croata da Vienna, mi ha fatto un lungo sfogo a proposito della sorda ma costante repressione dell'opera sua e dei suoi compagni da parte degli organi del Governo Dollfuss.

«Se come cittadino austriaco -egli mi ha detto -io vedo simpaticamente in Dollfuss un difensore dell'indipendenza dell'Austria, come croato devo dire che mai il lavoro di propaganda nazionale croata ha trovato tanti intralci come sotto il Governo di Dollfuss ».

Tale repressione -secondo il Percevich -si manifesta sia direttamente (espulsione graduale degli elementi croati, intralci alla pubblicazione del bollettino stampa della Gric, ascoltazione telefonica che ha costretto il Percevich a diminuire la propria attività a Vìenna spostandola altrove, rifiuto di stabilire contatti col Gen. Sarkotic verificatosi praticamente col mandare in fumo all'ultimo momento convegni fissati da personalità responsabili austriache) sia indirettamente col fornire agli organi di polizia della legazione di Jugoslavia a Vienna informazioni che avrebbero potuto nuocere od hanno nociuto a croati, o col procedere contro elementi croati a semplice richiesta della legazione suddetta.

Dall'autunno del 1932 in poi i nazionalisti croati di Vienna hanno interrotto ogni rapporto colla polizia di Vienna, da quando cioè poterono constatare che la dichiarazione fatta in polizia dal croato Jelic, qui di passaggio (ed espulso prima del tempo convenuto coi croati) di vivere col denaro che gli inviava la madre da Spalato aveva portato ad una perquisizione della polizia di Spalato in casa di quest'ultima ed a provvedimenti contro una sorella dello Jelic, impiegata alle poste di Spalato. Successivamente, facendo pervenire alla polizia di Vienna notizie inesatte e controllandone la ripercussione, i naziona

listi croati hanno avuto modo di convincersi che il suddetto rapporto era stato effettivamente stabilito ai loro danni. Interessante sarebbe altresì la tolleranza che le autorità ed il partito cristiano sociale austriaco dimostrano a favore di certo Vujeva che nel Burgerland svolge propaganda jugoslavofila tra i sessanta o settantamila croati che colà vivono e pubblica coi sudditi degli jugoslavi il giornaletto Krvatske Novine. Recentemente a Klagenfurt è stata operata una perquisizione in casa di un agente del nazionalismo croato, tale Senian, ed i croati di qui sono giunti nella convinzione che essa era stata eseguita in seguito a desiderio espresso dal console jugoslavo di Klagenfurt.

Il Percevich ha soggiunto che egli ed i suoi amici di qui ritengono nocivo impetrare dalle autorità austriache un po' di comprensione per una azione che non è affatto rivolta contro l'Austria, giacché sarebbe questo un atto di debolezza che potrebbe produrre l'effetto assolutamente opposto, pensano invece che se da parte italiana si facesse intendere a Dollfuss che la causa dei nazionalisti croati ci sta a cuore, la situazione di quest'ultimi in Austria potrebbe migliorare notevolmente.

Il Percevich mi ha quindi rivolto la preghiera di fare in modo che questo desiderio venga portato a conoscenza di S. E. Suvich per quell'atteggiamento che egli credesse di prendere in merito durante la sua prossima visita a Vienna.

(l) -Suvich ha posto fra parentesi quadre le parole tra asterischi. (2) -Suvich ha sostituito la parola «tutela» a quelle «esercizio professionale». (3) -Suvich ha qui aggiunto «e regime speciale per l'Isola di Ugllano ». (4) -Qui Suvich ha annotato «vedi 5 ».
548

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. CXIV. Vienna, 11 gennaio 1934.

Allorché si ebbe qui notizia, nel dicembre scorso, della prossima visita di

s. E. Suvich a Vienna, io, senza possedere alcun dato preciso, ma basandomi sull'esperienza ormai fatta colla tattica dei nazi, espressi il timore che il nostro Sottosegretario di Stato agli esteri giungendo in Austria avrebbe forse dovuto assistere ad uno sfoggio straordinario della propaganda nazista. Alla fine di dicembre si è saputo che i nazi di Germania avevano introdotto in Austria grandissime quantità di materiale per la propaganda spirituale e quella terroristica. Ora ci troviamo già davanti ad una ripresa imponente del terrorismo e ad una settimana di distanza dall'arrivo di S. E. Suvich. Il Governo austriaco annunzia pubblicamente che tale ripresa si deve al fatto che la grazia concessa ad alcuni reclusi è stata interpretata in Germania come un segno di debolezza. Poiché non di grazia si è trattato, ma di un semplice atto di scambio di prigionieri potrebbe tutt'al più parlarsi dello sviluppo della azione conseguente alla debolezza dimostrata dal Dollfuss di negoziare e concludere la liberazione di prigionieri austriaci in Germania, contro la liberazione di prigionieri austriaci (il Frauenfeld) in Austria, facendo così una palese rinunzia ad elementari diritti di sovranità statale. Ma tutto ciò è troppo occaslonale per prestarsi ad una spiegazione plausibile. Io preferisco tornare alla mia supposizione. Ed anzitutto stacco la politica ufficiale della Germania da quella del partito nazional-socialista; mentre la prima si atteggia disposta ad accordi ed a compromessi, la seconda ha il compito di sfruttare le ripercussioni di quell'atteggiamento. È, con tutti i perfezionamenti occidentali e prussiani del caso, quel che altra volta praticava la Russia sovietica, la tattica cioè dalla quale la Russia dovette uscire per liberarsi dall'isolamento in cui era stata posta. Ed ecco ora (perdoni se le infliggo delle considerazioni che non dovrebbero entrare nelle mie competenze) la mia teoria.

Avvenuta la visita di S. E. Suvich a Berlino ed annunziata subito dopo l'altra a Vienna, i nazional-socialisti di Germania dovevano dimostrare:

a) al Sottosegretario agli esteri italiano che l'agitazione nazional-socialista in Austria è ben più poderosa di quel che non gli sia stato descritto e di quanto Egli non abbia creduto;

b) alle altre potenze europee fare intendere che ogni visita ufficiale al Governo di Dollfuss è cosa che deve dare seriamente a riflettere prima di essere compiuta, poiché non va a genio al nazionalsocialismo. Per conseguire lo scopo i nazional socialisti di Germania devono aver fatto conto: su un Governo, quello di Dollfuss, che ricaduto nella tradizionale politica dei compromessi interni coi vari capi partito, è suscettibile di entrare in tutte le trappole; su una organizzazione che deve basarsi ora, dato il suo carattere terrorista, su un numero ristretto di persone e su grandi risorse di denaro.

E poiché l'organizzazione ha cominciato a funzionare, se ne possono trarre anche utili collaterali: dimostrare che il nuovo proclama al popolo per una più energica repressione resta lettera morta; far pensare a Dollfuss che il rifiuto di una visita quale quella di Habicht a Vienna non resta senza conseguenze immediate.

Ora, agli effetti della politica internazionale, v1 e da tener conto di una circostanza: che il materiale di propaganda spirituale e terrorista sequestrato dalla polizia austriaca (evidentemente una parte del copioso intiero) reca i segni della provenienza germanica. Sapranno gli austriaci approfittare di questa circostanza? Stando alla storia dovremmo dire di no: perché gli uomini del Ballhaus sono con tutti i loro intrighi e le loro menzogne gli stessi od i discendenti diretti di quegli altri che dovettero arrivare al delitto di Serajevo per capire che cosa preparava la Narodna Odbrana (e l'organizzazione nazionalsocialista è oggi, a differenza di qualche mese fa, del balcanesimo proveniente dal Nord). Possono approfittarne le altre potenze? Bisogna vedere se Dollfuss se lo merita.

Sono per principio contrario alle citazioni, poiché ogni pensiero aderisce al tempo in cui fu espresso, ma se le situazioni si ripetono o perdurano esse possono avere un valore. Voglia quindi indulgere a questa: il 9 agosto scorso in un promemoria (l) lasciato costà scrivevo: «Il Governo italiano ha il diritto di conoscere il programma di realizzazioni di Dollfuss con quella esattezza che è necessaria per giudicare le probabilità di successo. Questo perché il conflitto austro-tedesco ha le sue origini nelle questioni di politica interna dell'Austria e l'Italia deve sapere se parteggiando per l'Austria si espone inutilmente o con profitto alle eventuali conseguenze del suo atteggiamento~.

44 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Dollfuss può aver fornito poco appresso le linee generali del suo programma, ma, sia che lo abbia fatto con riserve mentali, sia egli soggiaciuto ad altre influenze non efficacemente controbilanciate, non ha mantenuto. E che la questione austro-tedesca si possa risolvere a favore dell'Austria solo se subordinata al rinnovamento dell'Austria lo dice anche il fatto che alcuni mesi di transazioni (dall'impegno scritto cogli agrari circa la delimitazione dell'influenza delle Heimwehren, alle bugie dette a rappresentanti diplomatici circa le trattative colla Germania per preparare la visita di Habicht) hanno notevolmente aggravato una situazione che dallo scioglimento del parlamento in poi avrebbe potuto svilupparsi invece favorevolmente.

La partita non è ancora perduta: ma se Dollfuss vuole essere aiutato deve adattarsi a sentirsi stringere le briglie e firmare i suoi impegni.

Da qualche settimana sento il bisogno di venir giù: non l'ho fatto per considerazioni locali; ma le sarei grato, ove la visita di S. E. Suvich dovesse ritardare, se volesse farmi sapere se la mia venuta le è gradita o se preferisce che resti qua.

(l) Cfr. n. 77.

549

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 143/13 R. Vienna, 12 gennaio 1934, ore 18,47 (per. ore 23,45).

Telegramma di V. E. n. 3 (1). Mi sono intrattenuto col cancelliere nel senso indicatomi. Cancelliere ha osservato: lo -che Inghilterra ha sempre ispirato sua politica alla massima «aiutati che il cielo ti aiuta~. 2° -che le di lui difficoltà sono d'ordine internazionale e d'ordine interno.

Le prime pel fatto che egli, non avendo voluto aggravare la situazione internazionale col richiedere alle [Potenze] interessate in base al protocollo di Ginevra del 1922 un loro diretto intervento presso la Germania, si è trovato a doversi battere da solo contro l'offensiva di Berlino, il cui prestigio è andato aumentando in seguito al plebiscito ed alla strenua difesa assunta dal Reich dei principi comuni a tutti i popoli vinti. Senonché questo era un problema che andava riesaminato ed egli conta anzi di intrattenersi con S. E. Suvich.

Le seconde dipendono dal fatto che egli un po' per seguire i consigli che gli venivano da Roma e da Londra; ed un po' per necessità della situazione interna, ha negli ultimi mesi voluto tentare -allentando i treni -una diretta intesa col Reich, nella cui realizzazione è ormai da lasciare ogni speranza.

3° -che egli teneva ben presente il problema di Riccione, ma già si trovava ad aver esposto i motivi che avevano prodotto attuale situazione interna, che a lui del resto appariva di combattimento, ma non cattiva. Per l'avvenire

avrebbe saputo ben provvedere. L'opera era già iniziata, e così dicendo alludeva alla nomina del Fey a Ministro della sicurezza pubblica. Gli ho risposto sviluppando le osservazioni di V. E. circa la condotta della politica interna da lui praticata.

Cancelliere mi ha replicato ribadendo le sue intenzioni di dare una maggiore influenza alle Heimwehren e dichiarando che avrebbe proceduto innanzi tutto ad una forte azione repressiva contro i nazi su tutti i campi, e quindi contro i social democratici. Anche di ciò si sarebbe intrattenuto particolareggiatamente con S. E. Suvich.

Cancelliere, se mi è parso stanco, non era però abbattuto. Ma ancora una volta mi ha dato l'impressione che egli intravveda le maggiori difficoltà sopratutto nel doversi districare da vecchi partiti e da personalità politiche con cui è rimasto troppo legato.

(l) Cfr. n. 541

550

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 149/5 R. Mosca, 12 gennaio 1934, ore 23,59 (per. ore 3,20 del 13).

Carattere collettivo trattative Piccola Intesa-URSS non è nuovo (mio telespresso n. 633 del 21 marzo scorso) (l) e trova sua giustificazione nella necessità da parte Romania, e per essa Titulescu, di salvare propria faccia per questione Pessarabia.

Nel confermarmi ciò ancora oggi, Litvinoff mi ha per altro aggiunto che sino ad ora nessuna (dico nessuna) proposta concreta in questo senso gli è stata fatta. Egli sa solo che Titulescu ha espresso desiderio incontrarlo prossimamente Ginevra, ove tuttavia Litvinoff andrà solo se situazione conferenza disarmo lo richiederà.

Litvinoff, mentre non si è mostrato propenso ad assumere impegni di sorta, non mi ha però dato impressione preferire trattative collettive, salvo, naturalmente, anche da parte sua, riserve inerenti questione Bessarabia.

Quanto a rappresentanza unitaria (mio telegramma n. 91 per corriere del 21 giugno scorso (2) e telespresso 1771 in data 29 agosto scorso) (3) Litvinoff non crede che sia possibile né desiderata dagli stessi interessati.

Per conto suo non esclude per altro possibilità avere lo stesso rappresentante accreditato per ciascuno dei tre Paesi e ciò per economia di uomini e denaro.

Consiglierei rappresentante ungherese affrettare proprie negoziazioni evitando apparenza di voler porre delle condizioni. Non è in questo momento che U.R.S.S. potrebbe essere disposta ad accettarne.

(l) -Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 252. (2) -Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 875. (3) -Non pubblicato.
551

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA S. RR. 3. Belgrado, 12 gennaio 1934.

Faccio seguito al mio telegramma riservatissimo di ieri n. 4 {1).

A sua richiesta mi sono recato da Jeftic nel pomeriggio. Egli ha iniziato la sua esposizione col dirmi che era costretto a ripetermi, ma in forma ufficiale e con preghiera di farne oggetto di comunicazione al R. Governo, quanto a titolo amichevole mi era stato comunicato da Furie il 20 dicembre (2).

Il giorno dell'arrivo di Re Alessandro a Zagabria erano stati arrestati colà tre giovani che volevano attentare alla vita del Re. Erano muniti di bombe perfezionate fabbricate all'estero e tutto faceva credere fossero state fabbricate in Italia. Il loro arresto era costato la vita di un agente, ma avevano potuto essere assicurati egualmente alla giustizia. Dalla istruttoria era risultato fino dal primo momento, e per loro ammissione, la loro provenienza dall'Italia. lvi esisteva un campo di concentramento di emigrati croati che avevano una organizzazione militare ed erano istruiti ed esercitati per entrare in Jugoslavia, per sollevarvi le popolazioni, commettere attentati, ecc. ecc. Di questo il Governo jugoslavo non aveva il minimo dubbio.

Mi ha poi rimesso un breve appunto su carta non intestata e che qui unisco in copia. Ed ha aggiunto che era con profondo senso di sconforto che portava alla mia conoscenza quanto mi aveva esposto. Egli era stato sempre animato dalle migliori intenzioni di giungere ad un accordo con noi. Ma non era possibile legare la politica del suo Paese a quella del nostro se non si aveva la piena fiducia reciproca. I fatti che egli mi denunciava la scuotevano profondamente e lo mettevano nella necessità di dirmi che in queste condizioni e fin che non si sapesse quali provvedimenti verrebbero presi da noi, non si potrebbe parlare di un qualsiasi progetto di riavvicinamento che pure sembrava prossimo e possibile. Anzi se malgrado questo passo le cose non dovessero mutare e se persistesse da parte nostra un aiuto agli emigrati croati, la situazione potrebbe rapidamente mutare e giungere ad essere delle più gravi e catastrofiche. La Jugoslavia sapeva quali misure di difesa adottare e le avrebbe adottate con ogni prudente calma, ma con ogni decisa fermezza.

*Il tono dell'esposizione di Jeftic è stato certamente di molto accoramento,

ma sostanzialmente calmo e misurato, anche nelle frasi minacciose ultime.

Ho letto rapidamente l'appunto ed ho risposto nel modo seguente * (3):

Poiché il governo jugoslavo si decideva a tale passo ufficiale non dovevo

dubitare un momento che esso non avesse bene misurato tutta la validità

e la serietà delle prove che esso credeva di avere in sue mani. Ma la prima

impressione di sorpresa e di sdegno che avevo dalla lettura del suo appunto mi

rendeva (ben più che la impressione di sorpresa e di sdegno che avevo provato dal suo precisare una situazione che mi sembrava dover piuttosto relegare nel regno delle favole fantasiose) assai scettico sul fondamento reale delle sue affermazioni. Per quanto potevo dedurre dal suo appunto le affermazioni si basavano sulla testimonianza degli arrestati o di uno solo di essi. Ora se effettivamente essi volevano attentare alla vita del Re, si trattava di esseri ano:·mali che lo studio della delinquenza politica precisa e fissa in tutti i loro caratteri quindi anche nella fantasia poetica o romantica nelle quali tal genere di delinquenti ama colorire ed ammantare i propri criminali progetti. Si rendeva egli Jeftic conto di quello che significava «campo di concentramento, etc. etc. 1>? La espressione andava certo al di là di ogni maggiore assurda ipotesi, e non derivava che dalla accesa fantasia di criminali o di polizia inquisitrice.

* -Dovevo quindi negare e nel modo più preciso e reciso la possibilità anche ipotetica di quanto egli mi enunciava. Che potessero esservi rifugiati in Italia dei croati non era impossibile dato che ragioni geografiche fanno sì che colui che fugge dalla Croazia o dalla Dalmazia debba anzitutto recarsi in Italia*. Che uno due tre di questi esagitati abbiano potuto incontrarsi e scaldare a rosso le proprie fantasie è anche possibile. Ma da ciò a passare alla denuncia di un campo di concentramento mi sembrava che il passo fosse troppo lungo ed arditamente assurdo. Quanto alle bombe non è difficile fabbricarne con scatole di sardine, polvere pirica e quattro chiodi. Chiunque le sa fare senza bisogno di tecnici. - * -Ed anche oggi vi era nel suo paese una insolente agitazione antitaliana * che se avessimo voluto forzarne il tono avremmo realmente potuto considerare turbativa delle relazioni !taio-jugoslave.

Egli mi ha interrotto dicendo che la persona di S. E. Mussolini era fuori di ogni sua intenzione ed osservazione, al che ho subito replicato che se di ciò avessi avuto anche la più vaga sensazione sarei stato costretto ad interrompere il colloquio ed andarmene.

E ciò tanto più, ho continuato, quando sede e tramite più appropriato per un tal passo sembravami Roma e quel Ministro Jugoslavo del quale avevo letto una smentita che si riferiva persino alla « esistenza di un complotto a Zagabria 1>. Ora se un complotto non esisteva non potevano esistere neppure complottatori, ed ancor meno poi questi potevano provenire dall'Italia ed avere fatto colà quel raffinato corso cui l'appunto alludeva. Non riuscivo a mettere insieme la smentita di Ducic con la comunicazione odierna.

Jeftic mi ha allora detto che effettivamente egli aveva pensato di incaricare Ducic della comunicazione odierna. Ma quando questa era stata decisa Ducic aveva già lasciato Roma, ed era prima di lasciare la sua sede che egli aveva chiesto la diramazione della sua smentita non autorizzata da Belgrado e basata su informazioni insufficienti ed incomplete in possesso di Ducic. Si era pensato a smentire la smentita. Ma si era preferito lasciare le cose così anche perché poi, a ben considerare, la smentita era utile in quanto permetteva di escludere, fin che ciò fosse possibile, ufficialmente ed apertamente la esistenza di un così grave momento delle relazioni ìtalo-jugoslave.

Egli confidava in S. E. il Capo del Governo perché ogni provvedimento utile fosse preso per mettere fine a quello che egli denunciava, e magari fossero presi provvedimenti contro autorità riconosciute almeno negligenti. Quanto alle bombe era più che provato che non potevano provenire che da una fabbrica, dato il loro perfezionamento tecnico.

Gli ho allora fatto osservare che quanto era contenuto nell'appunto era molto impreciso ed insufficiente per iniziare una qualsiasi indagine. lvi (salvo un nome di uno degli attentatori e vaghe indicazioni di un suo asserito attraversare l'Italia) tutto il resto era generico e vago. Come disporre una qualsiasi inchiesta, io stesso, sulla base di quanto scritto nell'appunto, non avrei saputo.

Jeftic mi ha allora detto che fra tre quattro giorni le indagini di polizia sarebbero compiute, e le risultanze sarebbero state date a Ducic per permettergli di fornire, al suo ritorno costà, ogni ulteriore utile indicazione. Mi ha pure detto che il Governo Jugoslavo sapeva della permanenza in Italia di Pavelic, Percec ed altri agitatori croati, e non poteva, per sua legittima difesa, non avere cercato ogni possibile indicazione sulla loro attività. Ne possedeva a dovizia sì da confortare ampiamente quanto ora risultava alle autorità di Zagabria.

Ero in gran parte preparato a simile colloquio poiché a Zagabria (dove

mi ero recato per i festeggiamenti in onore del genetliaco della Regina Maria)

avevo incontrato Ducic che con aria desolata mi aveva detto: «Signor Mini

stro, le cose erano tanto bene avviate fra noi che ogni maggiore speranza era

lecita e saremmo arrivati certo presto a quanto è nei nostri maggiori desideri,

se non fosse stato l'incidente di Zagabria ».

Facendo finta di non capire ho chiesto di che si trattava. Non comprendevo a cosa egli alludesse. E Ducic mi aveva aggiunto: «non ho il tempo di parlarvenc adesso, verrò sabato a Belgrado a parlarvene ».

Avevo poi notato all'Hotel Esplanade di Zagabria due lunghi colloqui di

Ducic col Bano di Zagabria e ne avevo immaginato l'oggetto.

Inoltre il 1° Segretario de Ciutiis, recatosi da Avakoumovic il 29 dicembre u.s., lo aveva trovato assai abbattuto e si era sentito dire con accento di sconforto che * «la diplomazia era un mestieraccio insopportabile, che egli non poteva più andare avanti»*.

Anche questa frase avevo subito legato al complotto di Zagabria.

Infine al R. Console Generale in Zagabria sono giunte notizie di detta

glio sul complotto e che corrispondono presso a poco a quanto risultato nella

prima istruttoria. Egli (sfrondate da frange di scarsa credibilità sulla azione

di Naggiar, Ministro di Francia, per questo incidente) le comunicherà ora

a V.E.

Si mostrava sorpreso che dettagli cosi precisi fossero conosciuti quando

si trattava di istruttoria segreta. Gli ho fatto osservare che le autorità stesse

avevano interesse a divulgarle.

Molti dettagli circolano anche a Belgrado. Me ne ha intrattenuto Nincic,

al quale ho smentito categoricamente ed energicamente ogni credibilità di

questo immaginario complotto. Nincic fra altro mi diceva che la segnalazione

specifica a Belgrado era venuta dal Consolato di Trieste che aveva segnalato

la partenza degli attentatori e precisato i nomi. Mi ha anche narrato che si sa

che dall'Italia sono venuti inviti ad ex ufficiali austriaci perché si rechino

per prendere il comando dei croati che sono colà militarmente organizzati.

Resto in attesa di quello che V. E. crederà prescrivermi di comunicare a

Jeftic, o crederà rispondere a Ducic quando questi verrà costà.

Mi sembrerebbe ozioso ripetere qui oggi un giudizio sulla situazione interna

della Jugoslavia, sulle forze croate e sui mezzi ed organi che le sorreggono

e le incitano, sulla sua politica estera e sulla linea di marcia della situazione

balcanica nella quale la Jugoslavia rappresenta il personaggio di maggiore im

portanza. Oggi vi è una inquietudine per la situazione interna rumena, ma ciò

non muta ancora certo la situazione generale balcanica, né ha influenza sulla

Jugoslavia se non per irrigidirla nelle sue direttive.

Non ho neppure nulla di nuovo da aggiungere sui rapporti itala-jugoslavi che già non abbia detto. In ogni caso richiamo tutto quanto ho scritto dal febbraio 1933 al 30 Dicembre dello stesso anno (vedi telegramma per corriere no 382/237 del 28/12) (l) ed è riassunto sinteticamente nelle due relazioni sulla politica estera ed interna della Jugoslavia partite per costà il 6 corrente (2).

Ma invoco con ogni subordinazione, ma con ferma voce, l'alta attenzione di S. E. il Capo del Governo in questo momento in cui forse possono decidersi le prossime sorti delle relazioni itala-jugoslave.

ALLEGATO

APPUNTO

Selon les aveux de Petar Oreb et suivant les résultats de l'instruction il a été établi que le sousnommé s'est rendu en Italie au printemps 1933 en passant par l'ile de Lagosta. De là, il a été conduit, par Zara, à Trieste et ensuite dans un camp de terroristes dans l'intérieur de l'Italie, où ces derniers s'exerçaient au maniement d'engins nécessatres pour commettre des attentats et des actes terroristes en Yougoslavie.

Au début de Décembre 1933, un certain nombre de ces terroristes, parmi lesquels Petar Oreb, furent désignés à se rendre en Yougoslavie pour y commettre un attentat contre la vie de s. E. le Roi le 17 Décembre lors de la célébration de Son anniversaire à Zagreb.

C'est àans ce but que Petar Oreb fut clandestinement introduit en Yougoslavie, munì èe bombes et de révolvers et ce n'est que grace à l'R.Ction énergique des autorités yougoslaves qu'il a été arrété à Zagreb, le 17 Décembre, et de la sorte empéché de perpétrer ce crime.

(1) -Cfr. n. 544. (2) -Cfr. n. 493. (3) -Le frasi fra asterischi sono sottollneate da Mussolinl. (l) -Cfr. n. 514. (2) -Non pubblicate.
552

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 150/29 R. Londra, 13 gennaio 1934, ore 3,05 (per. ore 9).

Mio telegramma n. 22 (l).

Dopo il mio colloquio con Simon, mi sono tenuto in contatto con Foreign Office e con Aghnides che è arrivato in questi giorni da Ginevra. Riassumo qui appresso situazione.

Simon ha visto Henderson ieri e lo ha messo al corrente delle conversazioni avute a Roma prospettandogli ragioni per le quali sarebbe utile non affrettare convocazione dell'ufficio presidenziale della conferenza. Egli non ha fatto una proposta precisa di rinvio ma si è, come mi aveva detto, espresso favorevolmente ad un rinvio cercando tenersi il più possibile vicino nostro suggerimento.

Henderson si è mostrato più conciliante di quanto credo che Simon si attendesse. Egli si rende conto delle ragioni assai importanti che militano in favore rinvio, comprende perfetta utilità di proseguire conversazioni fra le Grandi Potenze e non vuole da parte sua far nulla che possa intralciarle. Non crede però di potersi impegnare fin da ora perché desidera consultare colleghi presidenza e cioè Politis Benes e Avenol. Egli si reca perciò martedi a Ginevra e là prenderà una decisione.

Aghnides mi ha detto prima di partire da Ginevra egli si era messo in contatto con Politis e Benes che non sono contrari a un rinvio ufficiale della riunione ufficio presidenza; comunque, come ho già telegrafato, non avrebbe in ogni caso luogo prima del 29.

Questo ambasciatore di Francia mi ha detto che suo Governo è favorevole

a un rinvio a condizione tuttavia che si fissi una data precisa per riconvoca

zione bureau.

Vedrò domani mattina Henderson. Telegraferò (2).

553

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A MOSCA, ATTOLICO E A PARIGI, PIGNATTI

T. 44 R. Roma, 14 gennaio 1934, ore 13.

(Per Berlino): Informo V. E. per conoscenza che ho telegrato a Parigi e Mosca quanto segue:

(Per tutti): Ambasciatore Germania informa che Massigli in conversazioni con consigliere ambasciata tedesca Parigi avrebbe dichiarato che non sono in

corso negoziazioni per un accordo politico franco-russo, ma soltanto pourparlers normali su questioni di relativa importanza alcune delle quali trovato loro soluzione in accordi commerciali.

Prego V. E. voler cautamente indagare senza citare fonte e riferire.

(l) -T. 103/22 R. del 9 gennaio, non pubblicato (2) -T. 165/33 R. del 13 gennaio, non pubblicato: disposizione di Hendcrson a «considerare» il rinvio della riunione dell'ufficio di presidenza; sua intenz;one di consultarsi !n proposito con Bene~ e Politis.
554

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO

T. 45/4 R. Roma, 14 gennaio 1934, ore 13 (1).

Questa ambasciata dell'U R.S.S. ha informato che non vede obiezioni alla ripresa delle relazioni diplomatiche con l'Ungheria. Ritiene che scopo voluto possa essere rapidamente raggiunto con scambio di note senza negoziati e ha aggiunto che Governo ungherese avendo designato a questo scopo signor Jungerth ministro Ungheria ad Ankara sarebbe stato naturale che accordo venisse concluso ad Ankara.

Governo dell'U.R S.S., è tuttavia pronto per aderire desiderio ungherese e far cosa gradita R. Governo concluderlo a Roma iniziandovi conversazioni fra il suo rappresentante ed il signor Jungerth alla data che Governo ungherese vorrà stabilire.

È stato confermato Governo ungherese nostro desiderio che negoziati relativi si svolgano a Roma.

Informo di quanto precede V. E. per sua opportuna conoscenza.

Prego intanto V. E. di volermi far conoscere con la maggiore possibile sollecitudine quanto le risulti circa la procedura seguita da altri Stati per il riconoscimento dell'U.R.S.S. e circa forma adottata per riconoscimento stesso e conseguente ripresa relazione diplomatiche (2).

Avverto infine che signor Jungerth arriverà Roma verso 19 corrente.

Governo ungherese prega che notizia negoziati a proposito riconoscimento

U.R.S.S. sia tenuta segreta.

555

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. R. 365/5 P. R. Roma, 14 gennaio 1934, ore 13.

Questa legazione d'Ungheria ha confidenzialmente riferito (3) che Pavellc avrebbe comunicato ai dirigenti dell'emigrazione croata l'intenzione di traspor

tare in Ungheria, «conformemente al desiderio espresso da organi italiani,, gruppi considerevoli di «ustasi , . È stato risposto a questo incaricato d'affari ungherese che, nei nostri ri · guardi, la notizia è destituita di fondamento.

(l) -Non si pubblica un appunto di Aloisi per Mussolini dcll'B gennaio sul suo colloqu:o con l'ambasciatore dell'U.R.S.S. (2) -Attollco rispose con t. 184/6 R. del 15 gennaio che il riconoscimento dell'U.R.S.S. era stato .effettuato dai diversi Stati con trattato o con semplice scambio di note e che Litvinov riteneva nella fattispecie preferiblle la seconda forma più rapida. Comunicò inoltre che L!tvinov gli aveva confermato che, nonostante le pressioni in contrario i negoziati avrebbero avuto luogo a Roma. (3) -In un incontro con Buti del 9 gennaio.
556

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI AD ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, A SOFIA, CORA, A TIRANA, KOCH, E A VIENNA PREZIOSI

T. 49/c. R. Roma, 14 gennaio 1934, ore 17.

(Per tutti): Maximos mi ha confermato (l) quanto da tempo mi era già noto da parte turca che cioè fra Turchia, Grecia Rumenia e Jugoslavia è stato raggiunto accordo per garanzia frontiere balcaniche contro aggressioni. Invito partecipare rivolto pure Bulgaria. Anche caso non adesione Bulgaria patto rimarrà aperto firma quest'ultima. Conclusione dovrebbe essere imminente. Per confini balcanici dovrebbero intendersi confini comuni Stati partecipanti e anche caso non adesione Bulgaria sarebbero garantiti confini altri Stati verso Bulgaria. Era stato già espresso precedentemente punto vista italiano non favorevole questo accordo specialmente in caso mancata adesione Bulgaria dato che apparirebbe diretto contro quest'ultima, mantenendo così nei Balcani atmosfera diffidenza e turbamento. Con Maximos non si è discusso problema; mi sono limitato ascoltare sua esposizione. Non ho nessuna ragione mutare punto vista già espresso.

<Solo per Londra): V. E. vorrà intrattenere codesto Governo. (Solo per Budapest): V. S. potrà informare codesto Governo di quanto precede. (Per gli altri) : Quanto precede per sua informazione ed eventuale norma di linguaggio.

557

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AI MINISTRI A BUCAREST, SOLA, E A BUDAPEST, COLONNA

T. 50 R. Roma, 14 gennaio 1934, ore 16.

(Tutti): Trattato di amicizia con Romania che scade 18 corrente non sarà rinnovato.

(Per Budapest): Prego informare codesto Governo.

(Per Bucarest): Ministro Lugosiano informato (2).

(l) -Il colloquio tra Mussol!n! e Max!mos aveva avuto luogo !l 5 gennaio, come risulta da un appunto di Suv!ch. (2) -Non si pubbllca !l telespr. 87/24 del 16 gennaio con cui Sola trasmise 11 resoconto d! un colloquio avuto con Titulescu dal corrispondente della Stampa da Vlznna, Itala Zlngarelli. Tale resoconto termina con la seguente fra:re: «Il Signor Titulescu è pieno di entusiasmo Incondizionato per Il fascismo e deplora che Mussolinl non abbia voluto reallzzarlo in Romania "con lui"».
558

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 175/19 R. Vienna, 14 gennaio 1934, ore 21 (per. ore 5 del 15).

Mio telegramma segreto (1).

Ho potuto raccogliere presso Ballplatz seguenti ulteriori precisioni.

l) Visita Habicht fu trattata da von Neurath a mezzo Ministro d'Austria Berlino.

2) Cancelliere vi consenti stante che essa era sollecitata ed autorizzata da Hitler; che doveva svolgersi nel massimo segreto; che nei colloqui non si sarebbe dovuto accennare menomamente a «condizioni» cui avrebbe dovuta essere subordinata ufficialmente détente, ma esclusivamente trattare cessazione propaganda da entrambe le parti nonché svolgimento di una armonica politica estera. Questa avrebbe dovuto basarsi sia sulla comune amicizia verso Italia sia su un concorde atteggiamento per disarmo e questione Società Nazioni, quest'ultimo però limitatamente alle vedute italiane.

3) Se predetto armistizio fosse normalmente proceduto sarebbe stata poi esaminata fra un paio di mesi possibilità di un incontro Dollfuss-Hitler per discutere «questione relativa agli elementi nazionali in Austria»;

4) Circa rispetto indipendenza Austria e divieto inframmettenza tedesca nelle cose interne austriache si è ritenuto che entrambe le questioni erano implicite sia nel fatto che l'Habicht veniva a trattare con Vienna e sia nelle tante dichiarazioni orali avvenute a nome di Hitler.

5) Habicht fu raggiunto dall'ordine radiotelegrafico di sospendere viaggio mentre trovavasi volo nei pressi di Vienna {2). Era accompagnato da consigliere legazione principe Waldeck la cui presenza doveva testimoniare ufficialità trattative.

559

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 58/6 R. Roma, 15 gennaio 1934, ore 23.

Relazione suo 4 riservatissimo dell'll corrente (3). Da prime indagini non risulta che persone di cui trattasi siano partite o siansi comunque trattenute in Italia. Attendiamo ulteriori informazioni dalla S. V. preannunciate. Potrà ad ogni modo, ove ne ravvisi opportunità, far presente codesto Governo che

autorità ignorano completamente la cosa, che evidentemente non possiamo rispondere delle azioni compiute all'estero da stranieri che sono stati o sono passati per l'Italia e che quindi tono di indignazione assunto da codesto Governo è assolutamente fuori luogo. Ci riserviamo ulteriori comunicazioni (1).

(l) -Cfr. n. 537. (2) -Morreale aveva comunicato a Jacomoni con l. CXV dell'l! gennaio: «Dollfuss ha detto a Starhemberg che l'aeroplano su cui s! trovava Habicht lunedì scorso era già giunto sopraMelk, ad una sessantina di chllometri da Vienna allorquando ha virato ed ha ripreso la rotta di Monaco, evidentemente richiamato radiotelegraficamente alla base ». (3) -Cfr. n. 544.
560

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL DOTTOR DUBBIOSI, A SANAA

T. 59/18 R. Roma, 15 gennaio 1934, ore 23.

Seguito telegramma 2/1 del 1° corrente (2).

Informazioni telegrafate da R. legazione Gedda (3) sembrano confermare che negoziati fra Ibn Saud e Ymam si svolgerebbero favorevolmente su basi indicate telegramma anzidetto. Attualmente discussione verterebbe solo sul Negiran.

Interesserebbe conoscere se informazioni circa basi di intesa sono costì confermate, ed in particolare se esatto che Ymam si adatterebbe accettare statu quo territoriale circa Assir. Fregasi telegrafare.

561

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 271/485/03 R. Budapest, 15 gennaio 1934 (per. il 21).

Telegrammi di V. E. n. 6 <4) e 49/C (5) in data di ieri. Ho informato questo ministero degli affari esteri di quanto V. E. si è compiaciuto farmi conoscere con i telegrammi in riferimento. Il signor de Kanya ha preso atto con viva soddisfazione della comunicazione che il trattato di amicizia italo-romeno non sarà rinnovato. Circa il patto balcanico mi ha detto che le notizie qui giunte fino ad oggi particolarmente da Ankara, facevano ritenere esso non fosse ancora passato

«Il Senlan mi ha riferito anche che è già a sua conoscenza dell'arresto avvenuto a Zagabr!a d! alcun! giovani appartenenti alla sua organizzazione, e che è stato Informato che 1 suddetti giovan! sottoposti a violenze avrebbero accennato ed ammesso qualche dato di nessuna importanza circa l'azione del croati all'estero. Ha tenuto però a chiarire che del tre giovaniarrestati due non erano mal stati in Italia, e che l'altro pur avendo qui temp~raneamente r!steduto non avrebbe potuto dir nulla di preciso non conoscendo affatto come le cos3 quisi svolgono...

Informo infine l'E. V. che il Senlan mi ha pregato di coadiuvarlo e facilitarlo nella ricerca di altri locali in vicinamze di quelli attualmente occupati per poter acco<slierél altri organizzatidi prossimo arrivo e che complessivamente dovrebbero superare il migliaio».

dallo stadio di intesa generica e di principio a quella di accordo fissato e redatto; -che l'articolo di Gajda nel Giornale d'Italia del 5 corrente e più ancora le dichiarazioni, fatte e ripetute da Maximos dopo l'incontro di Roma, avevano suscitato nel Governo magiaro la preoccupazione che il punto di vista italiano, non favorevole al patto, potesse essersi modificato; che l'Ungheria, finalmente, continuava a considerare il patto balcanico come pregiudizievole agli interessi della Bulgaria ed ai suoi propri.

Il signor de Kanya ha concluso pregandomi di far pervenire all'E. V. l'espressione della sua riconoscenza per il contenuto e la sollecitudine delle due comunicazioni.

(l) Cfr. l seguenti brani di una relazione dello stesso 15 gennaio dell'Ispettorato di P. s. In Pisa per gll affari del fuorusciti croati:

(2) -Cfr. n. 521. (3) -Con t. 50/1 R. del 5 gennaio, non pubbllcato. (4) -Cfr. n. 557 inviato a Budapest con protocollo particolare 6. (5) -Cfr. n. 556
562

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DI BULGARIA A ROMA, VOLKOV (l)

APPUNTO. Roma, 15 gennaio 1934.

Il Signor Volkoff si è permesso di chiedere una udienza a S. E. il Capo del Governo per esporgli la situazione molto difficile nella quale è venuta a trovarsi la Bulgaria, e per chiedere un suo consiglio. Egli vorrebbe anche sapere cosa gli ha detto Maximos durante la sua recente permanenza a Roma.

Oggi alla Bulgaria si offrono tre possibilità: non aderire al Patto balcanico, venendo a mettersi in una situazione di assoluto isolamento; avvicinarsi alla Grecia e alla Turchia aderire al Patto avvicinandosi quindi alla Jugoslavia e alla Romania.

Il popolo bulgaro non potrebbe giustificare tale avvicinamento se non ci fosse qualche principio di soluzione delle divergenze che la Bulgaria ha con i detti paesi.

Le questioni aperte, come è noto, sono le seguenti: con la Grecia, questione di caratere finanziario e fondamentale dello sbocco all'Egeo garantito dai trattati di pace; questione di difficile soluzione anche perché la Bulgaria non vorrebbe cominciare nessun atto che possa compromettere le realizzazioni delle proprie aspirazioni secondo le interpretazioni da essa date ai trattati di pace.

Con la Jugoslavia, questioni territoriali e di trattamento di minoranze; anche qui soluzione difficile perché gli jugoslavi fino ad ora non riconoscono la nazionalità bulgara dei loro soggetti in Macedonia, e tendono evidentemente ad una politica snazionalizzatrice.

Con la Romania, questioni territoriali e di trattamento di minoranze, la cui soluzione però non appare tanto difficile. Con la Turchia non ha questioni pendenti.

Le visite in corso di Sovrani e di uomini di governo hanno un po' cambiato gli spiriti ma non hanno portato alcun mutamento radicale nella situazione.

Il Capo del Governo risponde che con Maximos non si è discussa la questione del patto balcanico in quanto egli ha detto che la cosa era ormai fatta, quindi egli non aveva ad esprimere né una approvazione né una disapprovazione.

Per quanto riguarda la situazione esposta dal ministro Volkoff il Capo del Governo ritiene che una delle possibilità sia ormai tramontata almeno in questa fase, quella cioè di un accordo a tre con la Grecia e la Bulgaria (1).

Delle due altre ipotesi egli preferisce l'isolamento; d'altra parte questo non cambia nulla alla situazione esistente perché l'isolamento della Bulgaria è già in atto. La Bulgaria potrà dire che si riserva di riflettere sulle proposte di entrare nel Patto, riservando la sua eventuale adesione in un secondo momento quando i maggiori problemi internazionali oggi in discussione saranno venuti ad una soluzione.

Il Ministro Volkoff pensa che l'isolamento per la Bulgaria possa costituire una situazione difficile. Egli avverte, soltanto a titolo di informazione, che secondo l'impressione bulgara la Jugoslavia sarebbe pronta a rinunciare al Patto se potesse fare un accordo dirrtto con la Bulgaria.

Il Capo del Governo non ritiene che l'isolamento possa costituire per la Bulgaria una situazione più difficile dell'attuale. È anche probabile che se la Bulgaria fa vedere la possibilità di Entrare successivamente nell'accordo, le relazioni con gli altri partecipanti possano essere improntate ad uno spirito di maggiore correttezza di quanto non lo siano oggi.

Il Ministro Volkoff ringrazia e riferirà a Sofia.

(l) Al colloquio era presente Suvlch che redasse il presente appunto.

563

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

ISTRUZIONI. Roma, 15 gennaio 1934.

Rispondere a Re Zogu che a Roma sono disposti a trattare le questioni da lui prospettate, contemporaneamente si intende alle altre da noi già indicate come pregiudiziali per un accordo. Fra queste anche la questione delle scuole cattoliche. È questione su cui noi non possiamo deflettere non tanto per ragioni di natura religiosa quanto per il fatto che il provvedimento di Re Zogu di chiusura delle scuole ha avuto il carattere -e così è stato generalmente interpretato -di un provvedimento fatto in odio all'Italia.

Il ministro Koch potrà commentare la comunicazione di questi concetti aggiungendo che l'adesione di massima sulle richieste italiane deve essere pregiudiziale. Lo sviluppo delle trattative deve successivamente essere condotto contemporaneamente per giungere ad un chiarimento generale.

Per facilitare un provvedimento riparatore, e perché non se ne faccia una questione di prestigio abbiamo già dichiarato di essere disposti ad accordarci su una qualsiasi forma di riapertura delle scuole e sotto qualsiasi ragione. purché naturalmente il provvedimento sostanziale sia preso in pieno (1).

(l) Sic, evidentemente per Turchia.

564

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. CXVI. Vienna, 15 gennaio 1934.

A proposito dell'arresto di Alberti in casa di Frauenfeld Starhemberg mi ha fatto l'altro ieri, sabato 13 corrente, la seguente narrazione.

«Poiché il cancelliere Dollfuss continuava a chiedermi una dichiarazione di incondizionata adesione alla quale io continuavo a rispondere che come capo di un movimento avrei potuto dare tale adesione ad un programma e non ad una persona, avevo pregato Fey e Neustaetter Sturmer di continuare essi le trattative e portarle avanti sin dove fosse stato possibile. Giovedì, avutasi la notizia che Dollfuss aveva accettato definitivamente di affidare nuovamente il dicastero della sicurezza a Fey, ho riunito nel pomeriggio i capi provinciali, ho fatto loro prendere nota del successo parziale, comunicato che bisognava attendere Dollfuss ai fatti e che era quindi opportuno sospendere le trattative collettive e le nostre riunioni. Sono stati tutti d'accordo con me e si è preso anche atto della promessa fatta da Dollfuss di sciogliere il comune di Vienna non più tardi del quindici febbraio. Avremmo intanto superato il periodo della visita di Suvich. Prima di sciogliere la seduta, alla fine di essa tenni ai capi provinciali mezz'ora di discorso nel quale, riepilogata la situazione, ho fatto notare che ogni eventuale negoziato con emissari dei nazi sarebbe stato inutile e pericoloso. Amessa anche la lealtà di tali emissari nella richiesta della nostra alleanza, nessuna illusione è possibile circa il valore pratico della promessa che potessero essere fatte alle Heimwehren e la loro futura situazione poiché inevitabilmente, per forza di cose, il nazional-socialismo avrebbe finito collo spazzar via tutti gli impegni precedenti ed assicurarsi anche in Austria quella posizione assoluta e totalitaria che ha già conseguito in Germania. L'unico a muovere qualche obbiezione è stato l'Alberti il quale, pur convenendo nelle mie realistiche considerazioni, avrebbe voluto lasciare aperta qualche riserva per il caso in cui la politica di Dollfuss avesse continuato a mostrarsi insufficiente ad arginare gli attuali pericoli interni ed a dominare la situazione. Ho risposto che, trovandoci in pieno combattimento, le riserve non avrebbero fatto altro che indebolire le nostre forze morali, ho replicato che ogni trattativa sarebbe equivalsa oggi ad una resa ed anche l'Alberti ha convenuto nella necessità di evitare ogni negoziato e tenere gli uomini compatti nella lotta.

{l) Un appunto di Jacomonl per Buti allegato al presente documento dice: c Queste Istruzioni saranno consegnate domattina al ministro Koch :.>

A sera stavo per andare a Ietto allorché mi è stata recapitata una lettera urgente del dott. Fior, il segretario di Alberti. Questi mi informava che il Principe Waldeck Pyrmont si trovava a Vienna e mi invitava a mettermi in relazione con lui, quale esponente dei nazi germanici. Non mi indicava però né il luogo né l'ora di un convegno, sicché mi è riuscito dapprima inafferrabile il motivo di questa comunicazione. Sono stato per alcuni momenti in forse se non avessi dovuto informare immediatamente Fey della presenza a Vienna del Waldeck allo scopo di farlo arrestare. Conobbi il Waldeck a Monaco all'epoca delle sollevazioni anticomuniste: è un giovane di fegato, ma senza alcuna capacità politica, con il quale ritengo inutile ogni discussione. Dopo aver riflettuto sul da fare ho deciso che alla mattina appresso per mezzo di interposta persona avrei fatto consigliare al Waldeck di lasciare subito Vienna se voleva evitare l'arresto. Verso le due di notte, una telefonata di Fey mi ha avvertito della sorpresa in casa del Franenfeld fatta dalla polizia che aveva notato l'insolito movimento di persone, dell'arresto del Frauenfeld, dello Schattenfroh, dell'Alberti e del Fior. Il Waldeck, richiesto in tale occasione dei documenti personali, aveva esibito un lasciapassare a firma del segretario di stato austriaco alla sicurezza Karvinsky. Poiché gli agenti, avuto il Iasciapassare in mano mostravano di non volerlo restituire e, non tenendone conto, di voler trattenere il Waldeck, questi aveva soggiunto che la polizia viennese non aveva motivo di illudersi giacché il documento era stato già fotografato e riprodotto in una cinquantina di copie. Il Waldeck era stato lasciato in libertà. Il Fey mi chiedeva cosa fare coll'Alberti, se cioè fosse da rilasciare anche questi. Ho risposto che la miglior cosa sarebbe stato di trattenere l'Alberti fino al pomeriggio dell'indomani in modo da avere il tempo di fare i nostri preparativi in Bassa Austria ed evitare che l'Alberti, liberato, non cercasse di metterei contro gli uomini delle Heimwehren. Nella mattinata di venerdì ho convocato a Vienna diciotto sottocapi della Bassa Austria e la riunione ha avuto luogo nel pomeriggio, presente l'Alberti. Questi ha cercato di giustificarsi affermando che la sera avanti era già sfinito dalla stanchezza e dal sonno quando il Fior lo aveva chiamato di urgenza nell'ufficio viennese delle Heimwehren della Bassa Austria e lo aveva portato al convegno senza che egli si rendesse esatto conto della stupidaggine che commetteva. Messo alle strette e davanti all'alternativa di essere deposto dalla carica di capo provinciale o di rimettersi, l'Alberti ha preferito le dimissioni e mi ha giurato sul suo onore davanti a testimoni che della libertà che gli sarebbe stata ridata non avrebbe aprofittato per crearmi difficoltà nell'opera che avrei intrapreso per ristabilire a pieno la situazione in Bassa Austria. Uguali assicurazioni di lealtà mi sono state date dai sottocapi, i quali si sono perfettamente resi conto della necessità delle dimissioni del capo, essi non hanno risparmiato critiche per la leggerezza di quanto aveva fatto. Ho affidato temporaneamente la direzione al sostituto dell'Alberti Kubaschek, sebbene sappia che anche egli si trova ia buone relazioni coi nazi e però un'azione più energica e più immediata quale avrei voluto svolgere per approfittare del caso «Alberti, e riportare subito l'ordine in Bassa Austria non mi è stata possibile per le seguenti considerazioni.

L'Alberti è, anzitutto, perfettamente al corrente dell'adesione data da Dollfuss ad incontrarsi a Vienna coll'Habicht e sa che a nome di questi, e di tale Thung sono stati già rilasciati dei lasciapassare a firma Karvinsky, uguali a quello col quale il Waldeck era venuto a Vienna. Gli è stato inoltre detto che Dollfuss per evitare l'arrivo di Habicht a Vienna lunedì scorso ha fatto sapere a questi che «il convegno non era possibile perché le Heimwehren urgevano~. gettando cioè addosso alle Heimwehren la ragione del rinvio. La tesi dell'Alberti nei confronti delle Heimwehren potrebbe essere questa: «saputo che Dollfuss stava per concludere un accordo coi nazi, gettando a mare le Heimwehren, mi sono affrettato a salvare le Heimwehren aderendo io all'invito di discutere col Waldeck ~. Inoltre: quella che più mi preoccupa è l'esistenza in mano dei nazi dei documenti che possono provare la disposizione di Dollfuss a trattare non col governo di Germania, ma con un luogotenente del nazismo germanico, quello stesso anzi che sull'Austria e su Dollfuss ha lanciato ogni sorta di ingiurie e che fornisce gli esplosivi che scoppiano in Austria.

Qualunque ragione o considerazione, anche se fondata, si cerchi appresso di esporre, la pubblicazione del fac-simile del lasciapassare di Habich in un momento in cui l'opinione pubblica è così disorientata farebbe crollare quel po' di fiducia che ancora si ha in Dollfuss e le conseguenze sarebbero le peggiori. Tendo a credere che da parte germanica si siano svolti i negoziati per il convegno di Vienna al solo scopo di entrare in possesso di quei documenti così compromettenti e rilasciati da Dollfuss con tanta leggerezza. Nel lasciapassare si dice che si sarebbe trattato di viaggio aereo: che bisogno ve ne era di consegnarlo dato che sarebbe stato più che sufficiente avvertire l'aereodromo di Vienna dell'arrivo di un aereoplano speciale con tre viaggiatori che avrebbero dovuto essere lasciati indisturbati? Le preoccupazioni per la situazione in cui si è posto Dollfuss sono quelle che in primo luogo mi consigliano di procedere colla massima cautela nei confronti del «caso Alberti ~.

Ed ancora: conosco lo stato d'animo degli uomini in Bassa Austria ed anche in conseguenza della riunione di quei sottocapi e di quanto essi mi hanno detto, so che le Heimwehren di quella regione sono fedeli al movimento e se oggi si verifica una certa tendenza al nazismo lo si deve alla disperazione in cui le ha gettate la politica del capitano provinciale Reither il quale, vantando i propri sentimenti democratici, in realtà per non perdere le proprie posizioni, ha perseguitato in tutti i modi possibili il movimento. E purtroppo gli uomini non sono più oggi in grado di fare distinzione tra Reither e Dollfuss, poiché questi si è mostrato assolutamente passivo. Lo stesso elemento cattolico della Bassa Austria ne è indignato. Come posso io mettermi a fare dei «distinguo ~ tra Reither e Dollfuss se mi si risponde che Dollfuss, come di fatto è avvenuto, assistendo ad una riunione politica indetta ad Amstetten dal Reither ha lasciato che questi in sua presenza dicesse: «Io conosco il nostro cancelliere, so che egli non è affatto fascista, che è anzi un perfetto democratico, che non farà mai nulla perché vengano diminuite le garanzie democratiche ~?

Io so che riuscirei a pieno e senza indebolire il movimento, in una azion~ tendente all'eliminazione dell'Alberti, del Kubascek e degli altri suoi amici più infidi, allargando gradualmente l'inchiesta da me iniziata contro il primo e colpendo gradualmente tutti costoro, so che potrei assumere io stesso la direzione del movimento in Bassa Austria e risanarlo al cento per cento riportando gli uomini all'idea che la prima cosa da difendere, e senza compromessi colla

45 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Germania, è indipendenza dell'Austria, ma ad una condizione: che colui che è capo del governo austriaco proceda anche egli e prima di me: sostituendo il democraticissimo Reither con persona che dia subito all'amministrazione della provincia un'impronta rispondente alle direttive che il Dollfuss afferma di dare per il risanamento dell'Austria in piena collaborazione colle Heimwehren».

Ho cercato di riprodurre colla maggiore fedeltà possibile la narrazione e gli argomenti dello Starhemberg il quale mi è sembrato sinceramente e profondamente turbato non tanto della faccenda Alberti, che egli considera un episodio niente affatto tragico, ma per la situazione in cui si è posto Dollfuss. « Se non si avesse il coraggio di durare nella lotta a tutti i costi, egli ha risposto al mio incitamento di non prendere tragicamente i fatti del giorno, ma di provvedere subito all'avvenire immediato, ci sarebbe da impiccarsi».

Starhemberg, come ho già avuto occasione di riferire in passato è stato anche egli del parere che non si deve rifiutare per principio ai nazi di ascoltare le loro eventuali offerte, ma non ha mai avuto l'idea di mettersi nelle loro mani. Così aveva accettato l'offerta pervenutagli pure per il tramite dell'Alberti, di incontrarsi all'Aja con il capo nazista germanico Obwtirzer (incontro che come ho informato non ebbe più luogo) lasciandosi guidare però dalla considerazione, condivisa dal Fey, che in questo caso si trattava di cittadino austriaco, già hemwehrista, col quale la conversazione avrebbe potuto avere qualche risultato, visto che egli non solo disapprova l'Habicht ma ha una esatta conoscenza della situazione austriaca. Ma gli intrighi di Dollfuss con Habicht, ai quali deve aver concorso lo Jakoncig, lo hanno scosso anche perché il modo con cui Dollfuss ha condotto le trattative non gli è sembrato leale nei confronti dei terzi che al Cancelliere sono i più vicini.

Devo intanto informare che la faccenda del lasciapassare del Waldeck è ormai di dominio comune negli ambienti dei nazi: questi vengono anzi informati che il documento non solo recava la firma di Karvinsky, ma anche quella di Dollfuss. Me ne ha parlato oggi apertamente -ne ha anzi incominciato a parlare nell'anticamera del mio ufficio -un ex heimwehrista, tale ex capitano Klugmayer, scrittore di quarto rango di madre goriziana, al quale i nazi hanno promesso di farne il ministro degli esteri dell'Austria, indipendente alla maniera nazista, appunto in considerazione del fatto che egli è di padre tedesco e di madre italiana: così come l'Alberti diverrebbe ministro degli interni. Il Klugmayer naturalmente non ha esitato a chiedere la mia intermediazione per ottenere udienza da S. E. Suvich in occasione della prossima visita e mi ha informato delle dimostrazioni di amicizia per l'Italia che i nazi austriaci stanno preparando per fare constatare a S. E. Suvich che coi nazi d'Austria l'Italia potrebbe intendersi meglio che con chiunque altro. Sono pronti a portare quante dichiarazioni si vogliono circa le garanzie della Germania per l'indipendenza dell'Austria.

Pure delle suddette manifestazioni mi ha parlato oggi il colonnello ungne:rese Biro, informatore di Gi:imbi:is, come al solito convinto che i nazi han ragione. Mi ha confermato che, da quanto ha sentito negli ambienti nazi che frequenta, si stanno preparando manifestazioni di simpatia per l'Italia: al grido di Heil Hitler ed Heil Mussolini, al canto di «Giovinezza» e dell'« Horst Wessel Lied ,, col lancio di fiori che, molto probabilmente, saranno dei fiordalisi di carta, il simbolo dei pangermanisti d'Austria. Ho detto al col. Biro di far notare ai suoi amici che la miglior cosa sarebbe di astenersi da simili manifestazioni che metterebbero S. E. Suvich, venuto in visita ufficiale presso il Governo austriaco, lo stesso governo che accredita un suo ministro a Roma e presso il quale un ministro italiano è accreditato a Vienna, in una posizione imbarazzante e potrebbero determinare effetti contrari a quelli desiderati.

Quale elemento intimidatorio nei riguardi dell'Italia, i nazi austriaci cominciano a vantare ora la politica di avvicinamento a Belgrado che, ad ogni buon fine, si fa da Berlino (1).

565

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 202/41 R. Londra, 16 gennaio 1934, ore 21,30 (per. ore 6 del 17).

Ho veduto oggi Simon che mi ha di nuovo confermato sua soddisfazione per l'incontro con V. E.

Circa sviluppi delle conversazioni di Roma Simon mi ha ripetuto quello che per suo incarico Drummond ha riferito o riferirà costì (2) e cioè che Gabinetto dopo aver ascoltato sua relazione ha espresso unanimità approvazione per quanto è stato concordato fra V. E. e Simon intorno problemi che sono stati oggetto discussione.

Come Simon prevedeva, Gabinetto ha tuttavia insistito non doversi abbandonare idea di concrete misure di disarmo particolarmente nel materiale di armamento pesante.

Ho fatto ancora una volta presente a Simon considerazioni che V. E. mi ha verbalmente illustrato durante le conversazioni a palazzo Venezia, e cioè come ciò non farà che determinare nuove complicazioni e ritardare in ultima analisi raggiungimento di un qualsiasi accordo: bisogna contentarsi per ora delle concessioni che Hitler si è mostrato disposto fare in materia di effettivi ed apprezzare nel suo valore importanza ritorno della Germania a Ginevra (3). Simon finito col dirmi che neppure egli crede nella possibilità di risultati pratici all'infuori di questo, ma che Gabinetto vede un vantaggio politico nel continuo sforzo intrapreso.

È chiaro che questo è sopratutto per il Governo un vantaggio di politica interna e parlamentare e Simon non mi nascosto che Gabinetto vuole dare la dimostrazione che esso ha fatto tutto il possibile per raggiungere un accordo che contenga accanto a clausola di natura essenzialmente politica (come quella

relativa all'eguaglianza di diritto e alla sicurezza) anche delle reali misure di disarmo.

In una delle prossime riunioni di Gabinetto saranno esaminate quali proposte di carattere concreto potranno essere avanzate. «Su questo punto non c'è fretta, ha detto Simon, tanto più che non sappiamo ancora nulla di quello che il Governo tedesco si propone di rispondere all'ultima nota francese».

Simon ha concluso osservando che dopo lo scambio di note franco-tedesco e l'incontro italo-inglese di Roma il momento si avvicina in cui un convegno delle grandi Potenze si rende necessario.

(l) -Cfr. quanto scriveva Jacomoni a Suvich a Vienna, in data Roma, 17 gennaio, riferendosi probabilmente a questa lettera di Morreale: «S. E. il Capo del Governo, commentando la lettera ricevuta oggi da Morreale, ha confermato la Sua sensazione di grave debolezza del Governo austriaco». (2) -Drummond aveva avuto un colloquio in proposito con Suvich il 13 gennaio. (3) -Cerruti aveva riferito con t. per corriere 229/10 R. del 12 gennaio: «barone von Neurath mi disse risultargli che non era stato possibile far concordare i punti di vista italiano e inglesecirca il riarmamento della Germania, dato che le idee di V. E. al riguardo erano assai più vicine alle aspirazioni tedesche di quelle di sir John Simon ».
566

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 16 gennaio 1934.

L'Ambasciatore Chambrun mi riferisce sulla cerimonia di Genova che si è svolta in un ambiente di molta cordialità.

Mi dice che Pietri si è portato da buon amico dell'Italia quale egli è. Egli fa parte, secondo Chambrun, di quel gruppo di uomini politici persuasi di dover venire a un accordo intimo con l'Italia, a cui appartengono De Jouvenel, de Monzie, e oggi si può mettere, anche Paul-Boncour.

L'Ambasciatore mi fa poi molte domande tendenti a sapere se noi conosciamo quale sarà il tenore della nota di risposta tedesca e quando la detta nota sarà presentata. Chiede anche se i tedeschi si sono consultati con noi per tale risposta.

Gli ho detto che i tedeschi non si consultano con noi, che non sappiamo quando sarà presentata la nota, che da informazioni avute da varie parti ci risulta che i tedeschi hanno l'impressione che la nota francese non faccia dei sensibili progressi di fronte alla situazione del 14 ottobre e che in qualche punto non sia chiara. Uno di tali punti è quello della riduzione degli effettivi da parte della Francia per cui si chiederanno probabilmente delle ulteriori informazioni.

L'Ambasciatore mi dice che la Francia è disposta a portare i propri effettivi ai 200 mila uomini previsti dal Piano MacDonald. All'Aimbasciatore pare che data tale riduzione e la riduzione del 50 % degli aeroplani non sia giusto dire che la Francia non fa nessuna proposta di disarmo immediato. Accettando di portare l'esercito a 200 mila uomini con quello che ne consegue nel campo del materiale, si viene anche incontro ai desideri tedeschi.

Gli osservo che su gli elementi che abbiamo non è possibile dare un giudizio preciso sulla nota francese.

Su sua richiesta gli dico che il Capo del Governo ha apprezzato il tenore conciliante della nota francese, che però ha l'impressione che la stessa non faccia un passo sostanziale verso un accordo con i tedeschi.

Consegno poi all'Ambasciatore Chambrun l'appunto molto generico concordato sulla riforma della Società delle Nazioni.

A proposito della parità navale Chambrun mi dice che forse potremmo fare un Patto meno dettagliato di cui si riserva di studiare la forma. Gli rispondo che se il Patto è troppo vago non vale la pena di farlo dato anche che l'impressione all'estero non sarebbe favorevole.

567

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI POLONIA, BECK

APPUNTO. Ginevra, 16 gennaio 1934.

Sulla questione della riforma della Società delle Nazioni mi ha detto che il suo Governo non intende assumere alcuna rigida posizione di difesa dottrinale della Lega. Riconosce invece che la S.d.N. attuale presta il fianco a molte critiche, specialmente per quel che riguarda l'eterogeneità di soggetti trattati e delle persone chiamate a trattarli. Accade, per esempio che argomenti di puro interesse europeo vengano discussi da delegati sudamericani, e viceversa. Egli si augura quindi che il disarmo giunga a provocare quella détente che renda possibile la discussione sulla riforma della Società delle Nazioni.

Ha tenuto poi a rassicurare V. E. che la Polonia e la Germania non hanno mai trattato fra loro né la questione dell'Austria né quella del Baltico.

L'ho interrogato a mia volta sulle relazioni della Polonia coi suoi due potenti confinanti nonché con gli Stati Baltici. Mi ha detto che il suo Governo ha provveduto a normalizzare successivamente le proprie relazioni tanto nei riguardi della Germania quanto in quelli della Russia. Dati i non buoni rapporti russotedeschi e la delicata situazione della Polonia situata fra i due, egli ha creduto di servire non solo i propri interessi, ma anche quelli della pace europea facendo del suo paese un intermediario capace di parlare un linguaggio amichevole tanto all'uno quanto all'altro.

Quanto alle relazioni con gli Stati baltici, m'ha detto che esse sono migliorate da quando Russia e Polonia, dopo essersi scontrate per quindici anni su quel pericoloso terreno, hanno entrambe riconosciuto che l'esistenza di quegli Stati è necessaria alla pace. Se anche la Finlandia si associasse a questo riconoscimento, la situazione baltica potrebbe ritenersi chiarificata.

568

. . . (l) AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. ... (2)

Col telegramma per corriere n. 230 del 28 dicembre u.s. (3) il R. Ministro a Vienna è ritornato ancora una volta sulla questione dei rapporti economici

austro-ungheresi riassumendo le ragioni di ordine tecnico che inducono il Cancelliere ed altri uomini politici austriaci, come pure molti burocrati, a conservare una attitudine più o meno tiepida in riguardo all'idea di una unione doganale austro-ungherese. A tale proposito il Comm. Preziosi nota che la Piccola Intesa cerca profittare del risveglio del sentimento di indipendenza che si è recentemente verificato in Austria per attirare questo Paese nella sua orbita, attraverso una realizzazione più o meno autentica del piano Tardieu, piano che si cerca di far passare come il solo antidoto possibile all'azione germanica tendente all'Anschluss.

Il Comm. Preziosi conclude prospettando la opportunità di una riunione tra Italia, Austria e Ungheria destinata a chiarire i malintesi austro-ungheresi e venire a quelle decisioni costruttive nei rapporti dei tre Paesi che le attuali circostanze consigliano e consentono.

Per quanto concerne tale proposta il sottoscritto crede opportuno osservare quanto segue:

Gli speciali accordi basati sul sistema Brocchi che sono stati conclusi tra Italia e Austria, Italia e Ungheria, Austria ed Ungheria, hanno, nella loro pratica applicazione, e specialmente nei loro successivi sviluppi fatto emergere alcuni contrasti di interessi tra i tre Paesi. Per dirimere tali contrasti una riunione a tre sarebbe opportuna ed è stata già prevista nei colloqui del sottoscritto col Signor Schuller ed il Signor Nickl. Ma questa è questione di carattere prevalentemente tecnico e di importanza relativa. La proposta fatta dal R. Ministro a Vienna sembra invece avere una portata di gran lunga maggiore abbracciando tutta la questione dei nostri rapporti con Austria ed Ungheria ed in generale il nostro programma politico nei riguardi dell'Europa centro-orientale e della Germania.

Se cosi è, non sembra sia il caso, almeno per ora, di far programmi di discussioni a tre, ma convenga invece, innanzi tutto, che da parte nostra si proceda ad un attento esame delle situazioni esistenti per vedere se sia il caso di prendere delle decisioni e quali.

Non vi è dubbio che la Francia continua a considerare la possibilità di vedere l'Austria entrare nell'orbita della Piccola Intesa e che il Signor Benès faccia del suo meglio, ma non abilmente, a vero dire, per secondare tutti i piani che mirano a tale fine. Non sembra però che, allo stato delle cose, la Piccola Intesa eserciti nei riguardi dell'Austria, dal punto di vista politico, o semplicemente economico, una forza di attrazione degna di nota. Pertanto ogni pericolo di complicazioni in tale direzione non ci deve troppo preoccupare, almeno per ora.

Diversamente deve essere considerato il problema della minaccia di assorbimento dell'Austria da parte della Germania, giacché tale minaccia è sempre attuale e grave, malgrado la pratriottica attitudine del Signor Dollfuss e il risveglio di sentimenti nazionali che si è verificato in una parte della popolazione austriaca.

Bisogna infatti riconoscere che mentre gli elementi che appoggiano la politica dell'attuale Cancelliere sono molto vari e disparati, e la coesione tra loro è piuttosto relativa, il blocco pangermanista invece è più omogeneo, se non anche più numeroso, e sostanzialmente più audace e deciso.

Difficile è quindi prevedere su quale stabilità possa contare il cancellierato del Signor Dollfuss e principalmente l'indirizzo politico che questo rappresenta; anzi, se si considera serenamente la situazione delle cose, non può escludersi la possibilità che i pangermanisti possano, in epoca non remota, avere il sopravvento nel paese e impadronirsi del Governo. Ciò specialmente se la Germania si deciderà a fare, almeno per un certo tempo, una politica prudente ed accorta nei riguardi della Piccola Austria. In tal caso, anche senza prevedere sconvolgimenti profondi nell'interno della vicina Repubblica, deve pensarsi alla situazione che colà si determinerebbe qualora i nazional-socialisti, dopo essersi impadroniti del Governo, procedessero a tali avvicinamenti con la Germania da corrispondere praticamente ad una unione più o meno larvata. Ciò beninteso per cominciare, salvo a compiere più tardi l'atto formale dell'annessione e cioè quando le circostanze lo potessero far sembrare più agevole, specialmente in relazione al progressivo aumentare della influenza e della potenza del Reich. E si noti che almeno per quanto riguarda il campo economico avvicinamenti tali da costituire quasi una unione sono divenuti oggi relativamente agevoli della Nazione più favorita la sua classica applicazione, ma con contingenti, trattamenti preferenziali e specialmente con organizzazioni monopolizzatrici del commercio, possono dosare a loro piacimento i loro rifornimenti all'estero, distinguendo tra merci di una provenienza o dell'altra.

Ora il giorno che la Germania fosse riuscita ad assorbrie l'Austria, magari in una forma imperfetta, quel giorno stesso, non è da dubitarne, comincerebbe la sua spinta per giungere all'Adriatico e principalmente a quel porto che natura, tradizione e organizzazione di trasporti concordemente indicano come lo sbocco naturale e immediato al mare di quella che è oggi una piccola Repubblica, innocua nostra vicina.

Basta pensare ai vantaggi enormi che ritrarrebbe la Germania da uno sbocco (sbocco probabilmente solo commerciale allo inizio, ma più tardi forse anche militare) diretto sull'Adriatico per immaginare con quanta pertinacia e costanza essa tenterebbe di realizzare un simile obiettivo qualora il possesso dell'Austria venisse a fornirle, oltre una comoda posizione avanzata, anche la possibilità di accampare pretese corrispondenti alla vecchia aspirazione dell'Impero germanico.

Noi saremmo allora ridotti a pensare alla difesa di un porto che solo materialmente continuerebbe ad appartenerci dato che i traffici e quindi il benessere di Trieste dipenderebbero unicamente dal Governo di Berlino.

Si verrebbe così a creare una situazione capace di dar luogo alle più gravi complicazioni e tale probabilmente, da vincolare per sempre la nostra libertà d'azione nei riguardi di altri Paesi e specialmente della Francia costretti, come saremmo, ad avvicinarci ad essa, ad ogni costo, per averla solidale, anzi alleata, in caso di bisogno.

Ad evitare ciò sembra che converrebbe agire non solamente prima che la Germania abbia riacquistata la libertà d'azione e la forza offensiva di un tempo, ma anche prima che appaia la possibilità di un riavvicinamento austrogermanico con conseguente tramonto delle idee che il Cancelliere Dollfuss oggi rappresenta.

Se le vie che ci è possibile seguire non sono agevoli né immuni da inconvenienti, conviene considerare che con l'andar del tempo le difficoltà non potranno che aumentare.

Con l'applicazione degli accordi sistema Brocchi qualche cosa abbiamo già fatto. Quest1 accordi dovrebbero con i ;previsti loro sviluppi condurci alla abolizione delle barriere doganali tra Italia, Austria ed Ungheria e quindi ad una situazione di unione doganale di fatto tra i tre Paesi. Questo secondo la tesi più volte sostenuta dal Signor Schuller. Chi scrive però non concorda in tale previsione e ciò non foss'altro per la considerazione che ogni tentativo diretto a fare progressi apprezzabili per l'allargamento degli accordi in questione si urta ormai a opposizioni di ogni genere che non consentono di conseguire risultati apprezzabili. Vi sono infatti resistenze che è possibile spezzare di un colpo ma che è enormemente difficile, se non impossibile, costringere a piegarsi con azione misurata e progressiva. Ciò anche perché solo un colpo deciso e definitivo obbliga a certe rinunzie e spinge a ricercare nuove soluzioni.

L'accordo austro-ungherese, del resto, segna già un regresso almeno per quanto riguarda l'importazione ungherese in Austria e da ciò deriva lo stato di insoddisfazione del Signor Gombos.

Nel quadro previsto della unione doganale tra Italia, Austria e Ungheria, al fine di fare un deciso passo avanti, senza urtare oltre che contro le prevedibili difficoltà politiche anche contro quelle di carattere giuridico derivanti dalla tesi da noi stessi fatta valere nel 1931 contro l'unione di un grande con un piccolo Paese, si era pensato di far precedere l'unione tra Austria ed Ungheria all'unione tra questi due Paesi e l'Italia. A simile piano il Signor Gombos non sarebbe, a quanto pare, contrario. Non così invece il Signor Dollfuss che teme di compromettere secondo ha dichiarato, gli interessi agricoli del suo Paese.

Fino ad ora passi diretti a superare tale resistenze non sono stati fatti e anzi neppure si è provato a discutere la questione per vedere se è possibile trovare una via d'uscita soddisfacente per tutti.

È il caso di tentare ora questa strada?

(l) -Il documento non è firmato. (2) -Privo di data, si inserisce qui poiché preparato in occasione del viaggio di Suvlch a Vienna che inizia il 17 gennaio 1934. (3) -Cfr. n. 513.
569

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 212/22 R. Parigi, 17 gennaio 1934, ore 20,10 (per. ore 0,30 del 18).

Ho domandato ieri a segretario generale del Quai d'Orsay se era pervenuta risposta, sia pure preliminare, al memorandum francese. Mi ha risposto di no e mi è sembrato meravigliato del ritardo. Ha soggiunto essere stato nella giornata in comunicazione telefonica con Berlino per questioni di carattere commerciale ma di non aver avuto da François-Poncet indicazione alcuna sull'attesa risposta. Per incoraggiarlo alle confidenze gli ho detto aver raccolto voce che i tedeschi intenderebbero sollecitare delucidazioni su alcuni punti del memorandum specialmente per quaanto riguarda proposta riduzione del materiale aviatorio. Tedeschi, se sono bene informato, desiderano sapere se materiale verrà distrutto oppure trasferito ad eventuale deposito aeronautico internazionale. A Berlino si avrebbe inoltre impressione che proposta disarmo della Francia sia in fondo di poca entità. A questo punto ho osservato che riarmamento parziale e controllato della Germania fornirebbe, al punto in cui sono le cose, terreno di intesa apprezzabile. Il mio interlocutore ha reagito con consueta energia. La Francia, mi ha ripetuto per l'ennesima volta, non crede alla sincerità della Germania hitleriana. Essa sa che Germania ha bisogno di quattro anni per essere pronta e non vuole far suo giuoco. In questo caso, ho replicato, la Francia non può non pensare alla guerra preventiva. Leger ha dichiarato che questa soluzione non è possibile in un regime democratico.

Nel corso della conversazione ho osservato che idea del parziale riarmamento della Germania sembra facesse strada anche a ... (1). Leger mi ha replicato con vivacità che la Francia aveva detto no recisamente agli ... (1). Accordando al Reich 300.000 uomini che domanda, si sancirebbe in eguaglianza dei diritti perché la Germania disporrebbe inoltre di più di due milioni uomini delle formazioni premilitari.

Linguaggio del segretario generale ministero esteri non ha mutato su questo punto. È oggi quello che è stato in passato ossia nettamente contrario al riarmamento della Germania; quello che ho esposto è sicuro punto di vista del funzionarismo del Quai d'Orsay nella fase presente dei negoziati.

Boncour è un poco meno rigido del segretario generale del ministero degli affari esteri ma in fondo ne condivide idee. Egli, infatti, rappresenta nel Governo opinione della sinistra che fa capo a Blum e questi è intransigente contro riarmamento della Germania.

Socialisti francesi come è noto desiderano che sia accentuato indirizzo societario della politica estera francese. Perciò si può prevedere che in caso di principali trattative franco-tedesche, la Francia metterà nuovamente ogni sua speranza in Ginevra dove ha un gruppo di piccoli Stati sui quali può contare in modo assoluto e dove vorrebbe vedere anche i sovieti.

570

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 220/25 R. Vienna, 17 gennaio 1934, ore 22,30 (per. ore 4,45 del 18).

Segretario generale mi ha pregato di passare da lui nel pomeriggio.

A nome del cancelliere mi ha letto un telegramma inviato al ministro d'Austria [a Berlino] nonché telegramma inviato a codesto ministro d'Austria con istruzioni riferirne imediatamente contenuto a V. E. e chiedendo appoggio della

E. V. a Berlino (2).

Entrambi concernono un passo che ministro d'Austria a Berlino dovrebbe compiere oggi presso Neurath per avvertirlo che, stante i numerosi casi

comprovanti connivenza Reich con nazionalsocialisti austriaci, Governo federale, il quale aveva finora voluto contenere note divergenze esclusivamente fra i due paesi di razza tedeschi, si vedeva costretto a prendere nella più seria considerazione appello alla S.d.N., qualora Governo tedesco non manterrà la parola data a questo proposito far cessare denunziata attività nazisti.

Segretario generale ha aggiunto che di quanto precede cancelliere aveva voluto dare notizia soltanto al Governo italiano.

Ho fatto osservare al segretario generale che questa improvvisa comunicazione contraddiceva quanto cancelliere mi aveva detto cinque giorni fa, ossia che egli si riservava esaminare con S. E. Suvich questione di portare eventualmente conflitto austro-tedesco sul terreno internazionale. (Mio telegramma n. 13) (1).

Il presente telegramma continua col numero di protocollo successivo (2).

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Non si pubblica la comunicazione fatta da Egger a Buti lo stesso 17 gennaio.
571

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 222/26 R. Vienna, 17 gennaio 1934, ore 22,30 (per. ore 4,45 del 18).

Il presente telegramma fa seguito al numero precedente (3).

Mio interlocutore ha risposto che cancelliere aveva ritenuto agire d'urgenza sia in seguito alla recente venuta a Vienna del principe Waldeck (mio telegramma n. 20) (2), sia in vista manifestazioni che nazisti intendono organizzare in occasione imminente venuta S. E. Suvich, e sia infine, per evitare che il Governo tedesco potesse interpretare passo austriaco come suggerito da nostro sottosegretario di Stato o preso d'intesa con lui.

Segretario generale ha soggiunto che il Governo federale aveva preferito menzionare minaccia ricorso alla Società delle Nazioni anziché appello al protocollo di Ginevra dell'anno 1922, giacché quest'ultimo comporta un diretto appello a poche nazioni, fra cui Francia e Cecoslovacchia.

Mio interlocutore ha poi detto che, anche se il passo non fosse stato deciso ieri, esso lo sarebbe stato certamente oggi a seguito dell'ordinanza con cui polizia di Monaco di Baviera ha convocato tutti i sudditi austriaci invitandoli dichiarare rispettivi loro sentimenti politici ad ovvi fini di espulsione. Mio interlocutore ha definito tale ordinanza come contraria non solo al vigente trattato commercio austro-tedesco, ma anche al diritto delle genti. Ha poi dichiarato anche per tale questione ministro d'Austria a Berlino è stato incaricato formulare protesta.

Segretario generale ha aggiunto ritenere che, ciò nonostante, in caso espulsione di austriaci, Governo federale espellerà immediatamente tedeschi di ogni posizione sociale.

(l) -Cfr. n. 549. (2) -Cfr. n. 571. (3) -Cfr. n. 570. (4) -T. 177/20 R. del 14 gennaio, non pubblicato.
572

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

APPUNTO. Roma, 17 gennaio 1934.

Il momento è favorevole per noi nell'America del Sud.

Il Capo del Governo desidera che . sia predisposta una circolare per tutti i nostri ambasciatori e ministri nell'America latina con cui si raccomanda di fare la propaganda politica, la manifestazione culturale, la penetrazione economica, in modo da avviarci in quel Paese verso una supremazia che può considerarsi tra i fini realizzabili in un prossimo avvenire.

573

IL DOTTOR DUBBIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 256/4 R. Sanaa, 18 gennaio 1934, ore 7 (per. ore 19).

Seguito mio telegramma n. 271 (1). Rispondo anche a suo telegramma n. l (2). Per accelerare risposta, ho avuto colloquio con Imam. Questi ha dichiarato che principali punti questione con Ibn Saud sono tre:

0 ) Questione famiglia Idris: la quale dovrebbe scegliere o col recarsi presso Ibn Saud o coll'abbandonare Yemen;

2°) questioni Negeran;

3°) questione non bene specificata dall'Imam ma specialmente riferentesi a delimitazione territorio tra Yemen e Asir.

Imam ha dichiarato che sono in corso trattative con Ibn Saud e che egli senza rifiutare tentativi accordo non è disposto a cedere senz'altro anche perché Imam ritiene situazione attuale a lui favorevole; ha dichiarato infatti che parte alta del Tehama settentrionale (Beni Obok, Aabadil, Feifa, Masa Usuha) che egli ha affidato alla sorveglianza di Abdul al Idrissi, è favorevole Governo yemenita, come anche quella parte di Negeran che è occupata da truppe yemenite e anche sono...

Segue la seconda parte (3).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 521 Inviato a Sanaa con protocollo particolare l. (3) -Cfr. n. 574.
574

IL DOTTOR DUBBIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 257/4 R. Sanaa, 18 genaio 1934, ore 7 (per. ore 19).

Parte 11.

Imam ha letto in proposito telegramma giunto ieri da Seif el Islam Ahmed, annunziante che popolazione paese «Salama ~. dopo conflitto che ha procurato quindici morti, ha scacciato truppe saudiane e si è rivolta per protezione a Seif el Islam Ahmed, volendo anche dare ostaggi.

Imam ha risposto al figlio, che voleva inviare Sanaa detti ostaggi, di non accettarli. Imam ha inoltre comunicato che nella zona Negeran si verificano continui tentativi da parte truppe saudiane di rivolta sempre contenuti da Seif el Islam Ahmed; che Emiro Faysal si è recato con truppe a Biscia.

Fine colloquio con Imam.

Informazioni relative: Quest'oggi radio Sanaa cercava trasmettere direttamente a radio Gizan cifrato dell'Imam di oltre mille gruppi diretto ad Ibn Saud: nell'ambiente locale si parla di trattative capo tribù con Ibn Saud e di probabile accordo raggiungibile definitivamente dopo invio d'una missione o yemenita o saudiana.

575

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 237/3 R. (1). Ginevra, 18 gennaio 1934, ore 24

Sento dovere prospettare V. E. situazione politica internazionale quale apparsami già da tempo ed ora confermatami contatti avuti con numerose personalità presenti Ginevra. Prestigio Italia tuttora altissimo punto cui elevatolo V. E. Però singoli avvenimenti politici europei prendono piega contraria nostri interessi. Duplice franco-russa prende consistenza, menomando nostre possibilità di manovra verso la Francia; -mene turche mirano creare Balcani blocco che getti Bulgaria sua mercé e tenda escludere Italia settore balcanico. Contemporaneamente perdura attività a noi ostile Piccola Intesa; questione disarmo incancrenisce, con ripercussioni sopra problema riforma lega, e aumenta minaccia Anschluss di fatto se pure immediatamente non di diritto, ag.gravata da recente atteggiamento disinteresse assunto Francia ed Inghilterra verso difficoltà finanziarie Governo austriaco. Mio subordinato avviso sembrami quindi pericoloso ritardare a convertire magnifica forza derivataci da politica prestigio in quelle realizzazioni concrete in vista delle quali essa venne creata da nulla da V. E.

Resomi conto impossibilità agire altri settori credo che una politica concreta a vastissimo sviluppo sia quella di una intesa strettissima con Jugoslavia. Sebbene in ritardo potrebbesi ancora profittare avances fatte da Jugoslavia alcuni mesi or sono, prima che eventuale nuovo incidente come quello recente di cui rapporto 3 RR del 12 corrente (l) del R. ministro a Belgrado peggiori relazioni italo-jugoslave fino a rendere conversazioni impossibili.

Inutile dire che accordo dovrebbe essere quanto possibile completo. Una nuova edizione del tipo dei generici accordi oggi di moda avrebbe ben scarso valore.

Primo argomento favorevole pregiudiziale è che tale intesa non solo non comprometterebbe, ma contribuirebbe anzi sorreggere impalcatura politica da noi già costituita centro d'Europa. Riferendomi in particolare al problema Austria ritengo che in caso di successo della nostra attuale politica austriaca questo accordo ci darebbe aumentato potere attrazione politica ed economica che agevolerebbe ulteriori sviluppi ed in caso di insuccesso ci darebbe robusta linea difesa arretrata.

Secondo argomento pregiudiziale è che conversazioni italo-jugoslave dopo anni tensione rapporti in qualunque caso darebbero favorevole risultato. Quand'anche non si raggiungesse alcun accordo concreto, si sarebbe pur sempre raggiunto notevole obiettivo miglioramento relazioni fra due paesi, dissipando attuale sfiducia jugoslava verso noi.

Vantaggi diretti sarebbero: pace adriatica (mare clausum con egemonia italiana) che ci darebbe amplissima libertà azione; potenziamento patto quattro dentro cui aumenterebbe considerevolmente nostro peso; inevitabile dissaldamento Piccola Intesa per venire meno anello centrale susseguente rafforzata nostra posizione verso Francia e susseguente necessaria gravitazione cecoslovacca verso di noi; annullamento mene turche con in definitiva forzato ritorno Turchia gravitare orbita italiana; liberazione Bulgaria da accerchiamento; fulcro nostra politica nei Balcani piazzato nel centro stesso della regione; apprestamento necessaria secondo trincea nel deprecabile caso Anschluss; nostra pressione sopra Ungheria Bulgaria potenziata al massimo sia per maggior peso e sia perché portata alle loro porte di casa; possibile ulteriore adesione della Bulgaria. Infine non solo unica tuttora possibile difesa, ma addirittura probabilità ripresa residua italianità Dalmazia. E anzi il giorno in cui non esistessero più sospetti né barriere, possibilità permeare italianità tutta intera cultura questo Stato civiltà inferiore. E ciò indipendentemente da formidabile accrescimento nostra potenza militare. Giacché chiarissimo che ipotesi stretta unione inevitabilmente Stato più forte assume comando. Militarmente centro Europa e Balcani non esisterebbe forza militare capace opporsi stretto blocco italo-jugoslavo. Inutile dire che incresciosa attuale situazione albanese riceverebbe definitiva e non più turbabile sistemazione. Qualunque fosse poi per essere nel futuro sistemazione Balcani, essa sarebbe necessariamente di marca italiana. All'apporto di sicurezza e di potenza, Jugoslavia aggiungerebbe quello di una longa manus a vasta presa.

Principali possibili obiezioni sono tre: a) rinuncia nostra politica revlslonistica con conseguente perdita presa sull'Ungheria; b) danneggiamento nostra economia agricola nel caso unione doganale; c) difficoltà pratiche derivanti da eventuali impegni, specialmente militari, già contratti dalla Jugoslavia verso Francia e Piccola Intesa.

Prima obiezione sembrami superabile. In analogia con quanto V. E. ha escogitato per superare questa stessa difficoltà che sbarrava cammino conclusione Patto a quattro, noi potremmo contemperare riaffermazione principio revisionistico con garanzie che assicurino Jugoslavia piena tranquillità per sue frontiere. In altri termini riservando soluzione questione revisione a eventuali trattative dirette tra Jugoslavia e terzi Stati con amichevole intervento Italia noi salveremmo principio revisionistico, tranquillizzeremmo Jugoslavia e inseriremmo Italia in tutte questioni revisione penisola balcanica, annullando ogni valore patto quattro balcanico. Quanto alla nostra presa sulla Ungheria in luogo problematica presa attuale priva, o quasi, di contenuto concreto, avremmo presa effettiva costituita dalla pressione diretta fatta da grosso blocco confinante. Oggi vediamo Ungheria battere mani ogni dichiarazione revisionistica dell'Italia, ma sempre che le torna utile rivolgersi altri e comunque volersi conservare libera riprendere un giorno sua funzione avanguardia germanesimo in probabile ripresa tedesca Drang nach Osten, mentre invece nel caso formazione blocco itala-jugoslavo, essa sarebbe obbligata per lo meno barcamenarsi fra noi e Germania, ed eventualmente potrebbe trovar conveniente aderire blocco sud-ovest anziché quello nord.

Seconda obiezione esula mia competenza. Mi permetto però subordinatamente osservare che: a) esaminando conto totale dare e avere dell'interesse nazionale potrebbe risultare conveniente decidersi certo pagamento economico in vista grande vantaggio politico; b) economia nazionale danneggiata nell'agricoltura troverebbe potente compenso nella sparizione minaccia di una costruenda flotta mercantile jugoslava e, sopratutto, nel vastissimo mercato costituito da popolo di quattordici milioni di abitanti che, caso unione doganale, da un giorno all'altro si schiuderebbe nostra industria. Tale mercato è oggi quasi completamente spartito fra Germania Austria Cecoslovacchia. c) Forza politica blocco italo-jugoslavo potrebbe riuscire schiudere all'estero ai prodotti agricoli jugoslavi alcune possibilità smercio che oggi restano precluse agli isolati sforzi jugoslavi. E ciò indipendentemente dalla possibilità di progressiva trasformazione economia agricola italiana, che nel caso accordo italajugoslavo potrebbe essere agevolmente finanziata dai benefici procurati alla industria.

Circa ultima obiezione mancano oggi sufficienti elementi giudizio. Fino a che punto è oggi impegnata Jugoslavia verso Francia e Piccola Intesa? Solo avanzate trattative potrebbero far luce su tale punto, tanto più che eventuale conclusione accordo renderebbe nulla per Jugoslavia stessa ragion d'essere tali impegni: difesa contro Italia.

Riepilogando, ho l'onore sottoporre attenzione V. E. convenienza iniziare al più presto conversazioni per una unione italo-jugoslava che sia tanto intima da giungere a strettissimi accordi. Dato che esistono fondate ragioni per ritenere che Francia la vedrebbe di buon occhio e dato che contemporaneamente sarebbe possibile renderla accetta anche Germania, prospettandogliela come indebolimento Piccola Intesa, posizione di arbitra nel duello franco-germanico che v. E. ha assicurato Italia col patto a quattro conserverebbe tutto suo equilibrio equidistante fra due contendenti. Ma in seno patto vi sarebbe allora Italia senza spine nel fianco e rappresentante blocco quasi sessanta milioni uomini.

Oltre ad assicurare vantaggio una più forte politica in seno patto, tale accordo permetterebbe all'Italia di ancorare sua potenza da un lato nel Mediterraneo e dall'altro nel Mar Nero, sbarrando Balcani e costituendo una incomparabile base di azione per quanto fascismo italiano oserà in tutto il decorso questo suo secolo.

(l) Il telegramma ha il numero di p~otocollo generale ma non è inserito nel registro del telegrammi in arrivo dove è la seguente dicitura: «Riservato. Vedi cassaforte capo ufficio».

(l) Cfr. n. 551.

576

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 275/018 R. Berlino, 18 gennaio 1934 (per. il 21).

Mio telegramma per corriere n. 011 (1).

Ho intrattenuto a lungo anche il segretario di Stato von Biilow della necessità che il Governo del Reich faccia qualche cosa per porre un termine alla sempre crescente tensione germanico-sovietica ed ho avuto l'impressione che l'azione esercitata in proposito da V. E. tanto direttamente a Roma che a Berlino per mio mezzo abbia sortito qualche effetto, come Ella vedrà dalla fine di questa mia comunicazione.

Il signor von Biilow mi disse che l'ambasciatore Nadolny era partito per Mosca, il 31 dicembre, colle migliori intenzioni e l'istruzione di agire per promuovere una détente. Un suo primo colloquio con Litvinoff gli aveva lasciato buone speranze. Subito dopo venne però il discorso del commissario del popolo per gli affari esteri contenente un intiero capitolo di recriminazioni contro la Germania, recriminazioni che a detta del mio interlocutore sono del tutto infondate non avendo il Reich mai pensato né ad intrigare in Ucraina né ad estendersi negli Stati baltici.

Nadolny, di sua iniziativa, subito dopo tale discorso aveva avuto un altro colloquio con Litvinoff e questo si era svolto in un'atmosfera tutt'altro che serena, tanto che l'Ambasciatore del Reich aveva nei suoi rapporti mostrato di essere assai depresso e di nutrire poche speranze di poter migliorare la situazione.

Era subito dopo stata intrapresa l'offensiva sovietico-polacca contro la Germania -probabilmente suggerita da Parigi -colla proposta di un patto di garanzia baltico. La Finlandia col suo rifiuto di aderirvi ed ancora maggiormente con una assai opportuna indiscrezione della propria stampa aveva fatto

fallire il progettato accordo internazionale. Ciò non toglieva peraltro che una mossa anti-tedesca era stata compiuta dall'URSS, col consenso della Polonia, e che Mosca era quindi passata dall'offensiva delle parole a quella dei fatti.

All'Auswartiges Amt si era pensato in un primo tempo che sarebbe forse stato bene rispondere a Litvinoff dimostrando l'inconsistenza delle sue lagnanze verso il Reich. Dopo un più maturo esame si era però giunti alla conclusione che fosse preferibile seguire un'altra linea di condotta e precisamente quella di non menzionare affatto nel discorso che pronuncerà prossimamente il cancelliere del Reich al parlamento le cose dette da Litvinoff e di ripetere invece, in tono ancora più esplicito, le dichiarazioni già fatte nella scorsa primavera da Hitler relative al desiderio del Reich di mantenere le relazioni più cordiali e fiduciose co nl'URSS. (Il discorso di Hitler sarà probabilmente pronunciato il 30 corrente, l'anniversario del Governo nazionalsocialista.

Il signor von Biilow osservò che questo atteggiamento era sembrato opportuno anche perché avrebbe dato il modo alla Germania di «compiere un gesto » che potesse influire in senso benefico sui rapporti germanico-sovietici, «gesto» che anche V. E. considerava desiderabile.

Il non rilevare le accuse di Litvinoff ed il non fornirgli chiarimenti circa le reali intenzioni della politica del Reich era sembrato necessario anche per evitare che altri stati si illudessero, muovendo una campagna denigratoria contro la Germania nei loro parlamenti, di poter dal loro lato ricevere dal Reich assicurazioni consimili.

Il signor von Biilow mi disse ancora che mentre le relazioni politiche coll'URSS erano tutt'altro che buone, si mantenevano ottime ed inspirate all'antica reciproca fiducia e confidenza quelle fra l'esercito rosso e la Reichswehr e che, in questo campo, a cui si attribuiva a Berlino una grande importanza, non era intervenuto alcun fatto che avesse menomamente turbato gli antichi rapporti amichevoli.

(l) T. per corriere 226/011 R. del 12 gennaio, non pubblicato: riferiva circa un lungo colloqui con Neurath nel corso del quale quest'ultimo avrebbe detto di non aver trovato il modo di compiere alcun passo specifico a Mosca per ripristinare le buone relazioni esistenti prima dell'avvento del nazismo tra Germania e U.R.S.S.

577

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS (l)

APPUNTO. Vienna, 18 gennaio 1934.

Il Cancelliere mi espone la situazione estera e la situazione interna. Per quanto riguarda la situazione estera la politica dell'Austria è dominata dai rapporti intercedenti con la Germania.

Il Cancelliere afferma di aver voluto seguire una politica che dimostrasse la sua migliore volontà di venire ad un accordo col Reich; le iniziative sono state prese però sempre da parte tedesca. C'è stato prima un suo conoscente bavarese che gli ha parlato della necessità di un incontro fra lui, Dollfuss, e Hitler, incontro che dovrebbe essere preparato convenientemente per cui Doli

fuss ha mandato a Monaco Schuschnigg per parlare con Hess; il colloquio ha avuto luogo, però i due non si sono intesi.

Successivamente, in seguito a nuove insistenze, ha mandato a Berlino Hornborstl il quale ha parlato con qualche persona di secondo piano, oltre che, crede, con Hess; anche questa volta però la cosa non ha avuto seguito.

Successivamente ancora il Ministro Frick si è fatto parte diligente col Ministro d'Austria a Berlino Tauschitz affermando che il Cancelliere Dollfuss avrebbe dovuto vedere Habicht nella sua qualità di diretto incaricato di Hitler; dopo molte insistenze, stabilito che Habicht non avrebbe posto condizioni, il Cancelliere ha ceduto aderendo a vederlo a Vienna.

In seguito però allo intensificarsi della propaganda Nazi e degli atti terroristici, egli ha dovuto far sapere che il colloquio non poteva più aver luogo perché la popolazione austriaca non si sarebbe spiegata come in questo momento si possa trattare con la Germania. Qualche tempo dopo la perquisizione e gli arresti avvenuti in casa di Frauenfeld hanno dimostrato come Habicht stesso facesse il doppio giuoco. Avendo -questi arresti ed altre perquisizioni e informazioni dato la prova assoluta che la campagna contro l'Austria è condotta in pieno dalla Germania con connivenza del Governo tedesco, il Cancelliere si è indotto a fare il passo a Berlino (di cui la nota trasmessa a Roma) (1).

Il Cancelliere ha tenuto a fare questo passo prima della mia venuta per assumersene intera la responsabilità e non dare l'impressione che la cosa fosse avvenuta per mia influenza.

Il passo ha avuto già una prima risposta in quanto Neurath avrebbe fatto sapere che l'obbligo di denuncia dei cittadini austriaci in Germania era atto comune di polizia e che tutto il resto era frutto di eccessivo zelo delle autorità locali.

Salvo ad esporre in seguito al cancelliere più dettagliatamente il nostro punto di vista, devo fin d'ora fargli presente:

l) che io sono molto scettico sui risultati di un eventuale passo alla Società delle Nazioni che lega le mani all'Austria senza probabilmente darle la soddisfazione voluta.

2) L'accettazione del colloquio con Hablcht ha fatto al Capo del Governo pessima impressione perché atto a compromettere il prestigio personale del Cancelliere e quindi indebolire la sua posizione politica.

Il Cancelliere è rimasto colpito da tale mia dichiarazione ed ha giustificato il suo atto col fatto che egli aveva voluto dimostrare fino al limite di ogni sua possibilità la buona volontà di accordarsi con la Germania.

Venendo a parlare della situazione interna il Cancelliere ammette che la stessa ha subito un regresso perché siamo di fronte ad una intensificata campagna dei Nazi. Anche qui egli ha voluto dare una prova de1la sua pazienza e della sua longanimità cercando di evitare di portare le cose all'estremo; l'atteggiamento però degli hitleriani dimostra che con questo partito non è possibile intendersi non si può più indulgere ma bisogna ora andare a fondo con la massima energia. Egli è disposto a far ciò e ha richiamato a questo scopo

46 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

altri 5.000 uomini della polizia ausiliaria. Intende contemporaneamente procedere a misure più energiche contro i social-democratici. La polizia ausiliaria non sarà licenziata fino a che il Cancelliere non avrà liquidato l'amministrazione del Comune di Vienna -provvedimento che è imminente. -Come egli ci aveva detto già a Riccione ha voluto tirare la cosa un po' avanti per lasciare ai socialisti la responsabilità del fallimento del Comune di Vienna (dinanzi al quale siamo già) e non cavare per loro le castagne dal fuoco.

Egli non ritiene però di poter procedere subito allo scioglimento dei partiti e ciò per due considerazioni:

l) la situazione politica interna austriaca non è ancora matura per rendersi conto della utilità di sciogliere i partiti sostituendoli con un'altra organizzazione politica. Egli teme che in tal modo le forze politiche che sono il suo sostegno si disperdano;

2) in secondo luogo egli deve evitare -se contemporaneamente allo scioglimento del Comune di Vienna egli scioglie anche i partiti social-democratici -il pericolo che per una violenta reazione i marxisti passino in mano al nazismo che oggi, pur di poter scalzare l'attuale situazione non bada a mezzi. È soltanto questione di gradualità. In fondo, oggi, per la situazione interna austriaca, non c'è che un problema assillante che è quello del nazionalsocialismo contro il quale in questo momento egli deve far convergere tutta la sua azione politica pur rendendosi conto della necessità e della urgenza degli altri provvedimenti (nuova costituzione, azione contro i social-democratici, ecc.).

Egli, dopo Riccione, ha cambiato completamente la composizione del proprio Governo; oggi egli pensa ancora di rafforzare la posizione delle Heimwehren; non sa però ancora se affiderà alle stesse anche il Ministero della Giustizia. La situazione del fronte nazionale corporativo è liquidata: Winkler si è presso a poco ritirato dalla vita politica. Egli confida molto nel Fey a cui ha affidato tutta la polizia, che è uomo energico, sicuro e tranquillo.

Si rende conto che bisogna spiegare molta energia ma è persuaso che la situazione si può riprendere perfettamente in mano.

ALLEGATO

APPUNTO

Dollfuss mi prospetta le seguenti questioni:

l) -Vorrebbe sapere che cosa pensa il Capo del Governo riguardo il passo presso la Società delle Nazioni. (io gli ho fatto già conoscere la mia opinione contraria).

2) -Se il Capo del Governo ritiene che debba andare a Bucarest e quando;

3) -Se il Capo del Governo intende fare una riunione a tre e quando;

4) -Egli osserva che oggi i nazional-socialisti hanno il monopolio del Deutsctum all'estero che acquista per loro mezzo. carattere irredentista. Egli vorrebbe anche intervenire, ma con tutto un altro carattere nella difesa dei tedeschi all'estero che oggi, con la scusa di combattere il nazional-socialismo, sono presi di mira specialmente in alcuni Paesi come la Cecoslovacchia. Naturalmente, a lui, nessuno potrà attribuire delle idee espansioniste e imperialiste, rialzerebbe invece il prestigio dell'Austria e toglierebbe questo monopolio al partito hitleriano. Naturalmente egli non pensa all'Alto Adige per cui ha fatto già delle dichiarazioni con carattere definitivo. Noi dobbiamo riconoscere che egli è riuscito a far scomparire in Austria la propaganda per l'Alto Adige che aveva assunto proporzioni notevoli e che rispondeva ad un sentimento profondo della popolazione.

Egli chiede però ancora una volta al Capo del Governo di voler regolare l'insegnamento privato. Naturalmente la cosa avrebbe la forza di un atto di generosità del Capo del Governo, ma, per lui, Dollfuss, costituirebbe tuttavia una grande facilitazione nel compito cosi difficile che egli sta svolgendo.

(l) Parzialmente edito in SuvrcH, Memorie, c!t., pp. 267-269.

(l) Cfr. n. 570.

578

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL VICE CANCELLIERE AUSTRIACO, FEY (l)

APPUNTO. Vienna, 18 gennaio 1934.

Espongo al Vice Cancelliere Fey quanto ho già detto a Dollfuss sul modo come noi vediamo la situazione.

Fey mi conferma da parte sua che vede la necessità tanto della repressione contro i Nazi, quanto della lotta contro il marxismo, anzi lui per le proprie idee politiche fa più volentieri la lotta contro i rossi che contro una tendenza di destra.

Per quanto riguarda il movimento Nazi egli è persuaso che la situazione si possa ancora dominare, sebbene si sia perduto del tempo prezioso. Egli nel settembre aveva garantito al Cancelliere che per la fine dell'anno il movimento Nazi sarebbe stato liquidato. Oggi è tutto da ricominciare. Egli ha l'impressione però che i Nazi in questi giorni stiano facendo uno sforzo concentrato che potrebbe anche essere l'ultimo tentativo di risolvere la situazione con la violenza. Egli ha fiducia che il Cancelliere sentirà la necessità del momento e si deciderà agli atti energici che tutti gli uomini della parte invocano.

579

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, PAUL BONCOUR

APPUNTO. Ginevra, 18 gennaio 1934.

l) -Sarre -Questione per 1ui importantissima, che riempirà tutto il prossimo anno, fino al plebiscito. Vorrebbe mutare composizione comitato per evitare che contro un solo europeo (Italia) vi siano due non europei (Argentina, Australia).

Gli ho detto che nella mia qualità presidente avevo speciale interesse composizione comitato. Collaborazione già iniziata con membro argentino mi faceva ritenere impossibile rinunciare tale collaboratore. Discussione poteva invece vertere su eventuale sostituzione australiano.

A tale riguardo suggeritogli finlandese portoghese. Domani ritorneremo sull'argomento. )

2) -Questione disarmo navale -Consigliatogli rivolgersi Deleuze presente Ginevra per sentire da lui conferma che mancato accordo non è stato dovuto cambiamento linea condotta italiana ma fatto che ultimo momento si è da parte francese richiesto inserzione clausola che sotto forma parità future costruzioni celava conferma principio disparità. Boncour dichiaratosi spiacentissimo ha aggiunto non dare nessuna importanza aspetto tecnico problema ma grandissima aspetto politico in quanto avvenuto accordo avrebbe favorevol.. mente impressionato opinione pubblica agevolando prosieguo discussione problemi pendenti fra due paesi. Ripromettesi quindi riesaminare questione.

3) -Riforma della S.d.N. -Ha ricevuto solo oggi telegramma Chambrun che gli trasmetteva appunti riforma apprestati da S. E. Suvich. Dalla prima lettura ho tratto buona impressione. Si propone fare esaminare tale appunto per rispondere particolareggiatamente. Gli ho detto che riforma deve venire secondo pensiero Duce, dopo disarmo. Molti punti del nostro progetto di riforma potranno quindi essere meglio valutati dopo che détente disarmo si sarà prodotta.

4) -Disarmo -Grande preoccupazione Boncour rivelatomi sbandamento idee direttive Governo francese. Questo non ha ancora ricevuto nota tedesca ma ne prevede termini. Pur essendo convinto che nel frattempo Germania continua riarmamento non riesce prendere decisioni. Francia continua rimanere immobile dinanzi bivio accettazione riarmamento tedesco ovvero adozione misure preventive.

In tale incertezza Boncour richiestomi se io credessi esistere terza via di uscita, ripetendo possibilità ricercarla in accordo sul disarmo fra tutte Potenze da presentare poi all'approvazione Germania.

Rispostogli apponendomi ultima soluzione e mettendo in rilievo che Patto Quattro benché non ancora ratificato da tutti componenti può considerarsi praticamente in funzione malgrado non avvenute ratifiche. Prova ne sono recente visita Simon Roma nonché attuali conversazioni franco-tedesche. Data esistenza tale istrumento perché non avvalersene per uscire presenti difficoltà? Perché Francia non tenta attrarre Germania entro orbita Patto ove presenza Italia ed Inghilterra allontanerebbe pericoli insiti qualunque solitario tete-à-tete franco-germanico?

Boncour obietta che opinione pubblica francese sarebbe attualmente contraria qualunque tentativo far funzionare patto fuori Ginevra se non attraverso normale lavoro Cancellerie.

Suggeritogli titolo personale tentare superare ostacolo opinione pubblica francese profittando prossima occasione richiesta tedesca schiarimenti per invitare Parigi rappresentanti Germania. In tale occasione Francia potrebbe contemporaneamente invitare anche Rappresentanti tecnici Italia ed Inghilterra per dare schiarimenti loro presenza e ricercare via uscita spinoso problema attraverso collaborazione quattro Potenze. Eventualità raggiungimento accordo, Francia sarebbe poi libera conformità disposizioni Patto portare questioni Gi

nevra, dopo possibile definitivo incontro quattro rappresentanti politici responsabili. Boncour dimostrando vivo interessamento tale soluzione mi ha detto volervi riflettere.

(l) Ed. In SuvrcH, Memorie, clt., p. 271.

580

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, A VIENNA

L. P. Roma, 18 gennaio 1934.

Le mando qualche carta vista stamane dal Capo. Non c'era altro di speciale importanza.

Circa la richiesta austriaca (l) di cui V. E. sarà stata informata costà, il Capo ha detto che non ritiene opportuno fare il passo a Berlino desiderato dagli austriaci. Gli chiederò domani se sia il caso di far sapere a Vienna, come propone Buti (2), che il governo austriaco, facendo sapere a Berlino che «prendeva in esame la possibilità di ricorrere alla Società delle Nazioni», ha fatto una mossa falsa, scegliendo una via che non può portare a risultati pratici.

Sono stato oggi da S. E. De Vecchi per ordine del Capo per segnalargli quanto è segnato nell'unito appunto (3) sul clero di Malta (vescovo e gesuiti) perché interessi al riguardo la Santa Sede.

A commento di due dei telegrammi che Le vengono inviati La informo che il Capo è favorevole all'invio in Cina del Caproni richiesto e ha disposto che non venga fatta pubblicità sull'arrivo della missione cinese.

D'ordine del Capo che ha ricevuto stamattina von Hassell (4) ho chiamato oggi Smend e gli ho fatto leggere i due promemoria consegnati a Simon (5). Il Capo mi ha nuovamente chiesto l'estratto del rapporto di Attolico sul Patto baltico (3). Lo porterò domani al rapporto.

581

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA S. RR. 6. Belgrado, 18 gennaio 1934.

Telegramma di V. E. n. 6 del 15 gennaio <6). Mi sono valso della opportunità suggeritami da V. E. per esprimermi ieri 17 con Jeftic nell'identico senso del telegramma di V. E.

Ciò tanto più in quanto è mia netta convinzione che se alcunché di analogo fosse stato da me detto dopo la prima comunicazione di Purich (20 dicembre) (l) con l'aggiunta di quanto sapevamo detto ad Henderson forse il passo ufficiale di Jeftic non avrebbe avuto luogo. Ne deducevo che se il nostro silenzio fosse continuato, avremmo avuto prima o poi qualche più netto e deciso intervento.

Jeftic ha accolto con visibile soddisfazione quanto gli ho detto. Dopo avergli tradotto, con opportuni spostamenti, il telegramma di V. E. ed aggiunto che egli non aveva che fornire nuovi elementi e non restare sulle generali o con indicazioni insufficienti, e che occorreva considerare con estrema calma la situazione presente tanto più che se egli si doleva di supposto e non provato illecito agitarsi di profughi croati nel nostro paese, noi avevamo dato prove, e prove concrete ed inoppugnabili, di quello che facevano i fuorusciti allogeni in Jugoslavia contro di noi, egli mi ha risposto con molta calma e con moderato accento quanto segue:

Anche egli considerava l'accaduto con estrema calma. Avrebbe chiesto tutti i maggiori elementi desunti dalla istruttoria e li avrebbe forniti. Sperava che il terreno fosse rapidamente sgomberato da tale inquietudine. Essa aveva interrotto quell'opera di chiarimento e di riavvicinamento che procedeva così bene. Sgomberato il terreno da ogni sospettoso dubbio egli era sempre pronto a riprendere il cammino interrotto se egualmente si volesse da nostra parte. Nulla gli stava più a cuore di un riavvicinamento con noi, poiché non poteva supporre che invece si volesse da noi una situazione di tensione con la Jugoslavia e dei conflitti sgradevoli. Non intendeva né pensava menomamente ad un «processo » ma solo ad una onesta reciproca volontà di togliere di mezzo tutto quello che poteva suscitare dei dubbi. Egli sapeva che Pavelic aveva la sua residenza principale in Italia e si recava spesso in Austria e Ungheria. Il di lui nome e quello di Percec si trovavano in ogni deposizione di attentatori, di terroristi, di agitatori. Anche gli ultimi arrestati dicevano di far capo a lui e parlavano di fondi e sovvenzioni notevoli che giungevano a questi agitatori croati. Finché queste persone godessero da noi, non tanto la ospitalità, quanto libertà di azione e di agitazione contro la Jugoslavia, difficilmente il suo pensiero sarebbe sgombero da qualche sospetto ed inquietudine. Occorreva piena leale reciproca fiducia e sicurezza di non essere in alcun modo nell'equivoco.

Dal canto suo egli farebbe ogni corrispettiva opera presso i fuorusciti slavi che, mi ha confermato sono 70.000. Ma, ha aggiunto soltanto 15 o 20 mila sono quelli che si agitano e fanno rumore molesto.

Gli ho replicato che nulla potevo dirgli di preciso quanto alla presenza di Pavelic in Italia. Sapevo solo che un paio di volte la stampa jugoslava ne aveva segnalata la presenza a Fiume e nella Venezia Giulia e che a mia ri:chiesta, era risultato che ciò non era assolutamente vero. Io ritenevo che egli e per lui i Consoli jugoslavi in Italia fossero troppo spesso vittime di visionari informatori zelanti. Ad ogni modo dalla comunicazione che avevo istruzioni di fargli egli vedeva che da noi non si era tardato a promuovere le possiblli indagini sulla base dei monchi elementi fornitici. Posta la discussione

sul tono pù calmo della nostra odierna conversazione, più agevole sarebbe giungere alla constatazione della eventuale realtà, che non colle frasi oscure e minacciose dell'ultima volta.

Attiro l'attenzione di V. E. sulla seconda parte del colloquio con Jeftic.

Riferisco una singolare conversazione avuta con questo Ministro di Francia, Naggiar, la sera del 16 corrente dopo un pranzo al quale egli mi aveva invitato.

Essa conferma il mio preciso giudizio sulla pochezza della di lui intelligenza, e sul suo sentimento a noi ostile che ho avuto l'onore di segnalare a V. E. in altre occasioni.

Prego pure di mettere a confronto della conversazione con Naggyar, quella che ho avuto sul medesimo argomento con questo Ministro d'Inghilterra, Sir Neville Henderson, e che ho riferita con telecorriere 382/237 del 28 dicembre 1933 (1).

Assicuro formalmente che la riproduzione della conversazione è pressoché stenografica.

ALLEGATO

CONVERSAZIONE COL MINISTRO DI FRANCIA NAGGIAR

APPUNTO. Belgrado, 16 gennaio 1934.

Nag. (a bruciapelo, con gli occhi accesi ed i pomelli arrossati dal vino) -Cosa fate di Oreb?

Io -Oreb? Chi è Oreb?

Nag. -Quello che doveva uccidere Re Alessandro a Zagabria!

Io. -Ah! Si, so. È un personaggio che il governo jugoslavo asserisce essere giunto a Zagabria dopo aver attraversato l'Italia e per questo fatto giunge ad insinuare una pretesa responsabilità del Governo italiano. Ma Oreb a che io sappia è jugoslavo e Zagabria è in Jugoslavia. Che abbiamo a vedere se per ipotesi ardita ha attraversato l'Italia e magari anche ci si è fermato, come qui si afferma? E che abbia attraversato l'Italia e vi si sia fermato fino a questo momento non è provato dalle nostre indagini. Che avremmo dovuto allora noi dire contro il Governo Francese per Bassanesi? che veniva dalla Francia dopo un lunghissimo soggiorno e che nelle sue deposizioni ha citato fatti precisi di appoggi e promesse di un milione di premio avuta nel vostro paese se il colpo contro Mussolini gli riusciva?

Nag. -Ma Mussolini ha ben protestato contro il Governo Francese e con quali accenti! E se Jeftic avesse detto la metà di quello che disse Mussolini contro di noi?

Io -Non lo ha fatto perchè le affermazioni sue non hanno fondamento, e perchè teme che noi tiriamo fuori le prove di cose ben più gravi, che avvengono contro l'Italia qui in Jugoslavia.

Nag. -Ma l'Italia è un Paese controllatissimo dove nulla avviene senza volontà del Governo. Da Voi si credeva tutto l'anno scorso che la Jugoslavia si sarebbe dislocata da un momento all'altro, e lo si scriveva nei vostri giornali.

Io -Si pensava anche il contrario. Nessuno impedisce da noi che vi siano diverse opinioni. E Pribicevich da voi cosa faceva? ha anche pubblicato un libro e proprio a Parigi che non ha uguale contro la Julgoslavia e la Dinastia. E tutte le altre pubblicazioni analoghe? prima quella del noto massone Lantoine?

Nag. -Il nostro è un paese di libere opinioni.

Io -Anche il nostro. Voi avete una falsa idea del mio Paese. Ve lo ho detto molte altre volte.

Nag. -E come spiegate che da noi non vi sono mai grandi scandali? Solo col controllo dell'opione pubblica (voleva alludere che gli scandali sono sottaciuti).

Io (con tono di sbalordimento) -Ma, caro mio, è che il fondamento morale della nostra vita è diverso dal vostro, e la vigilanza delle autorità sicura e costante ed indipendente da influenze parlamentari. Gli scandali da noi non scoppiano perchè non ne esistono neppure. Da noi non sarebbe possibile un disastro ferroviario nelle condizioni di quello di Pomponne!

Nag. -Ho letto che un capo fascista era stato messo al confino. Dunque vi sono scandali anche da voi. Io -Ma ciò vi prova anzi che se qualcheduno manca, non vi sono riguardi e le sue funzioni non gli danno immunità. Nag. -Ma con la Jugoslavia cosa volete? Perchè non accettaste a suo tempo il patto a tre?

A questo punto si è avvicinato il Ministro di Germania e la conversazione è stata interrotta.

(l) -Cfr. n. 570. (2) -In un appunto per Jacomoni dello stesso 18 gennaio, non pubblicato. (3) -Non pubblicato. (4) -Non si è rinvenuto il verbale del colloquio. (5) -Cfr. n. 525, allegati. (6) -Cfr. n. 559.

(l) Cfr. n. 493.

(l) Cfr. n. 514.

582

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI DELLA SOCIETA' DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

L. P. Ginevra, 18 gennaio 1934.

Credo utile riferirti un colloquio che ho avuto con Massigli.

Egli apprese il tentativo di un accordo Deleuze-Raineri da un telegramma di Chambrun. Ne rimase meravigliato perché era, ed è, del parere di rinviare per ora ogni accordo navale italo-francese non ritenendolo, nella attuale situazione politica, di alcuna utilità per migliorare le relazioni itala-francesi. Mi ha chiesto delucidazioni sulle diverse fasi delle conversazioni e in ultimo ha convenuto meco che non a Palazzo Chigi, ma a Palazzo Farnese furono cambiate le carte in tavola. Anche lui sapeva quello che oggi lo stesso Comandante Deleuze mi ha lealmente confessato, e cioè che i diversi punti della lettera di Chambrun (l} non corrispondevano esattamente alle linee dell'accordo da lui preparato a Ginevra con Ranieri.

Ho creduto utile precisare con lui che la causa di tutti gli insuccessi dei tentativi del genere risiede sempre in quella mancanza di fiducia da parte dei Francesi che ha così spesso frustrate le buone intenzioni del Governo di Roma. Perdura la differenza di disposizioni d'animo fra noi e loro.

Massigli mi ha mostrato l'ultimo progetto di accordo navale inviato a Roma (2) e mi ha chiesto se il rifiuto del Duce di prenderlo in considerazione

rimenti sulla controproposta italiana. L'8 gennaio telefonava per sentire le idee degli esperti sulla seguente nuova proposta: "Da oggi al 1936 le due nazioni avrebbero costruito 60.000 tonnellate globalmente".

risposto che avevo tutte le ragioni per ritenere che quando Mussolini aveva accettato di parlare con Chambrun dell'accordo navale, egli era animato delle migliori intenzioni e del più sincero desiderio di giungere ad un'intesa. Ma si debba attribuire alla sostanza, alla forma o ad una pregiudiziale. Gli ho allorquando si è sorpresa la sua buona fede tentando di imporgli il riconoscimento di una disparità navale col mettere per iscritto alcuni punti sfiorati nelle conversazioni ma che non avrebbero mai dovuto formare le basi di un accordo scritto, egli si è naturalmente ribellato. E vi consiglio, gli ho detto, di lasciar cadere questi infelici tentativi di nuovi accordi navali i quali hanno piuttosto peggiorato che migliorato l'atmosfera. Insistendo egli per avere da me un consiglio in materia per quando tornerà a Parigi, mi sono permesso di dirgli che solo quando la Francia si sentirà finalmente disposta a fare proposte oneste e concrete, si potrà forse riparlare di un accordo navale che, nel 1934, ha perso secondo me molta della sua importanza.

M. Massigli mi ha risposto che per giungere a tanto ci vorrebbe un uomo che ispirasse fiducia a Mussolini e contemporaneamente avesse pieni poteri dal suo Governo. Secondo lui, almeno per tl momento un tale uomo non esiste. Dei due a cui si era pensato, Sarraut si sarebbe forse reso ridicolo di fronte a Mussolini e De Monzie che muore dalla voglia di recarsi a Padova ed a Roma; sarebbe forse pericoloso giacché ha aggiunto Massigli; «io lo ritengo pazzo».

Gli ho risposto che tutto ciò non mi riguardava, ma che credevo di poter osservare che mentre tanto tempo perduto non ha per nulla modificato le disposizioni dei Francesi verso l'Italia, è bastato poco per intendersi coi Russi -si parla perfino di alleanza -, spingendo la Germania nelle braccia del Giappone.

Massigli mi ha riferito di un telegramma dell'Ambasciatore francese a Mosca nel quale è detto che Litvinov aveva comunicato all'Ambasciatore di aver suggerito a Mussolini, nelle ultime conversazioni romane, una alleanza tra Italia e Francia. Ho creduto allora di ripetergli ciò che più volte ho avuto occa-

Ciò significava che, se l'Italia avesse costruito due tipi Dunkerque (53.000 tonn.) le sarebbero rimaste 7.000 tonnellate per provvedere a tutte le altre categorie di naviglio.La proposta presentata anche ve·rbalmente a s. E. Il Capo del Governo da s. E. de Chambrun fu naturalmente respinta.

In dipendenza della situazione cosi creatasi, s. E. \l Sottosegretario di stato \l giorno11 gennaio comunicava al Senato che non era " ... da escludersi, però, che In epoca prossima,l'Italia non possa essere indotta ad utilizzare nella costruzione di navi di linea il tonnellaggioche le è stato riconosciuto nell'accordo di Washington ".

Il 2 marzo l'Addetto Navale a Parigi ha telegrafato che Il Capo di Stato Maggiore lo aveva convocato per informarlo che era stata decisa la costruzione di un secondo Dunkerque.

"Egli desiderava informare subito l'Italia, spiegando che la nuova costruzione doveva attribuirsi al progredire delle tre Deutschland tedesche e alla probabile impostazione della quarta entro il corren te anno ".

Il telegramma aggiungeva: " Capo di Stato Maggiore mi ha pregato rendermi Interprete presso V. E. suo vivo desiderio vedere continuare et riuscire trattative Comandante Deleuze per accordi riduzione armamenti Italia-Francia nonostante odierna decisione " ..

. Risulta da quanto precede ben chiaro che la Francia intende provvedere alla propria potenza marittima senza impacci e senza legami di carattere internazionale.

Ess·a difatti non ha voluto e non vuole aderire al Trattato Navale di Londra perché non accetta, per il naviglio leggero, le proporzioni stabilite a Washington per le navi di linea e non vuole limitare a 52.700 il tonnellaggio totale dei suoi sommergibili.

Non ha dato la sua adesione alle cJ.ausole navali del Piano MacDonald, perché esse non consentono l'Impostazione di un secondo Dunkerque per la Francia e mirano a diminuire la quota del suoi sommergibili.

Infine risulta evidente che a Parigi la decisione di proporre di impostare un tipo Dunkerque da parte dell'Italia e della Francia dal 1934 al '36 (cioè in definitiva due Dunkerque alla Francia e uno all'Italia) è stata presa appena si è saputo che il bilancio della Marina Italiana avrebbe subito una rilevante riduzione. Palese tentativo di averla vinta, approfittando della scarsa possibilità finanziaria attuale dell'Italia, su una questione nella quale è involta la sicurezza, Il prestigio e l'amor proprio di tutta la nazione».

s10ne di dire ai miei amici francesi, che cioè non piace a Mussolini il sistema delle alleanze. Se anche egli vedesse assai grave il pericolo tedesco, prima di denunziarlo, egli amerebbe esaurire tutti i mezzi per ricondurre la Germania alla ragione. I francesi non capiscono che mentre quel che oggi Mussolini sarebbe disposto a concedere ai tedeschi non è che il minimo, quello che i tedeschi finiranno per prendersi da se stessi sarà invece il massimo perché, come sempre nel passato, i francesi esagerano nel mercanteggiare e cedono quando è troppo tardi.

Congedandosi, mi ha pregato di vedere il suo Ministro, che giungerà domani, ma siccome debbo trovarmi a Parigi venerdì gli ho promesso di farlo al Quaì d'Orsay.

Mi ha detto che sopratutto tiene a che, indipendentemente alla visita a Paul Boncour, io abbia uno scambio di vedute con lui stesso e con Léger, ciò che non mancherò di fare, riferendoti a suo tempo (1).

(l) -Cfr. n. 508. (2) -Su questo progetto e sugli ulteriori sviluppi della t,rattatlva cfr. (oltre a DDF, vol. V, pp. 426-428) il seguente brano della relazione del Ministero della Marina cit. in n. 385, nota 1: «Il Comandante Deleuze il 4 gennaio si recava al Ministero della Marina per avere schia
583

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 251/8 R. Vienna, 19 gennaio 1934, ore 14,40 (per. ore 17,15).

Ministro tedesco mi ha parlato necessità chiarire situazione di Vienna anche nell'interesse rapporti italo-germanici.

<< Jouvenel mi consigliò di andare a far visita a Barthou che aveva saputo da Bérenger

della mia presenza a Parigi. Ho trovato l'ex Presidente del Consiglio in ottima salute e pienod'energia: mi ha accolto avendo in mano il libro di Machiavelli, splendidamente rilegato, con la lettera d! Mussolini a lui diretta. Sapevo che Barthou era stato e rimaneva contrario al Patto a Quattro. Gliene ho chiesto le ragioni. Brutalmente mi ha risposto: "Je n'alme pas cette espèce de traité que !es Allemanda ont déchiré d'ailleurs le 14 Octobre, mais je l'approuve comme méthode de travail. Aujourd'hui qu'on est arrivé à une impasse pour la question du désarmement, il faudrait causer à quatre ". Gli ho detto che credevo che questa fosse proprio l'idea suggerita a Paul-Boncour da Roma ma che come al solito se ne sabotava la p~aticità volendo a Parigi far partecipare alle conversazioni la Polonia, la Piccola Intesa e perfino l Russi. Ho rimproverato al Francesi la mancanza di fiducia verso Mussolini. Barthou si è difeso ripetendo le solite storie della Immutata simpatia nostra per l Tedeschi, del pericolo della revisione territoriale, della minaccia per la Società delle Nazioni. Ho cerc.ato di farglic·apire il punto di vista italiano e deplorare l'ignoranza dei Francesi che, pur avendo paura, nulla fanno per stendere la mano a quelli che sono i loro veri amici e i naturall alleati in caso di pericolo tedesco sia sul Reno, sia sul Brennero. Egli deplora che l'Italia non cerchi di spiegare all'este.ro l gesti e le parole di Mussolini, che certamente sa quel che vuole ed è l'unico Ministro degli Esteri che ha una sua linea, ma è anche l'unico che non esce m.ai dal suo Paese.

Barthou dice che noi siamo assenti in Francia, ha chiamato Pignatti "l'Ambassadeur fantòme ". Io ho risposto che non credo che Il nostro sia più "funzionario" di quello che abita a Palazzo Farnese.

Barthou mi ha accennato alle difficoltà del dopoguerra, perché le situazioni cambiano rapidamente a causa della crisi economica e dell'acuirsi del sentimenti nazionalisti, egoisti e ciechi. Mi ha fatto un lungo sfogo contro il parlamentarismo, che ritiene un male pericoloso, ma necessario in alcuni paesi. Accenna alle difficoltà di trattative tra Parigi e Roma affidate a diplomatici di carriera. Poiché aveva sperato e spera tuttora di andare a Roma, gli ho fatto l'augurio di vedergli affidata la missione di stringere i legami tra la Senna e il Tevere. Egli m! rispose: "J'ai refusé !es Ambassades de Londres, de Bernn et de Washington. La seule que j'aurais acceptée, on ne me l'a pas offerte".

Dimenticavo sottolineare l'importanza notata nei miei colloqui con Massigli che il Qual

d'Orsay dà alla questione austriaca. Egli mi ha detto che essi prevedono e sono decisi ad agire

sulla Jugoslavia onde non ere! Imbarazzi nel caso che le truppe Italiane dovessero occupare

la Carinzia. Tale preoccupazione è anche aumentata in seguito all'Accordo tedesco-polacco che

a Parigi si ritiene abbia sopratutto per scopo di lascla.re mano llbera alla Germania nella Sarre

ed in Austria».

Mi ha sostenuto che la situazione attuale era [in]tollerabile parlandomi di profonda scissione fra popolazione in due parti un'armata contro l'altra.

Gli ho confermato anche mia impressione che non sia tollerabile osservandogli che unico modo per ricondurre pace in Austria è quello che cessi influenza dall'estero, persuaso che in tal caso calma sarebbe rientrata prestissimo.

Ministro non ha contestato ritenendo però diversa situazione fra Vienna e provincia.

(l) Con lettera del 24 gennaio di cui si pubblica solo il seguente brano:

584

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 252/12 R. Mosca, 19 gennaio 1934, ore 21,37 (per. ore 0,15 del 20).

Ho avuto iersera lunga conversazione con ambasciatore di Francia.

Egli ha di sua iniziativa smentito voci di una alleanza franco-sovietica, ammettendo peraltro con me essere nell'ordine naturale delle cose sia una adesione francese al patto orientale per la definizione dell'aggressore, sia una adesione dell'U.R.S.S. ad un patto occidentale di mutua assistenza. Tutto ciò non potendo verificarsi che nel quadro della S.d.N., Alphand ha pure confermato pressioni francesi intese assicurare entrata U.R.S.S. nella Lega delle Nazioni. Riferendo più particolarmente definizione aggressore presentata Ginevra da Litvinoff, Alphand criticò insistentemente attitudine adottata suo tempo rispetto ad essa dall'Inghilterra e dall'Italia. Sua insistenza su questo punto mi fa ritenere che adesione Francia patto orientale vada ormai maturandosi e potrebbe dare inizio a quella serie di integrazioni mutue che Francia e

U.R.S.S. si propongono effettuare nel campo della rispettiva sicurezza. Probabilmente essa potrebbe seguire immediatamente riconoscimento U.R.S.S. da parte Piccola Intesa, ormai ritenuto imminente.

585

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS (l)

APPUNTO. Vienna, 19 gennaio 1934.

Riprendendo la discussione sulla politica interna rilevo al Cancelliere che noi vediamo per l'Austria due ordini di necessità:

1°) prendere tutte le misure con la massima energia per reprimere il movimento nazi; 2°) dare al Paese l'impressione che si applichi veramente il programma di rinnovamento e di lotta contro il marxismo tante volte annunciato.

Per quanto riguarda il primo punto, l'avere affidato al Vice Cancelliere Fey la direzione della polizia era certo un motivo di tranquillità e di fiducia.

Per quanto riguarda il secondo, dovevo con molta sincerità dire al Cancelliere che la nostra impressione era che nell'ultimo periodo si fosse andati piuttosto indietro che avanti; di fatto non si era proceduto né allo scioglimento né alla nomina del Commissario per il Comune di Vienna; né allo scioglimento dei partiti; né alla riforma della costituzione. Invece si poteva avere l'impressione che i vecchi uomini e le vecchie tendenze fossero ancora sempre in circolazione nella politica austriaca. Io mi rendevo conto dell'esitazione del Cancelliere nell'abbandonare quello che aveva costituito per lungo tempo la sua base politica, ma d'altra parte egli oggi poggia su di un terreno che gli si sta sgretolando sotto i piedi, e gli conviene cercare, con un colpo di audacia, di stabilire una nuova base.

Il Cancelliere riconosce che i tempi sono stati ritardati di fronte a quello che era il suo programma primitivo, ma d'altra parte anche se le circostanze lo hanno portato un po' a temporeggiare, bisogna riconoscere che egli persegue con costanza la realizzazione di tale programma.

Egli intende procedere allo scioglimento del Comune di Vienna al più presto non appena passata questa fase acuta della ripresa del terrorismo Nazi.

La questione del fronte patriottico sta facendo dei progressi ad onta di tutto e ci sono già delle personalità molto in vista del partito cristiano sociale come l'Arcivescovo di Linz, che già hanno chiesto lo scioglimento del partito. Egli ha aumentato la partecipazione al Governo delle Heìmwehren mantenendo tutte le promesse che ci aveva fatte.

La riforma costituzionale, che evidentemente è una cosa molto seria che non si può risolvere su due piedi, forma oggetto di studi molto assidui e severi ed è già arrivata a buon punto; anche in questo riguardo egli ha già fatto qualche anticipazione nel campo sindacale.

Io non contesto che si possano trovare delle ragioni per discutere il ritardo di una azione decisiva, ma devo ripetere al Cancelliere che la situazione mi pare difficilmente tenibile se egli non proceda a degli atti energici e conclusivi destinati a produrre i seguenti effetti:

1°) Ridargli intera la fiducia con la quale è stato accolto nei primi tempi del suo governo, quando è apparso l'uomo non compromesso, energico e deciso a far piazza pulita di tutte le tendenze parlamentari e democratiche e di tutte le corruzioni politiche che avevano caratterizzato l'Austria nel dopo guerra;

2°) Dare una soddisfazione alle Heimwehren che reclamano tali provvedimenti e che altrimenti avrebbero potuto passare al fronte Nazi (vedi recente caso Alberti).

3°) Togliere il vento dalle vele dei Nazi che sostengono che soltanto essi potranno veramente fare piazza pulita dell'austro-marxismo.

Il Cancelliere conferma che quanto io gli espongo è nel suo programma e aon vuole dilazionare senza ragioni tali provvedimenti, ma che bisognava dargli la fiducia necessaria perché fosse lui a scegliere i tempi secondo la propria intuizione, sulla quale egli molto si basa.

Si riparla dell'episodio Habicht, che mi dà occasione di riferire al Cancelliere il colloquio avuto con Hitler, con Goering e con Neurath sull'Austria, durante il quale avevo ripetutamente affermato che non si poteva imporre la persona di Habicht che da Dollfuss non sarebbe mai stata accettata.

Successivamente, con l'intervento di Preziosi e di Peter si riesaminano alcuni dei punti già discussi della situazione interna ed estera e delle possibilità economiche.

(l) Ed. !n suvxcH, Memorie, c!t., pp. 269-270.

586

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CAPO DELLE HEIMWEHREN, STARHEMBERG (l)

APPUNTO. Vienna, 19 gennaio 1934.

Starhemberg è perfettamente d'accordo col nostro punto di vista. Mi racconta alcuni episodi che dimostrano la indecisione del Cancelliere e la incomprensione della necessità di appoggiare più a fondo le Heimwehren verso le quali il Cancelliere ha sempre una forma di diffidenza.

Nelle provincie esse si trovano molte volte contro le autorità governative. L'avere affidato la polizia a Fey è una buona cosa e alcuni inconvenienti potranno cessare Egli tiene in mano ancora le Heimwehren che però mordono il freno. Se la situazione non sarà in breve chiarita egli non garantisce che le Heimwehren continueranno a seguire il Governo. Egli stesso dovrà prendere una posizione netta. Ha messo al Cancelliere come termine per una decisione, il 5 febbraio. Certamente Dollfuss pensa onestamente e patriotticamente, ma bisogna che vinca la propria irrisolutezza e che si liberi dalla cricca che lo circonda. Egli, e gli altri uomini del suo partito lo tengono continuamente sotto pressione.

587

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, A VIENNA

L. P. Roma, 19 gennaio 193·1.

Nella lettera di ieri (2) Le accennavo all'idea di Buti di far sapere a Vienna che il Governo italiano considerava inabile la loro mossa a Berlino e la minaccia di rivolgersi alla Società delle Nazioni. S. E. il Capo del Governo è stato d'avviso di non parlare della cosa a Vienna ma di domandare invece a Berlino se il passo è stato effettivamente compiuto (3).

(-3) Cfr. n. 588.

Ho portato stamane a S. E. il Capo del Governo l'estratto del rapporto di Attolico circa il progetto russo-polacco di garanzia dei paesi baltici (1). S. E. il Capo del Governo lo ha approvato.

Un altro progetto di impostazione diversa contenente il consiglio alla Germania di mostrare una pubblica dichiarazione il suo desiderio di veder mantenuta l'indipendenza degli Stati baltici non ha invece incontrato l'approvazione di S. E. il Capo del Governo.

S. E. il Capo del Governo segue con grande interesse il suo viaggio.

Le invio una Stefani privata che mi ha consegnato oggi e che in parte si riferisce alla Sua visita a Vienna. Come Ella saprà mi tengo giornalmente in contatto con la Legazione a Vienna in modo da poter soddisfare alle domande che ricevo circa la parte esteriore del Suo viaggio.

Sulla base di un promemoria di Buti (2) S. E. il Capo del Governo ha dato istruzioni di inviare alle RR. Rappresentanze a Mosca, Varsavia, Parigi ed Ankara il testo dei memorandum consegnati a Simon (3) a-ffinché ne sia data lettura a quei Governi come è stato fatto qui con l'Ambasciata tedesca.

S. E. il Capo del Governo ha precisato che dopo la pubblicazione della nota olandese circa la riforma è fin da ora necessario dar notizia delle nostre idee ai principali Governi e sarà presto opportuna la pubblicazione dei due memorandum.

In relazione al telegramma di Sofia (4) nel quale appare l'intenzione bulgara di non aderire al patto balcanico, S. E. il Capo del Governo ha dato istruzioni di far sapere alla Legazione a Sofia (5) che agisca su quel Governo perché rimanga fermo su tale proposito. Sono note le incertezze di attitudine del signor Muscianoff.

(l) -Ed. in SuVICH, Memorie, clt., pp. 270-271. (2) -Cfr. n. 580.
588

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 99/15 R. Roma, 20 gennaio 1934, ore 24.

Governo austriaco comunica di aver incaricato suo ministro a Berlino di far presente a codesto ministero degli esteri che esso si vedeva costretto a prender nella più seria considerazione appello alla Società delle Nazioni qualora attività di certi ambienti nazionalsocialisti del Reich contro l'Austria ed il Governo federale non cessasse al più presto.

Prego accertare opportunamente e telegrafare se passo abbia effettivamente avuto luogo.

(-5) Cfr. n. 595.
(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 543. (3) -Cfr. n. 525, allegati. (4) -Cfr. n. 595, nota :1.
589

COLLOQUI FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS

APPUNTO. Vienna, 20 gennaio 1934.

Ho avuto ripetute volte occasione di parlare in giornata da solo con il Cancelliere e ne ho approfittato per insistere nel modo più deciso, riferendogli le mie dirette impressioni, sulla necessità di non perdere tempo per attuare i provvedimenti anti-marxisti.

590

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI AL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRIACO, HORNBOSTEL

APPUNTO. Vienna, 20 gennaio 1934.

In relazione alla soppressione da noi ritenuta opportuna di alcune frasi contenute nel progetto di comunicato ufficiale preparato dalla Cancelleria Federale sulle conversazioni di Vienna e in relazione ai motivi di opportunità da noi fatti valere per persuadere il Segretario Generale Peter alla nuova redazione, è nata poi l'occasione di una conversazione piuttosto lunga e dettagliata con il Direttore Generale degli Affari Politici signor Honrbostel. Il discorso ha avuto un carattere personale ma, per i punti toccati e per l'estensione che ha preso di uno sguardo d'insieme di tutta la situazione austriaca nei suoi riguardi esteri ed interni, offre un notevole interesse e certo rappresenta più di un punto di vista soltanto personale.

Egli si rende perfettamente conto del nostro punto di vista di voler contemperare delle eccellenti relazioni con Berlino con il nostro atteggiamento nella questione austriaca. Egli lo comprende, ma ritiene che sia un compito estremamente difficile. L'Austria rappresenta per la Germania una posta di un valore enorme e non solo da oggi.

Oltre le ragioni di prestigio, quelle personali di Hitler anche per tendenze tradizionali l'Austria rappresenta per la Germania il trampolino e la base della espansione nell'Europa sud-Orientale e oltre. Vienna è il punto di transito obbligato. Non c'è da farsi quindi nessuna illusione che a Berlino si possa vedere con indifferenza qualsiasi sistemazione, sia pure di ordine economico, che significhi sbarrare alla Germania il cammino su questa via. Un progetto italiano di unione economica o di sistemazione danubiana anche se non apertamente per ragioni di politica generale, sarà sempre considerato da Berlino con ostilità. Per la Germania non vi è che una soluzione possibile ed ammissibile: la Zollunion del tempo di Schober.

~ la sola soluzione che le può essere accetta: qualunque altra è in sostanza giudicata contro i suoi interessi. Egli conosce bene i tedeschi e sa che sono gente intrattabile. Se si accorda loro un dito vogliono la mano; se la mano, il braccio. Di qui la necessità, secondo lui, di creare intorno all'Austria una barriera: di far sentire fermamente che l'Austria è un interesse europeo. Per dare un'idea del suo pensiero, egli pronuncia il nome della Svizzera.

Egli vede la situazione interna dell'Austria con qualche inquietudine, ma non con pessimismo. Disgraziatamente si sono perduti almeno due mesi nei tentativi di riportare i rapporti con Berlino su un piano di normalità. Purtroppo il tentativo è fallito con il danno di avere ritardato all'interno un atteggiamento più deciso e col solo vantaggio di aver dimostrato le difficoltà di una intesa per la intrattabilità di Berlino, malgrado la buona volontà austriaca. Certo la pressione che gli elementi Nazi fanno, appoggiati da potentissimi mezzi provenienti dal Reich, impone alle forze della piccola Austria uno sforzo che alla lunga potrebbe diventare sproporzionato. Se non ci fosse l'appoggio germanico, il nazismo in Austria si spegnerebbe. I Nazi austriaci non avrebbero né mezzi, né capi. È da ricordare che i vari Habicht, Proksch sono germanici.

Il Paese ha bisogno oggi di speranze e di fatti concreti: la pressione economica è grave e specialmente in certe provincie è quasi intollerabile, (Hungesnot). Di qui il facile alimentarsi di speranze e di illusioni sul nazismo come un'ancora di salvezza. Basterebbe un miglioramento di condizioni economiche, un rinfrescarsi di speranze con reali misure economiche, con un atteggiamento politico più energico del Governo, perché la situazione venga ristabilita. Le forze regolari (ha accentuatamente ripetuto «regolari») sono salde, disciplinate, fidate anche malgrado qualche sporadico caso di nazismo. In fondo nessuno in Austria vuole oramai l'Anschluss. Gli stessi Nazi oggi, è sicuro, non lo vogliono. Occorre tenere presente che l'Austria è un Paese profondamente cattolico con una mentalità che lo distingue nettamente dalla Germania e dove molti ateggiamenti assunti dal nazismo trovano una invincibile repulsione. Ha citato per esempio la Sterilisierung.

Il Governo ha intenzione di procedere ormai con energia e di riguadagnare i due mesi perduti, ma il compito del Governo è reso più difficile dai 15 anni che si sono perduti. Quando da autorevoli stranieri gli si parla della necessità, a scopo di difesa antinazista, di valorizzare un presunto nazionalismo austriaco, egli ha dovuto sempre prospettare che un simile assunto è all'infuori delle possibilità di realizzazione.

È inutile illudersi. Una propaganda basata sul concetto di una nazione austriaca non troverà mai nessuna rispondenza negli animi degli austriaci. Non esiste una Nazione austriaca. È esistito un Impero austriaco di cui non resta che una grande memoria; ma una nazione austriaca non è mai esistita ed è difficile crearla. L'Austria è tedesca di lingua e di cultura, ma con caratteristiche e funzioni sue proprie che le vengono da una tradizione secolare e dalla sua educazione cattolica.

A tutto questo bisogna aggiungere il fatto, assai poco noto, che da 15 anni a questa parte a tutte le giovani generazioni austriache si è sempre taciuto dell'Impero austriaco e non si è parlato che del Reich germanico. Tutti i partiti politici del dopoguerra in Austria hanno sempre considerato l'Anschluss, sia pure con varie gradazioni, come una meta da raggiungere. In tutti i libri di scuola quindi non si fa che parlare di questa più grande Germania, come sola patria e nazione tedesca. Questi principi insegnati ai giovani non hanno lasciato tracce indifferenti e solo oggi il Governo Dollfuss e per esso il Ministro Schuschnigg sta affrontando il compito di revisionare tutti i libri in uso nelle scuole austriache in senso di sopprimere il continuo accenno all'idea di un unico Stato con un'unica Nazione.

La revisione dei libri di testo è in corso, ma naturalmente i frutti non potranno che raccogliersi a scadenza; ciò spiega anche la difficoltà grande del compito che incombe al Governo Dollfuss.

Si tratta in molti casi di creare ex-novo distruggendo una direttiva durata quindici anni.

Ma dal fatto della inesistenza di una nazione austriaca, dal fatto che l'accentuare l'elemento nazionale indubbiamente tedesco dell'Austria porta facilmente piuttosto verso che contro il Reich, sorge la difficoltà di dare un contenuto ideale alla propaganda per l'indipendenza austriaca e al programma del Governo Dollfuss.

Secondo lui non vi è che un solo modo per individuare questo elemento ideale ed animarne l'Austria.

Riconoscerne il carattere tedesco, come tedesca ne è la cultura e la lingua; accentuarne il carattere religioso, cattolico con tutte le differenze dal germanico e prussiano che ne derivano; accentuare la missione che l'Austria ha esercitato e che può ancora esercitare di influenza germanica verso il sud-Europa, con un carattere suo proprio che media molti degli elementi più caratteristici del germanesimo con caratteri più meridionali, in modo da dare al germanesimo austriaco una fisionomia sua propria che lo renda più accessibile in molti Paesi. Vienna e l'Austria hanno esercitato questa loro missione nell'interesse del germanesimo.

Oggi possono continuare a farlo. È sulla persuasione di questa utilità, unita all'interesse politico europeo che può trovarsi col tempo la base per una riconciliazione austro-germanica.

Bisognerebbe cercare di far comprendere a Berlino tale situazione. Il giorno che si riuscisse a persuaderla che l'indipendenza ed autonomia austriaca con carattere germanico sono un fatto favorevole agli stessi interessi della Deutschtum, il problema della esistenza austriaca sarebbe nell'interesse di tutti risolto.

Si è talvolta parlato di poter consolidare l'Austria con la resurrezione degli Asburgo. Ora è sua impressione che gli Asburgo non hanno nessuna presa in Austria. Per l'Austria gli Asburgo non erano una dinastia nazionale, per le stesse ragioni che non è mai esistita una Nazione austriaca. Gli Asburgo erano l'Impero, cioè la ragione della grandezza austriaca. Tutto questo è sparito ed anzi si sono identificate negli Asburgo le cause di questa rovina. Tutte le nuove generazioni austriache sono state educate da 15 anni a questa parte in questa direzione. Ormai per gli Asburgo non hanno rimpianto che delle veccbie classi austriache, vecchie di anni e spesso di animi e alcuni ambienti militari. Egli non crede alla possibilità di resurrezioni, ma anche in questo, ove si

47 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

volesse realizzare qualche cosa, occorrerebbe un periodo di preparazione per formare ex-novo una base di interessamenti e di simpatie.

Si è talvolta parlato dell'utilità di agitare anche per l'Austria la bandiera del revisionismo. Egli ritiene che tutto questo non abbia senso; nessuna previsione è possibile per l'Austria, né vi è sentita. Il caso dell'Ungherllt è completamente diverso. Lì vì è veramente una Nazione e la revisione oltre gli scopi concreti che può perseguire, serve comunque a tenere alto lo spirito del Paese.

En passant, mi ha poi detto che gli Ungheresi sono delle persone abili e furbe coi quali non è facile trattare; anche essi avidi e incontentabili.

Egli ha poi concluso che la situazione in Austria può essere tuttora ripresa ma che occorre assolutamente fare qualche cosa di sostanziale e dare, per il morale, delle speranze. Ha insistito su questi concetti.

591

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 14-20 gennaio 1934.

Compito centrale di questa settimana di lavori del Consiglio della Società delle Nazioni era quello di iniziare l'impostazione della questione della Sarre, che minaccia di costituire un pericoloso centro di gravitazione di molte questioni di politica internazionale per tutta la durata del prossimo anno, fino al plebiscito. Versailles, il disarmo, il duello franco-tedesco, gli ebrei vengono ad ingranarsi nella Sarre.

Fino all'anno scorso sembrava che non vi fossero dubbi soverchi sul plebiscito e la Francia era rassegnata a non avere in mano altra carta oltre quella di un eventuale rinvio o del tentativo di connettere questo problema a qualche altro in discussione per farne oggetto di trattative. Ma oggi l'avvento dello hitlerismo ha diviso i tedeschi dal territorio conteso e la « SaarHindische Freiheitsfront » apporta alla Francia l'insperato aiuto dei socialisti, dei comunisti e dei cattolici tedeschi coalizzati. Unite al piccolo gruppo francese, queste forze presumono oggi di bilanciare le forze annessioniste del « Deutsche Front».

La Francia spera quindi in una vittoria elettorale avvalendosi di questa massa di votanti e della possibilità di influenzare le elezioni attraverso il societario Governo provvisorio ed eventualmente attraverso la pressione di una occupazione militare. Essa esige quindi un plebiscito con tutte le garanzie di ordine pubblico.

La Germania, che si vede sfuggire una preda sicura e che è esasperata contro questo regime internazionale che ha permesso l'accentramento del fuoruscitismo antihitleriano su di un lembo di territorio tedesco, è disposta a tutto pur di pervenire all'annessione e vuole la più ampia libertà di propaganda, sperando di riguadagnare con le buone o con le cattive l'antica maggioranza.

Questa nuova tensione è venuta ad accrescere il disagio diffuso in tutti dalle non chiare prospettive del disarmo. Con l'hitlerismo e con il riarmamento sufficientemente avviato è aumentato e va aumentando l'intransigenza tedesca, la quale provoca automaticamente un aumento di preoccupazione e, quindi una proporzionale controintransigenza francese. Questo aumento di tensione, ora che v'è minore equilibrio di armamento fra i due, e sopratutto ora che c'è sul tavolo questa nuova eccitante posta fra i due giuocatori, è stata la causa che ha spinto a richiamare l'attenzione di V. E. sulla opportunità di impedire che i Francesi ed i Tedeschi si incontrino in tète-à-tète solitari. Pervenutomi l'ordine di V. E., ho lasciato immediatamente cadere il consiglio dato ai Francesi di convocare a Parigi tecnici e politici delle quattro Potenze. Ho l'impressione però che la cosa possa ripresentarsi sotto la forma di una iniziativa inglese. Me ne ha parlato Eden, che in questa contingenza mi è apparso orientato verso lo spirito del Patto a quattro.

In tali condizioni ho cercato di promuovere la nomina di un Comitato ristretto di tre membri che prendesse la direzione di questa faccenda per poterla manovrare durante tutta la sua durata. Il Comitato avrebbe compreso il Rappresentante dell'Italia in qualità di Presidente, e, quali membri, uno di nostra scelta -l'Ambasciatore di Argentina a Roma -e uno di scelta francese.

Alla Francia la cosa non è piaciuta ed ha tentato di sminuire il rappresentante dell'Italia proponendo quattro membri, compreso il Presidente equiparato agli altri.

Ho tenuto duro sul numero dispari ed allora essa ha tentato di escludere il membro argentino perché Ambasciatore a Roma. La Francia è molto seccata di questa rottura della vecchia tradizione secondo cui i Delegati di molte Nazioni americane a Ginevra sono sempre gli Inviati accreditati presso il Governo francese. Ho tenuto duro anche su questo e l'Argentino è rimasto.

Il Comitato avrà il compito della preparazione tecnica del plebiscito, proponendo a suo tempo al Consiglio la data, la forma della votazione, la ripartizione dei collegi, se unico o per distretti, ecc. Grossa questione di carattere politico connessa è quella della occupazione militare internazionale che garantisca lo svolgersi del plebiscito. Essa è proposta dal Presidente della Commissione di Governo della Sarre, l'inglese Knox, che teme le formazioni armate hitleriane -dicono 30 mila uomini -ed è appoggiata dalla Francia. L'Inghilterra vuol tenersene fuori.

Riassumendo, gli obiettivi raggiunti in questa settimana sono stati: a) l'adozione unanime della relazione dell'Italia da parte del Consiglio; b) la trattazione di questione spostata verso Roma, ave il Comitato avrà occasione di tenere molte delle sue riunioni e dove V. E. potrà seguirla da vicino per tutta la durata del suo sviluppo. Essa è grave ed ingrata, ma c'è stata affidata da tempo col compito di fungere da relatore ed oggi, non potendo noi sottrarvisi, penso che non ci sia da far meglio che da cercare di convertirla in istrumento politico; c) il timone affidato al rappresentante dell'Italia, coadiuvato dall'Ambasciatore argentino a Roma, i quali hanno la possibilità di un continuo contatto e costituiscono la maggioranza di fronte al terzo membro, lo spagnuolo Madariaga.

L'equidistanza fra i due contendenti è stata imparzialmente conservata.

Alla chiusura dei lavori il Delegato francese Massigli ha scritto alla Delegazione una lettera di ringraziamento ed il Console Generale di Germania a Ginevra è venuto di persona a ringraziare.

Gli inglesi non hanno mosso un dito né in un senso né nell'altro. Tenendo presenti solo le difficoltà del disarmo, hanno avuto come unico obiettivo quello di non inasprire i tedeschi. Hanno però dichiarto, per bocca di Simon e di Eden, di essere disposti ad appoggiarci, avendo piena fiducia nell'operato dell'Italia.

Mi riprometto di presentare a suo tempo all'alta approvazione di V. E. un progetto concreto dei lavori del Comitato.

592

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, BADOGLIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

N. RR. s. 751. Roma, 20 gennaio 1934.

Ho esaminato il carteggio intercorso fra V. E. e S. E. il Ministro delle Colonie riguardo alla questione abissina. Ho l'onore di sottoporre alla E. V. alcune considerazioni su detta questione.

Anzitutto occorre stabilire che la questione abissina non può essere considerata come una delle solite avventure coloniali. L'averla considerata esclusivamente sotto questo punto di vista, fu anche una delle tante cause del nostro rovescio nel 1896.

La questione abissina deve essere esaminata sotto due punti di vista:

1° -punto di vista internazionale;

2° -punto di vista esclusivamente abissino.

Esiste circa l'Abissinia un accordo fra tre potenze circa le relative zone d'influenza e cioè fra noi, l'Inghilterra e Francia.

Io non so quanto questo accordo sia ancora in atto ed efficiente: però sussistendo sempre le ragioni che l'hanno determinato è evidente che nessuna delle tre potenze potrebbe agire contro l'Abissinia senza una intesa con le altre due.

Quanto sopra s'intende specialmente nel caso in cui per circostanze determinanti una delle tre potenze dichiarasse la guerra all'Abissinia.

Ma anche se l'Abissinia si decidesse ad aggredire noi o una delle altre due potenze, non si dovrebbe mancare di mettere in atto gli accordi suaccennati o stabilirne altri per evitare o limitare interferenze attive anche se più o meno palesi delle quali l'unico (id approfittarne sarebbe certamente l'abissino.

Il dare di cozzo contro il più potente impero africano in un terreno così difficile è già impresa così ardua che non è prudente ancora aggravarla con complicazioni internazionali che nel caso più semplice si potrebbero anche manifestare con aiuti di armi, di mezzi, se non proprio di ufficiali fatti affluire dalle colonie limitrofe.

È anche opportuno osservare che più di una potenza europea ci vedrebbe volentieri impegnati in una così grave questione che nessun'altra delle potenze

confinanti con l'Abissinia ha mai tentato di risolvere, e che da questo desiderio si può passare anche a quello di renderei ancora più oneroso il nostro sforzo rendendo più difficile la soluzione.

Rimane ora da esaminare il punto di vista esclusivamente abissino sotto il duplice aspetto di costituzione interna dello stato e di forze militari.

L'impero abissino è su base feudale. L'autorità centrale ha fatto sentire il suo potere molto intensamente quando era imperatore Menelik, il vincitore. Negli ultimi suoi anni, quando era indebolito dalla malattia, al tempo di Ligg Jasu, e nei primi anni di Ras Tafari, ora Selassiè, l'autorità centrale ebbe un potere limitato ed i torbidi interni furono gravissimi.

Ma l'abilità e la moderazione di Selassiè vanno man mano trionfando di queste difficoltà ed il suo potere va sempre più consolidandosi. Ritengo che una delle cause principali di questo successo sia l'orientamento sempre meno amichevole che egli ha assunto verso di noi.

L'abissino non crede alle nostre dichiarazioni pacifiche; egli sa che abbiamo una vendetta di sangue da scontare e giudicando noi secondo il suo stesso temperamento sa che non possiamo dimenticarlo.

Il movimento contro l'Italia è radicato profondamente nell'animo di ogni abissino: facendo leva su di esso Sellassiè sa di aver unanime il consenso della popolazione.

Altra sua linea di condotta è stata quella della sostituzione di capi con persone a lui ligie e con figure senza grande rilievo.

Non vi sono più i Makonnen od i Ras Mangoscià, che potevano aspirare ad un predominio, ma personalità di secondo piano che con poche difficoltà il Negus Neghesti può soppiantare.

In siffatte condizioni di spirito generale e di autorità dei Ras una politica periferica non può avere alcun risultato positivo (1). Già essa fu da noi seguita sia con Menelik sia contro Menelik. Ad Adua ci siamo trovati sulle braccia tutta l'Abissinia. E tutta l'Abissinia avremo contro di noi se noi avremo la guerra con detta potenza.

Non è che io per misura prudenziale voglia prospettare il caso peggiore: dopo lunga meditazione del problema io mi sono convinto che il caso come è prospettato è non solo probabile, ma di quasi assoluta certezza.

Le forze militari abissine sono ora in costante movimento di progresso in armamento ed in organizzazione. Come numero, non si hanno dati precisi. Ma non si è molto lontani dal vero calcolando almeno un mezzo milione di armati. Ma quello che è più notevole è che ora vi è già istruito all'europea un nucleo centrale sotto la direzione di ufficiali belgi, che organizzano battaglioni

<< 1° -Qualunque sia la situazione interna dell'Impero Abissino, in caso di guerra contro una potenza europea, e specia:mente contro dl noi, tutte le forze dell'impero concorreranno contro il nemico.

2° -Di qui risulta la nullità dega politica di accordo o di attrazione di qualche capo o confinante o simpatizzante. -Ne abbiamo già fatta una ben triste esperienza nel 1896.

3° -Premesso quanto sopra il problema abissino può diventare da un momento all'altro così importa.nte che reputo sia indispensabile provvedere sin d'ora aEa nomina di ufficio di un generale che debba assumere in caso di ostilità il comando.

La scelta di questo ufficiale generale deve basarsi su questi dati -oltre ben inteso la spiccata riconosciuta abilità come comandante».

con fucilieri e mitraglieri, squadroni e batterie, c servizi di sanità e di sussistenza. Notevole il fatto che l'Abissinia ora invia giovani alle scuole militari francesi e già alcuni ritornati in paese col grado di ufficiali. Vi è poi la massa dei soldati e specie dei graduati istruiti da noi nei battaglioni eriteri misti, largamente da noi impiegati nelle lotte in Lbia.

L'esercito abissino quindi, oltre all'avere almeno quadruplicato il suo numero dal 1896 ad oggi, presenta un notevole miglioramento come armamento come quadri e come impiego.

Dato il valore come combattente dell'individuo, si deve considerare l'esercito abissino come un nemico di primo ordine. Restano però per ora due elementi di debolezza di cui uno non è variabile e l'altro non lo è pure per molto tempo ancora.

Accenno alla mobilitazione ed alla radunata.

Esse non possono essere fatte che nell'intervallo fra le grandi e le piccole pioggie -ossia da metà ottobre ai primi di maggio. Noi quindi sappiamo che solo in detto periodo vi è possibilità di azione. Inoltre sia la mobilitazione, sia più specialmente la radunata sono lente

per la mancanza di strade, per la massa in movimento, per il gran numero di non combattenti incaricati del trasporto e del funzionamento di un primitivo servizio logistico.

A siffatte condizioni si oppongono le nostre che si possono così elencare: -massa combattente molto minore in numero, ma di armamento superiore ed omogeneo; -facilità di movimento e di manovra nell'interno dei nostri confini; -esistenza di una linea di fortificazioni al confine, con assoluta preponderanza in artiglierie; -assoluta superiorità in fatto di aviazione. Tali rapporti indicano netta la via da seguire in caso di ostilità. Schieramento (difensivo) sulle nostre organizzazioni e continuo ed incessante martellamento con l'aviazione sui centri di raccolta delle masse di armati e dei servizi logistici. Se l'esercito abissino attacca, resistere sulle posizioni e poi passare alla controffensiva. Se non attacca, si può essere certi che la sua ritirata è uno sfacelo come successo a Re Giovanni. Allora approfittare ed occupare quelle provincie che si ritengono conveniente annettere al possedimento nostro. Da questo piano schematico, che naturalmente potrà essere variato se circostanze speciali faranno sorgere la possibilità, si deducono tre necessità assolute della nostra preparazione militare in Eritrea.

Primo: la nostra linea di fortificazioni e le strade retrostanti per l'esecuzione della manovra devono essere efficienti al massimo grado.

Secondo: il servizio di informazioni della Colonia in intimo collegamento con la nostra Legazione ad Addis Abeba deve essere sviluppato in modo da poterei dare in tempo utile precise informazioni su quei movimenti che possano preludere un'azione contro di noi.

Terzo: tutte le previdenze di carattere logistico, che sono poi quelle che essenzialmente hanno arenata la nostra azione nel 1896, devono essere accuratamente predisposte, specie per quanto riguarda strade, pozzi, magazzini.

Quarto: dobbiamo avere una buona attrezzatura di campi di atterraggio

con depositi di carburanti, lubrificanti, munizioni. È anche indispensabile una

officina centrale per la riparazione e la revisione, con personale addestrato e

con dotazione di parti di ricambio come esistono a Tripoli ed a Bengasi.

Quinto: l'aviazione deve sin d'ora avere un nucleo sufficiente per fornire

buoni piloti abituati a quelle speciali condizioni di volo.

L'ufficio militare del Ministero delle Colonie ha stabilito un piano di mobi

litazione delle forze indigene e un piano di affluenza delle forze metropolitane.

Ha anche studiato uno schieramento difensivo ed uno offensivo -che però

in qualche punto considerano già come eseguiti lavori che per ora sono solo

in progetto.

Per poter realmente assicurare V. E. che ogni cosa -prevista ed ogni prov

videnza è stata predisposta io ho assoluto bisogno di esaminare sul posto

quanto gli studi e le predisposizioni dell'Ufficio militare aderiscano alla realtà.

Non avrei assolutamente l'animo tranquillo se in una questione così grave io non avessi la possibilità di esprimere con perfetta conoscenza il mio parere alla E. V.

Ecco perché ho avuto l'onore di chiedere a V. E. di potere appena terminati i lavori della Commissione Suprema di Difesa, recarmi in Eritrea per esaminare sul posto tutti gli aspetti del ponderoso problema.

Rimane ancora da trattare un ultimo argomento ed è quello del Comando del Corpo di spedizione. V. E. ha stabilito che S. E. il Generale De Bono sia il Comandante.

Nessuno può mettere in discussione le qualità militari di S. E. De Bono, così luminosamente dimostrate in guerra.

Ma egli è Ministro delle Colonie, e detto Ministero in caso di guerra con l'Abissinia dovrebbe entrare in una delle sue più grandi fasi di direzione e di azione, trattandosi di far concorrere all'operazione non solo truppe metropolitane ma anche quelle di altre colonie.

È quindi un momento delicatissimo sia inizialmente, sia nel prosieguo dell'azione, e non mi sembra che sia conveniente allontanare in dette condizioni proprio il supremo timoniere del Ministero delle Colonie.

(l) Da ACS, Fondo Badoglio, ed. in RoCHAT, Militari e politici, clt., pp. 301-304.

(l) Si pubbllca qui un brano della lettera scritta da Badogllo a De Bono 11 23 ottobre 1933 (ed. in RocHAT, Militari e politici, cit., pp. 298-300):

593

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 288/25 R. Berlino, 21 gennaio 1934, ore 14,35 (per. ore 17).

Telegramma di V. E. n. 15 (1).

Trasmetterò a V. E. col prossimo corriere testo della comunicazione fatta da questo ministro d'Austria a Neurath 17 corrente.

Ministro degli affari esteri del Reich nel riceverla si è riservato indagare sui vari punti, ha spiegato andata del principe Waldeck a Vienna come ispirata dalla necessità di appurare per quale ragione Dollfuss, dopo aver accettato di trattare con Habicht, avesse mandato contrordine a solo ventiquattro ore dal colloquio convenuto.

Neurath disse che idea di rimettere la questione alla Società delle Nazioni avrebbe potuto complicare le cose.

Ministro d'Austria rispose che era desiderio del suo Governo di non ricorrere a Ginevra perché sperava di ricevere spiegazioni soddisfacenti dal Governo germanico.

Ministro degli affari esteri osservò che in ogni caso, le grandi Potenze erano state già informate del passo che Austria aveva deciso intraprendere a Berlino e che ciò non poteva impressionare favorevolmente Governo germanico. Terminò dicendo che nelle questioni concernenti Austria egli doveva lasciare ultima parola al cancelliere che se l'era riservata esplicitamente.

Fino ad ora Governo tedesco non fece pervenire alcuna risposta a questo ministro d'Austria.

(l) Cfr. n. 588.

594

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. PER CORRIERE 104 R. Roma, 21 gennaio 1934.

Telegramma di V. E. n. 35 (1).

V. E. conosce da riassunto colloquio S. E. Capo Governo -Maximos (2), atteggiamento italiano di fronte conversazioni per conclusione rpatto balcanico. Dalle indicazioni che ella fornisce non sembra che atteggiamento britannico sia sostanzialmente diverso dal nostro. Idea patto balcanico, sorta originariamente da preoccupazione Turchia nei riguardi Bulgaria, non pare trovi riscontro nella realtà dei fatti. Turchia e successivamente Grecia hanno fatto ripetute premure su Bulgaria perché venisse a un accordo con loro che suonasse sostanzialmente rinuncia alle sue aspirazioni.

Risultato è stato quello di rendere più difficili, invece di migliorare, i rapporti con Sofia, e anzi di spingere Bulgaria a un riavvicinamento verso Jugoslavia. Ciò che tanto Turchia quanto Grecia temono in sommo grado. Ad Ankara ed Atene si è pensato allora di premunirsi contro tale eventualità allargando il patto sino a comprendervi Jugoslavia e Romania e costringere così Bulgaria coll'aumentata pressione a parteciparvi, con risultato però di avvicinare invece sempre di più Bulgaria a Jugoslavia. Come Simon ha giustamente osservato, qualunque accordo che miri al mantenimento della pace non può che essere veduto di buon occhio e favorevolmente. Qui però risultato che si rischia di conseguire è quello di rendere Bulgaria sempre più diffidente e di ridurne

l'importanza come fattore di equilibrio nei Balcani: una Bulgaria infatti ancora più indebolita politicamente e diplomaticamente finirà col dare alla Jugoslavia una posizione di predominio che non gioverà in definitiva ai rapporti della Jugoslavia coi suoi vicini meridionali e, in genere, alla détente che è interesse generale che avvenga anche in questo importante settore europeo. Jugoslavia non è paese revisionista, ma espansionista, ciò che in determinate circostanze può essere equivalente. Tutto questo è stato fatto opportunamente e ripetutamente presente sia ad Ankara che ad Atene; ma senza risultato, i due paesi contano sopratutto sull'opposizione di interessi tra Sofia e Belgrado ma dimenticando che si tratta pur sempre di due popoli slavi e non badando a quelli che possano essere gli sviluppi del riavvicinamento in atto tra di essi e della possibilità in definitiva della loro intesa. Da una comunicazione del R. ambasciatore ad Ankara e da due comunicazioni una del R. ministro a Belgrado e una del

R. ministro ad Atene, che sono state inviate a parte, si dovrebbe dedurre che il problema è considerato oggi in modo meno unilaterale e con maggior riguardo a tutti i suoi diversi fattori e che l'idea originaria dell'accordo va subèndo attenuazioni nella sua formulazione. Però le informazioni fornite da Maximos, di cui al mio telegramma n. 49 (l) contrastano con tali indicazioni. Ora è certo che, senza voler esagerare la portata del futuro accordo in via di definizione, una distensione dei rapporti tra gli Stati balcanici e una preparazione a più fiduciose relazioni tra essi non si otterranno perseguendo la via su cui tali Stati si trovano incamminati, ma adottando invece un metodo diverso, cessando cioè di esercitare pressioni su Sofia, lasciando tranquillo quel paese e non dando quindi esca alle correnti estremiste che vi si agitano. D'altronde sono oggi all'ordine del giorno problemi a così dire pregiudiziali quali quello del disarmo e quelli che porta con sé la crisi economica, e non è complicando la situazione ed avanzando nuove quistioni che la risoluzione di questi problemi può essere facilitata, nè avvantaggiata in definitiva la posizione della Grecia e della Turchia che tanto codesto paese quanto l'Italia hanno interesse a vedere mantenuta e rafforzata (1).

(l) -T. 158/35 R. del 13 gennaio. non publ:>llcato: comunicrwa che il Foreign Offlce aveva chiesto di conoscere il punto di vista del G Jverno italiar.o circa il progetto di patto balcanico e !"eventuale partecipazione della Bulgaria. (2) -Cfr. n. 556, nota l.
595

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, CORA

T. 107/6 R. Roma, 21 gennaio 1934, ore 20,45.

Telegramma di V. S. n. 10 (2). Oltre al riassunto del mio colloquio con Maximos (3), Ie è stato indicato con successivo telegramma per corriere il contenuto del mio colloquio con que

sto ministro di Bulgaria <1), di cui presumo codesto Governo sarà venuto già a conoscenza. Da tale telegramma ella potrà desumere gli argomenti utili a confermare codesto Governo nel suo atteggiamento negativo di fronte al patto balcanico, atteggiamento che è il solo che nelle circostanze può ancora convenirgli, lasciando impregiudicato l'avvenire e permettendogli ulteriormente la necessaria libertà di manovra nei riguardi degli Stati vicini. D'altronde se Turchia, Grecia e anche Jugoslavia e Romania sono entrate nell'ordine di idee di concludere un patto, quelli che sono i suoi limiti o la sua portata -contrariamente alle asserzioni di Maximos -non risulterebbero definiti (vedi tra l'altro comunicazioni inviateLe per corriere dal R. ambasciatore ad Ankara e di Tsaldaris a de Rossi di data assai vicina a quella della visita di Maximos a Roma), come non risulta per nulla sicuro -secondo altra comunicazione fattale pure per corriere (2) -il favore tra l'altro dell'Inghilterra verso tale patto che invece Governo greco avrebbe informato quello turco di essersi assicurato (3).

(l) -Il presente telegramma fu comunicato anche a Parigi, Berlino, Mosca, Varsavla, Ankara, Washington, Atene, Sofia, Belgrado, Praga, Bucarest e Budapest con t. 102/C. R. In pari data. (2) -Con t. 235/10 R. del 18 gennaio, non pubblicato, Cora aveva riferito quanto segue: «Presidente del consiglio del ministri m·i ha espresso oggi soddisfazione e riconoscenza G.overno bulgaro per azione dell'E. V. durante la visita del signor Maximos. Egli mi ha poi confermato di non aver i!'lcevuto alcun invito ufficiale partecipazione patto balcanico e, ad ogni modo, è assolutamente da escludersi che Bulgaria possa aderirvi. (3) -Cfr. n. 556.
596

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 04 (4). Belgrado, 22 gennaio 1934.

Stamane nelle ore antimeridiane scoppiata una bomba nella carrozza diretta Berlino-Vienna-Maribor-Zagabria-Sussak al momento in cui tale vettura trovavasi su territorio jugoslavo fra Viden-Krsko e Brezice. Tre viaggiatori morti seguito esplosione. Uno ferito.

Nel parlarmi di quanto precede Antich, Ministro di Corte, mi ha detto che tre o quattro giorni addietro Governo jugoslavo aveva avuto segnalazione dall'Italia che durante la Conferenza della Piccola Intesa a Zagabria sarebbe accaduta qualche manifestazione terrorista.

Dopo avergli risposto che potevasi trattare di una pura casualità e che la sua insinuazione dovevo respingere, mi ha aggiunto che la persona che aveva preannunciato tale attentato era uno dei caporioni fuorusciti croati dimorante in Italia, il quale in tal senso erasi espresso in una cerchia di persone.

Antich mi ha poi parlato dell'attentato di Zagabria. Ha descritto drammaticamente l'arrivo delle prime notizie sui due arrestati (uno di questi a nome Fabiancic) l'arresto del terzo di nome Oreb. Ha affermato che il Re aveva preso le cose molto allegramente come da buon soldato.

L'Oreb era stato reticente nei primi colloqui, poi aveva finito in un primo gruppo di deposizioni di dire che era venuto a Zagabria con l'espresso incarico datogli in Italia, di attentare alla vita del Re, e se non gli fosse stato possibile compiere tale criminoso disegno, di gettare le bombe nella cattedrale fra gli ufficiali che avrebbero assistito al servizio divino per il genetliaco della Regina Maria.

In un secondo gruppo di deposizioni l'Oreb aveva narrato tutte le sue peregrinazioni da Lagosta a Zara per Trieste fino a Borgotaro e poi in un piccolo paesetto, Bardi, dove si trovavano altri fuorusciti. Vi si compievano marce, esercizi militari, e addestramento nel lancio di bombe e tiro al revolver. L'Oreb aveva nominato molte piccole località di quella regione (che poi si erano riscontrate sulle carte geografiche) indicato treni presi (e dall'orario si era rilevato al minuto la esistenza di tali treni) date indicazioni di compagni e nomi precisi di altri croati che effettivamente hanno lasciato la Jugoslavia. Perciò tutta la deposizione dell'Oreb appariva estremamente veridica.

Ho ascoltato atteggiando la mia fisionomia ed i miei accenti al massimo stupore. Gli ho detto che mi sembravano favole per bambini. E finché non avessi le prove di tutto quanto mi si raccontava non potevo che sdegnosamente respingere ogni analoga narrazione.

In ogni caso rilevavo che mi si parlava del 20 dicembre. Mentre si era trovato maniera di dire a Ministri stranieri (ed ho esplicitamente citato il francese) dei dettagli che io stesso ignoravo, a noi non era stato dato nessun elemento concreto, salvo indicazioni generiche od affermazioni gratuite. Di tale procedimento dovevo molto ma molto rammaricarmi.

Antich mi ha detto che pazientassi e le prove sarebbero date al ritorno di Jeftic da Zagabria. Non sapeva però se da Duéich.

Al cui riguardo ha finito con l'ammettere che Ducich era stato chiamato a Belgrado a riferire sul motivo che lo aveva spinto alla nota smentita che nessuno aveva autorizzato. Di questo eccesso di zelo si faceva molto carico a Ducich. Ha però escluso che Ducich non sarebbe tornato a Roma, come da qualche sua parola si sarebbe potuto dedurre. Tale esclusione non è stata però nettamente categorica.

Ora io faccio un nuovo caldo appello a S. E. il Capo del Governo perché egli voglia nella sua saggezza impartire precise e nette direttive che tronchino al più presto questo incidente che nel suo possibile dilagare nel pubblico potrebbe finire col prendere un aspetto dei più sgradevoli.

Ripeto ancora una volta che non sta a me indicare alcunché. Ma se mi è permesso subordinatamente suggerire alcunché parmi che occorrerebbe allontanare dall'Italia i più accesi dei caporioni croati e rispondere alla richiesta ufficiale del Governo jugoslavo circa il Brkan che data dal 1° agosto u.s. La attività di questi agitatori mentre non porta a nessun risultato per la causa che essi caldeggiano, finisce col nuocere, e gravemente, a noi. Ed occorre anche modificare le istruzioni alla nostra stampa ed alla radio (1).

(l) -Cfr. n. 562. (2) -Cfr. n. 594, nota l, p. 741. (3) -Lojacono con t. 309/6 R. del 22 gennaio-riferì quanto segue: «Governo turco benché sobillato da Grec1a a costituire fatto compiuto contro Bulgaria e malgrado recenti inopportune manifestazioni comitato Tracia che Governo bulgaro si è affrettato a reprimere (a quanto lo possa giudicare) non rompe ponti con Bulgaria e per arrivare a patto a cinque sarebbe disposto ad attenuare al massimo grado redazione progetto in guisa da renderlo presentabile e discutibile innanzi a Bulgaria». (4) -Non inserito nel registri del telegrammi in arrivo.

(l) In calce due annotazioni: « Informarmi e riferire, Suvioh>>. «Il Capo del Governo ha autorizzato l'allontanamento da Zara del Brkan. 27.1.XII. ».

597

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 22 gennaio 1934.

La questione della Sarre può avere per noi un aspetto molto interessante.

Difatti una concessione (restituzione anticipata del territorio) nella questione della Sarre può dare alla Germania quella soddisfazione nel campo della politica estera di cui va in cerca senza costituire un sacrificio per la Francia. Le contropartite di tale concessione sarebbero da un lato una maggiore arrendevolezza della Germania nella questione del disarmo e dall'altro una minore pressione contro l'Austria.

C'è un punto difficile da superare -punto fatto valere dai francesi quello cioè di privare la popolazione della Sarre del suo diritto di plebiscito. La questione però potrebbe essere girata col far votare dalla popolazione della Sarre plebiscitariamente le condizioni dell'accordo raggiunto fra Francia e Germania. Così non ci sarebbero né vincitori né vinti con relativi strascichi. La cosa, naturalmente, dovrebbe essere molto bene negoziata. Bisognerebbe studiare se tale questione possa rientrare nei compiti dell Commissione di Consiglio della S.d.N. per la Sarre di cui è Presidente il Barone Aloisi.

598

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. Belgrado, 22 gennaio 1934.

Le mando qui unito un appunto (1). Voglia Ella dargli quel seguito che Le sembrerà più opportuno. Suvich ed Aloisi dovrebbero ora essere già di ritorno costà.

Se l'accordo con la Jugoslavia sembrò sempre a me il primo necessario nostro assetto nella nuova Europa del dopo guerra, e se da quando sono qui mi apparve una indispensabile necessità di fronte alla sistemazione di un prossimo domani, oggi a me sembra urgente bisogno. Se alcune posizioni diplomatiche paiono apparentemente compromesse a nostro danno di fronte a quello che potevano essere in precedente momento, ho netta convinzione che andranno automaticamente a riprendere la naturale posizione rispetto all'assetto italo-jugoslavo nuovo, se lo vorremo davvero. Non avremo che poco attendere con pazienza ed agire con accortezza.

Veggo con tranquilla sicurezza la via che dall'Italia può essere percorsa con la forte guida del Duce. Essa è segnata dai fatti, e dalla nostra dominante forza.

Ma bisogna al medesimo tempo far subito presto piazza pulita di strumenti e mezzi che hanno tradito la fiducia che si riponeva in loro. Non attendere che lo scandalo si allarghi ancora. La mia coscienza di funzionario è a posto con molte innumerevoli carte. Ma non ancora quella di cittadino, fin che non sarà tranquilla che quello che ha da essere deciso e fatto, lo sia.

Quanto alla ripresa, la via non ho da decidere io, e non ho stolte ambizioni,

o meschine gelosie.

Ma non si stanchi dal battere questo tasto, o direttamente col Duce, od attraverso Suvich ed Aloisi. E tenga presente che se si sappia poi bene utilizzare la nuova situazione, essa potrà dare risultati superiori ad ogni possibile sogno. Basta volere. Naturalmente, in politica è come nella cucina. L'Artusi possono leggerlo tutti e tutti saperlo a mente. Ma davanti al fuoco ci vuole una buona e saporosa massaia. Come pure non bisogna andare dal calzolaio come quella signora che pretendeva le scarpe piccole all'esterno e grandi all'interno.

ALLEGATO

PROMEMORIA

Belgrado, 23 gennaio 1934.

L'Italia non ha da vincolare neppure temporaneamente con un accordo politico la sua libertà alle altre Grandi Potenze europee. Stimo che nulla le sarebbe più pernicioso che una alleanza con Francia o Germania che potesse limitare la sua libertà di manovra ed il suo potere di decisione nelle contingenze future.

Ma l'Italia abbisogna di ogni sua possibile libertà di azione anche alla frontiera Giulia ed in Adriatico, per il suo sviluppo imperiale mediterraneo (asiatico o nord africano?). Fu per questo fine mediato che dichiarò guerra all'Austria e si gettò nella grande quadriennale fornace. Fu per uscirne vittoriosa e libera del suo avvenire.

È discutibile se fosse preferibile avere nella frontiera Giulia e sull'Adriatico un solo stato pressoché omogeneo, od una minutaglia di staterelli sui quali esercitava la sua incontrastata signoria. Era forse immaginabile che la Jugoslavia soccombesse alle prime difficoltà della sua vita comune.

Ma il fatto quale si è verificato, e quale si dimostra, non appare modificabile. Già del resto le prime radici del movimento che portò alla unità jugoslava risalgono ad un secolo, e della grande guerra il quarto fenomeno più significativo (gli altri tre sono: fine del primato britannico, inizio della decadenza francese, affermarsi della potenza italiana) è che rottasi la buccia teutonica che ricopriva sotto i due aspetti germanico ed austriaco mezza Europa, ne sortirono stati slavi e con essi questo da cui scrivo.

Per assicurare quella tale libertà di azione di cui sopra, non v'è che l'alleanza con la Jugoslavia, *piena schietta precisa, portata all'ultimo estremo. Non v'è che la stretta solidarietà di questi slavi del sud con noi, stretta solidarietà contro il pericolo tedesco * (l) da nord difesa dalla influenza francese per assicurare il monopolistico nostro predominio balcanico, ostacolo alla minaccia sociale che viene dai soviet. La penisola Balcanica è il primo naturale terreno di espansione culturale economica commerciale e di influenza politica che la natura e la storia hanno posto alle porte d'Italia. Chiave ne è la Jugoslavia.

In confronto di essa due sono gli obiettivi che potevamo proporci: a) Affrettarne un presunto dissolversi. b) Impedirne l'accrescimento con l'estensione del suo territorio agli altri slavi

del sud.

Ed a guardare gli avvenimenti balcanici, anche del solo ultimo anno, sotto la specie dello smembramento od anche solo dell'indebolimento jugoslavo, e delle possibilità

revisioniste bulgare non vi è dubbio che il cammino p€rcorso fin qui dagli avvenimenti e più ancora le prospettive prossime che dovrebbero portare al Patto balcanico di quattro o cinque Potenze (ciò è presentito in tutti i miei rapporti dell'ultimo semestre su tale argomento e precisato definitivamente il 30 dicembre u.s.) (l) portano a credere che gli eventi si sviluppino non solo all'infuori di ogni nostra precisa influenza, ma anche contro ogni nostra direttiva anzi in opposizione al nostro interesse.

Invece a considerare i sintomi di un diverso aggruppamento di interessi balcanici in confronto soprattutto di quanto può maturare (e questo sì davvero contro, ed irremediabilmente, ogni nostra più ragionevole necessità e pretesa) nell'Europa Centrale, le direttive e le finalità che gli avvenimenti balcanici possono additare, non li indicano soltanto come a noi opposti.

Il legarsi della Jugoslavia e della Rumenia sempre più alla penisola Balcanica, e ciò per difendere il lato me1idionale delle loro frontiere se le settentrionali fossero toccate da imprevisti avvenimenti e mutamenti, finirà con lo staccare inevitabilmente la Cecoslovacchia dal maggiore gruppo di interessi delle due alleate. E venendosi di conseguenza ad indebolire i legami della Piccola Intesa, Jugoslavia e Rumenia potranno concedersi una libertà di manovra, e verificandosi mutamenti territoriali nella Europa Centrale, addossarne tutto il peso al terzo alleato.

A ricordare solo quello che qui può sentire chiunque abbia anche deboli antenne è chiaro che il definitivo volto assunto dalla Germania hitleriana modifica ed indebolisce nei confronti della Francia i rapporti fra essa e Piccola Intesa ed affretta quell'avviamento al distacco della Jugoslavia e Rumenia dal sistema francese, e che potrà concretarsi quando una crisi 'lcuta franco-germanica fosse anche soltanto alle viste.

L'insofferenza del legame francese è anche troppo evidente. Se qui il sintomo ultimo più appariscente fu l'accorto declinare dell'invito a Parigi fatto a Re Alessandro, il sollevarsi di una parte dello spirito rumeno contro un Governo asservito alla· Francia ne è il corrispondente per la Rumenia.

Perciò, a tenere conto dei già esistenti legami dell'Italia con Turchia e Grecia tutta la Penisola Balcanica sembra matura ad una evoluzione rapida e definitiva verso Roma. Chiave è Belgrado.

Ho detto che a considerare gli eventi balcanici sotto la specie del revlSlonismo bulgaro, il corso degli avvenimenti del 1933 sembra andare assolutamente contro i nostri postulati. Ma egli è che anche in Bulgaria una evoluzione sensibile si è compiuta. È non soltanto sensazione vaga, ma quasi certezza derivante da molti sintomi, ed in ogni caso maturata affermazione, se dico che in quello Stato si ha da distinguere la opinione bulgarc-macedone, dalla pura bulgara, e cercare sfumature diverse e sempre più decise al componimento di ogni interesse con la Jugoslavia e forse rinuncia a pretese territoriali, quanto più i circoli si restringano e si arrivi al Governo e più ancora al Sovrano. Si è compiuta e si compie quindi colà una lenta evoluzione che giustifica appieno una revisione delle nostre posizioni spirituali verso quello Stato.

Del resto difficile assai sembra l'arrestare il cammino verso il Patto Balcanico per lo meno quello a quattro... (2) e per esso Rumenia, Grecia e Turchia sl difendono dall'accrescimento territoriale jugoslavo. La Rumenia diminuisce la preponderanza balcanica di Belgrado; la Turchia difende Stambul (che le assicura carattere europeo e la mette al coperto, fin che possibile, dal formare oggetto di compensi o di diversi aspetti europei); la Grecia Salonicco. Vi è un interesse comune dei quattro stati balcanici che pare troppo difficile frenare.

Anche noi abbiamo oggi il chiaro obiettivo di impedire la formazione della completa unità degli slavi del sud (non so però se questo obiettivo possa essere perpetuo e se nel corso degli eventi storici esso non abbb ad essere modificato). Vedemmo già negli anrÌi passati da noi in regime di Patto di Amicizia con la Jugoslavia, come questa anziché sentirsi limitata nei suoi movimenti, si vedesse incoraggiata ad una attività prepotente e minacciante contro gli altri Stati Balcanici.

Ora poiché non vi è dubbio che nella situazione politica presente il nostro interesse

all'assoluta seperazione fra serbi e bulgari sussiste e sussisterà per un pezzo, che invece

il lievito del nazionalismo jugoslavo che guarda alla Grande Jugoslavia dal Tricorno (anzi dal Tagliamento) a Costantinopoli e l'Egeo, non è sopprimibile, che forse anche per questo fine fu cercata, come contrappeso e contro assicurazione al nostro Patto quello con la Francia, pare a me, nelle condizioni odierne, che la Jugoslavia, la quale ha dimostrato di non potere essere contenuta o frenata neppure in regime di amicizia

o di ostilità con l'Italia, lo potrà forse meno disagevolmente in regime di amicizia, anzi di alleanza, quando questo regime si combini con l'esistenza di un patto Balcanico che leghi tutti gli stati balcanici. Anche l'Albania? Sì; anche l'Albania, cui può essere sempre assegnata una funzione collaterale ma efficace.

Rileggiamo quanto Mazzini pubblicò nel 1866 nel Dovere: «Una confederazione Danubiana sostituita all'Impero d;Austria: una confederazione slavo-ellenica sostituita all'Impero Turco in Europa, Costantinopoli città libera, centro anfizionico della seconda Confedarazione. Alleanza fra le due confederazioni e l'Italia: è quello l'avvenire ».

La confederazione slavo-ellenica non è forse il patto balcanico? Vedeva Mazzini l'alleanza fra tale confederazione e l'Italia ai fini di pace universale ed ugualitaria. L'Italia Fascista che apre il suo glorioso cammino nel 1922 può guardarla sotto l'aspetto del suo accrescimento di influenza e di preminenza in Europa, e di cammino per l'imperiale dominio segnato dagli imperscrutabili fatti.

Ma non v'è, per me almeno, tempo ancora da perdere, per legare a noi la Jugoslavia.

La saggezza e l'antiveggenza di S. E. il Capo del Governo possono decidere nell'ampia visione degli interessi italiani se o no ed in qual modo riprendere le trattative. A me sembra che il momento sia maturo per volgere tutti indistintamente gli Stati balcanici a Roma, ed avere qui in questa Penisola sotto altra forma, per altri fini, in altro modo, quello che accenna ora ad accadere nell'America del Sud, dove, per poco che l'iniziato movimento sia secondato e sospinto, la predominante influenza morale italiana può assicurarsi il più nobile dei suoi compiti, perchè scevro di qualstasi interesse che non sia l'altissimo del suo prestigio intellettuale e spirituale.

Qui invece vi sono interessi concreti ed egoistici da perseguire e raggiungere. Il risultato può essere superiore a qua[lunque noJstra aspettativa, se l'azione sia tenace ed accorta.

Qui, ripeto, io stimo che le trattative abbiano [da essere] riprese. Ma o mi sbaglio,

o non possono esserlo così puramen[te e sempli]cemente, come se fosse intervenuta una interruzione burocratica qualsiasi. Se dopo i fatti della Lika e la sospensione del ... (1), lo spirito di Re Alessandro si Sentì aspramente offeso nel suo amor proprio, e si sospetti spettri ed ombre, ancor più dopo l'incidente di Zagabria. Occorre sgomberare ed al più presto il terreno da ogni residuo di questo, andando anche oltre, almeno nelle apparenze, ogni possibile. Ma presto e nettamente. Ed occorre parlare al Sovrano. Un linguaggio diretto e militarmente schietto è quello che può andare più diritto al suo cuore. Lo affermo con piena responsabilità. Giudichi il Capo del Governo quanto Egli trovi di giusto e di vero in quello che ho esposto e subordinatamente indico.

(l) Annotazione a margine: «Promemoria visto da S. E. il Capo del Governo 24-1-Xll ».

(l) I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini.

(l) -Non pubblicato. (2) -Parola 1lleggibile per il deterioramento del documento.
599

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 344/025 R. Berlino, 23 gennaio 1934 (per. il 25).

Il mio collega francese nel parlarmi ieri del passo compiuto a Berlino dal ministro d'Austria ha espresso l'avviso che, per questa volta, il pericolo di un colpo di mano nazionalsocialista sull'Austria, sia stato frustrato.

Non posso essere altrettanto ottimista. Da quanto mi ha detto infatti il ministro d'Austria i nazionalsocialisti starebbero in questo momento concentrando i vari fuorusciti austriaci in un campo a Freilassing, ad una trentina di km. da Salisburgo, con l'intenzione di farli poi rientrare in patria alla chetichella con molto materiale di propaganda.

Il signor Tauschitz, pur augurandosi un buon risultato dal passo compiuto per istruzione del suo Governo, si chiede quanto potrà durare la situazione attuale. Egli ritiene esatto che il movimento nazionalsocialista faccia rapidi progressi in Austria e ne attribuisce, in parte, il successo al carattere dei suoi compatrioti. Il ministro d'Austria osservava infatti meco che il mostrare simpatia per il nazionalsocialismo ed il fare propaganda al riguardo può tutt'al più costare due se1ltimane di prigione. Tale mite pena costituisce viceversa un certificato di grande utilità per aspirare in eventualità future a posti, cariche, onori.

(1) Parola illeggibile per 11 deterioramento del documento.

600

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 23 gennaio 1934.

L'Ambasciatore Chambrun mi chiede le mie impressioni sul viaggio in Austria.

Gli faccio una espos1z10ne sommaria della situazione. Insisto sul fatto che l'Austria deve essere aiutata moralmente e materialmente da tutte le potenze che hanno interesse alla sua conservazione. Noi già lo facciamo. Occorre anche agire separatamente per non dare il pretesto ai nazi di affermare che l'Austria si è data in preda ad una coalizione anti-germanica.

Richiamo anche l'attenzione dell'Ambasciatore sulla necessità che la stampa eviti di fare la réclame alle manifestazioni nazional-socialiste con l'esagerare l'importanza di tali manifestazioni, inventando anche fatti del tutto insussistenti. Ciò è avvenuto anche in occasione della mia visita a Vienna che si è svolta in un ambiente di quasi assoluta tranquillità, mentre la stampa, fra l'altro quella francese, ha dato l'impressione che nel Paese ci fosse la rivoluzione o poco meno.

L'Ambasciatore, parlando di disarmo, mi dice che la Francia sta preparando la risposta alla nota tedesca; crede che si potrà raggiungere qualche altro progresso nell'avvicinamento dei punti di vista fra i due Paesi. Non si permette di dare dei suggerimenti, ma pensa che se ci dovesse essere un intervento, converrebbe che questo avvenisse dopo che nelle conversazioni dirette si fosse già raggiunto il massimo risultato, attendendo perciò l'esaurimento dell'attuale fase dei negoziati. Egli chiede ad ogni modo che si voglia preavvisarlo prima di qualsiasi nostro passo.

Gli rispondo che noi non abbiamo preso ancora nessuna decisione, non co.noscendo il testo della risposta tedesca; che ad ogni modo, prima di fare qualsiasi passo, lo avvertiremo.

Il Conte Chambrun mi presenta poi l'unita nota relativa all'attuale controversia commerciale (l); è da più giorni che è in possesso di tale documento, che sperava di non dover presentare nell'attesa che nel frattempo le cose si fossero potute regolare. Ora però, di fronte ad un preciso incarico del suo Governo, non può più oltre dilazionare.

Il Governo francese ritiene che la nostra rappresaglia non sia giustificata di fronte ad una misura fiscale interna francese e comunque intempestiva.

Fa presente che la bilancia commerciale italiana negli ultimi anni è migliorata, che si sono mantenuti i contingenti concessi all'Italia e che si sono ridotti i diritti fiscali fissati in un primo tempo.

Gli rispondo che non conosco il lato tecnico della questione; posso però affermargli che nel provvedimento francese da parte nostra si vede una minaccia alle nostre esportazioni. Quindi il provvedimento italiano non è che una risposta, tanto è vero che dopo la riduzione dei diritti fiscali francesi abbiamo attenuato anche noi le misure predisposte. Siamo ben disposti a continuare le discussioni per cercare una soluzione nell'interesse reciproco.

601

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, RINTELEN

APPUNTO. Roma, 23 gennaio 1934.

Il Signor Rintelen è venuto per chiedermi una risposta alle questioni prospettate recentemente, cioè: opinione del Governo italiano sull'appello da parte dell'Austria alla Società delle Nazioni; disposizione da parte dell'Italia di appoggiare il passo austriaco a Berlino.

Rispondo al Ministro che, riguardo all'appello alla Società delle Nazioni, noi ritenevamo che fosse meglio evitarlo. In primo luogo la Germania non è rappresentata nella società delle Nazioni e quindi un tale passo avrebbe meno efficacia nei suoi confronti; in secondo luogo, portata la cosa alla Società delle Nazioni è probabile che la stessa si trascinerebbe per lungo tempo, mentre nel frattempo sarebbe limitata la libertà di azione del Governo austriaco.

Riguardo al nostro appoggio a Berlino, mi pareva che il passo in questo momento e in questa forma non fosse effettuabile. Data la situazione precisa da noi assunta nei riguardi dell'indipendenza dell'Austria, un passo del genere fatto in forma amichevole e di semplice consiglio avrebbe potuto indebolire piuttosto che rafforzare la posizione austriaca. Non è escluso che in un tempo successivo l'opportunità di qualche azione nel campo internazionale possa presentarsi in base a nuovi elementi e con altre caratteristiche, e allora la cosa sarà esaminata con quello spirito di amicizia e con quel desiderio di aiuto che il governo italiano porta in tutte le questioni che riguardano l'Austria.

4B -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

(l) Non pubblicata.

602

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO (l)

L. s. Roma, 23 gennaio 1934.

Rispondo alla tua nota concernente la situazione che sta determinandosi in Abissinia (2). Situazione che si poteva facilmente prevedere. Più l'Italia diventa forte e più aumentano le preoccupazioni di coloro che hanno dei conti da renderei.

Quanto all'insuccesso della politica cloroformizzatrice al centro, è dovuto al fatto che tale politica non è stata effettivamente seguita con metodo e senza discontinuità di uomini e di programmi. Del resto è ancora l'unica da seguire, se non si vuole gettare l'allarme prima del tempo necessario alla nostra preparazione.

603

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 23 gennaio 1934.

Il Consigliere di questa Ambasciata tedesca, riferendosi al discorso pronunciato ultimamente dal Cancelliere Dollfuss nel quale -secondo Smend ha esplicitamente indicato -si di:ce che «la Germania, minaccia la libertà e l'indipendenza dell'Austria, è venuto a dire da parte del suo Governo pressoché testualmente quanto segue, dando lettura di alcune parti di un telegramma ricevuto dal Ministero degli Esteri tedesco; e cioè che la Germania deve respingere l'interpretazione data da Dollfuss alla politica del Reich verso l'Austria e che la Germania non ha la più lontana intenzione di immischiarsi violentemente negli affari interni dell'Austria o di venir meno in qualsiasi modo agli obblighi che le derivano nei riguardi dell'Austria. (Avendo richiamato l'attenzione del Consigliere tedesco sull'avverbio «violentemente», egli si è limitato a rileggermi la relativa frase di telgmmma. Quanto agli « obblighi che derivano alla Germania nei riguardi dell'Austria», si intendono evidentemente gli obblighi di Trattato che ne garantiscono l'indipendenza).

Il Signor Smend ha poi parlato del passo fatto ultimamente dal Ministro d'Austria a Berlino. Come si sa, quest'ultimo ha presentato una Nota al Governo tedesco nella quale, dicendosi che consterebbe al Governo austriaco che è in preparazione un « putsch, in Austria per la fine del mese da parte di nazionalsocialisti austriaci con l'assistenza di nazional-socialisti tedeschi, il Cancelliere Dollfuss si proporrebbe di portare la quistione alla Società delle Nazioni ove non cessasse la propaganda tedesca contro l'attuale Governo austriaco. Di

questa Nota il Governo austriaco ha informato le Grandi Potenze. 11 :Barone Von Neurath ha respinto energicamente le affermazioni austriache, aggiungendo che l'idea di portare la quistione alla Società delle Nazioni, nonché la comunicazione fatta alle Grandi Potenze, non gli sembravano fatte per migliorare 1 rapporti fra i due Paesi.

Il Consigliere tedesco ha aggiunto infine che di questi due affari l'Ambasciatore Von Hassell si propone di parlare con V. E. Sarebbe pure suo proposito di chiedere di essere ricevuto da S. E. il Capo del Governo. Di ciò egli non era però incaricato di farmi una comunicazione.

(l) -Da ASMAI. (2) -Cfr. n. 536.
604

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 336/24 R. Buenos Aires, 24 gennaio 1934, ore 21,53 (per. ore 8 del 25).

Questo ministro degli affari esteri mi ha pregato di trasmettere a v. E. i suoi più caldi ringraziamenti per la apprezzatissima menzione dell'adesione italiana al patto antibellico sud-americano fatta nel noto brindisi recentemente pronunciato da V. E. presso codesta ambasciata Brasile, nonché per il cordiale saluto all'Argentina e la cosi efficace presentazione del patto stesso, fatta fare a Ginevra per il cortese tramite di S. E. Aloisi.

Nella stessa circostanza questo ministro degli affari esteri conferma le su~ precedenti dichiarazioni da me a suo tempo riferite; circa fermo intendimento Argentina di intima collaborazione con l'Italia nei vari consessi internazionali mi ha espressamente interessato ad informare V. E. che il Governo argentino entra perfettamente nell'ordine di idee italiano, reso di pubblica ragione fra altro dalla nota recente riunione del nostro Gran Consiglio (sic), in merito alla ineluttabile necessità di una riforma del patto costitutivo della S.d.N. Egli dichiara pertanto che si propone accordarsi particolarmente ed anteriormente col Governo di V. E. allo scopo poter poi procedere, al momento opportuno, colla maggiore possibile identità di vedute ed unità d'azione con l'Italia, cercando così di contribuire efficacemente al raggiungimento della anzidetta comune finalità.

605

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 125/13 R. Roma, 24 gennaio 1934, ore 22.

In relazione a mio progetto di riunire a Roma o in altra città italiana il cancelliere austriaco e il presidente GombOs conviene fissare visita on. Suvich a Budapest che dovrà precedere tale incontro.

Per dare impressione connessione politica fra visita Vienna e Budapest e successivo incontro a tre, riterrei opportuno poter annunziare subito visita Suvich a Budapest che potrebbe avvenire principio seconda metà mese febbraio.

Nel frattempo potrebbero aver luogo visite Dollfuss e Muscianoff di cui ai suoi telegrammi del 22 dicembre (1).

Riservandomi ulteriori comunicazioni circa progettato incontro a tre, che dovrà essere molto ben preparato, resto intanto attesa risposta sui punti di cui sopra.

606

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 348/6 R. Tirana, 24 gennaio 1934, ore 23,45 (per. ore 4 del 25).

Sono stato oggi in udienza da Re Zog.

Gli ho illustrato in termini, che ho cercato di rendere chiari ed esaurienti, i concetti contenuti nelle istruzioni ricevute costà il 15 corr. (2). Mi è parso anzi opportuno di dare lettura a titolo confidenziale del testo di dette istruzioni.

Mi sono particolarmente soffermato sulla necessità che il Governo albanese aderisca preliminarmente al punto di vista del Governo italiano quanto alla soluzione delle questioni pendenti, fra le quali è fondamentale quella della riapertura delle scuole cattoliche. Ciò ammesso, il Governo italiano sarebbe stato disposto a trattare le richieste che il Re aveva avanzate.

Ahmed Zog mi è sembrato alquanto impressionato delle mie diehiarazioni fatte in tono calmo ma reciso.

Nel timore che il delicato problema delle scuole, così nettamente impostato, potesse provocare qualche frase impegnativa da parte di lui che si era sempre mostrato contrario mie pressioni, mi sono affrettato ad aggiungere che, data l'importanza che per la normalizzazione dei rapporti fra i due paesi avrebbe avuto la sua risposta, lo lasciavo riflettere su questo mio passo cui egli avrebbe potuto dare a suo agio il seguito che avrebbe creduto.

Il Re ha immediatamente chiamato il presidente del consiglio e il ministro degli affa-ri esteri intrattenendoli sul colloquio; ha dato ordini al ministro degli affari esteri d'intrattenersi subito meco per meglio precisare quali fossero le varie richieste da noi considerate pregiudiziali oltre quella delle scuole.

Ho ripetuto a Giafer Villa quanto avevo detto al Re ed ho ricordato in modo preciso i vari problemi in sospeso. È stato susseguentemente riunito un consiglio dei ministri.

Mi pare che la ferma linea di condotta che V. E. ha adottato e le manifeste conseguenze che va creando per le sorti del paese, comincino a provocare gli effetti che abbiamo ragione di attenderci e a far venire questo Governo ad una più esatta comprensione della realtà.

Segue rapporto (1).

(l) -T. 5036/223 R. e t. per corriere 5086/11823/1965 R., non pubblicati. (2) -Cfr. n. 563.
607

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 381/026 R. Berlino, 24 gennaio 1934 (per. il 27).

Ho avuto occasione di conversare a lungo avantieri col ministro della Reichswehr, generale von Blomberg. Egli ha convenuto meco che il contenuto delle note scambiate fra la Francia ed il Reich non ha fatto compiere alcun passo innanzi alla questione del disarmo o del riarmamento razionale e che si deve dtenere di essere giunti ad un punto morto (2).

Ho chiesto, in via del tutto personale e confidenziale, al generale von Blomberg, che cosa intendesse di fare la Germania in tale stato di cose, dato che, avendo spinto innanzi i suoi armamenti, in primavera dovrà pure tirar fuori il materiale costruito per addestrare le proprie truppe. Mi è stato risposto che la Germania intende sostenere di avere il diritto di riarmarsi entro i limiti contenuti nel progetto di disarmo MacDonald e che potrà dimostrare di non avere costruito materiale bellico diverso o in più di quello menzionato nel progetto stesso. Ho allora osservato che il piano MacDonald non è divenuto una convenzione, che esso è rimasto allo stadio di proposta, che a questa se ne sovrappose anzi una ulteriore francese, la quale, ancorché non accettata dalla Germania, formò oggetto delle recenti conversazioni franco-germaniche. Mi domandavo quindi se la Germania non sarebbe incorsa in difficoltà il giorno in cui avesse dovuto mostrare il materiale bellico preparato.

Il generale von Blomberg non sembrò nutrire soverchie preoccupazioni al riguardo, giacché mi rispose che egli non credeva che la Francia avrebbe ricorso, da sola, ad una politica di sanzioni, sapendo di non poter contare sull'appoggio altrui. Con molta maggiore circospezione la risposta del generale von Blomberg corrisponde alla stessa ideologia che fece dire recentemente al Cancelliere Hitler a persona 1:he me lo riferì di non temere che gli armamenti compiuti dal Reich potessero indurre la Francia ad una guerra preventiva, perché era certo che questa nazione non si voleva esporre al pericolo di perdere all'incirca 400.000 uomini, che tanti ne sarebbe costata una spedizione punitiva in Germania dato lo spirito combattivo che avrebbe animato i tedeschi.

Questo linguaggio di Hitler corrisponde del resto su per giù a quello che tenne meco il 12 ottobre scorso (mio telegramma n. 628) (3).

(-3) Cfr. n. 265.
(l) -Cfr. n. 620, nota 2, p. 707. (2) -Con t. per corriere 340/021 del 22 gennaio Cerrutl aveva comunicato che Phlpps aveva chiesto ad Hitler «quale fosse la sua Impressione della situazione attuale !n materia di disarmo. Hitler gli aveva risposto che egli non nutriva ormai più speranze di poter giungere ad un'intesa con la Francia al riguardo. La Germania avrebbe mantenuto le posizioni assunte ed atteso gli eventi».
608

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

L. s. Roma, 24 gennaio 1934.

Ieri ho ricevuto la tua lettera (2). Grazie.

Anche ieri ho ricevuto -a me diretto personalmente -un rapporto da Rava anch'esso relativo alle nostre relazioni con l'Etiopia e che io stimo doveroso trasmetterti in copia, in forma non ufficiale (3).

Condivido, in massima, tutti gli apprezzamenti e le considerazioni fatte dal Governatore della Somalia. Laggiù non si era mai tenuto conto della situazione della Colonia nei confronti dell'Abissinia. Non me ne voglio fare un merito; ma sono stato io, dopo il breve periodo della incursione di Gabré Mariam, che ho fatto studiare ed ho poi presi i provvedimenti atti a prevenirci da ogni possibile sorpresa anche al confine somalo.

Noi dobbiamo assolutamente proteggere le popolazioni somale che vivono fuori dall'ancor non delimitato nostro confine; ne andrebbe del nostro prestigio se non lo facessimo. A questo riguardo vi è fra le Colonie e gli Esteri una lieve divergenza di vedute.

Gli Esteri mantengono l'idea -già propugnata anche dalle Colonie -che non convenga ritirare popolazioni somale entro l'attuale nostra frontiera, perché

« Pur non avendo lo mal -come ho detto nel mio rapporto 325 Segreto del 28 Novembre -avute nuove espllc1te norme in contraddizione con quelle del 1° Novembre 1932, dagliultimi telegrammi a firma dell'E. V. non posso non ricevere l'Impressione che si voglia, oggi, una linea d! condotta diversa; che cioè si pensi -rinunziando a qualsiasi nostra azione di appoggio al capi d'oltre confine, rinunziando quindi per ora ad esercitare oltre confine qualsiasi influsso (poiché questa, come cercherò d! dimostrare, ne sarebbe la conseguenza assolutamente Ineluttabile) -d! guadagnare all'Italia almeno un mlnimum d! fiducia e di amlclzla da parte dell'Abissinia, e sopratutto d! distogliere l'Impero Etiopico dal convincimento che l'unico nemico temiblle sia l'Italla, e che prima o poi fatalmente l'Impero Etiopico dovrà trovarsela contro.

Or se questa è l'Idea, meglio, se questa è la speranza che suggerì la nuova linea d! condotta che m! sembra Intuire, V. E. voglia permettermt di esprimere senza perifrasi la mia modesta subordinata opinione: è spe,ranza assolutamente vana: qualunque cosa faremo, o non faremo; qualunque sia pure ab!l!ssima azione svolgano l nostri rappresentanti ad Addis Abeba; e -ciò che tuttavia non sarebbe nemmeno pensablle in Regime Fascista -qualunque remissività e arrendevolezza mostrassimo verso l'Abissinia, l'Abissinia. Imperatore, ministri, capi e popolo, rimarrebbero sempre nella convinzione cui accennavo sopra, e continuerebbero, come fanno, ad armars1 e prepararsi unicamente, o quasi, nell'Intendimento d! fronteggiare un'aggressione dell'Italia che ess'a ritiene sicura, o d! lanciarsi alla prima buona occasione (per esempio un conflitto nel quale fossimo impegnati in Europa) sulle nostre due Colonie dell'Africa orientale...

SI potrebbe forse obiettare da taluno, che !n ogni caso un'azione nostra d! appoggio, anche prudente, a! capi e alle popolazioni d! oltre confine, arrischierebbe d! t!ra.rc! addosso una specie di spedizione punitiva. Neanche questo credo. Sono invece convinto che qualsiasieventuale incidente con l'Ablss!nla per motivi che chiameremo d! frontiera, s! liquiderebbe sempre senza difficoltà, anzi con tanto minor difficoltà quanto più sapremmo mostrare l denti...

Esula del tutto dalla. mia competenza e da quel che lo posso conoscere, un così grave problema qual'è quello della opportunità, della poss!b!lità, d! occupare prima o poi l'unica grande terra d'Africa che cl sia rimasta, e la eu! potenziale ricchezza agricola, l! cui sottosuolo, !l eu! clima sull'altopiano, la cui scarsa densità di popolazioni, costituirebbero perl'Italia un ideale impero; ma di una cosa sono certo, che se ciò dovrà avvenire, potrà avvenire solo mediante la guena. Poiché guerra sarebbe, sicuramente vittoriosa e senza bisognod! eccessivi sacrlf!cl, ma tuttavia vera e propria guerra e non campagna coloniale come talunl -ho sentito dire -si llludono.

Guerra inoltre che per ogni anno di attesa, presenterà difficoltà maggiori. Il tempo, in questo caso, non lavora per no! ».

con ciò cl mancherebbe un atout 11 giorno in cui si dovesse venire al definitivo assestamento delle frontiere con l'Abissinia. Questa, cioè, ci potrebbe dire: qui non vi sono popolazioni somale e perciò non è territorio vostro. Io non nego una certa solidità all'argomento; ma penso d'altra parte che non è proprio questo il tempo di progettare questioni per allargamento di confini. È inutile; questo si potrà avere solo con una soluzione guerresca.

Di questo bisogna persuadersi: 11 nostro stabilimento ln Etiopia, sotto qualsiasi forma, non può -e non dovrebbe, secondo me -che essere il risultato di un'azione guerresca.

Intanto, anche come metodo di politica cloroformizzante, a noi conviene tenere la condotta dl protezione delle genti nostre e specialmente di quèlle che la chiedono.

La preparazione militare etiopica è evidente; essa, però, benché guidata da ufficiali francesi e belgi ha ancora un carattere caotico, non organico. L'Abissinia ha potuto anche molto valersi degli ascari che hanno servito nei nostri battaglioni eritrei, ma che furono reclutati extra frontiera. A questo provvedimento sl dovette sottostare quando le necessità Libiche richiesero la formazione di molti battaglioni misti. Già da quasi tre anni l'inconveniente non è più possibile, perché ho tassativamente ordinato che non si recluti più un uomo oltre confine. E della fedeltà degli eritrei non c'è assolutamente da dubitare.

Gli abissini tentano per ogni via di attrarre a loro, specialmente i graduati congedati dei nostri battaglioni e batterle; specie se mitraglieri e specialisti ln genere. Cercano di attrarre con la promessa di lautl guadagni. L'eritreo -come tutti quelli della stessa razza -è molto sensibile alla moneta. La nostra sorveglianza è però molto attiva e, finora, poco hanno ottenuto gli abissini.

Conviene però stare attenti e, pur con tutti gli avvedimenti, considerarsi come sul piede dl pronta mobllltazlone.

Si lavora; ma come ti ho già detto è assolutamente necessario fare al più presto le strade che adducono al nostro fronte difensivo ln Eritrea. Il pericolo ln Somalia è minore e minore sarebbe anche n danno se, ln un primo tempo, sl fosse costretti a ritirarsi.

Io ml considero (dietro tua decisione) come il Comandante laggiù ln caso dl azione guerresca. Questo mio incarico rifletterebbe, veramente, la guerra offensiva. Ma, considerando con senso pratico la cosa, lo ritengo che anche una guerra difensiva -a meno del caso di un rovescio nostro -quod Deus avertat -e che lo non mi perito ad escludere, si muterà in azione offensiva non appena lo si voglia. Se gli etiopi cozzando contro il nostro fronte saranno rigettati sl sbanderanno; non avranno più coesione e sarà quindi facile per noi procedere offensivamente.

Nel 1887 gli abissini, che avevano forza quintupla alla nostra, non osarono attaccare n nostro fronte ben munito e si ritirarono precipitosamente. Noi non inseguimmo, perché non avevamo mezzi logistici adatti e perché non avevamo reparti indigeni soli capaci di tener dietro agli abissini.

Di qui io vedo di coordinare n più possibile l preparativi. Certo che una azione coordinativa bisognerà farla poi tempestivamente sul posto; coordina

tiva, intendo, fra Somalia ed Eritrea. In Eritrea il Comandante delle truppe è hors ligne; è stato promosso adesso generale per meriti eccezionali. Il Colonnello che c'è in Somalia non è granché; ma fa.

Di quest'ultimo argomento, che si attaglia all'idea che ti ho buttata là ieri l'altro, potremo parlarne se tu lo riterrai opportuno.

Politica morfinizzatrice: hai ragione. In parte non fu capita, in parte non ebbe continuità. Cora era troppo servile e credeva alla possibilità di una sincera amicizia degli abissini per noi. Paternò fu sempre malato e non feçe niente. Chi fece molto bene fu Scammacca. Vinci: non mi attento a giudicarlo; però mi pare che egli si fidi un poco troppo dei suoi colleghi di Francia e di Britannia quando dicono e fanno vedere di deprecare qualche disposizione presa dal Governo abissino a danni di europei.

Io capisco che sia molto difficile fare una politica morfinizzatrice, quando ogni giorno si presenta l'occasione di dover protestare per qualche abuso. Si potrebbe tentare un'azione di categoriche smentite circa nostri preparativi militari; non so però con quali risultati.

Indubbiamente se si potesse disporre di milioni per corruzioni si otterrebbe molto, specialmente alla periferia; e sarebbero milioni che si spenderebbero poi in meno all'atto della risoluzione bellica.

(l) -Da ASMA!. (2) -Cfr. n. 602. (3) -R. r. 369 del 20 dicembre, d! eu! si pubblicano l seguenti brani:
609

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 127/24 R. Roma, 25 gennaio 1934, ore ... (1).

Secondo notizia pubblicata stampa pare che Governo inglese intenda presentare proprio memoriale in cui sarebbero contenute parecchie delle proposte da me fatte durante recente visita Simon a Roma.

Avevo consentito non pubblicare memoriale su disarmo consegnato a Simon in occasione tale visita (2) solo per aderire sue insistenze determinate dalla preoccupazione non interferLre con presentazione nuovi progetti nella delicata fase trattative dirette fra Germania e Francia.

Se notizia riferita dai giornali fosse esatta ciò significherebbe che Governo inglese non vede più difficoltà alla pubblicazione nostro memoriale. In tal caso intenderei prossimamente pubblicarlo ma non vorrei farlo senza esplicita intesa con codesto Governo. Così ritengo che eventuale presentazione memoriale inglese non dovrebbe avvenire senza previa consultazione con noi.

Prego V. E. voler chiarire la cosa presso Foreign Office e telegrafarmi (3).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Cfr. n. 525, allegato I. (3) -Per la risposta cfr. n. 621.
610

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A LONRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, E AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, E A VIENNA, PREZIOSI.

1'. 136/c. R. Roma, 25 gennaio 1934, ore 14,30.

(Per tutti tranne Parigi e Londra) Comunico per sua ·conoscenza seguente telegramma che ho inviato alle R. ambasciate a Parigi e Londra:

(Per tutti) Riservandomi di inviare notizie colloqui Vienna devo far presente fin da ora pericolo derivante da certi atteggiamenti della stampa di alcuni paesi che hanno nel loro programma difesa dell'indipendenza dell'Austria.

Ho avuto modo di consta,tare durante mia recente visita Vienna le esagerazioni che vengono diffuse su manifestazioni naziste in Austria. Durante la detta mia visita le manifestazioni nazi si sono limitate a qualche croce uncinata in fuoco lungo la linea durante mio viaggio di andata, un tentativo di dimostrazione prontamente represso prima del mio mio arrivo, un altro tentativo di manifestazione alla sera prima della giornata di mia presenza a Vienna pure immediatamente disperso. Tutte altre notizie di movimenti in relazione mia visita di cui sono date ampie relazioni codesta stampa frutto esagerazione

o pura fantasia. Questa campagna di notizie infondate tendenti a dare l'impressione che in Austria non si possa più vivere risponde ad una precisa direttiva della propaganda nazista, della quale per tal modo si fa inconsapevolmente il giuoco.

Prego V. E. di voler richiamare su tale pericolo l'attenzione di codesto Governo riferendosi constatazioni da me fatte durante mio viaggio.

611

IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 354/13 R. Ginevra, 25 gennaio 1934, ore 20,15 (per. ore 22,35).

Mi risulta che Governo francese ha creduto presentire confidenzialmente Dollfuss circa eventuale riunione del consiglio Società delle Nazioni a Vienna.

Dollfuss avrebbe risposto manifestando sua riconoscenza a Parigi per appoggio che dà alla sua politica. Per quanto concerne eventuale riunione Vienna, ha, tuttavia, osservato essergli difficile ricevere oggi degnamente Consiglio e teme attacchi opposizione per le inevitabili spese che riunione comporterebbe. Temeva altresì difficoltà per mantenimento ordine pubblico.

D'altra parte Massigli avrebbe fatto sapere ad Avenol che Londr~ mostrava qualche reticenza circa opportunità convocare consiglio.

612

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 352/34 R. Vienna, 25 gennaio 1934, ore 22 (per. ore 3,40 del 26).

l\fio telegramma n. 33 (l) .

Segretario generale mi ha detto che da un telegramma del ministro d'Austria a Londra si ha impressione che il Governo britannico non sia alieno dall'appoggiare a Berlino noto passo austriaco, ma che esso cercherà mettersl previamente d'accordo con Roma e Parigi ai fini di una eventuale azione concorde a Berlino.

Da parte sua Governo tedesco, in replica ad una sollecitazione verbale del ministro d'Austria, ha dichiarato che risposta noto passo austriaco potrà essere data non prima ventura settimana, stante accertamenti in corso circa fondamento lagnanze austriache.

Segretario generale ha poi. osservato che il passo compiuto dall'Austria a Berlino è in termini tali da lasciare al Governo federale piena libertà di azione circa seguito da darsi alla questione: cioè nel senso che anche qualora Germania non desse una risposta completamente soddisfacente, Governo federale non sarebbe necessariamente tenuto adire Ginevra.

Circa infine voce sparsa (di probabile origine francese) che consiglio della Società delle Nazioni, in caso di appello dell'Austria, si riunirebbe a Vienna, segretario generale mi ha dichiarato che il Governo federale si opporrebbe a tale eventuale proposta (2).

613

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 25 gennaio 1934.

L'Ambasciatore von Hassell mi ha chiesto qualche informazione sulla mia visita a Vienna. Ha insistito particolarmente sulla possibilità di stabilire migliori rapporti fra l'Austria e la Germania.

L'ho informato sulla modesta importanza deJle manifestazioni naziste durante il mio soggiorno, mettendo in rilievo l'enorme esagerazione dei giornali al riguardo.

" Questo ministro di Inghilterra ha stamane comunicato al Ballplatz che 11 Governo brlt·annlco si riserva di esaminare questione austriaca dopo che Germania avrà fatto pervenire a Vienna sua risposta noto passo. ...

Discordanza fra detta comunicazione e prime impressioni tratte da ministro d'Austria a Londra ... è spiegata al Ballplatz nel senso che primo spontaneo atteggiamento assunto da Slmon è stato modificato in seguito discussioni avvenute in seno al Conslgllo del ministri"·

Per quanto concerne la possibilità di migliori rapporti fra i due Paesi, gli ho detto la mia impressione che nel momento attuale non ci sia nulla da fare. Il Cancelliere Dollfuss aveva dato la massima prova di buona volontà con l'aderire a ricevere Habicht che per varie ragioni sarebbe l'uomo meno indicato a trattare con l'Austria; ma questa buona volontà si era infranta di fronte all'evidente inconciliabilità della campagna nazista col mantenimento della sovranità e della indipendenza dell'Austria.

L'Ambasciatore von Hassell non si spiega il c revirement:. di Dollfuss all'ultimo momento. Pensa che su Dollfuss si siano esercitate delle influenze. Chiedo all'Ambasciatore se egli pensi a influenze delle Heimwehren. Potrebbe anche darsi !

Il Cancelliere però mi ha detto che ha sospeso le trattative perché di fronte all'intensincata campagna terroristica dei Nazi, l'opinione pubblica austriaca non avrebbe capito come si possa trattare sotto questa pressione e sotto queste minacce.

L'Ambasciatore mi chiede che cosa si possa fare per preparare, magan per un secondo tempo, una «détente ~.

Gli rispondo che anzitutto bisogna rendersi conto dello stato d'animo di quella parte dell'opinione pubblica -che fino a prova contraria costituisce la maggioranza -che fa capo al Governo e che intende difendere l'indipendenza e la sovranità dell'Austria. Questa parte ha -a ragione o a torto -le seguenti idee:

l. Ritiene che la campagna dei Nazi sia diretta contro l'indipendenza dell'Austria;

2. -Ritiene che la campagna dei Nazi sia preoccupante soltanto in quanto sostenuta dalla Germania, altrimenti sarebbe ridotta ad un modesto movimento di carattere tendenzialmente annessionista che più o meno è sempre esistito in Austria; 3. -Si ritiene che i propositi collaborazionisti espressi dai Nazi non siano sinceri. I Nazi arrivati al potere con una rappresentanza parziale non avranno altro programma di quello di escludere tutti gli altri per rimanere soli padroni.

Ora se si vuole in un secondo tempo venire ad un accordo bisogna cominciare col togliere questa impressione; e per fare ciò occorre anzitutto che i Nazi cessino dalla campagna di violenza e dalla propaganda antiaustriaca. Ottenere questo risultato sta probabilmente in facoltà del Governo germanico.

Mi chiede poi l'Ambasciatore se abbiamo concretato qualche cosa nel campo economico.

Lo informo che non siamo venuti ad alcuna conclusione nel campo economico. Mi sono limitato a sentire i desideri austriaci e ora studieremo il modo di realizzarli. Siamo disposti in massima ad aiutare l'Austria anche più di quanto non abbiamo fatto fino ad ora.

L'Ambasciatore mi chiede se vogliamo fare qualche unione doganale.

Gli rispondo di no. Comunque il problema non è ancora esaminato.

Mi chiede se si farà qualche cosa nei riguardi del Porto di Trieste.

Gli rispondo che saremmo disposti a dare delle facilitazioni per favorire l'esportazione austriaca verso altri paesi ma che in questo campo non c'è molto da fare.

L'Ambasciatore von Hassel mi chiede quali novità ci siano nel campo del disarmo.

Gli rispondo che non abbiamo ancora notizie precise da Londra. Comunque è probabile che si attenda ancora la risposta francese, che pare in preparazione, prima di prendere una decisione.

L'Ambasciatore m'informa poi che la Germania ha in corso delle trattative commerciali con l'Ungheria. Tali trattative si ispirano al concetto di rafforzare l'Ungheria contro la pressione economica della Piccola Intesa. Il sistema considerato per venire incontro ai bisogni ungheresi sarebbe quello da noi già adottato coi così detti Accordi Brocchi.

L'Ambasciatore mi informa ancora che è imminente la firma dell'accordo tedesco-polacco, firma che forse avverrà domani venerdl. Si tratta di una dichiarazione del non impiego della violenza fra i due paesi. In complesso il testo è rimasto quello fissato da principio nella visita dell'Ambasciatore di Polonia al Cancelliere Hitler. Soltanto la Polonia ha voluto un'aggiunta che questo accordo non tocca gli altri pre-esistenti.

Il carattere di questo accordo sarebbe una riaffermazione del principio del Patto Kellogg-Briand nei rapporti fra i due paesi. Ringrazio l'Ambasciatore per queste comunicazioni.

(l) -T. 329/33 R. del 24 gennaio, non pubbllcato. (2) -Il 27 gennaio Preziosi comunicò con t. 394/38 R.:
614

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 25 gennaio 1934.

Sir Eric Drummond mi ha chiesto informazioni sull'Austria. Gli ho dato un ragguaglio sommario insistendo sulla necessità di aiutare l'Austria moralmente e materialmente.

Bisogna anche richiamare i giornali a non farsi strumento della propaganda nazista che tende a presentare gli avvenimenti sotto una luce più grave di quello che non siano in realtà per scoraggiare le resistenze all'interno e l'aiuto dall'estero.

Per quanto riguarda il metodo da seguire negli aiuti da dare all'Austria, è nostra impressione che ogni Stato debba agire per conto proprio perché altrimenti si metterebbe nell'imbarazzo Dollfuss che sarebbe accusato dai Nazi di essersi dato in mano ad una coalizione antigermanica. Evidentemente se domani lt> cose assumessero un aspetto anche più grave dell'attuale, potrà presentarsi l'opportunità di una consultazione fra le Grandi Potenze interessate al mantenimento dell'indipendenza austriaca.

L'Ambasciatore Drummond si dichiara persuaso della necessità di agire per

linee indipendenti e in tal senso riferirà al proprio Governo.

615

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. s. Roma, 25 gennaio 1934.

Per il caso che gli Esteri non te ne avessero dato visione, stimo doveroso richiamare la tua personale attenzione sul qui unito rapporto del nostro bravo Console in Harrar, Campini.

Detto rapporto è in relazione a quanto ha scritto Rava e alla mia lettera di ieri (1).

Un'altra questione. Si fa sempre più insistente e concreta la penetrazione giapponese in Etiopia. Se essa riesce a prendervi solido piede, sembra a me, che in caso di conflitto e susseguente occupazione avremo una difficoltà di più da sormontare.

ALLEGATO

VINCI A MUSSOLINI

R. 1201/473. Addis Abeba, 19 dicembre 1933.

Ho l'onore di qui uniti trasmettere. all'E. V. copia di un rapporto (n. 1108/119) in data del 12 dicembre del R. Console in Harrar sulla situazione in Harrar e su una sua conversazione col Degiac Gabrè Mariam (2).

Ho risposto approvando il linguaggio tenuto dal Cav. Campini, aggiungendo -giuste le istruZJioni dell'E. V. con suo telegramma n. 158 del 24 maggio u.s. (3), per

Mariam:

«Venendo poi a parlare della situazione nell'Ogaden, ho rinnovato al Degiac l'assicurazione che a parte il sentimento di piacere che all'amico reca il successo dell'amico, il Governo d'Italia si augura sinceramente che il disordine attuale che esiste nell'Ogaden si risolva al più presto in ordine e slcwezza, per poter riprendere ed attivare l liberi scambi e traffici da e per la nostra Colonia, e finalmente dar termlm.e alla onerosa e faticosa sorveglianza del nostri confini cui siamo attualmente obbligati, al solo scopo di evitare danni e razzie contro le nostre popolazioni d'a parte delle tribù residenti in territorio Etiopico. A questo augurioho aggiunto quello per il personale successo del Degiac, assicurandolo che il giorno in cui Egli sarà riuscito a ristabilire l'ordine completo nell'Ogaden, non solo avrà meritato la lode del Suo Sovrano e la riconoscenza del Suo Paese, ma anche quella del Governo Fascista e della Sua Colonia Somala.

Il Degiac ml è sembrato molto sensibile alle mie dichiarazioni e ml ha risposto che farà tutto il possibile per risolvere in posto tutte le questioni che sl presente~anno In avvenire; ml ha espresso la sua soddisfazione per le mie dichiarazioni circa l nostri interessi per l'Ogaden ed 1 sentimenti che a tal merito gli ho espressi, ed ha cercato dl sollevare la questione della delimitazione delle Frontie,re, come è già stato fatto con Il Somaliland, che Egli considera un importante elemento di chiarificazione.

Mi sono ben guardato di sviluppare questo llll'gomento, scivolando per la tangente pur assicurando che se l due Governi dec'ideranno di studiare la. cosa in luogo competente, lo n~ s!llrei personalmente ben lieto.

Malgrado il colloquio chiarificatore che ho avuto l'onore di riferire a V. E., e la mia ferma intenzione d! provare al Degiac la consistenza delle mie ass'icurazionl, debbo confessare all'E. v. che non mi faccio eccessiva illusione sul risultato pratico di esso. Come è noto all'E. v. dai mie! precedenti rapporti, l'impostazione antl-Italiana della Politica Etiopica nell'Ogaden ha radici che esulano da quelli che sono l rapporti fra Consolato e Governatorato di Harrar ~

norma del R. Console, che ove gli fosse fatta ancora allusione all'opportunità di addivenire alla delimitazione dei nostri confini, il R. Ministero, d'accordo R. Ministero delle Colonie, «pur confermando non essere nostro interesse addivenire delimitazione confini suddetti ritiene non conveniente opporre rifiuto di principio che costituirebbe nuovo elemento diffidenza da parte abissina dei nostri riguardi ».

(l) -Cfr. n. 608 e nota 3 dello stesso. (2) -Di taìe rapporto si pubblica solo il seguente brano relativo al colloquio con Gabrè

(3) Non pubblicato.

616

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARLOTTA

T. 137/19 R. Roma, 26 gennaio 1934, ore 16.

Trattandosi la questione della Sarre al consiglio della Società delle Nazioni la delegazione italiana ha promosso la costituzione di un comitato di studio composto di tre membri presieduto dal delegato italiano relatore e ha proposto la nomina dell'a-mbasciatore argentino a Roma quale membro del comitato.

Tale nomina ha incontrato vive resistenze che la delegazione italiana è riuscita a superare dopo tenace lotta.

Voglia V. E. prospettare al Governo argentino l'importanza dell'amichevole gesto dell'Italia che assicura all'Argentina la diretta collaborazione nella trattazione di una delle più importanti questioni internazionali.

617

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DEL GIAPPONE A ROMA, MATSUSHINA (l)

APPUNTO. Roma, 26 gennaio 1934.

Richiama l'attenzione del Capo del Governo sulla ripercussione che ha avuto nel suo Paese il recente articolo del Capo del Governo stesso intitolato «Estremo Oriente>.

Nel Giappone, legato da vec'chia e salda amicizia con l'Italia ed ove l'ammirazione per il Fascismo e il Capo del Governo è generale, si è avuta l'impressione che tale articolo non rispondesse allo spirito di sincera amicizia che ha presieduto sempre alle relazioni fra i due Paesi.

II Capo del Governo riesaminando il suo a~ticolo non vede per quale ragione il Giappone possa sentirsi diminuito o leso dalle dichiarazioni contenute nell'articolo stesso. Egli anzi osserva che l'articolo fa larga parte di lodi e di espressioni ammirative per le qualità del popolo giapponese.

Il Capo del Governo conferma che egli ammira sinceramente lo spirito di iniziativa, di disciplina e di organizzazione e lo spirito militare e di sacrificio che anima il popolo giapponese.

L'Ambasciatore del Giappone è molto grato per queste dichiarazioni, ma non può non rilevare che alcune delle frasi dell'articolo in esame fanno sorgere il dubbio sulle buone intenzioni del Giappone. Si parla in un punto che il Giappone può agire senza essere più legato da Patti internazionali. Ora il Giappone ha sottoscritto i Patti internazionali e vuole mantenerli.

Il Capo del Governo risponde che prima di tutto il Giappone è uscito dalla Società delle Nazioni e quindi si è sottratto ad alcuni vincoli a cui sono sottoposti gli altri nel campo internazionale. In secondo luogo poi questi vincoli valgono fino ad un certo punto: quando sono in ballo le necessità vitali dei popoli questi sono portati fatalmente ad assicurarsi la più ampia libertà di azione.

L'osservazione era fatta a proposito del Giappone, ma avrebbe potuto farsi a proposito di qualunque altro popolo.

L'Ambasciatore del Giappone osserva ancora che la frase ad esempio dove si parla della possibilità di un attacco del Giappone contro la Russia o di ulteriori conquiste in Cina, non è atta a mettere in buona luce le intenzioni giapponesi.

Il Capo del Governo risponde che si tratta di ipotesi e che le ipotesi sono libere a tutti; d'altra parte in un altro punto dell'articolo egli fa l'ipotesi che il Giappone possa accordarsi con la Cina.

L'Ambasciatore insiste sul fatto che l'impressione che si trae da questa frase è quella che il Giappone sia uno Stato militarista ed abbia la cattiva intenzione di fare la guerra, mentre egli può assicurare che le intenzioni del Giappone sono pacifiche e che lo stesso non intende aggredire né la Cina né la Russia.

Il Capo del Governo si compiace per tale dichiarazione e non può non rilevare con soddisfazione che il suo articolo ha servito a provocarla. Egli osserva pol che attribuire ad una Nazione l'eventualità di dover fare una guerra non e attribuirle delle cattive né delle buone intenzioni; si tratta di fatalità.

L'On. Suvich osserva l'.he negli ultimi decenni il Giappone ha fatto tre grandi guerre: quella cir·o-giapponese, quella russo-giapponese e la guerra mondiale.

L'Ambasciatore ossen·a che queste sono guerre difensive.

Il Capo del Governo ritiene che il concetto di guerra difensiva sia molto labile; nessuno ammetterà mai di aver fatto una guerra offensiva. D'altra parte va rilevato che anche nel recente conflitto per il Manciukuo, il Giappone ha portato le sue truppe nel territorio altrui ed anche oltre la Grande Muraglia.

L'Ambasciatore insiste sul fatto che tutte le azioni militari fatte dal Giappone hanno carattere difensivo.

Il Capo del Governo ritiene che sia una questione da lasciare insoluta.

Comunque egli riafferma che l'articolo non ha nulla di offensivo per il Giappone e che anzi il Giappone dovrebbe essere soddisfatto per gli apprezzamenti benevoli che si fanno sullo stesso. L'Ambasciatore spera che la piccola nube creata da questo articolo scomparirà e ad ogni modo ringrazia il Capo del Governo per le dichiarazioni fatte.

(l) Al colloquio e·ra presente Suv!ch che redasse l'appunto.

618

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS (l)

L. CONFIDENZIALE STRETTAMENTE PERSONALE 902 (2). Roma, 26 gennaio 1934.

Ritornato in Italia dopo il mio breve soggiorno in Austria che mi lascia dei ricordi così gradevoli, mi sono affrettato ad esporre al Capo del Governo le mie impressioni.

In primo luogo gli ho detto di avere riportata l'impressione che il Governo fosse in grado di dominare la situazione sebbene la stessa, specialmente in provincia, sia giunta a un punto critico; che la forza del Governo in un momento di così grave tensione politica poggiasse soprattutto sulle forze armate e sulle Heimwehren; che l'appoggio delle Heimwehren fosse indispensabile per dare l'impressione di una reazione anche nella popolazione contro i Nazi; che l'attività delle Heimwehren, come pure quella di altre organizzazioni, suno stesso tipo, favorevoli al Governo fosse la condizione necessaria per mantenere la fedeltà al Governo delle forze armate e della Pubblica Sicurezza che altrimenti si sentirebbero isolate nell'opinione pubblica.

Ho soggiunto che però avevo avuto l'impressione di un diffuso malessere per una certa inerzia da parte del Governo e per i ritardi frapposti nell'opera rinnovatrice; che le forze attive e particolarmente quelle giovanili aderenti al Governo fossero disposte a mantenere la fiducia allo stesso soltanto se si vedeva una maggiore decisione e precisione nell'opera di rinnovamento che si fonda su alcuni capisaldi bene determinati: lotta contro il marxismo -riforma della costituzione in senso antiparlamentare e corporativo -abolizione dei partiti e rafforzamento del fronte patriottico; che il momento per procedere a questa opera più decisa pareva non possa essere ulteriormente dilazionato.

Era anche mia impressione che la grande popolarità che ha accompagnato il Cancelliere nella sua prima affermazione nella vita politica dell'Austria derivava soprattutto dalla persuasione che egli fosse l'uomo nuovo che potesse far piazza pulita di tutti i detriti dell'Austria democratica ormai sorpassata; che bisognava assolutamente non dare delle delusioni in questo riguardo all'opinione pubblica austriaca per evitare che essa possa rivolgersi ai Nazi in cui vede una ferma volontà di rinnovamento.

Un atteggiamento in questo senso, cioè di decisa volontà rinnovatrice, avrebbe giustificato quella repressione contro *il terrorismo dei * (3) Nazi che oramai si deve condurre con la massima energia. A tale riguardo l'avere affidato il comando tutte le forze di polizia al Vice Cancelliere Fey è motivo di tranquillità e di fiducia.

Ha aggiunto che cancelliere è ansioso conoscere Impressioni Duce».

Sotto questa condizione ho detto al Capo del Governo che ritenevo salvabile la causa dell'indipendenza austriaca e del Regime che si personifica in V. E.

Osservato anche che c'è una forma di congiura, in parte interessata ma in parte inconsapevole, per mettere in valore tutte le azioni Nazi dando loro una importanza maggiore di quanto esse non abbiano in realtà. Ciò è un pericolo ed un pericolo serio perché crea lo stato d'animo dell'« inevitabile:.. Anche questo pericolo potrebbe essere eliminato quando il Governo austriaco adottasse i provvedimenti sopra indicati e che ormai tutte le forze sane del paese attendono e considerano improrogabili.

Il Capo del Governo ha approvato la mia esposizione. Mi ha confermato di essere deciso a mantenere fino in fondo l'appoggio all'Austria nella sua lotta per l'indipendenza.

Anche il Capo del Governo dà il massimo peso ad accontentare le formazioni attive e giovanili che reclamano una azione decisa e rapida; il Cancelliere non può contare in modo assoluto sul cittadino che rimane in casa e che domani per quieto vivere è disposto ad accettare qualsiasi nuovo regime.

Probabilmente conseguenza della mia visita potrà essere un certo respiro per il Governo austriaco, del quale bisogna profittare per quell'affermazione di carattere ideale che sola può avere il potere di attrarre la parte sana della popolazione e la gioventù.

Il Capo del Governo è d'accordo di fare in Italia, possibilmente a Roma, una riunione a tre -Italia, Austria, Ungheria -e ciò dopo la mia visita a Budapest; occorre però che nel frattempo Ella signor Cancelliere, compia qualcuno degli atti che da Lei si aspettano *conformemente agli accordi di Riccione* (1).

Riguardo alla Sua visita a Budapest il Capo del Governo ritiene che la stessa potrebbe essere rimandata a dopo il colloquio a tre a meno che il Governo ungherese non insista per averla subito.

Io mi sono permesso, Signor Cancelliere, di riferirLe molto sinceramente ed esattamente quanto ho detto al Capo del Governo e quanto il C!lipo del Governo mi ha risposto, sicuro che Ella saprà apprezzare le ragioni di interesse per il Suo Paese che mi spingono a tale sincerità. Il Capo del Governo ha l'impressione che poche volte come in questo momento da una decisione presa tempestivamente possa dipendere la sorte di tutto un paese. È una decisione molto grave che spetta a Lei che è il solo giudice della situazione in quanto possiede tutti gli elementi e in quanto ne ha la maggiore responsabilità.

(l) -Ed. parzialmente in SuVICH, Memorie, cit., pp. 272-273, in tedesco in SAILER, Geheimer Briejwechsel, cit., pp. 44-47 e in una diversa versione ita!Lana in BRAUNTHAL, La tragedia dell'Austria, cit., pp. 216-218. (2) -Preziosi comunicò a Suvich con t. 363/36 R. del 26 genna1o, ore 22: «Direttore affari politici mi ha detto che cancelliere era in attesa di una comunicazione personale che v. E. aveva promesso fargli pervenire, per Il mio tramite, dopo aver riferito a s. E. Il Oapo del Governo circa sua visita a Vienna.

(3) Le parole fra asterischi furono aggiunte da Mussollnl.

619

IL SOTI'OSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL DIRETI'ORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, CIANCARELLI

APPUNTO U. R. Roma, 26 gennaio 1934.

Il Capo del Governo vuole fare qualche cosa per l'Austria nel modo più sollecito.

49 -Documenti Diplomatld -Serle VII -Vol. XIV

È d'accordo di sostituire i tedeschi nella questione della navigazione aerea; d'interessare! per la questione della navigazione danubiana; di dare soddisfazione agli austriaci per la questione del Porto di Trieste.

È una questione che ha importanza ottica più sostanziale -quest'ultima ma è tuttavia molto importante.

Per quanto riguarda l'unione doganale itala-austriaco-ungherese, bisognerebbe studiare come si possa applicare il provvedimento, sia pure in forma larvata difendendo l'economia agricola italiana ed austriaca da quella ungherese (contingenti).

Veda di mettere le cose subito allo studio e venga a parlarmene domani per metterei d'accordo sulla procedura.

(l) Le parole fra asterischi furono aggiunte da Mussolini.

620

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 382/8 R.

Tirana, 27 gennaio 1934,

ore

0,05

(per. ore 5).

Mio telegramma n. 6 (1).

Atteggiamento che tennero in occasione della mia comunicazione dell'altro ieri sia il Re sia particolarmente il ministro degli affari esteri, che, come riferii, volle sapere d'ordine di lui quali fossero le altre questioni pregiudiziali che oltre quella della riapertura delle scuole premevano al Governo fascista per una ripresa della nostra collaborazione, mi diede ferma sensazione che Re Zog fosse venuto nella intenzione di accettare il punto di vista da noi sostenuto.

In questi giorni Re Zog ha avuto frequenti colloqui sull'argomento con i suoi ministri e con sua persona di fiducia. Oggi ministro degli affari esteri mi ha comunicato che il Re, pur desiderando di far cosa gradita al Governo fascista, non poteva rivenire sulla questione della chiusura delle scuole cattolliche perché suo prestigio ne sarebbe stato colpito e pregava di non insistere su tale questione. Mi sono dispia:ciuto col signor Giafer Villa che il Governo albanese, il quale doveva pur riconoscere che il provvedimento della chiusura delle scuole era stato preso in modo da apparire diretto contro l'Italia, non sapesse apprezzare lo spirito estremamente conciliante ed amichevole che il Governo fascista mostrava nel lasciare al Governo albanese stesso di trovare la via più adatta per ristabilire con la ripresa dei corsi scolastici la normalità dei rapporti mentre in pari tempo si dichiarava così generosamente disposto a prendere in benevolo esame le proposte fatte dal Re. Non potevo comprendere come mai mentre si faceva appello al Governo amico per ottenere nuove larghe concessioni di carattere economico e finanziario a favore dell'Albania non ci fosse il vivo desiderio di prendere una misura atta a neutralizzare quella che

provocò giustamente il malcontento di Roma. Se il Governo albanese fosse stato veramente animato da tale desiderio non sarebbe stato difficile trovare la formula che salvaguardi il suo prestigio.

Giafer Villa si è dichiarato dolente che il Governo italiano, che sembra tanto apprezzare i rapporti di collaborazione con l'Albania da venire cosi generosamente incontro ai suoi bisogni, dia una cosi grande importanza a questa questione, che il Governo albanese giudicava problema interno interessante l'unità nazionale del paese, da mettere in pericolo questa stessa collaborazione.

Evidentemente Re Zog, che sembrava essere rimasto impressionato dalla mia comunicazione dell'altro ieri orientandosi verso il punto di vista nostro, «si è poi lasciato facilmente persuadere» [da chi] ha interesse a incoraggiare la sua intransigenza, che se l'Italia è disposta ad esaminare benevolmente le importanti richieste da lui avanzate, ciò significa che essa tiene in così grande importanza l'Albania che le verrà incontro anche cedendo sul problema scolastico, specialmente in questo momento in cui può qui credere che i nuovi contatti con Belgrado siano di natura da preoccupare Roma. Occorre pertanto attendere ancora che gli eventi richiamino questi dirigenti ad un più esatto senso della realtà <1).

(l) Cfr. n. 606.

621

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 374/74 R. Londra, 27 gennaio 1934, ore 0,20 (per. ore 7 ).

Telegramma di V. E. del 24 corrente (2).

Ho comunicato Simon quanto è detto nel telegramma cui rispondo.

Simon ringrazia e a sua volta attende risposta V. E.

Effettivamente memorandum britannico contiene proposte di V. E. fatte durante visita Simon a Roma. Drummond è stato incaricato domandare costi personalmente se V. E. autorizza che nel testo del memorandum inglese sia espressamente citato nome di V. E. e proposte suddette. Queste si riferiscono principalmente ritorno Germania Società delle Nazioni. Redazione documento è quasi ultimata, e sarà sottoposta esame Gabinetto che ne ha già approvato linee generali. Documento differisce (a detta di Simon) soltanto su un punto memorandum di V. E. del 3 gennaio (3) in quanto dopo avere impostato principio riarmamento Germania (salvo fissare d'accordo tra Potenze livello e condizioni) Governo inglese insiste tuttavia necessità concrete misure disarmo per

«Bisognerà forse prospettarsi anche la necessità di esaminare gli svUuppi che può produrre questo stato di cose sulla politica che qualche altra potenza intenda spiegare in Alb!liilia per affermare posizioni proprie a danno di quelle che noi momentaneamente ci rassegnamo a vedere indebolite; ciò che potrebbe farci anche trovare un giorno in una diversa situazione nei confronti del passato e nella condizione di dover puntare nuovamente su una carta che ritenevamo assicurata al nostro giuoco, problema questo che va però esaminato in funzione dei superiori problemi di politica internazionale ».

tutte le Potenze. Lunedì Simon si ripromette di far [conoscere] Parlamento che Governo ha in preparazione tale documento, ma non darà conoscenza contenuto e neppure dirà quando e se esso verrà pubblicato. Governo britannico ha deciso aspettare dichiarazioni Hitler annunziate per giovedl.

Potrebbe darsi che dichiarazioni Hitler consigliassero qualche modificazione testo medesimo. Non appena documento sarà pronto, almeno nelle sue linee fondamentali, Simon mi ha dichiarato farà conoscere il contenuto a V. E. per quegli eventuali utili suggerimenti che V. E. avesse in animo di avanzare onde rendere più tempestiva ed efficace azione comune italo-inglese.

Circa pubblicazione documento non è stata presa ancora alcuna decisione.

Simon non vede difficoltà pubblicazione del nostro memoriale del 3 gennaio. V. E. è arbitro di farlo quando ritiene momento opportuno. In nessun caso Governo britannico pubblicherà suo memorandum prima che Governo fascista abbia pubblicato il suo, che ha diritto cronologico di precedenza. Simon prega soltanto essere tempestivamente informato decisione dl V. E. Chiarito questo punto Simon tuttavia prega V. E. di considerare opportunità ritardare pubblicazione nostro memorandum sino dopo annunziate dichiarazioni Hitler e propone che, non appena conosciuto contenuto di tali dichiarazioni, Roma e Londra fissino d'accordo data pubblicazione rispettivi memorandum.

Simon prega infine V. E. di esaminare se non sia il caso di apportare qualche lieve modifica testo documento italiano del gennaio introducendo appello sia pure generico circa necessità misure concrete disarmo per tutte Potenze. Ciò, dice Simon, aiuterebbe molto governo britannico procedere innanzi verso il convegno delle grandi Potenze. Governo britannico non può omettere nel suo documento punto relativo necessità misure disarmo altrimenti sua azione incontrerebbe difficoltà d'ordine interno. D'altra parte Simon si preoccupa che differenza con idee contenute nel memorandum italiano, nonostante essa sia più di forma che di sostanza, possa venire sfruttata da coloro che non vedono di buon grado comune azione italo-inglese e che probabilmente accuserebbero MacDonald e Simon di lasciarsi trascinare ad un accordo sul disarmo sapendo in precedenza che esso non conterrà alcun disarmo apparente o effettivo.

(l) Circa 11 colloquio con Re Zog del 24 gennaio Koch aveva riferito estesamente con 11 telespr. 252/110 del 27 gennaio del quale si pubblica U brano conclusivo:

(2) -Cfr. n. 609, in realtà del 25 gennaio. (3) -Cfr. n. 525, allegato I.
622

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 371/75 R. Londra, 27 gennaio 1934, ore 0,20 (per. ore 7,30).

Telegramma di V. E. n. 136/C (1).

Avevo già avuto in precedenza occasione di smentire non solo presso Simon e Foreign Office, ma anche presso questi ambienti politici e giornalistici notizie infondate circa pretesi incidenti New York Times visita Suvich a Vienna e insisto sul concetto che allarmismo da esse determinato fa evidentemente giuoco propaganda nazista.

Ho oggi ribattuto con Simon su questo argomento e gli ho domandato se Governo britannico sia giunto a qualche decisione in seguito recenti comunicazioni di questo ministro d'Austria per informare circa passo austriaco a Berlino. Simon mi ha risposto che prima di adottare una qualsiasi linea di condotta desidera conoscere avviso di V. E. Drummond sarà incaricato ufficialmente di domandarlo. Governo britannico è a conoscenza che Governo francese incoraggia cancelliere austriaco presentare ricorso S.d.N. Governo britannico, giudicando sugli elementi di fatto a sua conoscenza, non ritiene che tale procedura potrà condurre a nulla di pratico e, in definitiva, di utile per l'Austria. Se l'Austria presenterà ricorso Ginevra, Governo britannico farà naturalmente tutto il possibile per sostenere buone ragioni dell'Austria, ma non intende incoraggiare cancelliere austriaco intraprendere tale procedura.

(l) Cfr. n. 610.

623

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 143/12 R. Roma, 27 gennaio 1934, ore 1.

Suo telegramma posta n. 350/92 (1).

Circa patto balcanico interesserebbe conoscere quali siano finalità o garanzia su cui Jeftic le ha detto che gli stati interessati sarebbero d'accordo, o quanto meno quali dovrebbero essere secondo codesto Governo.

Prego telegrafare quei maggiori chiarimenti e precisazioni al riguardo che riuscisse a procurarsi senza naturalmente farne oggetto diretta richiesta ed evitando comunque dare impressione nostro speciale interessamento (2).

624

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 384/38 R. Parigi, 27 gennaio 1934, ore 12,25 (per. ore 16).

Ho fatto al segretario generale degli affari esteri comunicazione ordinatami col telegramma di V. E. n. 136/C (3).

\2) Galli rispose con t. 419/14 R. del 29 gennaio, comunicando che le «garanzie accennate da Jeftic sono reciproca garanzia frontiera interna balcanica fra stati firmatari~.

Léger mi ha detto Quai d'Orsay ha telegrafato stamane a Chambrun circa previsto ricorso dell'Austria alla Società delle Nazioni nel caso di non soddisfacente risposta alla nota austriaca alla Germania.

Governo francese patrocina tale procedura ricordando poco felice esito del passo franco inglese a Berlino dell'estate scorsa. Esso non è invece d'avviso di ripetere quest'ultimo esperimento.

Mi sono astenuto dall'entrare in merito non conoscendo punto vista del

R. Ministero nella questione.

Però Léger mi ha detto che eventuale ricorso austriaco a Ginevra incontra approvazione di V. E.

(l) -Non rinvenuto. (3) -Cfr. n. 610.
625

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 388/39 R. Parigi, 27 gennaio 1934, ore 13,50 (per. ore 19,30).

Segretario generale degli affari esteri mi ha detto che le difficoltà interne non hanno permesso al Governo di fissare ancora termini della risposta al memorandum tedesco. Comunque risposta francese non potrà che constatare impossibilità proseguire conversazioni.

Ho osservato di aver appreso dai giornali che al memorandum era unito un questionario e di non comprendere perché la Francia non sia disposta a fornire delucidazioni che le sono state domandate.

Léger ha risposto che questionario perde della sua importanza per il fatto che la Germania, senza tener conto delle proposte francesi di disarmo, insiste nel memorandum per avere un esercito di trecentomila uomini all'infuori delle formazioni para-militari che essa stessa denunzia in due milioni di uomini e pretende di mantenere.

Il memorandum preparato dal Wilhelmstrasse era più abile documento

pervenuto a Parigi dopo le modificazioni apportatevi dal cancelliere. Ne è uscito,

ha detto il mio interlocutore, un documento contraddittorio. Infatti il questio

nario, inteso ad ottenere precisioni sulle proposte francesi di disarmo, non ha

più ragione di essere dal momento che il Reich ha riaffermato contemporanea

mente nel memorandum la sua pretesa di riarmare.

Léger, che nel corso della conversazione si era andato animando mi ha

dichiarato di poter precisare fin da ora quello che farà la Germania. Entro

il mese di aprile il Reich avrà secondo lui:

l) un esercito di trecentomila uomini convenientemente armati;

2) un gruppo di truppe di mestiere composto di elementi tratti dalla Reichswehr e delle formazioni para-militari;

3) raddoppio delle truppe di frontiera.

Germania dispone presentemente di due corpi di truppe alla frontiera

orientale. Si tratta di formazioni non consentite dal trattato di Versailles. Essa

costituirà due nuovi gruppi analoghi per la frontiera occidentale.

Segue col numero di protocollo sucecssivo (1).

626

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 395/40 R. Parigi, 27 gennaio 1934, ore 18,15 (per. ore 21,30).

(Il presente telegramma fa seguito al n. precedente) (2).

Ho dichiarato al mio interlocutore che non condividevo suo pessimismo.

Egli [non] doveva temere un limitato riarmamento della Germania controllato internazionalmente. Léger mi ha interrotto per osservare che bisognava non trascurare nel calcolo le formazioni para-militari che superano due milioni di uomini.

Ho risposto si tratta in gran parte di gente senza armi.

Segretario generale ha replicato che le S.A. e le S.S. si esercitano anche maneggio delle armi notte tempo. Ho insistito affermando comunque non potevo perdere speranza in un componimento dei due punti di vista francese e tedesco ancora discordanti.

Ho chiesto infine al mio interlocutore quale sarebbe atteggiamento della Francia nel caso si verificassero le di lui previsioni circa riarmamento della Germania.

Léger ha risposto che la Francia dovrà far constatare a Ginevra impossibilità di addivenire a un accordo per il disarmo e l'eventuale mancanza di solidarietà dell'Italia e dell'Inghilterra per costringere la Germania al rispetto dei trattati.

Ho osservato che ricorso a Ginevra in questa forma avrebbe condotto alla corsa armamenti e alla guerra.

Léger ha risposto che se proposte di disarmo non vengono accettate e se d'altra parte la Francia rimarrà per questo isolato, non le resterà che di armare per mantenere vantaggio che ha sulla Germania.

Sono più che mai convinto nocciolo della questione sta, come ho detto altre volte, nelle formazioni para-militari. La Francia non rifiuterebbe di consentire alla fine al riarmamento parziale (300.000 uomini) controllato della Germania, se venisse trovata una soluzione soddisfacente del problema delle formazioni para-militari.

Ho presente beninteso che la questione è delicata anche per ripercussione che potrebbe avere riguardo nostra milizia (3).

«Per evitare possibili equivoci chiarisco a V. E. che milizia è stata già a Ginevra esclusa dalla categoria delle formazioni paramilitari e compresa in quella delle riserve istruite. Difficoltà contro formazioni paramilltari germaniche non comportano quindi alcuna ripercussione nei confronti della milizia>>.

(l) -Cfr. n. 626. (2) -Cfr. n. 625. (3) -Con t. 164/38 R. del 29 gennaio Suvich comunicò a Pignatti:
627

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 921/19 P.R. Roma, 27 gennaio 1934, ore 24.

Questo ambasciatore di Germania ha informato che la Germania ha in corso delle trattative 1::ommerciali con !"Ungheria. Tali trattative si ispirerebbero al concetto di rafforzare l'Ungheria contro la pressione economica della Piccola Intesa. Il sistema considerato per venire incontro ai bisogni ungheresi sarebbe quello da noi già adottato ,coi cosidetti accordi Brocchi.

Prego V. S. chiedere a codesto Governo conferma e particolari al riguardo, tenuto anche conto dei propositi del Governo italiano e del Governo ungherese di giungere ad una unione doganale.

628

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

'f. PER CORRIERE 149 R. Roma, 27 gennaio 1934.

Suo telegramma per corriere n. 18 del 18 corrente (1).

Dalla conversazione che V. E. ha avuto con il barone von Neurath risulta

che codesto Governo comincia a rendersi conto della giustezza di quanto, da

parte nostra, gli era stato fatto presente da un anno a questa parte.

La situazione appare però oggi troppo compromessa perché possa essere sufficiente a modificarla una pubblica dichiarazione del cancelliere come risulterebbe essere nell'intenzione di codesto Governo. Il Governo italiano si è più volte adoperato a Berlino come a Mosca per un miglioramento delle relazioni germano-sovietiche. Deve però ormai constatare come questa sua azione non abbia dato risultati efficaci per le posizioni politiche e mentali assunte dai dirigenti dei due paesi.

Da parte tedesca si è probabilmente e tra l'altro creduto che i rapporti

politici ed economici fra URSS e Germania fossero così solidi e profondi da

non permettere ai sovieti un cambiamento di fronte. Si sono quindi sottovalu

tate le reazioni di Mosca e le sue possibilità considerando il tutto sia come

screzi temporanei, sia come tentativi diretti od indiretti di pressione nella persua

sione però che alla fine dei conti Mosca sarebbe stata costretta a tornare

all'amicizia germanica.

Da parte sovietica si è invece troppo presto creduto o voluto credere e si

continua a credere all'irreparabile. Alle naturali reazioni del partito comunista

si è aggiunto il timore di un indirizzo fatalmente antisovietico della politica

germanica ed una sopravalutazione costante di fatti e dichiarazioni provenienti

da personalità più o meno autorevoli. La preoccupazione poi, e quelli che sono

apparsi come i segni di una temuta collusione tedesco-nipponica, hanno creato nell'URSS una specie di psicosi antitedesca che non sembra oggi possibile smontare. 'ì ""' lii

Stando così le cose, l'azione di V. E. (e quella parallela del R. ambasciatore a Mosca) per ottenere una necessaria comprensione, e quindi un riavvicinamento tra Germania e URSS, non sembra presentare utili possibilità di riavvicinamento germano-sovietico e rischia di riuscire non gradita. V. E. vorrà quindi in avvenire regolarsi in conseguenza.

(l) Cfr. n. 576.

629

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND {1)

APPUNTO. Roma, 27 gennaio 1934.

Sir Eric Drummond presenta al Capo del Governo l'unita nota {2).

Il Capo del Governo risponde che ritiene più opportuno che le dichiarazioni sul nostro punto di vista le f!l!cciamo noi; si potranno fare contemporaneamente alle dichiarazioni inglesi; ad ogni modo attendiamo ancora il discorso che farà Hitler il 30 del mese. Nel frattempo sarà opportuno conoscere le linee delle dichiarazioni inglesi per cercare di eliminare eventuali contraddizioni con quelle italiane.

Sir Eric Drummond ritiene che su un punto ci potranno essere delle diversità di vedute e precisamente sulla questione relativa al disarmo parziale delle Potenze armate, a cui l'Inghilterra non rinuncierà.

Il Capo del Governo fa presente che nella nota consegnata a Simon (3) noi abbiamo lasciato la porta aperta per questo eventuale disarmo, stabilendo anzi che nel caso che questo si potesse effettuare, la Germania dovrà ridurre le proprie richieste.

Chiede all'Ambasciatore in che cosa potrebbe consistere questo disarmo voluto dall'Inghilterra. L'Ambasciatore dice di non conoscere i dettagli tecnici, ma egli pensa che si potrebbe trattare dei grossi cannoni e delle grosse tanks. Il Capo del Governo in principio non vede difficoltà ad applicare questo punto di vista.

L'Ambasciatore si riserva di fare avere le notizie richieste appena possibile e si permette di raccomandare vivamente che questa posizione di un ulteriore disarmo venga messa in primo piano nella nostra nota (4).

«Hls Majesty's Government are very grateful to Signor Mussollnl for havlng on hls part delayed any publlc declaration untll the nature of the German replles was known. They feel bound, however, in view of the challenge issued to them by Gormany, to make known their own views in a clear and concrete form. A statement is therefore being prepared which !t may be necessary to publlsh within a very short time. As soon as that statement ls finally drafted the substance will be telegraphed to Hls Majesty's Embassy !n Rome, !n order that !t may be communlcated to the Royal Itallan Government before publlcation ~.

(l) -Al colloquio era presente Suvich. (2) -D! tale nota (192/52/34) si pubblica solo 11 brano seguente: (3) -Cfr. n. 525, allegato I. (4) -Un riassunto di questo colloquio fu comunicato a Grandi con t. 158/31 R. del 29 gennaio.
630

COLLOQUI FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 26-27 gennaio 1934.

È venuto a parlarmi ieri ed oggi per la questione dell'Austria.

Il suo Governo ha notizie oltremodo allarmanti ed è preoccupato; ritiene che un'azione di carattere internazionale in questo momento potrebbe essere opportuna; ha visto perciò con interesse l'idea del Governo austriaco di ricorrere alla Società delle Nazioni e non gli pare che sia il caso di scoraggiarla; non è favorevole invece, il Governo francese, al passo a Berlino. Ritiene ad ogni modo che si possa attendere la risposta germanica prima di decidere gli ulteriori passi, ammesso sempre che la Germania in genere dia una risposta.

Il Governo francese vuole agire con piena intesa col Governo Italiano. Chiede perciò il nostro parere.

Gli rispondo che è innegabile che la situazione in Austria è seria, che deve essere vigilata e seguita con la massima attenzione; è certo però che alla causa austriaca non giovano le notizie allarmistiche che da ogni parte si diffondono.

L'organizzazione nazional-socialista che si occupa dell'Austria ha un Ufficio di propaganda che diffonde le voci più catastrofiche sul conto dell'Austria; diffondere queste voci vuoi dire appunto fare il giuoco della campagna antiaustriaca. Ma a parte ciò rimane certamente la necessità di provvedere all'Austria; noi non crediamo nell'efficacia in questo momento di un passo internazionale.

Il pericolo per l'Austria non viene con tutta probabilità dal di fuori, almeno in forma apparente, né per ora si dichiarerà l'Anschluss; quindi un'azione internazionale si troverebbe probabilmente priva di oggetto.

Oggi si combatte fra due tendenze che si accusano reciprocamente di tradire il Deutschtum; bisogna però fare attenzione che un'azione concordata tra le Potenze non dia un'arma in mano a quella parte che si vorrebbe combattere; una delle accuse principali che si fanno a Dollfuss è quella di essere il portavoce di interessi contrari all'idea germanica. Perciò noi, pur rendendoci conto dell'assoluta necessità e della urgenza di aiutare l'Austria, riteniamo che l'azione delle singole Potenze debba essere esercitata separatamente. Bisogna aiutare l'Austria moralmente e materialmente.

Noi siamo su questa via ed abbiamo dato delle prove manifeste. Bisogna che anche gli altri per conto loro facciano altrettanto.

Se ad onta di ciò l'Austria dovesse ricorrere alla Società delle Nazioni, è chiaro che noi cercheremmo di aiutare anche in questa contingenza. Noi però abbiamo fatto sapere all'Austria già il nostro parere contrario a tale passo.

L'Ambasciatore mi chiede se domani, di fronte all'aggravarsi della situazione noi non riteniamo opportuno di consultarci con le altre Potenze interessate al mantenimento dell'Austria.

Gli rispondo che certamente non avremmo niente in contrario a consultarci e che del resto lo stiamo già facendo, come un indizio è la odierna conversazione.

L'Ambasciatore Chambrun parlando della caduta del Governo francese dice che le probabilità sono per Daladier e per Herriot. Daladier è notoriamente molto bene inspirato nei riguardi dell'Italia. Herriot ha fatto recentemente un discorso compiacendosi dei migliorati rapporti fra Italia e Francia. È forse un indizio che aspira al Ministero degli Affari Esteri.

631

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 27 gennaio 1934.

Sir Eric Drummond ha delle informazioni molto pessimiste sull'Austria. Ha avuto dal suo Governo incarico di sentirei per conoscere la nostra linea di condotta.

Il Governo inglese interpellato dal Governo austriaco non ha potuto dare assicurazioni sull'atteggiamento che terrà alla Società delle Nazioni fino a che non conosce i termini del ricorso.

Ciò però, come fa capire l'Ambasciatore, è una pedanteria formalistica inglese, che non toglierà naturalmente che l'Inghilterra nel caso di ricorso alla Società delle Nazioni, le darà tutto l'appoggio necessario.

L'Inghilterra vuole evitare poi un intervento a Berlino, se non concordato.

Gli rispotrdo che, come avevo avuto occasione di dirgli precedentemente, noi riteniamo che sarebbe meglio evitare il ricorso a Ginevra. Bisogna che ciascuno aiuti l'Austria moralmente e materialmente come può. Un'azione isolata di sostegno da parte delle singole Potenze non potrà riuscire che più efficace, perché darà l'impressione della reazione spontanea e non di una manovra politica concordata. Se la situazione dovesse aggravarsi, naturalmente si potranno escogitare altri mezzi (1).

632

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 27 gennaio 1934.

Colloquio col ministro di Svizzera.

Da parte di Motta, mi ha pregato di trasmettere a V. E. l'espressione del disappunto provato dal Governo svizzero per la fondazione del Fascismo svizzero a Milano. Ha tenuto però ad aggiungere che tale disappunto era dovuto esclusivamente al timore che un fascismo svizzero finisse per creare fatalmente

delle scissioni in seno alla colonia svizzera in Italia, mettendo alcuni cittadini svizzeri in condizioni di privilegio di fronte ad altri nelle loro relazioni -specialmente di affari -con le differenti autorità italiane.

Motta desidererebbe che le autorità italiane non incoraggiassero lo sviluppo del fascismo svizzero e tiene a far sapere che il Colonnello Fonjallaz, che egli sa avere contatti ed intese col Partito e coi ministeri in Italia, gode di scarsissima stima in Svizzera, anche per la tara di malattie psichiche diffuse nella sua famiglia.

Ho risposto che il Colonnello Fonjallaz, come tanti altri simpatizzanti, viene in Italia per approfondire lo studio dello sviluppo del Fascismo ed a lui come agli altri il Governo è uso di fare tutte le cortesie e le facilitazioni che possano agevolare il loro nobile compito. Il che peraltro non autorizza affatto a credere l'esistenza di intese di carattere politico.

Quanto poi alla fondazione del Fascismo svizzero, essa fa parte di quel fatale estendersi del movimento in tutto il mondo che il Governo fascista non può naturalmente non seguire con viva simpatia. Il massimo che da lui si possa pretendere è la neutralità verso ogni attività politica di stranieri residenti sul suo territorio. A tale neutralità il Governo fascista scrupolosamente si attiene.

Il danno poi della scissione della colonia svizzera, inevitabile in momenti come questi di cozzo di idee, è poi presso che nullo di fronte ai danni della scissione di cui hanno sofferto le nostre comunità fasciste italiane all'estero messe assai spesso in condizione di intollerabile inferiorità di fronte ai piccoli nuclei di fuorusciti favoriti. dai Governi e dalle autorità locali. Tale danno non è da temersi per gli svizzeri in Italia sia per la ben sperimentata imparzialità delle autorità italiane verso gli stranieri e sia per la cordialità delle attuali relazioni italo-svizzere.

In ogni modo l'ho pregato di assicurare Motta che avrei trasmesso la sua comunicazione a V. E. e che avrei personalmente riparlato con lui della cosa in un mio eventuale nuovo viaggio a Ginevra.

Mi ha chiesto poi informazioni sulla situazione in Austria, su cui desidera conoscere le nostre vedute, dicendomi che per ragioni storiche e geografiche il Governo svizzero è particolarmente sensibile a quanto avviene nella confinante repubblica.

Ho risposto che nulla v'era di mutato da quando avemmo occasione di parlarne l'ultima volta. Dietro sua richiesta ho solo aggiunto di non ritenere personalmente opportuno per l'Austria adire in questo momento la Società delle Nazioni.

(l) Questo appunto fu trasmesso, «per opportuna notiz:a », a Berlino, Londra, Parigi,Budapest e Vienna con t. 175/C. R. del 31 gennaio.

633

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 27 gennaio 1934.

Questo Ministro d'Austria è venuto a vedermi. Mi ha parlato della visita che ha fatto a V. E. dopo il Suo ritorno da Vienna (1). Allora il Signor Rintelen

chiese a V. E. di appoggiare il passo fatto dal Governo austriaco presso il Governo tedesco. V. E. gli rispose che la situazione era delicata e non credeva che un passo ufficiale italiano sarebbe stato vantaggioso. Si proponeva invece di scrivere confidenzialmente al Barone von Neurath press'a poco nei seguenti termini: «Era nelle mie intenzioni di agire a Vienna perché il Governo austriàco considerasse con minore apprensione il movimento Nazi; dato l'intensificarsi invece della propaganda da parte dei nazional-socialistl, non mi è stato possibile di agire in tal senso » (1).

Il Signor Rintelen ha visto nei giornali italiani di stamane una corrispondenza da Londra secondo la quale l'Inghilterra sarebbe disposta a intervenire a 'Berlino ma potrebbe far dipendere la sua azione dall'azione italiana e francese. Il Ministro d'Austria, sempre a titolo personale, trova nel proposito attribuito al Governo inglese -ove questo proposito rispondesse a realtà nuove ragioni dell'importanza dell'atteggiamento italiano che ravvisa fondamentale.

Ho detto al Ministro d'Austria che avrei riferito a V. E.

Il Signor Rintelen mi ha anche informato che ha avuto ieri notizia dal proprio Governo che il Governo tedesco ha dichiarato al Ministro d'Austria a Berlino che non risponderà alla domanda austriaca prima della settimana prossima, essendo necessario nel frattempo di effettuare vaste ricerche per avere tutti gli elementi di giudizio.

(l) Cfr. n. 601.

634

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 403/30 R. Berlino, 28 gennaio 1934, ore 15,12 (per. ore 17,15).

Da vario tempo avevo rilevato indizi di notevole inquietudine da parte di questi circoli governativi nei riguardi nostri soprattutto in relazione problema austriaco. Avevo pertanto da parte mia assunto atteggiamento di riserbo assoluto in materia evitando di rispondere a qualsiasi entrata fattami in proposito e dimostrando viceversa premura e interessamento per tutte le altre questioni politiche attuali.

Ho avuto occasione di constatare negli ultimi giorni che le apprensioni si sono accresciute. E' bensì vero che taluni elementi estremisti, irritati per la resistenza che l'Italia oppone alla soluzione del problema austriaco secondo desiderio del Reich, penserebbero, secondo quanto mi risulta da notizie che mi riservo controllare ulteriormente, di vendicarsi creandoci imbarazzi in Albania.

Si tratterebbe però dei così detti elementi irresponsabili facenti capo a Rosenberg. Ricordo al riguardo articolo sull'Albania apparso sul Volkischer Beobachter trasmesso con telespresso n. 141 del 26 corr. (2).

Viceversa nei circoli responsabili e vicini al cancelliere ci si renderebbe conto

di essersi lasciati trascinare su una strada troppo pericolosa nei riguardi del

l'Austria e si sarebbe propensi a fare una politica più prudente che potesse

cattivare nuovamente alla Germania le simpatie dell'Italia.

Mi riservo continuare cautamente indagini per appurare reali intenzioni

nutrite.

(l) -Di questa lettera esiste un progetto che non si pubblica. (2) -Non pubblicato.
635

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, BOVA SCOPPA

T. 155/5 R. Roma, 28 gennaio 1934, ore 16.

R. ministro Vienna telegrafa quanto segue: «Segretario generale mi ha detto che Governo tedesco in replica»... sino alle parole «adire Ginevra» come nel telegramma 352/34 (1). Prego comunicare quanto precede a S. E. Pilotti per sua riservata notizia e perché possa opportunamente agire in seno al Segretariato onde neutralizzare l'azione che si sta spiegando ·costì per investire della questione austriaca la

Lega delle Nazioni e provocare una riunione del Consiglio che allo stato attuale delle cose appare non solo prematura ma inutile ed inopportuna.

636

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 156/30 R. Roma, 28 gennaio 1934, ore 16,40.

Relazione suo 75 (2). Già comunicato Drummond, confermando quanto già fatto noto a Governo austriaco, nostra contrarietà ricorso S. d. N. (3). Tale passo sarebbe poco efficace per assenza Germania da S.d.N., porterebbe cose in lungo limitando frattempo libertà azione Governo austriaco. D'altra parte potrebbesi dare nuova arma in mano oppositori Governo Dollfuss che sostengono cancelliere essersi alleato interessi antitedeschi.

Riteniamo più proficuo che un'azione energica a favore dell'Austria venga svolta dai singoli Stati come stiamo facendo noi sia campo morale che materiale e ciò primo con dichiarazioni esplicite appoggio Governo che difende indipendenza Austria; secondo con non farsi tramite diffusione notizie catastrofiche; terzo con accordare Austria aiuti materiali specialmente campo economico (4).

(l) -Cfr. n. 612. (2) -Cfr. n. 622. (3) -Cfr. n. 629. (4) -Di questo telegramma e del n. 622 venne data comunicazione con t. 166/C R. del 30 gennaio a Parigi, Vienna, Praga, Budapest, Belgrado e alla delegazione a Ginevra.
637

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

L. P. CONFIDENZIALE 984. Roma, 28 gennaio 1934.

Credo opportuno comunicarLe, in via confidenziale le seguenti informazioni e osservazioni, di fonte non italiana, che sono state segnalate come provenienti da Berlino:

« Le condizioni nelle quali si è svolta la visita del Sottosegretario Suvich a Vienna hanno impressionato in maniera estremamente sgradevole il Governo tedesco. Il Cancelliere Hitler avrebbe manifestato il suo malcontento all'Ambasciatore d'Italia rimproverandogli «la politica di doppiezza ~ del Signor Mussolini. Specialmente le visite fatte dall'AmbasciatO!I:e di Francia e dall'Ambasciatore d'Inghilterra al Sottosegretario Suvich sono sembrate al Cancelliere la prova manifesta di un'azione concertata tra Londra, Roma e Parigi. Una personalità assai vicina al Cancelliere ha qualificato questa visita: «un tiro di sbarramento diretto dal signor Mussolini contro la Germania~.

Circa la tensione fra la Germania e l'Austria risulterebbe, secondo informazioni attendibili, che il Ministro d'Austria avrebbe avuto mercoledì scorso un colloquio col Barone von Neurath, al quale avrebbe detto in termini perentori che il suo Governo è pronto a far di tutto per assicurare la tranquillità e l'indipendenza dell'Austria, e che se l'azione sovversiva della Germania non cesserà, il Cancelliere Dollfuss si vedrà costretto a ricorrere alla Lega delle Nazioni, presentando un enorme incartamento di atti e documenti in suo possesso, dal quale risulta la colpevolezza del nuovo regime tedesco. Il Ministro avrebbe presentato fotografie di alcuni atti e documenti che si trovano in possesso del Governo di Vienna e che mettono direttamente in causa i maggiori esponenti del nazional-socialismo germanico. Sembra che di fronte a queste prove il Barone von Neurath sarebbe rimasto stupefatto ed avrebbe implorato il Ministro austriaco di consigliare il suo Governo a non perdere il necessario sangue freddo assicurandolo che avrebbe usato di tutta la sua influenza personale per migliorare le relazioni fra i due paesi».

Per opportuna informazione di V. E. e perché possa all'occorrenza valersene, per dissipare impressioni che non hanno base nella realtà, le trasmetto copia di un appunto (2) dal quale risulta che a Vienna, ho ricevuto, oltre i Ministri di Francia e di Inghilterra anche il Ministro di Germania.

Delle conversazioni che ho avuto con questi Rappresentanti e col Ministro di Ungheria V. E. troverà notizia nell'appunto stesso.

«24 gennaio, ore 13,20 Bucarest da Berlino >>. Si t•ratta con ogni probabilità di notizie trasmesse a Bucarest dal min•istro di Romania a Berlino.

(l) Cfr. la seguente annotazione:

(2) Del 22 gennaio, non pubblicato.

638

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 157/32 R. Roma, 29 gennaio 1934, ore 4,30.

Memoriale sul disarmo.

Telegramma di V. E. n. 74 (l) e mio telegramma n. 31 (2).

Prego V. E. ringraziare Simon per le sue comunicazioni e fargli sapere che sono d'accordo attendere dichiarazioni di Hitler per decidere circa la pubblicazione del memorandum italiano, previa nuova intesa col Governo britannico.

In tal senso gradirò conoscere contenuto della eventuale nota britannica ed assicuro fin d'ora che studierò introduzione di una modifica nel nostro memorandum la quale metta in rilievo che l'Italia continua a ritenere sommamente desiderabili quelle misure di effettivo disarmo che sia tuttora possibile di conseguire.

639

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 29 gennaio 1934.

Parlando dell'Austria, su cui aveva avuto occasione di intrattenersi avant'ieri con S. E. Suvich (3), mi ha detto di sperare che Italia e Francia, avendo lo stesso interesse contrario all'Anschluss, si concertino per agire d'accordo nel caso che l'Austria ricorra alla Società delle Nazioni.

Gli ho risposto con evasiva cortesia. Ha accennato poi all'accordo navale, rigettando sugli esperti la colpa del fallimento delle recenti trattative.

Dai contatti avuti a Ginevra con Boncour, Massigli e il Comandante Deleuze io ho tratto invece l'impressione che sia stato proprio lui, Chambrun, a compromettere l'affare per voler troppo ingrandire il suo successo. In ogni modo egli crede che la cosa possa risorgere e menare a un accordo sulla base del preavviso da scambiarsi fra i due governi .per tutte le nuove costruzioni. Egli si augura un'intesa su questa materia, che avrebbe gran valore per l'amicizia itala-francese.

Anche qui ho risposto evasivamente, rinviando la trattazione dell'argomento a quando un nuovo Ministero sia stato costituito in Francia.

(l) -Cfr. n. 621. (2) -Cfr. n. 629, nota 4. (3) -In realtà 11 23 gennaio, cfr. n. 600.
640

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 29 gennaio 1934.

Questo Ministro d'Austria è venuto a informare che il Sottosegretario Permanente del Foreign Office Vansittart ha comunicato al Ministro d'Austria a Londra che il Governo inglese si riserva di decidere del suo atteggiamento nei riguardi della vertenza austro-tedesca dopo che avrà conosciuto la risposta del Governo di Berlino: nel caso in cui la risposta non fosse soddisfacente e il Governo austriaco decidesse di portare la quistione alla Società delle Nazioni, il Governo britannico -a parere di Vansittart -non mancherebbe di dare all'Austria il suo più caldo appoggio.

Il Signor Rintelen ha poi informato che il Governo francese ha assicurato il Ministro d'Austria a Parigi che, ove la quistione dell'Austria fosse portata alla Società delle Nazioni, essa troverebbe nel Governo francese il più cordiale e fermo appoggio.

641

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, PEDRAZZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 439/7 R. Santiago, 30 gennaio 1934, ore 19,17 (per. ore 3 del 31).

Ho avuto oggi lungo colloquio con questo ministro affari esteri intorno alle idee riformatrici del Covenant espresse dal Duce e Gran Consiglio. Il ministro degli affari esteri mi ha detto che, dopo aver bene esaminato le proposte di massima esposte dal Duce egli crede che siano accett2bili ed utili.

Egli trova giusta e opportuna la liberazione del patto dal trattato di Versallles che ha fissato una situazione storica ormai tramontata ed alla quale molti popoli, Cile compreso, non hanno alcun interesse essere coinvolti.

Egli vede con grande interesse una gerarchia continentale delle questioni sottoposte alle discussioni della S.d.N. nel senso che non debbano popoli di un continente essere sempre mescolati alle questioni di un altro continente e giudicarle alla pari coi popoli del continente interessato.

Egli infine trova giusto il concetto di una gerarchia di responsabilità, pur restando ferma la eguaglianza giuridica delle nazioni. Su questo punto il ministro mi ha detto che molti temono debbano le riforme proposte dal Duce ferire proprio l'uguaglianza giuridica delle nazioni minori e mi ha chiesto di chiarirgli, se potevo, il concetto italiano.

Gli ho risposto che, pure essendo per ora i suggerimenti italiani di ordine generale, potevo assicurarlo che essi non avrebbero mai turbata l'uguaglianza giuridica dei vari popoli, ma solo avrebbero voluto riconoscere una responsabilità storica e politica maggiore ai grandi popoli che hanno un vasto e pesante

so -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

raggio d'azione in confronto a quei piccoli stati, gli atteggiamenti dei quali non hanno altro peso se non quello di un gesto a buon mercato fatto a spese delle grandi potenze.

Gli ho portato l'esempio del maggior peso che Cile, Argentina e Brasile hanno praticamente nella questione del Chaco, che si svolge alle loro frontiere, in confronto a quello che possono avere popoli minuscoli e lontanissimi ,che oggi invece a Ginevra parlano e decidono su quell'argomento con lo stesso peso dei tre maggiori Stati americani.

Egli mi ha detto quindi che darà subito istruzioni al delegato cileno a Ginevra perché, in attesa di conoscere proposte concrete che segnano la indicazione italiana, il delegato stesso non ostacoli in nessun modo le eventuali iniziative italiane.

Mi ha anche aggiunto che, data la importanza assunta dall'Italia di fronte alla S.d.N., affretterà il cambio già deciso dell'ambasciatore del Cile a Roma per sostituirlo con il solo ambasciatore di carriera che abbia il Cile e che sarà anche delegato del Cile a Ginevra e potrà seguire meglio, stando a Roma, lo svolgimento dell'azione del Duce rispetto consesso ginevrino.

Intorno a questo cambio di ambasciatore ho già riferito con mio rapporto

n. 509/33 spedito per corriere aereo (l) ultimo che giunge costì nella ventura settimana, e sarò grato a V. E. se vorrà telegrafarmi Sua decisione circa quanto in esso viene richiesto.

642

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 433/36 R. Berlino, 30 gennaio 1934, ore 22,20 (per. ore 0,40 del 31).

Da fonte ottima tedesca mi è stato chiesto se non mi risultasse nulla circa attuale presenza di Habicht, a Vienna. Alla mia risposta negativa fu osservato sembrava che le conversazioni che non poterono aver luogo al principio del mese dovrebbero svolgersi ora nel più assoluto segreto.

Mi risulta pure che in una recente animata discussione Hitler avrebbe rinfacciato a Habicht di promettere da mesi una rapida soluzione del problema austriaco che invece ritarda e crea complicazioni internazionali serie al Reich. Pertanto Hitler avrebbe posto ultimatum ad Habicht significandogli che, se entro primo marzo nazionalsocialisti non avessero trionfato in Austria, egli lo avrebbe privato della direzione degli affari austriaci.

Cosi si spiegherebbe straordinaria attività di Habicht che non cessa oramai un giorno di tenere alla radio e sui giornali linguaggio infiammatorio contro il Governo Dollfuss.

Segnalo pure il seguente... (2) che potrebbe essere un puro pettegolezzo, ma che proviene da persona che lo avrebbe tenuto da Motta in Svizzera.

Italia avrebbe concentrato ostentatamente due corpi d'armata ai confini Austria e sarebbe pronta a occupare parte di quello Stato ove nazionalsocialisti andassero al potere. Jugoslavia avrebbe fatto conoscere a Berlino che in tal caso essa dovrebbe dal suo lato occupare la Carinzia. Inghilterra, dal suo lato, avrebbe fatto un passo presso il Governo svizzero per fargli conoscere che in tal caso riterrebbe opportuno che anche truppe francesi occupassero parte dell'Austria e chiesto al Governo svizzero di concedere loro il passaggio, trattandosi non di una guerra ma di semplice misura militare per mantenimento in vigore di una clausola del trattato di Versailles.

(l) -Non pubblicato. (2) -Gruppo lndeclfrato.
643

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1077/07 R. Budapest, 30 gennaio 1934.

Onoromi far seguito al mio odierno telegramma n. 14 (1}.

Circa la divisata unione doganale questo presidente del consiglio, confermando l'avviso espressomi più volte l'anno scorso e da me a suo tempo riferito a V. E., ha affermato che per quanti affidamenti il cancelliere austriaco fosse per dare a lui e a noi in favore dell'unione stessa, egli riteneva che Doll.fuss non avrebbe mai avuto la possibilità di mandarli praticamente ad effetto.

«Dollfuss è legato a Miklas, -ha motivato -«e si è costituito prigioniero dei cristiano-sociali; il Bauernbund, la lega degli agricoltori cristiani, rappresenta ogg,i il suo sostegno più forte. Come volete che possa realmente spalancare le porte dell'Austria ai prodotti agricoli ungheresi, che costano tanto meno dei loro?,,

Il presidente mi ha detto quindi che l'Ungheria era pronta a intavolare trattative per attuare un'unione doganale anche a due, cioè con l'Italia soltanto.

Ottenute dal presidente Goemboes le assicurazioni che ho avuto l'onore di riferire a V. E. col telegramma citato, ho creduto di astenermi dall'approfondire l'argomento, essendo già annunziata ed imminente la visita a Budapest di S. E. il sottosegretario di Stato e non conoscendo io ancora la portata e l'esito delle recenti conversazioni da lui avute a Vienna con n cancelliere.

644

IL CANCELLIERE AUSTRIACO, DOLLFUSS, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH (2)

L. P. Vienna, 30 gennaio 1934.

Mi è pervenuta la Sua oltremodo cortese ed interessante lettera del 26 corrente (3). Mi ha causato una sincera gioia di intendere ancora una volta da V. E.

che Ella si sia trovata bene durante la breve permanenza a Vienna. Da parte mia posso solo tornare ad assicurarla che mi ha vivamente rallegrato il poter parlare di nuovo diffusamente con Lei. Senza dubbio la visita di V. E. a Vienna ha avuto un effetto politico straordinariamente favorevole tanto all'interno che all'estero e particolarmente le dichiarazioni fatte in pubblico da V. E. hanno lasciato una grande impressione in quegli ambienti austriaci il cui atteggiamento è tentennante di fronte agli avvenimenti. La favorevole influenza esercitata sugli animi, non resterà inutilizzata da parte nostra e infatti il tempo entro cui si svolge la nostra attività positiva, mostra già un visibile acceleramento.

D'interesse tutto particolare sono poi per me gli amabili commenti alle sue impressioni concrete come pure il senso di alta comprensione con cui sono stati accolti da S. E. l'illustre signor Capo del R. Governo.

Secondo i nostri accordi, dopo ricevuta la Sua stimata lettera, ho messo a disposizione del R. Governo ungherese, per la mia visita di due giorni a Budapest, la settimana dal 6 al 12 del prossimo mese -salvo eventuale impedimento in seguito allo sviluppo del conflitto con la Germania -ed ho ricevuto proprio ora la notizia dal Governo ungherese che, per la mia visita, sarebbero stati scelti i giorni 7 e 8 febbraio. Non mancherò di tenerLa infprmata subito, stimatissimo signor Sottosegretario di Stato, per il tramite del signor Preziosi, delle mie impressioni colà.

Mentre considero con piacere i prossimi avvenimenti che mi offriranno, spero, d'incentrarmi presto con Lei (1).

(l) Cfr. n. 645.

(2) Si pubblica la traduzione e non l'originale tedesco che è edito in Salier, Geheimer Briejwechsel, cit., p. 48; una diversa traduzione è edita in Braunthal La tragedia dell'Austria, cit., p. 219.

(3) Cfr. n. 618.

645

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 881/14 P. R.

Budapest,

gennaio

1934,

ore

0,05

(per.

ore

2).

Telegramma di V. E.

n.

19 <2).

Trattative commerciali ungaro-germaniche, iniziate 15 giorni or sono (mia Stefani 484) e rallentate in seguito partenza capo della delegazione Waldeck tornato da Berlino con nuove e più ampie istruzioni, dureranno prevedibilmente ancora una settimana.

«La visita di S. E. Suvich ha avuto indubbiamente notevoli effetti: ha dimostrato che vi è molto bluff nella denunzia delle forze nazional-social!ste poiché quelle di Vienna, malgrado ci si siano messe di impegno, non sono riuscite a portare sulla strada più di un paio di migliaia di individui; ha dimostrato che i nazional-socialisti, se sono buoni per il lancio clandestino dei petardi o dei foglietti volanti, non hanno aggressività: dopo l'insuccesso della dimostrazione che si voleva organizzare per l'arrivo del sottosegretario di stato italiano, la voglia dei naz! austriaci di scendere sulla strada è stata sempre minore e sempre maggiore quella di squagl!arsela davanti alla polizia; ha risollevato gli spiriti pavidi dei cosiddetti patriottici in un momento di forte e pericolosa depressione; ha dimostrato ai nazional-socialisti d'Austria e di Germania che, contrariamente a quanto si era fatto loro credere, essere buoni amici della Germania non significa doversi anche inchinare davanti agli spiegamenti di forze nazional-socialiste ».

Presidente del Consiglio Gombos col quale, dopo una conversazione non del tutto esauriente con Kanya, ho ritenuto parlarne personalmente, e che sebbene ancora indisposto mi ha ricevuto stasera, mi ha dichiarato:

1°) Nessun accordo sarà naturalmente concluso senza previa intesa con Roma;

2°) Meccanismo preferenziale non è ancora stabilito e incremento che ne potrà derivare all'esportazione ungherese in Germania raggiungerà, nella migliore ipotesi, 12 milioni pengò annui, cioè circa 4a parte della ridotta esportazione anno scorso;

3°) Non sarà fatta all'importazione germanica in Ungheria alcuna concessione che possa turbare quella austriaca o quella italiana.

Avendo io rilevato come, oltre rispettare posizioni !taio-austriache già stabilite, occorresse altresl assicurare giuoco necessario per ulteriore approfondimento reciproche relazioni economiche e per attuazione propositi unione doganale, Presidente mi ha ripetuto essere Governo ungherese sempre disposto ed in grado realizzare unione stessa, ma essere tuttora persuaso che il Governo Dollfuss in pratica non vi avrebbe aderito.

Segue rapporto.

(l) Cfr. quanto comunicò Morreale con L CXIX del 1° febbraio:

(2) Cfr. n. 627.

646

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI D'UNGHERIA A ROMA, LUKACS

APPUNTO. Roma, 31 gennaio 1934.

Il signor Lukacs è venuto a presentarmi l'unico messaggio del Presidente Gombos rivolto direttamente al Capo del Governo (1). Mi riservo di fare avere il messaggio al Capo del Governo e di comunicargli la risposta. Chiedo all'Incaricato d'Affari notizie sull'andamento delle trattative per il riconoscimento dei Sovieti da parte dell'Ungheria. Il signor Lukacs mi dice che le trattative avanzano, sebbene con qualche difficoltà.

Osservo che sarebbe necessario che l'Ungheria non insista per ottenere delle clausole che non sono consuetudinarie secondo il diritto delle genti; se il riconoscimento è fatto bisogna che Io stesso sia senza riserve e che si istituisca anche una rappresentanza diplomatica. Occorre infine far presto per evitare d'arrivare dopo la Pkcola Intesa (2).

«Ma Il Governo Sovietico non vuole accettare la pretesa del Governo ungherese che si specifichi cioè che l'effettiva ripresa delle relazioni diplomatiche nel senso di uno scambio dl mlnlstrl, avvenga soltanto quando 11 bilancio ungherese lo permetterà.

La ripresa delle relazioni con l'Ungheria In se stessa, non può interessare 11 Governo sovietico. Quello che la Interessa è avere un Ministro ungherese a Mosca ed un Ministro sovietico a Budapest. Se questo non si fa, Il Govocno Sovietico non ha nessuna Intenzione di continuare l negoziati :t.

Mi riservo ad ogni modo di confermare tutto ciò al Ministro Jungerth che conduce le trattative a Roma. L'Incaricato d'Affari mi porterà il Ministro Jungerth la prossima settimana (1).

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. Il seguente brano di un appunto dell'Ufficio I Affari Politici per Suvlch del 1o febbraio:
647

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 470/49-50-51 R. Parigi, 1° febbraio 1934, ore 17,20 (per. ore 21,30 ).

Giornali pubblicano larghi sunti del memoriale italiano e di quello inglese. Nonostante che il paese sia preso dalla situazione interna che la formazione del combattuto Ministero Daladier ha, direi quasi, aggravato, sono apparsi già stamane primi commenti.

La stampa nazionalista è, come prevedibile, contraria alle soluzioni di compromessi suggerite dai due documenti.

Il Petit Parisien notoriamente ufficioso, premesso che il Quai d'Orsay tace non avendo avuto tempo di studiare i memorandum, fa seguire alcune osservazioni di ispirazione ufficiosa.

Giornale osserva che Italia e Inghilterra propendono per un riarmamento moderato e controllato del Reich, ma che proposta non è corroborata da alcuna precisazione tranquillizzante.

Anche la consultazione in caso di violazione, prevista dal memorandum britannico, è ritenuta insufficiente. Ma trova [sic] dove i due memorandum sono, secondo gioll'nale ufficioso, più insufficienti è quello degli effettivi. Che si stabilis,ca un accordo su 200 o 250.000 uomini truppe regolari poco importa. Quello che importa, osserva il giornale, sono formazioni para-militari che danno al Reich disponibilità in qualsiasi momento di due milioni di uomini.

Petit Parisien dice che memorandum italiano è muto su questo punto e che quello inglese se la cava suggerendo interdizione controllata dell'istruzione premllitare.

Giornale conclude che vi è in questo una lacuna molto più grave di tutte le divergenze alle quali può dar luogo quella parte del memorandum inglese che si riferisce al materiale di guerra.

Esposto del Petit Parisien rappresenta punto di vista Boncour-Léger.

Daladier ha fama di desiderare vivamente accordo col Reich e per questo è attaccato da certa stampa. Figaro ad esempio, segnala coincidenza del discorso di Hitler con la formazione del Gabinetto Daladier.

«Ha telefonato 11 Ministro Jungerth per Informare che 11 comunicato sulla ripresa delle relazioni fra U.R.S.S. e Ungheria sarà dato alla stampa alle 4 p.m. di oggi».

Mio collega Germania mi ha detto rlpetutamente in passato che un Gabinetto Daladier potrebbe forse condurre a felice risultato trattative dirette francotedesche.

Condivido parere di Koester.

Daladier, se riuscirà mantenersi al potere, farà il possibile per giungere ad un accordo con la Germania nello stesso modo come ha spinto alla firma patto a quattro. Bisognerò però da parte nostra stare ben attenti, perché non mancheranno da parte tedeschi lusinghe per una diretta stretta intesa con la Francia.

Segretario generale affari esteri, il quale nel novembre u.s. (mio telegr·amma

n. 716) (l) mi aveva informato dei ripetuti per quanto discreti sondaggi fatti al riguardo da questo ambasciatore di Germania, mi ha detto giorni fa che Hitler ha rinnovato avances giorno in cui François-Poncet gli ha presentato memoriale francese.

Hitler avrebbe osservato all'ambasciatore di Francia che il Governo francese offriva più di quello che la Germania aveva domandato facendo intendere che gli dispiaceva che fossero lasciate cadere le sue suggestioni.

Fino a che politica estera francese è stata diretta da Boncour era difficile che la Francia si prestasse ad accordi particolari con hitlerismo, detestato dal socialisti francesi dei quali ex ministro affari esteri è stato di fatto esponente nel Gabinetti succedutlsl dopo quello di Herrlot.

Con Daladler è un'altra cosa..

D'altra parte vi è sul tappeto la questione austriaca, che potrebbe alla fine far le spese di una intesa franco-tedesca. Non voglio con questo dire che la Francia intenda desistere, almeno per ora, dalla sua opposizione all'Anschluss, ma devo aggiungere che l'opposizione della Francia non andrebbe verosimilmente al di là di un richiamo alla Società delle Nazioni.

Senatore Bérenger, nel parlarmi re·centemente della questione austriaca, affermava decisa volontà della Francia contraria all'Anschluss aggiungendo: «Seulement nous ne voulons pas vous voir à Vienne :).

Pare che la Jugoslavia, almeno da quello che scrivono l giornali, tenga un atteggiamento analogo.

Ho appreso con sollievo dal più recenti telegrammi di V. E. che n pericolo nazista in Austria è stato molto esagerato. Debbo dire però che in Francia, all'infuori delle sfere ufficiali che sono assai prudenti, si parla dell'Anschluss come di avvenimento fatale che può solo essere ritardato ma non impedito. Questo vale quanto dire che la opinione pubblica è preparata a subirlo.

Ho constatato con compiacimento che Benès è ritornato alla sua antica logica opposizione all'Anschluss.

Sussiste invece la propaganda di lusinghe e offerte tedesche per indurre la Jugoslavia a non opporsi all'Anschluss. Sono convinto che se si riuscisse a capovolgere a nostro favore la situazione e a indurre il Governo di Belgrado, mediante un accordo anche limitato e particolare, a manifestare esplicitamente la volontà di opporsi all'Anschluss, la questione austriaca perderebbe l'acutezza che sembra avere presentemente.

(l) In un appunto di Buti del 6 febbraio si legge:

(l) Cfr. n. 342.

648

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 469/39 R. Berlino, 1° febbraio 1934, ore 23,05 (per. ore 4 del 2).

Von BUlow mi ha detto che memoriale italiano sul disarmo aveva prodotto sopra di lui la migliore impressione e che egli lo considerava superiore a quello inglese ancorché anche quest'ultimo costituiva un notevole passo innanzi. Unica obiezione che egli doveva fare riguardo menzione, in fine promemoria italiano, della Società delle Nazioni che Governo germanico non desidera che venga posta in connessione con disarmo.

Governo germanico aveva dimostrato recentemente in modo evidente la sua intenzione scindere varie questioni politiche dall;organo ginevrino giacché accordo con Polonia era stato volutamente fatto non nel quadro della Società delle Nazioni ma in quello del patto Kellogg.

Mi riservo fornire verbalmente a V. E. ulteriori chiarimenti circa atteggiamento del Reich di fronte alla Società delle Nazioni.

649

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, E A WASHINGTON, ROSSO, AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, A BERNA, MARCHI, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A COPENAGHEN, CAPASSO, A L'AJA, TALIANI, A STOCCOLMA, PATERNO', A VIENNA, PREZIOSI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, BERlO

T. R. 200 R. {1). Roma, 2 febbraio 1934, ore... (2).

(Per tuttt) Riassumo nostro punto di vista su questione austriaca. (Solo per Vienna), di cui V. S. vorrà informare Dollfuss. (Per Parigi e Londra), che prego illustrare opportunamente codesto Go

verno. (Per tutti) Ritengo che azione internazionale né con intervento a Berlino né con ricordo S.d.N. possa portare alcun risultato.

Per quanto riguarda eventuale passo a Berlino non pare che Governo germanico possa indursi a mutare posizione presa su semplici amichevoli pressioni, né allo stato delle cose pare possibile dare al passo diverso carattere.

Per quanto riguarda ricorso Società Nazioni va tenuto presente in primo luogo che assenza Germania ne ridurrebbe efficwcia fin dall'inizio. Secondo

luogo questione verrebbe trattata come tutte questioni portate avanti consesso ginevrino e quindi andrebbe per le lunghe. Nel frattempo Governo austriaco potrebbe trovarsi menomato propria libertà di azione.

Azione collettiva Potenze sia in una forma che nell'ailtra avrebbe inoltre inconveniente dare pretesto avversari sostenere Governo austriaco essersi consegnato mani piedi legati coalizione antigermanica. Accusa assurda ma occorre tener conto anche apparenze, tenendo presente che la campagna in Austria tanto dall'una parte che dall'altra non può prescindere da carattere tedesco paese.

Meglio quindi agire per vie separate scopo mantenere indipendenza Austria non solo formalmente ma sostanzialmente. Azione dovrà consistere anzitutto appoggi morali dichiarando senza riserve di volere sostenere Governo austriaco nella sua lotta per indipendenza e tranquillità interna. Non prestarsi inoltre gioco avversari diffondendo e dando credito a tutte le notizie allarmanti che si propaiano sul conto dell'Austria. Il sottosegretario mi ha riferito che la maggior parte delle notizie allarmistiche su dimostrazioni, violenze ~c.; relative al periodo della sua visita Vienna sono state inventate di sana pianta.

Ciò non vuoi dire naturalmente che la situazione non sia seria e che non debba essere seguita da noi con la più vigile attenzione. Insisto sulla necessità di fare cessare la propagazione di notizie allarmistiche. E' questa inesplicabile incoscienza anche da parte di chi vorrebbe difendere l'Austria, che oggi minaccia di compromettere la strenua lotta impegnata per la sua indipendenza.

Infine occorre aiutare l'Austria economicamente a,cquistando suoi prodotti agricoli (particolarmente legname) e industriali.

Superfluo dire che noi facciamo riguardo tutti i punti sopra esposti nostro massimo sforzo. Naturalmente occorre che la prima difesa dell'Austria venga da essa stessa. Considero indispensabile, e l'ho fatto sapere al cancelliere, che mentre da una parte si intensifica la difesa contro il terrorismo nazista, d'altra parte si fa,ccia una politica decisa di rinnovamento del Paese basata sulla lotta contro il marxismo contro n parlamentarismo e contro la degenerazione democratica che hanno caratterizzato l'Austria del dopo guerra. Occorre anche che i partiti e le formazioni aderenti al Governo diano prova di energia e di vivacità opponendosi materialmente ai loro avversari e manifestando nella forma più decisa e clamorosa.

(Per tutti meno Vienna, Parigi e Londra) Quanto precede per conoscenza di V. E. (V. S.) che potrà eventualmente trarne opportuna norma di condotta e di linguaggio.

(l) -A Bruxelles, Varsavla, Madrid, Budapest, Praga, Belgrado, Bucarest, Stoccolma. Copenaghen, l'Aja e Berna il telegramma venne Inviato per corriere. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza.
650

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 202/40 R. Roma, 2 febbraio 1934, ore 4.

V. E. avrà già rilevato come il memorandum italiano sul disarmo si presti ad essere valorizzato presso il Governo e l'opinione pubblica francese, specialmente in quanto che, mentre ammette le richieste tedesche di riarmo difensivo, accetta insieme che le Potenze armate mantengano lo standard attuale dei loro armamenti di ogni specie.

Invero, ad onta della posizione negativa che i successivi Governi francesi hanno finora mantenuto di fronte al riarmo difensivo tedesco, codesto Governo difficilmente può nutrire una fondata speranza che la situazione gli èonsenta praticamente i mezzi per impedirlo. Abbandonando quindi, per quanto ci riguarda, tale posizione, noi ci distacchiamo da un punto di vista che ormai ha assunto il carattere di una tattica dilatoria e che, se mantenuto più a lungo, si risolverà, un momento prima o dopo, in un forte peggioramento della situazione.

Al tempo stesso, invece, noi rinunciamo uff1cialmente a quelle pressioni per il disarmo che, partendo specialmente dall'ambiente anglo-sassone, ed ora ancora ripetute nel memorandum britannico, debbono costituire la sola ve.ra e pratica preoccupazione di codesto Governo ed effettivamente turbano al massimo grado l'opinione pubblica francese la quale, a torto od a ragione, considera il mantenimento intatto delle proprie forze come il solo effettivo presidio della propria sicurezza.

L'Italia, non insistendo troppo su misure di disarmo reca quindi alla Francia un contributo di solidarietà e di comprensione di cui costì si dovrebbe intendere e riconoscere il valore capitale.

V. E. nel parlare con codesti uomini di Governo, ponga quanto precede nel dovuto rilievo.

Non manchi anche di far notare, a scanso di equivoci che il memorandum italiano non vuole essere affatto un ennesimo completo progetto di convenzione, ma è soltanto la riproduzione del pensiero del Capo del Governo sui punti principali e controversi della questione.

651

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, AI MINISTRI AD ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BERNA, MARCHI, A BUCAREST, SOLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, BERlO

T. 204/C.R. Roma, 2 febbraio 1934, ore 20.

(Per Parigi, Londra e Berlino) Ho telegrafato principali ambasciate e legazioni interessate quanto segue:

(Per tutti) Converrebbe che V. E. (V. S.) chiarisse opportunamente presso codesto Governo e pubblica opinione la caratteristica principale del memoriale italiano sul disarmo anche in rapporto al memoriale britannico pubblicato quasi contemporaneamente.

È da rilevare anzitutto ·che i due Governi sono d'accordo nel punto più

scabroso del problema e Cioè nell'ammettere la realizzazione della parità di

diritti della Germania concedendole il riarmo difensivo che essa richiede.

Questo accostamento definitivo della Gran Bretagna ad un principio che il

Governo italiano per il primo e da solo aveva ammesso e difeso come inevi

tabile costituisce un riconoscimento importante della lealtà e del realismo del

nostro punto di vista ed un progresso sostanziale verso una maggiore unità

di vedute delle Potenze europee.

Quanto alle misure di disarmo su cui a differenza del nostro tuttora insiste il memoriale britannico, per quanto esse abbiano la nostra simpatia, è da osservare che vanno molto più in là dei desiderii del Governo tedesco, e che sono di natura da ostacolare anziché facilitare la soluzione. Esse portano infatti a togliere alle potenze armate il margine di superiorità costituito dalle cosiddette armi offensive ed è quindi da attendersi che non solo non saranno accettate da chi, ·come la Francia, rappresenta la posizione degli Stati armati, ma potranno riaprire la via a rinnovate discussioni e recriminazioni atte a far retrocedere anztché progredire sul cammino dell'intesa.

II nostro memorandum ha invece il vantaggio che dovrebbe essere gradito ai tedeschi di cui accoglie le richieste e dovrebbe essere accettabile dalla Francia a cui conserva in compenso il margine di cui sopra e prospetta il ritorno della Germania nella Società delle Nazioni. Ciò anche a prescindere dalle altre garanzie (controllo, patti di non aggressione ecc.) previsti in tutti i progetti.

Anche per l'opinione pubblica mondiale il fatto di evitare la corsa agli armamenti e raggiungere un accordo e la détente europea deve essere, allo stato turbato della politica e deU'economia mondiale, un motivo di soddisfazione, di tranquillità e di speranza.

Su questi principi, che dovrebbero essere accettabili da tutti, si potrà cercare di inserir anche qualche elemento immediato di détente politica, il che non potrà evidentemente che migliorare la situazione. È però essenziale che, per correre dietro alle ombre di un disarmo inattuabile, non si comprometta la possibilità di un accordo andando così incontro alle conseguenze che ne deriverebbero e che potrebbero essere molto serie (1).

«È Interessante rilevare che Benes m! ha dichiarato, fra l'altro, che se il memorandum !tal!ano fosse stato p·resentato un anno fa, egli lo avrebbe accettato completamente. Gli avvenimenti tedeschi degl! ultimi dodici mesi sono quell! che oggi lo rendono perplesso. Egl! è stato tratto a mettere in dubbio la buona fede della Germania, al che io gli ho obbiettato che, se si parte a priori dal principio che la Oe•rmanla non si atterrà alla futura convenzione, è perfettamente Inutile perdere il tempo a discutere su qualsiasi progetto.

Ma questa osservazione d! Benes è la chiave di volta del suo pensiero. Egl! Infatti, mentre da una parte non ha nè negato lo spirito pratico cui si ispirano le proposte ital!ane, nè l'importante progresso rappresentato dall'adesione britannica alla tesi italiana sulla parità, d'altra parte, nel muovere le obbiezionl d\ cui sopra, mi è sembrato lette!I'almente dominato dall'incubo della minaccia nazional-socialista, così all'esterno quanto all'interno. «011 eventi in Germania, egli mi ha detto, hanno preso un corso tale che è difficile prevedere dove si arresterà il loro sviluppo». Si tenga conto del dilagare del nazional-sociallsmo nella Boemia del Nord, delle difficoltà attraverso le quali naviga la Piccola Intesa, della delusione profonda che ha causato In questo paese la conclusione del recente patto tedesco-polacco, delle Incognite della situazione austriaca, e si avrà una spiegazione esauriente delle condizioni d'animo In cui Benes dà oggi mostra di trovarsi ».

(l) Fra le varie risposte si segnala quanto riferì Berlo da P.raga con t. per corriere 374/010 R. del 5 febbraio:

652

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 489/49 R. Vienna, 2 febbraio 1934, ore 23,15 (per. ore 6,40 del 3).

Ho comunicato stasera contenuto del telegramma di V. E. n. 200 (l) al cancelliere che ne ha preso atto.

Cancelliere mi ha quindi pregato di fargli conoscere al più presto pensiero di V. E. sulla nota tedesca che egli sapeva essermi stata consegnata stamane dal segretario generale (2).

Ho risposto che decisione del Governo austriaco era stata intanto già presa, avendomi segretario generale dichiarato stamane -come del resto risultava dall'apparso comunicato -che il consiglio dei ministri aveva nella notte deciso alla unanimità che il cancelliere dovesse «proseguire sulla via impostagli dallo stato delle cose~. specificando che ciò -data la conclusione della nota austriaca e l'insoddisfacente risposta tedesca -significava il ricorso a Ginevra. Il cancelliere ha replicato che quanto dettomi dal segretario generale era esatto, aggiungendo che comunque consiglio del ministri avrebbe esaminato solo domani la documentazione da produrre a Ginevra e che finora nessun reale passo era stato effettivamente fatto. Ad ogni modo egli mi raccomandava vivamente di pregare V. E. di fargli conoscere al più presto suo punto di vista circa risposta tedesca la quale dovrebbe essere esaminata in relazione alla nota austriaca di cui egli aveva dato copia a S. E. Suvich.

653

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, RINTELEN

APPUNTO. Roma, 2 febbraio 1934.

Il signor Rintelen, accompagnato dal primo segretario Rotter, è venuto ad lnformarmi della risposta germanica e della reazione austriaca che aveva considerato la stessa non soddisfacente.

Il Governo austriaco vorrebbe avere un nostro consiglio sull'ulteriore corso da dare alla vertenza. Fa presente che la conseguenza logica, data la dichiarata insoddisfazione, sarebbe quella di ricorrere a Ginevra, dato anche che se ne accenna nella nota presentata dall'Austria a Berlino. Il Governo austriaco è molto grato per l'appoggio avuto e che continua ad avere dall'Italia. Ritiene però che in questo momento sia necessario avere una manifestazione che dimostri la solidarietà internazionale per l'Austria.

Rispondo al Ministro che mi riservo di parlare al Capo del Governo per dargli una risposta. Ad ogni modo fin d'ora gli posso far presente le ragioni, del resto già più volte esposte, per cui noi siamo contrari ad un passo alla Società delle Nazioni. In primo luogo l'assenza della Germania diminuisce molto l'efficacia di tale passo. La Germania avrà un buon pretesto per non intervenire e per poi contestare quanto le sarà fatto, sostenendo che si sia intesa una sola delle Potenze. La cosa si trascinerà certamente per le lunghe come è nelle consuetudini dell'Istituto ginevrino. Nel frattempo l'Austria avrà le mani legate e Ginevra vorrà entrare anche nelle faccende interne dell'Austria facendo delle pressioni sul Cancelliere; è probabile che si tenti di spiegare anche un'azione a favore dei socialisti austriaci. Tutto ciò naturalmente può disturbare profondamente la politica del Cancelliere e portare a dei risultati non desiderati.

Il signor Rintelen non nega la fondatezza di queste considerazioni. Osserva tuttavia che una mancata reazione internazionale dopo il passo austriaco e la risposta germanica, darebbe l'impressione dell'abbandono dell'Austria e rinforzerebbe la tracotanza del nazionalsocialismo germanico. Attende ad ogni modo fiducioso la risposta che gli daremo.

(l) -Cfr. n. 649. (2) -Preziosi aveva telefonato alle 14 al Ministero comunicando !l contenuto della nota tedesca.
654

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 2 febbraio 1934 (1).

La politica di Milano nella sua originaria impostazione si basava sulla riconciliazione greco-turca, con gravitazione verso Roma della politica del Mediterraneo Orientale.

Essa ha avuto il suo successo sostanziale per quanto riguarda il problema mediterraneo, ma nella sua seconda fase rischia di non averlo in quello balcanico.

Infatti si è andata ultimamente modificando di contenuto soprattutto per l'inquietudine e le manovre turche. Forte della posizione raggiunta sotto i nostri auspici nei riguardi gre·ci e mediterranei, Ruschdi bey, in contrapposto al nostro Patto a Quattro, si è messo a svolgere nei Balcani una politica ispirata a intese interbalcaniche e pan-balcaniche che nelle loro tendenze e nei loro eventuali sviluppi sono antietetiche a molte linee basilari della politica italiana.

La politica turca che, giusta quanto impostato a Milano, doveva centrare su Roma, slitta verso attitudini autonome e batte vie proprie.

Come era stato previsto, l'idea ispiratrice dei cosi detti Comitati e conferenze inter-balcaniche in attività da qualche anno ha alla lunga creato un ambiente per una nuova situazione, sia pure tendenziale di rapporti tra Stati balcanici.

L'intesa greco-bulgara da noi sempre patrocinata anche diplomaticamente ad Angora ed a Sofia, ha urtato contro un complesso di circostanze e contrasti

{l) Una prima minuta parziale del documento reca la data 5 gennaio. V! furono apportate !n seguito numerose correzioni ed aggiunte.

tipicamente balcanici. Ruschdi bey, di fronte all'inanità dei suoi sforzi, e spinto forse contro il Patto a quattro, da un risentimento che la Turchia ha giudicato soverchiamente sulla base del suo nazionalismo e per opporsi a un certo risvegliarsi di tendenze irredentiste bulgare nei riguardi della Tracia turca, iniziò da allora quella più vibrata attività a carattere inter-balcanico che ha caratterizzato l'attività politica turca in questi ultimi mesi.

Oggi, a distanza di tempo, potremmo anche ritenere non svantaggioso per noi il fallimento della iniziativa turca della primavera scorsa per una intesa a tre con Bulgaria e Grecia, intesa che per l'autonomia assunta verso di noi da Angora gioverebbe in definitiva alla politica balcanica della Turchia che sembra debba svolgersi al di fuori di noi (1).

Nouman bey, oggi a Roma, mi ha detto che il suo Governo intende ad ogni modo addivenire al patto a quattro balcanico, se la Bulgaria rifiuterà di riconoscere le frontiere attuali: e che nel pensiero del suo Governo ciò dovrebbe servire a rendere posibile la politica tripartita, turco-bulgaro-greca d'accordo con l'Italia. Che pertanto una nostra pressione a Sofia per indurre quel Governo ad accedere al Patto a quattro servirebbe a rinforzare la nostra politica Mediterranea. Cioè a dire che noi dovremmo cooperare a rinforzare la politica turca nei Balcani; ed ho pertanto risposto al Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri turco che non credevo che il Governo bulgaro potesse rinunziare alle sue aspirazioni nazionali.

Di fronte ai possibili ulteriori sviluppi di questa situazione, sembra opportuno di rivedere le nostre posizioni di politica balcanica.

È mia impressione che noi potremmo rovesciare la situazione balcanica in nostro favore assumendo con tutte le nostre possibilità ed apporti effettivi di contenuto politico, un'attività balcanica che facesse perno sulla Jugoslavia.

Ciò implicitamente verrebbe a svalutare l'apporto turco dando alla Turchia la sensazione più corrispondente alla realtà che è essa ad avere bisogno del nostro appoggio e aiuto e non viceversa: unica maniera di riportare a noi la Repubblica Kemalista.

Un nostro accordo con la Jugoslavia significherebbe per la Grecia quella maggiore garanzia nei riguardi territoriali e politki che il Governo ellenico si sforza di ottenere con tentativi di accordi balcanici diretti.

Anche per l'Albania un accordo itala-jugoslavo avrebbe di conseguenza una chiarificazione salutare, perché Re Zogu giuoca continuamente sopra un ricatto jugoslavo che così sarebbe svuotato, e siccome ne~sun paese al di fuori dell'Italia, può aiutare economicamente Tirana, così le relazioni itala-albanesi verrebbero a prendere il loro vero valore.

La Bulgaria è attualmente isolata nei Balcani ed il suo atteggiamento nei nostri riguardi non è stato che di riserva e di incertezza. Anche valutando la grande diversità di situazione non possiamo certamente paragonare l'atteggiamento bulgaro verso l'Italia, con quello ungherese. Ed i nostri impegni con Sofia, sia sostanziali che morali, sono molto minori.

Ciò non pertanto una intesa itala-jugoslava ci metterebbe in una posizione più importante di fronte al dissidio tra Sofia e Belgrado.

Pertanto, un pronto accordo con la Jugoslavia dovrebbe avere come risultati di svalutare il così detto Patto inter-balcanico che la politica turca persegue per scopi di prestigio e di presunta si·curezza; di riportare la politica turca a limiti più corrispondenti alla sua funzione; di riaprire all'Italia la via dei Balcani che oggi tende a chiudersi; di non pregiudicare i nostri rapporti con la Bulgaria, che ne può trarre anzi giovamento.

Le conseguenze dell'accordo per la politica extra-balcanica sarebbero le seguenti:

L'Austria si sentirebbe certamente più sostenuta dalla linea di resistenza così costituita dall'Italia e Jugoslavia contro l'avanzata tedesca al Sud. E pertanto il nuovo accordo costituirebbe un forte appoggio all'indipendenza dell'attuale politica di Dollfuss.

Nei riguardi ungheresi poi è da tener presente che il problema dei rapporti ungaro-jugoslavi non è il più grave e quindi un nostro accordo con la Jugoslavia non colpirebbe vitali interessi ungheresi e potrebbe anzi facilitare qualche utile intesa di carattere economico mentre dal lato politico alleggerirebbe all'Ungheria le pressioni della Piccola Intesa.

Se esaminiamo poi la situazione dal punto di vista della grande politica, occorre constatare che oggi la Jugoslavia ha meno bisogno della Francia di quanto questa abbia bisogno della Jugoslavia. La Jugoslavia essendo il membro più forte e più vitale del sistema di alleanze orientali della Francia, ne costituisce il perno effettivo. L'a·ccordo eventuale della Jugoslavia con noi non può avvenire evidentemente sotto la pregiudiziale del suo disintegrarsi da quel sistema, ma ne costituirebbe il presupposto, tanto più efficace quanto maggiore sarà l'utilità e la garanzia che essa potrà venire a trovare nell'amicizia e nell'appoggio italiano per la sua stabilità e la sua esistenza. L'accordo italojugoslavo svuoterebbe però alla lunga il contenuto di quello franco-jugoslavo.

Inoltre si può anche osservare che l'accordo:

a) smonterebbe il giuoco serrato che oggi conduce la Francia con la Russia per la costituzione di un grande blocco orientale. La pedina jugoslava acquisterebbe tendenze a dissociarsi e a disolidarizzarsi da quel blocco;

b) rafforzerebbe considerevolmente la nostra posizione diplomatica nei riguardi della Francia spezzando uno dei denti della tenaglia attorno alla nostra frontiera;

c) per ragioni analoghe ci rafforzerebbe nelle trattative con la Germania e di fronte a questa, venendo a limitare il peso dell'apporto francese nell'economia generale dei rapporti tra le grandi Potenze e in particolare del Patto a quattro;

d) ci rafforzerebbe nei riguardi della piccola Intesa, non come blocco politico che noi non dovremmo riconoscere, ma soprattutto per la risoluzione del noto progetto economico danubiano. È da notarsi anzi che l'accordo ci permetterebbe di prendere una direzione della Piccola Intesa però molto differente da quella fin qui sollecitata da Benes a Titulescu.

e) Provocherebbe un'enorme ripercussione europea per non dire mondiale. Si è speculato troppo a lungo sui pericoli di un conflitto italo-jugoslavo perché un accordo non possa essere salutato come un avvenimento storico e come il coronamento dell'edificio di pacificazione europea e della politica del Patto a quattro.

È l'accordo nel momento attuale tempestivo?

Le considerazioni seguenti sembrano propendere per l'affermativa.

l) La crisi interna jugoslava è sorpassata. Il Regime si è andato rinforzando e senza negare la permanenza di difficoltà, tutto sembra lontano da quegli svolgimenti drammatici e risolutivi che ancora un anno fa venivano preconizzati. La questione croata, seppure non risolta, pare egualmente sorpassata. Né i capi né le masse si sono mostrati capaci all'atto pratico di soluzioni rivoluzionarie.

2) La Jugoslavia non ha un effettivo proprio interesse a seguire la Francia nella politica di blocchi orientali che essa si propone. Vi è piuttosto spinta dalla necessità della sua politica nei nostri riguardi. Occorrerebbe quindi agire prima che sotto la spinta di queste necessità la Jugoslavia abbia accettato impegni maggiori degli attuali, il che naturalmente renderebbe più complessa ogni nostra azione disgregativa del sistema francese, almeno in quanto esso può essere potenzialmente diretto contro di noi.

3) Un nostro accordo con la Jugoslavia allontanando dalla nostra frontiera l'unico reale pericolo di conflitto darebbe maggiore libertà alla nostra politica estera, specie in materia di disarmo e di Società delle Nazioni, con il vantaggio di costituire almeno un principio di neutralizzazione dell'azione negativa finora seguita dalla Jugoslavia a questo riguardo.

4) Data la nervosa situazione presente e l'attività attuale della politica francese, non sembrerebbe sufftciente ai fini di cui sopra il semplice mantenere in vita di conversazioni di carattere generale quali quelle sinora svoltesi, ma occorrerebbe procedere rapidamente alla fase conclusiva.

Lasciando le ultime conversazioni Cosmelli-Avakumovic (l) senza una pronta ripresa, si rischia di dare al Re Alessandro la riprova definitiva di una ostilità insuperabile che potrebbe deciderlo definitivamente a cercare la sicurezza del suo Regno in altro raggruppamento politico.

(l) Non si pubblica un appunto di Alolsl del 2 febbraio sul colloquio con il segretario generale agli esteri turco, In quanto i suoi temi essenziali sono qui riassunti.

655

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 505/17 R. Atene, 3 febbraio 1934, ore 19,15 (per. ore 22,40).

Tsaldaris, dopo avermi fatto dichiarazioni oggetto del mio telegramma

n. 16 (2), mi ha espresso suo vivo rammarico nell'aver constatato esistenza malintesi circa visita Maximos a Roma (3) dei quali si è fatta eco stampa italiana (4).

Gli ho risposto che dichiarazioni nostra stampa erano intese soltanto a mettere in chiaro inesattezze notizie pubblicate da stampa greca circa tutte le [simpatie] che S.E. Maximos avrebbe trovato a Roma.

Egli mi ha dichiarato essere pronto mostrarmi telegrammi e rapporti Maximos dai quali risulta che egli «in buona fede completa » era convinto che

R. Governo avesse approvata conclusione patto balcanico in seguito delucidazioni da parte sua fornite su sue cause e finalità.

Ma se in merito esistesse equivoco, egli desiderava che, dati i rapporti profonda amicizia che sono sempre esistiti e che esistono sull'argomento fra Grecia e Italia, venisse al più presto chiarito.

Grecia non ha inteso con patto balcanico che salvaguardare sua integrità territoriale da ogni velleità.

A tale uopo essa desiderava vivamente fare accordo con Bulgaria e per tale ragione erano state riprese con essa note trattative affinchè, quando si fosse dovuto concludere patto balcanico, da tempo ventilato, nessuna difficoltà fosse potuta sorgere per accessione Bulgaria.

Venuto tuttavia a conoscenza possibile rapida intesa Bulgaria-Jugoslavia, che avrebbe rappresentato massimo pericolo per Grecia, credette opportuno attivare trattative per patto balcanico da tempo in corso, anche se in un primo tempo esso avesse dovuto sboccare con solo accordo a quattro, per evitare che accordo bulgaro-jugoslavo potesse consolidarsi e avere seguito.

Prima di addivenire tale accordo, dato legame esistente fra Italia-Grecia, egli aveva disposto che Maximos venisse a Roma per illuminare S. E. il Capo del Governo circa ragioni e finalità tale patto e per confermare che tale accordo, fatto per salvaguardare Grecia da più gravi pericoli, non spostava direttiva politica seguita sino ad ora da suo paese in pieno accordo con Turchia, e non attenuava affatto amicizia con Italia che restava, con quella turca, caposaldo politica estera greca.

Nel timore che Maximos non avesse perfettamente fatto conoscere Roma ragioni precise patto e sentimenti della Grecia verso Italia, egli mi pregava comunicare R. Governo tali sue dichiarazioni nella fiducia che esse servissero a chiarire ogni equivoco e far conoscere esatta portata patto balcanico.

Egli mi aggiunse di avere altresì telegrafato ministro di Grecia Roma affinchè [fa·cesse] eguali dichiarazioni R. Governo e si impiegasse a chiarire attitudine greca.

Per quanto fosse stato preferibile che tali spiegazioni fossero state date avanti e non soltanto quando si sono un poco ovunque manifestati dubbi e timori su patto balcanico, sua portata regionale, sue finalità, ho assicurato Tsaldaris che non avrei mancato far conoscere a R. Governo quanto mi aveva comunicato, aggiungendogli però che, ad onta sue buone intenzioni, patto balcanico a quattro avrebbe reso più difficile situazione politica balcanica e trascinato molto probabilmente Grecia lontana direttive politiche estere sino ad ora seguite e in base alle quali essa aveva sempre goduto perfetta sicurezza.

S. E. Tsaldaris mi ha dichiarato che finchè egli fosse restato potere, garantiva che direttive politiche greche non sarebbero state mutate, che Grecia non

51 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

avrebbe gravitato verso altre costellazioni politiche e che avrebbe fatto possibile per eliminare ogni dissenso con Bulgaria, purché essa non insistesse con rivendicazioni territoriali che non erano neppure da porsi in discussione.

(l) -Cfr. nn. 452 e 465. (2) -Con !l t. 494/16 R. pari data, non pubblicato, de Rossi aveva comunicato avergli assicurato Tsaldaris che l'Albania non avrebbe partecipato al Patto Balcanico. (3) -Cfr. n. 556. (4) -Con t. per corriere 519/06 R., pari data, Cora comunicava: «Opportuno commento comparso sul Giornale d'Italia a proposito delle note dichiarazioni del signor Maximos e dell'atteggiamento dell'Italia nei riguardi del Patto balcanico ha prodotto qua la migliore impressione e rasserenato ambienti politici e giornalistici».
656

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, SILIMBANI

T. 215/4 R. Roma, 3 febbraio 1934, ore 24.

Faccia sapere in forma discreta promotori movimento Heimwehren tirolesi che capo Governo ha avuto buona impressione da loro iniziativa che tende a dimostrare popolazione austriaca averne abbastanza di terrorismo nazi e di essere disposta reazione in tutti modi anche in forma violenta (1).

657

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 561/014 R. Vienna, 3 febbraio 1934 (per. il 7 ).

Ho chiesto al cancelliere se poteva darmi qualche notizia sullo schema di riforma costituzionale, che egli aveva dichiarato nel suo discorso di ieri essere stato discusso in seno al consiglio dei ministri di giovedì notte.

Cancelliere mi ha risposto aver nominato un comitato ministeriale con inca-· rico di esaminare detto progetto e di riferirgliene poscia con definitive proposte. Circa il contenuto del progetto poteva dirmi che in esso non era neppure menzionata la parola «parlamento», che il sistema corporativo avrebbe avuto la più larga applicazione anche per la composizione delle diete provinciali, e che Vienna avrebbe cessato d'essere un land, restando incorporata al land della bassa Austria. Altro non poteva dirmi, il tutto essendo subordinato all'esame ed alle definitive proposte del suindicato comitato ministeriale (2).

658

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 08 (3). Belgrado, 3 febbraio 1934.

Ieri mattina mi sono incontrato con questo ministro di Inghilterra. Questi, richiamatosi al nostro colloquio del 2 di'cembre mi ha dato lettura (secondo

«Prego dire al cancelliere Dollfuss da parte mia che una sollecita elaborazione ed applicazione della riforma costituzionale appare ad un esame del fatti più che mai necessaria nella presente situazione~

mia impressione non completa) di un rapporto diretto al Foreign Office. lvi sir Neville dice di avere nuovamente parlato dell'incidente di Zagabria con Purich e, saputo da lui che io mi ero espresso nel senso che attendevamo nuovi elementi da parte jugoslava per approfondire le indagini già iniziate, gli ha chiesto se tali elementi mi erano stati rimessi. Purich ha risposto che fra pochi giorni avrebbe avuto luogo il pubblico processo contro l'Oreb e gli altri arrestati. Non si voleva turbare ed intralciare menomamente il corso della giustizia col comunicare in antecedenza al Governo Italiano gli elementi di accusa che si avevano contro gli attentatori alla vita del Sovrano. Ad obiezione di Sir Neville che conveniva togliere di mezzo tale incidente e dare modo al Governo Italiano di colpire eventuali ospiti non desiderati, Purich ha risposto (riferisco testualmente quanto mi ha letto il mio collega inglese) che si erano chieste da tempo delle misure contro il fuoruscito Brkan a Zara e nulla era stato fatto. Si temeva perciò che uguale cosa avvenisse ora. Gli ha anche detto che tutta la stampa italiana era divenuta, specie negli ultimi giorni .insieme alle stazioni radio italiane, un suppplemento della stampa rivoluzionaria croata. Ciò indi:cava senza equivoco al Governo jugoslavo quale giudizio si facesse della situazione interna jugoslava e quali tendenze prevalessero ostili a Belgrado.

Sir Neville ha aggiunto al Fore.ign Office temere una grande eccitazione della opinione pubblica jugoslava quando i dettagli dell'incidente di Zagabria fossero noti, ma sperare tuttavia ancora che il Governo jugoslavo evitasse la pubblicità di tale procedimento.

Ho ascoltato in silenzio la lettura di Sir Neville. Poi ho esclamato indignato che questo procedere del Governo jugoslavo era pieno di slealtà. Si facevano allusioni offensive, si davano dettagli incompleti a me, si riempivano le Legazioni straniere di pettegolezzi. E quando, dopo avere comunicato la chiara nostra intenzione di provveder·e ma in base ad indicazioni che solo il Governo Jugoslavo diceva di possedere, allora ci si trincerava in un grande silenzio verso la Legazione e si usavano con gli altri Ministri stranieri le espressioni gesuitiche e tendenziose di Purich. Quanto al Brkan era cosa alla quale la Legazione di Belgrado era estranea. Ricordavo vagamente che una qualche richiesta era venuta da molti mesi dalla Legazione di Jugoslavia a Roma. Non sapevo poi che fosse avv.enuto.

Le intenzioni scandalistiche del Governo jugoslavo a me sembravano invece evidenti, come chiarissime le finalità che voleva perseguire, non dando a noi alcun elemento sicuro, e minacciando invece attraverso un, sì pubblico ma del tutto incontrollabile procedimento, di sollevare la pubblica opinione contro l'Italia. E per la stampa, che il Governo jugoslavo domandasse alla Francia alleata informazioni sull'attività di Pribicevich e sui suoi rapporti con la Commissione di Po:Jitica Estera del Parlamento francese.

Nel pomeriggio di ieri è v·enuto a vedermi Ducich che mi ha annunciato la

sua partenza per Roma per stasera. Mi ha detto che non aveva alcun incarico,

nè di protestare, nè di richiedere alcunchè, nè di presentare documenti, nè di

domandare neanche l'allontanamento dei capi croati da Roma. Avrebbe visto

S. E. Mussolini e si sarebbe espresso con il Capo del Governo senza passione e senza animosità. Egli voleva restare quanto possibile estraneo a tale faccenda della quale non era del resto che imprecisamente informato. La Giustizia vedrebbe prossimamente chiaro nell'accaduto e giudicherebbe. Non gli sembrava nemmeno necessario dare a noi dettagli maggiori di quelli che già Jeftich mi aveva dato 1'11 gennaio (1), poiché di altre precisioni non era bisogno, spettando al Governo Italiano fare quello che credeva e voleva. Certo eravamo ad un punto che avrebbe definitivamente indicato al Governo Jugoslavo se si voleva o no stabilire con la Jugoslavia una reale situazione di amicizia od almeno di buon vicinato.

Ho replicato a Ducich presso a poco come poche ore prima a Sir Neville aggiungendo che il Governo Jugoslavo errava se credeva utile aizzare l'opinione pubblica contro di noi adoperando mezzi che mi astenevo dal qualificare. Ho poi concluso che io pregavo di cessare tale argomento, con punti di vista ed espressioni nelle quali non lo potevo seguire (2). Solo perché consideravo la sua visita fattami a titolo di amichevole collegialità ed eravamo nel mio studio privato, dove soprattutto abbondano i libri della grande poesia che egli ama ed è il mio più grande conforto, lo avevo lasciato discorrere quasi senza interruzione, ma era meglio parlare d'altro.

(l) -Preziosi aveva riferito con telespr. 421/231 del 1° febbraio che, in seguito all'assassinio di una guardia doganale, la direzione provinciale tirolese del movimento heimwehrista aveva proclamato la necessità dell'autodifesa e aveva dato vita ad un'imponente manifestazione. (2) -In riferimento al presente telegramma Suvich inviò il 12 febbraio con t. per corriere 252 R. le seguenti istruzioni:

(3) Non inserito nei registri dei telegrammi in arrivo.

659

IL MAGGIORE RENZETTI, AL CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE DEL CAPO DEL GOVERNO, CHIAVOLINI

L. P. Berlino, 3 febbraio 1934.

Oggi ho incontrato Hitler con il quale mi sono lungamente intrattenuto.

Il Cancelliere mi ha fatto le seguenti dichiarazioni:

Sono profondamente grato a Mussolini per le proposte pratiche, concrete, basate sulla realtà dei fatti e delle situazioni, fatte per la questione del disarmo. Io mi opporrò alla tendenza francese di bagatellizzarle ed ho dato le necessarie istruzioni al Ministero degli Esteri e alla stampa in tal senso.

Mussolini ha visto chiaro nella questione. È impossibile ammettere che le nazioni vincitrici possano distruggere del materiale da guerra importante ed efficiente. Quale governo in Francia potrebbe compiere una impresa simile? L'Inghilterra V1llole prorogare la risoluzione di una questione matura alle calende g'reche: vuole il disarmo aereo in quanto si sa che le flotte aeree sono mobilitabili in un'ora. Io non posso accettare il punto di vista inglese mentre invece appoggerò con tutte le mie forze il progetto italiano, del quale, lo ripeto, sono vivamente grato a Mussolini.

Sono profondamente dolente della piega presa dagli avvenimenti austriaci: ne sono più dolente in quanto sono io quello che da tanti anni ha sostenuto la necessità di un accordo italo-tedesco, contro la opinione di coloro che attualmente fanno gli amici dell'Italia senza esserlo: contro coloro i quali domani si rivolgerebbero contro l'Italia per richiedergli l'Alto Adige che per mio conto è

definitivamente e assolutamente italiano oggi, qualora l'Italia si trovasse in

imbarazzo.

Io sono pronto ad addivenire ad un accordo con l'Italia per la questione

dell'Anschluss che io per ora non desidero af.fatto. L'Anschluss del resto si

potrà fare solo con l'assenso delle altre potenze europee. Ma io sarei pronto ad

addivenire ad un gentleman argreement per prorogare la questione di vari

anni.

È mio vivissimo desiderio di incontrare Mussolini, non già tra feste e pranzi

che impedirebbero forse un colloquio tranquillo (Hitler è prolisso e quindi il

colloquio dovrebbe essere molto lungo), ma ad esempio in una città dell'Italia

settentrionale raggiungibile con l'aeroplano. Io sono sicuro che un colloquio

del genere permetterebbe di risolvere una volta per sempre le questioni pen

denti tra l'Italia e la Germania: che io convincerei il Duce della sincerità e

della buona volontà che mi anima.

La Germania vede con piacere ·Che l'Italia si sviluppi nel Mediterraneo: dirò di più ha tutto l'interesse che l'Italia vi si rafforzi. L'Italia d'altra parte non ha interesse a espandersi al di qua delle Alpi.

Ho conc}uso il noto accordo con la Polonia per stabilire buone relazioni con

la nazione che mi serve da cuscinetto verso la Russia. Certo vi è da risolvere

la questione del corridoio dove Puricelli vuole -cosa che io vedo con piacere

costruire una strada un corridoio nel corridoio; sono certo però che in seguito

vi si arriverà poichè io non nego affatto alla Polonia uno sbo·cco sul mare.

Tra due o tre anni, la Germania sarà una nazione capace di stringere alleanze. I centomila soldati della Reichwehr, con gli altri centomila che hanno lasciato il servizio, costituiscono una potente, istruitissima, saldissima inquadratura delle immense riserve di uomini tedeschi. L'Europa non potrà più ignorare una nazione di 67 milioni di abitanti, la cui popolazione si accresce ogni anno.

L'Austria espelle gli elementi tedeschi nazi; ma io posso espellere i duecentomila austriaci che qui vivono e ciò significherebbe una catastrofe per l'Austria stessa.

Alla mia domanda se la Germania intendeva ricorrere alla fissazione di contingentamenti delle importazioni, Hitler ha risposto che ciò dipenderà dall'andamento del bilancio delle divise. È logico, ha soggiunto, che il provvedimento colpirebbe quelle nazioni che hanno una bilancia commerciale attiva verso la Germaia. Io non posso ad esempio trattare alla stessa stregua l'Olanda e la Svizzera ed America ed Inghilterra. Ho dichiarato ciò poche ore fa all'ambasciatore inglese.

Io spero tuttavia che Schacht riesca a risolvere pacificamente il problema.

Avendo prospettato ad Hitler la possibilità di un accordo italo-tedesco per un incremento, con il sussidio dei rispettivi Stati, degli scambi, incremento che a mio giudizio potrebbe non solo servire a dare vita ai commerci, a fornire la base di un inizio di ripresa, ma altresì a fornire un salutare e pratico esempio di lavoro produttivo agli altri Stati, egli mi ha risposto di essere in principio favorevolissimo ad ognuna di tali iniziative e che esaminerà con particola!re cura quelle proposte che gli venissero fatte al riguardo.

Durante la conversazione io non ho pronunziato alcun giudizio; mi sono limitato solo a fare delle domande.

(l) -Cfr. nn. 544 e 551. (2) -Ad un certo momento Ducich ha detto: «Sapevo che vi erano le violette di Parma, non sapevo ancora che vi erano anche le bombe di Parma». Al che ho risposto: «C'è anche la Certosa di Parma che è la più bella costruzione fantastica che mente di immaginoso romanziere abbia scritto». [Nota del documento]
660

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 218/16 R. Roma, 4 febbraio 1934, ore 22.

È stato telegrafico console generale Innsbruck quanto segue: (come da telegramma n. 4 al R. consolato Gene·rale in Innsbruck) (1).

Ne dia comunicazione cancelliere facendogli sapere che se movimento fosse esteso tutta Austria rappresenterebbe a mio modo vedere principio definitivo assanamento situazione. Sembrami ad ogni modo che Governo ha tutto interesse prevenire e prendere in mano tale movimento perchè situazione non sfugga suo controllo.

661

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 512/18 R. Varsavia, 5 febbraio 1934, ore 0,30 (per. ore 4).

Telegramma di V. E. n. 204 C (2).

Ho avuto in questo pomeriggio una lunga conversazione con Beck per chiarire principali caratteristiche nostro memoriale sul disarmo, principalmente in confronto di quello inglese.

Beck mi ha detto che, pur non avendo completato studio del documento, trova idee di V. E. più realistiche e più pratrche di quelle inglesi che complicano questioni e divergono dallo scopo. Pertanto convenzione proposta da V. E. collima con idee Governo polacco.

Si è riservato comunicarmi al più presto, dopo averne discusso con Pilsudsky,

precisa opinione della Polonia ripetendo che primo [esame] del documento da

lui fatto è favorevole.

Egli ritiene che portare questione dinanzi una riunione ristretta di Potenze

presenti grandi vantaggi, ma anche quarche difficoltà soprattutto per il fatto

che nessuno vorrà farsi escludere, tutti ritenendosi egualmente interessati.

Ho risposto mi pareva facile identificare in questo caso quali fossero i maggiori interessati e poichè ho veduto affiorare in tutta la conversazione solito equivoco che Polonia possa essere esclusa da riunione progettata, riterrei utile, anche a vincere possibili riserve, una pronta assicurazione da parte nostra (3).

Anche premessa che Germania ritorni a Ginevra, è sembrata a Beck utile

sotto ogni riguardo specie nei confronti degli altri Stati che non partecipe

rebbero alla riunione ristretta, ma egli ritiene che Germania non abbia inten

zione rientrare alla S.d.N. e preferisca ai sistemi societa.ri un metodo differente di cui patto con Polonia sarebbe inizio.

Beck ringrazia V. E. per i chiarimenti che ha voluto fargli avere a mio mezzo dichiarandosi parttcolarmente sensibile a questa attenzione ed assicura che esame nostro memoriale verrà compruto con spirito di cordiale simpatia.

Stasera ho passato ai giornali di Varsavia un breve riassunto dei memoriale nel quale ho messo in rilievo i concetti informativi e le proposte italiane astenendomi qualunque riferimento memoriale inglese.

(l) -Cfr. n. 656. (2) -Cfr. n. 651. (3) -Cfr. n. 667.
662

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 5 febbraio 1934.

L'Ambasciatore di Francia è venuto a parlarmi ancora della questione dell'Austria che preoccupa oltremodo il proprio Governo. Egli ritiene che sia necessario metterei d'accordo fra noi per un'azione comune anche in vista del ricorso dell'Austria alle Società delle Nazioni perchè altrimenti si darà alla Germania l'impressione della nostra divisione e tanto più forte sarà la sua pressione sull' Alliltria.

Rispondo all'Ambasciatore che dalle ultime notizie avute da Vienna pare che l'Austria intenda, prima di ricorrere alla Società delle Nazioni, fare un passo presso le tre grandi Potenze Francia, Italia, Inghilterra, mettendo a loro disposizione la documentazione relativa agli interventi germanici in Austria, perchè le dette Potenze possano avere uno scambio di vedute tra loro. Attendiamo quindi tale documentazione per esaminarla e stabilire il da farsi.

L'Ambas·ciatore sa già che noi siamo contrari al passo presso la Società delle Nazioni per le ragioni già più volte espostegli. Siamo del pari contrari ad un'azione collettiva che darebbe ai Nazi il pretesto di dire che Dollfuss ha tradito il germanesimo vendendosi a una coalizione anti tedesca. È evidente invece l'utilità che l'azione da fare sia concertata per non prendere delle iniziative diverse che porterebbero un grande disorientamento nell'azione per l'Austria (l) .

663

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI POLONIA A ROMA, WYSOCKI

APPUNTO. Roma, 5 febbraio 1934.

L'Ambasciatore di Polonia ha incarico dal suo Ministro di farci sapere che nelle discussioni fra Germania e Polonia che hanno portato al noto a~ordo

non si è trattato nessun altro argomento all'infuori di quelli che interessano direttamente i rapporti fra i due Stati. In particolare può dirci che non si è trattata la questione dell'Austria nel quale riguardo quindi la Polonia ha le mani completamente libere. Così non è stato parlato neanche della Russia. Le stesse dichiarazioni che è stato incaricato di fare a noi sono state fatte all'Ambasciatore di Francia Laroche.

Chiedo all'Ambasciatore se egli ritiene che l'a'Ccordo tedesco-polacco abbia veramente eliminato la questione del Corridoio, almeno -aggiungo -per i dieci anni della Convenzione.

L'Ambasciatore mi risponde che una garanzia per dieci anni sarebbe già molto, egli considera però che l'accordo abbia portato una détente molto opportuna e che per qualche anno si possa contare per la pace in quel settore.

Richiamo l'attenzione dell'Ambasciatore sull'atteggiamento poco simpati·co che la stampa polacca ha avuto in tale occasione nei nostri riguardi; non si sa per quale motivo la stampa polacca ha creduto di dover commentare il patto come un successo contro una qualche tesi italiana (1), mentre all'Ambasciatore è noto che il Capo del Governo si è sempre preoccupato della questione del Corridoio nell'interesse del mantenimento della pace in Europa, e quindi ogni accordo che possa contribuire a risolvere in via pacifica tale questione non può essere veduto da noi che con favore.

L'Ambasciatore mi risponde che non bisogna dar troppa importanza a tale atteggiamento della stampa. La spiegazione, secondo lui, sarebbe la seguente: in Polonia erano persuasi che l'accordo sarebbe stato considerato uno dei più grandi avvenimenti mondiali e come tale commentato dalla stampa di tutti i Paesi; avendo rilevato il modesto interesse che la cosa ha suscitato in Italia si è venuto alla conclusione che l'Italia non fosse rimasta soddisfatta da tale a·ccordo.

Osservo all'Ambasciatore che l'Italia ha dato a questo accordo tutto il peso che meritava con un giusto senso di proporzione.

<<Questo Ministro di Germania fa da tre settimane la spola fra Berlino e Varsavia. li Ministro polacco a Be·rlino è quì giunto la settimana scorsa per ave~e un colloquio con Pilsudski e rientrando a Berlino è stato ricevuto da Hitler. A che cosa preluda questa attività, non si riesce per il momento a stabilire, essa indica però che fra Germania e Polonia sono in corso conversazioni importanti e fOTse non sarebbe fuor di luogo pensare che esse tendano ad una notevole chiarificazione politica, chiarificazione che, come ho già riferito, sarebbe utile •in maniera quasi uguale alle due parti. Da parecchi gimni hanno cessato di apparire nel giornaliallusioni di carattere malevolo alla Germania. La stampa polacca, ha preferito invece, seguendo una evidente parola d'ordine, di mettersi ad esaminare con grande ardore il problema dell'Anschluss, pe.r rilevare in coro che l'Austria farebbe bene a diffidare dell'Italia e sottolineando particolarmente che Italia e Francia in questo problema sono unite contro la Germania. Il tono delle pubblicazioni talune delle quali non prive di attacchi all'Italia spedite con rapporto a parte, tende possibilmente ad agire sulla Germania, in senso positivo ed in senso negativo, mostrando che Varsavia attacca piuttosto gli avversari dell'Anschluss che i suoi fautori. Va anche rilevato che quì, durante la vista di S. E. Suvich, qualche giorno prima e qualche giorno dopo, si è fatta una vera e propria campagna allarmistica sulla situazione austriaca, sia a mezzo di «sentito dire» ripetuti volentieri anche da funzionari del Ministero degli Esteri. Il desiderio di fare un piacere a Berlino a spese degli altri e di seminare zizzanie in tale questione è abbastanza chiaro e pur non essendo sicuro che ciò possa bastare per dare a Berlino ogni tranquillità in merito, va nondimeno considerato come un sintomo che collegato con l fatti a cui ho accennato sopra denoterebbe un certo sviluppo nei rapporti polacco-tedeschi.

Beck è rientrato tre giorni fa da Ginevra ed ho potuto vederlo ieri accompagnando da lui il Senatore Puricelll. Egli si è limitato a dirmi che ha avuto con Aloisl a Ginevra delle conversazioni molto interessanti».

(l) Il presente appunto fu comunicato a Berlino, Londra e Parigi con telespr. 205867 del 19 febbraio.

(l) Si pubblica qui il seguente brano del telespr. r. 199/95 inviato da Bastianini il 26 gennaio'

664

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. cxx. Vienna, 5 febbraio 1934.

L'azione in Tirolo si svolge bene: buono e rispondente alle direttive fissate, il discorso tenuto da Starhemberg ad Innsbruck: lotta contro i sabotatori del programma di Dollfuss, tranquillizzazione dei cristiano sociali i quali si sono quindi decisi a pubbUcare un comunicato che in sostanza valorizza l'azione delle Heimwehren e li impegna con esse, sviluppo della tesi che il rafforzamento del nazional-socialismo è in funzione inversa del rinnovamento dell'Austria. È seguita la nomina di un consiglio di governo per appoggiare l'azione autoritaria del capitano provinciale ed attendo Starhemberg per sapere quale valore si debba accordare a tale Consiglio: presumibilmente è questa la sede in cui continuerà a svolgersi più o meno coperta la lotta per la prevalenza: in ogni modo il programma dollfussiano di restaurazione al di fuori ed al di sopra dei partiti, preso a denominatore comune, assicura un passo avanti e favorisce gli ulteriori sviluppi delle Heimwehren.

Naturalmente al successo conseguito ha contribuito l'appoggio di Dollfuss che è perfettamente d'accordo con Starhemberg sulla necessità di interessare direttamente la popolazione alla reazione antinazista ed all'opera del governo. Ciò serve a Dollfuss tanto sul terreno della politica interna, poiché gli consente di alleggerire o sbarazzarsi della pressione degli amici politici che finora hanno ostacolato i suoi progetti, tanto sul terreno della politica estera. Dollfuss ha infatti comunicato a Starhemberg che alle preoccupazioni di rappresentanti diplomatici stranieri circa lo sviluppo eventuale dell'azione tirolese, avrebbe risposto esser per lui necessario che ,la Germania veda che la sua azione non è la conseguenza di una politi,ca di gabinetto, ma l'espressione della volontà di vasti circoli della popolazione. Nel darmi notizia di tutto ciò, sabato scorso, Starhembèrg mi ha comunicato che non solo la mobilitazione delle Heimwehren tirolesi finisce coll'esser pagata dal governo, perché tutto va a finire nel calderone dello « Schutzkorp » ma che Dollfuss si è anche deciso a versargli un aiuto di quarantamila scellini. Il cancelliere ha dato notizia a Starhemberg anche di un passo fatto dal ministro di Francia a Vienna per ottenere che i socialisti siano risparmiati (l): Starhemberg ha reagito con energia facendo notare a Dollfuss che se egli ammette simili inframmettenze francesi (le quali in definitiva costringono l'Austria a quella politica di oscillazioni che favorisce i nazi), non ha più ragione di protestare contro le inframmettenze germaniche. Avendo fatto notare a Starhemberg che qualche indizio ancora vago potrebbe far pensare che la social-democrazia austriaca, allettata da chissà quali promesse o speranze voglia concludere una qualche alleanza antigovernativa coi nazi (l'articolo di fondo di sabato scorso dell'Arbeiter Zeitung contiene dei passi che possono convalidare

tale supposizione) Starhemberg mi ha riferito quanto appresso: DoHfuss dando notizia al ministro di Germania a Vienna Rieth della sua intenzione di procedere anche contro la socialdemocrazia ha commentato che ciò non avrebbe dovuto far dispiacere al governo di Berlino; al che il ministro ha risposto: «non è detto>>. Tale battuta ha fatto nascere in Dollfuss sospetti analoghi a quelli sopra riferiti. Acquista quindi maggiore significato il fatto che un comunicato ufficiale oggi comparso per dar notizia di tentativi di dimostrazione nazista a Vienna informa che nel1a rete, coi nazi, sono stati trovati anche quattro membri dell'associazione giovanile socialista.

Ed ancora: la notizia del temporaneo arresto del figlio e del genero di Rintelen è stata data da Dollfuss a Starhemberg contemporaneamente all'apprezzamento che di Rintelen la Cancelleria federale comincia ad averne abbastanza. Ho fatto notare a Starhemberg che un'azione contro Rintelen potrebbe andare fino in fondo solo dopo che il Cancelliere si fosse preoccupato, nominando per esempio un commissario governativo a Graz, di sottrarre la Stiria agli intrighi dei partiti. Solo, cioè, dopo avere creato le premesse per una esautorazione del Rintelen in !stria, si sarebbe potuto pensare ad allontanarlo da Roma.

Nei riguardi della politica generale interna dell'Austria il piano di Starhemberg (conversazione di sabato scorso) è il seguente: appoggiare Dollfuss al 110 per cento, come si è fatto in Tirolo, e preparare azioni di richiesta analoghe a quelle tirolesi anche in altri Laender: Starhemberg ha già dato istruzioni in tal senso ai capi provinciali delle Heimwehren dell'Alta Austria, della Stiria e della Carinzia. La mobilitazione sul tipo di quella tirolese va evitata per evitare spese; è sperabile che l'esempio del Tirolo possa, del resto, renderla superflua. Questa prima azione dov·rebbe consentire alle Heimwehren di guadagnar una più diretta influenza sui governi dei Laender, in guisa chè una eventuale seconda fase resterebbe senz'altro favorita. Fey, a quanto mi ha comunicato lo Starhemberg, è d'accordo. Il Cancelliere ha riconosciuto a Starhemberg la funzione di enunziatore delle richieste estreme. Chi sia stata la mosca cocchiera e chi l'auriga potremo dirlo soltanto appresso e per il risultato finale poco conta. Starhemberg è sincero quando afferma di non avere ambizioni ma di volere anche evitare che il Cancelliere sfrutti la sua sincerità. E quanto al risultato si può, per il momento almeno, sperare che sia buono: si tratta di un piano che pare troppo aderente ai sistemi austriaci (tanti applausi di gente portata in teatro dal comune antinazismo, ma che in realtà mirano a scopi diversi, sanno anche d'operetta) per non dovere sperare nel buon esito.

(l) Preziosi riferì con t. 550/58 R. del 6 febbraio, non pubbJ.Icato che D01lfuss gli aveva riferito aver risposto al ministro di Francia che se le indagini della polizia per rintracciare materiale esplosivo avessero provato la responsabilità del capi socialisti viennesl, Il Governo federale avrebbe colpito senza riguardi e secondo Il proprio indipendente giudizio.

665

IL MAGGIORE RENZETTI AL CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE DEL CAPO DEL GOVERNO, CHIAVOLINI

L. P. Berlino, 5 febbraio 1934.

Ho fatto oggi colazione con Goering. Dopo aver parlato di argomenti di politica interna <Goering vuol diventare Ministro della sicurezza nazionale

l dissensi nel campo protestante sono sempre vivi), egli mi ha d1chiarato di essere dolentissimo della piega presa dagli avvenimenti austriaci in quanto viene ad essere compromessa la sua azione tesa a far stringere cordiali rapporti fra l'Italia e la Germania. Ha aggiunto che i nazi austr1aci non possono più tenersi: che vorrebbero fare una insurrezione, che egli eventualmente sarebbe pronto a venire in Italia per definire la questione: che da parte tedesca si farebbe di tutto per accontentare l'Italia e che si cerca intanto di calmare gli spiriti in Austria.

Ho risposto a Goering che io ignoravo i termini della questione austrLaca e che quindi io non potevo che ripetergli quanto gli avevo detto altre volte e cioè che mentre l'Italia aiutava la Germania in ogni occasione, questa non voleva e non vuole rendersi conto delle necessità italiane: che la Germania doveva allontanare la pressione verso l'Austria per occuparsi delle tante altre questioni pendenti che non sono lievi: che non solo l'Italia ma altre nazioni in Europa non vogliono l'Anschluss e che quindi è inutile battere la testa contro il muro ecc. ecc.

Purtroppo non credo che tali argomentazioni, la cui fondatezza è pure riconosciuta, servano a far desistere i tedeschi dalla loro attitudine: il fanatismo di alcuni nazi fa della questione stessa un problema di prestigio interno.

666

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 551/57 R. Vienna, 6 febbraio 1934, ore 20

(per.

ore

24).

Mio teleg,ramma n. 55 (1).

Ho chiesto al cancelliere un'interpretazione autentica del comunicato di iersera noiliChé d'un passaggio di un articolo dell'odierno giornale uff1tciale, il quale asserisce che la S.d.N. verrà in ogni caso interessata al conflitto austrotedesco.

Mi ha risposto che non aveva letto questo articolo; ma che poteva dichiararmi che il consiglio dei ministri nell'« autorizzare il cancelilere a compiere i passi che gli sembrino necessari ed opportuni per adire Ginevra » ha voluto !asciargli «un margine d'azione» e fare in modo che il Governo italiano, giusta la suggestione che S. E. Suvich avrebbe fatto a codesto ministro d'Austria, possa avere il tempo di procedere ad uno scambio di vedute con Parigi e Londra sulla base del noto dossier (2).

Ha aggiunto che la coincidenza della sua imminente visita a Budapest gli dà intanto l'opportunità di far dire che l'azione del Governo federale nei riguardi del conflitto austro-tedesco potrà iniziarsi dopo il suo ritorno.

Circa linguaggio stampa segnalo che giornale ufficiale e Reichspost riferendosi a notizie lanciate da Berlino e secondo cui Governo austriaco comincerebbe a tentennare nei riguardi sua azione a Ginevra rilevano ciò essere infondato, gia·cché Governo federale ha soltanto bisogno di quarche giorno per approntare rapidamente materiale documentazione.

Cancelliere ha poi insistito sulla necessità che su menzionato scambio d'idee fra le grandi potenze abbia luogo il più presto possibile.

(l) -T. 535/55 R. del 5 febbraio, non pubblicato. (2) -Come risulta da un appunto su carta del gabinetto, Prez:osl aveva telefonato il 3 febbraio che Il consiglio del ministri, rinviato a lunedì, avrebbe esaminato una documentazione da trasmettere al Governi di Roma, Londra e Parigi.
667

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI

T. 233/18 R. Roma, 7 febbraio 1934, ore 4,15.

Telegramma di V. E. n. 18 (1).

V. E. può senza impegnarsi dichiarare che ritiene sia nelle intenzioni di Roma qualora effettivamente si tenga una riunione ristretta grandi Potenze per l'esame della questione del disarmo di richiedere che anche la Polonia venga chiamata a farne parte.

Sarà bene però che V. E. aggiunga che quanto è detto nell'ultima parte del memorandum è piuttosto un suggerimento di pro·cedura che una vera e propria proposta. Lo stato delle conversazioni relative al disarmo non è ancora tale da far ritenere una simile riunione di possibile vicina attuazione e oggi non sapremmo nemmeno precisare anche approssimativamente se e quando essa possa eventualmente aver luogo. Occorre prima raggiungere un minimo di consensi sui punti essenziali, che ancora non sembra in vista.

668

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 610/1304/08 R. Budapest, 7 febbraio 1934 (per. il 10).

Due ore prima dell'arrivo del cancelliere austriaco, ho avuto stamane una lunga conversazione con questo presidente del consiglio.

Ho cominciato con l'informarlo -a titolo personale -e giusta l'autorizzazione di cui al telegramma di V. E. n. 14 del 25 gennaio (2) -del contenuto degli appunti, relativi a1le conversazioni avute da S. E. il sottosegretario di stato a Vienna <3). che l'E. V. si è compiaciuta trasmettermi con il dispaccio

n. 1036.

Come era naturale, il presidente ne ha preso conoscenza con vivissirno, particolare interesse; il ringraziamento di cui, a esposizione ultimata, mi ha pregato rendermi interprete presso l'E. V., è stato -per la natura delle comunicazioni, per il momento in cui gli erano fatte e sopratutto per la nuova prova di fLducia datagli da V. E. -anche più caloroso del consueto.

Dopo avermi ripetuto di concordare in tutto e pienamente con i rilievi fatti e i principi riaffermati dall'an. Suvich e rilevato con compiacimento come in vari punti questi coincidessero con il pensiero da lui manifestato tempo addietro all'E. V., il presidente si è soffermato a parlarmi della posizione di Dollfuss, che egli ha affermato considerare, in sostanza, indebolita e preOC'Cupante per gli interessi ungheresi e ita!liani.

«Vi confido -mi ha detto -a titolo personale, un giudizio sintomat1co, testé espresso al nostro addetto militare a Parigi dal suo collega austriaco e mio vecchio ami-co, colonnello Rendulich, persona intelligente e seria: la situazione in Austria non è più tenibile, metà dell'esercito federale è nazista ~. A confortare la sua seconda asserzione, il generale Gombos ha addotto risultargli da seria fonte che del prestito interno austria-co ben 130 milioni sarebbero stati praticamente coperti dalla Francia e dalla Cecoslovacchia, a condizione che « i negoziati con Budapest fossero condotti soltanto pro forma, che l'Austria non entrasse nella divisata combinazione a tre, e che nessuna decisa misura fosse presa contro gli austro-marxisti ~.

Il presidente ha aggiunto essere pur.e di avviso che il recente viaggio di Buresch a Praga avesse lo scopo di «controbilanciare~ quello odierno di Dollfuss a Budapest; che Dollfuss continuava a menare i vari cani per l'aia; ma che, a furia di tirare a campare, avrebbe assai probabilmente finito con lo scavarsi la fossa.

Ho detto allora al presidente che, anche questa volta, le notizie -recenti e autorevoli -in mio possesso erano meno pessimiste delle sue. Comunque una cosa restava certa: l'assoluto interesse ungherese ed italiano di evitare una supremazia germanica in Austria, quale che volessero esserne la forma esteriore e le modalità di attuazione.

Dato -ma non concesso -che i suoi timori potessero dimostrarsi fondati, chi avrebbe potuto, a suo avviso, sostituire utilmente Dollfuss, nell'interesse dell'Austria e nel nostro interesse comune?

Il presidente mi ha risposto: « Fey. Fey è persona seria e coraggiosa, è un uomo tutto di un pezzo. Può fare un colpo di audacia con Starhemberg; forse ci pensa già. Mi ha chiesto in gran segreto cartucce per i Mannlicher di Hirtemberg, gliene ho mandate l'altro giorno un milione e mezzo. È il vice cancelliere preposto alla sicurezza pubblica; non sono tenuto a saper.e l'uso che ne farà... Se tentasse un putsch, credo gli riuscirebbe. Una volta che egli fosse cancel'liere e Starhemberg, magari, reggente, credo potremmo stare tranquilli. Essi sono ancora in grado di fare piazza pulita. Se non sono degli uomini di Stato, non importa; il ministro d'Italia a Vienna potrebbe dare loro sempre e sistematicamente, ogni qualvolta occorresse, i consigli di Roma».

Il Generale Gombos ha concluso che, non astante tutto, avrebbe rinnovato però oggi a Dollfuss la proposta per l'unione doganale. « Se annuisse -mi ha detto -mi affretterei ad annunziarla pubb'Ucamente. Ma continuo a non crederci,, 1 ~,''t; .il(:

Il presidente mi ha chiesto infine incidentalmente se mi risultasse · che fosse intenzione di S. E. il Capo del Governo di fargli pervenire una risposta alla lettera da lui diretta all'E. S. due mesi e mezzo or sono (1).

Gli ho risposto che non ne ero informato ma che mi sembrava l'imminente visita a Budapest di S. E. il sottosegretario di Stato e la progettata nuova andata sua, di Gt:imbt:is a Roma, gli avrebbero dato, in ogni caso, i'l modo di conoscere direttamente e particolareggiatamente, su tutti gli argomenti, il pensiero e le decisioni dell'E. V.

(l) -Cfr. n. 661. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. nn. 577 e 589.
669

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN (2)

APPUNTO. Roma, 7 febbraio 1934.

L'Ambasciatore Chambrun intrattiene Ll Capo del Governo sulla que,stione dell'Austria. Gli interessi italiani e francesi in tale questione collimano. È innegabile che un ingrandimento del Reitch, 'Che la Francia ritiene già troppo potente, turberebbe profondamente l'equilibrio di Europa ed aumenterebbe le preoccupazioni dei vicini della Germania specialmente lì dove ci sono importanti minoranze tedesche.

Egli quando ha chiesto l'udienza intendeva parlare a nome del Governo di Daladier e aveva anche l'incarico di portare un messaggio da parte del Presidente del Consiglio francese al Capo del Governo ita1liano, messaggio che auspicava ad una più intensa collaborazione tra i due Paesi. Oaduto il Ministero egli può dire le stesse cose che aveva intenzione di dire prima nella •convinzione che esse rispondono alle direttive della «Francia permanente».

In Francia si è d'opinione •Che per salvare l'Austria occorra un'azione collettiva delle Potenze e particolarmente della Francia e dell'Italia che sono le due che hanno voce determinante in materia; l'Inghilterra seguirà; gli altri sono meno interessati, di modo che le idee dell'Italia e della Francia per quanto riguarda l'Austria vogliono dire le idee universali.

La Francia ha appoggiato il rLcorso dell'Austria al'la Sdcietà delle Nazioni,

sopratutto con l'idea che la Società delle Nazioni era un buon paravento per

dare una parvenza universalistica ad un eventuale accordo itala-francese in

materia.

L'Ambasciatore chiede al Capo del Governo quali sono le sue idee al riguardo

di questa ultima fase deUa questione austriaca.

Il Capo del Governo risponde che noi in principio non siamo favorevoli al

ricorso alla S.d.N. per delle ragioni di ordine pratico.

L'Ambasciatore Chambrun ha sentito queste ragioni dal Sottosegretario Suvi:ch e deve r~conoscere che alcune gli sembrano forti.

Il Capo del Governo prosegue dicendo che tuttavia una ·soluzione bisogna dare al passo iniziato rda DoUfuss. Egli pensa che potrebbe essere molto opportuno, dopo di esserci concertati tra noi, di fare una dichiarazione analoga; Inghilterra, Francia e Italia. Le parti delle tre Potenze sono un po' diverse e quindi anche la dichiarazione dovrà tener conto di tale si·tuazione. In seguito a tali dichiarazioni il ricorso alla S.d.N. potrà essere sospeso. Tuttavia se tali dichiarazioni non dessero il risultato desi:derato e la pressione tedesca continuasse, sarà sempre aperta la porta per Ddllfuss per riiCorrere alla S.d.N. In tale caso è sottinteso ·che noi lo appoggeremo. Questo per quanto riguarda l'appoggio dall'esterno, ma l'Austria si difende nella trincea di Vienna. Dollfuss che ha la possibilità di superare l'attuale crisi deve agire con la massima energia e deve seguire una linea diretta abbandonando le osciHazioni e i compromessi che hanno ·Caratterizzato finora la sua politica. Quello che è avvenuto in Tirolo, dove ora regna la calma, è un indice di quale sia la via da seguire.

L'Ambasciatore Chambrun ha seguito col massimo interesse l'esposizione del Capo del Governo e ne riferirà a Parigi. Chiede l'autorizzazione di poter dire che è nostra intenzione di <concertarci con la Francia e con l'Inghìlterra prima di fare alcun passo. Ritiene poi che sarà molto opportuno di concertarsi preventivamente anche nel caso che non avendo succ·esso il passo attuale, l'Austria fosse in definitiva indotta a ri>correre alla S.d.N.

Il Capo del Governo conferma essere sua intenzione avere uno scambio di vedute preventivo con la Francia e l'Inghilterra tanto in un caso che nell'altro.

L'Ambasciatore accenna poi a:l disarmo. Da alcune informazioni avute da Parigi ha l'impressione che il piano italiano venga preso in seria considerazione.

Il Capo del Governo non si meraviglierebbe di ciò perché il piano italiano, secondo lui, è quello che meglio salvaguarda i legittimi bisogni della Francia. È certamente migliore per la Francia de'l documento inglese che è stato redatto sotto l'influenza dello spettro di Henderson. L'Ambasciatore Chambrun prosegue di,cendo che da Parigi gli si sono chiesti chiarimenti su qualche punto del memoriale italiano.

Il signor Chambrun si riserva di parlarne a fondo col Sottosegretario.

Per ora se il Capo del Governo gli ·consente, •chiede soltanto qua·lche precisazione.

Così nella questione del controllo. A Parigi l'accenno al controllo del memoriale italiano è parso molto vago. Vorrebbe sapere se le idee italiane in merito siano modificate.

Il Capo del Governo risponde che egli ha sempre dichiarato che accetta il controllo purché reciproco. Egli accetta qualunque controllo che sia accettato da tutti gli altri. In particolare accetta il controllo permanente automatico e sul posto.

L'Ambasciatore Chambrun osserva che il suo Governo pensava che il controllo dovesse estendersi anche ad alcune materie prime atte alla fabbricazione di materiale bellico che dovrebbero essere contingentate.

Al Capo del Governo questo pare più difficile per considerazioni di ordine pratico. Tuttavia è una questione che va esaminata con criteri tecnici.

L'Ambasciatore Chambrun aveva intenzione di partire per Parigi in questi giorni; ripartirà appena sarà costituito un nuovo Governo. Chiede di potere avere prima della sua partenza un altro breve colloquio col Capo del Governo per poter sentire le ultime sue Ldee per riportarle a Parigi.

Il Capo del Governo acconsente.

(l) -Non pervenuta. (2) -Al colloquio era presente Suvich che redasse 11 presente appunto.
670

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, RINTELEN

APPUNTO. Roma, 7 febbraio 1934.

Il signor Rintelen è venuto a portarmi la documentazione ufficiale sui rapporti intercedenti negli ultimi tempi fra Germania e Austria, documentazione che corrisponde a quella trasmessaci giorni or sono in via confidenziale. Prega da parte del suo Governo nella forma più insistente perché gli sia data una risposta quanto prima possibi'le dato che ogni dilazione può indebolire la sua posizione di fronte al Reich.

Assicuro il Ministro che ce ne occupiamo immediatamente.

ALLEGATO

LA LEGAZIONE D'AUSTRIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

NOTA. Roma, 7 febbraio 1934.

Le Gouvernement Fédéral est d'avis que l'Autriche, comme membre de la Société des Nations, a non seulement le droit mais aussi l'obligation qui lui est imposée d'une manière qui ne laisse pas d'équivoques par les Traités, de défendre son indépendence contre chaque menace et de s'adresser à cet effet, dans le cas extréme, à la Société des Nations. Le Gouvernement Fédéral se voit donc forcé d'adresser aux Gouvernements d'Italie, de France et d'Angleterre avec toute l'instance la prière d'accélerer leurs échanges de vue en base de la connaissance exacte du matériel de preuve mis à leur disposition (1), de toute manière possible, étant donne que chaque retard que subirait la continuation de notre action devant la Société des Nations, annoncée au Gouvernement Allemand, porterait préjudice à notre situation vis-à-vis du Reich et dans l'intérieur. Le Gouvernement Fédéral espère donc d'obtenir en peu de jours une communication définitive en ce qui concerne le point de vue des trois Grandes Puissances sur l'ensemble de la question.

(l) La documentazione allegata alla presente nota non si pubblica.

671

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCIÉ

APPUNTO. Roma, 7 febbraio 1934.

Il Ministro Ducic è venuto a trovarmi. Mi ha parlato dell'Austria, della Francia, della democrazia e di vari altri argomenti senza alcun accenno all'attentato contro Re Alessandro, né ai rapporti itala-jugoslavi.

672

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 581/62 R. Parigi, 8 febbraio 1934, ore 19,20 (per. ore 22,30).

Ho presenti telegrammi n. 40 e quello s.n. in pari data (1). Valgono anche per questo telegramma mio le considerazioni di cui al mio telegramma n. 61 odi·erno (2), in [presenza] della nuova crisi ministeriale.

Segretario generale per gli affari esteri mi ha detto avere testo del memoriale italiano e di considerare documento un passo indietro in rapporto alle conversazioni e agli accordi intervenuti fra i nostri due paesi.

Ho espresso meraviglia per l'inattesa dichiarazione osservando che l'impressione del mio interlocutore non era neanche condivisa dalla stampa francese, la quale aveva ri,conosciuto ·che il memoriale italiano riusciva più accetto di quello britannico.

Leger ha insistito nel suo punto di vista precisando che codesto ambasciatore di Francia è stato incaricato di chiarire alcuni punti che espongo schematicamente qui di seguito:

1°) Memoriale non fa cenno delle formazioni parami'litari, mentre invece è intervenuto al riguardo un accordo fra le delegazioni italiana e francese a Ginevra;

2°) nessuna parola delle istruzioni pre-militari; 3°) nessun cenno circa contingenti e controllo della fabbricazione delle armi delle principali categorie;

4°) si accenna appena al controllo, mentre questione è stata trattata e precisata nel colloquio dell'ambasciatore Chambrun dell'8 gennaio u.s. (3). Per di più delegazione italiana Ginevra ha comunicato al comitato tecnico di Ginevra di dover proporre importanti modificazioni in fatto di controllo;

5°) infine nel trattare delle limitazioni delle spese, memoriale si riferisce soltanto agli Stati non vincolati da trattati.

SZ -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Segretario generale degli affari esteri osserva che la questione è troppo importante e di portata generale per poter ammettere che la Germania riesca sottrarsi tale obbligo.

Segretario generale affari esteri ha riassunto il suo pensiero [manifestando] rincrescimento di avere impressione che il punto di vista quale risulta dal memoriale tende ad accostarsi sempre più a quello germanico.

Ho risposto, senza entrare in merito alle domande di delucidazioni che l'ambasciatore francese era stato incaricato di formulare a Roma, si poteva osservare che il fatto che memoriale passa sotto silenzio alcune questioni non autorizzava a dedurre che su punti stessi vi fossero dissensi.

(l) -Cfr. nn. 650 e 651. (2) -T. 579/61 R., non pubblicato. (3) -Cfr. n .. 535.
673

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 615/036 R. Berlino, 8 febbraio 1934 (per. il 10).

Il presidente del Reich offri iersera consueto annuale pranzo ai capi delle missioni diplomati,che estere ed ane loro consorti.

Il maresciallo von Hindenburg apparve a tutti assai deperito e durante il pranzo, ancorché mangiasse con il consueto ottimo appetito e dimostrasse di gustare vari vini, ebbe talvolta lo sguardo stanco e vago. Dopo il banchetto, ritiratosi in una sala in cui non vi fosse fumo, il presidente del Reich tenne peraltro circolo rimanendo, quest'anno, seduto, e conversando con la consueta affabilità e non senza arguzia ed animazione con le signore ed i diplomatici che successivamente presero posto accanto a lui, cosicché fu generale l'ammirazione per questo vegliardo che è nell'ottantasettesimo anno.

Al pranzo parteciparono pure il cancelliere ed il vice-cancelliere del Reich, il ministro ed il segretario di stato agli esteri. Ebbi occasione di intrattenermi con Hitler. Egli mi parlò del pro-memoria italiano circa il disarmo dicendomi di averlo apprezzato moltissimo e di poterlo accettare integralmente, cosa che non poteva invece fare col memorandum britannico. Quest'ultimo documento infatti insisteva sul principio del disarmo delle nazioni armate, il che era un'utopia. Egli aveva constatato con molta soddisfazione come V. E., guardando in faccia alla realtà ed agendo di conseguenza, aveva proposto che gli stati armati conservassero i rispettivi armamenti. Se la Germania fosse al posto della Francia e le si chiedesse di di:struggere dei grossi cannoni o dei tanks rifiuterebbe. Non è infatti conforme alla natura umana di privarsi volontariamente di quanto si possiede o si è prodotto a caro prezzo.

Gli avvenimenti in Francia ritardavano ora non soltanto una soluzione del problema, ma anche la semplice ripresa di eventuali nuove conversazioni tra Parigi e Berlino. Hitler si asteneva dal fare pronostid. Constatava che la situazione di Daladier era stata profondamente scossa dalle cruente dimostrazioni di lunedì scorso e lo faceva con rincrescimento perché egli si era dimostrato, durante il passato suo ministero, uomo di Stato avente una retta comprensione politica e desideroso di seguire una politica d'intesa.

Parlai quindi al cancelliere della restituzione della visita fatta in Germania durante l'estate scorsa dai nostri avanguardisti, dicendogli che V. E. sarebbe stato lieto di salutare a Roma la « Hitlerjugend ». A tale proposito accennai a talune voci pervenutemi secondo le quali -non sapevo perché -si crederebbe in Germania che una simile visita non fosse gradita e smentii tale supposizione dichiarrandola priva di fondamento.

Hitler mi disse che le voci pervenutemi erano l'eco di un ordine da lui stesso impartito vietando ogni e qualsiasi iniziativa di singoli gruppi. Egli mi spiegò che era stato costretto a prendere un simile provvedimento perché tutta la « Hitlerjugend » tedesca avrebbe voluto recarsi in Italia.

Ad un'azione disordinata dei singoli gruppi doveva sostituirsi quella singola del ministero del Reich del'la propaganda la quale, agendo in armonia col « Reichsfiihrer » della gioventù hitleriana «avrebbe designato i giovani plù meritevoli includendoli nel numero di quelli ai quali sarebbe stato riservato il privilegio di recarsi in Italia per rendere omaggio a S. E. il capo del Governo e Duce del fascismo e per restituire la gradtta visita fatta in Germania dagli Avanguardisti».

Hitler si riservò di stabilire la data di tale viaggio e di ritornare meco sull'argomento.

Né il barone von Neurath né il segretario di Stato von Blilow, coi quali ebbi pure occasione di discorrere, menzionarono l'Austria. Soltanto il signor von Papen, avvicinandosi a me, mi chiese, ex-abrupto, che cosa si pensasse a Roma della decisione presa a Vienna di ri,correre eventualmente contro la Germania alla S.d.N.

Mi limitai a rispondere che il delicato problema veniva considerato dal Governo fascista con la massima attenzione e non senza una certa apprensione per le ragioni che non gli esponevo perché gli erano perfettamente note. Egli mi rispose che il problema austriaco era uno di quelli pei quali non c'era nulla da fare perché era ormai risolto.

A questo punto della conversazione fui provvidenzialmente invitato a recarmi nella sala in cui teneva circolo il presidente del Reich.

674

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI D'ALBANIA A ROMA, KODHELI

APPUNTO. Roma, 8 febbraio 1934.

Il signor Kodheli è venuto a chiedermi la nostra opinione sulla possibilità di stabilire dei migliori rapporti tra i nostri Paesi.

Si richiama alla intenzione del Re di mandare una delegazione a Roma per trattare, proposta che da noi è stata respinta, lasciando nel Sovrano una impressione che da parte nostra non ci fosse la volontà di accordarci con l'Albania.

Gli rispondo che l'impressione non è esatta. Il Governo albanese sa già da lungo tempo che noi siamo disposti a trattare, iniziando i negoziati in qualunque momento, purché sia adempiuto da parte albanese ad a'l:cune condizioni pregiudiziali. Fra queste, principale è quella della riapertura delle scuole cattoliche. Ormai è da un anno che noi ripetiamo in ogni oc·casione questo nostro punto di vista sia nei contatti a Tirana che in quelli a Roma e il Governo albanese dovrebbe essere in chiaro sull'importanza che noi diamo a'lla relazione pregiudiziale di questo punto.

Il signor Kodheli osserva che fino ad epoca recente non si aveva avuto da Tirana questa impressione della nostra intransigenza sul punto delle scuole. Egli osserva però che quanto noi richiediamo costituisce effettivamente una seria difficoltà. Il provvedimento non è stato preso contro l'Italia, tanto è vero che tocca anche molti altri paesi. ~a il Governo non può rimangiarsi queste disposizioni. Si tratta di un fatto compiuto in quanto ormai da mesi il provvedimento è entrato in esecuzione.

Gli rispondo che il Governo albanese secondo me fa male a farne una questione di prestigio. Il miglior modo di salvare il prestigio albanese è quello di fare un buon accordo con una grande Potenza come l'Italia. Noi teniamo all'abolizione d~l provvedimento perché per noi non c'è dubbio che lo stesso è stato dettato da spirito antitaliano e non possiamo effetivamente entrare in negoziati che devono portarci a degli accordi più intimi con l'Albania fino a che sussiste questa nube sull'orizzonte.

Il signor Kodheli accenna alla difficoltà di ottenere la realizzazione di tale condizione in forma pregiudiziale. Egli pensa che la cosa potrebbe essere facilitata se la questione delle scuole potesse costituire uno dei punti di un accordo generale da discutere fra i due paesi.

Gli ripeto che per noi non sarebbe possibile entrare in trattative fino a che non avessimo delle garanzie sulla questione delle scuole. D'altra parte i1 signor Kodheli sia che noi ci siamo sempre resi conto che la revoca del provvedimento dovesse avvenire nella forma più adeguata per salvare il prestigio del Governo albanese.

Da informazioni avute mi risultava anche che nello scutarino gran parte della popolazione scolastica, in seguito alla chiusura delle scuole cattoliche, era rimasta senza insegnamento. Questo mi pareva un buon pretesto per rivedere la disposizione.

Il signor Kodheli osserva che questo delle scuole è veramente il punto centrale del nostro dissidio ed è molto pessimista sulla possibilità di risolverlo. Gli era stato suggerito anche di risolvere la cosa in via di concordato col Vaticano. In questo senso non è stato fatto però niente perché ci sono serie difficoltà da superare come quella del divorzio. La cosa comunque non potrebbe che andare molto per le lunghe.

Il signor Kodheli, citando prove di buona volontà date dall'Albania in questi ultimi tempi nei riguardi dell'Italia fa menzione del Patto balcanico a cui l'Albania non ha aderito.

Gli rispondo che non vedo come l'Albania potrebbe aderire ad un Patto del genere rinunciando alle sue aspirazioni nazionali, dato che un milione di albanesi vivono fuori del territorio del Regno.

Il signox Kodheli mi parla anche, in via incidentale, della questione dei mandati in sospeso rilevando che ci sono tre milioni di franchi oro di mandati per lavori eseguiti dopo il benestare della Commissione e quindi nell'assoluta e legittima buona fede il Governo italiano avrebbe onorato questo impegno. Di questi tre milioni, due mi'lioni e mezzo vanno a ditte italiane {1).

L'Incaricato d'Affari si preoccupa che questi e altri fatti del genere possano creare uno stato d'animo di ostilità nella popolazione, che poi, quando si volessero riprendere i buoni rapporti, sarà difficile vincere.

Gli osservo che questi incidenti hanno importanza relativa di fronte all'evidente interesse della popolazione albanese a fare un accordo locale e duraturo con l'Italia.

A conclusione gli dico che noi alle condizioni sopra indicate siamo sempre disposti a venire incontro ai bisogni del popolo albanese. Noi attendiamo nella convinzione che tutto quello che può avvicinare il popolo albanese all'Italia è nell'interesse del popolo albanese stesso; tutto quello che può portarlo verso altri sistemi politici è contro l'interesse di esso.

675

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 445/220. Mosca, 8 febbraio 1934 (per. il 12).

Le preoccupazioni sovietiche sul patto paiono-tedesco continuano e anzi sembrano intensificarsi. Nella conversazione avuta con lui l'altro giorno, Litvinov volle espressamente e lungamente parlarmene.

L'URSS, come è noto, era stata informata delle negoziazioni paiono-tedesche dalla Polonia. Checché sia delle dichiarazioni in materia fatte da Boncour, il Signor Lukasiewicz, Ministro di Polonia a Mosca, ha potuto dire ed ha detto a Litvinov ch'egli (Litvinov) era l'unico Ministro degli Esteri al corrente della cosa. Vero è che, come i rappresentanti polacchi a Berlino si erano in questi ultimi tempi resi inaccessibili, cosi lo stesso Signor Lukasiewicz aveva in questi ultimi mesi trovato il modo di assentarsi frequentemente e lungamente da Mosca.

Comunque, a Mosca era stata soltanto detto trattarsi di negoziazionl nello stretto quadro della dichiarazione del 15 Novembre 1933. La Germania essendo uscita dalla Lega delle Nazioni, la Polonia -si faceva presente -aveva interesse ovvio e capitale a fare stato di quella dichiarazione.

Senonché venuto poi il patto, il Governo sovietico ha avuto la sensazione hce esso costituisse qualcosa di più del dichiarato. In primissimo luogo, esso

«...E poi bisogna anche ammettere che se molti, moltissimi e sempre g!ustif!catissiml sono l motivi nostri di doglianza nei riguardi del Governo albanese, anche Il Governo eJbanese, e non sempre In mala fede, crede di-trovare motivi non pochi di risentimento nella condotta nostra nei suoi riguardi. E, anche qui, può la ragione non essere tutta da una parte...

Date le condizioni sotto le quali il prestito del 1931 venne accordato all'Albania, questo Governo potrebbe anche conven1re circa le ragioni che hanno deciso il Governo italiano ad effettuarne di fatto la sospensione. Ciò invece in cui non convengono -ed in tutta franchezza, come già ebbi a dichiarare tanto a S. E. l'on. Suvich, quanto all'Ufficio Albania, non so dar loro torto -è il fatto che sieno stati sospesi i pagament-I di somme già regolarmenteaccordate per lavori già eseguiti e forniture già effettuate...

Se fatti simil1 dovessero essere portati In tribunale, non c'è pretura, tribunale, Corte d'Appello o Corte di Cassazione al mondo che potrebbe darci ragione. E ciò nuoce enormemente al nostro prestigio, chè non c'è nessuno qui, tanto albanesi che stranieri, che riesca a trovare una giustificazione per questa nostra condotta. Le cui conseguenze, in tutti i ceti della popolazione sono gravissime, chè qui non si tratta di mancato lucro, ma di vera e propria spogliazione d! chi in buona fede ha fornito il proprio lavoro o la propria merce... ».

presenta una lacuna particolarmente importante per l'URSS, in quanto non contiene alcuna clausola che ne sospenda l'applicabilità in caso che una delle parti aggredisca una terzo potenza. L'Unione Sovietica ha avuto cura di inserire una tale clausola in tutti i suoi trattati: ultimamente, l'ha richiesta, attraverso la Turchia, nello stesso patto Balcanico. Cosa succederebbe se la Germania attaccasse ad esempio la Lituania? La Polonia continuerebbe a ritenersi legata da'l patto?

Il Signor Lukasiewicz, naturalmente, sostiene di no, mentre il Conte Szembek, Sottosegretario di Stato polacco per gli Esteri, arriva al ridicolo assurdo di sostenere che una siffata questione è ~pressamente esclusa; come tutte le questioni interne (?!), dall'ambito del trattato.

Evidentemente, si pensa qui a Mosca, il patto polono-tedesco non può a meno di essere integrato da a~ccordi verbali e forse da clausole segrete. È impossibile che sia altrimenti. Senza di che, esso apparirebbe privo di serie contropartite da parte polacca. Senza una qualche buona ragione, Hitler non si sarebbe messo (ed il patto è stato concluso quasi personalmente da lui) in contraddizione con sè stesso e con tutto il suo partito.

Quali, allora, le contropartite da parte polacca? Secondo Litvinov sarebbero le seguenti:

1) Anschluss. -La Germania aveva tutto l'interesse ad assicurarsi la benevola neutralità della Polonia in tale questione tanto più in un momento in cui questa sembrava dover sboccare in un ricorso al Consiglio della S.d.N., Consiglio di cui la Polonia è membro e che anzi si trova ad essere proprio ora presieduto da Beck.

Poiché Litvinov non aveva l'aria di parlare in via di semplice ipotesi, ho voluto -specie in vista della conversazione Beck-Aloisi del 16 gennaio (1) -chiedergli delle precisioni. Egli mi ha risposto esser sicuro della cosa. Che la Polonia si disinteressi dell'Anschluss, e che anzi consideri quest'ultima come un diversivo rispondente ai suoi interessi, è stato oltrecché ripetuto spesso sulla stampa, anche detto a Litvinov dai polacchi non in una, ma in più occasioni. Litvinov mi ha anzi ricordato di averne una volta -ed è vero -fatto parola anche a me. Se queste erano le disposizioni della Polonia in passato, a più forte ragione devono esser'lo diventate dopo il Patto a quattro e l'uscita della Germania dalla Lega. È impossibile -insisteva Litvinov -che Hitler, in presenza di una crescente tensione austrotedesca, non abbia pensato a neutralizzare la Polonia ed assicurarsi il compiacente concorso di Beck nel Consiglio ginevrino.

In proposito, Litvinov ha aggiunto che Lukasiewicz, reduce dana Polonia da appena qualche giorno, gli aveva assicurato non esservi dubbio che la questione dell'Anschluss sarebbe arrivata alla Lega, tanto più avendo «l'Inghilterra e persino l'Italia aderito ora a dare alla questione uno sfogo societario ,, Alla mia abbiezione che, secondo notizie dirette pervenutemi dalla

E. V., la cosa mi sembrava tutt'altro che possibile, Litvinov osservava che, esatta o no l'informazione, essa aveva, nella bocca di Lukasiewicz, un indubbio valore di sintomo.

(Come V. E. vede, Litvinov mi ha parlato con molta sicurezza ma non ha portato fatti concreti. Devo peraltro aggiungere che l'opinione di Litvinov è generalmente diffusa i:ry questi circoli diplomatici. Lo stesso Ambasciatore di Francia, Signor Alphand, si era, pochi giorni prima, espresso con me nello stesso senso).

2) Comunque, -continuava Litvinov -gli accordi fra Varsavia e Berlino potrebbero, oltre l'Anschluss, comprendere anche altri punti, per esempio paesi Balti'Ci. Egli riferiva in proposito una voce, peraltro non controllata, che nell'incontro avvenuto a Ginevra fra Beck e Goebbels fosse stata adombrata la possibilità di una spartizione del Baltico per cui, mentre la Germania si sarebbe annessa la Lituania, la Polonia avrebbe assorbito la Lettonia e l'Estonia. Anche senza ammettere -aggiungo io -che fra i due si sia arrivato ad un piano di spartizione di territori, è assai probabile che si sia parlato di una spartizione di sfere di influenza. Il che potrebbe benissimo spiegare il contegno poco chiaro, e anzi chiaramente ambiguo, mantenuto dalla Polonia nell'azione sovietico-pdlacca per una garanzia dell'indipendenza Balti:ca nonché, da ultimo, la mancata conferma da parte di Beck delle dichiarazioni Litvinov allo ZIK (mio rapporto n. 173/97 del 19 Gennaio) {1).

3) Altra materia di accordo non scritto fra la Polonia e la Germania potrebbe essere, sempre secondo Litvinov, l'Ucraina. Il Maresciallo Pilsudski è un imperialista della miglior acqua. Egli non ha certo abbandonato i suoi piani per una Ucraina «indipendente~ sotto il patronato polacco e può aver trovato modo di combinarli con quelli tedeschi.

4) Un ultimo motivo dell'azione polacca avrebbe potuto essere il desiderio di mettersi decisamente sul piede della Gra'nde Potenza, acquistando con ciò il prestigio necessario al conseguimento di crediti all'estero, specialmente in Inghilterra.

In complesso, concludeva Litvinov, tutto fa ritenere che il rlavvicinamento polono-tedesco non costituisca un episodio di politica contingente, ma risponda (e ciò coinciderebbe -osservo io -con le informazioni a suo tempo inviate dalla R. Ambasciata di Varsavia) a un indirizzo politico generale e permanente.

Ma, se il nuovo patto polono-sovietLco (la cui iniziativa si fa qui risalire non ai tedeschi, ma al Signor Vysoki, già Ministro a Berllno e ora Ambasciatore a Roma) è importante non solo per quello che dice, ma anche per quello che può signifi:care, esso è altrettanto importante, osservava ancora Litvinov, per le sue reazioni in altri campi e settori politici.

Checché abbia detto Pau! Boncour, mi ha dichiarato Litvinov, il patto non può esser ben visto a Parigi. In Francia è sempre esistita una forte corrente che considera la Polonia come una palla di piombo al piede della Francia. Questa non ha con la Germania questioni territoriali. I contrasti maggiori fra i due paesi derivano dall'aver la Francia fatti propri gli interessi e i contrasti polacchi. Ora che questi contrasti sono, grazie alla stessa Polonia, eliminati, cosa potrebbe impedire alla Francia -consule Daladier

di venire (questo è l'assillo costante di Litvinov) ad un accordo con la Germania?

Non meno importanti potranno essere le ripercussioni del patto sulla Piccola Intesa. E qui Litvinov mi ha dato una serie di notizie positive e invero assai interessanti. Mentre non è esatto che la Germania negozi con la Cecoslovacchia, è invece vero che la Cecoslovacchia, sentendosi dal nuovo patto compromessa e minacciata, ha offerto subito alla Polonia una unione difensiva (che non avrebbe nulla a che vedere con il famoso progetto Benes per un patto di perpetua amicizia), offerta che la Polonia ha ricusato nettamente, allo stesso tempo -sintomo non trascurabile -riaprendo contro la Cecoslovacchia una viva campagna per la vieta questione di Teshen. Risulta pure, mi ha detto Litvinov, che von Papen ha già fatto de1le aperture alla Romania (forse ritenuta, più di ogni altro paese della Piccola Intesa, maggiormente aperta alle influenze naziste e antisemite). ,

Tutta questa situazione, mi ha detto concludendo Litvinov, per quanto egli ritenga che la Polonia non si sia resa pienamente conto della via sulla quale si è mossa, non manca di reagire anche sulle relazioni polono-sovietiche, rendendone necessaria una chiarificazione. Pare infatti che il Signor Beck, ricordando che (in un Anno Domini che neanche il comunicato TASS uscito oggi ha potuto precisare tanto è lontano), il Commissario Cicerin aveva fatto visita a Varsavia, si appresti a venire subito a Mosca.

La mia conversazione con Litvinov, cui questi ha dato carattere di grande riservatezza e che io ho appena riassunta è durata solo per questa parte circa quaranta minuti. Il Signor Litvinov mi ha pure in quella occasione messo al corrente di molte altre questioni su cui riferisce a parte. Egli mi è sembrato più che mal animato da sentimento di amiChevole deferenza per il nostro paese.

Mentre prendevo congedo da lui, Lltvinov mi domandò come stessero le nostre relazioni con la Francia. Gli risposi avere l'impressione che andassero relativamente meglio, mentre non altrettanto potevo dire per quelle con la Germania. «Chi sa, mi disse allora Litvinov, stringendomi la mano, che non sia possibile che l'Italia, la Francia e l'URSS facciano esse qualche cosa per la pace dell'Europa ... ~.

Non so se Litvinov mi dicesse questo con l'intenzione non dico di lanciare una proposta, ma anche soltanto di gettare un seme. In ogni caso, io mi guardai dal dare alla cosa un ,qualunque rilievo.

Lasciando il Narkomindi'el, mi ritornava però alla mente la proposta che Litvinov aveva due anni or sono fatto all'Ambasciatore di Germania (mio te! espresso segreto n. 4977/2294 del 27 Dicembre u. s.) (1) per una intesa a tre: Francia -Germania -URSS. Come cambiano i tempi! In ogni modo, una cosa è certa e cioè che, con lo svanire dell'amicizia germano-sovietica e la sosta imposta dagli avvenimenti (fra cui non ultimi quelli interni della Francia) allo stringersi dell'ami'Cizia franco-sovietica, (nel colloquio Litvinov mi aveva pure detto che le note «conversazioni» franco-sovietiche non avevano avuto altro seguito), le relazioni fra Roma e Mosca ne risultano protanto valorizzate.

(l) Si pubblicano 1 seguenti brani di una lettera Indirizzata il 23 settembre da Rossetti ad Alolsl circa 1 rapporti !taio-albanesi:

(l) Cfr. n. 567.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

676

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 634/018 R. Vienna, 9 febbraio 1934 (per. il 12).

Mi r~sulta che la situazione nei riguardi dell'Austr~a è prospettata da qualche mio collega -come quello francese -nel senso che, qualora venisse a mancare all'Austria un'evidemte ed efftcace dimostrazione d'appoggio da parte delle tre grandi potenze, il cancelliere ne risentirebbe tanto nel prestigio e nel morale che potrebbe dedderst a lasciare od a procedere ad un sonecito e sommario accordo con i nazionalsociaUsti.

La prima eventualità mi sembra alquanto dubbia. Non escludo invece la seconda; ed anzi ritengo che essa continuerà a sussistere anche nel caso del più vivo e soUdale appoggio di dette potenze.

Gli è che le due note improvvise e segrete iniziative di accordo intraprese con i nazionalsocialisti da1 cancelliere ('Cioè quella del novembre scorso -mio rapporto segreto 2524 del 10 novembre 1933 -e quella del gennaio u.s. -mio telegramma n. 9 del 9 gennaio) (l) non solo senza previa intesa con i suoi colleghi di gabinetto, ma anche senza che essi ne fossero stati informati se non sotto forma ipotetica ('come dalle conHdenze di Starhemberg: mio telegramma per corriere n. 02 del 1° gennaio) (2), richiedono una particolare attenzione. E ciò tanto più in quanto esse, e specie quella più recente relativa al colloquio con Habicht, furono attuate da Dollfuss d'improvviso, in virtù d'un risentimento politico contro le Heimwehren, e sia anche d'un timore che queste potessero sopravanzarlo nella corsa all'accordo con Habicht.

Riferendo, con il mio rapporto segreto n. 2524 del 10 novembre scorso circa il primo tentativo d'intesa, effettuato con l'invio a Berlino del ministro Schuschnigg, io scrivevo a V. E. «Desidero per ultimo aggiungere che se il cancelliere ha mostrato esser compreso dell'intempestività del surriferito abboccamento, non ha fatto alcun aJccenno nel senso che una distensione dei rapporti con la Germania potrebbe utilmente avvenire solo quando in Austria, con l'avvenuta riforma della Costituzione, con la realizzazione di un sistema corporativo, e con la sparizione dei partiti, si fosse formato un baluardo di forze patriottiche tale da poter effi!cacemente contrastare quegli attacchi al programma e agli ideali patriottici che immancabilmente seguirebbero ad una prematura détente col Reich '>.

Ed eguale constatazione ho dovuto fare, allorché il cancelliere mi ha parlato dell'abortita iniziativa con l'Habicht. Tuttavia, in tale occasione (mio telegramma n. 19 del 14 gennaio {3) egli mi assicurò di aver scartato in modo assoluto che nel divisato colloquio col predetto deputato tedesco, questo potesse parlare di «'condizioni'>. Ed alla mia richiesta di chiarimenti di questa formula, egli disse che non si sarebbe dovuto parlare di riconoscimento del partito nazionalsocialista. Ma anche in detta occasione, egli mostrava di non aver

inteso che, accettando un abboccamento col rappresentante « tedesco >> del partito nazionalsocialista austriaco, ammetteva proprio l'eventualità ch'egli aveva voluto escludere con la pretesa surriferita esigenza.

Ora, tutte queste constatazioni: propensione del Dollfuss al maggior segreto; sua mobilità di decisioni; sua corrività a mettere a servizio di difficoltà od attività politi-che interne la stessa distensione di rapporti col partito nazionalsocialista sì severamente combattuto; la sua ignoranza, voluta o meno, delle conseguenze che detta distensione potrebbe produrre se non tempestivamente presa; son tutti motivi che persuadono ad alcune constderazioni, che possono parere opportune mentre il cancelliere sollecita un palese e forte appoggio internazionale.

Difatti, egli sollecita questo appoggio mettendo sì al suo attivo la lotta intrapresa per l'indipendenza del paese, ma ignorando che le «segrete» iniziative da lui prese possono pur lasciare il sospetto che, portata la questione davanti alla Società delle Nazioni, e dichiarandosi ancora una volta il principio dell'indipendenza dell'Austria, egli possa, a suo beneplacito, ed a causa d'uno dei soliti attriti con le Heimwehren, transigere col Partito nazionalsocialista ai fini d'una détente, quale che sia la condizione interna dell'Austria, e cioè anche se non fossero state ancora raggiunte quelle condizioni costituzionali e politiche che verosimilmente potessero dare la presunzione d'una resistenza interna ad allettamenti od a rinonvate propagande di quelle pericolose influenze.

Ciò stante, potrebbe sorgere il quesito se sia o meno il caso di esaminare se e quali accenni convenisse qui fare per ottenere dal cancelliere almeno qualche prclsa spiegazione su di un punto così delicato ed importante: e ciò al fine d'impegnarlo, se non altro, a non perseverare nel metodo d'assoluta segretezza finora praticato nei suoi rapporti col partito nazionalsocialista; e sovratutto a non consentire in verun caso che detto partito possa avere libertà d'azione in questo paese.

Non so se i miei colleghi di Francia e d'Inghilterra si siano posti il problema qui prospettato; ma ho l'impressione che il signor Puaux sia rimasto sconcertato e preoccupato del modo improvviso e segreto con cui il cancelliere ha condotto le note trattative con l'Habicht.

e

f

(l) -Cfr. nn. 356 e 537. (2) -Cfr. n. 522. (3) -Cfr. n. 558.
677

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 689/1508/010 R. Budapest, 9 febbraio 1934 (per. il 15).

Mio telegramma n. 20 in data di ieri (1).

Onoromi qui di seguito riassumere a V. E. il contenuto delle conversazioni avute ieri e avantieri con il cancelliere Dollfuss e con il presidente Gombos.

l -Premesso che desiderava sempre e vivamente approfondire e sviluppare le relazioni politiche ed economilche dell'Austria con l'Ungheria e che tale era, veramente e in primo luogo, lo scopo della sua visita, il cancelliere mi ha detto che per considerazioni di ordine interno -ha menzionato il Bauernbund -non vedeva tuttavia la possibilità di addivenire ad una unione doganale ungaro-austriaca. Era invece sempre pronto a concludere un'unione a due con l'Italia, come aveva già detto a S. E. Suvich. Del resto Italia ed Austria, anche unite, non avrebbero potuto assorbire l'eccedenza della produzione granaria ungherese.

Aveva pensato perdò alla possibilità di istituire una commissione permanente dei tre Stati (eine Standige Konferenz), suddivisa in tre sottocommissioni, itala-austriaca, itala-ungherese e austro-ungherese, che avesse lo scopo di studiare ed attuare, sistemati-camente e progressivamente, tutte le misure di collaborazione e di preferenza che fosse materialmente possibile realizzare.

Ne aveva parlato riservatamente a GombOs, che aveva trovato in massima favorevole; ma desiderava rimettere ogni decisione in proposito all'incontro con V. E., per il quale era pronto a rocarsi in Italia appena l'E. V., ne avesse stabilita la data.

Concordava meco nel consLderare molto calorose e cordiali le accoglienze fattegli a Budapest dalla stampa, dagli ambienti politici e dal Governo. Quanto alle agitazioni ora manifestantisi in Tirolo ed in altre provincie austria·che, le stimava «uno sfogo necessario», utile, per di più, al raggiungimento dei suoi fini.

2 -In un appunto autografo, !asciatomi in occasione dell'ultimo colloquio avuto stamane con lui subito dopo la partenza del cancelliere austriaco, questo presidente del consiglio così ha fissato da parte sua il risultato delle conversazioni austro-ungheresi: « Dollfuss accetterebbe un'unione doganale ungaroaustro-italiana se in questa combinazione potesse tutelare ulteriormente gli interessi agrari austriaci. In realtà non ha voglia di entrare in una unione doganale. Voleva prendere fino ad ora con me una posizione comune, da presentare insieme a Roma al Duce. Io mi sono schermito, adducendo che non sapevo di che cosa si sarebbe parlato a Roma e che ero soltanto informato sarebbero state trattate colà questioni politiche ed economi·che. Mi riservavo perciò libertà di azione, tanto più in quanto continuavo ad essere fautore di una grande soluzione economica.

Alla mia domanda quale fosse stata la sottoscrizione della « Zivnostenka Banka » al prestito interno austriaco, il cancelliere ha risposto ignorarlo e sapere soltanto che Buresch avrebbe ora ottenuto a Praga la partecipazione della Cecoslova•cchia al prestito estero austriruco per 4 milioni di scellini.

Dollfuss è pronto a sviluppare a spese di altri Stati (in ispecie degli Stati della Piccola Intesa), il sistema economico attualmente stabilito con l'Ungheria. Considera una unione doganale inattuabile, per ragioni di politi•ca interna. J ministri tecnici ungheresi non sono riusciti a dimostrarrgli che può esser presa la via dell'unione doganale italo-ungaro-austr'iaca. Sono tuttavia persuaso che a Roma si potrà spremere molto da lui se si avrà qualche riguardo alla sua difficile situazione in paese, situazione che egli peraltro definisce salda, in contraddizione con quanto ha ammesso con S. E. Suvich.

Le accoglienze di Budapest gli hanno fatto profonda impressione. Conoscendo gli austiraci considero tuttavia questa come sentimentale e passeggera: quando si tratta d'importazione di prodotti agrari, tale sensazione scompare e fa posto a meschine considerazioni economiche.

t stato comunicato a Dollfuss che, nel caso di una unione doganale, noi potremmo assorbire subito 75 dei 150 milioni di pegno a cui ammonta l'esportazione di prodotti industriali e di legname dall'Austria nei paesi della Piccola Intesa. I rimanenti 75 milioni potrebbero forse essere pure assorbiti, almeno in gran parte, se vi sarà buona volontà.

Ho sconsigliato Dollfuss dal rivolgersi alla Società delle Nazioni per la questione austro-germanica. Gli ho cons~gliato di rivolgersi in proposito a Roma.

Ho sottolineato con lui che noi vogliamo rimanere in buona amicizia con la Germania.

Il presidente Gombos mi ha informato altresl che sull'incontro erano stati preparati due progetti di comunicato: uno più circospetto, redatto da Kanya, uno più esplicito e deciso, redatto da lui e nel quale era posto in rilievo il concetto della soluzione economica di grande portata della quale egli aveva già parlato alla radio (mio Stefani n. 1359 dell'8 corr.). Su consiglio di Hornbaste! Dollfuss si era affrettato a scegliere il primo (mio Stefani n. 1364 dell'8 corr.).

Avendogli io chiesto di precisarmi il suo pensiero circa la commissione tripartita vagheggiata da Dollfuss, e in ispecie se riteneva l'Ungheria potesse valersi eventualmente del meccanismo proposto dal cancelliere per tendere -in difetto della soluzione integrale rifiutata dall'Austria -ad un'altra soluzione che a questa quanto più possibile si avvicinasse, il presidente mi ha risposto che tale era appunto la sua idea. Si sarebbe potuto studiare un piano organico e progressivo di collaborazione, per esempio per un quinquennio. Ove si fosse trovato il modo di assicurare in Italia ed in Austria ai prodotti agricoli ungheresi delle preferenze tali da provocare un notevole aumento dei relativi prezzi -il presidente parlava addirittura del 30 e 40 per cento -era pronto a trattare su qualunque .base. Anche di ciò avrebbe parlato a S. E. Suvich nella circostanza della sua imminente visita, a conclusione della quale pensava si sarebbe potuto annunziare l'incontro suo e di Dollfuss con V. E.

3 -A visita ultimata ritengo di poter confermare il giudizio anticipato

con il mio telegramma n. 20.

Come V. E. avrà rilevato, nelle conversazioni cui essa ha dato occasione

e che hamno avuto carattere di utile preparazione dei prossimi incontri, il

programma ungherese si è riaffermato più vasto di quello austriaco, come gli

interessi economici suggeriscono e la situazione politica consente.

Di fronte all'opinione pubblica, l'identità di tendenze dei due Governi ha

trovato sopratutto espressione nel comunicato conclusivo; la diversità di gradazione, nei brindisi e nei discorsi alla radio del presidente e del cancelliere e nelle dkhiarazioni di Dollfuss ai giornalisti.

A quanto mi è dato di giudicare, questa identità e questa diversità sono apparse, in misura analoga, nell'atteggiamento dei giornali dei due paesi, prima e durante l'incontro.

In ogni caso, Governo e stampa ungherese hanno compiuto in questa circostanza una manifestazione decisa ed inequivocabile in favore dell'indipendenza dell'Austria, in corrispondenza coi sentimenti pressoché unanimi di questa opinione pubblica della quale ho segnalato da ultimo nel mio telecorriere n. 525/05 del 15 gennaio u. s. (1) le accresciute preoccupazcioni di un'avanzata nazista verso oriente.

(l) T. 580/20 R., non pubbllcato.

678

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI CECOSLOVACCHIA A ROMA, CHVALKOVSKY

APPUNTO. Roma, 9 febbraio 1934.

Il signor Chvalkovsky è venuto a vedermi per incarico del Ministro Benes il quale dichiara di volere seguire nei riguardi dell'Austria una linea concorde con l'Italia. A tale riguardo egli afferma la propria idea già altra volta espressa che l'Italia, fra le grandi Nazioni, è quella che deve avere un predominio nel paesi danubiani.

Il Ministro Chvalkovsky mi assicura della sincerità della dichiarazione di Benes il quale ora è assolutamente persuaso di fronte al pericolo germanLco della necessità di appoggiarsi all'Italia.

Il Milnistro di Cecoslovacchia mi chiede quale sarà la nostra opinione nei riguardi dell'Austria.

Gli espongo la nostra contrarietà per un passo a Ginevra ed il nostro programma, e il Ministro Chvalkovsky si dtce persuaso della convenienza della linea da noi adottata.

Nel suo recente rapporto a Benes egli ha detto che se un anno fa Dollfuss si fosse dichiarato fascista e avesse apertamente favorito un movimento austrofascista, a questa ora non si parlerebbe di Nazi in Austria.

Il Ministro di Cecoslovacchia è persuaso che l'Austria sia minacciata dall'interno: non ci saranno incursioni dall'esterno nè dichiarazioni di Anschluss. Egli ha riassunto in un rapporto a Praga la situazione che verrebbe a crearsi con l'andata al potere dei Nazi in Austria nel modo seguente: i cittadini austriad andrebbero in Germania con la tessera del partito e verso gli altri Paesi col passaporto austriaco.

Il Ministro Chvalkovsky si riserva di riferire a Praga le sue idee sull'Austria e dichiara di mantenersi a nostra disposizione.

(l) Non pubblicato.

679

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 9 febbraio 1934.

La Legazione di Ungheria ha espresso il desiderio di avere una risposta sia sulla possibile conclusione di un Trattato di amicizia itala-bulgaro, sia sulla visita del Presidente del Consiglio bulgaro a Roma (1). Ove V. E. concordi, si potrebbe rispOIIldere quanto alla prima quistione che pel momento il Trattato non esiste, e quanto alla seconda che non c'è stato un invito formale a Mus·cianoff a recarsi a Roma ma che il Ministro d'Italia a Sofia in più occasioni ha indicato che una visita del Presidente del Consiglio bulgaro sarebbe sempre gra,dita (2).

680

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 618/21 R. Atene, 10 febbraio 1934, ore 21,55 (per. ore 24).

S. E. Maximos mi ha pregato recarmi oggi da lui. Vi ho trovato anche Tewfik Rushdi bey. Ambedue mi hanno detto che avevano desiderato vedermi per farmi conoscere, in via del tutto riservata, che, oltre patto balcanico, è stato firmato fra contraenti protocollo segreto allo scopo determinare portata precisa accordo e sua durata. Di tale protocollo mi è stata data rapida lettura.

Per quanto mi riservi di telegrafare più late informazioni allorché lunedì, come mi è stato promesso, potrò prenderne visione e note, su tale documento, ho rilevato che esso vuole lasciare intatti precedenti accordi Stati firmatari con Stati non firmatari; che patto ha soltanto scopi difensivi; che non ha valore che fra gli stati balcanici, nel senso che esso non entra in funzione che contro aggressione di uno stato balcanico contro uno o più firmatari patto; che esso non si applica contro stati extra ·balcanici.

Durata patto è ancora da fissare in data successiva. Ma è previsto che, se data non è fissata, patto è valevole per due anni e posda automaticamente per altri cinque anni.

Protocollo non prevede alcuna organizzazione militare per esecuzione patto, ma mi è stato aggiunto che non è escluso che in un secondo tempo possano

Il Ministro d! Bulgaria a Belgrado ha detto al Ministro di Ungheria che egli ritiene probabile che la Bulgaria denunzierà invece un Trattato di amicizia con l'Italia: che !l Presidente del Consiglio bulgaro dovrebbe recarsi prossimamente in Italia giusta !l desiderio che gli è stato manifestato al riguardo: che la Bulgaria si proporrebbe di riprendere le relazioni diplomatiche con l'URSS.

Queste notizie hanno carattere confidenziale"'·

essere presi da organi competenti accordi per organizzare difesa comune e ripartirne compiti, come è desiderio comune pervenire tutte altre intese che possano faeilitare convivenza e relazioni stati firmatari.

Ambedue ministri hanno tenuto dichiararmi che per quanto riguardava Grecia e Turchia, essi davano più ampia completa assicurazione che patto balcanico non si sarebbe mai trovato contrasto con l'Italia, insistendo che loro paesi, per quanto abbiano interessi con stati balcanici hanno preminenza interessi Mediterraneo.

S. E. Maximos mi ha aggiunto che era molto dolente che sua venuta Roma, che aveva voluto fare in ossequio legami e ami<Cizia italo-greca, avesse potuto dar luogo inesatte interpretazioni amicizia (1).

Gli ho fatto invece notare che tali inesatte interpretazioni erano esclusivamente nate su stampa ellenica e che stampa italiana erasi limitata chiarire esattezza notizie circa sua viaggio Roma.

Maximos ha avuto parole profonda ammirazione per S. E. capo del Governo e vivissima riconoscenza per benevola e larga cortesia che ha ovunque incontrato Roma.

Chiarimenti nostra stampa e odierni chiarimenti britannici e sovietici hanno certamente servito dare a Grecia e Turchia visione più realistica patto in relazione loro interessi mediterranei (2).

(l) SI pubblica !l seguente appunto di But1 p€r Suvich, pari data: «Questo Incaricato d'Affari di Ungheria, nel corso di una conversazione, ha informato d! quanto segue.

(2) A margine un'annotazione d! Suvich: «D'accordo» e un appunto d! Cosmell!: «Comunicato al Segretario Bethlen 10-2-34 ».

681

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIEHE 633/07 R. Tirana, 10 febbraio 1934 (per. il 12).

È stato pubblicato oggi da questa stampa testo del patto balcamico.

Giornali si limitano per ora a riportare commenti della stampa dei paesi vi,cini e particolarmente della bulgara. Questo Governo che, come dissi, è rimasto dispiaciuto della poca considerazione che i suoi vicini hanno dimostrata verso l'Albania nel corso di queste conversazioni pan-balcaniche, non ha riportato le migliori impressioni prendendo conoscenza del testo dell'accordo, avendo facilmente saputo che, sebbene Bulgaria e Albania siano messe sullo stesso piede, c'è tuttavia stato già invito al Governo bulgaro di aderire; sua accettazione sarebbe immediata il giorno che esso si decidesse a parteciparvi; sicché limitazione concerne solo Albania. In questo senso va interpretato il telegramma che il signor Titulescu ha mandato a questo ministro

«Noti~1a pubblicata da certi giornali esteri che R. ministro ad Atene sarebbe stato fra 1 primi congratularsi con Il Governo ellenico per avvenuta firma del patto balcanico avendo prodotto qui profonda e penosa impressione, mi sono messo subito comunicazione telefonica quella lebazione ed ho potuto cosi sm~ntire e far smentire oggi da questa stampa notizia tendenziosa che, messa In relazione note precedenti infondate dichtaraz!on! Maximos, che, dopovisita Ro>cm, lascLava sorgere dubbi circa reale attitudine Italia verso la Bulgaria.

Ho JCOtuto cosi constatare che sensibilità questi ambienti politici e governativi nel nostri riguardi si è ancora acuita In questi ultimi tempi».

di Romania (mio telegramma n. 14 del 7 corrente) (1) e che questi non

aveva -a quanto mi ha poi detto -esattamente interpretato per molti

errori di cifra prodottisi nella trasmissione.

Il signor Buzdugan ha tenuto a confermarmi che il consenso delle quattro potenze firmatarie per l'entrata delle altre potenze balcaniche riguarda esclusivamente l'Albania, Egli se ne è ulteriormente accertato essendosi recato per via d'aria a Salonicco per incontrarsi col ministro degli affari esteri rumeno che 1'8 corr. è passato per quella città diretto ad Atene e che egli ha accompagnato per una parte del viaggio. Il signor Titulescu gli avrebbe anche detto che la questi001e dell'Albania ha formato oggetto di una vivace discussione nelle trattative delle quattro potenze a Belgrado e che Tewfik Ruschdi bey e Titulescu avrebbero sopratutto sostenuto il principio che la speciale situazione dell'Albania, la di cui attività nel campo della politica estera è limitato alla sua alleanza con l'Italia, non consenta a quella la libera adesione al patto balcani.co. Il signor Titulescu avrebbe dichiarato a questo ministro che per quanto lo riguarda non darà mai il consenso a tale adesione.

Non so che fondamento possa darsi a questa comunicazione del signor Buz.dugan che ha tenuto tuttavia ad aggiungere che mi darà prossimamente conoscenza dei verbali delle riunioni di Belgrado.

(l) -Cfr. n. 655. (2) -Si pubblica qui !l seguente brano del t. r. 666/18 R. del 13 febbraio da Sofia:
682

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 10 febbraio 1934.

Sir Eric Drummond è venuto [a darmi] notizia di quamto è esposto nella nota che si [allega] che si è incrociata con un telegramma [da lui inviato ie]ri sera (2), in cui espone il punto di vista Htaliano].

L'Ambasciatore è d'opinione [che il punto di vista] inglese sia conciliabile col nostro ... (3).

A parere dell'Ambasciatore, la nota inglese è dettata da scrupoli dottrinali più che da criteri politici e deve essere stata redatta da qualche giurista del Ministero.

Sir Eric Drummond ad ogni modo ha pregato il proprio Governo di non dare pubblicità alla cosa.

Rispondo all'Ambasciatore che mi pareva molto opportuno non dare pubblicità alla nota inglese. Non vedevo la ragione degli scrupoli neanche di carattere giuridico perché il passo alla Società delle Nazioni è preannunciato ma non ancora .fatto, e l'Austria si è rivolta a noi rimettendosi nel nostro criterio senza porci alcuna condizione.

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

NOTA VERBALE 149/49/34. Roma, 10 febbraio 1934.

His Majesty's Embassy present their compliments to the Royal Ministry of Foreign Affairs, and have the honour to inform them that on the evening of February 8th, the Austrian Minister in London communicated to His Majesty's Govemment in the United Kingdom a dossier on Nazi activities in Austria. His Majesty's Govemment bave not yet had time to examine tbe dossier, but on February 9th they communicated to tbe Austrian Minister a memorandum in the following terms, representing their views on tbe situation.

« His Majesty's Govemment note tbat tbe Austrian Govemment bave decided in principle to bring tbe matters of whicb tbey complain before tbe League under Article 11 paragraph 2 of tbe Covenant.

His Majesty's Govemment have publicly stated that tbey do not seek discourage Austria in bringing this appeal. Tbe integrity and independence of Austria are an object of Britisb policy and wbile His Majesty's Govemment have no intention whatever of interfering in the internai affairs of anotber country, they fully recognise the right of Austria to demand that there should be no interference witb ber internai affairs from any otber quarter.

On entertaining Austria's appeal, tbe Council would presumably endeavour to ascertain what Germany may bave to say as to facts alleged before reaching its recommendations. His Majesty's Govemment tberefore tbink that the proper course is not to pronounce a view on Austrian materia! in advance of its consideration by the Council (1).

(l) -T. 564/14 R., non pubblicato: riferiva, tra l'altro, che nel telegramma inviato da Titulescu era specificato che l'accordo conteneva una clausola per un'eventuale libera adesione della Bulgaria. (2) -Cfr. D B, vol. VI, c!t., pp. 393-394 e p. 400. (3) -Segue un brano indecifrabile per il deterioramento del documento.
683

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. R. 247/19 R. Roma, 11 febbraio 1934, ore 14,40.

Si rechi immediatamente dal cancelliere e gli esprima per mio incarico personale quanto segue: È assolutamente ne·cessario non perdere l'opportunità data da un gruppo di circostanze favorevoli per definire una buona volta la situazione e applicare senza ulteriore indugio le decisioni di Riccione. Tali circostanze favorevoli sono: a) la eco simpatica avuta in tutta Europa dal recente viaggio di Dollfuss a Budapest; b) il movimento spontaneo dei liinder austriaci verso l.liilO Stato autoritario superatore di tutti i partiti; c) la consegna del memoriale austriaco ai Governi di Roma, Parigi, Londra, Governi che daranno una risposta probabilmente concertata; d) la crisi francese che indebolisce ulteriormente le posizioni della socialdemocrazia in tutta Europa e anche in Austria, crisi francese che avrà l.liil lungo e travagliato sviluppo. Questo è il momento favorevolissimo per agire su tutto il fronte e per raccogliere attorno al nuovo Stato il popolo austriaco. Spero che anche Dollfuss abbia questa sensazione e che agisca di conseguenza. Appena fatta questa comunicazione telegrafi (1).

53 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

(l) -Con t. 579/61 R. dell'B febbraio Pignatti aveva comunicato che anche la Francia era favorevole al ricorso austriaco alla Società delle Nazioni. (2) -Minuta autografa di Mussolini. Per la risposta cfr. n. 640/65 del 12/2.
684

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALLA LEGAZIONE D'AUSTRIA A ROMA

PROGETTO DI NOTA VERBALE (1). Roma, 11 febbraio 1934.

Il Governo austriaco ha comunicato al Governo italiano una ampia documentazione (2) relativa all'attività che dall'estero è svolta in Austria per fomentare nei modi più diversi il movimento di opposizione contro lo Stato e il Governo austriaco. Il Governo austriaco nell'inviare questa documentazione ha chiesto formalmente l'avviso del Govemo italiano in proposito.

Il Governo italiano ha esaminato i documenti rimessigli con la maggior attenzione, e non gli pare possibile, senza negare l'evidenza, di non riconoscere l'esistenza di un'attività continua e sistematica che si svolge dall'estero in territorio austriaco ai danni dello Stato e del Governo della vicina Repubblica e che assume spesso forme gravi. Caratteristiche per l'origine di tale attività le conversazioni radiofoniche di un deputato germanico che ha la carica di ispettore provinciale nazista per l'Austria. Il Governo italiano si riserva occorrendo, di ritornare particolareggiatamente sui documenti rimessigli e sui fatti che ne risultano (3).

Da quanto precede derivano, ad avviso del Governo italiano, due inderogabili conseguenze:

l) che non è possibile di negar·e il fondamento della richiesta rivolta dal Governo austriaco a quello germamico affinché questo prenda tutte le misure necessarie perché l'appoggio e l'incitamento, che in Germania vengono dati al movimento contro lo Stato e contro il Governo austriaco abbiano a cessare;

2) che non si può negare allo Stato e al Governo austria·co il diritto di prendere tutte le misure necessarie per difendersi sul piano nazionale e su quello internazionale. A questo proposito è anzi da ricordare che l'indipendenza e l'integrità dell'Austria sono garantite dai Trattati internazionali e che spetta al Governo austriaco di decidere quella politica che esso ritenga meglio di adottare a questo fine per salvaguardare e consolidare la posizione che l'Austria occupa fra gli Stati europei e la funzione storica a cui essa è chiamata nella situazione politica europea.

Il Governo italiano si sente tanto più in dovere di esprimere questa sua sincera e profonda convinzione quamto più cordiali e amichevoli sono stati e sono ~ rapporti che lo legano al Governo e al popolo tedesco e quanto più efficace è stata ed è l'attività che esso ha costantemente svolta in tutti i campi (riparazioni, armamenti ecc.) a favore dell'uguaglianza di diritto della Germania

<< Esso non crede del resto di andare errato ritenendo che uguale persuasione sia ormai nell'opinione pubblica mondiale. L'agitazione nazional-socialista in Austria non esisterebbe, o assumerebbe certamente forme e sostanze ben altrimenti diverse -sopratutto essa non presenterebbe quel caratteri di perslstenza, di ampiezza e di violenza che riveste attualmente -se non esistessero l'aiuto e l'appoggio che a tale agitazione vengono dall'este.ro ».

che deve rappresentare, nell'interesse del popolo tedesco e nell'interesse generale europeo, un elemento di equilibrio e di assestamento nei rapporti fra Stati europei, equilibrio e assestamento di cui l'esistenza di uno Stato austriaco indipendente rappresenta un elemento costitutivo. Lo stesso Cancelliere tedesco ha di-chiarato che è assurda l'affermazione che il Reich tedesco abbia l'intenzione di sopraffare lo Stato austriaco.

In risposta all'appello rivoltogli il Governo italiano riconferma pertanto al Governo austriaco il proposito di rispettare pienamente gli obblighi e di esercitare pienamente i diritti che derivano dai Trattati all'Italia nei riguardi dell'indipendenza della vicina Repubblica. Esso si augura che la documentazione che il Governo austriaco ha raccolto e fatto conoscere possa condurre ognuna delle parti interessate ad una più esatta valutazione di tutti i fattori .che entrano in giuoco in questa complessa questione, e che per·ciò non vi sia bi-sogno di ulteriori dibattiti che sarebbe evidentemente opportuno di evitare,

*ma ai quali l'Italia parteciperebbe cogli intendimenti in questa nota precisati * (1).

(l) -Questo progetto di nota fu comunicato, oltre che al Governo austriaco a Chambrun e Drummond (cfr. DDF, voi V, cit., pp. 670-671; D B vol. VI, cit., pp. 400-402). Il test<> definitivo è quello edito al n. 701, allegato. (2) -Cfr. n. 670. (3) -A questo punto in una prima redazione è inserito il seguente brano, poi soppresso:
685

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 255/20 R. Roma, 12 febbraio 1934, ore 13.

V. S. può informare confidenzialmente il vi-ce-cancelliere e Starhemberg sulle idee del capo del Governo quali risultano dal telegramma 19 (2) facendo sapere che in questo senso è stato parlato al cancelliere.

686

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 640/65 R. Vienna, 12 febbraio 1934, ore 22 (per. ore 5,45 del 13) (3).

Telegramma di v. E. n. 19 (2).

Ho veduto testé (ore 17) cancelliere austriaco.

Egli condivide interamente vedute di V. E. e l'assicura che andrà fino in fondo.

Circa avvenimenti odierni cancelliere austriaco mi ha detto che socialdemocratici di Vienna hanno proclamato sciopero generale e mobilitazione dello Schutzbund per solidarietà verso socialdemocratici di Linz dove era stato proclamato stato di assedio, avendo socialisti aperto fuoco contro gendarmeria e uccidendone 2 i quali dovevano procedere ad un sequestro di armi.

Governo federale che aveva proclamato stamane anche a Vienna stato di assedio ha, illl seguito alle decisioni socialiste, proclamato pure «lo stato di aperta insurrezione >> che permette immediato deferimento tribunale speciale che può applicare pena di morte.

Alla pena è stato già condannato uccisore di un gendarme colpito stamane a Vienna in una officina degli operai del gas. MUIIlicipio di Vienna attualmente circondato da truppe verrà sgomberato e affidato commissario governativo.

Circa eventuali intese fra nazisti e socialdemocratici cancelliere austriaco mi ha detto i nazi sono rimasti completamente sorpresi dagli improvvisi avvenimenti e che non risulta finora alcuna loro partecipazione all'azione dei socialisti.

Governo ha già provveduto ripristinare luce elettrica.

È stato anche assicurato servizio telefonico. Città è calma.

Corpi militarizzati e truppe sbarrano vie di accesso al centro.

Resto del paese è tranquillo. Ho trovato ·cancelliere austriaco molto sereno.

Egli si è mostrato particolarmente sensibile al messaggio di V. E.

(l) -Il brano tra asterischi è autografo di Mussolini. Il Governo austriaco rispose il 14 febbraio ringraziando e precisando di non aver sollecitato «formalmente» Il parere del Gove.rno italiano circa il dossier trasmesso: pertanto la frase «in risposta all'appello rivoltogli » avrebbe dovuto esse.re modiflc·ata. (2) -Cfr. n. 683. (3) -Il contenuto del presente telegramma era già stato comunicato per telefono da Preziosi alle ore 17,30.
687

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 641/131 R. Londra, 13 febbraio 1934, ore 0,52 (per. ore 5,45).

Aghnides oggi è venuto a vedermi e mi ha messo al corrente intenzioni di Henderson Avenol e Benes circa ripresa lavori conferenza disarmo. Secondo Avenol bisogna lasciar alle grandi Potenze tempo e libertà svolgere negoziati in corso.

Egli considera che compromesso italiano dovrebbe essere preso come base tali negoziati, perché più pratico e meglio rispondente alla situazione internazionale. Convocare ora conferenza signincherebbe, forse, provocare fallimento delle conversazioni e compromettere lavoro già compiuto.

Benes è d'avviso contrario, egli crede che bisogna convocare subito ufficio presidenza e premere il tal senso su Henderson.

Questi è incerto: da una parte si rende conto che ripresa conferelllza sarebbe oggi un errore, dall'altra teme di mostrarsi poco energico e poco attivo come presidenza conferenza.

Avenol fa opera di persuasione e Aghnides mi ha .chiesto se potevo appoggiare tale opera. Dopo di essermi consultato con S. E. Suvich ho fatto sapere a Henderson che V. E. ritiene che una prematura riunione ufficio presidenza potrebbe com

promettere buon andamento negoziati in corso fra le grandi Potenze, negoziati nei quali risiede sola speranza di qualche risultato concreto.

Posso aggiungere che Foreign Offke divide questo punto di vista, tanto più che esso per suo conto crede dover attendere risultati del viaggio di Eden a Parigi, a Roma e a Berlino.

688

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 706/025 R. Londra, 13 febbraio 1934 (per. il 16).

In base alle istruzioni contenute nel telegramma di V. E. n. 35 (1) ho ripreso •con il Foreign Office l'esame delle varie questioni relative agli Istituti e le associazioni italiane a Malta che hanno formato l'oggetto delle conversazioni avute costà con sir Eric Drummond. Ho trovato il Foreign Office più che altro stupito nell'apprendere che tali questioni non sono state ancora regolate, e devo aggiungere, poco disposto a entrare in nuove discussioni. Esso aveva l'impressione -in base naturalmente a informazioni ricevute dal governatore di Malta -che le Hcenze concesse ai nostri istituti e alle nostre associazioni erano in corrispondenza ·con le conversazioni diplomatiche svoltesi a Roma. Ho perciò anzitutto chiacrito questo equivoco, e messo in rilievo le riserve che erano state fatte da V. E. alle comuni•cazioni di sir Eric Drummond.

Ho aggiunto ·che per noi le questioni erano tuttora aperte, e che io avevo istruzione di riprenderne l'esame insistendo sul nostro punto di vista. Poiché dal telegramma di V. E. sopra·citato mi è sembrato di intendere che V. E. considera le nostre richieste come un minimo; io mi sono astenuto dall'avanzarle fin dal primo momento senz'altro, ma ho solo genericamente a·c•cennato che

V. E. poteva essere disposto a qualche concessione ove il Governo britannico fosse venuto incontro ai nostri desideri e che sarebbe stato utile studiare intanto su quale terreno si sarebbe potuto venire ad un compromesso. Ho quindi esposto le varie soluzioni •contenute nel telegramma di V. E. solo come un compromesso POISsibile, al quale V. E. avrebbe potuto eventualmente accedere. Il Foreign Office, pur facendo tutte le riserve possibili 'Cir•ca la possibilità di persuadere il Governo di Malta a modificare le sue decisioni, ha tuttavia accettato di discuterle.

Espongo ora a V. E. punto di vista del Foreign Office:

Organizzazioni giovanili -Sembra al Foreign Offi.ce che sia possibile cercare una soluzione sulle linee indicate da V. E. Un ente puramente ginnastico potrebbe essere presentato come parte della organizzazione scolasti·ca; ma, per questo, secondo il Foreign Office, esso non dovrebbe avere un carattere e un aspetto politico come il Governo di Malta ritiene che abbiano le organizzazioni giovanili. Dovrebbe avere un carattere scolastico e dovrebbe essere lasciata libertà agli allìevi delle scuole italiane di farne parte o no.

Istituto Umberto I -Il Fore.ign Office mi ha detto che la cifra di 350 allievi rappresenta già il risultato di un compromesso tra la nostra richiesta di 350 allievi e la proposta del governatore di 310. Ho risposto che questo non mi risultava. Mi risultava che l'impegno assunto originariamente da sir Eric Drummond era di lasciare all'Istituto Umberto ro lo stesso numero di scolari che l'Istituto aveva nel 1932. Egli aveva anche suggerito la cifra di 330, ma non vi era stato alcun compromesso da parte nostra. Noi ci atteniamo all'impegno preso da Drummond. Vi è una questione di fatto circa il numero degli allievi dell'Istituto al '32, e tale questione può essere risolta solo di comune accordo tra il governatore di Malta e il R. console generale con una revisione delle cifre.

Il Foreig111 Offke insiste sul concetto che la cifra di 330 è il risultato di un compromesso raggiunto a Roma con sir Eric Drummond. Sarò grato di darmi qualche precisione su questo punto.

Istituto di cultura -Le informazioni inviate al Foreign Office dal governatore differiscono dalle nostre. Secondo il Foreign OfHce la limitazione posta all'Istituto è che esso non deve ammettere sudditi britannici se non in numero pari a quello dei soci. Esso mi ha ,confermato tuttavia la limitazione quanto al numero delle conferenze e dei concerti.

Non mi è stato difficile dimostrare quanto complicato ed assurdo sia questo sistema e come esso si presti a suscitare continuamente degli incidenti, che è nell'interesse dei due Governi evitare. Il Foreign Offi<:e mi ha promesso che riprenderà in esame la cosa.

Intanto pregherei V. E. di volermi far avere il testo delle licenze concesse, e le lettere che si sono scambiate il governatore di Malta e il R. console generale, lettere alle quali il For,eign Office 'SÌ è più volte rifeirto, e che mi è naturalmente indispensabile conoscere.

(l) T. 172/35 R. del 30 gennaio, inviato anche a Malta, non pubblicato poiché riproduce la sostanza del n. 519.

689

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 13 febbraio 1934.

L'Ambasciatore Chambrun ha ricevuto comunicazioni da Parigi.

In primo luogo tiene a ,comunicarmi un incarico avuto dal signor Barthou, nuovo Ministro degli Affari Esteri, il quale chiede che sia ricordato a S. E. il Capo del Governo il loro incontro di tempo addietro e confida che i due Governi, nella simpatia e nella fiducia reciproche, possano fare opera costruttiva nell'interesse della pace generale (1).

L'Ambasciatore Chambrun mi dà pure l'allegata copia della risposta fran

cese all'Austria <1).

Per quanto riguarda il progetto delle dichiarazioni da noi avanzate (2), il

Governo francese pure apprezzando in tutto il suo valore il nostro punto di

vista, ritiene che le tre dichiarazioni che per necessità di cose dovrebbero

essere diverse, potrebbero dare l'impressione di una mancanza di accordo fra

le Grandi Potenze.

Il Governo francese non può naturalmente sconsigliare l'Austria dal ricorso

alla Società delle Nazioni e ci chiede se riservando il giudizio in merito alla

questione al momento in cui si avrà la discussione a Ginevra, noi non prefe

riremmo per ora fare, le tre Potenze d'accordo, un comunicato presso a poco

del seguente tenore:

« Les •conversations poursuivies entre les trois Gouvernements à la suite

de la demande du Gouvemement de Vienne, ont fait ressortir la communauté

des vues sur la nécessité d'assurer le maintien de l'indépendance et de l'intégrité

de l'Autriche ).

Rispondo all'Ambasciatore Chambrun che noi ritenevamo nel momento

attuale poco opportuno il ricorso a Ginevra, dato che non si vede quale risultato · pratico lo stesso potrebbe portare. Un risultato ambiguo potrebbe essere più a favore dei nazi che del Governo di Vienna. Ciò tanto più ora che la situazione in Austria era chiarita nel senso che uno dei pericoli che minacciavano quel paese deve considerarsi eliminato e quindi la posizione del Governo rafforzata, potendo impiegare tutto il proprio sforzo contro il nazional-socialismo che del resto dagli attuali avvenimenti •che gli tolgono l'arma principale della sua

campagna contro il Governo austriaco, dovrebbe riuscire diminuito.

Noi insistiamo per il nostro punto di vista.

L'Ambasciatore chiede se non si potrebbero fondere le proposte italiane

e quelle francesi.

Gli dico che la cosa non mi pare facile.

Egli prega comunque di riflettere e di dargli una risposta possibilmente

dentro questa sera.

(l) Con t. 799/94 R. del 22 febbraio, non pubblicato, Pignatti comunicò, fra l'altro, avergliriferito Jouvenel che l'ostilità di Barthou al patto a quattro derivava dal fatto che egli era fermamente convinto che l'Italia fosse favorevole all'Anschluss.

690

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 13 febbraio 1934.

Colloquio con l'Ambasciatore di Germania.

Per conto del suo Governo è venuto a feUcitarsi per il modo con cui finora il rappresentante dell'Italia ha diretto a Ginevra le discussioni sulla Sarre. Il Governo tedesco, mi ha detto, ripone in esso piena fiducia.

Di fronte a tale imbarazzante dichiarazione m'è parso opportuno, dopo aver ringraziato, far presente a von Hassel che avevo l'impressione che ti Governo tedesco non si rendesse tutto il dovuto conto della difficoltà della situazione che si va delineando nella Sarre.

Oltremodo accetta mi riusciva la fiducia di una delle parti interessate, che avrebbe potuto agevolare il mio compito, ma a patto che tale fiducia non derivasse da una visione troppo ottimistica che velasse la non facile realtà delle cose. Così per esempio, avevo ragione di ritenere che il Governo tedesco non si rendesse il giusto conto del danno ,che alla stessa causa tedesca arrecavamo le violenze naziste, che, piuttosto che avvicinare la soluzione del problema, facevano il giuoco degli avversari giustificando i loro ricorsi e la loro richiesta di severe misure di ordine rivolte contro la violenza nazionalsocialista.

Ho tenuto cosi a rinforzare la tinta pessimistica del quadro della situazione per assi'curarmi sin dal principio verso i ,contendenti la massima libertà di azione, 'Che possa poi essere il meglio possibile manovrata in difesa degli interessi italiani anche in altre zone d'Europa, in ottemperanza con le istruzioni che V. E. si compiacerà di darmi in prosieguo di tempo.

Von Hassell mi ha chiesto poi del disarmo. Gli ho risposto che eravamo allo stesso punto, in attesa delle decisioni che oggi avrebbe preso Henderson a Londra sull'eventuale aggiornamento della Conferenza.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 669.
691

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA. Roma, 13 febbraio 1934.

The Austrian Government have expressed the intention to avail themselves of the right, wich they undoubtedly possess, to bring their complaints against Germany to the League of Nations under Article 11 of the Covem.ant. Indeed, Dr. Dollfuss has already ,committed himself so openly to this course as to make retreat in his own interest inadvisable. It is feared that any pressure or inducement to him to back out at this stage would be a serious disservice to his prospects of maintaining himself. The decision to appeal to Geneva is, however, one which rests on the responsibility of the Austrian Government alone. His Majesty's Government wou1d not be justified in discouraging the Austrian appeal unless they could propose some alternative proceduxe more likely to deter Germany from the course which she is now pursuing.

2. The Italian draft declaration (l) is no doubt intended to provide such a procedure: but though His Majesty's Government would not, of course, desire to dissuade the Italian Government from making any statement of their views which they may think proper, they cannot feel that anything in this declaration, whether made by the Italian Government alone or by the three interested Powers, is likely to di:ssuad·e the German Government from their present course. It is quite possible that efforts of the Council would be equally unsuc

cessful. But the League procedure already exìsts, and His Majesty's Government fear that it would be useles:s and embarrasing to undeavour to substitute for it an alternative procedure which seems to them to have even les chance of producing the desired result.

3. -His Majesty's Government are convinced that no further declaration by them will add weight to what they have already said in Parliament and in their communi'cation to the Austrian Minister in Londcm. They also doubt whether declarations on the Italian model made by the three Powers would subsequently facilitate proceedings at Geneva. 4. -The Italian Government are already aware of the reasons why His Majesty's Government do not desire to make any pronouncement on the Austrian dossier.

(l) Cfr. n. 684.

692

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 676/77 R. Parigi, 14 febbraio 1934, ore 13,30 (per. ore 18).

Ho fatto ieri sera la prima visita al ministro Barthou che mi ha accolto con abbondanza di parole cortesi all'indirizzo di V. E. e con profferte di amicizia per il nostro paese.

Ho risposto sobriamente esprimendo la certezza che avrei trovato in lui l'appoggio che mi avevano accordato i suoi predecessori. Ho avviato quindi la conversazione sul problema del disarmo e poi sull'Austria. Il ministro, e non potrebbe essere altrimenti, di-ce che non ha avuto il tempo di mettersi al 'corrente. Lo interessano in modo speciale gli ultimi avvenimenti e più particolarmente le due note che ha inviate a Berlino e a Vienna.

Barthou ~conosceva testo della nostra nota all'Austria (l) che mi ha analizzato. L'ho seguito come ho potuto perché non ho ri,cevuto ancora quel doeumento.

Ministro ha detto di considerare molto felice redazione della prima parte.

Riconoscimento della parità dei diritti alla Germania affermato nella seconda parte della nota 'Corrispondente, ha osservato Barthou, alla tesi apertamente sostenuta al riguardo dall'Italia.

Il ministro trova invece che la terza parte non permette di apprezzare con precisione il pensiero del Governo italiano, lasciando adito sia al ricorso alla S.D.N., che a un passo concertato delle Potenze, come anche ad un intervento diretto in Austria.

Non ho avuto bisogno di replicare perché il ministro degli affari esteri, senza darmi il tempo di rispondere, ha cambiato argomento. D'altra parte non avrei potuto dirgli che la sua crit~ca costituiva a mio avviso, il pregio della nota italiana.

(l) Cfr. n. 684.

693

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A LONDRA, GRANDI, A PARIGI, PIGNATTI, E AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 266 R. Roma, 14 febbraio 1934, ore 24.

(Per Berlino e Vienna):

Ho telegrafato Parigi Londra quanto segue:

(Per tutti) :

Giorni or sono Governo austriaco ha fatto presentare a tre Potenze Italia, Francia, Inghilterra materiale preparato per Ginevra relativo illecita ingerenza Germania in questioni interne Austria.

Governo austria.co chiedeva conoscere d'urgenza nostro avviso ed insieme avviso altre due potenze dato che in seguito a propria di,chiarazione di voler ricorrere a Ginevra un eccessivo ritardo offriva pericolo di dare una impressione di debolezza di fronte Governo germanico. Preso contatto con questi ambasciatori di Francia e di Inghilterra {1) abbiamo consigliato una dichiarazione separata ma analoga da parte delle tre potenze. Abbiamo consegnato anche schema di quello cile sarebbe stata nostra dichiarazione (2). In tale dichiarazione è detto che non pare possibile, senza negare l'evidenza, di non riconoscere l'esistenza di una attività continua e sistematica che si svolge dall'estero in territorio austriaco ai danni deJ Governo e Stato austriaco. Ne consegue diritto Governo austriaco:

l) Ottenere cessazione detta ingerenza; prendere tutte misure necessarie per difendere indipendenza Austria ed ottenere tranquillità interna. Esprime speranza che parti interessate siano condotte ad una più esatta valutazione di tutti gli elementi della complessa vertenza. Se Governo austriaco fosse indotto fare ulteriore passo troverebbe anche in questo assistenza Governo italiano. Fino qui progetto nostra dichiarazione.

Noi riteniamo ricorso a Ginevra né pratico né utile e ciò indipendentemente da nostro atteggiamento e giudizio in genere verso Società Nazioni. Germania è assente e difficilmente si adatterebbe inchiesta. D'altra parte documentazione presentata è politicamente probante, ma giuridicamente come sempre in casi analoghi fadlmente contestabile. Prevenzione germani•ca e reazione sarebbero certamente a1cuite.

Con dichiarazioni da noi proposte si sarebbe invece ottenuto: -dare netto e deciso sostegno all'Austria; evitare mediante dichiarazioni analoghe ma separate impressione coalizione anti-germani·ca che potrebbe rendere più imbarazzante posizione Governo austriaco; se ad onta di tutto ricorso Società Nazioni fosse ritenuto necessario tale via sarebbe stata sempre aperta ed anzi attuale ulteriore tentativo da noi proposto avrebbe dato ragione agire con maggiore energia.

Oggi pervenute risposte inglese e francese (1).

Gran Bretagna ritiene non potersi pronunciare su documenti che devono

formare oggetto inchiesta Ginevra, non crede procedura da noi prevista possa

portare effetto desiderato, preferisce perciò procedura esistente Ginevra anche

se incerto è l'esito del ricorso Società delle Nazioni che verrebbe fatto sotto

esclusiva responsabilità Governo austriaco.

Governo francese non crede poter trattenere Austria da ricorso Società

Nazioni; teme che dichiarazioni singole tre potenze fatte forma diversa potrebbe

dare impressione disaccordo fra le stesse e indebolire posizione Dollfuss; pro

pone, dando corso appello Austria Società Nazioni, pubblicazione comunicato

in cui tre potenze a seguito della demarche del Governo austriaco mettono in

rilievo la comunanza di vedute sulla necessità di assicurare l'indipendenza e la

integrità dell'Austria.

Anche dopo tali risposte nostra opinione relativa pregiudizio che può deri

vare da ricorso Ginevra rimane immutata anzi rafforzata da avvenimenti odierni

austriaci. Oltre ragioni già sopra ricordate, abbiamo infatti impressione che avve

nimenti in corso in Austria portino a nuova situazione: da una parte raffor

zamento posizione Governo austriaco che ha dimostrato poter reprimere con

grande energia una rivolta fatta con straordinaria violenza e con grandi mezzi,

d'altra parte imbarazzo partito nazionalsocialista che avendo basata tutta propria

campagna su debolezza Governo austriaco e sua solidarietà con austro-marxi

smo, vede oggi smentita da fatti base propria campagna.

Si può anche pensare che tale nuova situazione potrebbe offrire occasione

opportuna ai nazi per attenuare loro azione in Austria senza compromettere

eccessivamente prestigio regime hitleriano.

Evidentemente ogni possibilità questo genere sarebbe esclusa quando fosse

avviata procedura Ginevra.

Ho fatto anche comunicazione Vienna tali nostri apprezzamenti (2).

Ho tuttavia ritenuto di aderire alla proposta francese per un comunicato

delle tre potenze che nella forma definitiva dovrebbe essere del seguente

tenore:

«Les conversations poursuivies entre les trols Gouvernements de France, de Grande Bretagne et d'Italle à la suite de la démarche du Gouvernement de Vienne, ont fait ressortir la communauté des vues sur la nécessité et la volonté d'assurer le maintien de l'indépendance et de l'intégrité de l'Autriche ».

Nell'aderire a tali proposte ho considerato soprattutto l'importanza che può

avere nel momento attuale in cui Dollfuss è seriamente impegnato contro la

socialdemocrazia l'appoggio oltre che del Governo italiano, che è acquisito,

anche quello del Governi francese e inglese.

Si attende ora l'adesione inglese per pubblicare il comunicato. La que. stione è urgente perché prima si fa il ·comunicato e maggiore è la sua efficacia.

Tale comunicato non pregiudica la questione del ricorso comune alla So

cietà delle Nazioni.

Fermo rima111endo a tale riguardo il nostro punto di vista sopra indicato non ritengo conveniente dare l'impressione all'opinione pubblica mondiale di un dissidio fra le Grandi Potenze in questo momento.

Perciò alla dichiarazione più sopra indi,cata, che avrebbe dovuto essere fatta in forma ufficiale, darò invece un carattere ufficioso riservandomi di farla pubblicare al momento più opportuno.

Inoltre darò una risposta formale al Governo austriaco nello stesso modo come l'hanno fatto le altre due Potenze.

Prego V. E. di voler esporre a codesto Governo il punto di vista del Governo italiano confermando a111che che se il Governo austriaco dovesse tuttavia ricorrere a Ginevra non verrà a mancargli l'appoggio italiano.

V. E. vorrà anche richiamare l'attenzione di codesto Governo sulla urgenza della questione.

(1) -Cfr. n. 669. Il verbale del collloquio di Suvich con !",ambasciatore di Gran Bretagna non è stato rinvenuto. Cfr. DB, vol. VI, clt., pp. 393-394. (2) -Cfr. n. 684. (l) -Cfr. nn. 689 e 691. (2) -Cfr. n. 697.
694

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 726/022 R. Vienna, 14 febbraio 1934 (per. il 17).

Al Ballplatz mi è stato detto che se la visita del cancelliere a Budapest aveva dato luogo a cordialissime manifestazioni austro-ungarrche, essa non aveva tuttavia raggiunto alcun concreto risultato.

Infatti nei colloqui di Budapest:

1) era stato di nuovo consacrato il concorde desiderio di aumentare il più possibile gli scambi commel'ciali fra i due paesi, formulando il generico voto che mentre l'Ungheria dovrebbe astenersi dal comperare altrove merci che essa potrebbe ritirare dall'Austria per l'intero suo fabbisogno (come ad esempio per il legname che l'Ungheria importa attualmente non solo dall'Austria, ma anche dalla Romania), l'Austria dal canto suo dovrebbe seguire un identico principio per quelle importazioni che potesse integralmente coprire con provenienze ungheresi.

2) erano stati toccati tutti i problemi di politilca estera attuali, senza tuttavia approfondirne nessuno; 3) si era infine caduti d'accordo sull'opportunità di un convegno a tre Italia, Austria, Ungheria -da tenersi a Roma.

Per contro, da parte ungherese mi è stato detto che il presidente GombOs si era di proposito completamente astenuto dal tener parola al cancelliere Dollfuss delle trattative che questi ha creduto di poter iniziare nel gennaio scorso con i nazionalsocialisti ed anzi con lo stesso signor Habicht, senza avvertirne previamente in alcun modo Budapest. Al riguardo mi è stato anzi rilevato che la reazione dimostrata dal Dollfuss al noto viaggio del Gomb1is a Berlino appare in oggi del tutto oltrepassata ed ingiustificata di fronte al segreto mantenuto dal Governo austriaco nei riguardi dei suoi approcci con i nazionalsocialisti. Allo stesso tempo detto mio informatore ungherese mi ha fatto comprendere che la Germania· sarebbe tutt'altro che favorevole ad un'unione doganale austro-ungherese.

D'altra parte, per quanto riguarda l'Austria, desidera segnalare che se a giustificazione del suo esitante atteggiamento per detta unione possono esservi delle ragioni economirche effettive -del genere di quelle prospettate recentemente dal cancelliere a S. E. Suvtch -sussistono tuttavia in alcuni elementi del Ballplatz, ad esempio il signor Hornbostel, (oggetto della mia comunicazione segreta in data odierna), (1), dei partiti presi che sono interamente d'ordine poliUco, e che si basano soprattutto sulla segreta e gelosa determinazione di non fare alcunché che possa riuscire non gradito alla Francia.

Ora, dato quanto precede, ed in relazione anche alle considerazioni che già ebbi l'onore di prospettare all'E. V. con il mio telegramma per corriere n. 230 del 28 dicembre u.s. (2) (e cioè: attività del Consiglio economico della Pi-ccola Intesa; possibilità che piani francesi del tipo Tardieu o Chambrun vengano riaffacciati; o che il piano danubiano italiano venga, con opportune e sapienti deformazioni, adoperato per adescare Vienna nei piani generali della Piccola Intesa) mi sembra che nelle riunioni a tre di Roma, qualora non possa raggiungersi una 'completa unione doganale, sia da tentare alcunché atto ad ovviare in qualche maniera ai sopra accennati pericoli. Ad esempio, una dichiarazione con cui Vienna e Budapest s'impegnino a non accedere ad accordi economici né con la Piccola Intesa, quale ente collettivo, né con qualsiasi delle nazioni che la compongono, senza che gli altri interessati ne siano preavvertiti.

Non posso difatti nascondere la mia viva preoccupazione che Vienna (nella sua estrema cura di non fare alcunché che possa alienarle le simpatie della Fra.ncia) e Budapest (nella sua estrema cura di non alienarsi le simpatie della Germania) possano non tanto -continuare all'infinito verso di noi, a dLmostrarci soltanto buone intenzioni, e disposizioni di principio, ma pure decidersi nn giorno, sotto l'aculeo di contingenti convenienze politiche, a valersi delle possibilità d'intesa con gli Stati vicini, consentite dal memorandum danubiano italiano, per procedere ad accordi che non siano del tutto confacenti alla linea politica tracciata dall'Italia.

695

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 14 febbraio 1934.

Il signor Chambrnn è venuto a trovarmi nuovamente per parlarmi della questione dell'Austria. Mi ha detto di avere preso nota della risposta inglese, che conferma l'intenzione di non scoraggiare in nessun modo l'Austria del ri

corso a Ginevra. In tali condizioni l'Ambasciatore francese si permette di insistere nuovamente sulla opportunità di un comunicato come proposto dal suo Governo che consacri l'identità di vedute delle tre Potenze sulla indipendenza dell'Austria. Gli pare che in questo momento mentre Dollfuss è così fortemente impegnato in una lotta interna, un comunicato del genere potrebbe dargli un notevole aiuto. Egli pensa che forse alla forma del comunicato come prospettatomi ieri (1), si potrebbero aggiungere ancora le seguenti parole: «et leur volonté d'assurer l'observation des traités qui la consacre ».

Osservo all'Ambasciatore che noi siamo sempre più persuasi della inopportunità che l'Austria si rivolga a Ginevra e ci pare che l'unico modo di evitare tale procedura, sia quello delle dichiarazioni come da noi proposto.

L'Ambasciatore osserva che anche il comunicato lascia libero all'Austria di scegliere poi la sua via in quanto non sarebbe in stretta connessione col ricorso a Ginevra. Egli attende comunque una nostra risposta prima di rivolgersi nuovamente a Parigi.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 513.
696

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

PROMEMORIA S. 80129. Roma, 14 febbraio 1934.

Un conflitto con l'Abissinia -come, del resto, ho già in altre occasioni enunciato, si presenta con le seguenti 3 ipotesi.

a) guerra a carattere prevalentemente difensivo, che non esclude però l'opportunità di qualche azione ,controffensiva;

b) guerra offensiva;

c) guerra difensiva; ma con intenzione, per parte nostra, di controffensiva a fondo.

Il caso a) potrebbe verificarsi nella circostanza che noi fossimo impegnati in Europa in modo da non poter distrarre nulla, assolutamenete niente, di ciò che può essere utile per la difesa della Madre Patria.

Il piano al riguardo è studiato e concretato. Con le sole forze e risorse in posto si può garantire la difesa della Colonia.

Il caso b) non ha probabilità di esecuzione. Sarebbe necessaria una pale'3e disorganizzazione tnterna dell'Impero Etiopico che ci desse la sicurezza dell'impossibilità per l'Imperatore di concentrare le forze dei dipendenti Ras.

Qualora ciò avvenisse sarebbe necessario l'invio dall'Italia delle 2 previste Divisioni, nonché di tutto il materiale necessario al completo del R. Corpo delle Truppe Eritree.

Il caso c) è quello da prendersi in maggiore considerazione per le ragioni esposte nella conferenza tenuta giorni or sono con il Maresciallo Badoglio e con

S. E. Suvich (3).

Poiché io devo tener presente le intenzioni mMlifestatemi in via del tutto

confidenziale, stimo opportuno esporre a V. E. quanto segue:

Tutti i preparativi e gli studi concreti io li faccio e li fo fare col presup

posto di cui al caso c).

Tenuto conto ·Che si avrebbero a disposizione 19 mesi prima dell'inizio delle

possibili operazioni, bisogna concludere che non vi è tempo da perdere.

Vi sono provvidenze che si potranno, anzi che sarà bene prendere soltanto

un paio di mesi prima del probabile inizio delle ostilità, ossia tra l'agosto e il

settembre del 1935 XIII.

Tali sono:

l) la formazione ed invio in Colooi:a della Divisione rinforzata metropolitana (una Divisione di fanteria ed un gruppo alpini) già prevista. Ritengo neceessario avere a disposizione questo nucleo di truppe metropolitane per tre ragioni:

-perché il nostro soldato è senza confronto più adatto per una tenace difensiva di quello che non lo sia l'indigeno. Ora la prima parte della nostra azione avrà, ·come si sa, ·carattere difensivo: noi dovremo far cozzare la massa abissina contro il nostro ben munito fronte;

-perché con questo avrò a mia disposizione una più imponente massa di manovra formata di truppe indigene rotte ai terreni africani, celerissime e pratLche per agire con la controffensiva a fondo;

-perché mi occorreranno truppe per guardarmi il tergo durante la mia

avanzata; per operare il disarmo delle popolazioni; per assicurarmi i riforni

menti.

Qualora V. E. lo credesse, •coo la grande unità metropolitana potrebbero es

sere inviati anche due battaglioni di Camicie Nere, purché ben comandati e

completamente equipaggiati.

2) L'invio delle armi e munizioni necessarie per completare il fabbisogno, eccezion fatta per alcune artiglierie di cui dirò in appresso.

3) L'invio degli appare•cchi per l'aviazione.

A questo riguardo l'E. V. mi accennò alla opportunità di mandare preven

tivamente in Eritrea, a poco a poco, l'aliquota di aeroplani necessaria (72 da . bombardamento e, forse, una squadriglia da 'caccia). Certo sarebbe buona cosa: ma occorre pensare alla impossibilità di ricoverare in hangars gli apparecchi

stessi; e non so se essi non si guastino tenendoli smontati nelle casse.

Con ciò non escludo l'opportunità che un paio di squadriglie siano colà av

viate un semestre prima della presunta epoca delle operazioni.

4) l'invio degli automezzi. Anche di questi un'aliquota potrebbe essere mandata in antecedenza di qualche mese.

Vi sono invece materiali -pochi -che è opportuno, direi necessario, che siano mandati in colonia al più presto. E sono:

a) 30 pezzi da 105 per sostituire i cannoni rigidi da 120.

Con l'intenzione di volere poi procedere con una controffensiva a fondo, è necessario avere sulle nostre posizioni una azione distruttiva di fuoco, solo possibile con bocche da fuoco a tiro rapido.

Per questa ragione stessa dello sviluppo dell'azione di fuoco, ripeto la richiesta di 8, o almeno 6, cannoni da 152/37.

b) 50 pezzi da 77/28 per ,completare l'armamento dei forti;

c) una aliquota di mitragli,!J.trici leggere per armarne i battaglioni indigeni di nuova formazione;

d) le munizioni per le mitragliatrici Schwarzlose, già richieste al Ministero della Guerra, il quale non ne ha e deve pensare a provvederle.

È, infine, indispensabile -come già dissi a voce -iniziare subito i lavori stradali, base precipua della nostra potenzialità logistica: per questo mi occorrono i fondi al più presto possibile.

L'opera di preparazione -che è già in atto in colonia -nel modesto limite della disponibilità di mezzi -bisogna che sia iniziata anche in Italia. Ma è indispensabile segretezza assoluta; quindi scrivere il meno possibile. Per quanto 'Concerne il Ministero delle Colonie ne rispondo, perché le lettere Segrete me le scrivo io e le fa,ccio dattilografare sotto la mia personale sorveglianza.

Perciò io dovrei essere autorizzato a trattare personalmente coi Sottosegretari della Guerra e dell'Aeronautica in merito alla preparazione di che trattasi e nei termini qui enunciati in sintesi.

Tutti i materiali che mi occorrono mi devono essere forniti dal Ministero della Guerra, principalmente, e da quello dell'Aeronautica: ma mi devono essere ceduti gratuitamente; magari a titolo di prestito, nel senso che la colonia, a guerra 'conclusa, restituirà i materiali divenuti esuberanti ancora servibili e nello stato in cui saranno. Se io dovessi pagare non potrei avere proprio niente.

Ora è certo ,che dal Ministero della Guerra si obietterà che i materiali che dovrebbe cedere a quello delle Colonie sono di quelli che servono per la difesa del territorio.

Lo so: ma l'eccezionalità del caso deve avere qui il sopravvento.

Se ciò non avvenisse è meglio fin d'ora rinunciare ad ogni impresa. Sarebbe delittuoso, trattandosi di un'impresa coloniale, il voler far capitale su possibili improvvisazioni.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'Aviazione, la quale, oltre al materiale, deve pensare a fornire anche il personale.

Vi è poi anche la questione ,che riflette essenzialmente i designati comandanti di grande unità e loro S. M., che sono tutti di nuova formazione e vi è, importantissima, la preparazione politica.

Ma per l'una e l'altra basterà provvedere quando io sarò sul posto. Qualora l'E. v. avesse da obiettare qualche cosa a questa mia esposizione pregherei notificarmelo -anche a voce -perché io mi possa regolare. Ripeto: il tempo disponibile non è certo esuberante.

(l) -Cfr. n. 689. (2) -Da ASMAI. (3) -Su tale conferenza non sl è trovata documentazione.
697

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 265/21 R. Roma, 15 febbraio 1934, ore 1,30.

Ho avuto comunicazione delle risposte francese ed inglese alla démarche austriaca, nonché le risposte dei due Governi alla nostra proposta per le dichiarazioni analoghe ma separate delle tre potenze (1).

Dal telegramma, trasmesso per conoscenza (2), V. S. rileverà tali dati nonché il nostro punto di vista. Voglia esporre tale nostro punto di vista al cancelliere.

Ritengo che effettivamente il Governo austriaco domata l'attuale rivolta debba considerarsi rafforzato. Difatti:

-il Governo austriaco ha eliminato un fronte nemico. È supponibile che parte della massa socialista passi nelle file del fronte patriottico. Bisogna provocare ed incoraggiare tale passaggio;

-Ha rafforzato l'attaccamento degli elementi patriottici che già agivano nell'ambito del Governo e si è probabi,lmente acquistato le simpatie di parte degli aderenti al movimento social-nazionalista, di quelli cioè che aderivano a quel partito piuttosto per mancanza di fiducia nell'azione del Governo contro i rossi, che per attaccamento alla Germania;

-Ha eliminato una pressione dall'estero tendente ad un accordo coi social-democratici, che poteva essere molto fastidioso per il Governo austriaco.

In tali condizioni è mia convinzione che il Governo austriaco può rinunciare al passo a Ginevra di cui sempre meno vedo le possibilità di esito pratico.

Il ricorso a Ginevra potrebbe invece riacuire le ostilità ed aprendo le polemi-che dare nuovo fiato al nazionalsocialismo che dagli avvenimenti odierni dovrebbe uscire scosso.

Prego V. S. farmi sapere con sollecitudine l'opinione al riguardo di codesto Governo.

Vorrà la S. V. sottoporre al cancelliere le seguenti mie considerazioni: sarebbe conveniente non appena Governo abbia debellato ultime resistenze ri~ voltosi organizzare grandi manifestazioni di attaccamento e di riconoscenza per il cancelliere e per i difensori dell'ordine.

Inoltre converrebbe che cancelliere appena possibile riunisse rappresentanti stampa austriaca e tedesca per spiegare origini e responsabilità del partito socialista democratico negli odierni avvenimenti.

Sembrami che argomento che può fare notevole impressione su opinione pubblica estera, specialmente su quella inglese ed americana che ha dimostrato essere molto male informata, sia seguente ,che risponde effettivamente alla verità ed alla realtà delle cose e cioè: partito socialista per molti anni ha

54 -Documenti Diplomattcj -Serie VII -Vol. XIV

accumulato armi ed apprestato opera per rivoluzione e conquista violenta del potere. Avendo attuale Governo dimostrato seria intenzione scoprire e sequestrare tali armi, partito socialdemocratico ha lanciato la parola della rivolta prima che fosse troppo tardi e che si trovasse disarmato.

Attendo anche su tale punto conoscere opinione codesto Governo (1).

(l) -Cfr. nn. 689 e 691. (2) -Cfr. n. 693.
698

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A LONDRA, GRANDI, A PARIGI, PIGNATTI, A WASHINGTON, ROSSO, E AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 268/CR. Roma, 15 febbraio 1934, ore 3,30.

(Per Berlino e per Vienna) ho telegrafato alle RR. ambasciate Londra, Parigi, Washington:

(Per tutti) V. E. accerti e occorrendo si adoperi perché codesta stampa metta in evidenza che impiego della forza fatto da Dollfuss a Linz, Vienna ecc , è stato la necessaria risposta all'uso delle armi fatto da parte socialcomunista, che nello sviluppo degli avvenimenti ha mostrato l'esistenza di una vera e propria insurrezione socialcomunista contro lo Stato austriaco, che solo sta domando l'energico intervento del Governo. È ormai dimostrato che l'insurrezione è scoppiata perché Dollfuss stava procedendo per evidenti ragioni di sicurezza al disarmo del partito social-comunista. Questi fatti V. E. metta pure in evidenza opportunamente presso codesto Governo.

(Per Vienna soltanto) V. S. informi Dollfuss delle istruzioni date con questo telegramma alle tre ambasciate di Londra, Parigi, Washington.

699

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 15 febbraio 1934.

L'Ambasciatore Chambrun è venuto a dirmi che è tuttora senza notizie sull'atteggiamento inglese nei riguardi del comunicato. Ha saputo che il Coosiglio di Gabinetto si era riunito stamattina, e si era sciolto senza aver nulla deciso; sapeva anche che avrebbe ripreso le conversazioni nel pomeriggio; egli ha telefonato già quattro volte a Parigi che a sua volta è in comunicazione coo Londra; non vuole insistere di più per non aver l'aria di esercitare una pressione.

Da Londra gli è stato detto che il Governo era in rapporti con Grandi sull'argomento e quindi egli pensa che da tale fonte noi avremmo potuto avere qualche notizia.

È opinione dell'Ambasciatore Chambrun -se Londra non rispondesse che Francia ed Italia pubblichino senz'altro le loro note, senza tenere ulteriore conto di ciò che farà l'Inghilterra.

(l) Per la risposta cfr. n. 705.

700

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 15 febbraio 1934.

È venuto a trovarmi l'Ambasciatore von Hassell in seguito ad un precedente colloquio occasionale nel quale gli avevo detto che gli avrei dato qualche informazione sulle trattative delle grandi Potenze per l'Austria.

Gli ho esposto brevemente la situazione mettendo in rilievo che la nostra opinione non è favorevole ad una andata dell'Austria a Ginevra. Per facilitare all'Austria il suo 'Compito si vorrebbe fare una dichiarazione separata da parte di ciascuna delle tre Potenze in cui si entrasse anche in forma molto sommaria in merito alla documentazione fornita, o, se questa procedura incontri delle difficoltà, si farebbe un comunicato comune in cui si riafferma il principio dell'indipendenza e dell'integrità dell'Austria. Ho aggiunto all'Ambasciatore di Germania che il nostro atteggiamento era dettato anche dalla presunzione che il partito nazionalsocialista avrebbe riconosciuto le benemerenze del Governo austriaco nell'aver debellato il marxismo e quindi avrebbe attenuato la lotta contro l'Austria.

Con nostra .grande meraviglia abbiamo visto invece che la posizione assunta in Germania era del tutto diversa e che poco manca che non si esaltino le guardie rosse che combattevano per la restaurazione del bolscevismo nell'Europa Centrale.

L'Ambasciatore von Hassell ha risposto non risultargli essere questo l'atteggiamento assunto in Germania; ha ringraziato per la comunicazione che gli ho fatta ed ha pregato vivamente di tenerlo informato sulla ulteriore fase della questione.

701

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, RINTELEN

APPUNTO. Roma, 15 febbraio 1934.

Ho consegnato al Ministro Rintelen la nota di risposta all'Austria.

Il ministro Rintelen ha chiesto da parte del suo Governo due lievi modiflcazioni di forma se la nostra nota dovesse essere pubblicata. L'ho informato dello stadio attuale della questione. Il Ministro Rintelen non ha informazioni da Vienna.

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALLA LEGAZIONE D'AUSTRIA A ROMA

PROMEMORIA 1426. Roma, 15 febbraio 1934.

Il Governo italiano ha l'onore di riferirsi alla comunicazione fattagli dal Governo austriaco e al materiale rimessogli relativo all'attività che dall'estero è svolta in Austria contro lo Stato e il Governo austriaco (1).

Il Governo italiano ritiene appena necessario -tanto gli sembra evidente --di dichiarare che il Governo austriaco ha il pieno diritto di prendere tutte le misure necessarie per difendere sul piano nazionale e su quello internazionale l'indipendenza e l'integrità dello Stato austriaco e per salvaguardare e consolidare la posizione che l'Austria occupa fra gli Stati europei e la funzione storica a cui essa è chiamata nella situazione politica dell'Europa. L'indipendenza e l'integrità dell'Austria sono del resto garantite dai Trattati e da Protocolli internazionali; e il Governo italiano riconosce e dichiara una volta di più la necessità e la volontà di assicurare il mantenimento dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato austriaco.

Il Governo italiano si augura che la documentazione raccolta e fatta conoscere dal Governo austriaco porti ad una più esatta valutazione della situazione e possa cosi condurre ad un utile chiarimento che faccia cessare senz'altro i fatti e l'attività lamentati. Ma ove ciò non avvenisse o comunque il Governo austriaco nel suo apprezzamento della attività rivolta contro lo Stato austriaco ritenesse necessario di procedere ad ulteriori dibattiti, come ne manifesta l'intenzione, -è superfluo di aggiungere che il Governo italiano interverrà a tali dibattiti con gli stessi intendimenti e con i fini che esso ha qui precisati.

702

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 277/25 R. Roma, 16 febbraio 1934, ore 16.

Faccia presente al cancelliere che a mio avviso sarebbe opportuno breve comunicato ufficiale riassuntivo delle operazioni svoltesi in questi giorni, in cui con corredo di cifre e dati precisi, sugli uomini, sul materiale, sugli apprestamenti, sia dimostrata preparazione e otrgan~zzazione il'ivolta da parte socialdemo.cratici e sia messo in chiaro che lo>tta da parte sovversivi è stata condo,tta da truppe rosse e non da massa popolazione operaia. *Sarebbe opportuno anche che Dollfuss facesse tali comunicazioni ai corrispondenti dei giornali esteri a Vienna. Sottolinei a Dollfuss il contegno della stampa italiana * (2).

703

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 720/52 R. Berlino, 16 febbraio 1934, ore 20,35 (per. ore 22,45j.

Parlandomi della nota francese rimessagli 14 corrente barone von Neurath mi ha detto che essa era apparsa al Governo del Reich poco garbata nella forma.

Quanto alla sostanza non riusciva a comprendere perché Governo francese non volesse una buona volta ammettere, come avevano fatto quelli tedesco e italiano, che non era possibile in questo momento disarmare e che occorreva quindi esaminare problema dal punto di vista del riarmamento moderato e togliere le attuali sperequazioni tra gli Stati.

Circa formazioni regolari tedesche ministro affari esteri confermò loro carattere non militare soggiungendo a titolo confidenziale, perché riteneva opportuno che Governo italiano lo sapesse, che Governo de.! Reich era però deciso, di mano in mano che si costituissero riserve militari mediante classi conge. date ... (l) istruite, di ridurre il numero delle S.A. e di togliere loro anche attuale apparenz;a militare eliminando frequenti assembramenti, marce in colonna ecc.

Controllo era stato ammesso dal Governo del Reich purché reciproco e limitato necessità esecuzione della convenzione da stipularsi. Germania riteneva quindi di avere ridotto sue pretese al minimo indispensabile e rigettava interamente sulla Francia responsabilità del ritardo nella conclusione di un accordo.

Rispondendo a mia domanda Neurath disse che Governo del Reich avrebbe risposto nota f,rancese e che, ancorché il testo non ne fosse stato ancora redatto, nuova nota sarebbe stata più o meno del tenore di quanto ho sopra riferito.

Alla mia osservazione che da una conversazione avuta con ambasciatore di Francia avevo tratto impressione che egli conside,rasse ormai chiuso il periodo deLlo scambio di note e venuto quello in cui sarebbe stato più opportuno trattare verbalmente sulla base concessioni reciproche, Neurath rispose vivacemente che il Governo del Rel.ch non si sarebbe lasciato indurre a una qualsiasi conve,rsazione al riguardo nello stato attuale delle cose.

Dopo qualche minuto di riflessione ministro affari esteri confermò, soggiungendo essere opportuno che V. E. ne fosse esattamente edotta a scanso di equivoci, che la Germania esigeva, prima di trattare verbalmente con aUre Potenze, che le fosse riconosciuta per iscritto e senza possibilità di dubbio la piena e intera parità dei diritti. Governo del Reich l'avrebbe poi, spontaneamente e volontariamente, limitata al possesso de'Ile armi difensive, rinunziando invece a quelle offensive.

Neurath intende parlare molto esplicitamente al ,riguardo al ministro britannico Eden, qui atteso la sera del 19 corrente, tanto più che il Governo del Reich considera che il Governo ing,lese con l'atteggiamento indeciso abbia nociuto alla risoluzione de'l problema.

Siamo rimasti intesi che ministro affari esteri mi informed dei suoi colloqui con Eden in modo che V. E. possa esse,rne edotta prima che questi giunga a Roma.

(l) -Cfr. n. 670. (2) -Il brano tra asterischi è autografo di Mussollnl.

(l) Gruppi lndec!frat!.

704

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 716/85 R. Parigi, 16 febbraio 1934, ore 21,20 (per. ore 24).

V. E. è a conoscenza risposta inglese circa comunicato tre potenze, tele

fonata or ora da Quai d'Orsay a Chambrun. Inglesi chiedono:

l. - soppressione parola «volonté 1>;

2. -che nei commenti del comunicato si prescinda dalla situazione odierna austriaca. Infatti, dicono al Qual d'Orsay, preparazione comunicato è precedente alla sommossa che ha occasionata repressione.

Ho intrattenuto lungamente segretario generale degli affari estert su inopportunità ricorso Società delle Nazioni dichiarando che se il Governo austriaco decidesse ciò non ostante addivenirvi, non gli mancherebbe appoggio Italia. Leger è stato su questo punto esplicito ed ~rremovibile.

Egli ha detto che il Governo f,rancese non modifiche,rebbe per nessun motivo sua linea di condotta. Ha aggiunto di potermi garantire in modo assoluto che se Austria non darà effetto entro pochi giorni al proposito manifestato, ricorso a Ginevra sarà presentato dall'Inghilterra o dalla Francia.

Il mio interlocutore ha detto di rendersi conto che il ricorso di una grande potenza assumerebbe un carattere politico e antipatico specialmente se l'iniziativa venisse dalla Francia. Però la situazione nell'Europa centrale è così agitata da necessitare, secondo segretario generale, che il problema austriaco sia portato al più presto sul terreno internazionale per neutralizzarne l'acutezza. Governo francese non si preoccupa della decisione che potrà prendere la Società delle Nazioni. L'interessante è che la questione sia discussa a tempo in sede internazionale.

Nell'accennarmi al fermento dell'Europa centrale, Leger mi ha nominato la Jugoslavia e l'Ungheria sfuggendo poi dal chiarire l'allusione.

Anche Benes, nel parlarmi stamane del suo atteggiamento nella questione austriaca, mi ha detto oggi che nemmeno Romania e Jugoslavia non vedevano quel problema nello stesso modo della Cecoslovacchia.

V. E. giudicherà se, associato che un ricorso a Ginevra ci sarà in ogni caso, non sia d.i natura che lo promuova il Governo austriaco.

705

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 718/78 R. Vienna, 16 febbraio 1934, ore 22,20 (per. ore 7 del 17). Telegramma di V. E. 21 (1). Cancelliere austriaco, rimasto visibilmente impressionato dagli argomenti

che secondo V. E. dovrebbero sconsigliare Governo federale a rinunziare ad un ricorso a Ginevra, si riserva di ponderarli con la maggiore attenzione.

Tuttavia la sua pdma impressione era che nelle attuali cGndizioni, e cioè allorquando la Germania intensifica in modo così violento sua campagna ed il deputato Habicht non esita a pronunciare discorsi del genere di quello ierl sera, il recedere da Ginevra potrebbe parere una esagerata e pericolosa remissività.

Ad ogni modo egli ritiene che per il momento occol1l"e attendere le ripercussioni che eventualmente potrà avere sull'atteggiamento tedesco la pubblicazione della dichiarazione italiana e del comunicato concet"tato con Parigi e Londra (1).

(l) Cfr. n. 697.

706

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 721/53 R. Berlino, 16 febbraio 1934, ore 22,45 (per. ore 1,30 del 17).

Riassumo conversazione confidenziale avuta con il barone von Neurath in occasione di una visita fattagli per conoscere impressioni del Governo del Reich intorno nota francese per disarmo.

Delicato sogg.etto fu menziona.to per primo dal ministro degli affari esteri. Gli dissi che non ero autorizzato ad esprimermi in nome R. Governo e potevo tutto al più fargli conoscere le mie impressioni.

Von NetM"ath rispose che egli si trovava su per giù nelle medesime condizioni.

Con questa premessa e constatazione reciproca che purtroppo Austria costituiva un punto di grave dissenso tra Italia e Germania, von Neurath mi disse che egli non comprendeva nostro atteggiamento dato che era stato confermata a S. E. Suvich assicurazione che Germania non pensava all'Anschluss né a menomamente violare indipendenza Austria.

Ho risposto che egli era stato, come me, presente alla conversazione Goering-Suvich (2), cosicché doveva invece comprendere come non solo il Governo fascista ma tutti quanti in Italia considerassero che l'« equiparazione, dell'Austria alla Germania fosse la stessa cosa che l'Anschluss.

Già esistenza di un ispettore del Reich per l'Austria costituiva lliila minaccia perenne per l'indipendenza di questo Stato. Perché non pensava il Governo germanico a nominare simile ispettore per la Svizzera, l'Olanda, la Danimarca ecc.? Se avesse provato a farlo avrebbe veduto quale specie di reazione ciò avrebbe provocato da parte di queg.li Stati così g.elosi della lGro indipendenza.

Von Neu:rath mi disse che egli era stato assolutamente estraneo alla nomina di Habìcht alla carica suddetta. Erano nomine fatte da Hitler come Capo del partito e lui, come ministro degli affari esteri, doveva soltanto portarne le conseguenze.

Menzionai pure progetto enunciato da Goering di far dare nazionalità austriaca ad Habicht. Chiesi al von Neurath se avesse conoscenza del discorso pronunciato iersera da Habicht alla radio, che era stato un continuo attacco ostile contro il Governo austriaco.

Egli mi rispose che l'aveva ascoltato in parte e ne era rimasto penosamente impressionato. D'altra parte non si poteva non esprimere il proprio orrore per il numero stragrande di vittime della repressione ordinata da Dollfuss.

Premesso che nessuno deplorava più di noi il molto sangue versato in Austria, osservai che tanto Hitler che Goering avevano più volte rinfacciato a. Dollfuss di non sapere sradicare il marxismo in Austria. Nessnno, dopo quanto era accaduto, poteva negare che il marxismo austriaco, a differenza di quello tedesco, si era difeso ad oltranza. Se non che si rinfacciava ora in Germania a DoUfuss di aver versato del sangue. Credevano forse i nazionalsocialisti che il gio·rno in cui, giunti essi al potere in Austria, avessero voluto epurarla dai marxisti, questi sarebbero stati con le mani in mano? Cancelliere nelle sue conversazioni meco aveva pure rinfacciato sovente a Dollfuss di essere uno zimbello nelle mani della Francia e che perciò era in pericolo l'indipendenza dell'Austria. Ora però che Dollfuss, sbaragliati i socialisti, aveva dimostrato di non preoccuparsi di quanto poteva pensare o dire la Francia, stampa tedesca si impietosiva della sorte toccata a quei fratelli tedeschi.

Von Neurath che in fondo mi pareva sostanzialmente della mia opinione rispose timidamente che i nazionalsocialisti ritengono che essi sarebbero riusciti anche in Austria, come in Germania, a convertire in tempo molti socialisti cosicché non avrebbero trovato resistenza in una eventuale energica azione anti-marxista.

Dissi che questa era supposizione basata sopra una premessa falsa; quella che i socialisti austriaci fossero stati della stessa stoffa, non certamente eroica, di quelli tedeschi che si squagliarono di fronte al primo pericolo. Si doveva invece ritenere che, precisamente perché ammaestrati da quanto era avvenuto in Germania, gli austro-marxisti si fossero armati di tutto punto e avessero deciso di resistere ad oltranza ad un attacco da parte di qualsiasi Governo. Bastava pensare alla forza che rappresentava in Austria il possesso del municipio di Vienna per comprendere la strenua difesa fattane dai socialisti.

Continua col numero successivo (1).

(l) -Cfr. n. 710. nota l, p. 796 (2) -Cfr. n. 479.
707

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 722/54 R. Berlino, 16 febbraio 1934, ore 22,45 (per. ore 1,30 del 17).

Seguito al numero precedente (2). Von Neurath mi ha parlato poi del ricorso dell'Austria alla S.d.N. dicendo di aver ricevuto un telegramma dell'ambasciatore di Germania a Roma circa

conversazione avuta con Suvich (1), ch:l l'aveva messo al corrente delle trattative fra Roma, Parigi e Londra e della proposta fatta dall'Italia di un breve comunicato precisante punto di vista dei tre Stati.

Feci finta di non esserne informato.

Questo ministro degli affari esteri disse che il Governo tedesco avrebbe in fondo salutato con soddisfazione ricorso dell'Austria alla S.d.N. perché esso gli avrebbe dato occasione di mostrare in modo lampante il suo disinteresse per tutto quello che si fosse passato a Ginevra ed avrebbe costituito per la

S.d.N. -un tale insuccesso che essa difficilmente vi avrebbe sopravvissuto. Osservai che l'Italia, pur non avendo speciali ragioni di tene,re per la S.d.N. -ha creduto sconsigliare passo a cui aveva pensato Governo austriaco per non aggravare situazione.

Tornando a parla.re di Dollfuss, ministro degli affari esteri disse che il maggiore risentimento del cancelliere del Reich contro di lui de,rtva dal modo con cui egli aveva trattato nel gennaio scorso, allorché aveva rifiutato all'ultimo momento di abboccarsi con Hab1cht dopo che trattative per un accordo erano già state condotte talmente innanzi che l'incontro tra i due uomini avrebbe servito soltanto a sanzionarlo.

Intervento Starhemberg aveva fatto fallire accordo che avrebbe probabilmente evitato bagno di sangue che oggi si deplomva. Da quanto precede risulta chiaramente che il ministero affari esteri è quasi totalmente estraneo alla trattazione della questione austriaca. D'altra parte è pure confermato che Dollfuss sarebbe stato disposto al primi di gennaio u.s. ad intendersi coi nazionalsocialisti.

(l) -Cfr. n. 707. (2) -Cfr. n. 706.
708

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA. Roma, 16 febbraio 1934.

There are some considerations suggested by the proposed joint communiqué (l) to be issued at this moment which His Majesty's Goverrunent think must be weighed by ,the Three Governments before it could be jointly issued in its present form. These considerations are submitted to the Italian Government in the sincere desire to promote co-operation in a situation fraught wi:th danger to the st:ability of Eurrope.

l) His Majesty's Government have already made and published a declS:: ration. But this would not debar them from repeating it in a joint form. On the other band, it would obviously be very difficult for them to join in a declaration of a substantially different ,purport if, indeed, that were proposed. The language suggested to be employed is, therefore, important.

2) It should further be remembercd that public attention is now concentrated on the grave internai events in Austria of the last week. His Majesty's Government have no intention of intervening in, or pronouncing upon, these internai events and :great ca.re is accordingly necessary in arder to make ~sùre that a brief, unqualified joint declaration at this moment would no·t be misinterpreted in England or abroad as a pronouncement on these proceedings.

3) His Majesty's Government therefore feel that an acceptable form of declaration ought to indicate that no opinion is being expressed by the three Gove:rnments on the inte·rnal policy and action of the present Austrian Government and that the declaration is directed solely to the mai:ntenance of the independance and integrity of the Austrian State against external interference.

4) His Majesty's Government also feel considerable difficulty over the insertion of the phrase <la volonté '> aftell" «la necessité ». It will be necessary to flnd the exact equivalent in English and to be prepared to explain to Parliament what is meant.

Though they feel it necessary to explain these preoccupations to the Italian Government, His Majesty's Government are anxious promptly to do everything they can to co-operate on lines which do not conflict with above essential considerations and with the dedaration which they have already made.

(l) Cfr. n. 700.

709

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

PROMEMORIA. Roma, 16 febbraio 1934.

Il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di riferirsi al Memorandum dell'Ambasciata britannica in data odierna relativo alla questione austriaca (l). Il R. Ministero degli Affari Esteri prende atto che il Governo di S. M. britannica non è alieno in principio dal partecipaxe ad una dichia.razione comune. Esso si associa alla osservazione brritannica a proposito dell'importanza che rivestono i termini da adoperarsi in tale dichiarazione ed ha l'onore di far p!l."esente al riguardo che una indicazione del genere di quella accennata al N. 3 della comunicazione britannica, non risponderebbe a suo avviso allo scopo vo1uto di non interferire negli avvenimenti di ordine interno che si svolgono attualmente in Austria. Al contra:rio essa non potrebbe, a parere del

R. Governo, non venire interpretata come una disapprovazione della politica interna del Governo austriaco. Ciò che il R. Governo vuole evitare e deve ritenere -sulla base del paragrafo N. 2 del Memorandum britannico -che vuale evitare lo stesso Governo inglese.

Il R. Governo ritiene infatti -e pensa che il Governo britannico concorderà nello stesso ordine di idee -che non si debba esprimere alcuna idea che possa essere anche indirettamente intexpretata come una critica verso un Go

verna nel momento in cui esso si difende da una rivolta armata che minaccia la base stessa dello Stato e delÌ'ordine costituito.

Il R. Governo pensa parimenti che qualunque riserva sulla poUtica interna del Governo austriaco indebolirebbe la sua posizione internazionale e questo propdo nel momento in cui nel campo internazionale si vuole venire in suo aiuto.

D'altra parte il R. Governo nella formulazione dello schema di comunicato proposto non vede nulla che possa giustificare la preoccupazione esposta dal Governo di Sua Maestà Britannica.

Per quanto riguarda il punto 4° del Memorandum britannico, il Governo itaHano ritiene necessario che sia data espressione anche alla « volontà '> di mantenere l'indipendnza e l'integrità dell'Austria perché altrimenti perderebbe di efficacia lo stesso riconoscimento di tale integrità ed indipendenza.

Pe·r quanto poi si riferisce ai limiti di tale «volontà'>, è evidente che essi non possono essere che quelli che risultano dagli obblighi già assunti coi diversi atti internazionali che si riferiscono alla indipendenza dell'Aus·tria. Ma è utile allo scopo che si vuole raggiungere che tali obblighi siano opportunamente riaffermati.

Il R. Governo ha l'onore di far presente che se venisse a mancare il comunicato proposto dopo che a tale riguardo sono intervenuti dei negoziati fra le tre Potenre, ne risulterebbe indebolita la posizione internazionale dell'Austria e quindi danneggiata la causa dell'indLpendenZJa austriaca. Questa mancata espressione delle concordi vedute delle tre Potenze potrebbe dare facilmente pre.testo agli avversari dell'Austria di dichiamre che la causa deUa integrità e dell'indipendenza austriaca non è seriamente voluta e sostenuta, mentre d'altra parte la dichiarazione stessa dei propositi che animano i tre Governi non può essere affatto interpretata come di.retta contro chicchessia, ma si ispira solo ad un principio di necessario equilibrio che è indispensabile non sia turbato nell'interesse della pace e del progresso.

Il Governo italiano ha l'onore di far presente altresì che non vede facile la co.Uabora3ione delle Potenze che dov.rebbero essere interessate al mantenimento dell'indipendenza austriaca se non si riesce a trovare l'accordo su un semplice comunicato che dichiari la necessità e la volontà di mantenere tale

indipendenza. Per queste ragioni il Governo italiano si permette di insistere perché il Governo di S. M. britannica voglia riconsiderare la questione.

(l) C!r. n. ?08.

710

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPPUNTO. Roma, 16 febbraio 1934.

Ho parlato con Drummond e con Chambrun. Si sarebbe convenuto un nuovo schema di comunicato -di cui unisco copia -con alcune modificazioni di forma sul precedente. Mi pare per noi vada bene. Chambrun ritiene di poterlo fare accettare dal suo Governo. Drummond, che lo comunica subito a Londra per telefono, deve fare tutte le riserve; spera di avere una risposta ancora stasera. Il comunicato potrebbe essere pubblicato non appena fosse pervenuta l'adesione di tutti. Sarà difficile che ciò possa avvenire in tempo per fare la pubblicazione domattina.

ALLEGATO

PROGETTO DI COMUNICATO

The Austrian Government ·has enquired of the Governments of Italy, France and Great Britain as to their attitude with regard to the dossier which it has communicated to them and which contains a series of documents concerning German interference in the internai affairs of Austria. The conversations which have taken piace between the three Governments on this subject have shown that they take a common view as to the necessity of insuring Austrian independence and integrity which they are determined to maintain ( 1).

711

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 283/27 R. Roma, 17 febbraio 1934, ore 15,25.

Si rechi immediatamente da Dollfuss e gli dica a mio nome:

l. -che non si impressioni per il solito clamore di protesta che i circoli di sinistra europei stanno montando in Svizwra. Francia, Inghilterra, Stati Uniti. Non durerà più di una settimana;

2. --tanto più vano sarà questo clamore, se Dollfuss procederà subito alla creazione del nuovo Stato austriaco su basi corporative e tali da farvi direttamente partecipare le masse operaie e contadine austriache; 3. --tutto ciò deve essere fatto, dico fatto, nella prossima settimana anche per togliere definitivamente ogni base di propaganda al nazismo austriaco e per interessa-re alla vita del nuovo Stato quei circoli intellettuali che pendono ancora verso il nazismo; 4. --il rinnovamento :interno san:à di importanza fondamentale anche per la situazione estera in rapporto alla indipendenza dell'Austria (2).

«Il Governo d'Austria si è rivolto ai Governi di Francia, Gran Bretagna e Italia per conoscere il loro modo di vedere circa la documentazione che esso ha preparata al fine di stabll!re l'ingerenza ge,rmanica negli affari interni dell'Austria, e della quale ha dato loro comunic,azione.

Le conversazioni che hanno avuto luogo fra i tre Governi in proposito hanno mostrato la loro comunanza di vedute per quel che riguarda la necessità di mantenere l'indipendenza e l'integrità dell'Austria in conformità ai trattati in vigore».

Le varianti furono suggerite dal Governo inglese (cfr. DB, vol. VI, cit., pp. 423-425.

(l) Il testo def!nitivo del comunicato, pubblicato nei giornali del 18 febbraio, è Il seguente:

(2) Minuta autografa di Mussollnl. Per la risposta cfr. n. 718.

712

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E CHAIM WEIZMANN (l)

APPUNTO.

*Dopo la esposizione di alcuni elementi di fatto relativi alla immigrazione sionista 1n Palestina, il Duce awebbe chiesto se i sionisti pensano a costituire lo «Stato di Sion ~. Av,rebbe aggiunto che la storia insegna che è preferibile uno Stato sia pure di territorio limitato (una parte, forse litoranea della Palestina) ma dichiarato tale e rieonosciuto dal complesso degli altri Stati.

Weizmann avrebbe eluso una risposta precisa, affeìrmando che i sionisU debbono raggiungere anzitutto il 50% della popolazione locale e che solo allora si potrà cominciare a parlare di uno Stato siondsta * (2) (secondo posteriori esplicazioni Weizmann sarebbe stato più che soddisfatto che una tale domanda gli fosse stata rivolta, perché essa implica un riconoscimento del diritto politico internazionale, cui essi hanno sempre mirato, e che ammette altvi sviluppi).

* Weizmann ha a sua volta chiesto al Duce, se quando il momento fosse venuto, i sionisti avrebbero potuto contare sul di lui appoggio e su quello in genere dell'Italia.

Il Duce avrebbe risposto: «In pieno~. Ma avrebbe chiesto subito che cosa di concreto i sionisti avrebbero dato in cambio all'Italia.

Weizmann ha risposto: «Nulla in Palestina*, i prodotti attuali di Palestina essendo del resto prodotti di concorrenza per l'Italia. *Ma in Italia si, creando un'organizzazione per l'industria chimica, con e!llJergie e capitali ebrei, ma caratteristLche italiane, che allontani il pericolo dell'assorbimento tedesco* che se non è in atto è in sviluppo~.

*Il Duce ha assentito, invitando Weizmann a procedere fin d'ora alla realizzazione di tale pro.getto, mettendosi di accordo con Theodoli e con s. E. Parravano *.

n Duce ha parlato degli arabi che, a suo avviso, dovranno piegarsi e sono disposti a piegarsi se una soluzione territoriale tenga conto dei lOII'o interessi.

Weizmann ha esposto al Duce il solito concetto della barriera che il sionismo può costituire nell'eventuale cozzo della civiltà orientale con quella occidentale. Ha insistito sul fatto Che i.l sionismo è ormai in Palestina su base solida e che nulla potrà farlo retrocedere sul suo cammino, né arrestare il suo prog,resso. Si possono prevedere atti di violenza e reazioni collettive. Gli uni e le altre aiuteranno il progresso.

Sul colloquio esistono altre due relazioni conservate negU Archivi lsraellanl, una delle quali, quella di Victor Jacobson, è ed. In R. DE FELICE, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torlno, 1·962, pp. 574-5176 e in ID., Il fascismo e l'Oriente. Arabi, ebrei e indiani nella politica di Mussolini, Bologna, 1988, pp. 297-299.

Le V'()Ci discordanti da prurte di ebrei che accusano i sionisti di insufficienza od anche mancanza di fede religiosa, o di altri ebrei che vogliono restar fedeli a Stati e nazioni nelle quali stanno ad assoluta parità di condizioni con gli altri cittadini, hanno valore !relativo o transitorio.

Gli uni si persuaderanno che i sionisti attuali, come ha detto il Gran Rabbino di Palestina «se non sono molti, sono però gli operai che costruiscono il tempio per gli ebrei di tutto il mondo. Gli altri sono gli «snazionalizzati ~ perduti alla causa, ma pochi e generaziOLni che stanno per scomparire.

I giovani sono tutti per il sionismo <1).

«Per quanto interessa l'Italia -Circa il passato l'applicazione del mandato: -ha ratto retrocedere in secondo piano il problema del "Luoghi Santi" rimasto tuttora insoluto con danno della cattolicità e della latin!tà in genere ed !n particolare con detrimento dell'Italia che per ragioni storiche (la Custodia del Luoghi Santi è da tempo affidata ad un

ordLne prettamente italiano, l Francescani), dinastiche, religiose rivendica un posto d! primo piano fra coloro che debbono decide,re al riguardo e partecipare a tale base d! influenza e di autorità ;

-ha fornito, e continua a fornire, agli inglesi il pretesto per una permanenza !n Palestina più lunga di quella che normalmente si poteva Immaginare, specie !n raffronto al territori posti, come l'Irak, !n condizioni analoghe;

-ha annullato, con la preferenza stabilita in favore della immigrazione e dello stabilimento degli ebrei, uno del vantaggi che ci potevano ripromettere per la nostra immigrazione !n base al principio della eguaglianza economica, e lascia poi all'esclusivismo ebraico di compiere -a nostro disfavore -l'opeTa di assorbimento d! ogni attività economica;

-ha fornito, e continua a fornire, esca potente al risveglio del nazionalismo arabo -risveglio, e conseguente animosità, che non si polarlzza contro l soli Inglesi, ma si irradia contro tutti indistintamente gli Europei.

Per l'avvenire: -un manifesto favOTe da parte nostra per la causa slonlsta risponde certo a quel principi di libertà religiosa che tante simpatie ci può ancora guadagnare nel mondo; potente leva politica d'i cui il Capo del Governo si ripromette unirsi, proteggendo, come già Giulio Cesare, questo popolo eternamente perseguitato; -l'elemento ebraico, per le proprie forze intellettuali e economiche, è destinato a prevalere In Palestina ed a mantenere In certi gangli mondiali (City, Wall Street) importanti posizioni, il cui valore deve esser tenuto da noi In debito conto.

Ma la contropartita promessa dal sionistl è, almeno per ora, assai vaga, perché la bar

riera che essi vogliono rappresentare contro 1 pericoli dell'oriente varrà in proporzione dell'am·

plezza dell'urto.

La simpatia che non mancano d! assicurare, e per noi e particolarmente per la persona del Capo del Governo, allorquando potrà e dovrà tradursl in atti è probabile che si svolga più che a nostro favore, in favore piuttosto dell'Impero britannico perché è stato questo che per primo ha loro dato ed è questo che potrà dare più di noi, sia perché in condizioni di farlo nella posizione in cui si trova la potenza mandataria, sia perché una Palestina, ad essi lnfeudata, potrà rappresentare nel quadro dell'Impero una contropartita che non mancherà d! essere dagli ebrei stessi fatta pesare. Questo pel "lucro captando".

"De danno vitando" bisogna tener presente che il mondo arabo, sia pure con ritmo più lento di quello ebraico, si evolve e si OTganizza su basi prima inesistenti, che possono costituire l piloni del nuovo edificio -Irak, Saudia, Egitto.

Sembra nostro interesse a non alienarsi le simpatie del mondo arabo: -per ragioni politiche: poiché questo è l'unico elemento che può, se non mettere In pericolo, certo contrastare le posizioni di predominio francesi ed inglesi nel Medite,rraneo orientale, nel Mar Rosso ed in alcuni paesi d'Asia: il recente convegno di studenti asiatici a Roma ha accentuato l'atteggiamento politico filo-arabo dell'Italia, e ci ha acquistato, anche fra l'elemento arabo del paesi sotto mandato, simpatie che non converrebbe compromettere con iniziative fllo-sionlste; -per ragioni economiche: sono rilevanti l traffici fra l'Italia e l paesi sotto mandato del Mediterraneo-orientale e in genere l paesi musulmanl, traffici che potrebbero essere danneggiati da una presa di posizione Italiana a favore della causa sionista. Si ricordi che Il mondo mussulmano è spiritualmente compatto e solidale: la campagna antitallana di cui avemmo a soffrire in tutti l paesi mussulmani, in relazione alla repressione della rivolta in Cirenaica, ne è una recente riprova; -per ragioni coloniali: pol~hé una potenza coloniale come la nostra con numerosi sudditi che han comunanza di razza e di reHglone con gli arabi di Palestina, deve valutare quanto e come le ripercussioni e reazioni nel propri domini possano spostare l risultati del proprio conto particolare italo-arabo-sioni.qta.

il: inoltre da osservare che potremmo, In definitiva, avvantaggiarci anche noi dei contrasti a.rabo-sionlstl se essi provocass-9ro l'occasione propizia alla realizzazione del nostri interessi (non ultimo, la soluzione della questione del Luoghi Santi, questione che continuando la situazione attuale rischia seriamente di compromettersi). Lo stesso "modus procedendl" preferito da due delle tre parti princ:ipall in causa, s>ionlstl e Inghilterra, quello cioè del temporeg

(l) L'appunto, redatto da Catastlnl, reca la seguente Intestazione: «Conversazione d! s. E. Il Capo del Gove.rno col dr. Welzmann (del 17 febbraio 1934 a Roma) come è stata riferita da quest'ultimo in una colazione data da Theodoll, presenti S. E. Lessona e Buti».

(2) I brani fra asterischi sono ed. in S. MrNERBr, Gli ultimi due incontri Weizmann-Mussolini, cit., p. 469.

(l) Si pubblica qui un brano di un Promemoria di Theodoll per Mussolinl del 12 febbraio sulla situazione in Palestina:

713

IL SOTIOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 291/30 R. Roma, 18 febbraio 1934, ore 24.

Prego attirare attenzione cancelLiere su intell'Vista Hitler al Daily Mail (l) e dirgli che sarebbe opportuno desse subito sua intervista a cotesto corrispondente Daily Mail per dissipare impressione che possono aver prodotto su pubblico inglese affermazioni e appll'ezzamenti Hitler circa situazione austriaca (2).

714

APPUNTO (3)

Roma, 18 febbraio 1934.

Ha telefonato il Ministro Preziosi da Vienna per far sapere che ieri sera ha nuovamente parlato con Dollfuss esponendo il pensiero di S. E. il Capo del Gove,rno circa un eventuale ricorso alla Società delle Naztoni.

Il signor Dollfuss è estremamente trritato dall'atteggiamento dei nazi, sopratutto dopo le ultime comunicazioni ·radio da Monaco, e ritiene opportuno procedere appena possibile a tale ricorso.

A quanto risulta al Ministro Preziosi, il testo letto nell'ultima comunkazione radiofonica da Vienna è anco.ra più grave di quello che è stato poi distribuito. Gli stessi nazi lo avrebbero poi modificato.

n signor Hornbostel ha concesso un'intervista al Petit Parisien nella quale si afferma che l'Italia, la Francia e l'Inghilterra hanno dato assicurazioni di esser pronte ad appoggiare il ricorso aUa S.d.N. ove questo venga decJ.so. Nella stessa intervista è detto che, per quanto deciso im massima, il signor Dollfuss non ha ancora stabilito alcunché di preciso per il ricorso, occupato com'è dagli affari interni dell'Austria.

giare prov·a che, rebus slc stantlbus, non si vuole la revisione. Il nostro atteggiamento -anche ~n questo campo -dovrebbe Invece tendere ad una revisione del Mandato palesUnese.

L'Intervento nostro a favore del sionlsti, Inevitabilmente noto agli arabi, darebbe Inoltre modo all'Inghilterra di far ricadere su di noi la responsabilità dell'accelerarsi degli eventi e, senza evitare che essa realizzi quanto desidera, rischierebbe di danneggiarci.

Se mi è consentito di riassumere Il mio pensiero sull'atteggiamento politico dell'Italia in materia, credo che, allo !ltato attuale del problema. convenga a noi:

a) -mantenere buone relazioni con l'elemento stonista, lavorare in esso in profondità, curando particolarmente lo sviluppo di rapporti culturali, economici ltalo-sionlsti, ma non assumere iniziative aperte di governo a favore della causa sionista;

b) -curare parallelamente l'aumento delle simpatie per noi nell'elemento arabo della Palestina, inquadrandole nell'atteggiamento generale politico dell'Italia favorevole al risveglio del popoli asiatici;

c) -tendere, sfruttando anche i contrasti arabo-sionistl, a dimostrare l'inconciliabilitd degli obblighi quali li impone il mandato, e mirare quindi ad una revisione, nell'eventualità della quale dovremmo cercare di valorizzare gli Interessi della, laMnità in Palestina e di risolvere convenientemente la questione del Luoghi Santi ».

Il Ministro Preziosi tiene a segnalare questa intervista in relazione all'eventuale dichiarazione italiana che al Ministero degli Esteri austriaco è stato affermato essere imllÙi!lente. Tutti i giornali austriaci hanno stamane riportato il testo del comunicato concordato fra Italia, Francia e Gran Bretagna (1).

(l) -Hitler aveva tra l'altro detto nel corso dell'intervista «Dollfuss ha tentato un colpo di Stato, ha violentato la costituzione ed l suoi metodi ora condannat-i all'insuccesso anche prima di cominciarli », come riferito nel t. 626 R. S. della Stefanl da Berlino. (2) -Per la risposta cfr. n. 717. (3) -L'appunto, redatto su carta intestata del Gabinetto, è anonimo.
715

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 775/157 R. Londra, 19 febbraio 1934, ore 19,55 (per. ore 4,30 del 20).

Non ho mancato adoperarmi in questi circoli politici e presso questa stampa nel senso istruzioni contenute nel telegramma di V. E. 266/C (2).

Segnalo particola~mente: editoriale Times e Morning Post 13 conente (mio fono-stampa 132); editoriale Daily Telegraph 14 corrente (Chicago Daily News fono-stampa 137); editoriale Times e York Shire Post 17 corrente (mio fonostampa 154).

Richiamo attenzione della E. V. su articolo di Garvl:n nell'Observer odierno. In esso Garvin non solo riconosce responsabilità socialcomunisti austriaci ma dichiara «È essenziale tre grandi potenze cerchino mantenere indipendenza austriaca sulla base attuale regime» e che «fascismo è dottrina assai più sana e civile che barbaro credo dei nazi ».

Stampa liberale e socialista continua naturalmente presentare socialcomunisti austriaci come martiri della democrazia e partito laburista e Trade Unions, affratellati, a denunziare misure di forza di Dollfuss.

Ieri Henderson si è recato in compagnia di Citrine, seg.retario g.enerale Trade Unions, al Fore[gn Office per inte•ress.are Simon alla sorte dei condannati austriaci. Simon si è limitato informare Ministro a Vienna (che) ha espresso al Governo austriaco speranza che esso vorrà segutre politica di clemenza e pacificazione.

È mia opinione che questa campagna ostile delle sinistre, anziché nuocere, finirà pe·r rafforzare posizione Dollfuss presso questa opinione pubblica sempre lenta a rendersi conto esatto degli avvenimenti ai quali non è IX"epamta. Alcuni, ad esempio, hanno creduto nella settimana scorsa che Dollfuss addtrittura fosse passato all'improvviso nel campo nazista, e sotto tale riguardo le notizie di una ce.rta ripresa della campagna dei nazi contro cancelliere austriaco hanno aiutato questa gente ad afferrare fdnalmente la situazione.

Continuo naturalmente la mia azione di chiarimento e di persuasione. Non

credo di errare dicendo che fra qualche gdorno la popolarità di Dollfuss sarà

di nuovo quella che era quindici giorni or sono.

A coloro che rimproverano a Dollfuss di a vere, distruggendo i socialisti,

distrutto una forza d'opposizione al nazismo, e quindi indebolito l'azione di

resistenza sua contro l'A:nschluss, mi è stato facile rispondere socialisti costi

tuivano precisamente la debolezza più grave alla causa dell'indipendenza austriaca in qua.nto essi minavano dall'interno i tessuti dell'organismo nazionale austriaco e distaccavano consumandole nella lotta anti-socialista le forze del fascismo austriaco. I socialcomunisti austriaci eil'ano quindi, in sostanza, degli alleati indiretti dei nazi, e tanto più pericolosi perché operavano alle spalle. Soltanto oggi ad operazione chirurgica compiuta le posizioni sono nette, e il nuovo reg·ime fascista austriaco potrà finalmente volgere tutte le sue energie a fare dell'Austria una nazione politicamente sana indipendente e vitale.

(l) -Cfr. n. 710, nota l, p. 796. (2) -Cfr. n. 693.
716

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 774/94 R. Vienna, 19 febbraio 1934, ore 22,10 (per. ore 6 del 20).

Mio telegramma n. 90 (l).

Circa eventuale ricorso Austria alla Società delle Nazioni, cancelliere austriaco mi ha dichiarato stama;ne che egli si riserva, pr:i.ma di prendere una decisione, di [parlarne] con S. E. Suvich li.n imminente incontro.

717

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 776/95 R. Vienna, 19 febbraio 1934, ore 22 (per. ore 6 del 20).

Telegramma di V. E. n. 30 (2). Cancelliere austriaco trova che l'intervista Hitler al Daily Mail è così grossolana che egli preferisce astenersi da un diretto intervento. Farà tuttavia rispondere sullo stesso giorm.ale da altra peil'sonalità che si riserrva designare.

718

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 777/96 R. Vienna, 19 febbraio 1934, ore 22 (per. ore 3,40 del 20).

Telegramma di V. E. n. 27 (3). CancelLiere mi ha innanzi tutto pregato esprimere a V. E. sua Pil'ofonda gratitudine per amichevole ass1stenza e per linguaggio nostra stampa quotidiana.

55 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Egli condivide completamente pensiero di V. E. e l'assicura non si lascierà

sfuggire momento presente che anche a lui appare del tutto propizio per pro

mulgM"e ed attuare nuova costituzione a base corporativa.

A riguardo desidera comunicare a V. E.:

A) che speciale comitato da lui nominato per esaminare progetto del

signor Ender (comitato del quale fa parte ministro heimwehrista signor Stiirme;r)

ha tenuto già due sedute. Desidera vivisSJimamente adesso affrettare;

B) che intanto, allo scopo di attirare masse socialiste, egli ha preso se

guenti misure:

l. -ha mantenuto i contratti collettivi stipulati con antiche camere di lavoro, a capo delle quali ha già nominato persona di fiducia;

2. --ha concesso facilitazioni per cooperative d~ consumo, che si trovano in pessime condizioni; 3. --ha attivato propaganda per isol'izione operai ai sindacati cristianosociali ed heimwehristi con favorevolissimo risultato, specie in Carinzia; 4. --ha deciso infine fare riapparire, trasformato, Arbeiter Zeitung con un nuovo consiglio di amministrazione e sotto sua diretta supervisione.

Cancelliere mi ha poi segnalato che nelle provincie si nota una reazione

tra gli elementi socialisti, profondamente disgustati per fuga loro capi.

Ha soggiunto che per questo egli è ormai inclinato a rUenere che non vi

sarà g,rosso passaggio al nazionalsocialismo.

Infi:ne segnala che nuovo ministro lavoro signor Stfumer ha dichiarato che Governo non solo non toglierà alcun che agli operai, in favore dei quali anzi esso impiegherà intero patrimonio del partito socialista, ma che tutelerà ad assicurare nel modo migliore e su basi cnrporative i loro diritti.

(l) -Con t. 754/90 R. del 18 febbra:lo, non pubblicato, Preziosi aveva riferito circa un colloquio con !l segretario generale agli Ester! austriaco nel corso del quale quest'ultimo si era mostrato certo che «solo una modificazione per quanto lieve dell'atteggiamento tedesco, potrebbeconsigliare una ulteriore sospensione del ricorso austriaco a Ginevra ». (2) -Cfr. n. 713. (3) -Cfr. n. 711.
719

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 804/045 Berlino, 19 febbraio 1934 (per. il 22).

Durante H mio recente soggiorno a Roma ebbi occasione di riferire verbalmente all'E. V. di avere rag,ione di credere che se non il Governo del Reich il partito nazionalsocialista avesse fatto approcci presso la Jugoslavia per assicurarsi un atteggiamento benevolo da parte sua nel caso in ,cui si giungesse ad una «Gleichschaltung » dell'Austria e che sii fosse anche parlato di una rettifica di confine in Carinzia.

Nel conversare recentemente con questo ambasciatore di F<rancia accennai a tale eventualità come ad una di queUe colle quali si doveva contare. FrançoisPonoet mi disse che qualcosa effettivamente vi doveva essere stato in questo senso. Aggiunse che questo ministro di Jugoslavia, Balugdzic, vecchio cospiratore e giornalista amante di intrighi, aveva però questo di buono che sentiva la necessità di confidarsi subito con qualcuno e che questo « qualcuno » era l'ambasciatore di Francia. Egli e.ra quindi dn grado di assicurarmi che, almeno fino a questo momento, le conversazioni al riguardo non erano andate molto lOIIltane.

Continuerò nruturalmente ad indagare in proposito.

Per quanto concerne eventuali proposte amaloghe fatte all'Ungheria, alla quale si sarebbe prospettata la 1'estituzione del Burgenland, il ministro Masirevich, al quale chiesi se ne sapesse qualcosa, smentì 'con energia forse eccessiva di averne avuto direttamente o indirettamente sentore. Aggiunse però che se si pensava che l'Anschluss o la «Gleichschaltung » avrebbero avuto come conseguenza una più o meno sollecita annessione alla Germania dei tedeschi deJ. Sudeti, con la probabilità che anche i slovacchi si staccassero da Praga per torna,re ad aggregarsi all'Ungheria, riuscdva difficile credere che l'Ungheil"ia dovesse deprecare un ingrandimento della Germania che, a suo avviso, era del resto fatale a scadenza più o meno lunga. Alla mia osservazione che non mi sembrava che una Germania di oltre 70 milioni di abitanti e per di pìù animata da un nuovo spirito ultra-nazionalista potesse essere un vicino comodo per l'Ungheria, Masirevich oppose quella che il suo Paese av,rebbe intanto potuto trarne profitto ingrandendo i propri confini e che quanto al resto vi sarebbe stato tempo di pensarci.

11 linguaggio di Masirevich non mi ha menomamente stupito perchè egli è amico e creatura del ministro degli affari esteri ungherese, de Kanya, cui sentimenti filogermaniei ed antitaliani sono noti.

720

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 19 febbraio 1934.

Il Signor Chambrun è venuto a chiedermi notizie sulla venuta di Eden e sulle prospettive di un successo di tale missione; gli ho risposto che non mi pareva facile che questo passo potesse ottenere dei risultati concreti. All'infuori del memoriale italiano noi non si vede alcun'altra proposta pratica.

L'Ambasciatore Chambrrun è d'accordo. Spera che il suo Governo si avvicini al memoriale italiano; ritiene che il Governo attuale, e particolarmente Pétain, non vorrà sentire parlare di disarmo. Egli intende andare a Parigi nei prossimi giorni e in tale occasione si riserva di chiarire meglio la portata del nostro memo·riale.

Mi chiede le ragioni della mia visdta a Budapest.

Gli rispondo che sono ragioni di cortesia tanto più necessarie dopo la mia visita a Vienna; si parlerà certamente in questo incontro dd tutte le questioni che interessano i nostri due Paesi.

L'Ambasciatore mi chiede se ho qualche missione speciale.

Rispondo di no; il punto di vista dtaliano è noto; avvicina~re l'Austria all'Ungheria e raffoTzarle col nostro aiuto; ciò renderà possibile anche un avvicinamento cogli altri Paesi del Bacino Danubiano.

L'Ambasciatore mi chiede se è esatta la notizia di un incontro di Gombos e DoUfuss a Roma col Capo del Governo. Gli rispondo di no: di vero non c'è che il desiderio tanto dell'uno che dell'altro già da tempo manifestato di venire ii.n Italia.

721

APPUNTO (l)

Roma, 19 febbraio 1934.

Il Ministro Preziosi ·telefona da Vienna che il signor Habicht ha temuto un nuovo discorso alla radio nel quale ha comunicato di concedeTe una tregua di otto giorni perché possano essere svolte delle trattative che egli stesso vorrebbe condurre.

In relazione a ciò il Ministro di Francia a Vienna ha telefonato a Preziosi comunicandogli il suo proposito di 1nte<rvenire presso il signor Dollfuss per impedire queste trattative e chiedendogli quale attitudine egli avrebbe preso al riguardo.

Il Ministro Preziosi, che ha risposto con fras~ vaghe al Ministro di Francia, chiede istruzioni.

722

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. ss. Vienna, 19 febbraio 1934.

Essendo probabile che il Presidente del Consiglio unghe.rese intrattenga

S. E. Suvich circa il Direttore deg1i Affari Politici del Ballplatz, signor Hornbostel, ritengo opportuno segnalare quanto mi è stato finora riferito su detto funzionario.

Da parecchio tempo, infatti, varie pe;rsornalità politiche amiche, f.ra cui Starhemberg e Fey, mi hanno segnalato l'Hornbostel come p~ù che devoto agli interessi politici della Francia ed alle combinazioni internazionali che essa patrocina, e sovrattutto come un antifascista, e più ancora come un antiheimwehrista.

«Salvo disposizioni contrarie di V. E., S. E. Suvich si propone di dire a Dollfuss che trovi modo di rispondere a Habicht che non tratta con chi offende giornalmente il popolo austriaco. Oiò con riguardo anche al recente atteggiamento di Habicht ».

Inoltre altre persone, del tutto lontane dalla politica mi hanno fatto medesimi accenni, esortandomi a diffidare di lui. Infine, alcuni membri di questa Legazione d'Ungheria mi hanno rappresentato, ripetutamente, apprezzamenti analoghi. In succinto, vengono fatti all'Hornbostel i seguenti appunti:

l) che a lui sarebbe dovuto, stante la sua corrività a veder allontanare le Heimwehren dal Governo attuale, l'improvvisa segreta decisione presa dal Cancelliere nel gennaio scorso, circa un abboccamento con l'Habicht, che avrebbe dovuto portare ad un Gabinetto cristiano-sociale-nazionalsocialista. A tale l'iguardo risulta .che fu proprio l'Ho·rnbostel a prendere personalmente a Berlino gli opportuni accordi per il divisato convegno Dollfuss-Habicht.

2) che a lui si dovrebbe la nota inviata dal Cancelliere al Governo di Berlino, con la minaccia del ricorso alla Società delle Nazioni, del quale egli resterebbe, in seno al Ballplatz, il grande patrocinatore.

3) E che sovrattutto egli sarebbe il principale responsabile della segreta opposizione che verrebbe fatta dal Governo di Vienna contro non solo ogni progetto d'unione doganale austro-ungarica, ma contro ogni maggiore inte,sa politica fra i due paesi.

Per tutte le precedenti ~ragioni nel movimento delle Heimwehren si andrebbe facendo strada l'idea dell'opportunità di allontanare dal Ballplatz il predetto funzionario. Esse temono sovrattutto l'influenza ch'egli esercita indubbiamente sul Cancelliere per tutto quanto concerne la politica estera del paese. Ed al riguardo sono invocati gli strettissimi rapporti che l'Hornbostel da tempo intrattiene con questa Legazione di Francia e di Cecoslovacchia.

Devo infine aggiungere che il P.r,incipe Starhemberg, qualche settimana fa, ebbe a confidarmi d'aver fatto al Cancelliere opportune osservazioni, prospettandogli l'opportunità d'un trasferimento dell'Hornbostel. Il Cancelliere ebbe a rispondergli che tale provvedimento gli sarebbe non solo sgradito ma quasi impossibile, dati gli ottimi servizi che gli renderebbe il funzionario in parola.

(l) L'appunto redatto su carta intestata del Gabinetto, è privo di firma. Su un successivo appunto del 20 febbraio, ugualmente anonimo, è scritto quanto segue:

723

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, A VIENNA

T. 299/34 R. Roma, 20 febbraio 1934, ore 16.

S. E. il capo del Governo ha approvato tua proposta (l) di far comprendere a Dollfuss opportun1tà di rispondere a Habicht che non tratta con chi offende giornalmente il popolo austriaco.

(l) Cfr. n. 721, nota l.

724

IL DOTI'OR DUBBIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 808/45 R. Assab, 21 febbraio 1934, ore 9,20 (per. ore 22).

In conversazioni avute con Cadi Abdalla el-Amri, questi mi ha detto «che trattato con Inghilterra è nelle linee generali concluso; resta solo de.finizione di alcuni paesi presso Beda reclamati da inglesi. Agenti inglesi inviati da Aden nella zona interessata debbono trasmettere risultati loro inchiesta in merito al possesso dei paesi contesi, perché missione britannica concluda trattato, ciò che si spera avverrà entro fine settimana. Trattative con inglesi sono state laboriose e formula più conveniente è stata quella accettata dall'Imam per conclusione trattato valido per un certo numero di anni. A questa decisione Imam è venuto, considerando cosa più conveniente, prima di prendere definitivamente qualsiasi impegno a scapito del suo paese, trarre vantagg,io dal tempo,

o per profittare di favorevole occasione avvenire qualora Inghilte.rra venisse a trovarsJ in momenti difficili, o per svolgere opera di attrazione politica verso suo Governo, avendo riconosciuto poca convenienza dell'azione svolta anche recentemente contro popolazione finitima ad hintedand di Aden col richiedere tributi danaro ascari ostaggio».

725

COLLOQUIO FRA IL DIRETTORE DELLA SEZIONE MANDATI DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, CATASTINI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 21 febbraio 1934, ore 18.

Palestina -Sir Erte disse che aveva visto Weizmann dopo il colloquio con il Capo del Governo («siamo buoni amici» aggiunse quasi a giustificazione) e che Weizmann aveva dichiarato di essere particolarmente soddisfatto di tale colloquio e dell'attitudine in genere del Governo Italiano.

Fingendo ignorare, chiesi che cosa di concreto avrebbe potuto fare per i sionisti l'Italia che, potenza coloniale, deve mantenere i migliori rapporti con gli arabi.

Sir Eric rispose ,che il Capo del Governo aveva mostrato il più grande favore per gli ebrei e per la causa sionista e che aveva promesso a Weizmann il proprio appoggio in maniera precisa. Sir Eri.c riteneva che tale appoggio, rassicurando i sionisti, riusciva utile alla soluzione del problema palestinese e perciò anche alla stessa Potenza Mandataria, sulle cui difficoltà insistè molto. Certo non sarebbe mancata, sotto una fo.rma o l'altra, aggiunse SLr Eric, col sorriso significativo, una contropartita da parte dei sionisti in favore dell'Italia.

Contrapposi che vedevo l'utile che potevano trarre dal nostro atteggiamento i sionisti e Potenza Mandataria; che mi rendevo conto delle difficoltà che essa incontra nell'esercizio del mandato, ma che conside·ravo, come tante volte avevo già esposto a Sir Eric stesso, che tali difficoltà sono largamente compensate dal fatto che il Mandato assicura all'Inghilterra grandi interessi imperiali; ma che non vedevo chiaramente come una contropartita da parte sionista poteva essere adeguata all'apporto di un netto favo.re italiano per le ripercussioni fra l'altro, a noi sfavorevoli da parte degli arabi.

Sir Eric sviò di precisare in che cosa potesse consistere tale contropartita, ma mi diede l'impressione che aveva notizia delle proposte Weizmann, e, circa, gli arabi, mi assicurò che il Capo del Governo aveva detto a Weizmann che egli aveva modo di .aver presa sugli arabi e di poterli calmare. Su questo punto fu Sir Eric a chiedermi insistentemente a quale «presa» il Capo del Governo aveva potuto fare allusione e, finalmente, alludendo all'azione recentemente svolta a Roma pro-asiatici, parlò con inte.resse manifesto del congresso tenutosi a Roma sotto i nostri auspici, insistendo per sapere se ne fosse uscito « quelque chose de stable » e se era a questo che il Duce aveva fatto allusione. Rispose « probabilmente». Dopo una scorsa alla situazione in Francia, al problema del disarmo e quello dell'Austria ed ai rapporti fra Italia e Germania (a questo proposito Sir Eric espresse, fra l'altro, l'avviso che il Duce si fa illusione sulla riconoscenza tedesca) Sir Eric parlò di una inziativa, sulla r.iforma della

Società delle Nazioni -Sir Eric narrò che, avendo richiesto a S. E. Aloisi quale fosse l'atteggiamento italiano, se cioè il Governo italiano tendesse ad accrescerne l'autorità e rinfo·rzarla, oppure ad indebolirla, S. E. Aloisi, dopo aver riflettuto, avrebbe risposto: a rinforzarla senza dubbio». Sir Eric avrebbe allora fatto presente che il «Patto a quattro» avrebbe potuto servire allo scopo nel senso che le Potenze firmatarie avrebbe.ro potuto stabilire delle riunioni che precedessero quelle del Consiglio per concretare e concordare la propria azione su quanto le intell'essa. Nella realtà le Grandi Potenze hanno sempre avuto, in seno alla Lega, continuò, un maggior peso delle minori. La sua proposta consoliderebbe tale realtà, non richiederebbe mutamenti radicali ed ha dei precedenti. Molti piccoli Stati infatti, in specie quelli deHa Piccola Intesa, da tempo si riuniscono e si concertano prima della riunione del Consiglio. (Egli aveva già fatto presente a Benes, quando era a Ginevra, il .rischio che le Grandi Potenze adottassero lo stesso metodo di lavoro). A suo avviso le riunioni delle Grandi Potenze non escluderebbero, ma richiederebbero un contemporaneo loro rafforzamento negli organi tutti della Lega.

Contrapposi che tale sistema, pur consolidando la relatività dei valori effettivi in seno alla Lega non offriva però una forma esterna tale da soddisfare, in vari Paesi, la opinione pubblica, che si arresta alla parità fra soci, dichiarata dal Patto e perciò anche alla non corrispondenza, sia pure formale, fra gerarchia di autorità e gerar.chia di responsabilità, mentre è pur necessario soddisfare l'opinione pubblica su questo punto se si vuoi ricondurre a Ginevra Germania e Giappone.

Sir Eric replicò convenendo, ma che questo resultato poteva raggiungersi in secondo tempo.

726

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, A BUDAPEST

T. 306/34 R. Roma, 21 febbraio 1934, ore 21.

Nell'incontro con Dollfuss bisogna insistere su quanto è stato oggetto dei miei telegrammi recenti e quanto all'ultimatum di Habicht è chiaro che il cancelliere non può che ignorarlo e prendere le necessarie misure tempestive nel caso che i propositi di Habicht avessero. inizio. Forse era meglio èvitare anche la nota della Politische Korrespondenz (l) e la stessa inte·rvista Fey a un giornale ungherese. Non bisogna dare impressioni di incertezza se non si vuole incoraggiare ad «osare» gli elementi nazisti (2).

727

IL CAPO GABINETTO, ALOISI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 21 febbraio 1934.

Ho convocato il Ministro di Jugoslavia e gli ho fatto la comunicazione ordinatami da V. E.

Per entrare in argomento, ho incominciato a parlargli del previsto aumento dei dazi. Gli ho detto che nel caso che il R. Governo si decidesse a un aumento dei dazi sui legnami, i Ministeri competenti, su richiesta del Ministero degli Esteri, si erano già dichiarati d'accordo nel considerare la possibilità di risei"vare un trattamento di favore alla Jugoslavia. Ho aggiunto che ciò costituiva una nuova dimostrazione della tendenza sempre seguita dal R. Governo a migliorare i rapporti italo-jugoslavi. È da tempo che su questo argomento avrei avuto desiderio di incontrare il Ministro Jeftic in una delle mie gite a Ginevra.

Non avendo potuto avere questa occasione, profittavo di questo colloquio per dire a lui ciò che avrei avuto in animo di dire al Ministro. E cioè che era al lume di questa tendenza, già in varie occasioni marcata da V. E., di intrattenere migliori rapporti fra i nostri due paesi che in Jugoslavia doveva essere considerata anche la politica seguita da V. E. nei riguardi deH'Austria e dell'Ungheria.

Potevo dirgli specificatamente che era intendimento di V. E. che questa sua politica verso l'Austria e l'Ungheria costituisse il preludio e la ragion d'essere di una politica più vasta che avrebbe dovuto portare alla costituzione del quadrilatero Italia-Jugoslavia-Austria-Unghell'ia (3).

Ducic è rimasto colpito e soddisfatto e mi ha pregato di rirngraz~are vivamente V. E.

Ha fatto però rilevare che perché questa comunicazione, che egli trasmetterà subito al suo Governo, possa avere ·tutta la sua efficacia, occorrerebbe prima sgomberare l'atmosfera che grava sulle relazioni tra i due paesi dalle nubi costituite dalle mene dei rHugiati jugoslavi in Italia. E a questo proposito mi ha parlato della impressione ancor viva perdurante a Belgrado dopo i vari incidenti degli ultimi tempi, e specialmente dopo quelli della Lyka e di Zagabria.

Ho risposto ,immediatamente che il R. Governo e le autorità italiane erano assolutamente estranee a questi fatti. Il rasserenamento non avrebbe potuto quindi derivare da altro che da uno sviluppo delle linee politiche di V. E., che io gli venivo esponendo, il quale sarebbe stato condizione necessaria e sufficiente al ristabHimento di una completa ftducia fra i due paesi.

Su questo punto, pe.r lui evidentemente assai sensibile, egli ha però tornato ad insistere e mi ha detto che ai fini di una favorevole disposizione di Belgrado a questo proposito, preziosa avrebbe potuto essere una udienza che egli aveva l'onore di chiedere per mio tramite a V. E.

(l) -La nota, come aveva riferito Preziosi con t. 795/100 R., delle ore 2,20, redatta dal direttore generale degli Affari Politici del Ballplatz in tono ironico e polemico, sottolineava come l'ultimatum di Habicht, fatto a nome del Governo tedesco, sconfessasse di fatto la rispostadata da Neurath alla recente nota austriaca. (2) -Minuta autografa di Mussolini. (3) -Il contenuto di questa prima parte dell'appunto venne comunicato a Oa!U con t. 317/22 R. del 23 febbraio.
728

APPUNTO DEL CONSOLE SCARPA (l)

Roma, 21 febbraio 1934.

* Il Capo del Governo ha insistito perchè noi si faccia capo principale del nostro programma il riconoscimento dello stato ebraico anche se il territorio di questo debba essere limitato ad alcuni distretti.

Le ha detto già per quaU ragioni ciò non sia .fattibile né opportuno per noi oggi.

Ma aggiungerò un'altra rag~one che è forse la più forte, che non direi naturalmente ad estranei: ho paura degli ebrei. Cosa è questa comurntà sionista di Palestina? È un péle-méle, una babilonia, gente venuta da tutte le parti * (2), da tutte le professioni, dalle scuole di pensiero più disparate.

* Ci vogliono ben più de,i pochi anni finora trascorsi per arrivare a costituire da questi elementi una società un po' organica. Quanto a farne uno stato! ... I dissidi lo liquiderebbero in breve tempo e da·rebbero al mondo uno spettacolo di incapacità politica che sarebbe esiziale per H nostro futuro. * Posso dirvi che quando gli ebrei ci si mettono a s'entre-déchirer sono insuperabili.

Il Capo aveva presente il precedente della Città del Vaticano ma fra le due ~tuazioni non vi è confronto. La sua dichiarazione mi ha sorpreso naturalmente nel modo più favorevole. Mi ha confermato nell'opinione che avevo della sua grande larghezza di vedute.

Egli si è impegnato ad appoggiare tale idea. Ebbene anche se essa non può entrare prima di 4-5 anni nel campo della discussione pratica, può tomarci fino da ora molto utile quando sia fatta conosce·re agli arabi, in quanto farà loro abbassare le ali. Grideranno certamente, inveiranno, ma sarà per loro una buona lezione e servirà a facilitare il nostro compito di aumentare ulteriormente l'immigrazione e di guadagnare altre posizioni in attesa del momento opportuno per l'accordo. Essi devono riconoscerei una ·rappresentanza superiore al nostro numero attuale: non insisteremo sul 50% dei rappresentanti quando avessimo la garanzia che non si serviranno de'l Consiglio legislativo come di un'arma contro di noi. Potremmo accontentarci del 40 % o simile.

Ma non potremo a nessun patto transige.re sulle condizioni seguenti: che si rimanga assolutamente sulla base del mandato, cioè della nostra collaborazione con la Gran Bretagna, e che siano sottratte alla competenza del Consiglio tutte le questioni riguardanti il mandato, principale fra esse quella dell'immigrazione.

(l) -L'appunto si riferisce a dichiarazioni di Weizmann. (2) -I brani fra asterischi sono ed. in S. MINERBI, Gli ultimi due incontri WeizmannMussolini, cit., pp. 470-471. Ibid., pp 469-470 sono parzialmente editi altri due appunti dello stesso Scarpa del 18 e 19 febbraio, anch'essi relativi a dichiarazioni fattegli da Weizmann.
729

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 809/40 R. Budapest, 22 febbraio 1934, ore 13,15 (per. ore 15).

Ie.ri conversazione due ore Gi:imbi:is Kanya su questione austriaca in cui constatata concordanza in massimi punti vista. Tanto Gi:imbi:is che Kanya manifestano desiderio riunione Roma possa avvenire più presto possibile.

Da 22 marzo per qualche giorno ministri Ungheria occupati per visita Budapest Muschanoff.

Preannunziate per oggi discussioni economiche con intervento ministri competenti che intendono fare nuove richieste sostenendo essi che dopo regime Semmering esportazione ungherese ha avuto maggiore attivazione che quella italiana.

730

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 811/41 R. Budapest, 22 febbraio 1934, ore 18,28 (per. ore 19,30).

Gi:imbi:is mi ha detto che accordo commerciale con GeTmania non pregiudica accordo con Italia nè suo eventuale sviluppo su note linee mentre assicura importanti vantaggi ad esportazione ungherese. Non mi è sembrato fosse possibile opporci firma che è stata ritardata fino ieri per riguardo mio arrivo qui. Gi:imbi:is mi comunicherà dettagli accordo.

731

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, DE ANGELIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 814/13 R. Gerusalemme, 22 febbraio 1934, ore 20,55 (per. ore 0,40 del 23).

Tutti gli odierni giornali ebraici della Palestina pubblicano a grandi caratteri un telegramma da Roma con la notizia di una udienza acco·rdata da V. E. al noto leader sionista dr. Weizmann (l) e di un articolo sul Popolo d'Italia che si attribuisce all'E. V., nel quale si caldeggerebbe «la soluzione del problema ebraico mediante la costituzione di uno Stato ebraico nella Palestina, giacchè l'espressione: «focolare nazionale» è vaga e priva di significato politico».

Sarei grato volermi telegrafa·re quelle precisazioni che V. E. ritenesse del caso per mia norma di linguaggio con questi esponenti arabi (2).

732

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 817/65 R. Berlino, 22 febbraio 1934, ore 23,04 (per ore 5,45 del 23).

Tanto Eden che von Neurath mi dichiarano essere assai soddisfatti andamento conversazioni gio·rni sco.rsi che serviranno chiarire situazione.

Punti principali trattati furono tre seguenti:

Aviazione, durata della convenzione, ritorno della Germania nella S.d.N.

Entrambi miei interlocutori mi dissero che fu dichiarato dal cancelliere che egli era disposto ad accetta.re memo·randum inglese come base della discussione.

Eden mi rUerì che circa aviazione i tedeschi insistettero per ottenere apparecchi difensivi sino dal primo giorno e non soltanto dopo due anni, adducendo argomenti già comunicati a V. E. con mio telegramma n. 60 (3).

Circa durata convenzione dichiararono da principio troppo lungo perdodo di 10 anni, ma Hitler finì per ammettere che potrebbe a rigo,re di termini accettarlo qualora ottenesse soddisfazione sugli altri punti.

Quanto al te·rzo punto Hitle.r dichiarò che ritorno della Germania a Ginevra era una questione del tutto indipendente dalla conclusione di una convenzione sul disarmo, cosicchè egli non poteva consideurla in connessione con questo problema.

«Tedeschi sostennero che due anni nominali sarebbero in realtà quattro dato che se le costruzioni aeroplani dovessero iniziarsi soltanto dopo due anni, essi potrebbero disporre di questi armamenti difensivi non prima del periodo suddetto».

Non aveva escluso che in determinate circostanze Germania avesse potuto però ritornare a Ginevra.

Eden disse pure aver tratto impressione che Hitler desideri sinceramente che si possa concludere convenzione e questa constatazione gli faceva ben sperare.

Alla mia domanda quali impressioni avesse riportato dai suoi colloqui a Parigi Eden rispose essergli sembrato che nuovi governanti francesi fossero talmente preoccupati PN altre questioni, che non avevano avuto ancora né tempo né modo di dedicarsi ad un attento studio del disarmo.

Doumergue aveva insistito perchè si fermasse a Parigi al suo ritorno da Roma, cosa che avrebbe fatto.

Presidente del consiglio francese gli aveva assicurato che prima di quella data avrebbe sottoposto al consiglio dei ministri questione disarmo in modo da poterne parlare più a fondo con lui.

Eden mi ha detto che si rallegra molto dei colloqui che avrà a Roma, tanto più che i punti di vista italiani e inglesi nella maggior parte delle questioni concordano.

Era merito grandissimo di V. E. di aver insistito perchè si consLderasse il problema sulla base della realtà. Soltanto continuando a lavorare su questo terreno pratico si sarebbe potuto giungere ad un risultato soddisfacente. Von Neurath dal suo lato mi ha detto quanto segue:

«Aviazione: -Hitler domandò che la Germania possa costruire subito apparecchi limitatamente a scopo difensivo, cioè aeroplani da caccia e osservazione, esclusi quindi per primi due anni quelli da bombardamento, salvo averli in un secondo periodo, qualora altri Stati non consentissero a distruggere i loro.

Circa loro quantitativo, esso fu indicato da Hitler nel 30 % della forza totale degli apparecchi difensivi della Francia, Belgio, Polonia e Cecoslovacchia.

Cancelliere dichiarò spontaneamente che eèt'a disposto a fare una concessione a riguardo in quanto accettava che anzichè rappresentare 30% suddetto, forze tedesche aeree fossero ragguagliate al 50 % di quelle aeree difensive francesi.

Insistette sul notevole valore di questa concessione dato che, a rigore, Germania avrebbe potuto comprendere nel suo computo anche le forze aeree sov~etiche, dato che anche queste possono costituire grave pe-ricolo per il Reich.

Hitler aveva ripetuto a Eden che a parte questione della parità dei diritti sulla quale egli era irremovibile, sopra tutte le altre questioni era disposto a discorrere ed a mostrarsi arrendevole.

Infatti si dichiarò disposto sottopor,re al controllo formazioni delle S.S. e delle S.A. per constatare cinque punti seguenti: -che esse non portano armi; -che non vengono istruite da ufficiali della Reichswehr; -che non vengono istruite nel maneggio di qualsiasi arma; -che non sono accasermate nè concentrate in campo; -che non vengono fatte partecipare a manovre ed ese,rcitazioni della Reichswehr in campagna.

Dichiarò inoltre che egli non tollererà esistenza .in Germania di due organizzazioni armate. Neurath mi disse al riguardo, confidenzialmente e per opportuna notizia di V. E., che Hitler ebbe conversazioni esaurienti con Roehm negli ultimi giorni, in cui fu deciso che unico corpo armato deve rimanere la Reichwehr.

Circa durata convenzione e ritorno Germania Ginevra quamto mi ha detto il ministro affari esteri concorda con informazioni di Eden.

Su due punti von Neurath mi ha detto confidenzialmente che, a suo avviso, Hitler andò troppo oltre, tanto che nei riguardi del secondo egli credette suo dovere formulare qualche riserva.

Hitler dichiarò infatti ad Eden, in primo luogo, che non avrebbe richiesto disarmo delle potenze armate durante cinque anni, ma solo impegno da parte loro di non accrescere i loro armamenti presenti.

Cancelliere disse in secOIIldo luogo che come ultima concessione egli sarebbe stato disposto, pur di poter addivenire alla conclusione di una convenzione, comprendere nei 300.000 uomini rtchiesti 50.000 agenti di polizia.

Von Neurath osse·rvò meco che questi sono attualmente 38.000 e non 50.0000 e che sarebbe stato più prudente tenere questa concessione in riserva come ultima carta da giuoco senza mette.rla sul tavo-lo fin da o-ra.

In questo senso mi ha pregato comunicare la cosa a V. E. in via confidenziale, pregandola di considerare questa concessione come l'estrema che la Germania sarebbe disposta a fare.

Questo ministro affari esteri, ad una mia domanda, rispose che ancorchè abbia preparato la risposta all'ultima nota francese, non la consegnerà a questo ambasciatore di Francia in attesa delle informazioni che pregò Eden di fargli pervenire dopo che avrà rispreso contatti e discusso questione con uomini di Stato francesi.

Egli spera infatti che se a Parigci si assumerà atteggiamento che consenta giungere ad un accordo, gli sarà possibile mutare >tntonazione ed anche contenuto della risposta alla Francia, menzionando forse in essa eventuale risultato favorevole del viaggio di Eden.

(l) -Cfr. n. 712. (2) -Per la risposta cfr. n. 742. (3) -T. 794/60 R. del 21 febbraio di cui si pubblica 11 brano seguente:
733

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL REGGENTE DI UNGHERIA, HORTHY

APPUNTO. Budapest, 22 febbraio 1934.

Horthy mi ha parlato della gratitudine dell'Ungheria per l'Italia e della grande devozione sua, del Governo e del popolo ungherese per il Capo del Governo italiano.

Per quanto riguarda l'ammirazione egli rtcorda che ha avuto occasione di esprimerla già nel novembre del 1922, un mese dopo la Marcia su Roma. Mi pa.rla della Germania che costituisce una seria preoccupazione per l'Ungher.ia, ma di cui non vede facile frenare le ambizioni.

734

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 22 febbraio 1934.

Colloquio con l'Ambasciatore di Germania.

Aveva avuto stamane il rapporto del Console Generale di Germania a Ginevra il quale aveva riferito sul lavoro compiuto recentemente dal Comitato. Egli ha convenuto sulla opportunità di tutte le misure prese. A sua richiesta gli ho fornito informazioni complementari.

Mi ha parlato poi della froncofilia e dei demoliberalismo di Madariaga, ma io gli ho dimostrato i mutamenti che questi aveva subito negli ultimi tempi e che ne facevano ora un elemento manovrabile.

Passati a parlare del disarmo, mi ha detto che Eden non ha portato da Parigi nessuna concessione francese, mentre nei colloqui di Berlino si è potuto constatare che le differenze fra il memorandum mglese e le .idee tedesche sono lungi dall'essere decisive, salvo che per quanto concerne gli aeroplani. A questo proposito ha aggiunto che da un telegramma che ha ricevuto stamane dal suo Governo risulta che Hitler nelle conversazioni con Eden ha fatto alcune dichiarazioni di speciale importanza. Ha detto cioè che egli sarebbe disposto ad ammette•re un controllo severissimo e da farsi in qualunque momento, anche sulle formazioni S.S. e S.A. e a non concedere alle suddette formazioni nessun'arma, nè alcuna istruzione con armi militari, nè allenamenti a base di manovre militari, nè corsi di istcruzione con ufficiali in servizio attivo, nè infine c[aserma] o campi. Insomma egli rinuncia a disporre di due eserciti. Esige però il riconoscimento del diritto alla istruzione premilitare. Alla richiesta di Eden se la Germa~nia avrebbe visto di buon occh~o la convocazione di una conferenza di se.tte o otto stati per liquidare la questione del disarmo, ha opposto un netto rifiuto.

Su tali argomenti von Hassell si ripromette di ritornare domani in occasione dell'udienza che V. E. si è degnata concedergli.

Prima di congedarsi, Von Hassell mi ha rilasciato l'accluso promemoria (l) in cui si chiede a V. E. una misura d·i clemenza in favore del suddito germanico Rudolph von Gerlach, condannato in contumacia per spionaggio durante la guerra. È questa l'unica via che oramai resta per annullare gli effetti di una condanna passata in giudicato e per permettere al von Gedach il ritorno in Italia. L'Ambasciatore fa presente che •le circostanze che l'unico accusatore è stato successivamente internato in un manicomio, che il von Gerlach era al servizio del Vaticano e che ben diciassette anni sono pasasti dalla condanna concorrono a dargli a sperare nella clemenza del Duce.

(l) Non rinvenuto.

735

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

N. s. 80154. Roma, 22 febbraio 1934.

In relazione anche al promemoria inviato a V. E. col n. 80129 segreto del 14 corr. (2), mi onoro oggi trasmettere in comunicazione due rapporti del nostro Addetto Militare ad Addis Abeba (3).

Eguali rapporti il predetto Ufficiale ha inviati al Ministe·ro della Gue:rra; ma poiché le questioni in esso trattate .riguardano in modo specifico e principale il Ministero che ho l'onore di reggere, cosi trovo più opportuno che le notizie che in essi sono trattate pervengano alla E. V. per mio tramite.

Ho ritenuto conveniente non far fare copia dei predetti documenti, perchè la moltiplicazione di essi è tutta a danno della loro segretezza. SaJ:"ò perciò grato a V. E. se, dopo averne presa visione, vorrà farmeli restituire.

È superfluo ch'io commenti quanto viene riferito; mi permetto solo richiamare la di Lei attenzione sui dati di fatto in essi contenuti, dai quali s'i ri:leva sempre più come il tempo giuochi maggioJ:"mente in favo.re degli Etiopi che non in nostro vantaggio.

736

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 968. Parigi, 22 febbraio 1934.

Telespresso ministeriale n. 204030 del 5 febbraio con·. (4).

Ignoro da quale fonte l'informatore confidenziale di codesto Ministe.ro abbia attinto le notizie riportate nel telespresso sopraindicato. Potrebbe essere utile conoscerla per apprezzarne l'attendibilità e pe·r le opportune verifiche che fosse eventualmente possibile di compiere.

«L'indirizzo del Governo italiano, da quanto mi è stato riferito da numerosi informatori, è quello di insistere sulla penetrazione esclusivamente commerciale in Etiopia, e Mussolini avrebbe Impartito ai Governatori dell'Eritrea e della Somalt·a ordini precisi che farebbero escludere anche la possibilità di un'azione italiana avente l'obiettivo di fare dell'Etiopia un protettorato, con conseguente occupazioni militari.

Però dato che il programma di penetr.azione commerciale italiana Incontra ostacoli tali da far prevedere a breve scadenza il suo fallimento, e tenendo conto che il Negus, dopol'arrivo della Missione Militare Belga, sta g.radatamente assumendo un contegno insofferente nei confronti dell'Italia, non è improbabile che gli italiani cambino atteggiamento, e riprendano in esame l'opportunità di mettere le mani sull'Abissinia».

Posso al riguardo informare -per avoclo il Signor De Reffye dichiarato esplicitamente a un Segretario di questa Ambasciata -che prima di ripartire per Addis Abeba il Quai d'Orsay gli ha confermato le istruzioni per la sua condotta nel senso che la Francia non intende promuovere o favorire in Abissinia alcuna iniziativa da parte del Negus che possa urtare gli interessi italiani e dar ombra all'Italia. La quale formula non implica peraltro una modifica della linea di condotta che la Francia mantiene in Etiopia.

Il Primo Segretario della R. Ambasciata ed io stesso abbiamo avuto l'occasione di incontrare più volte il Signor De Reffye dw.-ante il suo ultimo congedo in Francia: per quanto si riferisce a investimenti di capitali francesi in Etiopia, alle consuete rice.rche di nnanziamenti da parte di abissini per lo sfruttamento delle non meno consuete concessioni fe.rroviarie o di altra natura, nonché a ulteriori concorsi governativi nell'attrezzamento della ferrovia, egli si è espresso con molto scetticismo, per non dire anzi in senso del tutto negativo. Né d'altra parte le condizioni p'l."esenti dell'economia mondiale, e di quella francese in particola.re, lasciano adito a diversi apprezzamenti.

Perciò ritengo che anche l'ultima parte delle informazioni di cui trattasi va raccolta con molta riserva, se non addirittura scartata.

Parlando della situazione generale degli interessi europei j_n Etiopia, il signor De Reffye ha ripetuto le lagnanze e le preoccupazioni circa i sistematici tentativi di emancipazione che il Governo etiopico persegue nei riguardi degli obblighi assunti in forza dei trattati, e in particolare per quanto si riferisce ai privilegi giurisdizionali. Si è dichiarato partigiano convinto deUa solidarietà fra i paesi interessati per opporre una difesa e una resistenza comune.

De Reffye non ha parlato con me, neppure in via di constderazioni personali, di argomenti di più vasta portata circa il problema etiopico. Molto fugacemente ne aveva parlato solo con Scammacca e ciò nei termini di precedenti conversazioni da lui avute ad Addis-Abeba col Marchese Paternò e con lo stesso Scammacca, conversazioni che sono note già a V. E. Aggiunse solo (e forse è di qualche interesse notarlo) che un accenno su questa via da parte francese, vi era ben stato ad un dato momento, ma che il Governo Italiano non aveva mostrato di interessa.rsene, che anzi la stampa coloniale italiana si era levata vivacemente in a·rmi accusando la Francia di manovre traverse. Scammacca lasciò cadere il discorso.

Se mi è lecito esprimere un giudizio sull'importante problema, vorrei bre:.. vemente dire che se nei confronti dei nostri bisogni territoriali e demog.rafici una soluzione etiopica sarebbe senza dubbio del più alto inte•resse, la realizzazione di essa, soprattutto in funzione dei necessa.ri accordi con la Francia e della scelta del momento, deve essere ponderata con la più grande circospezione.

La Francia potrebbe infatti essere tentata di allettarci su quel terreno nel disegno di distogliere la nostra attenzione o il nost·ro peso da problemi più scottanti e più prossimi, la soluzione dei quali, invece -o quanto meno una sufficiente garanzia dei nostri dtritti e dei nostri interessi sopra di essi -dovrebbe costituire una premessa essenziale a qualunque sviluppo di nostra azione in Africa. Alludo soprattutto alla situazione nell'Europa centro-danubiana.

(

(l) -Da ASMAI. (2) -Cfr. n. 696. (3) -Non rinvenuti. Per le risposte di Mussolini cfr. n. 739. (4) -DI tale telespresso, a firma Guarnaschelli, e indirizzato a De Bono, Pignatti, Grand! e VInci, si pubblica solo Il brano seguente:«Da fonte confidenziale sono pervenute a questo R. Ministero le seguenti informazioni riservate: «In questi giorni è stato a Parigi il Ministro d! Francia !n Etiopia Signor Reffye, Il quale ne! colloqui avuti con Boncour e Chautemps ha detto quanto segue:
737

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, GEISSER, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 678/350. Madrid, 22 febbraio 1934 (per. il 1° marzo).

Il movimento rivoluzionario socialista avvenuto ultimamente in Austria è stato seguito e commentato con grandissimo interesse da tutta la Stampa spagnola. Ne sono prova gli articoli che ho l'onore di qui unito trasmettere all'E. V.

La situazione politica spagnola e la minaccia rivoluzionaria che questo Partito socialista continua a far gravare sopra il Paese, ha naturalmente dato ai commenti della stampa spagnola una vivacità ed una attualità eccezionali.

La stampa di destra ne ha approfittato per dimostrare, in base ai fatti di Vienna, l'impossLb1Iità che una rivoluzione socialista possa attualmente trionfare ed ha ammonito il socialismo spagnolo a non incorrere negli stessi errori del suoi compagni austriaci. I giomali mon!l.Xchici, particolarmente, hanno posto in rilievo la energ,ica repressione compiuta dal Cancelliere Dollfuss e dal Principe di Starhembe·rg e non hanno celato la loro più viva soddisfazione per il definitivo abbattimento del partito socialista austriaco. D'altra parte i giornali socialisti ed anche gli organi massonici più socialisteggianti, come l'Heraldo de Madrid ed El Liberal, hanno lanciato tutti i loro anatemi contro la repressione cattolico-nazionalista, ma è indubitato che gli avvenimenti di Vienna hanno fatto riflettere seriamente i fautori di un mov.imento rivoluzionario socialista in !spagna ed hanno assai contribuito ad allontanare se non la possibilità, almeno l'imminenza di un analogo movimento rivoluzionario in !spagna (1).

738

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 827/43 R. Budapest, 23 febbraio 1934, ore 14,05 (per. ore 20,45).

Ieri mattina colloquio due ore con Gi:imbi:is e Kanya in cui esaminati altri problemi politici all'infuori Austria che avevano formato oggetto colloquio precedente.

Esaminati particolarmente rapporti con Jugoslavia verso la quale ungheresi si mostrano molto riservati e molto diffidenti.

«La minaccia di un movimento rivoluzionario socialista, seppure attenuata per la ripercussione dei fatti di Vienna (vedasl mio telespresso n. 678/350 in data odierna) sussiste tuttora, prova ne sta U mantenimento In tutto Il Paese dello "stato di prevenzione ", e molti pensanoche questa eventualità rivoluzionaria sarebbe la unica possibile soluzione al caos attuale e permetterebbe la costituzione di un Governo con ene.rgia ed autorità necessarie per risollevare Il Paese e por fine una volta per sempre al parlamentarismo ed alle ambizioni particolari dei partiti che sempre subordinano, in !spagna, l'Interesse generale ai loro egoistici fini par

ticolari~.

56 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Pomeriggio altro colloquio un'ora e mezza con Gombos, Kanya, ministro delle finanze, ministro dell'agricoltura e ministro del commercio.

Gombos prospettato problema generale sulle linee protocollo firmato a Roma (l) insistendo per unione doganale a tre o per lo meno per comune territorio economico. Pur dichiarando adesione di massima ho fatto riserve per difesa nostra agricoltura.

Per quanto riguarda problemi particolari è stata prospettata da mlnl$tri ungheresi questione importazione bestiame per oui dichiarano nostre proposte assolutamente inaccettabili. Preparano controprogetto che mi sarà consegnato, in cui però a quanto mi risulta si parla integrazione di 250 per categoria riducendo se ci sarà effettivamente aumento nel prezzo in modo però prezzi ungheresi non subiscano diminuzione di fronte al regime passato.

Ho fatto tutte le riserve esponendo idea nostre amministrazioni interessate.

Si è deciso che per preparare accordo economico converrà che prima della riunione di Roma si trovino insieme i rappresentanti tecnici dei tre paesi che potrebbero essere Ciancarelli, Schiiller, Winchkler con incarico di indicare tutte le possibilità per l'allargamento dei rapporti, tenendo conto che i tre paesi sono destinati in definitiva a formare territorio economico comune.

Oggi avrà luogo altra riunione pe.r problemi economici. Farò dichiarazioni a gio.rnalisti mantenendomi linee generali nostra politica e mettendo in rilievo che occasi:one mia visita non si sono fatte trattative speciali.

Governo intende far comunicato che non si allontanerà forme consuete.

Ho avuto anche udienza con Horthy (2).

Riferirò su tutto con rapporti.

(l) Si pubblica qui la conclusione del telespr. 679/351, pari data, di Guariglia:

739

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO (3)

D. R. 80168. Roma, 23 febbraio 1934.

Restituisco in data odiema 23 febbraio il rapporto dell'Addetto Militare nostro ad Addis Abeba, ricevuto in data 22 (4). Non vi è dubbio che accanto alle considerazioni e previsioni di ordine generale e politico, alcune chiacchiere in Italia e troppe pubblicazioni tendenziose di giornali stranieri, hanno allarmato il sospettoso Negus. Gli agenti f.rooco-belgi-russi che ha attorno, fanno il resto.

Ciò malgrado, non si può mutare il nostro programma, quale fu concertato nella riunione con Badoglio. Apprestare, cioè, una potente sistemazione difensiva. O vi sarà pace in Europa nei prossimi anni e allora la difensiva potrà servire da base alla offensiva o alla contro-offensiva; o l'ambiente europeo non ci pe·rmetterà disposizioni di forze in Afrlca e allora l'organizzazione difensiva ci permetterà di spezzare qualsiasi conato degli Abissini.

(-4) Cfr. n. 735.

Il rapporto del nostro addetto, prospetta questa alternativa.

È inte,ressante, anche, di notare che l'unificazione dell'Abissinia e la centralizzazione del potere imperiale, presenta ancora delle difficoltà periferiche. Al ritomo del Maresciallo Badoglio, bisogna passare alla fase esecutiva del

piano, a cominciare dai lavori stradali.

(l) -Il 18 agosto 1933. (2) -Cfr. n. 733. (3) -Da ASMAI, autografo.
740

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1934.

Colloquio con l'Ambasciatore di Francia.

Mi ha assicurato di aver esposto al suo Governo tutti gli argomenti che inducono a evitare il ricorso dell'Austria alla Società delle Nazioni. Il Governo francese ha risposto pregandolo di comunicare a V. E. che, pur non disconoscendo il valore delle argomentazioni addotte, esso ritiene: a) che ·in un eventuale ricorso verrebbe trattato esclusivamente l'aspetto internazionale della questione, prescindendo dalla politica interna b) che intanto la proposta Habicht avrebbe ricevuto da Dollfuss una risposta ambigua c) che l'attuale sospensione del ricorso dà luogo in Austria a una serie di intrighi, ftra cui mi ha citato il caso del Capo dell'esercito federale e del Generale Vikto.rin che sarebbero stati recentemente in rapporti con l'addetto militare tedesco a Vienna, il quale avrebbe fatto un viaggio a Berlino per riferire al suo Governo. Tale notizia è stata comunicata confidenzialmente al Governo francese dal Ministro britannico a Vienna.

Per queste tre ragioni l'Ambasciatore pregherebbe di non insistere soverchiamente a sconsigliare l'Austria dal ricorJ."ere a Ginevra.

Ho risposto a ognuno dei tre punti. Riguardo al primo, ho detto che, una volta a Ginevra, sarebbe ben difficlle limitare la discussione alla sola situazione internazionale evitando ogni intromissione nella politica interna austriaca. Riguardo al secondo, che ritenevo la risposta di Dollfuss ad Habicht tutt'altro che ambigua, o gli ho fornito prove che pare lo abbiano convinto. E infine, riguardo al terzo punto, gli ho detto che, pur ringranziandolo della comunicazione, non potevo dare eccessivo peso a intrighi che, nella situazione attuale, possono ritenersi inevitabili, data la implacabilità della propaganda nazi che non cessa di attaccare il Governo austriaco da tutte le parti.

Se V. E. dà ordini in proposito, si potrà controllare la notizia degli intrighi dell'addetto militare tedesco.

Intanto Chambrun mi ha detto che su questo argomento sarebbe lieto di intrattenere V. E. Gli ho fatto osservare che, non essendo più in tempo a rife,rirne a S. E. Suvich .che è ormai sulla via del ritorno, credevo preferibile attendere il suo arrivo per sapere da lui a che punto si trova attualmente il ricorso dell'Austria alla Società delle Nazioni.

741

IL VICE CAPO GABINE'ITO, JACOMONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

D. RR. P. 1690. Roma, 23 febbraio 1934.

Mi pregio trasmetterle l'unita lettera autografa di S. E. il Capo del Gove,mo diretta a V. E.

ALLEGATO

MUSSOLINI A CERRUTI

L'atteggiamento tenuto dai nazi durante la gravissima rivolta social-bolscevica di Vienna e i discorsi provocatori e grotteschi di Habicht, hanno congelato le simpatie degli italiani, nei confronti di Hitler e del suo regime. Ne tenga conto.

P. S. È stato qui Renzetti. Non l'ho ricevuto. Vedremo se capirà il mio latino. Secondo il solito Comnen «la politica tortuosa dell'Italia forma oggetto nei circoli ufficiali germanici delle critiche più aspre.

742

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, DE ANGELIS

T. 321/20 R. Roma, 24 febbraio 1934, ore 18,35.

Suo telegramma n. 13 (1).

È esatto che S. E. il Capo del Governo ha ricevuto in questi giorni dottoil' Weizmann. Articolo del Popolo d'Italia che non è del Capo del Governo prospetta una soluzione simbolica ma non effettiva. Esso riassume un progetto di soluzione del problema ebraico, escogitato da certo Welter e pubblicato nel numero di febbraio del Mercure de France, facendolo seguire dal seguente commento:

« Bisogna ammette~e che questa soluzione del Welter si presenta bene dal punto di vista giuridico, ma esaminata da vicino essa è più ingenua che pratica. Si può fortemente dubitare che essa riesca a «conciliare nello stesso tempo il liberalismo col nazionalismo » e a porre termine all'« antagonismo secolare che avvelena le relazioni fra ariani e semiti ». Comunque è una soluzione.

S. E. il Capo del Governo ha in questi giorni ricevuto anche l'emiro Scekib

Arslan. Quanto precede per sua norma di linguaggio con codesti esponenti arabi.

(l) Cfr. n. 731.

743

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1779/37 P.R. Roma, 24 febbraio 1934, ore 23.

P.rego dire a Dollfuss alla prima occasione che S. E. il Capo del Governo ha vivamente app.rezzato il pensiero di ribattezzave al nome del mutilato di guerra martire fascista Giordani la casa Matteotti. Atto simpatico di codesto Governo è molto favorevolmente commentato in Italia.

744

IL SOTTOSEGRETARIO AGLJ ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 844/101 R. Vienna, 24 febbraio 1934, ore 23,20 (per.ore 6,30 del 25).

Ieri a Budapest ho avuto colloqui con Bethlen Goemboes su questioni Austria e patto balcanico.

Rifeil"irò ritorno.

Oggi Vienna ho avuto colloquio con cancelliere, Fey, Starhemberg. Cancelliere d'accordo con programma convegno Roma. Per quanto riguarda eventuale ricorso alla S.d.N. ha rinviato decisione f,ra circa dieci giorni per vedere se nel f.rattempo avvenga qualche muova circostanza che gli dia modo rinunziare a tale passo.

Deciso a sciogliere partiti.

Non può fissare fin da ora la data.

Per rifoil"ma costituzione essa potrà avvenire fra 3 o 4 settimane.

Visitato centro ove si sono svolte recenti azioni da cui risulta modo impressionante preparazione ed organizzazione rivolta. Confermo mio arrivo Roma lunedì mattina.

745

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 890/299. Belgrado, 24 febbraio 1934.

Ninctch dopo molte reticenze e resistenze e frammentariamente mi ha narrato ieri l'altro che egli aveva ·ricevuto la visita, nei passati giorni, di un pubblicista austriaco da lui conosciuto mentre era Ministro degli Affari Esteri, il quale lo ha intrattenuto (secondo Nincich «accademicamente») della passibilità dell'attuazione di una sistemazione europea che * ridesse Trieste alla Germania e portasse la Jugoslavia in !stria e Carinzia * (l) (per darle una piu forte frontiera contro la Germania) assicurando ogni maggiore libertà nazionale e culturale alle minoranze slovene che dovessero restare sotto l'amministrazione germanica, tanto più in quanto attualmente sotto l'amministrazione italiana esse «sono trattate nel più atroce modo».

Nincich non ha vOluto dirmi il nome di questo personaggio, ha tenuto ad assicurarmi che era persona senza autorità e missione alcuna, che il discorso era fatto senza alcuno scopo pratico etc. etc.

Però qualche punto delle sue affermazioni può essere indebolito dalla risposta che Nincich mi dice avere fatto e nella quale egli avrebbe anzitutto fatto rileva,re che egli non era più Ministro degli Affari Esteri e pertanto il suo pensiero aveva scarso valore ed importanza. Però egli rilevava subito che una rettifica di frontiera quale indicata sarebbe contraria ad ogni rapporto di alleanza con Francia e Cecoslovacchia, che egli non vedeva quali sarebbero i limiti del possesso ge.rmanico di Trieste che per esseTe difeso avrebbe avuto bisogno di arrivare almeno fino al Tagliamento etc. etc. e comprendere anche quell'Istria che l'interlocutore voleva dare alla Jugoslavia.

Null'altro ho potuto ricavare da Nincich (per altro mi propongo di tornare sull'argomento), quindi non ho neanche potuto accertare se questo pubblicista abbia veduto anche altri uomini politici jugoslavi. Non dovrebbe avere veduto Purich, al quale, ieri sera con cautela e senza naturalmente indicare la fonte della mia conoscenza, ho posto il quesito se egli avesse avuto colloqui di tal genere.

È questo signore un messo dell'hitleriano Rosemberg? È un'ipotetica domanda che faccio non più. È un vago sospetto che enuncio non altro.

Mi vi autorizza tutta una serie di precedenti storici e di fatti ·recenti. A cominciare dalla dichiarazione di Bismarck fatta all'Ambasciatore di Francia a Berlino il 27 giugno 1879 e pubblicata nei documenti diplomatici fnncesi (l serie tomo 2. n. 440 pag. 524) e che suona così: * «I miei sentimenti per l'Austria debbono farvi comprendere come io consideri le pretese dell'Italia Irredenta; ho fatto sapere al Quir1nale che mai la Germania non permetterebbe all'Italia di mettere la mano sul Trentina e sull'Istria ed a più forte ragione su Trieste che è e deve restare il grande porto dei tedeschi austriaci e che i tedeschi· del Nord non lasceranno mai togliere ai loro fratelli del sud». Per giungere fino all'opuscolo pubblicato dal Giovannucci nell'autunno scorso sull'Hitlerismo e l'Italia e che è troppo recente pe,rché abbia bisogno di citarne i passi precisi che stabiliscono la esistenza di analoghe direttive della Ge.rmania odierna. *

Si tratta di tendenze che occorre anzitutto tradurre in atto, e che non possono essere considerate se non nella loro tendenziale minaccia lontana, ma non pertanto debbono essere tenute presenti in rapporto alla valutazione ed alle impressioni che possono destare qui, ed agli atteggiamenti che possono determinare e sviluppare.

Su quelli che siano i sentimenti jugoslavi in rapporto alla Germania ed alla minaccia dell'Anschluss ho già riferito a V. E. ed ho ricordato a V. E. i termini

essenziali entro l quali questo sentimento si muove anche di recente col n. 803/268 del 20 corrente <1).

Poco avrei da aggiungere se non una considerazione che a me subordinatamente pare di qualche valore. La posizione dei Balcani e della Jugoslavia è tale che su di essa prima della guerra non vi si esercitavano che due principali influenze: la Russa e l'Austriaca con a fianco la prima debole appa.rizione italiana. Nel dopo guerra la comparsa della Francia come forza attiva politica nei Balcani è dovuta alla sua non duratura situazione di prevalenza europea. Ma sono convinto che ciò non è che transitorio e che specie nei rapporti con la Jugoslavia essa è una alleata soltanto temporanea ed u:nicamente in funzione di di:f.esa dall'Italia.

Ma in situazione normale soltanto Italia, Germania e la Russia di domani, dovranno e potranno esercitare una decisiva determinante e prevalente influenza sugli Stati balcanici e soprattutto sulla Jugoslavia.

Ciò è chiaramente sentito anche a Belgrado. Lo è tanto che nella mia relazione conclusiva sulla situazione esterna della Jugoslavia trasmessa a V. E. il 5 gennaio del corrente anno (l) scrivevo: «Perciò se dovessi dire che con l'avvento dell'hitlerismo la funzione reciproca della Piccola Intesa e della Francia si muove sensibilmente e rapidamente verso una precisa trasformazione, a;ncora più questo è vero rispetto alla Jugoslavia [chè] nella Piccola Intesa sembra in questo momento costituire lo Stato relativamente più solido. Ecco perchè la Jugoslavia superata la crisi interna, sistemata una difesa all'esterno col rafforzamento deUa Piccola Intesa, rotto il cerchio magico dei suoi vicini, assicurata una pace balcanica mirante sostanzialmente ad una pace durevole, si trova ora in nna situazione tale da poter attendere eventi prossimi per decidere la sua via definitiva politica. Tre gli se ne aprono dinanzi: l) -rinsaldare ancora più i suoi legami con la Piccola Intesa e la sua dipendenza con la Francia al cui caril"o legare le proprie sorti anche * per il caso di un urto bellico franco-germanico; 2) accordarsi con la Germania al che non mancano sollecitazioni ed inviti oltr:echè sussistere nella stessa Jugoslavia tendenze precise, simpatie, interessi e gruppi a ciò ben propensi; 3) accordarsi con l'Italia, il che è poi la sola ve,ra, precisa e stabile sistemazione politica che armonizzando le reciproche necessità economiche e la struttura dei due Stati, può dare alla Jugoslavia quella sicurezza di pace * per il suo maggiore sviluppo che è oggi la ben certa e maggiore sua aspirazione~.

Da queste premesse e da queste considerazioni discende la situazione attuale della Jugoslavia. Oggi al ve,rificarsi dell'Anschluss sono favorevoli certamente alcuni singoli jugoslavi. Ho citato nel mio rapporto del 20 co,rrente il Srskic. Rammento ora

* -l'ex deputato socialista Jovanovich * che già nell'agosto 928 scrisse un articolo per dimostrare l'utilità che la Germania occupasse Trieste per ridare vita a quel * «povero morto porto sloveno ~ * ed a Berlirno fece un discorso favorevole al.l'Anschluss. E ne riferii nell'agosto 28 a V. E. (mio telegramma peli.' corriere n. -7097/1558 del 24 agosto 1928). Si aggiunga la propaganda di 500 mila tedeschi sudditi jugoslavi con moltissimi dei 500 mila unghe.resi e tutto il residuo di cul

tura germanica che ancora imbeve le ex provincie austro-ungariche. E vi si aggiungano ancora gli esponenti di interessi economici.

* Ma fuori di questi, dal Re in giù si è chiaramente persuasi del git"ave * pericolo dell'Anschluss alla quale, nelle condizioni presenti, verificandosi in un immediato domani, finirebbe con l'eccedere l'Ungheria. È da questa pessimistica previsione e da questo timore che deriva quel sent1mento meno sfavorevole all'Anschluss che ho segnalato a V. E. e che è sentito anche in Austria, come vedo dalle comunicazioni che V. E. mi fa l'onore di trasmettermi. E cioè l'assoluta necessità di un immediato e irapido adattamento ad una nuova situazione che, verificandosi, porrebbe la Jugoslavia a contatto per 800 Km. con forze militari schiacciantemente superio·ri, costringendola così a dirette indiscutibili dipendenze economiche come alla pressione politica della più grande Germania.

Contro questa possibilità si oppone e lotta, e non da ieri, la illuminata azione di ·v. E. La fase culminante è stata nei rispetti dell'Austria, una settimana addietro. Le vicende sono state qui seguite con aperto scetticismo, per la errata convinzione di una maggiore forza socialista. Quindi il timore di un più rapido trionfo dei progetti hitleriani. Fuori delle tendenziosità, delle malignità, delle falsità anche di questa stampa, che la Stefani telegrafa a V. E., la linea del suoi commenti riflette anzitutto questa preoccupazione.

Ma ne rispecchia anche un'altra. Nell'azione di sostegno all'Austria ed all'Unghena si vuole ad ogni costo scorgere non soltanto la creazione di una diga o di una trincea contro la nuova discesa del germa;nesimo al mediterraneo, diga utile anche alla Jugoslavia, ma anche, e soprattutto, un rafforzamento del revisionismo ungherese. Dal che deriva l'altra serie di malevoli commenti di questa stampa e le cattiverie di bassa lega anche contro S. E. Suvich (Suoi lnnegglamenti alla più Grande Ungheria -già da S. E. smentiti -colloqui tenuti con Gombos in lingua croata etc.). Ma il fondo è queUo segnalato, non altro.

Più si aggiunge il malumo·re per i mancati accordi diretti con l'Italia e nei quali si e.ra sinceramente ed ostinatamente sperato appunto per far f·ronte a quel pericolo germanico che sembra sempre più giustificato e manifesto. Dopo tali accordi ogni e qualunque nostra azione a sostegno di Austria ed anche di Ungheria * non avrebbe sollevato qui alcun sospetto ed inquietudine, e anzi, si riteneva, sarebbe stata maggiormente sorretta, dal... (l) creata più solida barrie.ra a sud. *

Si spostano quindi i termini ed i momenti dell'azione di V. E Si ritiene, cioè, nell'interesse egoistico jugoslavo e da questo più tistretto punto di vista, che l'accordo con Belgrado avrebbe dovuto precedere poiché esso avrebbe permesso un'accessione dell'Ungheria prima della minaccia dell'Anschluss. Mentre se questa si ve·rifichi anzi l'auspicato accordo, l'assessione dell'Ungheria diviene secondo Belgrado, inevitabile, e la più ariretrata diga antige.rmanica o non più possibile o più debole.

Perciò la comunicazione di S. E. Aloisi a Ducic ieri (telegramma di V. E. n. 22 arrivato stamani) (2) è stata accolta qui con senso di sollievo. Me ne aveva già

parlato ieri sera Purich e debbo attribuire a questa comunicazione (come alle migliori notizie della resistenza di Dollfuss ai nazi) il tono del suo colloquio, ben più calmo di quello della sera del 17 corrente, quando egli, lontano da ogni senso di realtà e.ra uscito in frasi davvero non simpatiche per l'azione italiana quasi sul tono dell'intervista concessa da Titulescu al Petit Parisien e _roi negata.

Debbo pure attribuire a questa comunicazione la 1egge·ra evoluzione che noto nelle Novosti di oggi, le quali commentando la situazione e spedalmente il discorso dell'On. zega (mio telegramma n. 28 del 22 corrente), così si esprimono: «II viaggio di Suvich a Budapest ha dimostrato chiaramente che l'Italia ha l'intenzione di porre, almeno sotto il suo protettorato morale, l'eventuale unione tm l'Austria e l'Ungheria. Certo è che l'Italia è stata spinta a fare tale politica sotto la pressione della forza espansiva della Germania la cui direzione è: * Monaco-Vienna-Trieste. *

La piccola Intesa non ha ragione di inquietarsi. Essa è abbastanza forte per fare da sè e per l'appunto, conscia della sua forza e delle sue oneste intenzioni di pace, può tendere sinceramente le mani per una amichevole collabo-razione. E così si deve intendere anche il discorso del deputato di Zagabria, Sega, il quale giorni addietro nella Skupstina, fece una dichiarazione sulla necessità ed i benefici di una co.Ilaborazione itala-jugoslava e si dichiarò per la fondazione di una camera di commercio itala-jugoslava come pure di società culturali itala-jugoslave in Jugoslavia, con la promessa di un vicendevole rispe.tto dei diritti e possessi acquisiti... (l) vicini, i quali sono uniti da un così intenso traffico, potrebbero ... (l) ad un buono e perenne scambio di beni materiali e spirituali. Si può constatare che nei circoli dirigenti dei due paesi si è giunti a tale conclusione. La Jugoslavia ha con la sua politica a mezzo della Piccola Intesa e degli Stati balcanici indubbiamente dimostrato che essa è per una pacifica e feconda collaborazione tra i popoli».

Anche lo Slovenec del 21 corrente ha passi interessanti. Li riproduco: «Dobbiamo ora registrare un energico gesto dell'Italia costituito da una netta disapprovazione dell'atteggiamento della Germania e della politica di HitLer. La politica estera di Mussolini non ci aveva abituato a gesti del genere. I tragici avvenimenti d'Austria hanno così avuto almeno una buona conseguenza rappresentata dal fatto che le Grandi Potenze dell'ex Grande Intesa si sono finalmente decise ad intervenire con i fatti, mentre finora lo avevano fatto soltanto a parole per la difesa dell'indipendenza austriaca. La circostanza che proprio l'Italia abbia voluto compiere un tal passo va registrata come fatto diplomatico di grande significato. Se l'Italia si manterrà su questa strada non avremo da temere che la pace d'Europa possa essere turbata da intrighi. In ogni caso, nell'attual-e momento è molto interessante e molto significativa la polemica che sta svolgendosi con ma.rcata asprezza fra la stampa Ualiana e. quella tedesca. E a proposito di revisione i giornali fascisti manifestano le loro interessanti teorie che hanno svegliato l'attenzione e provocato molti commenti in vari circold politici str-anier-i. La diplomazia italiana infatti sostiene la necessità di «un cambiamento, ovvero di un migliore adattamento dei trattati di pace come

frutto di una concorde e ponderata intesa di tutte le Poten:re in base a riconoscimento dei principi di giustizia; ma nello stesso tempo si pone decisamente contro ad ogni irragionevole ed individuale revisione~. L'unione dell'Austria alla Germania non è giustificata nè sostenuta da alcuna questione di diritto e da alcuna necessità. La citazione per l'Anschluss è anzitutto artificiale e non corrisponde affatto alle necessità ed alle aspirazioni del popolo austriaco, ed in secondo luogo è contraria alla naturale [dist]ribuzione delle foJ:Ze i.n Europa nonché dannosa per la pacifica... (l) delle Nazioni Europee. Oltre a tutto ciò l'indipendenza austriaca... (l) l'asse fondamentale della politica italiana ».

Nel medesimo colloquio Purich mi ha pure detto di avere intrattenuto della situazione odierna questo Ministro di Ungheria, di avergli fatto ammett&e che il cinquanta pe·r cento dell'Ungheria è germanofilo che nonostante * non si desidera colà l'Anschluss ma che se essa si verifd.casse nelle condizioni attuali l'accessione unghe.rese al nuovo sistema sarebbe cosa di 24 ore. * Purich mi ha anche detto di aver trattato col Ministro di Ungheria la questione dei rapporti ungaro-jugoslavi e di avergli gettato, così per prova, l'idea di un riavvicinamento sulla falsariga di quello polacco germanico: facciamo un sincero armistizio per dieci anni durante i quali non parleremo di questioni terr.itoriali, o se mai da amiC'i e senza rancore.

Proverò a chiedere a questo mio collega ungherese cosa siasi detto in tale coHoquio, quale la di lui versione, e quale la sua impressione e ne riferirò a V. E.

Ma intrunto traggo da tutto il mio esposto ia solita conclusione: malgrado tutto ad onta d~ ogni sgradevole incidente anche nel recente passato non si domande·rebbe di meglio di una qualsiasi cortese e franca apertura da nostra parte per gettarvisi sopra e coglierla in tutta la possibile estensione. Nè la Francia, nè la Piccola Intesa, nè l'Intesa Balcanica coprono la Jugoslavia dal maggior pericolo di un germanesimo preponderante e prepotente che si profila nell'o.rizzonte europeo. Ciò è solo se venga l'accordo politico-rrùlitare con l'Italia e vi acceda in uno od altro modo l'Ungheria.

(l) I passi tra asterischi sono stati sottolineati da Mussollnl.

(l) Non pubblicato.

(l) -Parola 1llegg!b1le per 11 deterioramento del documento. (2) -Cfr. n. 727, nota 3.

(l) Parola illeggibile per il deterioramento del documento.

746

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

L. P. Belgrado, 24 febbraio 1934.

Come vedrai dal mio telepresso odierno n. 890/299 (2) Purich mi aveva informato già ieri sera di quanto da te comunicato a Ducich per ordine di

S. E. il Capo del Governo, e da te teleg.rafatomi anche ieri sera con n. 22 arri

vato stamane (3). L'effetto del telegramma è stato eccellente.

E spero davvero che le tue due ultime frasi abbiano un seguito concreto. Qui si scoppia dalla voglia di essere d'accordo con noi. E se io guardo dal nostro punto di vista l'accordo, e vi arrivo da ogni possibHe via non so che giungere sempre alla stessa conclusione. Nulla vale per la nostra fo,rza europea quanto la vera e sicura pace con Belgrado, nulla assicura il nostro sforzo per contenere la diga antigermanica, magari per mezzo dell'unione austro-ungherese, quanto il rincalzo dato dall'alleanz!t itala-jugoslava, mentre la pace con Belgrado finisce col far definitivamente passare l'asse dell'intera politica europea da Roma, spostandolo da Parigi.

Però se si debba incamminarci definitivamente per questa via occorre farlo con ampio respiro, con aperta f·ranchezza di spirito e generosa visione. Occorre superare le vlete formule ed i tipi di usaU accordi, per dare ed ottenere qualche cosa di più di quello che gli stereotipati patti signHicano e danno. Ed uscire dal misterioso trattare e dal tortuoso confabtrlare per prendere, sia pure con ogni dovuta riservata cautela, la via più franca e diritta. Vorrei dirti di più e di più chiùo di quello che penso. Lo farò soltanto se tu mi farai sapere che ciò è opportuno, e che il momento buono è venuto veramente.

Ho scritto tanto e tanto sempre sullo stesso tema, ho cercato tanto e tanto di porre sotto gli occhi la precisa inoppugnabile realtà fuori di quello che può esserv-i rappresentata costà da conventicole interessate e profittatrici, che non dico di essere stanco, ma certo mi pa·rrebbe veramente inutile continua.re nel concreto tema che accenno. E spero trovarti concorde.

(l) -Parola 1lleggib1le per 11 deterioramento del documento. (2) -Cfr. n. 745. (3) -Cfr. n. 727, nota 3.
747

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 848/25-26 R. Tirana, 25 febbraio 1934, ore 12,55 (per. ore 15,45);

ffi nota qui un sempre maggiore disorientamento nella politica di questo Governo. Esso ha spinto avanti le trattative con la Jugoslavia nella speranza di avere maggiore successo nel suo giuoco con l'Italia e non vede nessun mutamento da parte di Roma mentre Belgrado va accentuando sua pressione per impegnarlo in modo da comprometter,e ripresa dei suoi rapporti con noi (1).

Stipulazione del patto balcanico ha creato d'altra parte molto malcontento, data la situazione imbarazzante in cui ha messo l'Albania, sia nei riguardi delle altre potenze balcaniche, che solleverebbero difficoltà alla sua eventuale adesione, sia verso l'Italia volutamente da lei dimenticata in questo frangente.

Mio assoluto riserbo da quando ebbi ultimo colloquio coi Re e col ministro affari esteri (telespresso n. 252/110 del 27 gennaio) (2) è servito ad aumentare stato di disagio.

Emissari del Re sono venuti a vede,rmi in questi giorni (Gemil Dino, il ministro LLbohova Ekrem, il colonnello Se·l'eggi e H padrino del Re) mentre, come

ho riferito, trattative segrete sono state ufficiosamente iniziate con rappresentanti del clero di Scutari.

Non credo che Re Zog si disponga tanto facilmente a riaprire le scuole confessionali pur rendendosi conto che è necessario trovare la via per arrivarvi. Egli cerca qualche fatto nuovo che possa far tornare la piena fiducia e portare ad una rapida e completa chiarificazione, permettendo cosi la faci1e soluzione delle questioni in sospeso.

Oppo·rtunamente manovrando gli emissari inviatimi dal Re, mi sono fatto domandare oggi da Abdurraman Mati se riuscirebbe gradita a Roma una visita ufficiale di questo ministro affari esteri, che avesse il solo intento di una presa di contatto con Governo alleato per un esame della situazione in relazione al recente patto di Atene. La visita dovrebbe dare il risultato di un rafforzamento dell'alleanza e del punto di vista dell'Italia nei riguardi del patto. Dovrebbe avere il significato di un atto di fede nell'aUeata e in via indiretta (o possibilmente anche diretta) di un atto di solidarietà con la Bulgaria.

Non so che fiducia S•i può avere nel seguito di queste proposte che sono riuscito ad insinuare.

Abdurrama:n, che mi ha parlato a titolo personale ma era certamente autorizzato dal Re, mi ha domandato se, a mio avviso, un passo del genere sarebbe effettivamente apprezzato a Roma e potrebbe servire a produrre una chiarificazione dei rapporti fra i due paes.i. Gli ho risposto che i sentimenti che, come egli mi diceva, il ministro degli affari esteri avrebbe espresso a Roma, sarebbero stati a loro volta molto gradit!i e av.rebbero trovato la stessa r·ispondenza da parte del Governo alleato; essi avrebbero certamente servito a migliorare l'atmosfera facilitando la normalizzazione dei rapporti che, come egli ben sapeva, era stata alterata da cause ben note che sarebbe stato comunque necessario dirimere.

Mi ha pregato tuttavia di fare qualche sondaggio a Roma in forma ufficiosa, dato carattere della nostra conversazione, telegrafa;ndone per esempio a S. E. Aloisi.

Ben precisati i termini, nel senso indicato, della visita che il ministro Glafer Villa si proporrebbe di fare a Roma, mi pare convenga senz'altro incoraggiarla.

Mi adopererò pertanto opportunamente in questo senso salvo ordiru contrari di V. E.

(l) -Koch aveva riferito con t. 667/17 R. del 13 febbraio che 11 Governo d! Belgrado stava cercando un riavvlcinamento con Tirana e faceva «valere l'opportunità per !l Governo alb!J.nese di trovare In altri orientamenti politici un compenso alle sue difficoltà con l'Italia». (2) -Cfr. n. 620, nota l, p. 707.
748

COLLOQUIO ITALO-INGLESE (l)

VERBALE Roma, 26 febbraio 1934, ore 17.

Present:

Signor Mussolini Signor Suvich

Baron Aloisi Mr. Eden Sir Eric Drummond Mr. Strang

Mr. Eden gave a brief account of hls conversations in Paris and Berlin. In Paris, he said, the French Ministers were not yet· in a rposition to state their views in detail on the British memorandum, but they had rpromised to do so when Mr. Eden visited Paris on his way back. In Berliiil He.rr Hitler had rprorposed a number of modifications to the Bl"itish memorandum, which, if accepted, would enable him to agree to the proposals made in that memorandum. Mr. Eden gave an outline of Herr Hitler's proposals, w.ith which Signor Mussolini was already familiar. He said that His Majesty's Govemment would await bis r.etur.n before coming to a conclusi:on as regards those proposals. For the present His Majesty's Government stili stood by the terms of their memo·randum.

Signor Mussolini said that the attitude of the French was most limporta.nt, because upon this depended the whole question whether or not the.re was to be a Convention. He was convinced that the Fre~ch in present conditions would :not be prepared to give up a sing,~e rifle. It was quite evident that the Disarmament Co:nference had faHed. The armed states were :not prepa.red to disarm and the disarmed states w.ere already rearming. In his own view the Convention ought to provide for limitation o.f German rearmament, such rearmament to consist of defensive weapons only. A counterpart to such an ar·rangement would be, first, the transformation of the Reichswehr; seco:ndly, the institution of a system of contro!; and thirdly, the recog:nition in practice of the principle of equality of rights, together with the return of Germany to the League. Once German eq~ality of rights was established in practice, a firm attitmde ought to be adopted towards Germany. In any event Germany ought not to possess bombing planes or any offensive weapons, and it was to be hoped that bombing planes would be abandoned altogether during the second period. If the French should be willing to recede somewhat from the attitude they had adopted in the past and agvee to disarm dul"ing the second five years, no one would be better pleased than himself.

Mr. Eden emphasised His Majesty's Government were anxious for Germany's early return to the League as was the Ita.lian Government. Herr Hitler had not definitely refused to return to the League of Nations. He had said that this question ought not to be linked up with that of a Disarmament Convention, but that if such a Conventi:on was concluded, he mtght be prepared to driscuss the question of Germany's retum. Could Signor Mussolini assist by bringing rpressure to bear in Berlin on thls issue?

Signor Mussolini replied that he too attaohed great importance to Germany's retuvn to the League, and would do all he could to bring it about, though he doubted whether it should form part of the Convention. He thought that if the convention was not drafted in too great detan, Germany might be persuaded to sign. Such signature must of course take piace at Geneva.

Signor Suvich observed that Herr Hitler had evinced some repugnance to the signature of the Convention at Geneva and had expressed a preference that the other Powers should come to an agreement there and then discuss that agreement with Germany.

Signor Mussolini apparently took the view that such a procedure was inadmissable.

Signor Eric Drummond said that the postponement of any French disarmament for five years ought certailnly to be a matter of great impo·rtance to the French Government.

Signor Mussolini agreed, and said that their whole point was that they should not be asked to disarm immediately. He observed that of course the Germans had already rearmed, and that no one could prevent them. There was only one way to stop German rearmament, and that was war.

The conversation then turned to the German air proposals, Mr. Eden remarking that it was not clear how the figures would work out.

Signor Mussolini said that m a memorandum which he has received from the German Ambassador, a co.py of which he had be.fore him, it was stated that the percentage which the Germams asked for would be calculated upoo the « total effective air forces >> of Germany's neighbours, or half the aeroplanes in the possession of France, if that were a l.ower figure. Germany would not ask for bombing aeroplanes for two years. If, however, bombing from the air was not abolished by that time, they also would require to possess bombers. His own estimate was that the percentages would work out at about 700 aeroplanes for Germany.

Signor Suvich obse,rved that the French had in all about 4.000 aeroplanes. At this point signor Mussolini telephoned and obtained the following figures of the French air forces. In the line 1.500; in" reserve, 2.000; in schools of

instructi.on 500; total, 4.000. Baron Aloìsì observed that Germany would of course also ask for aeroplanes for the reserve and for schools of instructioo. Signor Mussolini thought, howerer, that the German claim would only take into calculation the French aeroplanes actually in commission.

Sir Eric Drummond pointed out that if, as appeared from the latest information given by Generai von Blomberg to Sir Eric Phipps, the calculation was to take account only of the defensive aircraft of Germany's nedghbours, then of course the German figure might be less.

Signor Suvich observed that the memorandum supplied to the ItaUan Government by the German Ambassador had spoken of « the total effective air forces » of Germany's neighbo·urs, and did not limit the reference to defensive aircraft.

Mr. Eden asked whether he might sum up the Italian view as follows. The Ital~an Government did not believe that the French Government would disarm. If the French were, however, prepared to disarm, the Italian Government would be only too happy. If the United Kingdom memorandum could be generally accepted as it stood, the Italian Government could accept it, but they had no hope of such an autcome. Failing this, Herr Hitler's proposals might furnish a possible basis for agreement. In any event it was necessa:ry to act quickly as the situation would deteriorate unless something was done. If nothing else would serve, it would be best to fall back upon the Italian plan, which was much better than failure.

Signor Mussolini agreed. He said that the thought that public opinion would be satisfied with the post-ponement of d1sarmament for a few years plus the immediate institution of a system of control, but it would be necessary to educate public opinion as to how much would be achieved by whatever method was adopted. He asked Mr. Eden what the French Government had saàd to him in Paris.

Mr. Eden said that they had intimated that it would be difficult fo·r them to disarm while the Germans were re-arming; that the proposals as regards security in the Urnted Kingdom memorandum were inadequate; and that they were gravely disturbed by the question of the S. A. and S. S. They promised on his return to state their views in greater deta.U.

Mr. Eden at this point mformed signor Mussolini of the terms of Herr Hitler's assurance as regards Locarno. Signor Suvich wondered whether the Germans would be prepared to accept graduai re-armament by stages.

Mr. Eden said that on this podnt they had accepted the United Kingdom memerandum, which provided for the progressive equipment of the new short term service army as it come into being. He had the impression that the Chancellor was sincere in desiring a disarmanent convention as he wished to be able to push on with a long programme of inte·rnal reconstruction.

Signor Mussoli:ni asked whether the same was true of those who surrounded Herr Hitler.

Mr. Eden said that, speak.lng frankly, he was less sure of thls. He recalled that Hitler's offer to reduce the Green Police by 50.000 men had not pleased Freiherr von Neurath.

Signor Mussolini said that the French Ambassador had recently said to him, with reference to the Italian proposals, that if the French Government could obtaìn satisfactory amswers on three pomts they might perhaps be able to do somettng in the way of a convention. They wished f1rst to be satlsfied in regard to the S. A. and S.S. -On this signor Mussolini thought that Hitler's five point assurance ought to satisfy them. Secondly, they wished to be sure of the Italian attitude as regards control, as on this point the ItaMam memorandum had not been clear. Sigonr Mussolini had said that Italy would accept a system of contrai. Thirdly, they wished to be satisfied as regard the Italian attitude towards Locarno. On this ·signor Mussolini had given the necessary assurances.

In continuatlon signor Mussolini said that the question of the S. A. and

S.S. interested Italy also. There were, however, only 800 permanent men in the Fascist Militia. The remainder were all part-time volunteers.

Mr. Eden said tbat on tbe question of effectives be understood tbe Italian view to be tbat they would ratber tbat tbe Germans sbould bave 300.000 men and tbat otber Powers sbould keep tbeir present effectives then tbat parity between tbe cbief continental Powers sbould be establisbed. If conventional provJsion were made for parity of metropolitan effectives, tbe question of overseas troops migbt cause difficulty between Italy and France.

Signor Mussolini said tbat tbis was of course a question wbicb would bave to be examined, but it was not one of tbe greatest importance.

Turnmg to ano.tber point, Mr. Eden said tbat be bad asked tbe Cbancellor bow be tbougbt it would be best to proceed in tbe Jmmed.iate future. He bad unofficially suggested to Herr Hitler tbe possibility of an intermediate stage sucb, for example, as a meeting of reprensentatives of some of tbe Powers cbiefly concerned, perbaps seven or eigbt. He bad not found Herr Hitler ve,ry well disposed to tbis suggestion. Tbe Cbancellor tbougbt tbat it would be better to wait and see bow tbe Frencb reacted before considering this question.

Signor Mussolini said tbat in bis v,iew a meeting of tbis kind would be inevitable sooner or later. Various procedures bad been tried, sucb as bilatera! excbanges, tbe issue of four memoranda, and now Mr. Eden's tour. Tbe best course would be to arrange an informai meeting of delegates from tbe four western Powers, to take place away from Geneva. These delegates would not be beads of Governments but perbaps tbe competent Ministers or officials cbar-· ged witb tbe bandling of this question. They sbould not of courrse, be tecbnical experts. Tbeir duty would be to draw up the outline of a convention embodying tbe points upon whicb tbe four Govei"1!1Illents were agreed. Wben tbis had been done, tbe drafts would be examined at a meeting of responsible delegates from the four Governments, togetber witb delegates from some otber States sucb, for example, as Poland, U.S.S.R. and U.S.A.

Mr. Eden ,recalled that the French had consistently refused of late to attend any four Power meeting, and he thought that they would be the more reluctant to do so when such a meeting could not take place at Geneva. Turning to tbe substance of the question, he asked wbether be could report to His Majesty's Govemment that in tbe ItaHan view the United KJ.ngdo.m memorandum, as well as the modifications proposed by Hitler, both offered a basis for an agreement.

Signor Mussolini veplied in tbe affirmative. Mr. Eden empbasised that Herr Hitler's proposals as règards aviation would of course cause a very great diW.culty. Signor Mussolini said tbat it sbould be remembered tbat Germany bad four frontiers to defend. He asked Mr. Eden whether he bad brougbt any furtber impressions from Berlin. Mr. Eden said tbat wbile tbe Germans insisted tbat tbey were pacific, yet they seemed to take delight in talking about their war experiences. They appeared genuinely to deffire peace in order to pusb on witb tbe fifteen years internai programme wbicb they bad in view. Tbey seemed to be gravely disturbed at tbe possibility of tbeir towns and factories being bombarded from tbe air: and

though they were aware that defensive aeroplanes would not be en effective protection, they yet desired them if only for psychological reasons. They fully understood French apprehens.ions. The subject of Austria had not been menti.oned during the conversatio.ns.

Mr. Eden then raised the question O'f the date of his departure from Rome. He had originally intended to leave on Wedne.sday the 28th February; but as the present conversation had proved so satisfactory he saw nothing to detain him and would prefer to leave a day earUer, if only ~n arder to be able to report to His Majest's Government to sooner. He trusted that Signor Mussolini would seen no objection to this. The decision would of course depend upon whether the French Ministers could receive him on Wednesday the 28th.

Signor Mussolini said that he pedectly understood the reasons why Mr. Eden should wish to leave the following day amd saw no reason why he should defer his departure.

Mr. Eden said that he did not of course know what His Majesty's Government would think about the German proposals. They would only consider them after his return.

Signor Mussolini said that the French were: obtaining a system of control; assurances about the S. A. and S. S., amd a postponement of their disarmament. The French Amabassador had given him the impression that these things were an appreciable step towards meettng French views.

Signor Suvich, however, thought that the French objected not only to French disa~rmament but equally to German rearmament, if this was to begin at once.

Signor Mussolini throughout the conversation laid the greatest stress on the urgency of a settlement being reached at the earliest possible moment, as otherwise the German demands were certain to increase.

It was agre·ed to issue a communiqué to the press in the following terms:

«The Head of the Government this afternoon received at the Palazzo Venezia, Mr. Eden, the Lord Privy Seal, who informed him of the conversations which he had had in Paris and Berlin. This information enabled them to examine afresh the British and Italian memoranda. They found themselves in accord as to the objects to be reached and in particular as to the possibility of finding a basis for a generai agreement ».

(l) Ed. in DB, vol. VI, cit., pp. 486-491. Il verbale è stato redatto dagli inglesi ma ne è conosciuto un esemplare in ASMAE, di cui costituisce parté integrante, non risultando che sia stato redatto verbale da parte italiana.

749

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AI MINISTRI A BUDAPEST, COLONNA, E A VIENNA, PREZIOSI

T. 329 R. Roma, 26 febbrato 1934, ore 22.

(Per Vienna). P~rego V. S. informarsi dal cancelliere.

(Per Budapest). Prego V. S. informarsi dal presidente del consiglio.

(Per tutti) si accetta per il noto convegno a Roma la data del 14-15-16 marzo prossimo. La riunione preliminare dei tecnici potrebbe avere luogo lunedì 5 marzo.

57 -Documenti Diplomatict -Serle VII -Vol. XIV

Al riguardo cancelliere fa presente a V. E. che nel caso in cui convegno Roma venisse a coincidere con eventuale appello austriaco alla S.d.N., ed egli fosse in conseguenza obbligato di recarsi da Roma direttamente a Ginevra o viceversa, ciò potrebbe dar luogo ad inopportune supposizioni d'ordine politico, che è nell'interesse generale di evitare.

Cancelliere è sicuro poter prendere definitiva decisione circa questione Ginevra fra venerdì e lunedì e cioè subito dopo nuovo discorso Habicht, dal cui contenuto egli ritiene potrà finalmente dedurre su quale strada Reich intenda effettivamente incamminarsi. Sicché egli si riserva dare risposta circa data convegno Roma non oltre lunedì.

Tecnico austriaco sarà signor Schiiller. Naturalmente anche data convegno preliminare tecnici resta subordinata predetta decisione (1).

752

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

r. P. 331/51 R. Roma, 27 febbraio 1934, ore 16,30.

Vedi se possibile di frenare alla;rmismi a scopo di bottega di cui dà prova .nassima parte della stampa londinese. Tutto ciò nuoce a Dollfuss e a quella .:ausa dell'indipendenza austriaca che si dice di volere sostenere. Posizione Dollfuss è migliorata e nostro atteggiamento definito (2).

753

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANIA, KOCK (3)

.L'. 333/18 R. Roma, 27 febbraio 1934, ore 18.

Suoi telegrammi 25 e 26 (4).

Visita ministro esteri albanese può costituire un avvenimento notevole nei rapporti itala-albanesi nel senso di chiarire la situazione. La cosa dovrebbe svolgersi nei seguenti tempi e cloè: l. Accettazione da parte albanese delle richieste pregiudiziali dell'Italia per quanto riguarda scuole in genere e scuole confes

sionali in ispecie; 2. viaggio a Roma del ministro degli esteri; 3. trattazione a Roma delle questioni italo-albanesi nel senso di riavviare la collaborazione politico-economica fra i due paest Con questa procedura la visita può essere feconda di utili risultati. È in questa direzione che ~el deve agire.

(l) -Con t. 344 R. del 2 marzo Suvich dette istruzioni a Vienna e Budapest di richiedere Il consenso di Dollfuss e Gombos per la pubblicazione di un comunicato circa la loro visita a Roma nel giorni 14-16 marzo. Il consenso fu comunicato da Preziosi con t. u. 897/s.n. R. e da Colonna con t. uu. 898/49 R. dello stesso 2 marzo. (2) -Minuta autografa di Mussolinl. Con t. 895/183 R. del 2 marzo, non pubblicato, Vitetti riferì avergli detto Sargent che il Forelgn Office considerava la situazione austriaca nettamente migliorata negli ultimi giorni e che le minacce di Habicht non andavano prese molto sul serio. (3) -Minuta autografa di Mussolinl. (4) -Cfr. n. 747.
754

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 870/73 R. Berlino, 27 febbraio 1934, ore 24

(per.

ore

2 del 2

8).

Mio telegramma n. 72 (l).

Devo fare magg,iore riserva alte assicuraziGni datemi da von Neurath circa intenzioni di Habicht, nGn già perchè io metta in dubbio sua parola, ma perchè ho ragione ritenere, in base a notizie da buona fonte, che questo ministero degli affari esteri è volutamente tenuto all'oscuro di tutto quanto concerne Austria, v,enendo questa questiGne considerata interna tedesca e implicante prestigio del partito.

Si attribuiscono a Habicht e compagni propositi che mi furono definiti «folli , senza essere però precisati.

Notlizie pubblicate durante soggiorno di S. E. Suvich in Ungheria, mancata smentita ufficiale italiana a1le voci di intesa politica !taio-austro-ungherese, colloqui Vienna ed infine voci relative restauraziGne degli Asburgo a Vl.enna e Budapest, hanno provocato massima inquietudine nei circoli nazionalsocialisti.

Essi temono che atteggiamento energico assunto da V. E., quale non si attendevano, possa compromettere quanto avevano sino ad ora ritenuto assolutamente certo, e cioè 'rivolta popolare contro Dollfuss e trionfo del naz!l.onalsocialismo in Austria.

Poichè esistono nel partito nazionaJsocialista elementi estremisti irragionevoli ed irresponsabili disposti a tut,to pur di ottenere successo in Austria e dl umiliare chi osò frapporsi alle aspirazioni del nazismo, occorre poter fronteggiare ogni evenienza.

755

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 013 (2) Belgrado, 27 febbraio 1934.

Mi sono recato da Jeftich oggi alle ore 18 a sua richiesta. Egli mi ha chiamato per dirmi che il Ministero dell'Interno lo aveva informato che a Zara 1 sudditi jugoslavi Brkan e Sakich approfittando del fatto che per il regime

(l) -T. 869/72 R., pari data, non pubbl!cato: !l resoconto del colloquio con Neurath è riportato nel n. 759. (2) -Non inserito nel registro dei telegrammi in arrivo.
757

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. 337/19 R. Roma, 28 febbraio 1934, ore 16.

Mio telegramma n. 18 (l) prende in considerazione caso che ministro voglia discutere complesso rapporti italo-albanesi. Se ministro vorrà venire per intrattenere capo Governo su questione patto balcanico sua visita sarà gradita. Sarà bene tuttavia anche per questo caso che V. S. trovi modo far sapere codesto Governo che nostro punto di vista su situazione italo-albanese rimane inalterato. Quindi se ministro vorrà anche toccare questo argomento nostra risposta non potrà essere che in conformità alle dichiarazioni precedenti.

758

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 338/43 R. Roma, 28 febbraio 1934, ore 21.

Riferimento suo 103 (2).

V. S. potrà dire da mia parte a cancelliere Dollfuss che pur rendendomi conto delle sue riserve in relazione al possibile r<icorso alla Società delle Nazioni, ritengo più che mai opportuno che il convegno abbia luogo ed al più presto. Anche l'opinione pubblica internazionale dopo che la notizia del convegno è trapelata e se ne parla apertamente, accoglie l'iniziativa con un discreto favore salvo naturalmente determinate preoccupazioni da parte di chi teme la lesione dei propri interessi.

Non vedo pod le difficoltà politiche accennate da cancelliere per un eventuale spostamento da Roma a Ginevra o viceversa. Ritengo però ad ognd modo che la riunione dei rappresentanti tecnici possa aver luogo il 5 come previsto dato che ha un carattere preparatorio.

Per quanto riguarda poi l'eventuale ricorso a Ginevra non vedo che siano intervenuti fatti nuovi che possano modificare l'opinione contraria da me già manifestata. Ho anzi !'.impressione che oramai anche nell'opinione pubblica mondiale il ricorso a Ginevra non solo non sia favorito, ma non sia neanche atteso. Il convegno di Roma può offrire al cancemere un diversivo per evUare questo ricorso da cui non si vede che cosa di buono sia da attendersi. L'unica efficacia può coosistere nella minaccia di tale ricorso e perciò conviene tenerlo ancora sospeso.

{1) Cfr. n. 753.

(2) Cfr. n. 751.

759

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 931/048 R. Berlino, 28 febbraio 1934. (per. il 4 marzo).

Mio telegramma n. 72 (l).

Coll'intento di conoscere da fonte uff,iciale se e quale atteggiamento avessero tenuto le autorità del Reich nei riguardi delle recenti sconvenienti dichiarazioni del signor Habicht circa l'Austria mi sono ier·i recato dal barone von Neurath col quale ho ripreso, a titolo personale e privato, la conversazione sopra gli affari austriaci.

Dissd che nel getta.re uno sguardo sul complesso dei nostri rappo.rti politici, constatavo come vi fosse corr~spondenza di interessi nella questione del disarmo, in quella di una riforma della S.d.N. nonché in quella della revisione dei trattati. La questione della Sarre sarebbe stata dall'Italia considerata coo la maggiore obbiettività, essendo noi convinti che questo è il mezzo migliore per servire alle aspirazioni della Germania. Anche in altri problemi di politica generale le vedute nostre e quelle del Governo del Reich erano solitamente concordd, come avevo sovente occasione di constatare con grande compiacimento dopo le mie conversazioni con lui. Fatta questa premessa mi riusciva tanto più doloroso rilevare che una sola questione, quella austriaca, ci poneva in due campi opposti. Era poi diffkile, per :non dire impossibile, innestare tale questione fra le altre che formavano oggetto di trattative fra i nostri due Governi dato che qui si era tenuto ad escludere il problema austriaco dalla trattazione a mezzo degU organi .responsabili della politica estera.

Il barone von Neurath mi rispose che questo era vero «sino ad un certo punto"· ch'egli riconosceva ad ogni modo meco che questo stato di cose era tutt'altro che piacevole e dava luogo a seri inconven1enti. Doveva però rilevare che 'nei primi anni del fascismo anche in Italia si erano commessi errori del genere ed egli lo sapeva meglio di chicchess•ia per scienza propria.

Osservai che non Lricordavo alcun caso in cui la trattazione di questioni di politica este·ra fosse stata dall'E. V. sottratta al ministero degli affari esteri.

Barone von Neurath credette allora dirmi che sapeva ben lui come la questione del «Sud tirol » fosse stata trattata da << Habicht italia:ni" e sapeva pure quante volte aveva dovuto far presente a V. E. gli inconvenienlii a cui ciò dava luogo.

Ribattei che il paragone non calzava perché la questione dell'Alto Adige erà esclusivamente di politica interna mentre quella austriaca era internazionale per eccellenza.

Allom il barone von Neurath mi disse che Habicht era uscito in quel momento dal suo ufficio e che, come potevo immaginare, egli gli aveva detto il fatto suo. Chiesi se si poteva sperare che avesse taciuto in avvenire. Mi fu

dell'Austria. Gli domandai se avrebbe preferito che avessimo lasciato ricorrere l'Austria alla Società delle Nazioni. Potevo dirgli che non ci era costato poca fatica per dissuaderla dal farlo, visto che il Governo di Vienna vi era stato energicamente spinto dalla Francia che scorgeva il!l questo passo un nuovo mezzo per scavare un abisso fra l'Italia e Ja Germania. Ma in Germania purtroppo non si aveva il senso per le nuances politiche.

Il barone von Neurath si profuse in dichiarazioni che non era vero quanto avevo detto, che in Germania si era compreso ed apprezzato il nostro lavorio, che del resto V. E. ne aveva sempre tenuto informato l'ambasdatore von Hassell e mi congedò con l'assicurazione che aveva apprezzato lo spirito amichevole del mio linguaggio e che potevo contare sulla sua azione in più alte sfere.

Mi auguro che questo colloquio abbia fatto comprendere al barone von Neurath alcune cose che gli erano forse sfuggite sino ad ora (1).

(l) Cfr. n. 754. nota l.

760

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 28 febbraio 1934.

L'Ambasciatore von Hassell è venuto a chiedermi notizie sulle voci in giro relative all'accordo itala-austro-ungherese. Gli ho detto che la notizia della riunione a tre era inesatta; al rigua.rdo non c'è nessuna decisione.

La nostra politica peTo', come è noto è quella di un maggiore accordo fra i due Paesi che contano anche sul nostro appoggio; oio' specialmente per ragioni economiche e specialmente per quanto riguarda l'Ungheria per la quale facciamo dei notevoli sacrifici.

L'Ambasciatore conosce questa nostra politica e si dispiace soltanto che non vi partecipi anche la Germania.

Gli rispondo che in principio non c'è nessuna difficoltà a che la Germania vi partecipi; oggi pero' c'è l'ostacolo dell'atteggiamento assunto dal nazionalsocialismo nei riguardi dell'Austria.

Dichiaro che nella attuale situazione non si possa pensare ad un avvicinamento economico fra i due Paesi.

Venendo a parlare dell'Austria ricordo all'Ambasciatore che oggi scade l'ultimatum di Habicht e qutndi stiamo a vedere quale sarà l'atteggiamento dei nazional-socialisti.

Ebbi conferma che circoli militari tedeschi continuano a considerare sfavorevolmente azione personale di Habicht e del Bart!to perché ritengono che esso possa compromettererisultato delle trattative per 11 riarmamento del Reich che è problema massimo per loro.

Per la stessa ragione circol! militari deprecano una eventuale azione di elementi irresponsabill ~.

L'Ambasciatore mi osserva che, come ha già affermato al Capo del Governo, il Governo tedesco non approva quest'ultJimo atteggiamento di Habicht. Non vuole pero', per evidenti ragion·i, darne una pubblica sconfessione.

Mi chiede l'Ambasciatore come vedevo la situazione in Austria e se ritenevo che i dirigenti la politica austriaca fossero sempre disposti a un accordo con la Germania.

G1i ho risposto che, sono di opinione che i dirigenti austriaci abbiano sempre il desiderio dell'accordo, che pero' in questo momento non c'erano le premesse perchè si potesse arrivare a qualche risultato in questo campo. BJ.sogna anche contare col profondo risentimento dei circoli patriottici austriaci che rimproverano al nazismo di avere appoggiato moralmente i rossi nella loro lotta contro le forze dell'ordine in Austria. D'altra parte non si vedeva nel momento attuale su quale base si potesse avere un accordo. Fare delle elezioni in Austria in questo momento sa.rebbe pazzesco. Fare un accordo coi nazi per una partecipazione degli stessi al Governo non è ammissibile dato l'atteggiamento assunto da questi ultimi. Io non vedo che una possibilità pe.r l'accordo come ho già esposto altre volte all'Ambasciatore: la cessazione delle agitazioni da parte dei nazi, un lungo periodo di calma, dopo di che la situazione potrebbe essere riesaminata.

A proposito della preannunciata ripresa di attività dei nazi, avendo io osservato che mi pareva difficile che si potesse ricomincia.re con gli attentati, l'Ambasciatore mi ha detto che tale attività si sarebbe potuta limitare alla propaganda.

(l) Con t. 878/74 R., delle ore 21,15, Cerrut! riferì altre Informazioni su! rapporti austrotedeschi: «Ho fatto eseguire discrete indagini dal R. addetto militare per conoscere pensiero della Reichswehr a proposito della questione austriaca.

761

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI POLONIA A ROMA, WYSOCKI

APPUNTO. Roma, 28 febbraio 1934.

L'Ambasciatore di Polonia mi ha informato sul reeente viaggio del Ministro Beck in Mosca. L'o!l"igine deJ viaggio deve ricercarsi nella restituzione di una visita fatta ancora da Cicerin a Varsavia e più volte sollecitata.

Recentemente, dumnte il passaggio di Litvinoff a Roma l'Ambasciatore Wysocky gli aveva detto che Beck avrebbe potuto incontrarsi con lui nel treno durante dl passaggio per la Polonia, ma Litv•inoff ha risposto che preferiva incontrarsi a Mosca.

Nei colloqui di Mosca si è trattato soltanto di questioni che riguardano i due Paesi; tutte le altre induzioni sono prive di fondamento.

Ho ringra:lliato l'Ambasciatore delle comunicazioni e gli ho chiesto se i russi avessero manifestato qualche apprensione nei riguardi dell'accordo polaccotedesco, accordo di cui ogni giorno si vedono nuovi sviluppi.

L'Ambasciatore risponde che Beck ha trovato Litvinoff tranquillissimo in tale riguardo; egli sa invece che l'Ambasciato.re Potemk,in è preoccupato per il detto accordo; non ne vede però bene la ragione.

Sua obiezione per una immediata accettazione rimaneva pur sempre preoccupazione che eventuale ricorso austriaco a Ginevra potesse coincidere con data convegno Roma.

Ho replicato ribadendo ancora una volta argomenti e suggerimenti di V. E.

Cancelliere, pur condividendo impressione che mantenuto allo stato di minaccia ricorso era forse più efficace che non in atto, mi ha fatto presente che fino ad oggi nazi tedeschi non avevano mutato loro atteggiamento in modo da giustificare una definitiva rinunzia a Ginevra)un minimo gesto di buona volontà da parte nazisti avrebbe però potuto costituire appiglio per rinunzia definitiva al ricorso.

Circa data convegno Roma cancelliere pregava !asciargli tempo per consultare tecnici.

In questo momento cancelliere mi ha telefonato di essere d'accordo con data 5 per convegno tecnici e 14-16 per incontro. Inoltre egli ha detto sperare che nel frattempo nessun fatto nuovo verrà a costringerlo effettuare il deciso ricorso Ginevra.

Aggiungo che segretario generale mi ha detto che Kanya aveva dichiarato al ministro Austria a Budapest che tecnici ungheresi erano tutt'altro che pronti per il giorno 5.

Ho avuto impressione che da parte ungherese si volesse spingere Austria insistere per un rinvio della riunione.

765

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCié

APPUNTO. Roma, 1° marzo 1934.

Il Ministro Ducic è venuto a trovarmi rimanendo da me quasi un'ora e mezzo. Prima di entrare in argomento, ha parlato un po' di tutto nel campo della politica e della filosofia.

Mi ha detto fra l'altro che la politica italiana non è facilmente comprensibile ed è complicata, citando il nostro atteggiamento nei riguardi della Germania, che l'appoggia da una parte e la combatte dall'altra. Accusa la politica italiana di aver rimesso in piedi la Germania la quale ora non si fermerà più perché le sue ambizioni sono sconfinate: Alsazia-Lorena, Austria, minoo-anze tedesche, Adriatico, Drang nach Osten ecc.

Gli dimostro che la politica italiana è conseguente, rettilinea e sopratutto chiara. Può parere complicata soltanto a chi è abituato ai metodi tortuosi e va a cercare fini reconditi dove non ci sono. La politica italiana nei riguardi della Germania è stata inspirata dal desiderio sincero di stabilire in Europa le condizioni necessarie per una convivenza pacifica. Il metodo di tener divisi per l'eternità i popoli fra vittoriosi e vinti, non è saggio, ma sopratutto non è praticamente attuabile. È il metodo che ha ispirato recentemente il Patto balcanico ·che non può portare certo dei buoni frutti.

Accennando ai rapporti fra i nostri Paesi egli si augura che possano diventare al rpiù presto migliori. Il Ministro ci rimprovera l'aiuto che diamo ai rifugiati croati, che, a parte la loro tendenza terroristica, sono gente che vivono al di fuori della realtà e che nel paese non hanno alcun credito.

Gli rispondo che dovrebbe prendere nota di quello che fanno in Jugoslavia i rifugiati delle provincie italiane e a tale riguardo gli fa·ccio vedere l'ultimo rapporto sulle manifestazioni irredentistiche del quarto trimestre 1933 proveniente dal Ministro Galli.

Il Ministro vorrebbe avere copia del rapporto.

Gli rispondo che non è il caso perché non intendiamo per ora sollevare degli incidenti ma conviene che egli sappia qual è lo stato di spirito in Jugoslavia nei confronti dell'Italia. Il Ministro mi dice che la cosa non ha nessuna importanza perché si tratta di un piccolo gruppo di persone che non hanno nessuna eco nel paese e che sono controllate dal Governo perché le manifestazioni noo degenerino; fanno un po' di chiasso tra loro ma nel paese nessuno si occupa di loro.

Parlando della sistemazione dell'Europa danubiana gli faccio presente che l'Ungheria e l'Austria isolate non potranno mai accordarsi con la Piccola Intesa, né noi potremmo mai favorire un tale accordo che sarebbe fatto non a parità di condizioni e perpetuerebbe il disagio attuale. Perciò l'opera che stiamo facendo con l'avvicinare l'Ungheria all'Austria e col sostenere entrambe è un'opera diretta a creare le basi per una possibile intesa. Non posso nascondergli che una intesa con l'Ungheria sarà sempre difficile perché c'è di mezzo la questione del revisionismo, questione della quale non si è fatto cenno durante la mia visita a Budapest.

Il Ministro Ducic non crede alla possibilità di una soluzione della questione del revisionismo. La Jugoslavia è stata revisionista per 500 anni e c'è voluta la guerra perché potesse realizzare le proprie aspirazioni. D'altra parte, per quanto riguarda la Jugoslavia una rettifica territoriale a favore dell'Ungheria non risolverebbe il problema perché poi sorgerebbe il revisionismo jugoslavo. I territori contestati sono territori misti abitati da slavi e da magiari.

Gli rispondo che questo non è esatto in quanto si può trovare una linea di demarcazione che tenga conto meglio di quanto non faccia la linea attuale del criterio etnografico.

Parlando dell'Austria domando al Ministro qual è veramente l'atteggiamento del suo paese nei riguardi dell'Anschluss. Il Ministro, che per conto suo, pare molto orientato contro l'Anschluss, mi risponde che gli Stati della Piccola Intesa non hanno ancora preso posizione precisa.

Gli rispondo che ciò mi meraviglia molto perché pare curioso che la Piccola Intesa possa considerare con indifferenza un simile problema. Prendo ad esempio la Cecoslovacchia. Non so davvero come la Cecoslovacchia farebbe a resistere alle correnti separatiste dei tedeschi che sono 3 milioni e mezzo, il giorno in cui la Germania fosse a Vienna.

A conclusione del discorso sull'Europa danubiana, avverto ad ogni modo il Ministro, come del resto lo sa già, che gli accordi che noi stiamo facendo con l'Austria e l'Ungheria non hanno carattere di esclusivismo, ma potranno avere ulteriori ampliamenti.

58 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

Il Ministro mi chiede poi informazioni sulla visita di Eden. Gli dò qualche ragguaglio, ma egli è talmente disorientato in materia, che non riusciamo a spiegarci.

Il signor Ducic richiama poi la mia attenzione sul caso Brkan, condannato a morte dalla Jugoslavia per cui è stato già chiesto l'allontanamento da Zara. Ora risulta che il Brkan continua a raccogliere materiale esplosivo per inviare in Croazia e che fa propaganda irredentista coi contadini che vengono dal contado jugoslavo a Zara. Il Governo di Belgrado si trova indotto perciò a dover chiudere la frontiera il che porterebbe un danno notevole alle due parti. Prima però di prendere un provvedimento così grave vuole ripetere la propria richiesta dell'allontanamento del Brkan da Zara.

Il signor Ducic richiama ancora la mia attenzione sulle diffusioni radio italiane che portano delle notizie catastrofiche sul conto della Jugoslavia destituite di qualsiasi fondamento.

Chiede da ultimo che si voglia concedere il gradimento per il prete Boukérevitch che dovrebbe officiare nella Chiesa jugoslava a Zara dato che la stessa ora è rimasta senza officiante.

Risponderò al Ministro sulla questione del Brkan e per quella del Boukérevitch.

766

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CAPO DELLO STATO MAGGIORE GENERALE, BADOGLIO (l)

L. P. Roma, 1° marzo 1934.

Tutte le notizie che sono giunte a Roma da Addis Abeba in queste ultime settimane, rivelano e documentano uno stato di vero « allarme » fra le autorità centrali dell'Abissinia.

Ora è mio convincimento che il viaggio da Lei progettato avrebbe e non potrebbe non avere ripercussioni ad Addis Abeba tali da accelerare quei tempi che noi abbiamo interesse di ritardare.

S. E. De Bono le mostrerà le notizie di cui le parlo.

Il viaggio ch'Ella ha progettato, non può aver carattere «privato» o turistico e sarebbe interpretato nel senso di un viaggio di preparazione militare. Ritengo che Ella si renderà conto della logica ed opportnnità delle suesposte considerazioni.

767

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 2 marzo 1934.

L'Ambasciatore Chambrun nella imminenza della sua partenza per Parigi viene ad intrattenermi ancora sulla questione dell'Europa Danubiana, iill base ad un telegramma ricevuto oggi da Parigi.

L'Ambasciatore Chambrun osserva che fra i nostri due Paesi c'è un accordo sulle tre questioni più importanti del momento e cioè:

-il mantenimento degli armamenti attuali,

-l'indipendenza dell'Austria,

-il mantenimento del tallone oro.

Per quanto riguarda particolarmente la questione dell'Europa Danubiana Chambrun osserva che era impressione del Governo francese che, in base agli scambi di idee fra il Capo del Governo e de Jouvenel, ci dovesse essere un'intesa anche sul metodo da seguire per raggiungere lo scopo comune. Risulta invece che noi agiamo indipendentemente. Il Governo francese, pur non intendendo ostacolare le trattative fra Italia, Austria e Ungheria, desidererebbe avere tuttavia alcune precisazioni.

l) Se negli eventuali accordi con l'Austria e l'Ungheria si potesse ricorrere a clausole tali che siano accettabili anche da altri Paesi;

2) Se il Governo italiano potrebbe tranquillizzare i Paesi della Piccola Intesa comunicando loro che non si tratta di costituire un blocco da opporre alla Piccola Intesa, ma che i rapporti con essa potranno anzi essere favoriti;

3) Se il Governo italiano crede di potere persuadere l'Austria e l'Ungheria a fare degli accordi anche con gli altri Paesi della Piccola Intesa.

Il Governo francese avverte che, per quanto lo riguarda, intende indurre i Paesi della Piccola Intesa· ad avvicinarsi all'Austria ed all'Ungheria.

Chambrun osserva infine che l'accordo triangolare Italia, Austria, Ungheria di cui si parla starebbe in contraddizione con il nostro Piano danubiano che pone a base del sistema degli accordi bilaterali.

Rispondo all'Ambasciatore Chambrun che gli scambi di idee fra i nostri due Paesi di cui si era parlato nei ·colloqui tra il Capo del Governo e l'Ambasciatore de Jouvenel, riguardano essenzialmente le grandi linee del problema danubiano. Data però la «specialità» e l'urgenza della quistione austriaca, è apparl'$0 necessario di accelerare i tempi, tanto più che sapevamo di essere d'accordo sul merito della quistione. E questo è fondamentale. Del resto, se noi avessimo voluto -oltre che essere -anche mostrarci d'accordo con la Francia nel momento in ·cui Dollfuss si è trovato a lottare contro la socialdemo·crazia, non avremmo potuto forse appoggiare Dollfuss così apertamente, come abbiamo fatto, e questo sarebbe stato un male perché io ritengo che il nostro appoggio così deciso ed aperto abbia giovato molto a rafforzare il Governo austriaco. D'altra parte mi rendo conto che la Francia per sue ragioni di politioca interna non avrebbe potuto fare altrettanto. È anzi bene che, pur essendo d'accordo, ciascuno di noi agisca indipendentemente. È naturale che, dato l'interesse che la Francia, l'Inghilterra e l'Italia hanno per l'indipendenza dell'Austria, ciascuno voglia aiutarla. Invece un'azione comune concordata avrebbe piuttosto il carattere di un atteggiamento antigermanico e ciò potrebbe rendere più difficile il compito del Governo austriaco nell'interno del Paese.

Per quanto riguarda la preoccupazione di Chambrun che possano concludersi degli accordi triangolari, l'assicuro che qualsiasi cosa noi faremo non mirerà mai ad escludere la possibilità di una collaborazione con gli altri Stati, e tra questi beninteso la Francia: anzi la nostra idea è che gli accordi con l'Austria e l'Ungheria siano destinati a rappresentare l'inizio di una più vasta intesa. In proposito confermo che il Memoriale danubiano del Settembre scorso (1), al quale la Francia ha dato la sua adesione, rappresenta sempre per noi una linea direttrice della nostra politica.

Quanto alle questioni precise poste dal Governo francese, e premesso che con molta probabilità avrà prossimamente a Roma il convegno a tre di cui hanno parlato i giornali, dico a Chambrun quanto segue.

Riguardo al punto n. l, mentre non possiamo prendere nessun impegno specifico, lo spirito in cui noi conduciamo la trattativa è tale da non escludere anzi preparare, come già osservato, la possibilità di un ulteriore sviluppo degli accordi che concluderemo, dallo spirito dei negoziati esula infatti per quanto riguarda sia il lato politico che quello economico, l'idea di un blocco da contrapporre ad altri blocchi. Prevale al contrario il concetto di fare un primo passo verso accordi che possano avere più larga applicazione. È anzi proprio questa una delle ragioni per cui l'Italia tratta in un primo tempo soltanto con l'Austria e l'Ungheria appunto perché, come è stato più volte detto all'Ambasciatore, noi riteniamo che bisogna passare attraverso questa prima fase se vogliamo giungere ad un riavvicinamento coi Paesi della Piccola Intesa e cogli altri. L'Austria e l'Ungheria da sole non andranno mai verso i Paesi della P~ccola Intesa, né noi li spingeremmo a ciò perché un accordo del genere non potrebbe che stabilizzare una situazione di inferiorità dei detti due Paesi. Il loro avvicinamento da soli alla Piccola Intesa costituirebbe una specie di resa a discrezione, che anche se fosse possibile (ma non lo è) alla lunga sarebbe ragione di incertezze e di disagio, mentre la collaborazione della Piccola Intesa, dell'Austria e dell'Ungheria colla nostra partecipazione può diventare una realtà di cui la Francia dovrebbe essere la prima a rallegrarsi.

Riguardo al punto n. 2, dico a Chambrun che ho già fatto sapere in conversazioni avute in questi giorni con i Ministri della Romania e della Jugoslavia che la nostra intenzione non è quella di fare un blocco chiuso. Se ne avrò l'occasione, ripeterò la stessa cosa al Ministro di Cecoslovacchia. Quello che ho già detto all'Ambasciatore vale del resto non nei riguardi della Francia soltanto, ma nei riguardi di tutti i Paesi, e particolarmente di quelli dell'Europa Danubiana e Centrale.

Riguardo al punto n. 3, la risposta è già contenuta nella informazione fornita a proposito del punto n. l.

Quanto infine al proposito francese di indurre i Paesi della Piccola Intesa ad avvicinarsi all'Austria ed all'Ungheria, nulla da ridire. Mi auguro anzi che, persuasa della praticità della nostra azione e della sua utilità ai fini della pace e della ricostruzione economica, l'azione francese di persuasione possa svolgersi parallela a quella italiana.

L'Ambasciatore mi comunica poi, per incarico del suo Governo, che il Ministero della Marina intende depositare alla Camera un progetto di legge per la costruzione di un secondo « Dunkerque », di un cacciatorpediniere e di due sottomarini, uno di prima ed uno di seconda categoria.

L'Ambasciatore Chambrun dichiara di non fare volentieri questa comunicazione, perché egli sperava che queste costruzioni si potessero evitare. Avverte però che il secondo «Dunkerque :. è stato reso necessario per il fatto che la Germania prosegue nelle proprie costruzioni di corazzate da diecimila tonnellate tipo << Deutschland », di fatti una è già in mare, una è sullo scalo prossimo al varo, la terza è in costruzione e la quarta sarà impostata quanto prima.

Che la nuova costruzione francese sia soltanto una risposta alle costruzioni tedesche è dimostrato dal fatto che la seconda nave ha lo stesso tonnellaggio della prima. Se si fosse pensato all'Italia, si sarebbe fatta una nave del tonnellaggio massimo consentito, dato che l'Italia non è ancora impegnata ed ha perfetta libertà di mettere in cantiere una nave di maggiore tonnellaggio.

L'Ambasciatore avverte che il suo Governo ha voluto informare il Governo italiano prima di tutti gli altri, chiarendo anche le ragioni di queste nuove costruzioni. Egli ha inviato oggi l'Addetto Militare dal Capo di Stato Maggiore della Marina per dargli maggiori dettagli sul programma di costruzioni francesi.

Rispondo all'Ambasciatore ·che avrei preferito non ricevere questa comunicazione, ma che tuttavia lo ringraziavo per la premura nel comunicarci il progetto di legge sulle nuove costruzioni (1).

(l) Ed. in MUSSOLINI, Opera omnia, vol. XLII, pp. 73-74.

(l) Cfr n. 232.

768

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. s. 2361 G. Roma, 2 marzo 1934.

In questi giorni ho avuto colloqui con S. E. il Capo del Governo circa la situazione in Abissinia, le dicerie che prendono ognora maggior piede, i sospetti a nostro riguardo che crescono sempre più. (2)

Ho espresso il mio parere circa il modo che, secondo me, ritengo il più opportuno per cercare di diminuire almeno la diffidenza che noi ispiriamo. E sarebbe questo: Mollare; fare gli indifferenti; non rilevare i dispettucci che ci fanno, a meno che non ledano la nostra dignità.

Il Capo ha consentito alla mia idea.

Pertanto ho indirizzato -per la parte che mi riguarda -la lettera, di cui ti unisco copia, ai due Governatori dell'Africa Orientale. -In conformità vedi tu quello che ritieni opportuno di fare verso la Legazione di Addis-Abeba.

Ho preferito trattare ciò ufficiosamente con te.

ALLEGATO

DE BONO A ASTUTO E RAVA

N. s. 2360 G. Roma, 2 marzo 1934.

I crescenti sospetti destati in Etiopia tendenti a far credere ad una nostra azione militare vanno man mano crescendo e prendendo una forma più concreta. -La diffidenza contro di noi è in ogni atto del Governo etipico.

t. -353/C.R. del 5 marzo.

È necessario nel nostro interesse che questo cessi, o almeno diminuisca.

Ho perciò proposto a S. E. il Capo del Governo, il quale ha convenuto nella mia idea, che d'ora innanzi occorra, verso l'Etiopia usare quasi una politica di condiscendenza.-Bisogna mostrare che non si attacca più idea ad ogni menomo incidente, nella soluzione dei quali è opportuno, quasi, mostrarci remissivi.-Deve essere una politica di «menefreghismo », di persone che badano solo agli «affaracci » loro.

Questo, bene inteso, fino a che non sia compromessa, o intaccata la nostra dignità.

Con ciò si spera (benchè gli Abissini siano diffidenti e furbi) di diminuire almeno in loro quel nervosismo e quella permanente ostilità nei nostri riguardi che è oramai esagerata.

Bene inteso tale linea di condotta non solo non deve diminuire la nostra attenzione e sorveglianza su tutto ciò che succede nel v1cino Impero; ma tende, anzi, a volerle rendere più facili e sicure.

Sarò grato a V. E. del loro parere in merito e di conoscere i mezzi che riterranno migliori per ottemperare a quanto qui si espone.

(l) -Il presente appunto fu comunicato a Parigi, Londra, Berlino, Varsavia, Mosca, Ankara, Matirid, Washington, Bruxelles, Praga, Belgrado, Bucarest, Atene, Sofia, L'Aja e Berna con (2) -De Bono aveva scritto in proposito il 28 febbraio a Mussol!ni una lettera che non si pubblica in quanto il contenuto è riassunto nella presente lettNa a Suvich.
769

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 2002/42 P.R. Roma, 3 marzo 1934, ore 17.

Suo t el. n. 48 (l) .

Rifiuto codesto Governo comunicarci testo accordo commerciale ungarogermanico mi ha sorpreso. Conviene V. S. lo dica chiaramente e faccia anche intendere che in queste condizioni perdono interesse comuni:cazioni che su tale accordo potrà fare signor Winchkler. Colga poi occasione per ricordare impegno derivante da protocollo confidenziale 23 febbraio 1932 relativo accordo sul-l'esportazione.

770

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 917/105 R. Parigi, 3 marzo 1934, ore 20,15 (per. ore 24).

Ogni volta che ho incontrato negli ultimi giorni senatore Bérenger mi ha chiesto con preoccupazione se ero in grado dargli notizie a riguardo dell'Austria.

Egli mi ha ripetuto ieri l'interrogazione.

Ho risposto non avevo nulla di speciale da dirgli all'infuori della volontà inflessibile del Governo e del popolo italiano di impedire in ogni caso l'Anschluss.

Senatore ha dichiarato anche l'opposizione della Francia all'Anschluss è

ferma e decisa. Ha soggiunto che egli cercava cautamente di preparare l'opi

nione dei suoi colleghi a persuaderli della convenienza di affidare all'Italia

un mandato delle tre grandi potenze per intervenire se del caso ln Austria con la partecipazione di un limitato contingente di truppe francesi e se possibile di un analogo contingente britannico. Mi ha detto di aver parlato a Barthou che si è riservato studiare la cosa.

Ho osservato che probabilmente la decisione dimostrata dalle tre potenze e specialmente dall'Italia farà riflettere la Germania e le suggerirà di non andare oltre il segno almeno per questa volta. La questione austriaca persisterà tuttavia nella sua preoccupante acutezza fino a che non verrà provveduto alla sistemazione dell'Austria sottraendola alla incessante propaganda tedesca.

Ho ripetuto al mio interlocutore quello che gli avevo già detto e cioè che non possedevo speciali dirette informazioni. Parlavo quindi a titolo personale. La preoccupazione della Francia in funzione dell'agitazione manifestatasi negli ambienti della Piccola Intesa non mi sembrava di buon augurio. La Francia aveva, come l'Italia, l'interesse a favorire aggiustamento austriaco. Dopo che la posizione austriaca fosse rinforzata e indipendenza politica di quello Stato non più minacciata, politica centro europea dell'Italia e della Francia si svolgerebbe più libera in quello scacchiere e le relazioni dell'Italia con gli stati della Piccola Intesa sarebbero grandemente facilitate. Il dovere di oggi della Francia è di evitare che una impuntatura illogica di qualche Stato della Piccola Intesa agevoli la politica centro europea della Germania. È necessario aver sempre presente che l'Anschluss sarebbe una strepitosa vittoria della Germania e avrebbe conseguenze incalcolabili nell'Europa centro balcanica. Ungheria, Bulgaria cadrebbero immediatamente sotto l'influenza tedesca. Piccola Intesa perderebbe qualsiasi valore.

Senatore mi ha ascoltato attentamente. Mi ha detto sua opinione di vecchia data, che non è stata scossa ma anzi confermata dagli avvenimenti recenti, è che la Francia deve consentire all'Italia di fare la sua strada nell'Europa centrobalcanica. La Francia fa la guardia sul Reno e ha il suo vasto impero colonia,le che dal bacino occidentale del Mediterraneo gravita sull'Atlantico. L'avvenire della Francia sta nel suo Impero coloniale, quello dell'Italia nel bacino Mediterraneo orientale e nell'Europa centro-balcanica.

Bérenger vede quindi oggi, come in passato, la possibilità di una intesa fra l'Italia e la Francia per opporsi vittoriosamente al dilagamento della valanga teutonica.

Ci siamo lasciati con la promessa di mantenere stretti frequenti contatti.

(l) T. 1905/48 P. R. del 1° marzo, non pubblicato.

771

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, BADOGLIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

N. RR. s. 771. Roma, 3 marzo 1934.

Ho ricevuto la lettera di V. E. in data 1° corrente mese (2) relativa al mio progettato viaggio in Eritrea. Dichiaro subito che rinuncio a questo viaggio non volendo assolutamente creare una qualsiasi preoccupazione al Governo.

Mi permetta però V. E. di esporLe qualche considerazione al riguardo.

Noi finora abbiamo adottato verso l'Abissinia una politica di cloroformizzazione al centro. Tutte le nostre dichiarazioni e tutti i nostri atti sono stati rivolti a non destare alcun sospetto su di noi ed a dare la sensazione della nostra volontà di conservare buone relazioni con detta Potenza.

Questa nostra politica sembrò, cinque o sei anni fa, avesse raggiunto il suo scopo.

Ma l'attitudine del Negus a nostro riguardo non era tanto dovuta alla sua convinzione che le nostre intenzioni fossero assolutamente pacifiche, bensì alle condizioni critiche interne dovute alla disobbedienza ed alla rivolta di alcuni Capi importanti, ed al predonaggio che infestava il Paese. A ciò si aggiunga ancora che l'autorità del Negus non era a tal punto consolidata, da dargli la sicurezza di poter affrontare contemporaneamente una difficile situazione interna ed un potente avversario esterno.

Man mano che il Negus andava rafforzandosi all'interno, crescevano ad un tempo la freddezza sua verso di noi ed i preparativi bellici. Ciò origina dal fatto già da me accennato alla E. V. che l'abissino ragionando con la sua mentalità sa che noi abbiamo una vendetta di sangue da scontare e che non ci rinunceremo mai.

Sarebbe perciò stato opportuno da parte nostra senza fare preparativi troppo vistosi, di procedere ad una sistematica preparazione militare in modo da aumentare progressivamente la nostra efficienza difensiva.

Purtroppo questa preparazione non è stata effettuata che in misura insufficientissima. E nonostante l'attività di studi ed alcuni provvedimenti effettuati dal Ministero delle Colonie, la nostra situazione militare è molto precaria.

Per questa ragione, Eccellenza, io avevo chiesto di poter controllare sul posto quanto era stato fatto e quanto era in progetto, perché non ero e non sono affatto tranquillo.

Non mi ero nascosto che la mia presenza in Eritrea, non poteva in alcun modo essere camuffata e che avrebbe destato allarmi in Abissinia. Ma se mi era indotto ciò nonostante a chiedere di poter effettuare questo viaggio, era perché gli armamenti abissini procedono con tale alacrità che se v1 e una limitazione ad essi questa è data a mio parere esclusivamente dalla situazione delle finanze dell'Impero.

In sostanza dalla parte abissina si provvede ad un rapido armamento (e si hanno già più fucili mitraglieri e mitragliatrici di noi) e dalla nostra parte non corrisponde uguale attività.

Essenzialmente poi fanno difetto i mezzi di comunicazione indispensabili per chi essendo inferiore in forze deve supplire a questa deficienza con la manovra. Le strade di accesso ai settori fortificati, oltre che non permettere che il movimento in un senso, non sono, a quanto mi risulta, di fondo così resistente da assicurare su di esse un intensissimo movimento quale sarà originato dalla necessità del trasporto di truppe e dell'invio dei rifornimenti. Manca una qualsiasi linea di arroccamento fra le varie direttrici Nord-Sud, che permetta il sollecito trasporto di forza da un punto all'altro della fronte.

Ciò a parte le considerazioni sulla reale efficienza della sistemazione difensiva, efficienza che si può solo valutare con una visita sul posto e non consultando documenti cartografici.

Lo stesso progetto di mobilitazione del corpo d'armata indigeno lascia alquanto perplessi, perché ad esempio si segnala la deficienza di non meno di 10 mila quadrupedi e non si hanno ancora sicuri i mezzi di ripianare tale stato.

Occorre subito l'assegnazione di una forte massa per assicurare l'esecuzione dei lavori stradali, per assicurare l'acqua da bere (che 'Costituì una delle principali preoccupazioni del generale Baldissera nel 1896), per garantire l'esistenza dei depositi di carburanti, lubrificanti e munizioni nei campi di aviazione, nonché la creazione di mezzi di ricambio.

Trattandosi di un problema così grave per noi, io ritengo che nulla debba essere tralasciato per una conveniente soluzione, e che di fronte ad esso devono essere messe a tacere anche qualche suscettibilità personale, se mai è affiorata.

Io sarei perciò molto più tranquillo se oltre i provvedimenti finanziari che prenderà V. E., mi sarà concesso di inviare sul posto il mio Colonnello Visconti Prasca che mi riferirebbe personalmente sulla reale consistenza di quanto noi laggiù abbiamo.

La presenza di un colonnello non darebbe così nell'occhio ed io, e mi permetto di dire anche V. E., saremmo almeno garantiti anche dal parere di un esperto ufficiale che non avendo preso parte alla compilazione degli studi e dei progetti; non è legato a nessun preconcetto.

Attento perciò al riguardo gli oroini di V. E. (1).

(l) Da ACS, Fondo Badoglio, ed. in RocHAT, Militari e politici, clt., pp. 307-309.

(2) Cfr. n. 766.

772

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2039/54 P.R. Budapest, 5 marzo 1934, ore 18,35 (per. ore 20,10).

Telegramma di V. E. n. 42 (2).

Questo presidente del consiglio, cui ho parlato iersesa nel senso prescrittomi, mi ha rimesso ora appunto in cui -pur riaffermando non considerare Governo ungherese anche a termini di protocollo confidenziale 23 febbraio 1932 tenuto comunicarci testo accordo ungaro-germanico -mi assicura darà istruzioni telegrafiche signor Winchkler sottoporre, ove V. E. lo desideri, a V. E. e

S. E. il sottosegretario di Stato per gli affari esteri testo stesso « per dar prova sua assoluta fiducia e deferenza verso S. E. Mussolini » e dimostrare che «sol

tanto per motivi di principio egli non desidera una trattazione burocratica ed ufficiale di tale questione». Trasmetto ad ogni buon fine l'appunto con corriere di Gabinetto odierno <1).

(l) -Mussolini rispose con una breve lettera del 6 marzo della quale si pubbllca 11 passo seguente: «Approvo l'invio del colonnello Visconti Prasca (che io stimo moltissimo) in Eritrea~ (ACS, Fondo Badoglio). (2) -Cfr. n. 769.
773

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 952/34 R. Atene, 5 marzo 1934, ore 19,50 (per. ore 21,25).

In commissione costituzionale per affari esteri riunitasi a richiesta partito opposizione, capi-·partito opposizione hanno dichiarato che non avrebbero ratificato patto se non fosse stato da Governo dimostrato che Grecia non sarebbe stata mai traS'cinata in conflitto extra balcanico e che sopratutto in nessuna occasione e per alcuna combinazione Grecia non si sarebbe mai trovata in confUtto con l'Italia.

Dopo discorsi Venizelos e Michalacopoulos, in cui fu esaltata politica filoitaliana e confermata necessità assoluta per Grecia non deflettere da politica sino ad ora seguita di intima amicizia ·coll'Italia, Governo ellenico su proposta conservatore generale Metenas, ordinario fiancheggiatore Governo ma unitosi in questa occasione ad opposizione, ha accolto principio seguente dichiarazione da comunicarsi a Stati contraenti patto « che Grecia in nessun caso si sarebbe potuta mai trovare implicata, in conseguenza del patto stesso, in guerra contro una potenza extra balcanica» intendendo con esso designazione nostro paese, Governo ha già informato ministri Stati firmatari patto tale risoluzione pregandoli comunicarla rispettivi Governi.

Discussioni che hanno avuto luogo durante commissione costituzionale e sua risoluzione, mentre hanno svuotato patto parte suo contenuto ostile verso di noi, voluto a quanto pare da Romania e Jugoslavia, sono sopratutto state esaltazione incondizionata politica amicizia verso Italia e affermazione che ha trovato concordi tutti i partiti e anche Governo, che amicizia e intimità relazioni con Italia siano assolutamente necessarie per la Grecia e capo saldo sua politica estera.

<<L'accordo commerciale ung:aro-tedesco è stato favorevolmente accolto in UnghNia e

dev'essere riconosciuto che esso è verarnente ispirato da una assai maggiore co1nprensione da

parte tedesca per le necessità dell'economia ungherese di quanto fosse stata dimostrata dal governi precedenti. È evidente che l'attuale governo tedesco si è lasciato guidare anche da considerazione d! carattere politico riconoscendo che le concessioni fatte nel campo economico e che dato il grande volume del commercio estero tedesco non possono avere certamente alcuna

ripercussione favorevole sulJa economia tedesca, rappresentano il mezzo più efficace per allar

gare la sfera d'influenza della Germania in Ungheria. Certo è che, specialmente oggi giorno,chi acquista più, si assicura anche la maggiore influenza e quindi un maggiore interessamento della Germania non può non avere certe ripercussioni anche sui rapporti itala-ungheresi che dal lato economico non possono dirsi molto soddisfacenti...

Tutto sommato l'accordo deve considerarsi assai favorevole per lo sviluppo dei rapporti economici ed anche politici tra l'Ungheria e la Germania e come tale me·rita quindi ogni attenzione anche da parte italiana».

Resta ora vedere se Governo sia in grado mantenere promessa fatta alla opposizione per chiarire finalmente patto e sia in condizione farlo accogliere agli Stati contraenti sopratutto Romania e Jugoslavia ove, a quanto riferisce stampa, sarebbesi già manifestato vivo malcontento per tale iniziativa.

(l) L'appunto fu trasmesso allegato al R. 2315/287. Non si pubblica perché riassunto nel presente telegramma. Cfr. i seguenti brani di un <<Promemoria sull'accordo commerciale ungarotedesco >>, anonimo e privo di data:

774

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A ANKARA, LOJACONO, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, A WASHINGTON, ROSSO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, E AI MINISTRI, A ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BERNA, MARCHI, A BUCAREST, SOLA, A L'AJA, TALIANI, A PRAGA, ROCCO, E A SOFIA, CORA

T. 354/C.R. Roma, 5 marzo 1934, ore 24.

(Per tutti) A complemento e precisazione notizie apparse sulla stampa (vedere particolarmente Popolo d'Italia e Giornale d'Italia di queste ultime settimane) e dei ·comunicati ufficiali relativi alle mie recenti visite a Budapest e a Vienna, le fornisco seguenti informazioni.

Le visite a Vienna e a Budapest, oltre che allo scopo di restituire, come è stato pubblicato, quelle fatte a Roma dai rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria, hanno offerto il modo di procedere a scambi di vedute secondo le precise direttive di S. E. il Capo del Governo nel corso dei quali è stata esaminata la possibilità di sviluppare e rafforzare i rapporti tra i due Stati tanto dal lato politico quanto da quello economico. Tali scambi di vedute si sono inspirati sia per quanto riguarda il lato politico sia per quanto riguarda quello economico alle linee direttive della politica italiana e quindi ai criteri di ricostruzione e di collaborazione che hanno presieduto sia alla firma del patto a quattro sia alla elaborazione del cosidetto memoriale danubiano (1).

In conformità di tali criteri l'azione che veniamo svolgendo in Austria e in Ungheria intende di essere un'affermazione di politica italiana non antitetica a quella degli altri paesi ma per la collaborazione con essi. È vero che la Germania, pur dichiarando formalmente di volere rispettare l'indipendenza dell'Austria, svolge un'azione per assorbire la vicina repubblica e che quindi l'azione tedesca si trova a contrastare in questo problema con l'azione italiana. L'Italia non ricerca tuttavia una soluzione del problema austriaco e in genere di quello dell'Europa in funzione antigermanica o contro la Francia o la Piccola Intesa. Essa mira al consolidamento dell'Austria come elemento necessario dell'equilibrio europeo ed a sviluppare i rapporti tra l'Italia, l'Austria e l'Ungheria nell'interesse del mantenimento della pace e per la ricostruzione economica, e questo programma non porta ad una esclusione, né degli altri Stati dell'Europa danubiana e centrale, in ispecie degli Stati successori, né di alcuna grande

Potenza. Gli accordi che si stipuleranno non saranno quindi né unioni doganali né blocchi chiusi dei tre paesi.

È superfluo aggiungere che non è stata presa neanche in considerazione l'idea della restaurazione absburgica e che qualunque accordo si concluda lascerà intatta la sovranità e l'indipendenza sia dell'Austria che dell'Ungheria.

Per dare forma concreta alle idee sopraccennate si terrà nei prossimi giorni a Roma una riunione degli esperti dei tre paesi, e fra il 14 e il 16 del mese avrà luogo la riunione già annunciata dei Capi di Governo a Roma per prendere le deliberazioni conclusive.

Quanto precede per sua informazione e perchè ella possa valersene, secondo il suo giudizio, in conversazioni con codesto Governo. Allo stesso fine.

(per tutti meno Parigi) e affinché ella eventualmente possa servirsene adattandolo al particolare carattere dei rapporti e degli interessi specifici che abbiano con codesto paese.

(per tutti) le riassumo con telegramma a parte.

(per tutti meno Londra, Berlino) che le invio per corriere.

(per tutti) un colloquio che ho avuto in argomento con questo ambasciatore

di Francia (l). (solo per Belgrado) È superfluo aggiungere che quando parliamo di collaborazione con gli Stati dell'Europa danubiana e centrale, intendiamo riferirei anche alla collaborazione con codesto paese.

(l) Cfr. n. 232.

775

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 5 marzo 1934.

Sir Eric Drummond mi dà l'unito promemoria.

Gli rispondo che il caso è oltremodo delicato perchè in questo momento Dollfuss fa una politica di avvicinamento verso gli operai dimostrando come sono stati trattati -il che è avvenuto in realtà -dai loro Capi.

Da tutti gli elementi raccolti risulta che capi socalisti non solo hanno preparato in tutti i dettagli la rivolta per la instaurazione di un regime socialcomunista, ma hanno anche largamente approfittato dei depositi fatti dai lavoratori.

Va anche tenuto conto che la ragione principale del successo che Dollfuss ha oggi nell'interno del suo paese, deriva dalla convinzione che si è formata nella parte più sana della popolazione che egli sia veramente in grado di far piazza pulita di tutte le classi politiche social-democratiche che hanno infestato l'Austria nel dopo guerra.

Sarebbe percio' pericoloso fare su lui delle pressioni che possano deviarlo da tale politica. D'altra parte ritengo che Dollfuss non voglia fare eccessivamente il feroce e voglia limitarsi a dare degli esempi li' dove sono indispensabili.

Durante la prossima permanenza del Cancelliere austriaco a Roma vedro' di sapere quali sono le sue intenzioni e potro' riparlare dell'argomento con l'Ambasciatore Drummond.

L'Ambasciatore mi intrattiene sulla mia visita a Londra chiedendomi se non si potrebbe intanto pubblicarla dato che i successivi rinvii possono dare una impressione meno favorevole.

L'Ambasciatore si rende conto della difficoltà che io mi rechi a Londra nel mese di marzo e nella prima settimana di aprile. Pensa che si potrebbe fissare la data nella seconda settimana di aprile.

Mi riservo di fargli avere il benestare.

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA 149/119/34. Roma, 5 marzo 1934.

His Majesty's Minister at Vienna reports that the Socialist leaders will be handeò. over to the Courts of Justice for eventual trial on a charge of high treason. No death sentences will be passeò., but imprisonment up to twenty years is possible. He understands that the absent leaders will be treateò. in a similar fashion, and that the same charge may be brought against minor leaders and municipal officials, of whom about 1200 are believed to be under an·est. The majority of this last group is, however, expected to be released.

The Minister has already impressed on the Chancellor the importance which His Majesty's Government would attach to leniency being exercised.

His Majesty's Government, for their part, feel that, while views may differ as to the justice of severe penalties and as to their expediency from the internai Austrian point of view, what is not open to doubt is that they will further antagonise a large section of public opinion in the United Kingdom, thus weakening the position of His Majesty's Government in any further steps which may later seem possible and desiderable for them to take in regard to German policy in Austria (1).

(l) Cfr. n. 767, nota l, p. 853.

776

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 366/253. Praga, 5 marzo 1934.

Col telegr::tmma n. 32 del 3 corrente (2) ha riferito quale possa più o meno ritenersi l'atteggiamento del Ministro Benes di fronte alla crisi austriaca, che, a mio sommesso avviso può costituire il punto di precipitazione dell'attuale fase politica europea.

L'importanza evidente di tale fase e della posizione centrale della Cecoslovacchia di fronte al problema e di fronte all'Italia, mi costringe ad esporre a v. E. il mio punto di vista, pregandola di scusarmi se devo un poco dilungarmi nel prospettarlo.

Avverto subito che il Dr. Benes orienta più che mai il suo giuoco verso varie direzioni, per tenersi aperte tutte le possibilità che gli sviluppi della situa

zione potranno suggerirgli nell'interesse del suo paese e della sua politica personale.

Ho elencato quelli che egli mi ha menzionato come i punti negativi del suo programma; non Absburgo; non unione austro-ungarica, né dell'Austria e Ungheria con l'Italia; non Federazione danubiana (evidentemente perché non può metterei la Piccola Intesa alla testa); non l'Anschluss. Tutti questi punti negativi determinano quindi il programma e l'aspirazione che Benes non enuncia, ma che è lecito attribuirgli: mantenimento dello status qua, in cui Austll.'ia e Ungheria si trovano in uno stato di disagio che la Piccola Intesa sfrutta per consolidare le sue posizioni e le frontiere degli Stati che la compongono.

Benes dice, invece, che bisogna prendere urgenti decisioni per risolvere il problema austriaco, ma che misure di ordine politico devono precedere le misure di carattere economico. Aggiunge egli che la questione austriaca va regolata preferibilmente sulla base del protocollo di Ginevra del 1922, e indipendentemente dall'Ungheria, il cui problema dovrebbe venire affrontato in un secondo tempo, sulla base dei trattati bilaterali proposti dal memorandum italiano 29 settembre-3 ottobre 1933.

Fino a qual punto quest'atteggiamento del Benes è di assaggio e suscettibile di mercanteggiamenti?

A mio avviso esso è molto elastico.

Il «carpe diem » della Piccola Intesa può essere una norma in politica. Ma il disagio economico preme duramente ed esso può giuocare delle sorprese anche nel campo politico.

La Cecoslovacchia attraversa un momento oltremodo critico.

La svalutazione della corona, come rimedio estremamente rischioso alla cns1 economica, che si vuole sia più grave di quella dell'Austria e dell'Ungheria, ne è un sicuro indizio.

Le discussioni politiche che affiorano in articoli, discorsi e tendenze come quelli che son venuto segnalando (Deutsche Presse, discorsi Stanek, articolo di Prochazka nella Pritomnost, di Kramar, ecc.) rivelano una grave perplessità della coscienza del popolo che, contro al solito, discute appassionatamente i problemi europei dell'ora e sottopone a severe critiche la politica del Ministro degli affari esteri. Gli è che questa volta sono sorte all'orizzonte possibilità ed ipotesi cui queste popolazioni, in senso vario, sono assai sensibili, come la restaurazione absburgica e la possibilità di una ricostituzione di un'unione austroungaricl'!,, appoggiata ad un solido e vitale baluardo come l'Italia fascista.

È stato qui detto che un Absburgo a Vienna o a Budapest eserciterebbe un'attrazione ir1resistibile sugli Slovacchi e sui Croati; talché Jugoslavia e Cecoslovacchia considererebbero un tale pericolo maggiore dell'avvento di Hitlerriani al potere in Austria.

Lo stesso Benes, nella sua intervista a Knickerbocker per l'Inter. News Sea.-vice, ha voluto -con insolita modestia -tirarsi in disparte per cedere il passo nella questione austriaca; l o all'Europa, 2° all'Italia, 3° alla Media Europa, 4° alla Francia, ponendo la Cecoslovaccia al 5° rango degli Stati interessati.

Il Marchese Alberto Theodoli, venuto qui per trattare le note questioni dell'Ordine di Malta, ma autorizzato da V. E., come egli ha detto, a sondare e riferire il pensiero di Benes, ha lungamente conferito con questo Ministro

degli esteri, ma -come mi ha detto e come rifirerà a V. E. -non ne ha tratto, anche lui, che impressioni negative.

Theodoli aveva parlato a Roma con Drummond, il quale gli aveva suggerito una visita di Benes a Roma non 'Come Ministro cecoslovacco ma come relatore generale della conferenza del disarmo. Per parte mia non vedo inconvenienti ad un tale progetto sempre che V. E. lo ritenga opportuno. Inutile dire che ai cauti accenni fatti da Theodoli, Benes si è affrettato a dire che egli è sempre pronto a partire «per qualunque destinazione».

Rimango però all'alto avviso espresso da V. E. nell'udienza che mi fece l'onore di accordarmi a Palazzo Venezia il 31 Gennaio, e, cioè, che sia inutile e inopportuno far venire Benes a Roma se non sia sicuramente in vista una possibilità di accordo.

Esiste una base di possibile accordo tra la politica del Benes e quella che

V. E. intende tracciare per la questione austriaca e l'assetto dell'Europa danubiana?

Naturalmente il quesito è prematuro prima della visita di Gombos e Dollfuss a Roma e del programma che V. E. intenderà tracciare. Ma anche in via generica e preliminare, la risposta a tale domanda non può essere data da Praga senza tener conto di altri fattori. In primo luogo dell'atteggiamento della Francia.

Non ho bisogno di sottolineare a V. E. quanto appaia complicata la situazione in questo settore. La Cecoslovacchia, che l'Anschluss minaccia nella sua esistenza, ha avuto espressioni di giubilo pel diverbio tra Italia e Germania per l'Austria. Ma, appena ha visto, con la dichiarazione delle tre Potenze, il pericolo dell'Anschluss considerevolmente attenuato, leva altre strida contro gli Absburgo, contro una stretta intesa Roma-Vienna-Budapest, e qualcuno giunge a proclamare l'assurdo (per me tattico e non sincero) di preferire Hitler a Vienna piuttosto che un pericolo ,fascista dal Sud. Vero è che -come ho detto -buona parte dell'opinione pubblica proclama l'opinione contraria ed ammonisce energicamente Benes in tal senso.

Ma ritorno alla Francia. Si ha qui l'impressione che il giuoco molteplice della Cecoslovacchia non dovrebbe prolungare il proprio spettacolo, per poco che da Parigi venisse un fermo monito che la politica danubiana delle due grandi Potenze è oramai effettivamente concorde. Forse è appunto il timore che un tale ammonimento possa venire che determina l'agitazione preventiva.

Questo Ministro di Francia mi ave'Ja detto che a Benes erano stati dati da Barthou e da Doumergue consigli di moderazione. Il Signor No1H lo ha ripetuto a Theodoli, che, avendo per lui una commendatizia dell'Ambasciatore Charles-Roux, è andato a vederlo e vi ha trovato cordiale accoglienza in ricordo dei contatti avuti a Parigi quando Noel era Capo di Gabinetto di Lavai.

* Ma il Signor Noel ha pure detto, in una colazione che ha offerto a me e a Theodoli, che qui si preferirebbe l'Anschluss, piuttosto che una combinazione fascista che unisse Austria e Ungheria sotto l'egida dell'Italia (1). *

Benes si è meco fatto un merito di non aver fatto raccogliere dalla stampa cecoslovacca la inesistente frase sull'Ungheria mutilata attribuita a S. E. il Sottosegretario di Stato durante il suo viaggio a Budapest.

* Ma poi mi ha detto (mio telegramma n. 32 del 3 corrente) che le profferte hitleriane per un accordo ·con la Cecoslovacchia continuano, prendendo perfino la via di Belgrado e Bucarest. *

Un colpo al cerchio -come al solito -e uno alla botte. Scappatoie al nord, scappatoie al sud. Tutto questo è normale, nella linea di Benes. Ma quello che mi preme segnalare è che il Ministro di Francia, pur rinnovandomi le profferte di cm-diale collaborazione e compiacendosi dell'appail.'ente concordanza italafrancese sulla questione dell'Anschluss, fa anche lui delle riserve sull'accoglienza cecoslovacca ad una soluzione di orientamento italiano. E, per finire, nelle interviste date lo stesso giorno da Masaryk e da Benes a Knickerbocker, essi proclamano la loro fede incrollabile nella rivincita finale della democrazia.

(Fortezza assediata, oramai, l'isola democratica cecoslovacca, come risulta dal gustoso lamento di un «noto scrittore socialista»(?) che, trovandosi a Lugano, ha fatto stampare nel Prager Tagblatt come, per recarsi a Praga egli sia costretto, per evitare -evidentemente -disavventure politiche attraverso Paesi fascisti o fascistizza ti, a fare il seguente itinerario: Lugano-Ginevra-Marsiglia piroscafo greco fino a Istambul-Bucarest-Cecoslovacchia!!! ).

Altri punti importanti della situazione devo segnalare a V. E. quali essi appaiono qui.

* Benes ha detto che non ritiene duraturo lo stato di cose in Germania. Sono forse a questa convinzione, o speranza che sia, da attribuire le apparenti incertezze del suo orientamento nei confronti del dilemma Roma-Berlino? Anche Masaryk, nella sua intervista a Knickerbocker, ha sottolineato, non senza evidenti sottintesi, che la rivoluzione hitleriana ha un anno solo di vita e che le masse tedesche, che oggi «seguono senza pensare», non potranno indefinitamente astenersi e rinunziare «a pensare».*

Ma invece quasi tutte le persone che vengono dalla Germania, il mio collega francese, ad esempio, che è stato per molti anni in servizio nella Renania occupata e conosce il paese, ne riportano concordi giudizi ed impressioni di forza, di ordine, di stabilità e di decisa volontà di potenza che mal si accorderebbero con possibilità di prossimi rivolgimenti o regressioni.

Contraddittorie, invece, e spesso pessimistiche sono le notizie e le impressioni sull'Austria. La fiducia nella resistenza del Cancelliere Dollfuss è scarsa. Scarsa è pure la fiducia nella stabilità della fede politica di Starhemberg che è ritenuto capace di passare al Nazionalsocialismo; al quale si ritiene che passeranno masse di operai socialdemocratici.

A queste impressioni, molto diffuse, si inspirano i giudizii espressimi dai miei colleghi di Francia e di Ungheria, dai quali sono da attendersi rapporti in tal senso ai rispettivi Governi. * Le notizie di fonte francese contrappongono l'aspetto « scalcinato » delle Heimwehren a quello imponente delle S. A. hitleriane.* Ed il Ministro d'Ungheria, Wettstein, che fu già mio collega come consigliere a Berlino e per molti anni collaboratore di Kanya, mi ha detto confidenzialmente che non crede una restaurazione absburgica capace di arginare la conquista di Vienna da parte della Germania, contro la quale Budapest non potrà mai andare fino a conseguenze estreme.

La caratteristica, dunque, dello stato d'animo prevalente oggi a Praga è l'ondeggiamento. Stato d'animo di particolare interesse e di altissima importanza per una fase costruttiva della politica europea.

Io credo che negli ondeggiamenti del Benes siano da ritenere soprattutto le sue palesi aperture, anche se accompagnate dalle svariate riserve che sono nel temperamento dell'uomo ed inevitabili nella difficile politica della Cecoslovacchia. E penso che il suo giuoco abbia più ampio campo in quanto egli crede di sentire che l'intesa fra l'Italia e la Francia di fronte al problema austriaco e danubiano manchi ancora di consistenza, specialmente nella parte esecutiva, essendo tuttora allo stadio di intesa dì principio la cui attuazione incontrerà notevoli difficoltà nella scelta dei mezzi.

Naturalmente Benes si sforza di trrurre il più grande profitto dalle vicende che l'intesa fra Italia e Francia dovrà ancora superare, nel senso di salvare quanto più sarà possibile delle assicurazioni che Cecoslovacchia e Piccola Intesa avevano ottenuto dalla Francia quali mandatarie del sistema francese nell'Europa centrale e balcanica.

Se però Benes sente che Roma e Parigi sono decise ad una leale collaborazione a Vienna e nei paesi danubiani, e che la Francia consente effettivamente a che la relativa azione sia esercitata prevalentemente dall'Italia, egli si indurrà -forse -ad una qualche evoluzione verso l'Italia. Il mio collega Noel dice: * «Bisogna dargli modo di effettuare decentemente l'evoluzione ,, *

Lo stesso Noel ha detto a Theodoli che se Benes deve andare a Roma, dovrebbe andarvi prima dell'annunciata visita di Barthou a Praga, che, salvo imprevisti, dovrebbe aver luogo verso la fine di aprile: questo per non dare l'impressione che Benes vada a Roma per imposizione della Francia.

Io parlerei meno di viaggio e suggerirei piuttosto lo studio del possibile inquadramento degli interessi cecoslovacchi contro l'Anschluss nel programma di collaborazione itala-austro-ungarica, non appena questo sarà sufficientemente concretato, e forse già negli scambi di vedute che avranno luogo nei prossimi giorni a Roma con Cancelliere austriaco e col Presidente del Consiglio magiaro.

Anche un esa'me deLle concrete possibilità di aggiustamenti, sia pw:e provvisorii, fra Ungheria e Cecoslovacchia, costitutirebbe, a mio sommesso avviso, un utile elemento di preparazione per quelli che potranno essere gli ulteriori contatti con questa Repubblica, in vista di eliminare, se ed in quanto possibile, le resistenze più o meno occulte e le tergiversazioni che essa oppone all'attuazione di ogni programma italiano di risanamento danubiano e di consolidamento dell'indipendenza austriaca.

In ogni caso, ed in attesa che tali studii ed esami possano svilupparsi e maturare, mi permetto di esprimere l'opinione che non si debba dare al Dr. Benes una più precisa impressione -oltre quella che forse egli si è già formata attraverso gli speciali contatti della scorsa settimana -* che a Roma si sia impazienti di assicurarsi 11 suo concorso o di avere la sua visita (1). *

Benes mi ha detto che il problema dell'Austria permane sempre grave, ed anche qui mi ha sviluppato la sua teoria che convenga affrontarlo senza indugio e risolutamente. Secondo

59 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XIV

(l) -Drummond tornò sull'argomento presso Suv!ch con una lettera del 9 marzo e nel corso d! un colloquio svoltos! il 10. Suvich mantenne il proprio punto di vista. (2) -T. 916/32 R .. non pubblicato !n quanto riassunto nel presente documento.

(l) I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolinl.

(l) Si pubblica qui il seguente passo dl un lungo telespresso dl Rocco (63'49 del1'8 gennaio): «L'Austria e l'Anschluss.

777

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 969/111 R. Parigi, 7 marzo 1934, ore 20,05 (per. ore 24).

Ho veduto stamane questo ministro degli esteri. Gli ho detto che dovendo recarmi per alcuni giorni in Italia avevo desiderato intrattenermi con lui.

Disarmo -Barthou mi ha assicurato che il ritardo della risposta francese all'Inghilterra non è motivato da considerazioni di tattica, ma dipende dall'impossibilità per il Governo di occuparsi della questione mentre è impegnato alla Camera e al Senato. Dopo la riunione commissione deLla difesa nazionale la Francia prenderà netta posizione. Per il momento egli non può che manifestare delle impressioni.

Governo francese desidera sinceramente addivenire alla conclusione di una convenzione per il disarmo. La risposta all'Inghilterra non taglierà in ogni caso i ponti. Il Ministro ha detto che la Francia è molto più vicina al memorandum italiano che a quello inglese per quanto riesca difficile all'opinione pubblica e al Governo francese nelle presenti contingenze di consentire con convenzione al riarmamento del Reich.

lui la situazione attuale non può durare. E poiché l Nazi continuano a guadagnare terreno il meglio sarebbe di prepararsi all'eventualità della loro ascesa al potere. La situazione sarebbe, a suo avviso, migliorata dal fatto che si potrebbe oggi fare un certo assegnamento anche sull'Inghilterra per opporsi all'Anschluss e sostenere l'indipendenza dell'Austria. I Naz!, pervenuti al potere, o dovranno confermare l'indipendenza dell'Austria, e l'Europa ne prenderàsolenne atto: oppure tenteranno di proclamare l'Anschluss. In questo caso le Potenze avranno da dire la loro parola per riconoscere un tale avvenimento: e quando le tre grandi potenze,

seguite dalle altre contrarie all'Anschluss, avranno manifestato il loro veto, la Germania dovrà contentarsi di quell'" Angleichung" morale sulla quale ebbero a ripiegare Curtius e Schober dopo il fallimento del loro tentativo di sorprendere l'Europa.

Però -continua Benes -sarebbe meglio prevenire che reprimere. Perché Curtius e Schober tentarono il colpo di mano del 1930? Perché ebbero l'impressione che l'Europa, sor-presa e impreparata, non avrebbe trovato la capacità di opporsi e l'unità necessaria a farlo. Essi contarono di aver ragione della Francia e della Piccola Intesa e di poter far assegnamento sull'assenteismo dell'Inghilterra e sulla non-opposizione dell'Italia. Se avessero previstol'opposizione dell'Italia e le conseguenze che ne derivarono, essi non avrebbero tentato il loro colpo di mano.

Conclusione: converrebbe intendersi sull'atteggiamento e sulle misure che le tre grandi potenze prenderanno per garantire l'indipendenza dell'Austria anche nell'eventualità e precisamente nel caso che l Nazi austriaci andranno al potere.

Benes si è affrettato a dichiarare che per conto suo la Cecoslovacchia è pronta ad aderire a qua,unque decisione delle grandi Potenze pel mantenimento dell'Indipendenza austriaca ed anche ad agire in conseguenza. « Je suis prét à marcher » -ha testualmente detto -«ma b.su~;na sapere quel che si deve fare».

Avendo osservato al Benes come egli riconoscesse dunque, contrariamente a certe sue passate tendenze, essere la Cecoslovacchia interessata in prima linea ad evitare l'Anschluss, Benes non lo ha negato. Ma ha aggiunto che egli deve intravedere anche la possibilità che Je grandi Potenze non vogliano o non possano impedire l'Anschluss, e che egli ha anche preVIsto quel che gli resterebbe a fare. L'unione doganale con la Polonia e lo sbocco al mare attraverso Gdynia sarebbero la contromossa all'accerchiamento germanico della Cecoslovacchia ed allo sbarramento frapposto da questo alla gravitazione della Cecoslovacchia verso l'Adriatico. «Una tale eventualità» -ha aggiunto Benes -«vi dimostra anche la necessità per la Cecoslovacchia di mantenere, finché le sarà possibile, le sue vie aperte verso il sud attraverso la Piccola Intesa».

Benes ha soggiunto -In via confidenziale -che per quanto riguarda l'avvenire egli non si fa illusioni, e considera l'Anschluss come una fatalità. Soltanto, l'Europa ha il diritto di chiedere alla Germania di attendere: 50 anni, trenta, venti: quel che sarà possibile secondo J'evomzione storica dell'Europa. Anche perché fra 20, 30, 50 anni un Reich comprendente nel suo seno anche l'Austria non rappresenterà più per l'Europa il pericolo che questa unificazione rappresenterebbe oggi. L'Italia, la Polonia, gli Stati della Piccola Intesa si saranno consolidati e saranno ancora su una parabola ascendente, mentre il germanesimo ha -secondo Benes -già raggiunto e oltrepassato il suo apogeo, ed è già sulla parabola discendente».

Circa formazioni para-militari e controllo mi ha confermato il punto di vista della Francia ormai conosciuto. In quanto alle garanzie di esecuzione il ministro degli affari esteri ha osservato che la questione riguarda più direttamente l'Inghiltera, la quale chiede alla Francia di disarmare.

Barthou si è compiaciuto del movimento di opinione pubblica che sembra delinearsi in Inghilterra per una più equa considerazione in fatto garanzie. Ha soggiunto, però, subito che fino al momento in cui mi parlava, non gli risulta di nessun nuovo orientamento in materia da parte del Governo britannico.

Ho domandato al ministro se la questione delle garanzie di esecuzione fosse, come mi sembrava aver compreso, da lui messa in relazione ad un'eventuale riduzione della forza armata f['ancese, nel qual caso non sarebbe più strettamente necessario ricorrere a garanzia se fosse adottato il principo del memorandum italiano che riconosceva agli Stati non disarmati da trattati il consolidamento dello statu quo in fatto di effettivi e armamenti.

Scusandosi di poter dare solo impressioni e non precisazioni, il ministro ha ammesso che, se alla Francia non fossero chiesti sacrifici di disarmo, la questione delle garanzie poteva essere agevolata.

A proposito delle garanzie questo ambasciatore britannico mi ha detto che cancelliere germanico aveva dichiarato ad Eden di non avere difficoltà a che l'Inghilterra accordasse alla Francia garanzie di esecuzione della convenzione disarmo.

Circa il ritorno della Germania alla S.d.N., Barthou ha dichiarato di esservi favorevole a condizione che non avvenga con nuovi sacrifici da pretendere dalla Francia.

Ho domandato infine al ministro degli affari esteri se risposta all'Inghilterra fosse prossima. Mi ha risposto di non poter fare previsioni fino a che il Governo si trovava impegnato col Parlamento. Ho l'impressione che la risposta francese non sarà pronta prima della fine della settimana prossima e forse più in là.

Austria -Ministro degli Affari Esteri ha detto di aver avuto buona impressione dal colloquio di S. E. il sottosegretario di Stato per gli affari esteri con l'ambasciatore Chambrun. Ha constatato non vi sono divergenze importanti nelle direttive politiche dei nostri due paesi. Vi è soltanto, ha precisato Barthou, una diversità di apprezzamenti nella questione degli effettivi da concedere alla Germania. Osservo che il ministro Barthou ha rievocato più volte questo punto.

Il ministro mi ha dichiarato e ripetuto, pregando di farne parte a V. E., di aver la ferma volontà di ricercare una sempre più stretta collaborazione italo-francese. Ho ringraziato il ministro degli affari esteri delle sue disposizioni. Riferendomi buona impressione da lui riportata dal colloquio Suvich-Chambrun (1), ho detto di sperare che l'agitazione ingiustificata che si manifesta in alcuni stati dell'Europa centro-balcanica si sarebbe rapidamente calmata.

Senza entrare in particolari, il ministro degli esteri mi ha lasciato intendere che si sta adoperando a tale scopo presso Governi degli Stati della Piccola Intesa

ed ha accennato alle disposizioni concilianti di Benès e ad un «buon:. telegramma che aveva appena ricevuto da Belgrado.

Egli ha concluso riaffermando con vigore di intravvedere la possibilità di una amichevole collaborazione dei nostri due paesi anche nel settore centrobalcanico.

(l) Cfr. n. '167.

778

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 974/31 R. Tirana, 7 marzo 1934, ore 20,37 (per. ore 6 dell'B).

Emissari del Re di cui ai miei telegrammi n. 25 e 26 (l) e cioè Abdurraman Mati e colonnello Sereggi sono tornati ad intrattenersi con me sulla nota proposta.

È stato concordato che visita del ministro degli affari esteri dovrebbe effettuarsi tenendo presente seguenti punti:

l. -Trattativa del Governo col clero per intesa che sia di soddisfazione del clero (concordato) e risolva questione della riapertura delle scuole cattoliche;

2. --idem col ministro d'Italia in vista di una intesa sulle questioni pendenti fra i due Governi e cioè: scuole professionali; scuole italiane; borse di studio; organizzatori; consigliere militare; 3. --comunicazione al ministro d'Italia del desiderio del Governo albanese di una visita del ministro degli affari esteri al capo del Governo alleato per presa di contatto ritenuta da detto Governo necessaria per concordare linea di condotta da seguire in relazione alla recente intesa balcanica; 4. --se le trattative col clero e conversazioni col ministro d'Italia avessero già raggiunto intesa, ministro degli affari esteri darà anche di ciò notizia al capo del Governo alleato cui esprimerà pure desiderio del suo Governo di vedere ripresa collaborazione così felicemente esistente fra i due paesi e pregherà S. E. Mussolini di voler autorizzare il ministro d'Italia entrare in contatto col Governo albanese per esaminare le vie migliori per giungere a detta ripresa; 5. --se le conversazioni non avessero potuto giungere ad un accordo, il ministro degli affari esteri limiterà colloqui con S. E. Mussolini esclusiva presa di contatto di cui al punto 3. Potrà aggiungere che il Governo albanese sta esaminando, animato dalle più amichevoli disposizioni, le questioni pendenti fra i due paesi, deciso di giungere ad una intesa, desideroso di vedere ripresa da parte del Governo alleato quella collaborazione che diede già in passato così utili risultati per il progresso dell'Albania.

I punti suindicati sono stati da me prospettati (in modo non impegnativo) come i soli adatti per realizzare la progettata visita, sempre che V. E. concordi nel trovarli accettabili, e su tali punti si orienterebbero i due emissari per giungere all'effettuazione di tale progetto.

(l) Cfr. n. 747.

779

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, BONARELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 972/29 R. Bruxelles, 7 marzo 1934, ore 21,40 (per. ore 6 dell'B).

Mi riferisco al mio telegramma n. 04 del 2 febbraio u.s. (1).

Iersera all'inizio discussione in Senato del bilancio affari esteri questo presidente del consiglio ha pronunciato inattesa importantissima dichiarazione -di cui trasmetto punti più importanti con telegramma in chiaro n. 28 -(2) che, fissa apertamente, brutalmente quasi, punto di vista Governo belga in materia disarmo, producendo qui enorme sensazione come vero colpo di scena imprevisto non solo dal paese, non solo dagli oppositori, ma persino dai componenti stessa maggioranza Senato.

Mentre è impossibile non rilevare subito franco realismo e praticità che informano affermazioni presidente del consiglio e non sembra azzardoso affacciare ipotesi che esse subiscano sana influenza dei principi della politica fascista, specie nell'adattamento all'idea che questione capitale non sia ormai più quella di impedire riarmo tedesco ma quella di evitare che questo avvenga al di fuori di ogni regola e controllo, non si può d'altra parte non riconoscere tono crudo e sorprendente per questo pubblico, di certi passaggi che scuotono opinione pubblica specie in bocca ad un presidente del consiglio a suo tempo animatore della resistenza contro l'invasione tedesca.

Giustificati appaiono pertanto sensi aperto malumore che hanno accolto discorso al Senato e reazione intensissima di quasi tutta la stampa di stamane che assolutamente impreparata all'evento non esita manifestare la più irritata stupefazione.

Specialmente frasi Broqueville suonanti rampogna contro illusioni fomentate da negoziatori trattato di Versailles e predicenti abbandonare ogni speranza di poter costringere Germania a rispettare suoi impegni provocano commenti severissimi.

Governo viene aspramente accusato abbandonare senza colpo ferire ogni mezzo coercitivo di cui trattato di Versailles aveva armato alleati e si dichiara che Hitler sarà senza dubbio felice del soccorso accordato alla Germania da Broq ueville.

Qualche giornale accenna al malcontento della commissione parlamentare affari esteri che era stata tenuta all'oscuro di tutto e parla persino di dissenso tra i membri del Governo sulla nuova posizione che il Belgio viene oggi ad assumere.

A questo ministero affari esteri, ove mi sono recato oggi stesso, il gesto vivace del presidente del consiglio viene sopratutto spiegato colla necessità assoluta di informare il paese della realtà degli avvenimenti, sottraendolo alle illusioni nelle quali finora era stato cullato da gran parte della stampa.

Non si nasconde la difficile situazione nella quale verrà a trovarsi questo ministro affari esteri né la probabile tempesta che le dichiarazioni del presidente del consiglio scateneranno a Parigi, ma, mentre ciò viene citato come controprova della indipendenza della politica belga di fronte alla Francia si confida che il senso di sano realismo che pervade le affermazioni del presidente del consiglio saprà a poco a poco conquistare non solo gli strati profondi della opinione pubblica belga ma imporsi anche all'estero con i suoi argomenti ineluttabili di sincerità e di praticità.

(l) -T. per corriere 522/04 R., non pubblicato. (2) -T. 965/28 R. del 7 marzo, non pubblicato.
780

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A PRAGA, ROCCO

T. 360/17 R. Roma, 8 marzo 1934, ore 23.

Trovi il modo opportuno parlando con Benes di fargli sapere quanto segue con carattere più che altro di sue impressioni personali.

La intervista concessa da Benes a Knickerbocker in cui auspica un predominio italiano nel sistema Europa danubiana ha fatto buona impressione in Italia. Anche il capo del Governo che in altre occasioni ha dimostrato la considerazione in cui tiene la politica di Benes ne è rimasto favorevolmente impressionato. Questo recente atteggiamento di Benes può facilitare in un secondo tempo una presa di contatto a Roma per uno scambio di idee sulle questioni danubiane.

781

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1008/056 R. Berlino, 8 marzo 1934 (per. l'11).

Mio telegramma n. 83 (1).

È tornato da me il ministro di Ungheria e mi ha detto di avere riparlato al segretario di Stato von Biilow della questione austriaca. Aveva preso lo spunto dalla frase di quest'ult.irno che non si sapeva con chi parlare a Vienna, dato che gli attuali governanti non davano alcun affidamento di stabilità, per domandargli se non ritenesse meglio di trattare invece con l'Italia per vedere di giungere ad un accordo circa il problema austriaco.

Von Biilow aveva risposto che l'argomento era quanto mai scabroso, che esso era bensì stato discusso qualche volta fra il barone von Neurath e l'ambasciatore d'Italia in via del tutto amichevole e personale, ma non mai in via ufficiale, perché non sarebbe stato possibile farlo dato che ci si sarebbe dovuti ingerire in questioni interne di un terzo Stato.

Il signor de Masirevich aveva osservato che, a suo giudizio, il malinteso esistente era stato occasionato dall'atteggiamento assunto nella questione austriaca dalla Germania, la quale invece di astenersi dall'ingerirsi degli affari interni di quello Stato, aveva creduto nominare un «Landesinspektor :t del partito nazionalsocialista tedesco in Austria, fare propaganda ostile all'attuale Governo austriaco a mezzo della radio, ecc. ecc.

Von Biilow aveva ribattuto che era precisamente perché si sarebbe fatalmente venuti a trattare questioni di tanta delicatezza e personali che non si vedeva a Berlino il modo di poter trattare con l'Italia.

Non si doveva scordare che esistettero anche in passato relazioni molto intime fra il Centro e la Bayerische Volkspartei da un lato e il partito cristianosociale austriaco dall'altro, come pure fra i Deutschenationale e i Grossdeutsche austriaci. Riusciva pertanto difficile comprendere perché non si dovesse trovare naturale che anche presentemente vi fossero le stesse relazioni fra nazionalsocialisti tedeschi e nazionalsocialisti austriaci.

L'Italia sosteneva il Governo di Dollfuss anche nella lotta che esso faceva contro il nazionalsocialismo e questo suo atteggiamento riusciva incomprensibile ai tedeschi.

Il ministro d'Ungheria aveva ritenuto superfluo insistere e si era limitato a chiedere al signor von Billow se egli non credesse preferibile in un momento come quello attuale, in cui vi sono tanti problemi tuttora insoluti, di assicurare alla Germania l'appoggio dell'Italia rinunciando all'idea della Gleichschaltung dell'Austria.

La risposta ricevuta fu evasiva. Il signor von Biilow credette invece dire che alla Germania importava poco o punto che l'Italia ed anche altri Stati nutrissero il pensiero di occupare eventualmente con le loro truppe parte dell'Austria, dato che essa non lo avrebbe certamente fatto in nessun caso.

Il ministro d'Ungheria mi ha detto in conclusione che se la sua conversazione non fu soddisfacente, egli aveva ad ogni modo eseguito l'istruzione impartitagli dal suo Governo il quale era stato certamente animato dal desiderio di farsi «honnete courtier ~ fra l'Italia e la Germania, a fine di bene.

(l) Con t. 947/83 R. del 5 marzo, non pubblicato, Cerrutl aveva riferito circa un colloquio con 11 ministro d'Ungheria nel corso del quale quest'ultimo gli aveva, fra l'altro, detto «di essere stato informato da Budapest che l colloqui colà avuti con S. E. Suvlch avevano dato agll uomini politici ungheresi !'lmpressione che potesse scoppiare un vero e proprio conflitto tra Italia e Germania a proposito dell'Austria».

782

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 8 marzo 1934.

Colloquio col Ministro di Jugoslavia.

È venuto a portare la risposta del suo Ministro alle comunicazioni relative alla politica itala-jugoslava che recentemente ebbi a fargli su istruzioni di V. E. (1). Jeftic le ha accolte con viva soddisfazione e si dichiara pronto ad entrare in negoziati non appena parrà opportuno a V. E., tenendo però sempre presenti le disposizioni dei Trattati ai quali oggi la Jugoslavia è vincolata (Piccola Intesa).

Avendomi chiesto chiarimenti sulla prossima venuta di Dollfuss e GombOs a Roma, ho spiegato che il convegno non è diretto contro nessuna Potenza, né Germania, né Francia, né Piccola Intesa, e costituisce una nuova tappa della coerente politica italiana verso l'attuazione dei noti principi esposti nel Memorandum italiano sull'Europa danubiana. La inesistenza di qualunque elemento capace di suscitare diffidenza da parte di chicchessia è del resto provata dalla stessa comunicazione che gli avevo fatto l'ultima volta, che altro non significava che la messa in pratica delle idee esposte nel suddetto Memorandum il quale rappresenta la più chiara enunciazione del principio della cooperazione di tutti alla ricostruzione europea.

Ducic è stato pienamente soddisfatto del nostro colloquio. Solo mi ha detto che se l'Italia si decidesse a risolvere le ben note questioni degli ustasci e dei rifugiati, le eventuali trattative si aprirebbero in un ambiente rasserenato che contribuirebbe al loro successo. In particolar modo, ottima impressione farebbe ora in Jugoslavia l'allontanamento da Zara del fuoruscito jugoslavo Brkan del quale egli ebbe già recentemente ad intrattenermi.

783

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 985/197 R. Londra, 9 marzo 1934, ore 2,06 (per. ore 8).

Ho avuto ieri al Foreign Office una conversazione con il signor Sargent e l'ho messo al corrente delle informazioni trasmessemi da V. E. col telegramma

n. 354 (1).

Mi è sembrato tanto più utile farlo in quanto che aveva avuto occasione di notare che il Foreign Office era particolarmente ansioso di rendersi conto della portata e del carattere della nostra azione nell'Europa centrale nell'imminenza del convegno di Roma.

Sargent si è mostrato assai soddisfatto di quanto gli ho esposto e persuaso della giustezza delle nostre direttive. Egli ha voluto che gli chiarissi particolarmente un punto: che gli accordi che noi concluderemo con l'Austria e coll'Ungheria non saranno chiusi agli altri paesi e che il nostro memorandum danubiano del settembre scorso costituisce sempre la base della nostra politica.

Io gli ho risposto nei termini delle dichiarazioni fatte da S. E. Suvich a codesto ambasciatore di Francia e precisando che gli accordi triangolari con

l'Austria e coll'Ungheria rappresentano effettivamente per noi inizio di una più vasta intesa.

Sargent mi ha anche parlato della situazione interna austriaca per dirmi che il Governo britannico si era trovato di fronte a qualche difficoltà per la reazione suscitata in alcuni ambienti inglesi dagli avvenimenti di Vienna. Tali difficoltà ora sono assai diminuite, ma diventerebbero [grandi] ove il Governo di Dollfuss fosse sostituito da un Governo di Heimwehren. Dollfuss con la sua abile politica di pacificazione sta riguadagnandosi molte simpatie perdute; un Governo di Heimwehren, che adottasse una politica prettamente reazionaria, risolleverebbe le opposizioni e le ostilità di questa opinione pubblica.

Non so a che attribuire queste osservazioni se non forse alle voci che sono corse in questi giorni a Londra, che a Vienna si preparerebbe la sostituzione di Starhemberg a Dollfuss.

Comunque Sargent mi ha confermato la favorevole impressione del Foreign Office sulla situazione austriaca e la fiducia sempre maggiore che essa ha nel consolidamento generale presente.

Ieri stesso ho veduto anche Chamberlain ed ho creduto utile poiché egli prende qualche volta atteggiamenti inattesi, di avere con lui una conversazione generale sul problema austriaco.

Egli mi ha detto di essere fermamente persuaso della necessità assoluta che il Governo britannico contribuisca come meglio può alla difesa dell'indipendenza dell'Austria e mi ha chiesto di spiegargli la portata del prossimo incontro di Roma.

Egli si è mostrato particolarmente interessato alla parte che potrà avere l'Inghilterra nell'attuazione dei principi posti nel nostro memorandum danubiano.

Avendomi egli chiesto della situazione interna austriaca, gli ho risposto che il discorso di Emery, discorso che era stato tenuto sotto la sua presidenza, rappresentava quello che di più giusto e veritiero si era detto fino ad ora in Inghilterra sugli avvenimenti aui;triaci (1).

(l) -Cfr. n. 727. (2) -Cfr. n. 774.
784

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 998/38 R. Praga, 9 marzo 1934, ore 20,15 (per. ore 24).

Benes mi ha pregato di andare da lui e mi ha detto che teneva per debito di lealtà ad informarmi di due cose:

1°) che trattative economiche con Austria, rinviate giusta mio telegramma n. 29 (2), saranno riprese a Praga lunedì prossimo 12 corrente anche in

vista di possibili accordi commerciali; e che egli si era indotto a riprenderle anche in base a quanto io gli avevo detto al mio ritorno dal congedo che nessun paese aveva fatto effettivamente niente per Austria eccetto Italia.

2°) Che egli si propone intavolare conversazioni anche con· Ungheria in vista di concludere un accordo commerciale più stabile e più ampio di quelli vigenti di pura compensazione e che in tal senso ha fatto invitare Governo di Budapest dal quale attende risposta.

Poiché conversazioni relative con Austria e forse anche con Ungheria potranno coincidere con convegno di Roma, Benes tiene ad assicurare V. E. si tratta di conversazioni già da tempo decise e che in nessun caso vogliono turbare o contrapporsi a conversazioni di Roma, sebbene esser preparazione ad accordi bilaterali raccomandati da memorandum italiano per paesi danubiani, senza peraltro voler precorrere o prevenire esecuzione del memorandum stesso.

Nella lunga conversazione seguita ho avuto occasione di spiegare a Benes punto di vista di V. E. secondo le istruzioni di cui al telegramma di V. E.

n. 354/9 (l) ed anche di fargli sapere in modo molto leggero che sua intervista a Knickerbocker aveva prodotto favorevole impressione a Roma (telegramma di V. E. n. 17) (2).

Benes se ne è mostrato molto lieto e mi ha detto che nel prossimo suo discorso alla commissione parlamentare affari esteri confermerà e svilupperà concetti suddetta intervista.

Egli ha rinviato tale discorso a settimana successiva convegno Roma, per attenderne risultati e poterne trarre eventuali deduzioni nel suo discorso che egli si propone orientare nel senso delle linee politiche di V. E., conforme ricordato telegramma 354, auspicando soluzione di insieme suggerita dall'Italia ed escludendo orientamento anti-germanico.

Mi ha aggiunto che egli potrà anche ritardare ulteriormente suo discorso qualora in seguito convegno di Roma egli dovesse attendersi qualche speciale comunicazione da parte di V. E. (3).

Il pt"esente telegramma continua col n. di protocoJlo successivo (4).

(l) -Non si pubbllca la l. p. 916 di Vitetti a Suvlch dello stesso 9 marzo. (2) -T. 835/29 R. del 23 febbraio. non pubblicato.
785

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI

T. 364/301 R. Roma, 9 marzo 1934, ore 22,30.

Telegramma di V. S. n. 34 <5). Notizie fornite dalla S. V. se fanno apparire una maggiore comprensione da parte anche di codesto Governo dei complessi aspetti del 'COsiddetto patto bal

canlco, non lasciano tuttavia sussistere meno le obiezioni a cui il patto stesso si presta nei riguardi della tranquillità dei Balcani e in particolare della sicurezza della Grecia. Mi riferisco in proposito alle considerazioni comunicatele a suo tempo. Non è mio proposito dipartirmi dalla linea di condotta sinora seguita e intendo quindi che codesto Governo per quanto mi riguarda sia, ed abbia la sensazione che esso com'è del resto naturale) è pienamente libero delle sue decisioni. Ciò non pertanto, come già in corso di negoziato, occorre far sentire discretamente costi anche in questa fase che la mia opinione non è oggi sostanzialmente mutata, dato anche che essa non era, né è inspirata a preoccupazioni di interpretazioni e speculazioni, a cui nei riflessi italiani la conclusione del patto poteva e potrebbe ancora prestarsi; ma si inspira invece a criteri generali di pace e di normalizzazione dei rapporti tra gli Stati balcanici e alla sicurezza della Grecia.

V. S. potrà, ove lo ritenga conveniente, esprimere, a titolo personale, il dubbio che ad onte della prevista dichiarazione del Governo che ella ha comunicato, il patto balcanico e soprattutto la situazione che potranno determinare l suoi possibili sviluppi, possa in definitiva e per forza stessa di cose (direi quasi indipendentemente dalla volontà delle parti interessate) interferire in qualche modo nel complesso di relazioni fondato sul patto di amicizia itala-greco.

Lascio infine alla S. V. di giudicare se convenga che ella faccia sentire a Venizelos e Michalakopulos apprezzamento che naturalmente io faccio dell'attitudine da loro assunta, conforme d'altronde l benintesi interessi della Grecia.

(l) -Cfr. n. 774. (2) -Cfr. n. 780. (3) -Annotazione a margine di Suvich «Far sapere a Benes che non ci disturba affatto. Si può anche pubblicare qualche cosa». (4) -Cfr. n. 790. (5) -Cfr. n. 773.
786

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 1022/043 R. Vienna, 9 marzo 1934 (per. il 12).

Starhemberg mi ha detto che egli continua ad essere avvicinato da emissari nazistl. Ieri fu la volta del corrispondente dell'agenzia Wolff, barone von Hahn.

Questi ebbe fra l'altro, a dirgli che i nazionalsocialisti tedeschi sono in principio maggiormente disposti a trattare col cancelliere, del quale riconoscono un'indipendenza di vedute e di atteggLamento, che non con le Heimwehren, le quali sono da essi considerate come legate alla politica italiana, e quindi del tutto partigiane.

Starhemberg gli replicò:

l) che le Heimwehren sono, come il nazionalsocialismo, contro il marxismo ed il reggimento democratico. Cosicché non possono non avere che una completa identità di vedute col fascismo italiano; donde la spontaneità del loro sentimento verso Roma.

2) che il primo contatto delle Heimwehren con Roma avvenne del resto per iniziativa dello stesso Hitler. Questi infatti 4 anni or sono ebbe ad esortare lo stesso Starhemberg a mettersi in diretta reLazione con le gerarchie fasciste romane, aggiungendo che la questione dell'Alto Adige, e cioè del destino di meno di 200.000 tedeschi, non poteva mai rappresentare una causa di serio dissenso o scissione.

3) che ad ogni modo mentre l'Italia non ha intenzione alcuna di occupare l'Austria, altrettanto non può dirsi del nazionalsocialismo tedesco, il quale ha sempre affermato la sua volontà di assorbirla. Il che rende assolutamente inconciliabili le Heimwehren, le quali sono e saranno sempil"e le inde,fettibili assertrici dell'indipendenza dell'Austria.

4) che infine sarebbe bene che Berlino si rendesse finalmente conto che ogni conversazione austro-tedesca non può ormai intercorrere che diretta,mente da Governo a Governo, in via diplomatica.

787

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI TURCO, NUMAN BEY

APPUNTO. Roma, 9 marzo 1934.

Numan bey è venuto a trovarmi prima della sua partenza e mi ha pregato di porgere i suoi ossequi al Capo del Governo. Mi ha detto che andava ad Ankara animato dai migliori propositi di chiarire e spiegare il nostro punto di vista.

Gli ho risposto che la sua attività anche qui a Roma è stata da noi apprezzata; ·Che evidentemente non potevamo accettare le ultime proposte turche (l); che eravamo decisi ad insistere in tale nostro atteggiamento e che speravo che la sua opera di chiarificazione ad Ankara potesse avere successo.

Numan bey mi ha chiesto poi se avevamo qualche comunicazione da fare al Capo del Governo turco e al Ministro degli Affari Esteri, coi quali si incontrerà nei prossimi giorni.

Gli ho detto che avrebbe potuto attirare la loro attenzione sulla inutilità del Patto balcanico (al quale del resto noi non abbiamo mai creduto), che consente alla Jugoslavia e alla Bulgaria di continuare i loro approcci.

Per quanto riguarda il recente movimento che si è determinato in Grecia, questo non poteva far cambiare la nostra valutazione del Patto, ma tuttavia ci pareva un chiarimento opportuno per stabilire che il Patto di amicizia italagreco rimane la base della politica estera di quel paese (2). Ho aggiunto che evidentemente la stessa situazione si verificava nei riguardi della Turchia.

Numan bey mi ha confermato ciò nel modo più assoluto. La Turchia vuole fare una politica mediterranea e non una politica balcanica.

Il desiderio della Turchia sarebbe stato quello di poter fare un accordo con la Bulgaria, oltre che con la Grecia, per avere assicurate le spalle verso i Balcani; ciò però non è riuscito e quindi si è venuti, come soluzione di necessità, a quella del Patto balcanico.

Parlando a proposito delle rivendicazioni bulgare Nouman bey mi ha affermato che la Turchia non poteva favorire uno sbocco territoriale bulgaro sull'Egeo, perché questo la avrebbe divisa dalla Grecia colla quale tiene ad avere la continuità territoriale.

(l) -Cfr. n. 654. (2) -Cfr. n. 773.
788

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A TIRANA, KOCH

T. 366/22 R. Roma, 10 marzo 1934, ore 1.

Relazione suo telegramma 31 (l) conviene che ministro non venga Roma se prima non risolto punto l relativo scuole cattoliche (telegramma n. 18) (2). Argomento patto balcanico ora per recente atteggiamento Grecia molto svalutato (3) non pare assolutamente potere eessere considerato come movente viaggio ministro esteri Roma. Visita sarebbe certamente molto commentata e considerata quale avvicinamento Italia-Albania; mentre poi quando venisse a mancare accordo scuole relazioni non potrebbero che peggiorare e l'effetto sulla popolazione dello Scutarino sarebbe a tutto discapito del nostro prestigio. Punto 2 potrà essere risolto anche dopo eventuale visita.

Ritengo meglio chiarire con debita forma questa nuova posizione per non continuare con equivoci che non fanno che rendere più difficile ripresa buone relazioni.

789

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARLOTTA

T. 370/69 R. Roma, 10 marzo 1934, ore 18.

Autorizzo V. E. firmare e consegnare atto adesione Italia trattato antibellico non aggressione e conciliazione Rio de Janeiro 10 ottobre 1933. Seguono per valigia pieni poteri reali (4).

n. -604) tra Roma e l'ambasciata di Buenos Aires per deHni,re il testo dell'atto di adesione dell'Italia.
(l) -Cfr. n. 778. (2) -Cfr. n. 753. (3) -Cfr. n. 773. (4) -Non si pubblicano numerosi telegrammi scambiati dopo quello del 24 gennaio (cfr.
790

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1015/39 R. Praga, 10 marzo 1934, ore 20,20 (per. ore 1 dell'11).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo

precedente {1).

Nella conversazione con Benes ho avuto occasione di chiedergli una risposta netta e precisa sul quesito che gli avevo già posto ed al quale mi aveva risposto evasivamente: se, cioè, fra prevalenza a Vienna delle due influenze Praga preferisse Roma o Berlino.

Dopo nuovo tentativo evasivo Benes, alle strette, ha dichiarato non esservi dubbio Cecoslovacchia deve preferire Italia.

Peraltro alle mie delucidazioni su punti di vista Italia che non ricerca soluzione problemi austriaco e danubiano in funzione antl-germanica, ne contro Francia o Piccola Intesa, ho trovato Benes oltremodo premuroso di assicurarmi che non solo egli ritiene da escludersi qualunque soluzione antigermanica ma che anzi si deve fare d'urgenza per cercare di associare Germania alle soluzioni che potranno essere adottate.

Benes non esclude che possano trovarsi soluzioni di compromesso accettabili anche dalla Germania che gli sembra già avviata a rinunziare sua propaganda ostile. Ma egli è sempre dell'avviso che una dichiarazione politica degli Stati interessati che garantisca indipendenza dell'Austria debba intervenire come condizione necessaria e preliminare perché misure economiche a favore dell'Austria possano avere efficacia duratura. Mi ha dato però atto che neutralizzazione Austria è ormai formula sorpassata e inattuabile perché inaccettabile da troppi fattori.

Gli ho osservato che la dichiarazione delle tre Potenze è già un atto positivo che ha prodotto quegli effetti da lui stesso rilevati. Benes crede tuttavia che occorra qualche atto più esplicito e formale, ed ha nuovamente accennato al protocollo di Ginevra del 1922.

A titolo del tutto personale gli ho osservato che precedente impiego del detto protocollo come atto inibitorio contro Germania ed Austria nel 1930 rende forse quello strumento meno adatto ad obiettivi odierni 'Che vogliono ispirarsi a difesa dell'Austria senza escludere attesa collaborazione con la Germania.

Benes ha insistito su origini e carattere difensivo dell'Austria del protocollo 1922 onde io ho cambiato discorso essendo mia osservazione puramente personale e di assaggio.

Circa Piccola Intesa Benes mi ha spontaneamente dichiarato che progettate trattative Cecoslovacchia con Austria ed Ungheria vogliono anche dimo

strare assenza scopo e carattere esclusivista della Piccola Intesa nella sua nuova

costituzione. Ha aggiunto che costituzione consiglio economico e relativo pro

gramma non sarebbe forse stato necessario se non si fosse tanto insistito sul

l'impossibilità della collaborazione economica della Piccola Intesa; e che nuovo

orientamento politico renderà meno urgente attuazione programma economico

Piccola Intesa specialmente se verrà a mancare campagna avversa.

Da quanto precede concludo:

l) Evoluzione Benes appare ormai sufficientemente avviata ad orientamento verso Italia;

2) Mi sembra che eventuale presa di contatti di cui al telegramma di V. E.

n. 17 (l) possa ormai essere presa in considerazione.

Io mi sono limitato per ora a fargli sapere ·che sua intervista a Knickerbocker aveva prodotto buona impressione a Roma, onde incoraggiarlo perseverare in tale direzione.

3) Sottopongo all'alto esame di V. E. se creda utile e conveniente, tenuto anche conto degli altri elementi di cui non sono in possesso, di autorizzarmi a dire a Benes che conversazioni di ieri consistenti in reciproche comunicazioni (da parte mia in base al telegramma di V. E. n. 354/9 (2) e da pall"te sua circa prossime trattative Cecoslovacchia con Austria e Ungheria) possono considerarsi come scambi d'idee in via diplomatica per preparare eventuale presa di contatto più diretta qualora essa apparisse in un secondo tempo desiderabile e fruttuosa (3).

(l) Cfr. n. 784.

791

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1013/91 R. Berlino, 10 marzo 1934, ore 21,17 (per. ore 24).

Seguito mio telegramma per corriere 053 (4).

Ho avuto conferma da fonte molto seria delle istruzioni impartite da Hitler di mutare tattica nei riguardi dell'Austria, interrompendo campagna offensiva contro Dollfuss e di tralasciare propaganda troppo ... (5) per la «Gleichschaltung l>.

(-4) Cfr. n. 763, nota l.

Anche la stampa ricevette istruzioni di usare moderazione e di non attaccare Dollfuss.

Hitler avrebbe deciso di occuparsi d'ora innanzi personalmente della questione austriaca. Habicht esautorato, si contenterebbe di manifestare suo livore specialmente contro l'Italia in piccole riunioni. In quella di una associazione per la tutela dei tedeschi alle frontiere tenuta 6 corrente avrebbe proclamato completa diversità esistente fra nazionalsocialismo e fascismo definendo quest'ultimo come ultima e peggiore manifestazione del liberalismo. Ciò prova soltanto come sia grande risentimento per sconfitta subita.

Confermo che cancelliere sta studiando quale sia mezzo più conveniente e meno compromettente per rendere noto all'interno e all'estero mutamento avvenuto nel suo modo di considerare la questione austriaca da lui riconosciuta ormai non più come interna del Reich ma come problema internazionale.

Mi si riferisce che trattative con Vienna continuerebbero. Ignoro, per il momento, a mezzo di chi. Esse avrebbero come substrato formazione di un governo austriaco presieduto anche da Fey con partecipazione di qualche nazionalsocialista austriaco e esclusione di Habicht ed in genere di nazionalsocialisti noti tedeschi.

Dollfuss dovrebbe uscire dal Governo ma potrebbe diventare presidente dello Stato. Verrebbero sciolti i campi di concentramento in Austria e quelli del profughi austriaci in Germania con un avvicinamento generale.

Sarebbe ugualmente soppresso il «Kampfring » degli austriaci in Germania e abolito visto di mille marchi per l'Austria sui passaporti tedeschi.

Sono stato informato in via strettamente confidenziale da ottima fonte che Hitler si domanda come sarebbe possibile appurare fino quale punto Governo italiano sarebbe disposto a non considerare «Glelchschaltung ~ e quindi a non ostacolare una intesa fra partito nazionalsocialista ed il Governo austriaco.

Ho mantenuto naturalmente massimo riserbo al riguardo, !imitandomi a dire di essere sempre pronto a farmi tramite delle comunicazioni che Governo germanico credesse fare al Governo italiano.

Le preoccupazioni che qui si nutrono per l'imminente convegno di Roma sono vivissime (l) come V. E. avrà potuto constatare dai telegrammi Stefani.

Comunicato ufficiale austriaco di ieri, il quale menziona oltre di accordi economici anche intese militaii"i e politiche e sopratutto il periodo relativo alle consultazioni che dovranno aver luogo fra i Governi italiano, austriaco e ungherese, hanno prodotto enorme impressione ancora accresciuta dalle varie notizie relative a trattative in corso tra Italia e Francia per accordo generale.

Segretario di Stato von Bti.low ostentò avantieri, parlando col ministro del Belgio, una assoluta indifferenza a proposito del convegno di Roma, ma sembra che non sia riuscito a celare suo vero stato d'animo tutt'altro che tranquillo.

(l) -Cfr. n. 780. (2) -Cfr. n. 774. (3) -Annotazione a margine: «S. E. Suvich desidera che si dia corso intanto alle prime istruzioni». Il 19 marzo fu inviato a Rocco 11 seguente t. 403/25 R.: «Nient'altro fino a nuovo ord·ine ~. (5) -Gruppo indecifrato.

(l) Con t. per corriere 1002/041 R. dell'B marzo, non pubblicato, Preziosi aveva riferito: «Mi risulta che questo ministro di Germania non ha nascosto al Ballplatz sua viva preoccupazione per convegno di Roma. Egli si sarebbe lasciato nnanco sfuggire che detto convegno,potendo sboccare in una stretta coHaborazione economica non solo fra Italia, Austria e Ungheria, ma anche fra questi Stati e quelli della Piccola Intesa, la Germania "sarebbe stata privata di ogni possibilità di espansione verso l'oriente"».

792

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, BONARELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1012/34-35 R. Bruxelles, 10 marzo 1934, ore 22,10 (per. ore 1 dell'11).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 33 (1). Conte Brocqueville, che ho avuto occasione vedere oggi mi ha detto essere estremamente lusingato per felicitazioni di V. E.

Non è senza pensare all'Italia fascista -egli ha aggiunto testualmente che ha pronunciato suo discorso, non avendo mai dimenticato suo ultimo colloquio con V. E. e profonda impressione ricevutane.

Consigli che l'Italia può dare al Belgio sono tanto meglio accetti in quanto scevri da interessi diretti; il che non si può dire dei consigli francesi, aventi spesso aria di ingiunzione, che il Belgio, gelosissimo sua indipendenza, non può in alcun modo sopportare.

Come egli ha confermato stamane al sovrano, Brocqueville mantiene intere sue vedute e convinzione che occorreva parlare chiaro a qualunque costo, non solo per svegliare opinione pubblica locale, ma anche per far capire alla Francia che qui non si intende seguirla ciecamente.

Acerbe critiche stampa estera ed interna non lo preoccupano, giacché egli preferisce -in deprecata ipotesi -cadere per aver peccato di sincerità che restare al potere illudendo suo paese.

Del resto stampa non rappresenta più -secondo il presidente del consiglio -né in Francia, né in Belgio, opinione strati profondi paesi.

Di fronte accuse giornali egli ha ricevuto centinaia di lettere di amici e conoscenti (tra cui numerosi avversari politici francesi) che caldeggiano in pieno sua tesi.

Confermando quanto telegrafavo ieri sera (2) presidente del consiglio mi ha confidato aver trovato Francia in situazione oltremodo oscura. Non solo Parigi, ma anche e più provincia, sarebbero profondamente turbate e scosse.

Alternarsi vertiginoso dei Governi al potere ha gravemente compromesso continuità politica e andamento cosa pubblica.

Stesso Doumergue, amico personale di Brocqueville, e, secondo questi, personalità indiscutibile, ma vecchio, stanco e uscente da periodo lunga inazione, ha confermato a Brocqueville suoi dubbi su possibilità restaurare tranquillità.

Quanto a Inghilterra anche colà, per contrasto fra stessi membri del Governo, situazione non sarebbe troppo chiara e comunque tradizionale lentezza a decidere del Governo potrebbe essere esiziale in questo momento.

t. -992/89 R. dello stesso 9 marzo:

<< Von Blilow mi ha informato che Hitler fece chiamare oggi ministro del Belgio e gli espresse sua viva soddisfazione per il discorso pronunciato dal conte Brocqueville che dimostrava come primo ministro belga avesse riconosciuto il buon diritto della Germania a rlarmare qualora Stati armati non disarmassero».

<<Mi risulta d'altra parte da ottima fonte che attitudine di Brocqueville sarebbe stata provocata dallo sconforto causatogli dallo scompiglio rilevato negli ambienti ufficiali francesi nel suo rec6ntissimo viaggio a Parigi».

60 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Invece presidente del consiglio non vede pericolo tedesco così grave e imminente come si vuole farlo apparire. Hitler -secondo mio interlocutore -ha tutto interesse a non muoversi

'

almeno per alcuni anni; si accontenterà di soddisfazioni di amor propnio che non si può negargli.

Alla fine del non breve colloquio presidente del consiglio mi ha pregato trasmettere a V. E. suoi più vivi ringraziamenti ed espressione sua speranza poterla incontrare nuovamente a Roma al principio dell'estate.

(l) -Con t. 368/33 R. del 9 marzo Suvich 'aveva invitato Bonarelli a far pervenire a Brocqueville le felicitazioni di Mussolini per il suo discorso. Cerruti aveva comunicato con

(2) Co!1 t. 996/32.33 R. del 9 marzo Bonarelli aveva comunicato:

793

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI SVIZZERA A ROMA, WAGNIERE

APPUNTO. Roma, 10 marzo 1934.

Ho convocato il signor Wagnière e gli ho comunicato che il Capo del Governo ha diretto a tutte le Prefetture escluse Roma, Firenze e Milano, l'ordine di non favorire la costituzione di Fasci svizzeri nelle rispettive provincie.

Per le città sopradette si sono date disposizioni alle autorità di sorvegliare i gruppi fascisti svizzeri esistenti per potere eventualmente intervenire nel caso che la loro attività turbasse i buoni rapporti esistenti fra i nostri due paesi.

Ho fatto anche capire al Ministro di Svizzera che si controllava in modo particolare l'attività del Fascio svizzero di Roma, dato che il Tomarkin, capo dello stesso, non è persona grata.

Il Ministro Wagnière mi prega di ringraziare il Capo del Governo per queste disposizioni e mi chiede se si può dare qualche pubblicità alla cosa. Lo scopo del suo Governo è quello di far sapere che il Governo fascista italiano non favorisce queste formazioni in Italia. Oggi succede invece che nelle riunioni di questi Fasci svizzeri si parla del Governo, del partito e dello stesso Capo del Governo italiano con eccessiva facilità.

Rispondo al Ministro che noi preferiamo non dare alla cosa nessuna pubblicità. Egli può tuttavia limitarsi a dare al Consigliere Motta gli affidamenti di cui sopra.

Il Ministro di Svizzera pensa che il Consigliere Motta potrà essere interpellato anche al Consiglio Federale sull'argomento, e chiede che cosa potrebbe rispondere in tale caso.

Gli osservo che il Consigliere Motta saprà trovare lui la risposta opportuna. Ad ogni modo potrà dire è sicuro che il Governo italiano non tollererà che i buoni rapporti tra i due paesi siano compromessi da iniziative delle colonie svizzere in Italia (l).

« Wagnière mi ha detto che V. E. gli aveva già fatto analoga comunicazione e che era rimasto anzi d'accordo con V. E. che il Governo svizzero, pur facendo un uso discreto di questa comunicazione ove fosse ad esempio stato interpellato alla Camera -avrebbe potuto rispondere che il Governo italiano non favoriva la formazione di Fasci svizzeri in

Italia •·

(l) In un appunto di Buti per Suvich del 13 marzo si legge:

794

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI

T. 372/28 R. Roma, 11 marzo 1934, ore 1.

A complemento di quanto è stato comunicato all'E. V. coi telegrammi n. 353 e n. 354 (l) circa le mie recenti visite a Vienna e a Budapest e il prossimo incontro di S. E. il Capo del Governo con Goemboes e Dollfuss, prego V. E. di tenere presente per sua norma di linguaggio personale che il memoriale danubiano del settembre scorso è per noi sempre vitale e che non prenderemo nessuna iniziativa che sia in contrasto con memoriale il quale prevede la collaborazione fra tutti gli Stati interessati. La Polonia viene quindi naturalmente a rientrare tra i paesi con i quali intendiamo collaborare per la restaurazione dell'Europa centrale e danubiana.

795

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1025/115 R. Buenos Aires, 12 marzo 1934, ore 14,35

(per.

ore

20,20).

Telegramma di V. E.

n.

69 {2).

Saavedra Lamas visibilmente commosso pregami trasmettere V. E. più grati sentimenti dell'Argentina e suoi personali. Firma adesione patto antibellico avrà luogo mercoledì 14 corrente.

796

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1027/34 R. Belgrado, 12 marzo 1934, ore 20,20 (per. ore 23,15).

Stefani trasmette riassunto discorso odierno Jeftic. Punti per noi maggiormente interessanti sono in extenso: Misurato e studiato nella forma, esso è orgoglioso e duro in fatto come

sembra deciso per i futuri propositi.

Pone nel massimo rilievo l'intesa balcanica che avra 1 suoi completi sviluppi (tutti sono elencati meno quello militare) come li hanno già avuti e li avrà più ancora la Piccola Intesa, per comprendere alla fine tutti gli Stati balcanici, anche cioè Bulgaria ed Albania.

(-2) Cfr. n. '189.

Il celato sottinteso dal quale si parte è l'Italia come non mancano precise punte alle nostre tesi politiche ponendo in risalto l'infrangersi del revisionismo contro la Piccola Intesa e l'insuccesso degli sforzi per una riforma della S.d.N. diretta ad assicurare una gerarchia di nazioni già delineata nel patto a quattro.

Mentre la minaccia contro la restaurazione absburgica colpisce a vuoto e sembra piuttosto soddisfare a preoccupazioni non jugoslave, la riserva sospettosa con la quale sono attesi risultati del convegno di Roma e l'essere stati rapporti con la Francia ricordati una volta sola, quasi per obbligata rima finale, sembra doversi collegare a quei rinnovati timori contro la politica francese per la recente decisa tendenza ad un riavvicinamento con noi che ho già segnalati.

(l) -Cfr. n. 767, nota l, p. 853 e 774.
797

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, Al CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

N. S. 2410 GAB. Roma, 12 marzo 1934.

Ti unisco qui copia di una lettera e di alcuni telegrammi che il Governo dell'Eritrea è riuscito abilmente ad intercettare all'Agente Etiopico residente all'Asmara.

Naturalmente è bene che tu legga prima i documenti e poi la lettera di accompagnamento di Astuto, ai di cui commenti mi associo.

Non te ne ho fatto fare copia e per non perdere tempo e, più, per non moltiplicare cartame, che, andando in giro, nuoce alla tanto necessaria segretezza. Perciò non ti sia discaro, quando avrai letto lettera di Astuto e documenti, di voler mi dare una telefonata perché io venga o li mandi a prendere; tienti, però, questa lettera di cui io fo copia; è bene, perché ad essa mi potrà essere necessario riferirmi nel futuro.

Indubbiamente il Tedla Nibiè è uomo di singolare abilità ed intuito. Io non ritengo convenga creare qualche incidente per attenerne l'allontanamento, sarebbe dargli troppa importanza.

Quanto a Ras Seium ti dirò che io avevo telegrafato ad Astuto di cercare di trattenerlo con qualche scusa all'Asmara; ma egli proprio oggi mi telegrafa che gli fu impossibile di stare 2 minuti solo con lui, perché l'Agente Etiopico gli fu sempre alle costole.

Io penso che per l'avvenire, qualora ci convenisse trattenere qualcuno da noi, si potrebbe ricorrere anche al mezzo di procurargli un male di ventre; sempre, s'intende, se il personaggio inclinasse dalla nostra parte. Non scordiamo mai che gli Etiopi sono dei barbari.

Io proseguo secondo le istruzioni da te datemi e nei termini di tempo stabiliti di concerto. Ma bisogna cominciare a lavorare positivamente nella entrante stagione delle piogge; lavorare in quella parte di preparazione per la quale la pioggia non conta.

Per questo occorre, anzitutto, assolutamente che il Ministero della Guerra non si fissi più sulla restituzione di materiali, la cessione od il pagamento di

altri. Io so che là si preoccupano della situazione Hl Patria e perciò sono tenaci nel non mollare. Ma bisogna decidersi: o si deve marciare e allora al Ministero della Guerra devono pensare a noi; o non si deve marciare e allora è inutile lavorare per uno scopo, il quale, in tal senso, non sarebbe più ben definito.

Noi per la stagione combattiva nov. 34-aprile 35 dobbiamo essere in piena efficienza per il programma difensivo; deve occorrere solo il «la» per la mobilitazione e radunata. Se, come credo, gli Abissini non si muoveranno, occorre continuare la preparazione per creare l'incidente provocatore in modo da indurii all'offensiva ed essere noi preparati in tutto, per tutto, per la controffensiva.

Così non dovrebbe essere necessario di fare una pratica col Ministero delle Finanze (come si è dovuta fare) per il richiamo, a scopo di istruzione, di

n. 10 (dieci) ufficiali di artiglieria residenti in colonia.

Caro Capo del Governo bisogna prendere la decisione che tutta questa questione, in tutti i lati che la può interessare, deve avere una sola direttiva: la tua. Tu sai di avere in me il più sicuro coadiutore e non puoi figurarti con che gioia io mi assuma la grave responsabilità che tu ti sei compiaciuto di affidarmi. Sarà il mio canto del cigno e non può essere che il canto di un cigno con I'« elmo in testa e in man l'acciar ».

Un'altra cosa. Gli Este1ri ad una mia richiesta di far completare le ottime notizie date dal nostro Addetto Militare, con altre da raccogliere dai suoi agenti consolari ha risposto che non ha fondi. Dice che li dovrebbe dare o la Guerra

o le Colonie. Presidente, io quei pochi che ho li spendo tutti e bene; prove le informazioni qui annesse.

(l) Da ASMA!.

798

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, E AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, E A PRAGA, ROCCO

T. 382 R. Roma, 13 marzo 1934, ore 24.

Viene segnalata intenzione Governo tedesco concludere accordi con Piccola Intesa iniziando fin d'ora negoziati con Jugoslavia per nuovo trattato commercio. Delegazione per questi negoziati verrebbe composta con personalità eminenti in relazione all'importanza che Governo tedesco attribuisce al fattore jugoslavo per prossimi sviluppi sua politica Europa danubiano-balcanica.

Ministro jugoslavo a Berlino partirebbe subito per Belgrado. Ministro cecoslovacco sarebbe partito per Praga. Prego seguire e riferire urgenza al riguardo (l).

zione concludere accordi con tutti gli Stati confinanti...

Espresse intenzione di stipulare patti di non aggressione anche con Jugoslavia...

Quanto al negoziato commerciale con Jugoslavia confermo che esso sta per iniziarsi a

Belgrado. Delegazione tedesca non è affatto composta da personalità eminenti, ma solo da funzionari del vari dicasteri di rango non superiore a quello nostro di direttore generale».

(l) Cerruti rispose con t. 1055/95 R. del 14 marzo di cui si pubblicano i brani seguenti:«Hitler dichiarò ripetutamente a riprova delle sue intenzioni pacifiche di avere inten

799

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T.2308/26 P. R. Roma, 13 marzo 1934 (1).

Discorso Jeftic (2) non facilita avvicinamento fra nostri paesi. Trovi modo far conoscere questa mia impressione.

800

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1070/023 R. Belgrado, 13 marzo 1934 (per. il 15).

È estremamente difficile precisare i termini delle comunicazioni fatte da Spalajkovich (si è fermato soltanto due giorni a Belgrado) dopo i colloqui da lui avuti a Parigi con Doumergue, Barthou, Tardieu ed Herriot, i quali alla loro volta avevano le prime informazioni dei colloqui di Chambrun con S. E. il Capo del Governo e con S. E. Suvich.

Ma da quanto ho potuto apprendere sia da un breve scambio di frasi avuto ieri con Jeftic, sia da altre confidenze di questo ministro di Polonia, dovrei, pur con le dovute riserve, comprendere nel quadro seguente la missione qui compiuta da Spalajkovich ed a seguito della quale la linea di condotta del Governo jugoslavo sembrerebbe subire una evoluzione ed essere costretta ad atteggiamento che deve essere tenuto presente per ogni eventualità futura.

Sono noti i timori costanti di Belgrado e che si sono rinnovati anche in occasione delle recenti manifestazioni francesi favorevoli ad una piena intesa con l'Italia che seguono alla nostra azione in Austria. Li ho fatti presente a V. E. col mio telegramma per corriere n. 22 del 10 corrente (3).

Ma se a Belgrado si sono subito nutrite queste inquietudini e con ogni evidenza, a Parigi sarebbero sorte le reciproche, cioè la preoccupazione, che come la Polonia, così anche la Jugoslavia potesse difendere in modo diretto i suoi interessi sottraendosi alla tutela francese e della Piccola Intesa per accorda,rsi con l'Italia. La comunicazione fatta da S. E. Aloisi a Ducich il 22 febbraio

«Attuale attenzione Governo jugos'avo, dalla preoccupazione per lo svolgersi degli avvenimenti austriaci con il passeggero allarme per la eventuale restaurazione degli Asburgo, insieme alla potenziale minaccia che esso credeva fino a qualche giorno fa intravvcdere nell'attività italiana in Austria ed Ungheria, si è portata interamente sulla rapida evoluzione della politica francese che secondo le concordi informazioni di stampa mirerebbero ad un rapido e completo riavvicinamento con Roma...

Oggi i timori sono per un accordo italo-irancese che riconosca all'Italia una sua decisiva preminenza ed influenza nelle questioni danubiane. La Jugoslavia verrebbe ad essere quella carta del giuoco francese che Parigi getta per ottenere una più precisa solidarietà italiana contro l'imperialismo germanico. Perciò preoccupazione, non ammes3a ed ancor meno confessata, ma evidente in ogni sintomo, di essere sacrificati all'Italia».

u.s. è stata subito conosciuta non solo a Pa.rigi ma anche a Praga e Bucarest, ed è da quest'ultima capitale che sarebbero partiti verso Parigi e contro Belgrado i segnali di allarme più forti. E da Bucarest sono venute anche insinuazioni velenose contro la sincerità italiana che mirerebbe, con l'accordarsi a Belgrado, a minare la Piccola Intesa. Così questo ministro di Rumenia, Guranescu, in questi ultimi giorni si è agitato ed ha intrigato nel modo più incomposto, non risparmiando nessuna malevolenza contro il nostro paese.

La missione Spalajkovich se di fronte al Governo jugoslavo ha avuto il fine di assicurare che Parigi non giuocherebbe mai la carte jugoslava per meglio assicurarsi l'amicizia italiana in vista di una difesa germanica, rispetto agli interessi francesi ha avuto quindi il fine preciso di far conosce.r~ a Belgrado che se dopo l'incontro di Roma e dopo gli accordi sia economici che politici che ne potranno derivare (ma qui si fa correre anche la voce che l'Ungheria mostrerebbe qualche irritazione per una trascuranza italiana delle sue immediate pretese revisioniste, mentre la Germania avrebbe minacciata la rottura di negoziati commerciali con Budapest ove si accedesse al-le proposte italiane) l'Italia dovesse cercare un ulteriore accordo con Belgrado, la Jugoslavia non potrà accettarlo che quando abbia la certezza che esso si estenda a tutta la Piccola Intesa e che della più ampia intesa che dovrebbe comprendere l'Austria, Ungheria colla Piccola Intesa, l'Italia non abbia ad essere la sola grande potenza garante, ma debba ad essa partecipare in uguaJ posizione la Francia.

Le assicurazioni che questo Governo avrebbe dato attraverso Spalajkovich sarebbero che esso non accetterebbe mai di essere quarto membro di una combinazione comrp.rendente Italia, Austria, Ungheria, che alle condizioni di avere con sé le altre potenze della Piccola Intesa e col pieno accordo della Francia.

La estensione data a tutto quanto riguarda la Piccola Intesa ed alla Intesa Balcanica nel discorso pronunciato da Jeftich doveva quindi essere una pubblica solenne dichiarazione di fedeltà alla Piccola Intesa come di fiducia nello sviluppo della Intesa Balcanica, e ciò per meglio marcare una sua posizione di riserva rispetto alle conclusioni del convegno di Roma ed ai successivi sviluppi della politica italiana.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Cfr. n. 796. (3) -T. per corriere 1021/022 R. di cui si pubblicano i brani seguenti:
801

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5094/023 P. G. Praga, 13 marzo 1934.

Ho segnalato a mezzo del servizio telegrafico Stefani le impressioni ed i commenti di questa stampa all'attuale momento politico centro-europeo caratterizzato dalla visita a V. E. dei Capi di Governo d'Austria e d'Ungheria.

Coi telegrammi filo nn. 38 e 39 Cl) ho riferito a V. E. i termini e la portata della mia conversazione dell'8 marzo con questo Ministro degli Affari Esteri, anche in relazione ai telegrammi di V. E. nn. 354/C e 17 del 5 e 8 corrente (2).

Mentre le conversazioni di Roma Sl 1mzmno, posso ricapitolare come segue la situazione quale appare in questa capitale:

l) L'evoluzione di Benes e della politica cecoslovacca nel senso di un orientamento verso l'attuale fase impressa dalla politica dell'Italia ai problemi austriaco e danubiano è fortemente orientata verso una ostentata volontà di collaborazione.

2) I limiti di questa volontà di collaborazione sono evidentemente determinati dai vitali interessi cecoslovacchi, così in linea politica come in linea economica.

Riserve concernenti tali limiti non si sono ancora manifestate che in forma vaga, ma esse sono da tener presenti per non attendersi troppo dall'evoluzione cecoslovacca e dalla sua sincerità.

3) L'ondata di buona volontà verso l'Italia impressa da Benes alla politica cecoslovacca è da attribuire soprattutto al precisarsi del programma italiano ed alla esclusione da esso delle possibilità che più preoccupavano questo paese, vale a dire: Absburgo, unione austro-ungarica, blocco itala-austro-ungarico, nonché alle buone disposizioni dell'Italia per allargare la collaborazione ai Paesi della Piccola Intesa anziché escluderli e prendere posizione contro di essi.

4) La polemica antirevisionista è messa pel momento a tacere; ma questo non significa che le resistenze contro la revisione siano diminuite.

Se sondaggi su tale problema potranno esser fatti, in considerazione della nuova atmosfera che potrebbe -forse -determinare, in un secondo tempo, una qualche distensione della politica di blocco della Piccola Intesa, occorre che ciò avvenga esclusivamente e nella maniera più riservata, al di fuori da ogni pubblica discussione, che comprometterebbe immediatameente ogni possibilità di risultati non che di esame della questione.

5) La solidarietà della Piccola Intesa non viene esibita oltre misura. Mi si conferma peraltro l'esistenza di segni di germanofilia della Jugoslavia e della Romania, che conviene tener d'occhio in vista dell'influenza che loro eventuali sviluppi potrebbero avere sui sentimenti cecoslovacchi.

6) L'ulteriore atteggiamento della Francia rimane un elemento capace di influenzare quello della Cecoslovacchia. Il mio collega di Francia sembra ritenere che con Chambrun sia stato raggiunto una specie di accordo di massima per una comune politica delle due Potenze di fronte alla questione dell'Anschluss e della sistemazione dei problemi danubiani. Questa convinzione, non ancora corroborata da precise istruzioni parigine sulla conferenza avuta da Chambrun al Quai d'Orsay, non è forse estranea all'atteggiamento di Benes.

7) L'opinione corrente è tuttora molto perplessa e preoccupata sulla capacità di resistenza dell'Austria all'Anschluss. Per quanto Benes mi abbia manifestato la sua decisa volontà di cooperare, per suo conto, a soluzioni che non abbiano carattere ed impronta antigermanica, è visibile la tendenza della politica cecoslovacca alla costituzione di un fronte europeo contro la Germania. Quando ho chiesto a Benes se egli credesse realmente alla possibilità di trovare, allo stato delle cose, soluzioni politiche del problema austriaco suscettibili di avere un'adesione della Germania, egli mi ha risposto che la Germania accetterà quello che non potrà impedire: vale a dire cederà al prevalere di una forza ineluttabile.

Il mio collega britannico è molto scettico e pessimista; ed in tal senso presumo che abbia informato il suo Governo. In poche parole il suo concetto è che l'assetto dato dai trattati all'Europa danubiana è gravemente erroneo, e che tutti i ripieghi e rimedii di ordine economico o temporaneo non sono destinati a sanare la situazione fino a quando le frontiere resteranno quelle che sono, con le loro conseguenze di adii e rancori profondi e di persistente malessere morale ed economico; che l'Anschluss non potrà essere evitato se non con misure di estrema energia che è peraltro difficile precisare quali possano essere; e che, per conseguenza, l'avvenire in questo settore europeo è oltremodo incerto e minaccioso.

(Le indicazioni di Sir Joseph Addison mi sono state date a titolo strettamente personale e confidenziale).

Come ho segnalato col telegramma n. 38, Benes farà al principio della settimana prossima il suo esposto alle Commissioni parlamentari degli Affari Esteri. Dalle sue dichiarazioni potranno probabilmente emergere ulteriori elementi di chiarimento della situazione.

(l) -Cfr. nn. 784 e 790. (2) -Cfr. nn. 774 e 780.
802

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GoMBoS

APPUNTO. Roma, 13 marzo 1934 {1).

Sulla questione dell'Austria il Presidente Gombèis esprime il giudizio che sia urgente l'applicazione da parte di Dollfuss di un programma che abbia un contenuto ideale costruttivo tanto nel campo politico che nel campo sociale. In tal modo egli potrà attirare a sé le masse oggi disorientate che seguivano i capi socialisti. Inoltre bisogna rinforzare l'esercito austriaco. Egli ritiene che nella capitale oggi il Governo non abbia a disposizione più di un battaglione. Nel bilancio austriaco le spese per l'esercito sono assolutamente irrisorie.

Il Capo del Governo concorda.

Gombèis ha qualche dubbio sull'armonia esistente fra Dollfuss Fey e Starhemberg. La situazione dei tre comunque è un problema non ancora risolto.

Suvich osserva che a Vienna ha avuto occasione di parlare di questo delicato argomento con tutte e tre le personalità indicate e che ha tratto l'impressione che in questo momento ci sia veramente una sincera e leale collaborazione.

Gi:imbi:is ritiene che sia da prendere in seria considerazione una proposta a cui si è accennato recentemente, quella cioè di elevare Starhemberg alla posizione di Capo dello Stato;

Il Capo del Governo vede con simpatia tale eventualità.

Per quanto riguarda la posizione dell'Ungheria nei riguardi del problema austriaco, Gi:imbi:is la riassume nei termini seguenti: l'Ungheria ha interesse a che l'Austria rimanga indipendente. Non è nell'interesse dell'Ungheria di confinare con la Germania dato anche che in Ungheria vivono 500 mila tedeschi che possono subire l'influenza di Berlino. Egli ha avuto anche recentemente occasione di scrivere a Hitler facendogli presente che la politica nel Bacino dei Carpazi la vuole fare lui e che sebbene egli abbia simpatia per i tedeschi al di là della Leitha, non vede con favore una loro attività politica al di qua di questo fiume. C'è anche la considerazione che molti cittadini ungheresi sono orientati mentalmente in senso germanico; tradizioni, cultura influenza diretta del Reich. L'Austria perciò deve rimanere indipendente e lo può se Dollfuss riesce a dare al suo Paese l'impressione di essere, sebbene tedesco, una nazione a sé.

Venendo a parlare dell'Ungheria, Gi:imbi:is dice che la situazione interna è buona; però il partito della sua maggioranza non è per nulla omogeneo: è il partito creato a suo tempo da Bethlen, il quale si era preoccupato soltanto di raccogliere dei voti senza selezionare la maggioranza dal lato politico.

Gi:imbi:is vuole creare un nucleo più omogeneo e più compatto che segua e senta la politica nazionale che egli conduce. Egli pensa anche ad un frazionamento del latifondo. Questa preparazione ha dato origine a qualche diffidenza nei suoi riguardi anche da parte del reggente ma la situazione si è chiarita nel modo più felice. Terminata la preparazione politica del Paese nel senso sopradetto, egli intende di indire le elezioni anche prima della scadenza della legislatura del 1935.

Il Capo del Governo ritiene che sia un buon metodo per il successo, quello di affrettare la preparazione politica e indire poi improvvisamente le elezioni.

Per quanto riguarda il problema legittimista, Gi:imbi:is osserva che lo stesso gli dà qualche preoccupazione. Egli è decisamente contrario alla restaurazione absburgica.

Il Capo del Governo riafferma la sua contrarietà al problema absburgico. Osserva però che il problema non è risolto. C'è anzi un equivoco che prima o poi bisognerà chiarire: quello di dire che la questione non è d'attualità. Questa formula può anche alimentare le speranze dei legittimisti.

Gombi:is lo riconosce. Egli avrebbe voluto liquidare la questione della dinastia absburgica fin dall'epoca del putsch » dell'Imperatore Carlo. La questione invece è stata mantenuta aperta. Per ora la situazione è ottima perché il Reggente risponde perfettamente. Certo bisogna preoccuparci di un possibile successore. Chi ha molte aspirazioni e potrebbe avere anche un largo consenso è l'Arciduca Giuseppe; ci sono però degli inconvenienti di indole famigliare e poi egli non ha una goccia di sangue ungherese. Principi ungheresi che potrebbero aspirare non ce ne sono. I tedeschi è meglio tenerli lontani. Egli ha pensato a qualche principe italiano che dovrebbe sposare una ungherese, conoscere la lingua ed essere in perfetta salute.

Giimbiis aveva pensato qualche momento che Horty stesso potesse diventare un monarca, ma Horty non pare favorevole a questo progetto. Comunque l'Ungheria deve rimanere regno perché tutte le tradizioni nazionali sono legate alla Corona di Santo Stefano.

Il Capo del Governo chiede quali siano le prospettive legittimiste in Austria.

Giimbiis ritiene che Dollfuss sia in fondo legittimista, sebbene egli, prendendo in prestito la frase usata in Ungheria, affermi che la questione della restaurazione non è attuale. Fey è decisamente legato alla Casa di Asburgo (è Cavaliere dell'Ordine di Maria Teresa). Starhemberg pareva contrario ma ora anche lui si è « rallié » al legittimismo.

Il Capo del Governo concorda. Chiede a Giimbiis se egli ad ogni modo escluda qualsiasi rapporto fra la questione monarchica ungherese e una eventuale questione per la Monarchia in Austria.

Giimbiis esclude. Non vuole costituire la situazione antecedente di una dipendenza di Budapest da Vienna (1).

(l) La data sulla copia che si pubblica è 12 marzo ma il colloquio ebbe certamente luogo Il 13. Cfr. l'accenno in ALorsr, Journal, cit.. p. 182. Anche il verbale redatto da G6mbos reca la data 13 marzo (ed. in Allianz Hitler-Horthy-Mussolini, cit., pp. 115-117.

803

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1045/35 R. Belgrado, 14 marzo 1934, ore 12,50 (per. ore 16,15).

Telegramma di V. E. n. 27 del 13 corrente (2).

Già in occasione nostre trattative commerciali avvertito ripetutamente che se non si fosse trovato modo comporre rispettivi interessi, accogliendo qualche richiesta della Jugoslavia che in cambio sarebbe stata disposta concedere agevolazioni per nostre importazioni industriali, questa avrebbe rafforzato programma economico Piccola Intesa, si sarebbe rivolta al mercato germanico.

Con rapporto n. 306 del 26 febbraio u s., <3) nel comunicare prossimo inizio negoziati commerciali tedesco-jugoslavi, ho segnalato grande probabilità essi giungessero a stabilire un accordo preferenziale, valendosi delle varie circostanze positive e negative favorevoli a questo programma.

È esatto che Baludjich sia atteso da un momento all'altro e la delegazione arriva domani.

È numerosa e importante.

È difficile a me confermare se attraverso Jugoslavia si vuole attuare un programma per tutta la Piccola Intesa, ma ho riferito in numerosi miei rapporti, anche recentemente, quali siano tendenze politiche germaniche verso Jugoslavia e le forze che alimentano in Jugoslavia simpatie verso Berlino, simpatie che soltanto in certe eventuali determinate condizioni, non del tutto mature, potrebbero sboccare anche in accordi politici.

Seguirò con ogni attenzione e riferirò.

(l} Comunicato a Vienna e Budapest con telespr. 209568/C del 22 marzo.

(2) -Cfr. n. 798, inviato a Belgrado con numero di protocollo particolare 27. (3) -Non pubblicato.
804

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, DOLLFUSS

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1934.

Il Capo del Governo felicita il Cancelliere per la liquidazione della socialdemocrazia in Austria e gli chiede quale sia ora l'atteggiamento delle masse già appartenenti al partito social-democratico Cl).

Il Cancelliere risponde che l'atteggiamento di queste masse è per ora di attesa sopratutto con riguardo alla riforma politica e sociale interna preannunciata. Il Cancelliere si preoccupa perciò molto di dare una adeguata rappresentanza alle forze lavorative con un nuovo sistema che egli sta predisponendo.

Su domanda del Capo del Governo egli espone le linee generali della nuova costituzione. Egli intende sciogliere tutti i partiti e mettere a base della organizzazione politica interna sociale dello Stato, le Corporazioni. Queste Corporazioni rappresenteranno raggruppamenti degli Stati secondo categorie di interessi. Egli pensa per ora alle seguenti corporazioni: Agricoltura, Industria, Artigianato, Trasporti, Crediti, Professioni liberali.

Queste Corporazioni sboccheranno poi nel Consiglio Economico che dovrà essere quello che si occupa dello studio e della preparazione della legislazione in materia economica. Nelle Corporazioni egli distingue tre gruppi di attività: la politica della produzione in cui intende dare una maggioranza ai datori di lavoro, la politica del lavoro in cui intende dare una maggioranza ai rappresentanti delle classi lavoratrici e i rapporti della produzione fra capitale e lavoro in cui intende dare agli uni e agli altri una rappresentanza paritetica. Deciderà un Presidente, nominato dal Governo, il quale non deve apparire come arbitro per cercare dei compromessi, ma deve piuttosto, sentite le due Parti, -quando ci siano dei conflitti -decidere a favore dell'uno o dell'altro.

Accanto al Consiglio economico che come si è detto ha la sua parte nelle Corporazioni, ci saranno altri tre Consigli: il Consiglio Culturale (scuole, istituti, musei, ecc.), il Consiglio dei Lander e il Consiglio di Stato.

I quattro Consigli assieme si riuniscono nel Burgstadt al quale soltanto è riservata la facoltà di legiferare. Questo potere legislativo però consiste nella facoltà di accettare o respingere la legge senza portarvi delle modificazioni. La procedura sarebbe la seguente:

I quattro Consigli, ciascuno per la propria competenza redigono il progetto di legge che passa poi al Burgstadt per l'approvazione. Solo il Governo ha la possibilità di apportare delle modificazioni; se il progetto non è approvato ritorna al Consiglio rispettivo per una nuova redazione.

Non è ancora definita -ha fatto oggetto di discussione all'ultimo Consiglio -la procedura per la nomina delle supreme cariche dello Stato. L'idea

sarebbe di fare indicare dal Burgstadt una terna per la nomina del Presidente della Federazione. L'elezione sarebbe rimessa ad una assemblea di tutti i Sindaci dell'Austria (circa 4.500); per il Governo la designazione sarebbe fatta dal Consiglio di Stato e la nomina dal Presidente.

Il Capo del Governo chiede al Cancelliere Dollfuss quale sia l'attuale stadio e quali le previsioni per i rapporti con la Germania.

Il Cancelliere risponde che in questo riguardo la sua posizione è netta e definita. Egli non intende trattare con intermediari, ma se mai soltanto col Governo. Una détente delle relazioni col Reich non può avvenire che sulla base di un completo e assoluto disinteresse della Germania per quelle che sono le condizioni interne dell'Austria. Il Cancelliere non esclude di prendere in tempo successivo nel Governo di sua propria iniziativa qualcuni dei Nazi austriaci che abbia fatto dichiarazione di adesione al principio dell'ndipendenza dell'Austria e al nuovo regime che egli sta instaurando.

Il Capo del Governo chiede quale sia la posizione del nazional-socialista dissidente Riehl. Il Cancelliere risponde che personalmente lo ritiene una persona a posto, ma ha l'impressione che in paese non abbia seguito.

Rigua~do i rapporti di carattere esterno che potranno stabilirsi con la Germania il Cancelliere vuole fare una dichiarazione molto esplicita: egli non ammette una amicizia tedesco-austriaca se non innestata sul sistema di un'amicizia austro-italiana. L'amicizia fra l'Austria e la Germania senza l'intervento dell'Italia vorrebbe dire l'assorbimento dell'Austria da parte della Germania.

Il Cancelliere considera quindi che l'amicizia con l'Italia è il pegno della esistenza indipendente del suo paese. Gli è grato di riconoscere che è stato anche questa volta l'aiuto dell'Italia che ha permesso all'Austria di superare la gravissima crisi passata e di conservare la propria indipendenza.

In relazione con questa necessità di rendere sempre più intima l'amicizia austro-italiana, il Cancelliere si permette di ritornare su un argomento già altre volte accennato, quello dell'insegnamento privato nell'Alto Adige. Egli pensa che qualche concessione da parte nostra in tale campo potrebbe servire anche a controbattere la propaganda nazista che in quella regione, a quanto sa, è condotta piuttosto intensamente. Bisognerebbe naturalmente che la concessione apparisse fatta nel quadro dell'amicizia itala-austriaca.

Il Capo del Governo non si oppone in massima e delle concessioni sull'istruzione privata; vorrebbe conoscere in modo più preciso le richieste del Cancelliere Dollfuss.

ll Cancelliere si riserva di fare avere un appunto (1).

«Una solida alìeanza politica ed economica tra l'Italia, l'Austria e l'Ungheria, alla quale l'Italia spera pure di poter far aderire l'Albania e la Bulgaria, dovrebbe servire di contrappeso alla Piccola Intesa, che fa parte del scst:,ma di alleanze francEsi ed a separare la Cecoslovacchia dalla Jugoslavia nonché ad accerchiare la Jugoslavia..

Il ripristino di una monarchia degli Absburgo sotto l'egida dell'Italia può Ess2re uno del piani deìla politica italiana... Ma quanò.o un Absburgo sarà a Budapest cd a Vienna regnante, le forze dell'Austria sararn:o ~;:1cs.3e 8-ì. servizio delle tendenze revisioniste dell'Ungheria».

(l) Al colloquio era presente Suvich che redasse il presente appunto.

(l) Si pubblicano i seguenti passi di una relazione anonima datata Vienna 12 marzo su un intervento del socialdemocratico Otto Bauer alla Seconda Internazionale sulla quale in margine Mussolini ha annotato: «Notevole»:

805

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCié

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1934.

L'ho convocato per dirgli che il Governo italiano accoglie la richiesta del Governo jugoslavo relativa all'allontanamento da Zara dell'agitatore jugoslavo Erkan.

Ho aggiunto che se ero lieto di comunicargli questa prova della buona volontà del Governo italiano nel venire incontro ai desiderata jugoslavi, ero in pari tempo dolente di dovergli far conoscere il disappunto provato a Roma pel discorso tenuto da Jeftic avantieri alla Scupcina (1), che è apparso tanto più inopportuno in quanto era il primo discorso politico che il Ministro jugoslavo faceva in pubblico a soli pochi giorni da che gli erano pervenute le importanti comunicazioni del Capo del Governo.

Ducic, nel ringraziare della concessione relativa all'allontanamento di Brkan, mi ha chiesto di attendere che egli ricevesse il testo integrale del discorso di Jeftic prima di ritornare meco sull'argomento. Intanto mi ha promesso di telegrafare a Belgrado quanto gli avevo detto circa il disappunto con cui esso era stato accolto a Roma·.

806

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DI UNGHERIA A PRAGA, WETTSTEIN

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1934.

Il Ministro di Ungheria a Praga riferisce che Benès ha esternato al nostro ministro a Praga il desiderio della Cecoslovacchia di riprendere i negoziati economici con l'Austria.

Una analoga avance fu fatta ora è qualche tempo da Benès anche all'Ungheria, ma essa rimase senza risultato. Con l'Austria invece le trattative sembra che siano già incominciate. Il Governo ungherese crede sapere che il Ministro austriaco Wildner sia attualmente già a Praga a tale scopo.

Quanto alle proposte fatte all'Ungheria, il Ministro mi ha precisato che nel mese di gennaio Benès trattò con lui questo argomento aggiungendo che presto avrebbe fatto pervenire al Governo ungherese una sua proposta formale. Il Ministro rispose assicurandolo che in principio l'Ungheria era ben disposta ad entrare in trattative e che sarebbe rimasto in attesa della proposta promessa formale. Questa però non è mai pervenuta malgrado che il Governo ungherese

abbia avvertito quello cecoslovacco, attraverso il tramite della sua Legazione a Praga, di essere tuttora in attesa dell'invito. Il Ministro di Ungheria ha commentato dicendo esse["e evidente che Benès vuol trattare con l'Austria, ma non con l'Ungheria. In questo, come in altri episodi del passato, l'Ungheria rivela iJ suo malumore ogni qualvolta si hanno accenni a contatti con la Piccola Intesa.

(l) Cfr. n. 796.

807

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, ASTUTO, AL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO (l)

R. s. 254. Asmara, 14 marzo 1934.

Ho l'onore di accusare ricevuta della lettera di V. E. in data 2 corrente

n. 2360 G. (2). La opportunità di una détente con l'Abissinia è ovvia. Come ho spiegato nei miei precedenti rapporti, il clima politico regnante

in Addis Abeba nei nostri riguardi è caratterizzato più che da sospetto, da vera paura. Non credo che Tafari e i suoi consiglieri nutrano intenzioni aggressive.

Ma una situazione simile, se duri a lungo, può forzare la mano a quelli che dovrebbero dirigerla e padroneggiarla. Come si sono visti uomini suicidarsi per paura della morte, così potrebbe l'Abissinia gettarsi a capo fitto in una avventura guerresca proprio per la paura di una nostra aggressione.

È chiaro invece che noi -nei riguardi dell'Abissinia -dobbiamo conservare la piena libertà dell'iniziativa, quale che essa debba essere.

Se è però nel nostro interesse che questo stato di cose o di animo cessi o almeno diminuisca, confesso che mi appare assai difficile raggiungere questo risultato.

Le ragioni della situazione creatasi (a parte quelle che possano essere le influenze stranier.;) sono princi:palmente due: una imminente ed una contingente.

Quella immanente può esprimersi con questi due fatti storici, dei quali noi stessi a volte non vediamo tutta l'importanza nei riguardi degli altri: Vittorio Veneto e Marcia su Roma.

Dopo Adua, l'Abissinia non ha mai creduto alla nostra amicizia; sì ha creduto alla nostra incapacità a prenderei la rivincita ed a continuare e completare il programma coloniale, iniziato con lo sbarco a Massaua. Possiamo noi pretendere che l'Abissinia seguiti a credere lo stesso dell'Italia che ha distrutto uno dei più grandi Stati militari del mondo e che poi con il Regime Fascista è divenuta una sola arma nella mano salda di un solo Uomo?

Ma il nostro trattato con l'Abissinia? Signor Ministro, prima di Vittorio Veneto sarebbe stato ritenuto una conferma della nostra incapacità; stipulato dall'Italia Vittoriosa e Fascista è stato ritenuto soltanto una macchiavellica finezza. Esso inoltre, come V. E. sa, è servito a Tafari per rafforzarsi nell'interno del paese.

La ragione contingente deve ravvisarsi nella nostra preparazione militare, preparazione che -per una parte almeno -non può essere nascosta, sopratutto ad un popolo come l'Abissinia, che di cose militari se ne intende.

Per abolire questa ragione di paura da parte dell'Abissinia non avremmo che una sola via: sospendere la nostra preparazione militare. E ciò è -naturalmente -impossibile.

Non rimane allora che seguire le direttive politiche indicate da V. E. Queste direttive non aboliranno i sospetti abissini; probabilmente non li diminuiranno neppure: ma toglieranno ogni appiglio di protesta da parte dell'Etiopia e la metteranno anzi nei nostri riguardi sempre e completamente nel torto.

Posso assicurare V. E. che tali del resto sono le direttive seguite da questo Governo, dopo che -tredici mesi fa -io ebbi a Roma da S. E. il Capo del Governo e da V. E. istruzioni da evitare ·-nei rapporti fra Eritrea e Abissinia ogni possibile occasione di attrito.

Posso confermare a V. E. quello che chiaramente risulta dai notiziari politici, e cioè che la situazione confinaria -dall'estrema Dancalia fino a Umm Hager -è perfettamente tranquilla. Da mesi non si è sparato nel confine un colpo di fucile.

In occasione del passaggio del Ras Seium per l'Eritrea io ho tenuto a marcare che le cortesie a lui usate erano rivolte sopratutto al Governo Etiopico, da lui rappresentato e vi ho sempre incluso l'Agente etiopico di Asmara, pur conoscendo bene quali fossero i rapporti fra i due.

Approfittando dell'educazione semi-europea di Ligg Tedla e di sua moglie, ho iniziato con loro da parte mia e dei miei relazioni personali, della quali ho visto che essi sono certamente lusingati.

Ma Ligg Tedla è uomo intelligente, e inoltre la sua pseudo-educazione e pseudo-coltura europea si sono svolte su linee nettamente anti italiane.

Una politica di quasi condiscendenza, il mostrarci quasi remissivi, non può oramai più compromettere o intaccare la nostra dignità. Noi oramai siamo temuti: non possiamo essere disprezzati.

Ma -appunto per questo -una simile condotta da parte nostra non farà mai dimenticare ai dirigenti etiopici che essi hanno un grave conto da saldare -un ingente «prezzo del sangue» da pagare ad una grande Potenza vittoriosa e giustamente sicura di sé e che questa Potenza sta facendo -sui loro confini -apparecchi militari, che la loro immaginazione di popolo orientale, primitivo ed incivile accresce enormemente.

Quello che è avvenuto in Libia, la relativa facilità e sopratutto la inflessibilità con cui l'Italia Fascista ha schiacciato una rivolta, della quale in Abissinia -se non altro per bocca dei numerosi ascari di fuori confine (e gli Abissini sono buoni giudici delle situazioni politico-militari!) -si conosceva benissimo la gravità: è un argomento che non va trascurato.

Quando pacificata la Cirenaica, numerosi congedati tornarono in Eritrea, essi dissero al mercato di Asmara (e moltissimi erano di fuori confine): la guerra in Libia è finita, adesso incomincerà quella in Abissinia.

Nonostante queste considerazioni che ho creduto doveroso di fare, o meglio di riconfermare, anzi appunto per esse, io vedo tutta l'importanza delle istruzioni impartite da V. E. con la lettera cui rispondo e farò quanto è possibile per applicarle nel modo migliore.

(l) -Da ASMAI. (2) -Clr. n. 768, allegato.
808

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 1109/077 R. Berlino, 15 marzo 1934 (1).

Durante il colloquio avuto ieri col segretario di Stato von B'iilow, dopo avere parlato dei lavori preparatori della conferenza navale del prossimo anno (mio telespresso odierno n. 1123/442) (2) il mio interlocutore mi disse che aveva avuto occasione di pranzare poche sere or sono in casa del nuovo comandante della Reichswehr, generale barone von Fritsch, insieme col ministro della Reichswehr, generale von Blomberg, col comandante della marina, ammiraglio Raeder, e con i vari altri generali ed ammiragli. Dopo il pranzo, pur essendosi evitato con cura di trattare argomenti politici, la conversazione si era svolta sopra le relazioni esistenti fra l'esercito e la marina del Reich e quelle degli altri Paesi. Egli aveva avuto in tale occasione modo di constatare la vivissima simpatia che tanto gli ufficiali di terra che quelli di mare nutrivano per i loro colleghi italiani, di cui avevano lodato incondizionatamente lo spirito di cameratismo, la larghezza di vedute e la prontezza di comprensione.

Ho ringraziato il signor von Btilow di tale cortese comunicazione la quale non faceva che confermare le mie impressioni. Avevo infatti avuto frequenti occasioni di constatare io stesso come i contatti dei nostri ufficiali dell'esercito e della marina con i loro colleghi tedeschi fossero costantemente improntati a grande cordialità e come si creassero fra di loro subito vincoli di reciproca simpatia.

Le cose dettemi dal signor von Biilow mi sono parse particolarmente sintomatiche in questo momento. Esse mi sembrano infatti una conferma della mia impressione più volte segnalata all'E. V. che la politica della Reichswehr nella questione austriaca si distanzi notevolmente da quella seguita dal partito nazionalsocialista. Il fatto poi che il signor von Biilow abbia voluto parlarmi in tal modo potrebbe anche essere una prova che l'Auswartiges Amt -di cui il segretario di Stato è intellettualmente e politicamente l'esponente maggiore -non vede malvolentieri certi atteggiamenti della Reichswehr.

61 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

(1) -La clata di arrivo non è Indicata. (2) -Non pubblicato.
809

IL MINISTRO A TIRANA, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1099/016 R. Tirana, 16 marzo 1934 (per. il 18).

Telegramma di V. E. n. 22 del 10 corrente (1).

Concordo pienamente con V. E. che allo stato attuale delle cose una visita di questo ministro degli affari esteri motivata da conclusione patto balcanico non potrebbe essere più valorizzata secondo scopi dapprima previsti e che convenga disporre eventuale visita dopo definita questione scuole. A tal riguardo stanno riprendendo trattative segrete fra fiduciari del Re e rappresentante clero. In tale intento colonnello Sereggi, primo aiutante di campo del sovrano, si reca domani a Scutari protestando ragioni di famiglia.

Nessuna previsione è tuttavia possibile fare ancora riguardo.

810

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, DAMPIERRE

APPUNTO Roma, 17 marzo 1934.

È venuto a rimettermi l'acclusa comunicazione sulla risposta del Governo germanico al Memorandum francese del 14 febbraio sul disarmo.

Gli ho domandato quale impressione questa risposta ha prodotto sul governo francese. Mi ha detto di sapere che essa è stata trovata corretta nella forma ma tale nella sostanza da non consentire alcun passo innanzi verso la soluzione del problema.

A mia richiesta mi ha informato, in via strettamente confidenziale, che oggi si combattono a Parigi due tendenze: una per l'accettazione del Memorandum italiano, con qualche lieve modificazione, e una per la rinunzia a ogni politica di accordi.

Il Signor Dampierre non ha ricevuto da Parigi alcuna comunicazione al riguardo, ma personalmente ritiene che da una parte l'impossibilità, in cui si trova il governo francese, di accettare il Memorandum inglese e dall'altra la circostanza dell'attuale riavvicinamento itala-francese concorreranno a spingere il governo francese all'accettazione del Memorandum italiano.

Mi ha chiesto poi qualche informazione sugli accordi che si firmeranno oggi con l'Austria e con l'Ungheria allo scopo di contribuire a orientare su tale questione il suo governo.

Gli ho detto che il primo protocollo, sul quale per ovvie ragioni non potevo fornire particolari, è basato sull'uniformità delle direttive politiche dei tre

governi e implica di conseguenza l'imy(;gno alla consultazione reciproca. E!sso è stato ideato dal Capo del Governo nel senso della cooperazione internazionale e lascia quindi adito ad ulteriori sviluppi. Quanto al secondo protocollo, di carattere economico, esso per il momento non fa che predisporre le basi, di cui gli ho fatto un cenno sommario, sulle quali si svolgeranno le prossime trattative.

Dampierre ha richiamato la mia attenzione sull'importanza che il suo Governo annette alla questione dei diritti preferenziali da accordare all'Austria. Mi ha chiesto se l'Austria avrebbe accordato a noi in questo campo la reciprocità. In tal caso egli ritiene che la Francia potrebbe sollevare obiezioni non per i benefici che verrebbe a ritrarne l'Italia, dato che essi potrebbero successivamente venire estesi anche alla Francia, ma per il pericolo che l'estensione di tali benefici anche alla Germania finisca per aprire la porta del mercato austriaco alla forte e vicina organizzazione industriale tedesca, dando luogo a un vero e proprio Anschluss economico ora che è sbarrata la via all'Anschluss politico.

Ho risposto in maniera evasiva su questo punto, informando Ciancarelli delle preoccupazioni francesi.

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PRoMEMORIA. Roma, 17 marzo 19.14.

L'Ambassadeur de France à Berlin a reçu du Baron von Neurath la réponse du Gouvernement Allemand au mémorandum français du 14 février sur le désarmement. Les principaux points de cette réponse sont les suivants:

1°) Le Gouvernement allemand se déclare prét à contracter « jusqu'à l'extréme limite convenable » l'engagement de ne faire en aucun cas appel à la force. Il n'envisage en ce qui concerne le traité de Locarno que l'adaptation éventuelle, « juridique et technique » de ses stipulations aux formes nouvelles de collaboration internationale. Le problème des rapports futurs de l'Allemagne avec la Société des Nations est représenté comme devant étre examiné après règlement de la question du désarmement;

2°) L'adhèsion allemande à une organisation efficace de contròle fonctionnant dès la mise en vigueur de la Convention est maintenue; 3°) Le Gouvernement allemand dénie de nouveau tout caractère militaire aux

S. A. et aux S. S. et propose de soumettre à cet égard leur activité à un contròle. Il serait interdit aux associations paramilitaires de posseder un armement, de recevoir une éducation militaire et d'ètre en relation organique avec l'armée.

Aucune réponse n'est faite aux questions posées par le memorandum français sur la police militarisée et sur les organisations paramilitaires; pour ce qui concerne les matériels, la thèse allemande est maintenue purement et simplement. Aucune mention n'est faite des armements navals ni des armements aériens. pas plus que de la limitation des dépenses ni du contingentement des fabrications.

Enfin le Gouvernement allemand indique qu'une solution pourrait étre obtenue dès maintenant par la conclusion soit d'une convention qui limiterait les armements des puissances encore armées à leur niveau actuel et qui serait conclue pour 5 ans, soit d'une convention d'une plus longue durée, qui comporterait de la part des mèmes puissances une certaine réduction de leurs armements.

Il est spécifiqué que, dans le second cas, le niveau des armements concédés à l'Allemagne devrait ètre sensiblement le mème que dans le premier cas de manière à correspondre aux revendications qui lui sont dictées par le souci de s'assurer un minimun de sécurité.

(l) Cfr. n. 788.

811

PROTOCOLLI FRA ITALIA, AUSTRIA E UNGHERIA (l)

Roma, 17 marzo 1934

PROTOCOLLO I

IL CAPO DEL GOVERNO DI SUA MAESTA IL RE D'ITALIA,

IL CANCELLIERE FEDERALE DELLA REPUBBLICA D'AUSTRIA,

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REALE D'UNGHERIA

Animati dal proposito di concorrere al mantenimento della pace e alla restaurazione economica dell'Europa sulla base del rispetto dell'indipendenza e dei diritti di ogni Stato.

Persuasi che la collaborazione tra i tre Governi in tale senso possa stabilire le premesse reali per una più larga cooperazione con altri Stati, Si impegnano pel conseguimento degli scopi anzidetti:

Di concertarsi su tutti i problemi che particolarmente li interessano e su quelli di ordine generale, allo scopo di svolgere, nello spirito degli esistenti Trattati di amicizia itala-austriaco, itala-ungherese e austro-ungherese, fondati sul riconoscimento dell'esistenza di numerosi interessi comuni, una politica concorde, diretta a promuovere la collaborazione effettiva fra gli Stati europei e particolarmente fra l'Italia, l'Austria e l'Ungheria.

All'uopo i tre Governi procederanno a consultazioni comuni ogni volta che uno almeno di Essi lo ritenga opportuno.

IN FEDE DI CHE, firmano il presente Protocollo, redatto in tre originali, rispettivamente in lingua italiana, in lingua tedesca e in lingua ungherese. In caso di divergenza farà fede il testo italiano.

MUSSOLINI DOLLFUSS GOMBOS

PROTOCOLLO II

fra l'Italia e l'Ungheria, per lo sviluppo dei rapporti economici

I GOVERNI D'ITALIA, D'AUSTRIA E D'UNGHERIA, animati dal desiderio di sviluppare i rapporti economici tra l'Italia e l'Austria, tra l'Italia e l'Ungheria e tra l'Austria e l'Ungheria, col dare nuovo impulso allo scambio dei loro prodotti, opponendosi in tal modo alle tP.ndenze malsane di autarchia

economica, e di favorire, con provvedimenti concreti, l'opera della ricostruzione economica degli Stati Danubiani, in armonia con lo spirito delle decisioni della Conferenza di Stresa e coi principi contenuti nel Memoriale Danubiano, presentato dall'Italia e che porta la data del 29 settembre 1933,

si sono trovati d'accordo su quanto sègue:

Art. l

I Governi d'Italia, d'Austria e d'Ungheria si impegnano ad estendere la portata degli accordi ora in vigore, accrescendo le agevolazioni per le esportazioni reciproche e traendo, in tal guisa, sempre maggiore profitto dalla complementarietà delle rispettive economie nazionali. A questo fine nuovi accordi bilaterali saranno conclusi prima del 15 maggio 1934.

Art. 2

I Governi d'Italia, d'Austria e d'Ungheria stabiliscono di adottare l provvedimenti necessari per superare le difficoltà derivanti all'Ungheria dal ribasso dei prezzi del grano.

Gli accordi relativi saranno conclusi al più presto possibile e in ogni caso prima del 15 maggio 1934.

Art. 3

I tre Governi si obbligano a facilitare e a sviluppare quanto più possibile il movimento di transito nei porti dell'Adriatico. A questo scopo saranno conclusi quanto prima possibile accordi bilaterali.

Art. 4

I tre Governi costituiranno una Commissione permanente di tre esperti incaricati di seguire l'andamento dei rapporti economici fra i Paesi e di formulare proposte concrete atte a far raggiungere un maggiore sviluppo di tali rapporti, secondo lo spirito di questo Protocollo.

II presente Protocollo è redatto in tre esemplari, rispettivamente in lingua italiana, in lingua tedesca e in lingua ungherese.

In caso di divergenza farà fede il testo in italiano.

IN FEDE DI CHE, i Capi dei Governi d'Italia, di Austria e di Ungheria firmano il presente Accordo.

Fatto in Roma, lì 17 marzo 1934.

MussoLINI DOLLFUSS GOMBOS

PROTOCOLLO III

fra l'Italia e l'Austria, complementare al Protocollo fra l'Italia, l'Austria e l'Ungheria firmato a Roma il 17 marzo 1934, per lo sviluppo dei rapporti economici

IL REGIO GOVERNO D'ITALIA e IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA FEDERALE D'AUSTRIA,

basandosi sulle esperienze fatte finora, che hanno dimostrato che le loro economie nazionali sono in larga misura complementari, hanno deciso di fare un passo avanti per sviluppare ed intensificare maggiormente i rapporti economici fra i due Paesi.

A questo scopo hanno convenuto quanto segue:

Art. l

Negoziati saranno iniziati il 5 aprile 1934 fra i due Governi per la conclusione di un nuovo accordo diretto ad allargare e adattare alle circostanze attuali gli accordi economici esistenti fra i due Paesi.

Il nuovo accordo sarà concluso nel più breve termine e in ogni caso prima del 15 maggio 1934.

Art. 2

Per l'accordo di cui all'articolo precedente è stabilito quanto appresso: la concessione d'un regime preferenziale a favore di un numero per quanto possibile grande di prodotti originari e provenienti dall'Austria all'importazione in Italia; ai riguardi della clausola che precede, le due Parti contraenti terranno conto della necessità di mantenere le concessioni entro limiti ragionevoli, secondo il principio stabilito alla lettera c) dell'art. 11 del Memoriale Danubiano, presentato dall'Italia e che porta la data del 29 setembre 1933; si procederà prima del 15 maggio 1934 alla redazione di due liste, di cui l'una indicherà i prodotti per i quali la concessione di favori doganali potrà essere facilitata mediante preventiva conclusione di interese fra i produttori interessati dei due Paesi e l'altra comprenderà i prodotti per i quali concessioni saranno ritenute applicabili indipendentemente da qualsiasi intesa fra i produttori stessi; per quanto concerne i prodotti che saranno compresi nella prima lista, i due Governi si impegnano a prendere le misure necessarie per affrettare e facilitare la conclusione di accordi industriali.

Il presente Protocollo è redatto in due esemplari, rispettivamente in lingua italiana e in lingua tedesca. In caso di divergenza farà fede il testo in italiano.

IN FEDE DI CHE, i Capi dei due Governi hanno firmato il presente Protocollo.

MussoLINI DOLLFUSS

(l) Ed. In Trattati e Convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. XLVII, Roma, 1937, pp. 94-99.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 20 ottobre 1933)

AFGANISTAN

Kabul -GALANTI Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PENNACCHIO Luigi, interprete.

ALBANIA

Tirana -KocH Ottaviano Armando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LA TERZA Pierluigi, primo segretario; CAPOMAZZA Benedetto, console con funzioni di segretario; BALocco Riccardo, colonnello di artiglieria, addetto militare; DANIJCA Pietro, interprete.

ARABIA SAUDITA

Gedda -DE PEPPO Ottavio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ToNci Ilio Dino, interprete.

ARGENTINA

Buenos Aires -ARLOTTA Mario, ambasciatore; CoRTINI Claudio, primo segretario con funzioni di consigliere; BERTELÈ Tommaso, primo segretario MAccHI DI CELLERE Pio, console con funzioni di segretario: FIORI Romeo, direttore capo divisione nei ruoli del soppresso Commissariato Generale dell'emigrazione con funzioni di consigliere dell'emigrazione; MANCINI Tommaso, addetto commerciale.

AUSTRIA

Vienna -PREZIOSI Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossi LoNGHI marchese Alberto, primo segretario; STRANEO Carlo Alberto, primo segretario; CHASTEL Roberto, vice console con funzioni di segretario; FABBRI Umberto, tenente colonnello addetto militare ed aeronautico; DI NoLA Carlo, addetto commerciale.

BELGIO

Bruxelles -VANNUTELLI REY conte Luigi, ambasciatore; BONARELLI DI CASTELBOMPIANO conte Vittorio Emanuele, primo segretario con funzioni di consigliere; PERRONE Ettore, primo segretario; BERAUDO Emanuele, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Parigi); PARONA Angelo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Parigi); PICCIO Ruggero, generale di divisione aerea, addetto aeronautico (residente a Parigi); RoMANO Giorgio, capitano A.A.R.C., addetto aeronautico aggiunto (residente a Parigi).

BOLIVIA

C-a Paz -GEMELLI Bruno, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

BRASILE

Rio de Janeiro -CANTALUPO Roberto, ambasciatore; LEQUIO Francesco, consigliere; GuGLIELMINETTI Giuseppe, primo segretario; CAVALLETTI Francesco, vice console con funzioni di segretario.

BULGARIA

Sofia -CoRA Giuliano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JANNELLI Pasquale, primo segretario; VENTURINI Antonio, vice console con funzioni di segretario; DE BoTTINI DI SANT'AGNESE Achille, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; SOLDATI Roberto, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara); BARIGIANI Andrea, reggente la delegazione commerciale.

CECOSLOVACCHIA

Praga -Rocco Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BERIO Alberto, -primo segretario; GumoTTI Gastone, console con funzioni di segretario; CADORNA conte Raffaele, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare; BRENTA Giacomo, maggiore A.A. addetto aeronautico (residente a Belgrado); CoRvi Antonio Menotti, addetto commerciale.

CILE

Santiago -PEDRAZZI Orazio, ambasciatore; ToNI Piero, primo segretario con funzioni di consigliere; BARATTIERI DI SAN PIETRO conte Ludovico, addetto consolare.

CINA

Pechino -BoscARELLI Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Shanghai); ANFuso Filippo, console con funzioni di segretario; CITTADINI CESI Gian Gaspare, vice console con funzioni di segretario; FRATTINI Enrico, colonnello del genio, addetto militare (residente a Tokio); BRENGOLA Silvano, tenente di vascello, con funzioni di addetto navale; LoDI Ettore, colonnello A. A., addetto aeronautico; Ros Giuseppe, interprete; Dr RENZO Marco, interprete.

COLOMBIA

Bogotà -GAZZERA Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

COSTARICA

San José -NEGRI conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Panama).

CUBA

Avana -MAcARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

DANIMARCA

Copenaghen -CAPAsso ToRRE DI CAPRARA Giovanni, conte delle Pàstene, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PANSA Mario, console con funzioni di segretario; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello, addetto militare (residente a Berlino); DE CouRTEN conte Raffaele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello A.A., addetto aeronautico (residente a Berlino); Luzr Renato. addetto commerciale.

DOMINICANA (Repubblica)

San Domingo -MAcARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

EGITTO

Cairo -PAGLIANO conte Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NoNIS Alberto, primo segretario; DALL'ARMI Giuseppe, direttore coloniale di 2a classe; OMAR Umberto, interprete; BUFFONI Decio, reggente la delegazione commerciale.

EL SALVADOR (Repubblica di)

San SalvadOr -GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

EQUATORE

Quito -CAFIERO Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

ESTONIA

Tallin -TosTI conte Mauro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARAZZANI Mario, tenente colonnello, addetto militare (residente a Varsavia).

ETIOPIA

Addis Abeba -VINCI GIGLIUCCI conte Luigi Orazio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoMBELLI Giulio, console con funzioni di segretario; MACCHI DI CELLERE conte Francesco, vice console con funzioni di segretario; RUGGERO Vittorio, tenente colonnello, addetto militare; MoRENO Martino Mario, direttore coloniale; PoLLICI Dante, volontario interprete.

FINLANDIA

Helsinki -TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMBONI Guelfo, console con funzioni di segretario; MARAZZANI Mario, tenente colonnello, addetto militare (residente a Varsavia); SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello A. A., addetto aeronautico (residente a Berlino).

FRANCIA

Parigi -PIGNATTI MORANO DI CUSTOZA conte Bonifacio, ambasciatore; FRANSONI Francesco, consigliere; ScAMMACCA Michele, primo segretario; DE PAOLIS Pietro, primo segretario; LANDINI Amedeo, console; REVEDIN di San Martino, conte Giovanni, vice console con funzioni di segretario; BERAUDO DI PRALORMO Emanuele, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare; PARONA Angelo, capitano di fregata, addetto navale; Piccio, Ruggero, generale di divisione aerea, addetto aeronautico; ROMANO Giorgio, capitano A.A.R.C., addetto aeronautico aggiunto; CoLETTI Silvio, consigliere di emigrazione; ToMMASINI Mario, vice consigliere di emigrazione; CARAVALE Erasmo, consigliere commerciale.

GERMANIA

Berlino -CERRUTI Vittorio, ambasciatore; CrccONARDI Vincenzo, consigliere; MAGISTRATI Massimo, console con funzioni di primo segretario; SERRA DI CAsSANO Giovanni Battista, console con funzioni di segretario; STRIGARI Vittorio, console con funzioni di segretario; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello, addetto militare; DE CouRTEN conte Raffaele, capitano di fregata, addetto navale; SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello A.A., addetto aeronautico; RicciARDI Adelchi, consigliere commerciale.

GIAPPONE

Tokio -AURITI Giacinto, ambasciatore; GARBACCIO Livio, primo segretario; FRATTINI Enrico, colonnello del genio, addetto militare ed aeronautico; PARDO Diego, capitano di vascello addetto navale; MELKAY Almo, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -GRANDI Dino, ambasciatore; VITETTI Leonardo, consigliere; PRUNAS Renato, primo segretario; BosiO Giovanni Jack, console con funzioni di segretario; DEL BALZO DI PRESENZANo, Giulio, console con funzioni di segretario; CASARDI Aubrey, vice console con funzioni di segretario; BRUGNOLI Alberto, vice console con funzioni di segretario; DE FACCI NEGRATI Gaetano, con funzioni di addetto; MoNDADORI Umberto, tenente colonnello, addetto militare; IACHINO Angelo, capitano di vascello, addetto navale; TRIGONA DELLA FORESTA Ercole, capitano A. A., addetto aeronautico; VILLAR! Luigi, consigliere di emigrazione; CEcCATO G. B., consigliere commerciale.

GRECIA

Atene -DE Rossi DEL LioN NERO Pier Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASSINIS Angiolo, primo segretario; CATTANI Attilio, console con funzioni di segretario; CoRONATI Emilio, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di fregata, addetto navale; DE SANTO Demetrio, interprete.

GUATEMALA

Guatemala -GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

HAITI

Porto Principe -MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

HONDURAS

Tegucigalpa -GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

IRAQ

Bagdad -PoRTA Mario, incaricato d'affari; BELLINI Leone Fabiano, interprete: PEDRONI Antonio, cancelliere interprete.

JUGOSLAVIA

Belgrado -GALLI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE CIUTIIS DI SANTA PATRIZIA Filippo, primo segretario; ALESSANDRINI Adolfo, console con funzioni di segretario; FRANCESCHINI Antonio, tenente colonnello, addetto militare; CRESPI Alfredo, capitano di vascello, addetto navale; BRENTA Giacomo, maggiore A.A., addetto aeronautico.

LETTONIA

Riga -MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MENZINGER DI PREUSSENTHAL Enrico, primo segretario; MARAZZANI Mario, tenente colonnello, addetto militare (residente a Varsavia).

LITUANIA

Kaunas -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico (residente a Berlino).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -CHIARAMONTE BoRDONARO Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MESSICO

Messico -RoGERI DI VILLANOVA Delfino, inviato straordina.rio e ministro plenipotenziario.

NICARAGUA

Managua -GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

NORVEGIA

Oslo -DE MARSANICH Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoNCOMPAGNI LUDOVISI principe Ludovico, console con funzioni di segretario; DE CouRTEN conte Raffaele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello A.A., addetto aeronautico (residente a Berlino).

PAESI BASSI

L'Aja -TALIANI Francesco Maria, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SILENZI Renato, primo segretario; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello, addetto militare (residente a Berlino); DE CouRTEN conte Raffaele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello A.A., addetto aeronautico (residente a Berlino); NoTARANGELI Tommaso, reggente la delegazione commerciale.

PANAMA

Panama -NEGRI conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PARAGUAY

Assunzione -BARTOLUCCI GoDOLINI Giovanni Battista, marchese di Castelletta, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERSIA

Teheran -VIOLA Guido, conte di Campalto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RossET DESANDRÉ Antonio, console con funzione di segretario; DI MONTEFORTE Giuliano, interprete.

PERù

Lima -BIANCHI Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

POLONIA

Varsavia -BAsTIANINI Giuseppe, ambasciatore; BELLARDI Rrcci Alberto, consigliere; CITTADINI conte Pier Adolfo, primo segretario; MARAZZANI Mario, tenente colonnello, addetto militare, navale ed aeronautico.

PORTOGALLO

Lisbona -Tuozzr Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARIANI Luigi, primo segretario; RoDA Alberto, tenente colonnello, addetto militare (residente a Madrid); LoMBARDI Giuseppe, capitano di fregata, addetto navale (residente a Madrid); GELMETTI Umberto, maggiore A.A., addetto aeronautico (residente a Madrid); MARIANI Erminio, consigliere commerciale (residente a Madrid).

ROMANIA

Bucarest -SoLA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CosTA SANSEVERINO Francesco, principe di Sant'Agata, primo segretario; MARINI Vittorio, console con funzioni di segretario; ZANOTTI Mario, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; CRESPI Alfredo, capitano di vascello, addetto navale (residente a Belgrado); DE MARTINO Giuseppe, addetto commerciale.

SANTA SEDE

Roma -DE VECCHI DI VAL CISMON conte Cesare Maria, ambasciatore; TALAMO ATENOLFI Giuseppe, marchese di Castelnuovo, consigliere; SALLIER DE LA TouR CORIO duca Paolo, console con funzioni di segretario; BAZZANI Attilio, commissario regionale di 2• classe.

SIAM

Bangkok -CAVICCHIONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SPAGNA

Madrid -GUARIGLIA Raffaele, ambasciatore; GEISSER CELESIA DI VEGLIASCO Andrea, consigliere; DELLA PoRTA Francesco, primo segretario; ARRIGHI Ernesto, vice console con funzioni di segretario; RoDA Alberto, tenente colonnello, addetto militare; LOMBARDI Giuseppe, capitano di fregata, addetto navale; GELMETTI Umberto, maggiore A.A., addetto aeronautico; MARIANI Erminio, consigliere commerciale.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -Rosso Augusto, ambasciatore; DIANA Pasquale, consigliere; MIGONE Bartolomeo, primo segretario; ToMMASI Giuseppe, console con funzioni di segretario; FERRERO Andrea, vice console con funzioni di segretario; PENNAROLI Marco, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare; CASARDI Ferdinando, capitano di vascello, addetto navale; SBERNADORI Paolo, maggiore A.A., addetto aeronautico; BoNARDELLI Eugenio, consigliere dell'emigrazione; ANGELONE Romolo, addetto commerciale.

SUD AFRICA

Capetown -LABIA conte Natale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RuLLI Guglielmo, primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma -PATERNÒ DI MANcHI DI BILICI marchese Gaetano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SERENA DI LAPIGIO Ottavio, primo segretario; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello, addetto militare (residente a Berlino); DE CouRTEN conte Raffaele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello A.A., addetto aeronautico (residente a Berlino).

SVIZZERA

Berna -MARCHI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CARISSIMO Agostino, primo segretario; TALIANI Pio, console con funzioni di segretario; AssETATI Augusto, vice console con funzioni di segretario; PERRONE Adolfo, tenente colonnello, addetto militare; Prccro Ruggero, generale di divisione aerea, addetto aeronautico (residente a Parigi); RoMANO Giorgio, capitano A.A.R.C., addetto aeronautico aggiunto (residente a Parigi).

TURCHIA

Angora -LOJACONO Vincenzo, ambasciatore; DI GIURA barone Giovanni, consigliere; D'AcuNZIO Benedetto, console con funzioni di segretario; MANNERINI Alberto, tenente colonnello, addetto militare; SoLDATI Roberto, capitano di vascello, addetto navale ed aeronautico; PISA Ezra, interprete; ARRIVABENE Antonio, reggente la delegazione commerciale; PODESTÀ Giuseppe, interprete.

UNGHERIA

Budapest -CoLONNA Ascanio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BALDONI Corrado, primo segretario; Lo FARO Francesco, vice console con funzioni di segretario; PESCATORI Federico, vice console con funzioni di segretario; MATTIOLI Enrico, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; DI NoLA Carlo, addetto commerciale (residente a Vienna).

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE

Mosca -ATTOLICO Bernardo, ambasciatore; BERARDIS Vincenzo, primo segretario con funzioni di consigliere; DI STEFANO Mario, primo segretario; LANZA Michele, vice console con funzioni di segretario; DE FERRARI Aldo, tenente colonnello, addetto militare, navale ed aeronautico; BALLERINI Efisio, consigliere commerciale.

62 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

URUGUAY

Montevideo -MAzzoLINI Serafino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

VENEZUELA

Caracas -VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al 1° gennaio 1934)

MINISTRO

MussOLINI Benito, capo del governo, primo ministro, segretario di Stato. Segretario particolare: CHIAVOLINI Alessandro.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

SUVICH Fulvio.

GABINETTO

Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti con la stampa e le agenzie telegrafiche -Relazioni del Ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze -Tribuna Diplomatica

Capo di Gabinetto: ALOISI barone Pompeo, ambasciatore.

Segretari: JACOMONI Francesco, consigliere di legazione con funzioni di vice capo di gabinetto; VxnAu Luigi, console generale di 2a classe; CosMELLI Giuseppe, primo segretario di legazione di l a classe, segretario particolare del sottosegretario, incaricato di dirigere l'Ufficio II della Direzione Generale Affari Politici; CoRTESE Luigi, primo segretario di legazione di 2a classe; BORGA Guido, DEL DRAGO Marcello, TORELLA Raimondo, consoli di ·2a classe; NICHETTI Carlo, console di 3a classe; LEPRI Stanislao, LANZA o'AJETA marchese Blasco, MAzm Aldo Maria, vice consoli di 2a classe.

Addetto al Gabinetto: BIFULCO Vittorio, primo segretario nell'amministrazione centrale delle Finanze.

UFFICIO STAMPA DI S. E. IL CAPO DEL GOVERNO

Capo dell'Ufficio Stampa di S. E. il capo del governo: CIANO Galeazzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

f

SEZIONE ESTERA

Spoglio della stampa estera e della stampa italiana nei riguardi della politica estera -Segnalazioni di notizie ed informazioni di stampa Informazioni a giornali ed agenzie italiane ed estere -Servizi stampa delle RR. Rappresentanze all'estero -Pubblicazione della «Rassegna della stampa estera » -Traduzioni.

Capo Ufficio: SAPUPPO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: MAsciA Luciano, primo segretario di legazione di P classe; DE VERA D'ARAGONA Carlo Alberto, duca d'Alvito, BERGAMASCHI Bernardo, primi segretari di legazione di 2a classe; CAPECE GALEOTA Giuseppe, console di 2a classe; DE THIERRY Carlo, SANFELICE Antonio, volontari diplomatico-consolari.

Addetti all'Ufficio: RANDI Oscar, direttore provinciale di 2a classe nell'amministrazione delle Poste e Telegrafi; ANTINUCCI Umberto, capitano di artiglieria.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo -Pieni Poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai RR. agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di Capi di Stato, Principi e autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere -Libretti e richieste ferroviarie per il personale Passaporti di servizio ed ordinari.

Capo ufficio: SENNI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

Segretari: AssERETO Tommaso, consigliere di legazione; CAFFARELLI Filippo, primo segretario di legazione di la classe; VANNI Francesco Paolo, console di. 2a classe; CARACCIOLO Roberto, volontario diplomatico-consolare.

DIREZIONE GENERALE PER GLI AFFARI POLITICI

Direttore generale: BuTI Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Addetto alla Direzione Generale: GALLI Guido, console di la classe.

UFFICIO I

Belgio -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo -Paesi Bassi -Polonia -Portogallo -Spagna -Stati Baltici -Stati Scandinavi -Svizzera -Unione delle Repubbliche Sovietiche.

Capo ufficio: QuARONI Bernardo, primo segretario di legazione di la classe; CoTTAFAVI Antonio, console di 2a classe; COLONNA Guido, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO II

Austria -Bulgaria -Cecoslovacchia -Grecia -Jugoslavia -Roma

nia -Turchia -Ungheria -Affari concernenti le Isole Italiane dell'Egeo.

Capo ufficio: CosMELLI Giuseppe, reggente.

Segretari: DE AsTis Giovanni, primo segretario di legazione di P classe; COPPINI Maurilio, console di 2a classe; BOMBASSEI FRASCANI Giorgio, VOlontario diplomatico-consolare.

UFFICIO III

Africa -Iraq -Palestina -Penisola Arabica -Siria -Affari concernenti la Libia, l'Eritrea e la Somalia italiana.

Capo ufficio: GuARNASCHELLI Giovanni Battista, console generale di 2a classe.

Segretari: ZOPPI Vittorio, primo segretario di legazione di 2a classe; DE GRENET Filippo, THEODOLI Livio, vice consoli di 2a classe.

UFFICIO IV

Asia (eccetto i paesi di competenza di altri Uffici) -Oceania.

Capo ufficio: SCADUTO Gioacchino, primo segretario di legazione di la classe.

Segretario: GIUSTI DEL GIARDINO conte Justo, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO V

America del Nord -America Latina.

Capo ufficio: ToRTORA BRAYDA Camillo, conte di Policastro, consigliere di legazione.

UFFICIO ALBANIA

Capo ufficio: FARALLI Iginio Ugo, console generale di l" classe. Segretario: CASTELLANI Vittorio, console di 3• classe.

DIREZIONE GENERALE PER GLI AFFARI ECONOMICI Direttore generale: CIANCARELLI Bonifacio Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 1 a classe. Comandato: DEI MEDICI conte Ugo, vice intendente di finanza.

UFFICIO I

Altari Commerciali concernenti l'Europa.

Capo ufficio: GuGLIELMINETTI Giuseppe, primo segretario di legazione di t• classe.

Segretari: TELESIO Giuseppe, console di 2• classe; BADOGLIO Mario, vice console di l a classe.

UFFICIO II

Affari Commerciali concernenti paesi extra europei.

Capo ufficio: SANTOVINCENZO Magno, console di 2• classe, reggente. Segretario: Lo Jucco Giacomo, console di 2a classe.

UFFICIO III

Politica doganale -Trattati di commercio -Affari finanziari -Prestiti.

Capo ufficio: SEGRE Guido, console generale di 2• classe.

Segretari: ScAGLIONE Roberto, console di 2• classe; LuciOLLI Mario, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO IV

Fiere -Mostre -Congressi economici e finanziari -Politica del Turismo.

Capo ufficio: RoNCALLI Guido, primo segretario di legazione di t• classe. Segretario: CuTURI Antonio, console di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE

Direttore generale: ARONE Pietro, barone di Valentino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Addetti alla Direzione Generale: ALBERTAZZI conte Enrico, consigliere di Cassazione, con titolo e rango di console generale onorario; MONTESI Giuseppe, consigliere dell'emigrazione di P classe; EMILIANI Luigi, primo commissario consolare.

UFFICIO I

Personale di gruppo A delle carriere dipendenti del Ministero degli Affari Esteri -Personale consolare di seconda categoria -Uffici diplomatici e consolari all'estero -Ispezione degli uffici all'estero -Questioni che si riferiscono all'ordinamento del Ministero e delle carriere diplomatica, consolare e degli interpreti -Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento e consigli del Ministero relativi al personale predetto -Addetti militari, navali, aeronautici, commerciali e loro uffici -Personale e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia Bollettini di detto personale -Passaporti diplomatici.

Capo ufficio: MARCHETTI DI MURIAGLIO conte Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: FORNARI Giovanni, console di 2a classe; SoARDI Carlo Andrea, console di 3a classe; DELLA CHIESA Renato, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO II

Personale di ogni altro gruppo o categoria dipendente dall'Amministrazione degli Affari Esteri escluso il personale delle Scuole italiane all'estero -Concorsi, nomine ed ammissioni, Commissioni di avanzamento e Consigli del Ministero; ed in generale tutte le questioni relative alle carriere ed all'ordinamento del personale suddetto -Bollettini che si riferiscono al personale stesso.

Capo ufficio: GLORIA Ottavio, console generale di 2a classe.

Segretari: FECIA DI CossATO Carlo, primo segretario di legazione di 2a classe; PINNA CABONI Mario, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO III

Servizi Amministrativi.

Capo ufficio: RINVERSI Romolo, capo divisione dei commissari consolari.

Segretari: BONAVINO Arturo, AGOSTEO Cesare, capi sezione dei commissari consolari; LEONINI PIGNOTTI Augusto, commissario consolare capo; BoNTEMPS Aldo, TORRES Creste, primi commissari consolari; MANzo Ciro, commissario consolare; BIONDO Gaspare, FoRINO Lamberto, vice commissari consolari.

UFFICIO IV

Edifici demaniali. Gestione di tutti gli stabili e locali adibiti ad uso dell'Amministrazione Centrale e dei RR. Uffici all'estero -Acquisto, vendita, affitto permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento e arredamento Assicurazioni, inventari e contratti -Locazione di immobili e locali per uso dei RR. Uffici -Tutte le questioni concernenti una nuova sede per il Ministero degli Affari Esteri.

Capo ufficio: SILLITTI Luigi, console generale di P classe.

Segretario: CAPRANICA DEL GRILLO marchese Giuliano, primo segretario di legazione di la classe; PLATANIA Giuseppe, capo sezione della carriera amministrativa.

Addetto all'ufficio: MoNACO Potito, commissario consolare.

Sezione tecnica

DI FAUSTO ing. arch. Florestano, esperto tecnico.

DIREZIONE GENERALE TRATTATI, ATTI, AFFARI SANTA SEDE E AFFARI PRIVATI

Direzione generale: SANDICCHI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di P classe, consigliere di Stato, senatore del Regno.

UFFICIO I

Trattati e Atti.

Capo ufficio: LANINO Edoardo, console generale di 2a classe.

Segretari: LANZARA Giuseppe, AMBROSETTI Gino, consoli di 2a classe; BOUNOUS Franco, BARBOGLIO Francesco, volontari diplomatico-consolari.

UFFICIO II

Affari con la Santa Sede.

Capo ufficio, BALSAMO Giovanni, consigliere di legazione.

Segretario: MANSI conte Stefano, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO III

Affari privati Europa

Capo ufficio: DELLA CRòCE DI DoJOLA conte Galeazzo, console generale di P classe.

UFFICIO IV

Affari privati dei Paesi extra europei.

Capo Ufficio: MAccoTTA Luigi, console generale di P classe.

Segretario: ScADUTO Antonio, volontario diplomatico -consolare.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: PARINI Piero, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

Opera per gli Italiani all'Estero -Ispettorato Fasci all'Estero Organizzazioni giovanili.

Capo ufficio: N.N.

SegretaJ:"i: MALASPINA Folchetto, console di 2a classe; DE SIMONE Paolo, CASERTANO

8

Raffaele, consoli di classe; GuADAGNINI Pietro, volontario diplomatico consolare; RABBY Ezio, LAMPERTICO Gaetano, consigliere dell'emigrazione di 2a classe; FLAMINI Pietro segretario dell'emigrazione.

Addetti all'ufficio: CoLONNA Piero, BRANDOLINI D'ADDA conte Annibale, TEDESCO Pietro Paolo, primi segretari di ragioneria; MANCINI Edoardo, primo capitano di fanteria; DINI Ottavio, capitano dei CC.RR.; CoRRENTI Antonino, LANDI Francesco, ispettori di la classe delle FF.SS.

UFFICIO II

Espatri e lavoro italiano all'Estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, consigliere dell'emigrazione di P classe.

Segretari: GRAZIANI Orazio, volontario diplomatico -consolare; MASI Corrado, OLIVIERI Umberto, consiglieri dell'emigrazione di 2a classe; IMMIRZI Alfonso, DI MATTEI Alfredo, VACCHELLI Alessandro, primi segretari dell'emigrazione.

Addeto all'ufficio: CoTTAFAVI Francesco, ispettore centrale dell'emigrazione.

UFFICIO III

Scuole all'estero.

Capo ufficio: PuLLINO Umberto, console generale di la classe.

Segretario: MONTANARI Franco, vice console di 2a classe.

SERVIZIO ISTITUTI INTERNAZIONALI

Capo del serv1z10: BIANCHERI CHIAPPORI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Aggregati al servizio: MELI LuPI m SoRAGNA marchese Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe; BovA ScoPPA Renato, primo segretario di legazione di la classe; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, primo segretario di legazione di 2a classe; PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale nel Regio Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Roma; RusPOLI Fabrizio, capitano di vascello in ausiliaria; Bosco Giacinto, professore di diritto internazionale nella Regia Università di Urbino.

UFFICIO I

Società delle Nazioni.

Capo Ufficio: PIETROMARCHI Luca, primo segretario di legazione di la classe.

Segretari: PLETTI Mario, vice console di la classe; CIRAOLO Giorgio, volontario diplomatico -consolare.

UFFICIO II

Istituto Internazionale di agricoltura -Ufficio internazionale del lavoro e altri Istituti internazionali.

Capo ufficio: N.N.

Segretario: Rossi LoNGHI Gastone, primo segretario di legazione di 2a classe.

SERVIZIO STORICO -DIPLOMATICO

Capo del servizio: ToscANI Angelo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Addetto al Servizio per la Sezione Geografica: CALVANI Michele, colonnello di fanteria.

Addeto al servizio: RAFFAELLI Pietro.

UFFICIO I

Ricerche studi su materie storiche e questioni internazionali -Schedari -Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico ed amministrativo -sezione geografica -Tipografia Riservata.

Capo ufficio: MAzzoLINI Quinto, console di la classe:

Segretari: 0RSINI RATTI Mario, GuERRINI MARALDI Agostino, consoli di 2a classe; CIPPICO Tristram Alvise, console di 3a classe; BELLIA Franco, volontario diplomatico -consolare.

UFFICIO II

Archivio storico -Archivio di deposito -Conservazione ed incremento delle collezioni dei manoscritti del Ministero e dei RR. Uffici all'estero Conservazione degli originali dei trattati internazionali -Conservazione delle carte riservate degli Archivi del Ministero e dei RR. Uffici all'estero -Inventari -Biblioteca.

Capo ufficio N.N.

8

Segretario: CANNICCI Achille Angelo, console di classe.

Biblioteca

Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

Vice bibliotecario: RoNZANI Francesco.

SERVIZIO CORRISPONDENZA

Capo del servizio: ROMANELLI Guido, console generale di la classe. Addetto al servizio: MARZIANI Luigi, consigliere dell'emigrazione di la classe.

UFFICIO I

Capo ufficio: CANTONI MARcA Antonio, consigliere di legazione. Segretari: RovASENDA DI RovAsENDA Vittorio, primo segretario di legazione di

8

classe; CASCIARO Marco, DE MALFATTI DI MONTE TRETTO barone Carlo, conSOli di 3a classe.

UFFICIO II

Archivi -Apertura e Registrazione Corrispondenza -Organizzazione e sorveglianza degli archivi -Corrispondenza in arrivo e in partenza: accettazione, registrazione, spedizione, ecc. -Controllo del carteggio degli Uffici in relazione alla corrispondenza in arrivo -Archivi correnti -Servizio dei corrieri.

8

Capo ufficio: LIBERATI Enrico, console di classe. Segretario: MoscATI Riccardo, console di 2a classe.

UFFICIO III

Capo ufficio: BABuscro Rizzo Francesco, console di 2a classe, reggente.

Segretari: MONTECCHI Romeo, console di 2a classe; BARONE Giovanni, Nuccro Alfredo, consoli di 3a classe; CoRsi Fernando, SALLIER DE LA TouR conte Carlo, primi segretari dell'emigrazione.

RAGIONERIA CENTRALE

Direttore capo della ragione,ria: GIANDOLINI Romolo.

DIVISIONE I (retta, alla immediata dipendenza del direttore capo di ragioneria, dal capo sezione BARTOLINI Luigi).

Personale -Affari Generali -Esame déi provvedimenti da sottoporre al Ministero delle Finanze ed in genere di tutti quelli aventi comunque effeti finanziari -Riassunto degli elementi per la preparazione degli stati di previsione dell'entrata e della spesa e relative variazioni Conto consuntivo, parte finanziaria e parte patrimoniale -Servizio dei cambi -Esame degli inventari -Competenze e pensioni relative a tutto il personale dipendente dal Ministero degli Affari Esteri escluso quello delle Scuole italiane all'Estero e quello del soppresso Commissariato Generale dell'Emigrazione -Riscontro del Giornale di cassa per le ge stioni di bilancio ed extra bilancio -Conto corrente infruttifero col Tesoro dello Stato -Partitario dei depositi ricevuti dai privati -Conta bilità speciali -Registrazione dei valori provenienti dall'estero, sia di rettamente, sia a mezzo Banche corrispondenti -Riscontro dei valori non monetari e degli effetti in deposito presso il Cassiere del Ministero Operazioni relative al finanziamento dei RR. Uffici all'estero, accetta zione delle tratte emesse dai titolari di essi e registrazione delle aper ture di credito -Conto corrente con il Contabile del Portafoglio e conti dei relativi capitoli di entrata e di spesa della categoria Movimento di capitali -Tenuta dei conti impegni relativi ai servizi suddetti -Emissione e registrazione dei mandati -Archivio.

Capo sezione: BARTOLINI Luigi.

Segretari: CASONI Enrico, MONTUORI Pietro, consiglieri; BARDI Donatello, Tosi Emilio, FIORESE DELLA SCALA Pia Alberta, MAIO Luciano, primi segretari; 0CCHIONERO Matteo, vice segretario in prova; URBANI FALLANI Velia, ragioniere.

DIVISIONE II

Accertamento, riscossione e versamento delle entrate disposte dalla legge e dal regolamento dell'Emigrazione -Scritture generali e spectfzli Servizio delle marche da bollo da applicarsi sugli atti di arruolamento Liquidazione delle competente ai RR. Commissari imbarcati in servizio di emigrazione e rimborso delle stessa da parte dei vettori -Liquidazione ed approvazione delle contabilità per le spese relative all'emigrazione -Fondo pensioni per gli impiegati del soppresso Commissariato Generale dell'Emigrazione -Stralcio delle contabilità di guerra Inventario -Riscontro degli atti amministrativi e servizio cambiario per le scuole italiane all'estero -Locali scolastici e demaniali all'estero -Gestioni speciali e scritture relative -Revisione, approvazione e liquidazione delle spese indicate nelle contabilità scolastiche mensile e varie -Tenuta degli impegni e scritture partitarie riassuntive per il servizio dell'emigrazione e delle scuole italiane all'estero -Monte pensione dei maestri elementari -Emissione di mandati di pagamento relativi ai suddetti servizi.

Direttore capo della divisione: CIOTTI Remigio, direttore capo di ragioneria.

Capo sezione: N.N.

Segretari: Tuzi Alberto, consigliere; ZAFARANA Gino, BLANDI Silvio, MAZZA Ferrante, VoLPE Mario, primi segretari; RICCA Alfredo, segretario; GARGANO Guglielmo, vice segretario in prova.

DIVISIONE III

Revisione, approvazione e liquidazione delle contabilità dei RR. Uffici diplomatici e consolari all'estero nonché di quelli di pubblica sicurezza di confine -Contabilità degli agenti della riscossione -Conti giudiziari -Servizio marche consolari -Tenuta degli impegni relativi alle spese del funzionamento dei RR. Uffici all'estero, emissione dei mandati di pagamento -Conti correnti del personale diplomatico e consolare in dipendenza delle gestioni all'estero -Esame dei rendiconti di spesa sulle aperture di credito e sugli ordini di accreditamento -Liquidazione dei conti delle Società di emigrazione per il rimpatrio dei nazionali indigenti.

Direttore capo della divisione: PoNCINI Francesco, direttore capo di divisione.

Capo sezione: DE ANNA Giuseppe.

Segretari: TARINI Ugo, RoMANO Giuseppe, consiglieri; AsBOLLI Attilio, MARTINA Filippo, primi segretari; DRAGO Giuseppe, PASSANTE Ruggero, vice segretari in prova.

CONSULENTI GIURIDICI

Consulente generale: N.N.

Consulenti: GIANNINI Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di la classe, consigliere di Stato, incaricato di storia dei trattati e di diritto aeronautico nella R. Università di Roma, senatore del Regno; MONTAGNA Raffaele, consigliere di Stato, con titolo onorario di consigliere di legazione; ALBERTAZZI conte Enrico, consigliere di Cassazione, con titolo e rango di console generale onorario; CuciNOTTA Ernesto, giudice di tribunale, incaricato di diritto e legislazione coloniale nella R. Università di Roma.

APPENDICE III

(Situazione al 1° novembre 1933)

Afghanistan -NAIM Mohammed, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; YusouF Mohammed, primo segretario.

Albania -KODHELI Mark, incaricato d'affari; KARAZI Hamdi, primo segretario.

Arabia Saudita -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Argentina -CANTILO José Maria, ambasciatore; LEGUIZAMÒN PONDAL Honorio, consigliere; CHIAPPE Felipe, consigliere; ONETO AsTENGO Oscar, primo segretario; MEJIA Claudio A., capitano aviatore, addetto aeronautico; CoRNEJO Rogelio F., addetto commerciale.

Austria -RINTELEN Anton, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROTTER Adrian, segretario; FILZ Eric, addetto; SCHWARZENBERG Erkinger, addetto; FRIEBERGER Kurt, consigliere ministeriale, addetto per la stampa; LIEBETZKY Emil, colonnello, addetto militare.

Belgio -DE LIGNE principe Albert, ambasciatore; D'AsPREMONT LYNDEN conte Gobert, primo segretario; LAMY Léon, addetto.

Bolivia -SAENZ Jorge, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Brasile -PEçANHA Alcibiades, ambasciatore; DE MAcEDO SoAREs José Roberto, primo segretario; LATOUR J orge, secondo segretario; SPARANO Luiz, addetto commerciale.

Bulgaria -VoLKov Ivan, generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STAMENOV Ivan, primo segretario; STANCIOV Ivan D., segretario; DASKALOV Teodossi, colonnello, addetto militare ed aeronautico.

Cecoslovacchia -CHvALKOVSKY Frantisek, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SEJNOHA Jaroslav, consigliere; ZAHN-STRANIK Viktor, segretario; CHARous Jaromir, segretario; RosiK Vitezslav, maggiore addetto militare ed aeronautico; PLECHATY Ladislav, segretario, addetto per la stampa.

Cile -FREIRE GARCIA DE LA HUERTA Fernando, ambasciatore; SAAVEDRA AGUERO Jorge, consigliere; BARROs BEAUCHEF Jorge, primo segretario; ERRAZURIZ OVALLE Carlos, addetto commerciale.

Cina -Lxu WEN TAo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TcHou YIN, primo segretario; TCHANG KIEN, addetto; YOH LUN, addetto.

Colombia -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SANTOS Gustavo, primo segretario, incaricato d'affari (ad interim).

Cuba -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ARMENTEROS Carlos, incaricato d'affari (ad interim).

Danimarca -KRUSE J. C. W., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoLLIN Hialmar, segretario.

Dominicana (Repubblica) -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PARADAS Salvador Emilio, addetto, incaricato d'affari (ad interim); PELLERANO ALFAU Arturo J., addetto commerciale; TRUJILLO MOLINA Anibal, tenente colonnello, addetto militare.

Egitto -SADEK Wahba pascià, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAFWAT Abdel Kerim, segretario; TAHER AL-OMARI Mohammed, addetto agricolo; MONEUM Mohammed Abdel, addetto.

El Salvador (Republica di) -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Equatore -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Estonia -ScHMIDT August, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JANSON David, primo segretario.

Etiopia -GHEVRE YEsus Negadras Afevork, incaricato d'affari; WEULDE Gabriel Ylma, primo segretario.

Finlandia -ARTTI Kaarlo Pontus, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -DE CHAMBRUN conte Charles, ambasciatore; DE DAMPIERRE conte Robert, ministro plenipotenziario, consigliere; GuERIN Hubert, primo segretario; VERGÉ Jean, secondo segretario; DARIDAN Jean, terzo segretario; BOPPE Roger, addetto; PARISOT Henri, colonnello, addetto militare; DE LA GIRAUDIÈRE Jacques, maggiore, addetto aeronautico; DE LAROSIÈRE Robert, capitano di corvetta, addetto navale; BARY Hubert, tenente di vascello, addetto navale aggiunto; SANGUINETTI Joseph, addetto commerciale; RoUMILAC Georges, addetto finanziario.

Germania -voN HAssELL Ulrich, ambasciatore; SMEND Hans, consigliere; FISCHER, colohnello, addetto militare; voN BuLow Dankward Christian, consigliere di legazione con funzioni di primo segretario; LoYcKE Otto, capitano di corvetta, addetto navale; HoLM Fritz, segretario; ScHMID-KRUTINA, Hermann, segretario; VON HOHENTHAL conte Joachim, segretario; HOFFMANN VON WALDAU Otto, capitano, addetto aeronautico; voN NEURATH barone Kostantin, addetto; BussE Walter, addetto per l'agricoltura.

Giappone -MATSUJHIMA Hajime, ambasciatore; !WATE Yoshio, consigliere; AKIYAMA Masatoshi, secondo segretario; lNOUYE Kenso, segretario interprete di 2a classe; KATSUDA Naokichi, addetto; WATANABÉ Taizo, addetto; SAKAI Yasushi, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare; 0HTANI Yusuke, capitano di fregata, addetto navale.

Gran Bretagna -DRUMMOND sir Eric, ambasciatore; MURRAY John, consigliere; STEVENS H. R. G., colonnello, addetto militare; RAMSAY Robert, capitano di vascello, addetto navale; HETHERINGTON T. G., colonnello, addetto aeronautico; STOPFORD F. V., capitano di fregata del genio navale, addetto navale aggiunto (residente a Berlino); TuRNER R. M. A. E., consigliere d'ambasciata per gli affari commerciali; NrcHOLS P. B. B., primo segretario; Mc CLURE

W. K., addetto per la stampa, con rango di primo segretario; JEBB H. M. G., secondo segretario; LAMBERT J. H. U., terzo segretario; CoRNELrus V., addetto onorario; ANDREWS J. S., consigliere commerciale aggiunto.

Grecia -METAXAS Petros, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DALIETOS Alexandros, consigliere; MELÀs Michele, segretario.

Guatemala -DuRAN M. Victorio, incaricato d'affari.

Haiti -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Irak -SAID Nurid pascià, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Jugoslavia -Ducré Jovan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KASSIDOLATZ Dragomir, consigliere; MrLIKié Iliya, primo segretario; RrsTié Jovan, secondo segretario; KNEZEVIé Nikola, terzo segretario; VuKOTié J o v an, addetto; KoTNIK Ciril, addetto; ZAJcré Bozidar, addetto per la stampa; PoPovré Zarko, tenente colonnello, addetto militare e navale; SoNDERMAYER Vladislaw, tenente colonnello, addetto aeronautico.

Lettonia -SPEKKE Arnold, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KAMPUS Robert, primo segretario.

Lituania -CARNECKIS Valdemaras, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VILEISIS Petras, segretario.

Messico -TÉLLEZ Manuel C., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; URIBE Horacio, primo segretario; PERALTA CoRONEL Vicente, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare ed aeronautico; Rurz GARGOLLO Manuel, tenente colonnello del genio, addetto miiltare aggiunto; PADILLA AVILA Jesus, capitano di artiglieria, addetto militare aggiunto; VrLLAREAL MAYA Armando, capitano di cavalleria, addetto militare aggiunto.

Monaco -CoUGET Fernand, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Nicaragua -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia -IRGENS Johannes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VANGESTEN Ove C. L., primo segretario; BAKKE Arnold, consigliere commerciale (residente a Berna).

Paesi Bassi -PATIJN Jacob A. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN PANHUYS W. E., segretario; VAN RIJN J. J., addetto commerciale.

63 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XIV

Panama -PoRRAS Belisario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paraguay -GuBETICH Andrès, incaricato d'affari.

Persia -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MOTAMÉDY Alì, primo segretario, incaricato d'affari (ad interim); KHADJE NouRY Nenam, segretario.

Perù -MANZANILLA Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 0RTIZ DE ZEVALLos Emilio, primo segretario; BRAZZINI Ezio, addetto onorario.

Polonia -WYsocKY Alfred, ambasciatore; DE RoMER Taddeus, consigliere; CHROMECKI Taddeus, segretario; MIKULSKI Boleslaw, addetto onorario; MicHALowsKI conte Jozef, addetto onorario; MAzuRKIEWICz Roman, consigliere commerciale.

Portogallo -DE CASTRO Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BIVAR BRANDEIRO José, secondo segretario.

Romania -LuGOSIANU Yon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LEccA Giorgio, consigliere; SKELETTI Emilio, tenente colonnello, addetto militare; GHEORGHIU Ermi!, maggiore di aeronautica, addetto aeronautico (residente a Parigi); NicULEscu Giorgio, comandante, addetto navale (residente a Londra); PoRN Eugenio, consigliere commerciale delegato permanente della Romania all'Istituto internazionale di agricoltura; PAPAZI Virgilio, vice console.

Santa Sede -BoRGONCINI DucA monsignor Francesco, arcivescovo di Eraclea, nunzio apostolico; TESTA monsignor Gustavo, consigliere; SERENA monsignor Carlo, uditore.

Siam -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAHIDDHA NuKARA Phara, incaricato d'affari; VIsUTRA VIRAJJADES Luang, secondo segretario; PRASERT MAITRI Luang, terzo segretario; JITAWI Luang, addetto.

Spagna -ALOMAR Gabriel, ambasciatore; DE 0JEDA Gonzalo, ministro plenipotenziario, consigliere; DE RANERO Juan Felipe, primo segretario; JoRRO Jaime, segretario; CARRASCO Manuel, segretario; FIGUEROA Eduardo, addetto onorario; SosTRE MALUQUER Ramon, addetto onorario; SICARDO José, tenente colonnello di fanteria, addetto militare; NAVARRO Enrique, capitano di corvetta, addetto navale ed aeronautico per la marina; HIDALGO DE CisNEROs Ignacio, addetto aeronautico per l'esercito; BADIA Carlos, consigliere commerciale (residente a Parigi).

Stati Uniti d'America -LoNG Breckinridge, ambasciatore; KIRK Alexander C., consigliere; PILLOW J. G., colonnello di cavalleria, addetto militare; Mc NArn Laurence N., capitano di vascello, addetto navale; LIVENGOOD Charles A., addetto commerciale; TITTMANN Harold H., primo segretario; BAY Charles A., secondo segretario; HARRISON Randolph Jr., terzo segretario; PENNOYER Frederick W. Jr., luogotenente comandante, addetto navale ed aeronautico aggiunto; BRADY Francis N., capitano, addetto militare ed aeronautico aggiunto; HANSON Ralph Trowbridge, capitano di fregata del genio navale, addetto navale aggiunto (residente a Londra); BoDE Howard B., comandante, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

Sud Africa (Unione del) -Louw Eric, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HEYMANS Albert, primo segretario; HoTz Abe Alexander, secondo segretario.

Svezia -SJoBORG Erik, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALLARD Sven, primo segretario; DE LAGERERANTZ H. G., capitano, addetto militare ed aeronautico.

Svizzera -WAGNIÈRE Georges, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BROYE Eugène, consigliere; REZZONico Clemente, primo segretario; MALLET Bernard, secondo segretario.

Turchia -VASSIF H., ambasciatore; ZEKI NEBIL, consigliere; KAVUR ZADE J. CHADI, terzo segretario; RAHMI, capitano, addetto militare ed aeronautico aggiunto.

Ungheria -DE HoRY Andreas, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE LuKAcs-KlRALDY Gyorgy, primo segretario; DE SZENTMIKLOSY Andras, console con funzioni di segretario; DE PARCHER Felix, addetto; DE BETHLEN conte Gabriel, addetto; SzABÒ Ladislav, maggiore, addetto militare, HuszKA Istvan, addetto per la stampa.

Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste -PoTEMKINE Vladimir, ambasciatore; WEINBERG Haim, primo segretario; DNEPROV Pavel, secondo segretario; TAou Herald, addetto militare ed aeronautico; 0RAS Pavel, addetto navale ed aeronautico per la marina; LEVENSON Michail, rappresentante commerciale; AIRAPETIAN Ervand, rappresentante commerciale aggiunto; ScHAPIRO Boris, rappresentante commerciale aggiunto.

Uruguay -RAMON-GUERRA Ubaldo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRUNWALD CUESTAS Federigo, primo segretario; RAMON GUERRA José Carlos, addetto.

Venezuela -PARRA PÉREZ Caracciolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS BRICENO J. M., consigliere; ROJAS Hugo, addetto.